Editore Reclam Edizioni & Comunicazione srl . viale della Lirica 43 . 48124 Ravenna . Iscrizione al Tribunale di Ravenna n. 1240 del 8/11/2004 . Redazione 0544.271068 . redazione@trovacasa.ra.it . Pubblicità 0544.408312 . info@trovacasa.ra.it
CASA PREMIUM .
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n.97 APRILE 2015
ALL’INTERNO
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CASA BELLA CASA
ARCHITETTURA, ARREDAMENTO
FOTOGRAFICI
TOPOGRAFIA E STORIA
CITTÀ E QUARTIERI
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Via Faentina 218s - Fornace Zarattini Ravenna tel. 0544 463621 - www.ravennainterni.com aprile 2015
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contenuti
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casa bella casa
topografia e storia
città e quartieri
grand tour
stile e design
arte e storia
città e società
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Abitare tra antico e moderno nel centro storico di Ravenna di Paolo Bolzani
L’idrovora Anita Garibaldi, monumento idraulico all’impresa della bonifica di Pietro Barberini
L’eterno presente di Marina di Ravenna, infinito oggetto di desiderio di Chiara Bissi
C. R. Mackintosh, 1891, un architetto scozzesee a spasso per Ravenna di Alberto Giorgio Cassani
Le parole e le cose: Folding Chair - Tripolina Butterfly Chair - BKF di Sabina Ghinassi
La Ravenna romana e i cultori di antichità del Rinascimento di Serena Simoni
La legge “sblocca Italia” e le conseguenze di nuove trivellazioni a Ravenna di Marina Mannucci
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Good Design Award
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fotografie www.facebook.com/RavennaInterniM aprile 2015
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edizione di Ravenna
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Laboratorio orafo artigianale di Stefano Billi
Controcopertina Risalendo per la sontuosa scala barocca in marmo scuro brecciato di questo palazzo ci aspettiamo qualcosa di piÚ di una scelta rivolta al legno naturale nei pavimenti e ai toni e alle forme della tradizione. Infatti, non appena la grande porta sormontata da una pregevole cimasa barocca si apre, quello che per prima ci colpisce è un’atmosfera totalmente moderna, pur sempre rispettosa dei grandi spazi, degli alti soffitti e delle ampie finestrature che si affacciano sulle vie del centro di Ravenna.
Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1240 del 8 novembre 2004 Direttore responsabile: Fausto Piazza Consulenza redazionale: Paolo Bolzani Collaborano alla redazione: Andrea Alberizia, Federica Angelini, Pietro Barberini, Roberta Bezzi, Chiara Bissi, Alberto Giorgio Cassani, Serena Garzanti (segreteria), Sabina Ghinassi, Maria Cristina Giovannini (grafica), Marina Mannucci, Luca Manservisi, Domenico Mollura, Guido Sani, Serena Simoni.
Via G. Mazzini 31 . Ravenna . 388 359 2585 microcosmoravenna@gmail.com www.microcosmoravenna.com
Restyling grafico: Gianluca Achilli Referenze fotografiche: Alberto Giorgio Cassani, Pietro Barberini, Paolo Genovesi, Fabrizio Zani, Maurizio Montanari. Redazione: tel. 0544.271068 - redazione@trovacasa.ra.it
Editore: Reclam Edizioni e Comunicazione srl viale della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544.408312 info@reclam.ra.it - www.reclam.ra.it Direttore generale: Claudia Cuppi Stampa: Grafiche Baroncini - Imola - www.grafichebaroncini.it
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CASA BELLA CASA
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L’appartamento dell’architetto Vanessa Maestri tra spazi della storia ed elegante modernità
Abitare tra antico e moderno nel centro storico di Ravenna di Paolo Bolzani
Quando si passeggia per un centro storico di una città europea e si osservano distrattamente le facciate di edifici spesso carichi di segni e forme di un illustre passato di eventi e stili architettonici, può accadere che una domanda venga alla mente. Chi vive dietro a quei muri, a quelle finestre, a quel brano di edilizia storica e come può avervi concepito l’arredo della propria abitazione? È il caso di questo palazzo del centro storico di Ravenna, appartenuto alla nobile famiglia dei Rasponi del Sale fin dalla fine del Settecento, allorché fu costruito, forse su progetto dell’architetto Domenico Barbiani. Chi si affaccia alle grandi finestre barocche degli ultimi piani? In
Entrando ci accoglie un’atmosfera totalmente moderna, che deriva dai movimenti di una morbida luce avvolgente total white, creata dall’azione congiunta dei flussi luminosi provenienti dalle cornici a veletta prossime ai soffitti e dal calibrato inserimento di luci zenitali di lampadari e piantane dalle note forme di un elegante design.
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In realtà l’ingresso mette subito alla prova la nostra disponibilità a farci ammaliare/interrogare dagli spazi di questo grande appartamento, il cui enigmatico guardiano è una grande maschera bianca, collocata nell’angolo sinistro di questo spazio inaugurale, di cui risulta l’unico elemento di arredo insieme alla sfera del magmatico lampadario centrale, pulsante di frenetiche linee di luce
questo caso è l’architetto e interior designer Vanessa Maestri, che ha restaurato l’ultimo piano di un’ala del palazzo e lo ha arredato per viverci con i propri figli. Su queste pagine si è già segnalata una sua creazione una prima volta nel febbraio 2007, allorché si è descritto il recupero di una falegnameria sulla cinta muraria di Cesena in casa-studio, progettata insieme all’architetto Andrea Agostini. Già allora si intravedeva la tendenza a rivitalizzare il testo architettonico storico, pur con rispetto, mettendo in scena una gamma articolata di scelte illuminotecniche, fino ai lampadari di Tord Boontje, integrati con un gusto un po’ surrealista negli inserimenti di oggettistica d’arredo, fino al design ormai classico di Philippe Stark per Kartell. Il gusto per una contaminazione controllata si è mantenuto successivamente, come dimostra l’aura shabby chic del negozio Bon Ton da lei curata. Quindi, risalendo per la sontuosa scala barocca in marmo scuro brecciato di questo palazzo ci aspettiamo qualcosa di più di una scelta rivolta al legno naturale nei pavimenti e ai toni e alle forme della tradizione. Infatti, non appena la grande porta sormontata da una pregevole cimasa barocca si apre, quello che per prima ci colpisce è un’atmosfera totalmente moderna, pur sempre rispettosa dei grandi spazi, degli alti soffitti e delle ampie finestrature che si affacciano sulle vie del centro di Ravenna. E ci accorgiamo come quest’atmosfera derivi
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dai movimenti di una morbida luce avvolgente total white, creata dall’azione congiunta dei flussi luminosi provenienti dalle cornici a veletta prossime ai soffitti e dal calibrato inserimento di luci zenitali di lampadari e piantane dalle note forme di un elegante design, fino alle grandi ironiche abat-jour a forma di uccello che troveremo accanto al tavolo da pranzo e nel bagno della padrona di casa. Ne deriva un tono luminoso e armonico che si riflette sui pavimenti, risolti con il dispiegarsi ovunque di una resina dal tono sabbia chiaro, e su pareti, porte e finestre, quasi sempre bianche così come gran parte degli arredi. Proseguendo scopriremo come nell’ambiente di maggiore rappresenza, vale a dire la sala per la conversazione e la TV, compendiata dal tepore visivo proveniente dal caminetto, alla tirannia del bianco fa da contrappunto l’emergere scuro di alcuni pezzi, come la pezzata chaise lounge di LC. In realtà l’ingresso mette subito alla prova la nostra disponibilità a farci ammaliare/interrogare dagli spazi di questo grande appartamento, il cui enigmatico guardiano è una grande maschera bianca, collocata nell’angolo sinistro di questo spazio inaugurale, di cui risulta l’unico elemento di arredo insieme alla sfera luminosa del magmatico lampadario centrale, pulsante di frenetiche linee di luce. In questo modo non avvertiamo subito la presenza della fascia di base a boiserie in leggeri rilievi bianchi orizzontali,
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Due scorci della cucina e dell’angolo studio dell’appartamento all’ultimo piano di Palazzo Rasponi del Sale in centro storico a Ravenna.
che troveremo a bordare quasi tutti gli ambienti dell’appartamento. Ugualmente non avvertiremo come importante per la nostra visita la presenza della porta a filo muro che si trova a fianco della grande maschera. Così facendo incorreremmo in un sicuro errore che la nostra Sibilla-padrona di casa ci sta inducendo a commettere, come in un esercizio di prossemica. Questa infatti è invece la porta che ci introduce nello spazio più segreto della casa, vale a dire la zona notte dell’architetto Maestri. Essendoci concesso tale privilegio, abbiamo invece la possibilità di ammirare la camera ancora saldamente ancorata al concetto total white, bordata dalla lunga cabina-armadio ad ante trasparenti e da un mobile divisorio con specchio e TV, posto a creare un piccolo corridoio a protezione della stanza dall’ingresso all’appartamento. L’atmo-
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sfera raggiunge un tocco quasi provenzale nel bagno, così come ornato dalle grandi enigmatiche conchiglie in dialogo con il rivestimento in mosaico industriale, tono subito stemperato dai sontuosi lampadari posizionati nei punti strategici, come per esempio sopra la vasca idromassaggio. Dall’ingresso il suggerimento per l’ospite è opportunamente rivolto ad entrare nell’ambiente che si apre davanti a lui. È questo una sala suddivisa in un salotto centrale, arredato con comode bianche poltrone imbottite, dietro alle quali si dispone la zona pranzo, con tavolo e sedie in resina, che ben si allungano a fianco di una porta-vetri di significative dimensioni, oltre la quale si trova una
Stanze della zona notte, e nelle pagine seguenti, particolari dei bagni, e infine, una inquadratura del terrazzo.
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CASA BELLA CASA
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loggia vetrata, pronta a divenire in un prossimo futuro una lussureggiante serra. Dalla sala si può accedere al salotto/TV, viceversa raggiungere le camere dei figli, oppure proseguire fino in cucina e da qui scendere leggermente ad una terrazza esterna. La presenza elegante del tavolo e delle sedie del pranzo rende possibile di verificare ancora meglio la qualità pervasiva del sottile messaggio provenienti dall’uso del materiale plastico, già presente nei pavimenti e che ritroveremo nel mobile della zona cottura e preparazione vivande della cucina, un corian rigorosamente bianco. La resina acrilica del corian o delle sedie di Starck e la resina epossidica impastata con inerti a pigmenti colorati nei pavimenti ci narrano di una modernità ormai prossima a farsi tradizione, tendenza sapientemente descritta da Cristina Morozzi in recentissime pagine su AD. Narrando delle lussuose qualità estetiche di Precious, modello della sedia Masters in plastica versione oro di Starck, Morozzi avverte la necessità di «cambiare radicalmente il percepito della plastica: non più materiale povero destinato soprattutto ai casalinghi, ma elemento nobile da utilizzare per arredi di prestigio». Questo quindi significa «modificare la semantica degli oggetti in plastica, che mutano di rango, perdendo la connotazione ipermoderna per guadagnare
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CASA BELLA CASA Alle mutevoli epifanie della proteiforme plastica, progenie di quello che una volta era un simbolo del modernismo funzionalista come il moplen, si deve inoltre aggiungere la scelta vincente di trasformare gli interruttori dei punti luce in complementi d’arredo con placchette glass collection, che contribuiscono ad aggiungere un altro significante particolare di algida bellezza all’effetto d’insieme. Ma questa casa ha in riserbo molte altre sorprese
> Crediti • Interior designer: : architetto Vanessa Maestri • Pavimento in resina: Ecobeton • Rivestimenti bagni: mosaici Sicis • Infissi: Internorm • Radiatori: Scirocco • Bagno turco e vasca: Glass Fendi (divano soggiorno), • Mobili: LC Cassina (chaise longue), Moroso (divano zona pranzo), Kartell (tavolo e sedie da pranzo), Ernesto Meda (cucina), Knoll (sgabelli cucina), Altamarea (mobili bagni)
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Luci: piantana Tolomeo Mega-Artemide, lampadario Sky Garden- Flos (soggiorno), lampadario di Murano a goccia, Pinguino-Sluiz (zona pranzo), abat-jour Carlotta l'uccellino-Ingo Maurer (stanza letto), Papera-Sluiz (bagno)
un’aura più classica» (AD, marzo 2015, p. 47). Alle mutevoli epifanie della proteiforme plastica, progenie di quello che una volta era un simbolo del modernismo funzionalista come il moplen, si deve inoltre aggiungere la scelta vincente di trasformare gli interruttori dei punti luce in complementi d’arredo con placchette glass collection, che contribuiscono ad aggiungere un altro significante particolare di algida bellezza all’effetto d’insieme. Ma questa casa ha in riserbo altre sorprese. Così è la camera-studio a fianco dell’ingresso, con il suo bagno dettagliatamente studiato fino all’inserimento del piccolo tronco sbiancato dalla salsedine del mare posato sul lavello bianco, con cui si chiude il ciclo della memoria marina inaugurato dalle conchiglie del bagno della padrona di casa e proseguito da una composizione di rametti sbiancati preziosamente inseriti entro diafani vasi di cristallo situati a fianco della finestra del soggiorno. Così è anche per il baldacchino, stile casetta brit style della camera dalla figlia. Così è infine allorché si raggiunge la terrazza dopo aver attraversato la cucina passante: è questo uno spazio nel cuore del centro storico ma lontano dai ritmi e dai suoni della città, sospeso a mezza altezza all’interno dell’isolato, nel quale si segnala per la parete frangisole moderna sulla facciata del palazzo settecentesco, mentre scendiamo percorrendo quattro gradini di ferro bianco e cristallo alla volta di un pavimento, ossessivamente e coerentemente bianco.
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Casa singola, ben tenuta, con ampia area esterna a giardino molto godibile. In zona silenziosa, lontana dal traffico ma con scuole, negozi e centro commerciale raggiungibili con una passeggiata di 2 minuti. La casa, costruita negli anni ’70, è suddivisa su due piani, è dotata di garage e di ampi locali di servizio. È possibile realizzare anche due unità abitative con 2 e 3 camere da letto. Costruzione di qualità senza infiltrazioni di umidità. € 465.000,00 tratt.
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Villa singola con giardino veramente ampio, in zona silenziosa e molto vicina al centro, in zona esclusivamente residenziale. Al piano terra ingresso da portico, salone con uscita su giardino, cucina, studio, bagno e garage. Primo piano: 4 camere da letto (2 matrimoniali, una doppia e una singola), bagno e balconi. Mansarda abitabile con 2 locali. All’interno del giardino secondo garage. Classe “E” ep. 147,02. € 475.000,00 tratt.
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Splendida villa di campagna, realizzata da recupero di casale rurale, completamente ristrutturato con parco alberato di oltre 10.000 mq. Al piano terra ci affacciamo sul portico, accediamo all’ingresso che ci introduce ad un salone con camino (70 mq), completano il piano terra la cucina grande, il salotto, un bagno, uno studio e la lavanderia. La zona notte è composta da 3 ampie camere da letto matrimoniali e 2 bagni. In corpo staccato ampio garage, cantina e portico. Impianti a norma. Info in ufficio
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Appartamento autonomo con ingresso da giardino di proprietà. Area esterna ad angolo con parcheggio per due auto, pergolato e ripostiglio in legno. Soggiorno, cucinotto, bagno e ripostiglio al piano terra, mentre al primo piano ampia camera da letto e studio. No spese condominiali € 130.000,00 tratt.
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TOPOGRAFIA E STORIA
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L’idrovora Anita Garibaldi È stata costruita a fianco dell’antica “via del Corriere” nella larga paludosa attraversata da Anita ormai morente, nel tardo pomeriggio del 4 agosto 1849 di Pietro Barberini
Il paesaggio non era molto diverso cent’anni dopo, quando iniziò la costruzione di un moderno impianto idrovoro per la raccolta e sollevazione meccanica delle acque. Per favorire l’utilizzo di molte maestranze, i lavori di escavo dei canali d’adduzione vennero eseguiti da braccianti divisi in più turni. Il dopoguerra portava ancora le evidenti tracce del passaggio del fronte, con la distruzione d’infrastrutture civili, abitazioni, ponti, strade; il disordine idraulico non permetteva il ripristino delle produzioni agricole nel territorio di Mandriole, unica ricchezza del luogo. Tutta l’area era interessata alla “ricostruzione” post-bellica: si risanavano le ferite inferte al territorio, con ampia ricaduta sull’economia messa a dura prova dalle rovinose vicende, non solo economiche, lasciate dal conflitto e l’acqua era ritornata padrona della campagna. Non bastava il lavoro per riparare gli argini del canale in Destra Reno, serviva anche il cuore di un sistema idraulico capace di tener asciutte le terre, da Sant’Alberto al mare, alla destra del Reno e alla sinistra del canale “delle acque chiare” che percorreva l’ultimo tratto del vecchio alveo del fiume Lamone, abbandonato fin dal 1840. Secoli prima i monaci di San Vitale avevano avviato la bo-
A fianco, l’impianto idrovoro “Anita Garibaldi” visto frontalmente (nelle altre foto alcuni particolari del complesso idraulico). La struttura messa in funzione nell’estate del 1949, fa parte del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale con sede a Lugo. Si ringrazia per la disponibilità e cortesia il direttore generale dell’ente, Giovanni Costa.
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TOPOGRAFIA E STORIA
nifica nell’isola del Pereo, insidiata da paludi malsane, vicina alla bocca del Po di Primaro, porto fortificato, a lungo conteso fra ferraresi, veneziani e ravennati. Il castello di Marcabò citato da Dante come estremo lembo della pianura padana, “...lo dolce pian che da Vercelli a Marcabò dichina...”, ( Inferno XXVIII, 70-75) sorvegliava i traffici marittimi e fluviali. La storia sovrappone strati alluvionali capaci di ricoprire i segni della memoria, dal re goto Teodorico alla Trafila Garibaldina con la triste vicenda di Anita. Ma il cuore generoso di questa donna nata a Laguna in Brasile, torna a battere cent’anni dopo, a poca distanza da
Nella foto in altro, la casa del guardiano dell’idrovora “Anita” e, a fianco, la lapide con le parole di Spallicci che celebra il lavoro della bonifica e le vicende della trafila garibaldina. Qui sopra: Mauro Rava, responsabile dell’impianto nella sala di controllo. Qui a destra: particolare del volantino (che spicca in colore arancione) per la regolazione della portata della pompa.
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TOPOGRAFIA E STORIA dove è morta, nell’impianto idrovoro che permette la “rinascita” non solo agricola, ma anche culturale e civile di un territorio così ricco di passaggi storici. Il 4 agosto 1949 viene inaugurato il centro nevralgico della bonifica, costituito dai bacini delle acque di raccolta e di scarico con l’edificio contenente i macchinari e le pompe di sollevamento delle acque, nonché, posta a lato, la casa di guardia dell’idrovorista. La costruzione è funzionale all’attività da svolgere e ben dimensionata rispetto ad eventuali migliorie che il tempo suggerirà. Questo concetto viene ribadito nel corso degli interventi delle autorità convenute che sottolineano l’importante e faticoso lavoro svolto e la modernità dei manufatti. Il senatore Aldo Spallicci nel corso dell’inaugurazione, sottolinea la capacità dell’uomo di redimere la terra con la bonifica idraulica, una risposta di pace e concordia dopo la raggiunta libertà che l’Italia ha sancito da pochi anni con la Costituzione repubblicana. Aldo Spallicci non era soltanto un politico, mazziniano ed antifascista, ma un medico, appassionato cultore della Romagna e delle sue tradizioni che, parlando dai microfoni
Immagini d’epoca (1949) dell’impianto idrovoro di Madriole appena conclusi i lavori di costruzione della struttura: Qui a sinistra, particolare di una scala a chiocciola che conduce alla cabina elettrica, risalente al periodo originario di realizzazione dell’idrovora.
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della radio dell’VIII Armata anglo-americana, negli ultimi tempi del conflitto, utilizzava la laboriosità romagnola come riscatto dal nazifascismo. La targa a fianco della porta d’accesso all’idrovora “Anita Garibaldi” reca questa scritta: “Col tuo cuore potente, idrovora qui dici: ostinato lavoro, che su giunchi e roveti ed acque stagnanti nel nome eroico di Anita Garibaldi fece zolla e spiga” Aldo Spallicci, Mandriole, 4 Agosto 1949 (in occasione dell’inaugurazione del nuovo impianto idrovoro nel Centenario della Trafila) Da quella data l’impianto ha sempre funzionato, assolvendo ai suoi compiti, che, come sottolineato dalle parole poetiche di Spallicci, sono quelle di far crescere il grano e con esso il benessere delle popolazioni. In quelle larghe e nella tenuta denominata Marcabò sono cambiati i sistemi produttivi: le centinaia di braccianti sono state sostituite da tecnici specializzati alla guida d’imponenti mezzi motorizzati, le vecchie stalle aziendali sono sparite e sono sorti moderni impianti zootecnici dove tutto è all’insegna della funzionalità, ma se si fermassero le pompe, ritornerebbe l’acqua. Soltanto l’idrovora mantiene le sue caratteristiche quasi immutate: sono stati cambiati i motori diesel poiché da tempo l’alimentazione è affidata all’energia elettrica ed è stata allargata la struttura “a ponte” installando nuove pompe per una potenza di sollevamento complessiva di
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TOPOGRAFIA E STORIA Altre immagini storiche dell’impianto idraulico. Le foto sono state gentilmente concesse dal geometra Mario Molducci del Consorzio di Bonifica della Romagna con sede a Ravenna, che fino al 2008 aveva la competenza su questa parte del territorio.
6 metri cubi/secondo (prima era di 3 metri cubi/secondo). Anche la sala macchine è al passo coi tempi con moderni pannelli dei quadri elettrici di comando. «Il mestiere s’impara con l’esperienza – dice Mauro Rava, dal 1987 idrovorista dell’impianto “Anita Garibaldi” – l’importante è conoscere bene il territorio”. Rava all’”Anita” è “casa e bottega” e nonostante gli impianti automatici non riesce a dormire senza fare un salto a controllare bacini e funzionamenti delle macchine. Ciò non accade soltanto nelle notti piovose, quando Rava ascolta la pioggia: «Le condizioni critiche per noi vengono dal mare, così è accaduto il 6 febbraio 2015, quando
un’alta marea eccezionale e il vento hanno rovesciato i fattori, colmando il bacino di scarico, dove si è addirittura aperto un fontanazzo, prontamente tamponato. Eravamo in emergenza e sono andato avanti con due caffè sufficienti a tenermi sveglio per due notti». L’ostinato lavoro di cui si parla nella targa continua: le acque entrano senza far rumore nel bacino di raccolta e vengono portate in quota per finire in mare attraverso il Canale Destra Reno. Tutte le foto a colori sono dell’autore
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di Chiara Bissi Nonostante sia il lido ravennate più ricco di storia, per raccontare Marina di Ravenna non si può che partire dal presente, sempre in primo piano, vuoi per una polemica, un piano di sviluppo, un progetto, o per una promessa capace di scaldare gli animi, o dividere le tante sensibilità, oppure mobilitare cittadini e con essi le categorie economiche e la politica. Le foto in bianco e nero che documentano le storie del porto, della pesca e del turismo balneare lasciano sempre il posto nel bene e nel male al dibattito del momento, segno inequivocabile dell’attaccamento profondo dimostrato dai residenti, dagli assidui frequentatori e dagli operatori del turismo. Il percorso quindi non può che essere a ritroso, lasciando sullo sfondo il tempo della fondazione, documentato
Nella località si cerca di trovare il difficile equilibrio fra il porto industriale, le proposte innovative delle imprese balneari e la tutela ambientale
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L’eterno presente di
Marina di Ravenna
infinito oggetto di desiderio
da una vasta pubblicistica. Poco spazio andrà quindi all’apertura del porto canale Corsini datata 1746, alla nascita della località sviluppata sulle due parti terminali del canale che prenderà il nome di Porto Corsini e alla timida nascita solo alla fine dell’Ottocento dell’attività turistica. La Prima, ma anche la Seconda Guerra mondiale cancelleranno buona parte del lido, che dal 1930 nel solo lato in destra canale aveva preso il nome di Marina di Ravenna. Un presente, si diceva, che mostra due volti, quello solo qualche anno fa celebre, amatissimo dai ravennati e dal turismo giovanile del weekend, incarnato dalla profonda spiaggia al termine di una fitta pineta e quello dai quieti lineamenti urbani comune a tanti lidi del bel paese. Una rete commerciale esile legata alle attività balneari, allo sport e alla pesca, ristoranti, locali, street bar. Un nucleo storico densamente abitato (3.565 gli abitanti nel 2013, erano 3.634 nel 2012), servizi, un pulviscolo di seconde case, villini a pochi passi dalla lunga fascia di stabilimenti balneari. Viabilità, accessi, tutela della pineta, dell’arenile, sicurezza, ordinanze, turismo giovanile: sono solo alcune dei termini del dibattito degli ultimi anni, imposto dal fenomeno dell’apertura serale delle spiagge e dal mutamento radicale della funzione dello stabilimento balneare. Trasformazioni che riguardano ugualmente la località anche se già dagli anni Novanta era chiaro la presenza di due velocità o di due modi di intendere il turismo. Dopo anni di interventi legati all’ordine pubblico, di dibattiti virtuali dilagati sul web, di prese di posizione dei cosiddetti “portatori di interessi” ovvero categorie economiche, bagnini, albergatori, sindacati, comitati, residenti, commercianti il persistere della crisi economica rende ancora più complicato trovare il profilo adeguato alle aspettative della località che nel giro di 10 anni ha visto sì trasfor-
In alto, a sinistra, la mappa “a volo d’uccello” di Porto Corsini (prima che diventasse Marina di Ravenna) disegnata da Gaetano Savini agli inizi del secolo scorso. Più in basso, il confronto di come era il litorale nei primi decenni del ‘900 e di come si presenta oggi. In questa pagina, due manifesti vintage che promuovono la località balneare.
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CITTĂ€ E QUARTIERI
Sopra, il porto dei pescherecci e il mercato del pesce a Marina in una veduta degli anni ‘60. Sotto, i capanni da pesca nella diga foranea sud. Nella pagina a fianco, in basso, piazza Dora Markus, con la fontana e la prospettiva a mare non ancora occlusa dalle edificazioni della cittadella turistica di Marinara (inquandrata piĂš sotto).
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mazioni epocali, senza godere però degli effetti benefici sperati con il ridimensionamento delle presenze in spiaggia. Nuove lottizzazioni, demolizioni, riqualificazioni urbane, lasciano a Marina centro, il porto turistico di Marinara proteso da piazza Dora Markus verso il mare, anche se dell’elemento marino non c’è quasi più traccia oltre l’alta cancellata; la rigenerazione di viale delle Nazioni (2006), di piazzale Marinai d’Italia, la sede dei servizi decentrati del Comune e del consiglio territoriale, la parziale sistemazione del molo raggiungibile da piazzale Adriatico e lo spostamento de Il Baretto, locale di culto per nativi e amanti del mare. Mentre indagini giudiziarie segnavano la vita di Marinara, alcuni locali di tradizione hanno lasciato il posto a nuove edificazioni e ora nel sito della discoteca Xenos, su viale delle Nazioni riappare la previsione urbanistica che vuole nell’area che ospitava il locale cult degli anni Ottanta la costruzione di una struttura ricettiva. L’iter autorizzativo, durato 7 anni si è appena concluso trasformando l’albergo in una residenza turistica alberghiera, alta 54 metri con 44 suite, un bar panoramico, servizi commerciali e un ufficio turistico, progettati dall’architetto Carlo Maria Sadich. Una vicenda che sconta anche la difficile applicazione degli standard per i posti auto, proporzionati, nel caso del ricettivo, al numero delle stanze, e tutti da reperire in un raggio strettissimo. Standard che grazie alla revisione del Rue, in corso in questi mesi, verranno cambiati e avvicinati alle consuetudini metropolitane e internazionali. L’idea dello sviluppo verticale però ha sollevato le critiche dei residenti, con il comitato cittadino fortemente contrario alla soluzione della torre e impegnato nel lancio di una petizione an-
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che per scongiurare l’ipotesi di un cambio di destinazione d’uso e la successiva vendita di appartamenti. La triste vicenda dell’ex Colonia rimane un monito e nella delibera relativa al progetto ex Xenos, votata dal consiglio comunale, viene impedito il cambio di destinazione delle’dificio. La proprietà ( la società Comway), rappresentata da Beppe Rossi, nonostante il via libera, medita il da farsi, e rilancia chiedendo di poter tornare al primo progetto, quello dell’albergo. Una questione intricata non vicina alla soluzione definitiva. Un’altra zona della località che aspetta nuovi interventi è quella del canale, tra l’attracco del traghetto e il vecchio mercato del pesce, edificio costruito negli anni Trenta del Novecento. E su questa è allo studio un progetto per attingere, tramite un bando, a finanziamenti europei per 2 milioni di euro, destinati alla promozione della pesca, alla riqualificazione degli ambienti naturali e alla promozione turistica. Un’operazione che vede impegnati gli assessorati al turismo, all’urbanistica e all’ambiente nella redazione di un piano per la pialassa Baiona e per il recupero dell’edificio del mercato del pesce da destinare allo stoccaggio del pescato, in particolar modo della cozza di Marina, raccolta nelle piattaforme e ad attività didattiche. Rimangono fuori e in attesa di interventi la parte terminale della banchina e il complesso settecentesco della Fabbrica Vecchia e Marchesato, di proprietà dell’Autorità portuale. Per quest’ultimo il piano di recupero si allontana, le vicissitudini legate alle sorti del Progettone per l’approfondimento dei fondali del Candiano tengono costantemente l’Autorità portuale impegnata altrove, tanto da decidere di non effet-
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Due rendering del complesso alberghiero Xenos, progettato dall’architetto Carlo Maria Sadich, che ha ricevuto le autorizzazione del Comune per essere edificato su viale delle Nazioni.. Iniziativa di edilizia turistica che ha suscitato diverse polemiche.
tuare il recupero con soldi propri ma chiedendo specifici finanziamenti allo Stato. Completano il profilo di Marina di Ravenna la presenza di un istituto comprensivo che raccoglie gli studenti anche di altri lidi, una rassegna di pittura, un premio, e un museo dedicato alle attività subacquee. Infine ciò che ha reso la località effervescente a volte fino alla turbolenza: gli stabilimenti balneari con le aperture serali fino a mezzanotte e le proposte per vivere la spiaggia appieno fra sport, musica e divertimento. Evaporato il modello della movida rimangono i divieti, le ordinanze e i problemi di ordine pubblico mentre gli operatori si confrontano con l’incertezza sulla durata dei canoni demaniali, con gli esiti della crisi economica, e con le nuove regole del piano dell’arenile. La penuria di risorse pubbliche ha di fatto allontanato il progetto di riqualificazione degli stradelli retrodunali, mentre un accordo con Eni garantisce la realizzazione di un progetto sperimentale da 500mila euro che si propone il ripristino della porzione di duna costiera tra Punta Marina e Marina di Ravenna (di fronte all’ex colonia, tra gli stabilimenti balneari Ai Tamerici e Ruvido) promosso con Regione, Provincia e Comune. Progetto contestato dai gruppi di opposizione, Lista per Ravenna e Lega Nord. I lavori avviati all’inizio del 2015 subiranno un’interruzione durante la stagione balneare per poi riprendere in autunno. Il progetto prevede di controllare gli attraversamenti del corpo dunoso con percorsi obbligati, in legno, sospesi, che consentano l’accesso alla spiaggia senza che il corpo dunoso venga calpestato. I principali interventi previsti sono quindi appunto la realizzazione di percorsi strutturati, con tredici passerelle pedonali in larice protette da parapetti, longitudinali (a ridosso della pineta) e ortogonali (per l’accesso alla spiaggia) rispetto alla linea di riva, sopraelevati. L’intervento verrà completato con la piantumazione di essenze erbacee e arbustive. Infine sul fronte mare e lateralmente l’area verrà cinta da una delimitazione costituita da pali e corda. È prevista inoltre l’installazione di cartelli di divieto di accesso unitamente all’apposizione di pannelli illustrativi dello scopo del progetto sperimentale.
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CITTÀ E QUARTIERI
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Cartoline d’epoca da Porto Corsini a Marina di Ravenna
> Bagnanti davanti al Grand Hotel
> Il carretto dei gelati Nelle foto d’epoca di questa pagina (e della successiva) – che vanno dagli anni 30 agli anni ‘60 del 1900 – scorci di vita balneare e degli edifici che hanno fatto la storia di Porto Corsini, poi Marina di Ravenna.
> Estate in spiaggia
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> La colonia
> Il vecchio faro
> Il nuovo faro
Gran parte delle foto storiche sono tratte da un volume che è una miniera di immagini e notizie sulle vicende di Marina. Si tratta di Porto Corsini Marina di Ravenna. Una storia, a cura di Pericle Stoppa (edizioni Capit, 2007).
> La Fabbrica Vecchia e il Marchesato
> Bragozzi in palizzata
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STATO DELL’ARTE
«La nostra visione del passato è legata al nostro vivere oggi, ed ecco quindi che riemerge l’Antico, e lo fa tramite una serie di oggetti portatori di dati che non tutti possono decodificare. Quindi chi si occupa di questi dati ha il dovere di decodificarli attraverso il ricorso alle strumentazioni tecnologiche più recenti, ottenendo preziose informazioni sul materiale di cui un determinato utensile proveniente dal passato risulta costituito e con quali arnesi sia stato lavorato»
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Dell’Antico, del Moderno e dei loro rapporti I 25 anni di esperienza dell’architetto Agostinelli alla Soprintendenza di Ravenna, ma anche nel progetto della propria villa di Paolo Bolzani
Uno delle ultimi incontri del ciclo di conferenze 2014 sul ruolo dell’architettura promosso da questa rivista è stato quello con Emilio Roberto Agostinelli. Nato nel 1958 a Lecce nel 1983, si laurea a pieni voti all’Università “La Sapienza” di Roma con una tesi in Restauro dei Monumenti. Nel 1990 vince il concorso nazionale indetto dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e diviene funzionario della Soprintendenza ai Beni Architettonici e il Paesaggio di Ravenna; da allora è stato direttore dei lavori in gran parte dei monumenti UNESCO, e in molte altre chiese della città, come la sua Cattedrale con l’antico Episcopio. Inoltre si è occupato del Duomo e della Fonte di Piazza del Popolo di Faenza e della Fontana Masini di Cesena. Nel 2006 ha assunto il ruolo di Architetto Direttore Coordinatore della Soprintendenza con funzioni di tutela e di sorveglianza nei comuni di Cesena, Ravenna e provincia, affiancando nel frattempo l’insegnamento di “Restauro Architettonico” come professore a contratto, funzione che tuttora svolge alla Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università di Bologna, sede di a Cesena, così come aveva insegnato “Teorie e Storia del Restauro Architettonico” alla Scuola del restauro del Mosaico di Ravenna. L’incontro con Agostinelli nel dicembre 2014 si è sviluppato sui canoni di una dotta chiacchierata, ispirata alla tradizione pluricinquantennale del trebbo poetico, così come “codificata” da Valter Della Monica a Cervia. L’atmosfera del “Trebbo”, in questo caso “architettonico”, viene suggerita non soltanto dalle parole, ma anche dalle volte ribassate in mattoni (delle cantine di Palazzo Rava immagine tratta da P. Focaccia, San Vitale. Il restauro del tetto del tiburio e dei manti di copertura. Quaderno del progetto e del cantiere, Arcidiocesi di Ravenna-Cervia, Ravenna, 2015;
dove si tiene l’incontro) che ad Agostinelli ricorda la sere in cui uomini e donne si riunivano nelle stalle per ascoltare le storie raccontate con sapienza dal Fulér. «Che cos’è l’Antico?», si interroga il relatore. Si tratta di un termine dal significato mutevole nel corso del tempo. I Romani vedevano le opere degli Egizi e dei Greci, che per loro erano già antichi e ne traevano ispirazione. Nel Rinascimento ci si ispirava alle architetture dei Romani, anche e soprattutto perché antiche e portatrici di regole compositive ritenute perfette. «Con il trascorrere del tempo il modo di vedere l’Antico è cambiato. Un tempo la cattedrale romanica come quella di Pienza era considerata solo un po’”vecchia”, in quanto nel restauro si parlava la lingua dell’eterno presente. Già nell’Ottocento si è creata una separazione tra noi e il passato, grande quanto quella ora determinata dall’uso quotidiano dei cellulari, oggetti ad obsolescenza programmata. Negli ultimi cinquant’anni nella storia si è materialmente interposto una distanza percettiva tale da eliminare il concetto dell’eterno presente. Oggi infatti la nostra visione del passato è legata al nostro vivere oggi, ed ecco quindi che riemerge l’Antico, e lo fa tramite una serie di oggetti portatori di dati che non tutti possono decodificare. Quindi chi si occupa di questi dati ha il dovere di decodificarli attraverso il ricorso alle strumentazioni tecnologiche più recenti, ottenendo preziose informazioni sul materiale (pietra, laterizio, legno, metalli, vetro) di cui un determinato utensile proveniente dal passato risulta costituito e con quali arnesi sia stato lavorato». In questo passaggio si inserisce un tema fortemente morale. «Il restauratore ha il dovere etico di raccogliere i dati decodoficati contenuti negli oggetti del passato, per poi trasmetterli alle generazioni che seguiranno». Questo dovere deve rappresentare un obbligo sia per il restauratore sia per il progettista del nuovo nell’avviare una comprensione profonda del passato e del rapporto tra Antico e Moderno, sapendo che «la nostra scrittura di
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STATO DELL’ARTE
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A sinistra in alto: Battistero Neoniano. Vista dell’interno, tratto da P. Bolzani, C. Notturni, Idea di Ravenna, Bologna 2005 (foto C. Notturni). A sinistra sotto: Sant’Apollinare in Classe. Vista della navata principale, tratto da P. Bolzani, C. Notturni, Idea di Ravenna, Bologna 2005 (foto C. Notturni). Sopra: Villa Agostinelli, Ravenna, 2004, Vista della scala che collega il patio nord al tetto a giardino pensile, tratto da P. Bolzani, Cronache e racconti di architettura, Reclam 2012 (foto P. Genovesi 2011).
oggi è un’aggiunta alla scrittura del passato». La sfida quindi sta nel «comprendere il bene culturale senza ingessarlo, inserendosi con un linguaggio contemporaneo sensibile alle voci dei precedenti progettisti per dare la lettura del nostro vivere nella modernità. Si tratta quindi di un problema di linguistica moderna applicato ad un palinsesto: l’intervento moderno sulla preesistenza non deve danneggiare il testo antico, né tentare di riprodurlo. Per questo motivo si rifiuta il concetto del falso antico». Per chiarire il passaggio Agostinelli cita un’esperienza condotta al tetto di S. Vitale. In quel caso ogni nuova lastra di piombo è stata bollata con l’indicazione dell’anno del restauro, ogni nuovo embrice in laterizio è stato realizzato facendo ricorso alla medesima macchina che li
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aveva prodotti decenni prima con data del restauro e stemma dell’Archidiocesi. Per il consolidamento della struttura lignea del tiburio Agostinelli racconta «di aver suggerito al direttore dei lavori - architetto Paolo Focaccia - di realizzare un cappello strutturale costituito da un sistema di puntoni-tiranti in acciaio inox posto a rinforzo delle travi ad andamento radiale, e inoltre una nuova catena metallica integrativa alle travi disposte lungo il perimetro ottagonale della cupola. Nel progetto si ebbe cura di porre in opere delle nuove “linee vita” e un sistema di rilevamento continuo a telecamere per il controllo del livello della neve». Per quanto riguarda i mo-
«La sfida quindi sta nel comprendere il bene culturale senza ingessarlo, inserendosi con un linguaggio contemporaneo sensibile alle voci dei precedenti progettisti per dare la lettura del nostro vivere nella modernità. Si tratta quindi di un problema di linguistica moderna applicato ad un palinsesto: l’intervento moderno sulla preesistenza non deve danneggiare il testo antico, né tentare di riprodurlo. Per questo motivo si rifiuta il concetto del falso antico»
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STATO DELL’ARTE
Villa Agostinelli, Ravenna, 2004, Vista del patio sud, tratto da P. Bolzani, Cronache e racconti di architettura, Reclam 2012 (foto P. Genovesi 2011).
saici, si è deciso di evitare interventi diretti sulla materia musiva, preferendo una conservazione programmata, un restauro preventivo basato sulla reologia, vale a dire sulla registrazione e l’analisi dei dati contenuti nel monumento. «Infatti la prevenzione costa meno del grande restauro». Fin dal 1996, ricorda Agostinelli, mentre seguiva il progetto di illuminazione di S. Vitale vennero collocate 160 lampade in posizioni nascoste, collegate ad un sistema di sensori collocati all’esterno e all’interno e quindi in grado di fornire in tempo reale i dati per l’esecuzione di programmi di routine per l’illuminazione selettiva della basilica. Il turismo indotto dagli effetti dell’illuminazione notturna della basilica fu notevole, ma purtroppo venne poco dopo abbandonato. Nella sua esperienza di architetto direttore c’è anche il restauro delle capriate di S. Apollinare in Classe, operazione eseguita nel 2006 senza chiudere la basilica al pubblico. Per questo motivo, prosegue Agostinelli, «dovetti inventare un ponteggio per consentire ai restauratori di effettuare le iniezioni nelle travi attaccate dagli insetti xilofagi. Poiché era inverno e le resine facevano presa solo a 20°C, si realizzò una struttura mobile, dotata della predisposizione per la climatizzazione locale. Fu quella l’occasione per creare un cantiere visitabile a 23 metri di altezza, in
cui poteva ammirare la prima illuminazione a LED di quel genere in Europa». L’Antico serve molto al Moderno, come si dimostra il restauro della Fonte di Piazza del Popolo di Faenza, dove l’acqua zampilla senza l’ausilio di pompe. «In realtà, quando si legge il De Architectura di Vitruvio - commenta Agostinelli - può sembrare di essere davanti ad un trattato di bioarchitettura. Questo è l’atteggiamento corretto tra Antico e Moderno: non l’architetto passatista che ricostruisce l’inferriata applicando dei “ghirigori” per renderla “antica”. All’Almagià in Darsena di Città e al Magazzino del Sale di Cervia ho consigliato l’utilizzo di nuovi pavimenti in resina, seguendo il concetto del “neutro architettonico”, cioè usando un linguaggio e materiali contemporanei in un contesto di archeologia industriale». Avviandosi al termine dell’incontro, Agostinelli introduce un coup de théâtre. Accanto all’esperienza di architetto restauratore, racconta di aver disegnato nel 2004 la propria villa suburbana, recensita fin dal 2005 su questa rivista e pubblicata da chi scrive nel 2012 sul volume Cronache e racconti di Architettura. Racconta di averla disegnata come un’abitazione moderna, per la propria famiglia, su ispirazione della “Musa” Mira, sua moglie, ma declinando temi antichi: «ho creato due patii e un giardino pensile, che rimanda al tema del sole e quindi al rapporto dell’uomo con la natura, con il trascorrere delle stagioni». La villa rivela il tono riservato dell’antica casa romana, con i patii disposti assialmente in direzione sud-nord e a loro volta separati dal soggiorno centrale, in cui i raggi del sole entrano nei mesi invernali e si fermano sulla soglia in quelli estivi. L’ambiente è dominato da un grande camino sospeso a soffitto di gusto francese, che al di sopra fuoriesce in un leggiadro giardino pensile, rielaborazione ecosostenibile del tetto a giardino come «simbolo dell’Eden» e composto da piante tipicamente mediterranee (melograno, ulivo, gelsomino, corbezzolo, palma, alloro, oleandro, ginestre, agavi).
«In realtà, quando si legge il De Architectura di Vitruvio - commenta Agostinelli - può sembrare di essere davanti ad un trattato di bioarchitettura. Questo è l’atteggiamento corretto tra Antico e Moderno: non l’architetto passatista che ricostruisce l’inferriata applicando dei “ghirigori” per renderla “antica”. All’Almagià in Darsena di Città e al Magazzino del Sale di Cervia ho consigliato l’utilizzo di nuovi pavimenti in resina, seguendo il concetto del “neutro architettonico”, cioè usando un linguaggio e materiali contemporanei in un contesto di archeologia industriale»
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SEDICI ARCHITETTURA 2015
Iotti+Pavarani Studio Brenso e la dialettica sostenibile fra artificio e natura
alle prese con la sfida di costruire nel costruito
Nuovo appuntamento per la serie di incontri - confronti del ciclo di conferenze "SeDici Architettura", in programma giovedì 23 aprile (dalle ore 20) negli spazi dell'azienda Edilpiù di Lugo. Protagonisti gli studi di architettura Iotti+Pavarani di Reggio Emilia e Brenso di Bologna che illustreranno le loro esperienze professionali nel campo della progettazione contemporanea, sia architettonica che urbanistica, rivolta al paessaggio piuttosto che all'interior design. La conferenza è promossa da questa rivista e dalla società editoriale Reclam, in collaborazione con Nuovostudio di Ravenna e Archibiotico di Forlì (che curano la parte scientifica degli incontri) e con il patrocinio – anche ai fini dei crediti formativi professionali – degli Ordini degli Architetti di Ravenna e di Forlì-Cesena.
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Iotti+Pavarani Architetti è stato costituito nel 2001 a Reggio Emilia da Paolo Iotti e Marco Pavarani. Lo studio ha ricevuto più di 20 premi in concorsi di architettura e urban design e ha ottenuto riconoscimenti nazionali e internazionali per la realizzazione di architetture innovative e sorprendenti ma al contempo perfettamente inserite nel loro contesto. Nel 2011 Iotti e Pavarani sono stati insigniti del Premio della Fondazione Renzo Piano come migliori giovani talenti dell'architettura italiana. Dal 2006 svolgono attività di insegnamento presso la Facoltà di Architettura di Ferrara; Marco Pavarani come responsabile del Laboratorio di Progettazione I dal 2010 al 2013, Paolo Iotti come responsabile del Laboratorio di Progettazione III dal 2011. La ricerca progettuale che contraddistingue i progetti dello studio è mirata a cogliere e interpretare i rapporti di relazione tra costruito e paesaggio, ricerca trasversale alla scala d’intervento e all’oggetto di progetto. Obiettivo l’individuazione di strategie di programma, compositive, materiche, capaci di produrre inserti densi nel paesaggio, nel tentativo sempre perseguito di conferire nuove “energie” ai contesti in cui si opera, “energie” coerenti con le potenzialità spesso inespresse dei luoghi stessi. Di qui, una serie di interventi costruiti su un rapporto controllato e sommesso tra interno ed esterno, tra lettura dell’edificio e caratteri del testo allargato: l’area, le relazioni visuali a grande distanza, la connotazione sempre attenta degli spazi aperti limitrofi all’edificio, avvertiti come humus e sistema di relazione anche per l’edificio. In occasione della conferenza a Lugo, Iotti e Pavarani proporranno un approccio al tema “Architettura e Paesaggio”, attraverso alcuni progetti quali lo Stadio di Siena, la Domus Technica a Brescello, il masterplan per un’area residenziale a Riga in Lettonia, il progetto del tracciato ferroviario Metroland in Trentino.
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Nelle foto, alcuni dei progetti dello studio di architettura di Reggio Emilia Iotti+Pavarani che saranno presentati e commentati in occasione della conferenza a Lugo.
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SEDICI ARCHITETTURA 2015 Studio Brenso nasce dalla collaborazione dagli architetti Lorenzo Castagnetti, Francesco Pasquale e Francesca Poli che, dopo esperienze accademiche e professionali in Spagna, Paesi Bassi e Danimarca, fondano nel 2009 lo studio di progettazione a Bologna. I campi disciplinari affrontati spaziano dall'urbanistica, all'architettura ed al design industriale, facendo sì che tutti i progetti, di qualsiasi natura e scala, vengano affrontati con un approccio realmente multidisciplinare e con la necessaria attitudine ad esplorare soluzioni innovative dal punto di vista tipologico, morfologico e dei materiali. Attualmente lo studio è impegnato nell'elaborazione di piani-visione per aree strategiche della città di Bologna, progetti di edilizia residenziale, commerciale e sportiva, concorsi internazionali e progetti nel campo dell'ICT. Contribuisce inoltre alla didattica della Facoltà di Architettura di Ferrara e collabora a progetti europei di paesaggio per la Regione Emilia-Romagna. Il tema della conferenza di Studio Brenso sarà incentrato su "Costruire nel costruito", ovvero "rigenerazione e densità nella città contemporanea". L'argomentazione parte dal fatto che un insieme di fattori ambientali, economici e sociali hanno cancellato il modello di uso estensivo del territorio che ha dominato il '900. L'esiguità della risorsa suolo insieme alla crisi dei capitali che l'aggredivano impongono un profondo ripensamento dell'esistente, che non può più essere abbandonato alla conquista di nuovi spazi. D'altro canto rimane inalterato, anzi accelera, il fenomeno di migrazione verso contesti urbani, con città sempre più dense e popolate. Come operare per mantenere un'equilibrio tra attività umane ed effettive risorse disponibili? Nasce così l'esperienza di Brenso attraverso casi di diversa natura e scala, realizzati o teorizzati, dove la rigenerazione passa dalla riprogrammazione funzionale dell'esistente capace di incrementare allo stesso tempo densità e qualità ambientale.
Realizzazioni e simulazioni progettuali dello Studio Brenso di Bologna che saranno illustrate durante il terzo incontro della serie “SeDici Architettura 2015”
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ORDINE ARCHITETTI RAVENNA
Con il patrocinio
Comune di Ravenna
Comune di Cervia
Comune di Lugo
Comune di Forlì
Comune di Cesena
ciclo di conferenze 2015 Otto incontri/confronti fra protagonisti esperti ed emergenti della progettazione contemporanea Alessandro Bucci Faenza
Tomas Ghisellini Ferrara
Iotti / Pavarani Reggio Emilia
M2R Reggio Emilia
Giovedì 19 FEBBRAIO
Albergo Cappello RAVENNA Giovedì 19 MARZO
Oggetti d’Autore FORLÌ Giovedì 23 APRILE
Edilpiù LUGO Giovedì 21 MAGGIO Sala Conferenze
Autorità Portuale
Laprimastanza Montiano (FC)
Stefano Piraccini Cesena
Brenso Bologna
Tappi / Barbieri Cesena
RAVENNA Andrea Oliva Reggio Emilia
Giovedì 18 GIUGNO Azienda vitivinicola
Poderi dal Nespoli
Miro architetti Bologna
NESPOLI (FC) Antonio Ravalli Ferrara
Alessandra Chemollo Marghera (VE)
Marco Mulazzani Ferrara
Giovedì 17 SETTEMBRE
Magazzini del Sale CERVIA Giovedì 15 OTTOBRE Galleria Comunale
Palazzo del Capitano
Pulelli / Valbonesi Cesena
Ecrù Parma
CESENA Giovedì 19 NOVEMBRE
Albergo Cappello RAVENNA
ore 20 Apertura, registrazione crediti formativi ore 20.30 Saluto azienda promotrice ore 20.45 Architetti emergenti ore 21.45 Architetti esperti ore 22.45 Spazio interventi e saluto conviviale
Sperandio / Pozzi Santarcangelo (RN) Info Reclam tel. 0544 408312 redazione@trovacasa.ra.it - www.reclam.ra.it
Comitato scientifico Gianluca Bonini, Stefania Bertozzi, Giovanni Mecozzi, Filippo Pambianco Organizzazione, promozione, documentazione Reclam edizioni e comunicazione srl – Casa Premium rivista dell’abitare
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INFOPROM
Edilpiù prodotti e servizi per la qualità dell’abitare
nel campo di infissi e serramenti fra materiali sostenibili, nuove tecnologie e design I valori e le strategie dell’impresa delineate dal responsabile commerciale Marcello Bacchini
> Identità di un’azienda La solidità di un’azienda si misura dalla forza delle radici e dallo slancio di idee vincenti e innovative. Fondata nel 1981 da Gian Paolo Bacchini, Edilpiù è stata tra le prime aziende italiane a specializzarsi nella distribuzione dei serramenti, rappresentando un’assoluta novità in un mercato allora dominato dalle falegnamerie. La seconda generazione rappresentata da Marcello e Antonio Bacchini ha costantemente incrementato la propria attività di business e il proprio organico, che oggi raggiunge le 60 unità con filiali a Ravenna e Imola che supportano il lavoro della sede di Lugo. Fin da subito Edilpiù ha creduto fortemente nel potenziale dei materiali alternativi al legno e all’alluminio, e oggi è un punto di riferimento sul territorio compreso tra Bologna e la costa romagnola, e rappresenta una realtà all’avanguardia per la competenza acquisita sui più moderni principi dell’efficienza energetica e dell’edilizia a impatto zero. La particolare struttura organizzativa permette a Edilpiù, un’alta specializzazione nel commercio, nello studio, nella progettazione e nella posa di serramenti e infissi. L’azienda opera nell’ambito delle nuove edificazioni, della sostituzione e della ristrutturazione edile, rivolgendosi a privati, progettisti, enti pubblici/privati e imprese. A differenza dei produttori diretti e degli assemblatori, Edilpiù può spaziare tra tutti i modelli forniti dai più autorevoli marchi italiani, aggiornando costantemente la propria gamma di soluzioni. Fra i prodotti commercializzati i clienti possono trovare porte, finestre, sistemi di oscuramento, serre bioclimatiche, sistemi d’allarme, complementi di arredo. Edilpiù non si limita a fornire semplici prodotti, bensì offre soluzioni personalizzate, portate avanti dal progetto alla realizzazione, tenendo conto delle principali caratteristiche che deve possedere un serramento moderno, dal risparmio energetico, all’abbattimento acustico; dall’impatto ambientale fino alla manutenzione, alla sicurezza e dove è necessario alla sostituzione.
La qualità dell’abitare si costruisce grazie a scelte strategiche in termini di sostenibilità, di contenuti tecnologici e di prestazioni, senza dimenticare la resa estetica. La missione di Edilpiù, azienda dall’esperienza trentennale nel campo della distribuzione qualificata dei serramenti, è rendere ogni abitazione un luogo confortevole in cui vivere e trasformare ogni casa in un edificio attento al rispetto dell’ambiente, capace di rispecchiare la personalità del proprietario. Un interlocutore pronto ad acquistare non solo prodotti ma anche a condividere una visione. La continuità della storia aziendale, i forti valori e la capacità di fornire prodotti e servizi innovativi sono gli elementi che ispirano e guidano il lavoro di Edilpiù. Parola di Marcello Bacchini, con il fratello Antonio, alla guida dell’azienda, insieme al suo fondatore, Gian Paolo Bacchini.
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«Il progetto della nostra sede di Lugo realizzato nel 1995 dallo studio milanese Lamberto Rossi Associati compie 20 anni. Abbiamo sempre creduto che per un’azienda fosse necessario interpretare il proprio tempo, e saper dialogare con il territorio. La lamiera ondulata che corre sul percorso della strada San Vitale, le travi in acciaio i pannelli, sono il segno di un’architettura che deve essere leggera e flessibile. Troppo spesso siamo oscurati dalla storia e così ci dimentichiamo del futuro. Con questo progetto abbiamo anticipato la contemporaneità tanto che gli elaborati sono stati esposti nel padiglione Italia della 13ª mostra internazionale di Architettura – Biennale di Venezia, tra i progetti Made in Italy ritenuti meritevoli e simboli di una sintesi felice tra fare impresa e visione del mondo. Oggi c’è una forte tendenza a rinnovare gli spazi di lavoro, rendendoli più fruibili ed emozionali, e in linea con le esigenze dell’utente di oggi. Come è possibile recepire le esigenze di ogni cliente, dal privato, al progettista, all’ente pubblico? «Non siamo produttori, ma offriamo una profonda competenza nel soddisfare pubblici diversi e ci dedichiamo alla ricerca dei prodotti migliori in termini di materiali, tecnologie e design, con un’attenzione particolare all’italianità delle aziende. Ad oggi, nell’85% dei casi ci occupiamo di residenziale, ma abbiamo lavorato anche nell’edilizia
Nella pagina a sinistra, un singolare scorcio della sede Edilpiù a Lugo. In questa pagina e nelle pagine seguenti alcune immagini di interventi realizzati recentemente dall’azienda per diverse tipologie di edifici
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scolastica, prima della contrazione delle risorse degli enti pubblici, nel direzionale e nel ricettivo. Dal 2014 siamo in grado di garantire la posa in opera certificata, un’opportunità per valorizzare le prestazioni e allungare la vita dei serramenti. Tanto più nelle case con elevati standard di efficienza energetica, nelle quali i materiali devono essere performanti. L’alleggerimento dei serramenti facilita l’inserimento di finestre più grandi, mantenendo alta la sicurezza contro le effrazioni e la loro efficienza prestazionale. Per prevenire il rischio di furti e intrusioni installiamo sistemi integrabili con qualsiasi tipo di serramento, portoni di ingresso, tapparelle, porte di garage, cancelli. Il sistema di allarme può essere inserito su una singola apertura oppure è possibile centralizzare il comando per chiudere tutti i punti di accesso con un solo tocco».
Nel tempo come si è evoluto il rapporto con i professionisti? «Forniamo il nostro supporto in fase di progettazione, sviluppando, quando è necessario, soluzioni tecnico estetiche allineate alle richieste dei progettisti o dei committenti. Possiamo funzionare come una sorta di ufficio satellite, dando una mano alla redazione di capitolati e disegni. La nostra area strategica coordina infatti il supporto tecnico sul cantiere offrendo assistenza continua (anche attraverso l’utilizzo di specifici software di progettazione) e consulenza in normativa edilizia. “Più le sfide sono complesse più aiutano a crescere”. Ammiro i progettisti che fanno architetture ritenute impossibili. Inoltre, da sempre per noi è fondamentale la formazione e la ricerca. Organizziamo con frequenza eventi e workshop per fornire un servizio e un supporto ai professionisti. Dove si crea cul-
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La faccita della sede di Edilpiù a Lugo. L’edificio è stato progettato nel 1995 dallo studio di architettura milanese Lamberto Rossi Associati. Gli elaborati furono esposti nel Padiglione Italia della Biennale di Architettura di Venezia in occasione della 13esima edizione.
tura abbiamo sempre un innalzamento della qualità. Per questo offriamo la nostra collaborazione anche agli enti pubblici per fare formazione nelle scuole e nelle università. Promuoviamo seminari e laboratori per avvicinare gli studenti ai principi della progettazione avanzata, grazie a un percorso didattico appositamente allestito negli spazi aziendali». Come si pone l’azienda di fronte al cliente privato? «La nostra missione è quella di aiutare il cliente a realizzare un’abitazione che rispecchi la sua personalità, dunque prima di tutto viene l’ascolto e la relazione umana. Lo aiutiamo a costruire un percorso che rappresenta molto di più di una semplice specifica tecnica. Cerchiamo la chiave di lettura delle sue esigenze, sia che siano comfort, design o bisogno di sicurezza. Ci interessa capire il mondo dei nostri clienti per personalizzare il più possibile la nostra offerta e i nostri servizi. Per questo motivo, a seguito della vendita, si instaura sempre con i nostri clienti un forte legame, che si consolida grazie al nostro servizio post vendita di manutenzione programmata; il rapporto con l’acquirente, infatti, prosegue per tutta la vita dell’articolo acquistato. Ogni 2 - 3 anni verifichiamo il funzionamento dei serramenti garantendogli così una vita più lunga».
Sede legale: Via Piratello 58/2 - 48022 Lugo (RA) - Tel. +39 0545 27222 - edilpiu@edilpiu.eu Showroom Ravenna: Viale della Lirica 65 - 48100 Ravenna - tel. +39 0544 408888 - ravenna@edilpiu.eu Showroom Imola: Via I Maggio 86 - 40026 Imola (BO) - Tel. +39 0542 22678 - imola@edilpiu.eu
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Mackintosh, 1891 (l’architetto, non il computer) di Alberto Giorgio Cassani
Le oasi nel deserto Charles Rennie Mackintosh, il grande architetto scozzese che a Glasgow, tra il 1897 e il 1909, realizza il suo capolavoro, la Scuola d’arte (chissà chi è l’architetto, ingegnere, geometra della parte più recente dell’edificio dell’ex “Albe Steiner”, ora Accademia di Belle Arti di Ravenna?), disegnando tutto, dalla maniglia al “fumo del camino”, nel tentativo, proprio del Liberty, di resistere «all’onda del flusso monetario che tutto coinvolge» della mercificazione «del nostro “cattivo presente”».1 Ancor più famoso designer della sedia e della poltrona che portano il suo nome, nel 1891, lascia le brume della perfida Albione per fare il suo personale grand tour nel Bel Paese. Fra le numerose tappe, anche Ravenna. Pochi appunti, dal suo Diary, ma significativi. Si ferma da noi ben quattro giorni, dal 27 maggio al 1 giugno, un’infinità di tempo, per la media turistica ravennate. L’ex capitale dell’Impero romano d’Occidente gli appare un «luogo delizioso»2 – vuoi vedere che abbiamo trovato a chi dare le chiavi della città? Le «gemme»3 sono «naturalmente» – of course – i due Sant’Apollinari: «Mosaici splendidi»,4 nonostante i nudi mattoni dell’esterno rendano le basiliche «molto poco interessanti».5 Anche San
Vitale «is a good church»:6 per la forma ottagonale, per il «raffinato pavimento marmoreo»7 e per i mosaici. E poi, in sequenza, nello stesso stile “stringato”, molto british: «very interesting»8 San Giovanni Evangelista, per il suo campanile e per i «piccoli mattoni della volta»;9 «very poor»10 il Duomo; «very fine»11 il Battistero (Neoniano). E poi il gran finale: «Complessivamente una città molto pittoresca che vale ben la pena visitare».12 Per gli inglesi, o scozzesi che dir si voglia (spero non mi sentano quest’ultimi…), il nostro paesaggio è “molto pittoresco”, tanto che il modo di dire è entrato persino in una delle sue più riuscite caratterizzazioni – “una romantica donna inglese” – di un comico romano da anni sulle scene). L’anno dopo Mackintosh ritorna di nuovo sul suo viaggio (in A Tour in Italy): Ravenna e le sue “superbe”13 creature, i mosaici, gli vengono incontro «come un’oasi nel deserto». Like an osias in a desert.14 Sindaco, delle “chiavi postume”, please.
A sinistra: Charles Rennie Mackintosh, in un ritratto di James Craig Annan degli inizi del XX secolo. Sotto: Charles Rennie Mackintosh, Prospetti est ed ovest della Glasgow School of Art, 1896 (marzo-ottobre 1896, prima fase; settembre 1906maggio 1907, seconda fase; realizzazione: fine 1897dicembre 1899, prima fase; 1907-1909, seconda fase).
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> Note 1. Manfredo Tafuri, Francesco Dal Co, Architettura contemporanea, Milano, Electa, 1976, p. 15. 2. «Very delightful Place», Charles Rennie Mackintosh: The Architectural Papers, edited by Pamela Robertson, published by White Cockade in association with the Hunterian art Gallery, Glasgow, The University of Glasgow, 1990, p. 103. Sul viaggio in Italia di Mackintosh si vedano: Maria Cristina Finucci, Il viaggio in Italia di Charles Rennie Mackintosh, in «Critica d’arte», IV serie, gennaio-marzo 1986, pp. 55-64; Bruno del Priore, Note sul viaggio in Italia, in Charles Rennie Mackintosh 1868-1928, contributi di Andrew MacMillan et alii, a cura di Guido Laganà, Milano, Electa, 1988, pp. 23-26; Pamela Robertson, Mackintosh and Italy, in Charles Rennie Mackintosh: The Architectural Papers, cit., pp. 65-88; i testi del Diary of a Tour in Italy (1891) e di A Tour in Italy (1892), si trovano ibid., rispettivamente, pp. 89-107 e 109-125. 3. «Jems», ibid. 4. «Ripping mosaic», ibid. 5. «Very uninteresting», ibid. 6. ibid. 7. «Fine marble floor», ibid. 8. ibid. 9. «Little bricks on roof», ibid. 10. ibid. 11. ibid. 12. «Altogether a very picturesque town & well worth visiting», ibid. 13. «Superb», ibid., p. 117. 14. ibid.
In alto a sinistra: Mosaici, Sant’Apollinare in Classe, Ravenna, 1891, matita e acquerello su carta, cm 47,5 × 33 (firmato, a matita: «Chas. R. Mackintosh»; iscrizione, a matita: «Mosaic Decoration / St Apollinaris in Classe / Ravenna»). In alto a destra: Mosaici, Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna, maggio-giugno 1891, matita e acquerello su carta, cm 43,3 × 33,3. In basso: studente in costume orientale alla Glasgow School of Art, 1900 circa. Un omaggio alla Ravenna bizantina?
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STILE E DESIGN
di Sabina Ghinassi
Quando nel 1877 Joseph Beverly Fenby, inventore geniale, nonché Sindaco e capo dei Pompieri del villaggio di St John della Contea di Worchestershire nel Regno Unito, disegnò la sua Folding Chair insieme allo sgabello da campo Camp Stool , non poteva certo immaginare la fortuna che la sua sedia richiudibile in un sacco, adatta a girovaghi e vita di trincea avrebbe avuto per più di un secolo. Non avrebbe neanche immaginato che sarebbe diventata un’icona, un must have del design dalla seconda metà del Ventesimo secolo, adatta a tradurre un modus vivendi trasgressivo, nomadico, fluido, in ultima parte liquido, lontanissimo dall’Inghilterra Vittoriana del suo periodo. Né che sarebbe stato uno degli In alto e in basso a destra, Tripoline (modello ecru) di Segno Italiano ®. Qui a sinistra, Tripolina speciale (modello Palazzo Bianco) in onore di Franco Albini, sempre di Segno Italiano ®. In alto a destra, il disegno con particolari costruttivi della Folding Chair di Joseph Beverly Fenby.
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Le parole e le cose
Folding Chair-Tripolina Butterfly Chair- BKF oggetti più adeguati per tradurre la necessità, tutta contemporanea, di esistenze rizomatiche, in perenne viaggio tra dentro e fuori, tra outdoor e indoor, di esterno che penetra l’interno. Non avrebbe immaginato che una sedia nata per seguire l’esercito britannico nelle trasferte del Sahara avrebbe abitato case di lusso, giardini meravigliosi, appartamenti per studenti, oppure accolto le forme sinuose delle pin up di “Playboy” di Gil Elvgren negli anni ’50, diventando un oggetto simbolo della Rivoluzione Sessuale. Perché nella Folding Chair è impossibile sedere composti, le gonne sono precluse; è una sedia che prelude alla postura instabile, incerta, ti accoglie come un abbraccio ma allo stesso tempo ti mette in crisi nella tue rigidità, nelle certezze. Una seduta zen, essenziale. Devi fidarti di lei, devi essere disposto al viaggio, ad accogliere le oscillazioni della vita. Usata dall’esercito britannico durante le campagne africane, nacque come ripensamento dello sgabello da campo, simile a quello che si portavano in giro i pittori ottocenteschi per dipingere en plein air. La sedia era in legno e canapa, leggera, agile e richiudibile come lo sgabello, e aveva in più la funzione di reggere la schiena. Registrata nel 1881, la Folding Chair venne messa in produzione negli Stati Uniti nel 1895 dalla Gold Medal del Wisconsin che acquistò il brevetto in esclusiva per gli USA da Fernby. Il brevetto fu venduto anche in Francia e in Ita-
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STILE E DESIGN lia, dove divenne la sedia della campagna di Libia, prendendo il nome di Tripolina. La Tripolina era funzionale per la sua stabilità nella sabbia e venne realizzata dalla ditta Viganò, in legno locale e cammello o pelle bovina. Venne chiamata anche Butterfly Chair, per la sua capacità di uscire dal bozzolo come una farfalla. Nel 1938, a Buenos Aires, i designer del Grupo Austral ritornarono sul concept con la BFK. “BKF” erano le iniziali dei creatori della sedia: i partner del gruppo erano il catalano Antonio Bonet e i due argentini Juan Kurchan e Jorge Ferrari Hardoy, conosciutisi a Parigi nello studio di Le Corbusier. La sedia era composta da un telaio pieghevole in ferro di 12 mm con una stuoia in pelle imbracata alle estremità del telaio. La pelle fu commissionata a un famoso sellaio, Cuatrini, che lavorava per Rossi & Caruso, produttori di selle da cavallo per il polo. Furono prodotti solo alcuni prototipi della BKF e messi in mostra da Harrods, la prima ed unica filiale estera del grande magazzino di lusso, inaugurato a Buenos Aires nel 1914. Era il 1943 quando, in mostra nella sala degli Artisti di Buenos Aires per il Ministero Nazionale della Cultura, la BKF vinse il primo premio. Uno degli originali della BKF è quello esposto al MOMA di New York. Si racconta che l’americano Edgar Kaufman Jr, curatore del Museo di Arte Moderna di New York, abbia acquistato due BFK, una per la collezione permanente del museo, l’altra per la casa di suo padre che, tra le altre cose, era un collezionista di alto design. Edgar Kaufman è quel Kaufmann che commissionò due dei simboli più riconosciuti dell’architettura americana del XX secolo: la Desert Kaufmann House, dell’architetto austriaco Richard Neutra e la Fallingwater (la Casa sulla Cascata) di Frank Lloyd Wright, dove la sedia BKF trovò la sua collocazione. La sedia progettata dal Grupo Austral dal 1947 venne immessa in produzione da Knoll che intraprese, senza successo, una serie di azioni legali contro gli imitatori e interruppe per questo già dal 1950 la produzione. Da allora sono state migliaia le versioni della Folding Chair: una sedia-farfalla che continua ad attraversare con leggerezza i secoli, libera di essere interpretata e immaginata da migliaia di sguardi, corpi e pensieri diversi.
In alto, Jorge Ferrari Hardoy, Butterfly Chair, 1938, pelle e ferro battuto, cm 80 x 61, h.cm 92 x 36. A fianco, Italo Calvino in biblioteca su una Butterfly Chair (www.byricardomarcenaroi.blogspot.it/).
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La redazione giornalistica di R&D e una decina di autori esperti in campo musicale e culturale, in collaborazione con la direzione della Manifestazione, sono già all'opera per realizzare servizi di approfondimento, articoli e interviste dedicate agli eventi e ai protagonisti dell'edizione 2015 del Ravenna Festival, la prestigiosa manifestazione artistica Ravennate e una delle più ricche e importanti a livello Nazionale e Internazionale. Ravenna Festival Magazine uscirà il 4 giugno con oltre cento pagine di contenuti in gran parte inediti, con un ricco repertorio di immagini, il calendario aggiornato degli eventi e molte notizie utili, una vera e propria guida di qualità a tutti gli spettacoli del Festival. Edizione 2014
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P R E N O TA I T U O I S PA Z I D I G R A N D E E Q U A L I F I C ATA V I S I B I L I T À . Reclam - 0544.408312 - 335.7456883 - 335.7259872 - 392.9784242 - 392.9276624 aprile 2015
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ARREDO E DESIGN
Dal Mac ravennate rinasce il
Museo del Design La collezione di Raffaello Biagetti lascia la cittĂ d'origine per l'Expo e mostre intorno al mondo con l'organizzazione del network "Musei Italiani"
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di Guido Sani
Fra Russi e Ravenna non ha avuto la fortuna che si meritava, ora il Museo dell'Arredo Contemporaneo (Mac), realizzato da Raffelo Biagetti nel lontano 1988, trova ospitalità e visibilità a Milano, prima in occasione del Salone del Mobile 2015 (dove è stato esposto a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa in Piazza Affari), poi in un'altra sede privata in occasione dell'Expo. Una accurata selezione della collezione, messa a disposizione dagli eredi di Raffaello – i figli Alberto e Anna Biagetti – è stata allestita, a cura di Giuseppe Ghidoli, e conclusa l'esposizione universale, probabilmente spiccherà il volo per altre mete nel mondo. Forse com'era il suo destino cosmopolita e con buona pace della provincia in cui è stata ideata e amorevolmente custodita per oltre un quarto di secolo. La mostra – realizzata grazie al network per la valorizzazione del patrimonio culturale Musei Italiani, presieduto da Federico Bonadeo – è stata reintitolata “Museo del design 1880-1980. A Century of Fine Art“ e si snoda attraverso un percorso di oltre cento pezzi, per l'appunto creati da grandi architetti internazionali e italiani fra le fine dell'800 e fine Novecento. Si va dall'art noveau di Gaudì, Mackintosh e Thonet per arrivare alla Secessione viennese, al Bauhaus di Breuer e Mis Van Der Rohe e a Rietveld, passando da Wright e Le Corbusier fino allo stile nordico di Alvar Alto. Il dopoguerra è quasi interamente rappresentato dal design made in Italy con pezzi memorabili (fra mobili e lampade) di Mollino, Castiglioni, Ponti, Scarpa, Aulenti, Zanuso, Albini, Magistretti, Munari... per finire con le sperimentazioni postmoderne di Pesce, dello studio Memphis di Sottsass e Alchimia di Mendini. Diversi gli esemplari unici o a tiratura limitata che l'ideatore Raffaello Biagetti – assieme ad architetti, designer e
> Come e perché è nato il Museo dell'Arredo Contemporaneo a Ravenna «Già nel 1980 alcuni studenti mi chiedevano di potere vedere mobili e lampade disegnate intorno agli anni '50. Di materiale documentativo ne avevo abbastanza, ma per una tesi, mi dicevano, "occorrerebbe vedere i pezzi a magari poterli toccare". Avevo una discreta collezione di esemplari di quel periodo ma per mostrarli adeguatamente era necessario uno spazio ideale. A questo punto l'idea per una mostra tipo museo era nell'aria. Mi trovavo spesso con interi gruppi di turisti che chiedevano se esisteva da qualche parte una collezione o un museo che ospitasse i pezzi più significativi dell'arredo italiano. A questo punto un museo che si occupasse di mostre inerenti all'arredo si doveva proprio realizzare. Perciò con l'aiuto di amici e collaboratori ho fatto del mio meglio, con la speranza di essere riuscito almeno a compiere un primo passo importante e che "Ravenna, antica città dimessa e disadorna nel suo paesaggio esterno, con specchi d'acqua e riflessi di luce", possa conservare ancora altri preziosi tesori». Raffaello Biagetti dal libro-catalogo Brani di storia dell’arredo (1880-1980), Edizioni Essegi, 1988
Alcuni spazi del Museo dell’Arredo Contemporaneo nella sede originaria fra Ravenna e Russi. In alto nella pagina a fianco, la sezione dedicata a Rietveld e al design del neoplasticimo olandese. A destra in alto, la sezione dei pezzi ispirati alla pop art. Sotto, il tavolo d’artista Rosa dei Venti di Mario Ceroli. In questa pagina, nel riquadro in alto, un ritratto di Raffaello Biagetti, singolare figura di imprenditore e intellettuale ravennate, ideatore del Mac. Qui a fianco, la Poltrona di Proust di Alessandro Mendini. Le foto del servizio sono di Fabrizio Zani
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> Gli autori dei pezzi del Museo del Design Antoni Gaudì, Gebrüder Thonet, Charles Rennie Mackintosh, Adolf Loos, Joseph Hoffman,Walter Gropius, Jean Prouvé, El Lissitskij, Marcel Breuer, Mies Van Der Rohe, Renzo Frau, Frank Lloyd Wright, Gerrit Rietveld, Peter Keler, Alexander Rodčenko, Gunnar, Asplund, Mart Stam, Eileen Gray, René Herbst Le Corbusier, Hans Coray, Gio Ponti, Giuseppe Terragni, Ignazio Gardella, Harry Bertoia, Carlo Pagani, Alvar Aalto, Charles Eames, Isama Noguchi, Arne Jacobsen, Osvaldo Borsani, Ico Parisi, Eero Saarinen, Achille e Piergiacomo Castiglioni, Carlo Scarpa, Gae Aulenti, Franco Albini, Marco Zanuso, Gaetano Pesce, Afra e Tobia Scarpa, Ettore Sottsass, Mario Bellini, Giancarlo Piretti, Vico Magistretti, Bruno Munari, Alessandro Mendini.
storici della progettazione come Giovanni Klaus Koening, Giuseppe Chigiotti e Filippo Alison, e la consulenza di personalità quali Dino Gavina, Ettore Sottsass e Ignazio Gardella – avevano recuperato quasi trent'anni fa, immaginando una rassegna inedita, più unica che rara, sia sul piano storico sia su quello didattico, che aveva trovato spazio in un grande edificio di oltre mille metri quadrati sulla statale San Vitale, ai margini della campagna ravennate. Una struttura dalla vocazione "scenica teatrale" suggerita nel percorso interno da Gae Aulenti con un'illuminazione a “cielo stellato“ concepita da Piero Castiglioni, poi affiancata e arricchita da uno straordinario padiglione a corte, progettato dallo stesso Sottsass. Un complesso assolutamente originale, di valore nazionale e internazionale, ma che non è mai riuscito ad essere valorizzato e sostenuto sia in termini culturali che turistici, nonostante gli sforzi di promuoverlo e valorizzarlo da parte di Raffaello (anche con mostre d'arte ed eventi) e poi dei figli Alberto e Anna. A sette anni dalla scomparsa del “pioniere“ Biagetti, la sua originale creatura torna a far parlare di se, non solo per l'evento promosso in occasione del Salone italiano del design, ma anche con un'esposizione aperta al pubblico durante tutto il periodo dell'Expò. In futuro, sempre con la promozione dell'organizzazione Musei Italiani, e della Triennale milanese, l'obiettivo è portare la mostra in giro per mondo, grazie al sostegno di una serie di aziende (Faram, Aliante, Canepa, Serapian) legate al mondo del design e dell'alto artigianato made in Italy.
Qui a sinistra, Alberto e Anna Biagetti, figli di Raffaello, nel patio del padiglione del Mac progettato dall’architetto Ettore Sottsass. Sotto a sinistra, una visione dall’alto di parte del museo. Sotto a destra: Veduta esterna del padiglione Sottsass del Mac sulla strada San Vitale, alla periferia di Russi.
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ARTE E STORIA di Serena Simoni
La Ravenna dei mosaici non perde il proprio smalto internazionale, ma studi più recenti hanno dimostrato che la città presentava contesti culturali vivaci anche in altre epoche, alcune delle quali ingiustamente dimenticate. In questo senso, il libro Porta Aurea, Palladio e il monastero di San Vitale curato da Antonella Ranaldi – già Soprintendente a Ravenna, appena trasferita a Milano con le stesse funzioni – apre il sipario sull'epoca romana e rinascimentale, riaggiornando vecchie tesi, verificando ipotesi e fornendo materiale del tutto inedito. I contributi di Sandro De Maria, Paola Novara e Angela Donati arricchiscono il testo che mantiene uno sguardo privilegiato su alcune opere della Ravenna romana e i passaggi in città di grandi architetti e studiosi di antichità nel Quattro e nel Cinquecento, attratti sia dalle emergenze monumentali classiche, che dalla vitalità edilizia dei centri monastici. Fra le memorie che interessano i classicisti un posto di riguardo è destinato a due bassorilievi di età imperiale raffiguranti l'Apoteosi di Augusto e un segmento di una processione, ritrovati presso il Mausoleo di Galla Placidia probabilmente verso la metà del '500. Conservati fino agli inizi del secolo scorso nel vestibolo della sagrestia del monastero di San Vitale e poi trasferiti presso il Museo nazionale agli inizi del '900, le due opere hanno concen-
In alto: frammento di rilievo con processione sacrificale, I sec. d.C., Ravenna, Museo Nazionale In basso a sinistra: rilievo dell’Apoteosi di Augusto, I sec. d.C., Ravenna, Museo Nazionale. In basso a destra: Antonio da Sangallo il Giovane? Bramante?, Mausoleo di Teodorico, Firenze, Uffizi.
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Chiostro grande di San Vitale, 1562-1597
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> Chiostro grande di San Vitale (simulazione del colore originale)
La Ravenna romana e i cultori del Rinascimento Un volume a cura di Antonella Ranaldi indaga su alcune opere classiche della città che hanno attratto architetti e studiosi di antichità fra Quattrocento e Cinquecento trato a lungo gli interessi degli studiosi moderni per l'analisi dei soggetti e la collocazione originaria. Quasi sicuramente databili all'età di Claudio, raffigurano Augusto divinizzato e alcuni personaggi della famiglia imperiale, ma sulla loro provenienza si va più cauti: De Maria ipotizza una collocazione su un podio a tre lati che doveva essere inserito in un Caesareum o in un Augusteum, templi adibiti ai culti imperiali. Un'altra opera antica oggi scomparsa è il cosiddetto Ercole orario, la cui storia e fortuna critica vengono ripercorse in modo analitico da Paola Novara. Rimangono dell'antica scultura solo due rilievi di un coniglio e di un cane, appartenenti alla base di questa statua-orologio, che attrassero l'attenzione di Pirro Ligorio (1513-1583), architetto e fra i maggiori studiosi di antichità del tempo. Ligorio si appassionò anche alla famosa Porta Aurea, collocata un tempo nella cinta muraria vicino alla moderne carceri ed ancora visibile fino al 1582, data in cui venne smantellata per riutilizzare parte dei materiali nelle Porte Adriana e Giulia (detta poi Serrata). Donata alla città dall'imperatore Claudio nel 42 d.C., di questo in-
gresso monumentale rimangono oggi una trentina di frammenti conservati al Museo nazionale, sopravvissuti alla dispersione, al riutilizzo e all'interesse collezionista dei nobili locali. Ma per immaginare come fosse la Porta in origine occorre affidarsi alle parole di De Maria, che ci ricorda come la struttura – accesso principale alla città dalla via Emilia e dal porto di Classe – fosse probabilmente a cavedio, con una corte interna fra due ingressi in funzione di atrio, coronata nella parte superiore da una galleria o una loggia, come risulta dalle immagini presenti negli antichi sigilli comunali di Ravenna. I due piloni laterali erano sede dei due bellissimi clipei oggi al Museo nazionale, che forse recavano un tempo le teste di divinità protettrici dell'urbe oppure due dischi di bronzo, forse sostituiti nel Rinascimento da marmo colorato. Ligorio considerava la Porta una degli oggetti più interessanti di Ravenna, di cui ammirava simmetria e invenzione: in effetti, fra i tanti personaggi famosi passati in città, le testimonianze si concentrano su questo monumento e sul Mausoleo di Teodorico, quasi che i sacelli e le basiliche bizantine possedessero un fascino minore.
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Imprescindibili per lo studio della Porta sono gli studi degli storici e degli epigrafisti del XV e XVI secolo così come i disegni coevi che riportano il prospetto e i particolari del monumento: si segnala ad esempio un foglio datato al 1526 circa e attribuito alla cerchia del Sangallo, in cui viene trascritta la dedica inscritta nel fregio della trabeazione. I disegni di Palladio e di un anonimo cinquecentesco riportano in dettaglio le misure, i capitelli, il cassettonato della ghiera dell'arco, la decorazione a motivi vegetali delle lesene, testimoniando così la ricca e complessa decorazione dell'antico ingresso. La prima testimonianza grafica della Porta va fatta risalire ad un architetto veronese, Giovanni Maria Falconetto (1468-1534), appassionato studioso dei monumenti ravennati: oltre a Porta Aurea, il suo sguardo si sofferma sul mausoleo di Teodorico e San Vitale, documentati nei bellissimi affreschi che realizza a Palazzo d'Arco di Man-
tova. L'ispirazione tratta dalla Porta ravennate si concretizza in architettura quando Falconetto realizza a Padova Porta Savonarola (1530), in cui la disposizione complessiva e gran parte della decorazione, compreso i clipei con testine inserite, tradiscono suggerimenti chiaramente tratti da Ravenna. Nonostante il progetto del Consiglio dei Savi di restaurare la Porta e il quartiere interno, il monumento giaceva in uno stato di abbandono già nel 1526, quando Antonio da Sangallo il giovane viene incaricato dal papa al controllo di tutte le rocche della Romagna. L'occasione è ghiotta e il giovane architetto trova il tempo di studiare i monumenti antichi locali, con particolare riguardo alla basilica di San Vitale – disprezzata per la composizione, ma stimata per la fantasia – e al Mausoleo di Teodorico, al tempo interrato per tutta la parte inferiore. Al seguito del Sangallo sono numerosi architetti fra cui due familiari –
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A sinistra: Giovanni Maria Falconetto, il Mausoleo di Teodorico (particolare degli affreschi nella Sala dello Zodiaco), 1520-21, Mantova, Palazzo D’Arco. In questa pagina, dall’alto: Pirro Ligorio, Porta Aurea, disegno tratto dal manoscritto Libri delle Antichità (Ravenna), Torino, Archivio di Stato. Porta Aurea, ricostruzione, Roma, Museo della Civiltà Romana. Giovanni Maria Falconetto, Porta Savonarola a Padova, 1530.
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il cugino Giovanni Francesco e il fratello Giovanni Battista detto il Gobbo – ad uno dei quali si deve un disegno di Porta Aurea sul quale è evidenziata anche la parte interrata e quella che si trova "sotto aqua de fosi". Alquanto malmesso, il monumento produce comunque un grande fascino e le sue decorazioni e membrature diventano nuovi suggerimenti per il monumento funebre di Piero de' Medici, realizzato dai Sangallo a Montecassino. Direttamente rilevata dal vero, Porta Aurea ricompare nei disegni del Palladio (1508-1580), che per primo traccia anche la veduta della parte verso la città. Probabilmente di passaggio a Ravenna assieme al Trissino nel 1545, l'architetto padovano poteva essere la persona giusta per affrontare il nuovo progetto di smontaggio e
riallestimento della Porta in Via di Roma, davanti alla chiesa di S. Maria in Porto ancora da innalzare. Il progetto fallì, ma – di nuovo – i rilievi realizzati a Ravenna influenzarono nuove costruzioni palladiane come Palazzo Porto a Vicenza e le chiese di San Francesco delle Vigne e San Giorgio Maggiore a Venezia. Palladio si interessò anche alla trascrizione di iscrizioni, oltre all'asportazione di lapidi – un'abitudine purtroppo mai dismessa – e all'intrattenere rapporti professionali in città. Già Corrado Ricci riportava della consegna di un disegno di Palladio ai monaci benedettini di San Vitale nel 1565. La commissione avveniva in un contesto di grandi opere di rinnovamento edilizio eseguito per vari monasteri benedettini, uniti sotto la congregazione di Santa Giustina di Padova: da Brescia a Ravenna, da Venezia a Parma, il fervore delle costruzioni aveva un orientamento preciso di gusto e linguaggio. A San Vitale, i benedettini decisero di iniziare la costruzione dei dormitori, di un secondo e di un terzo chiostro e del refettorio a partire dal 1562, affidando il progetto complessivo all'istriano Andrea della Valle e al suo figliolo. È su una base documentaria che Ranaldi ipotizza che questi architetti abbiano diretto le maestranze locali e venete solo fino al 1564, interrompendo la collaborazione prima dell'esecuzione di alcune parti di fabbrica, fra cui il chiostro nuovo, probabilmente realizzato per la maggior parte fra il 1566 e il 1572 nel colore rosso che contraddistingueva gli edifici benedettini di questa epoca. Se quindi non fu questo maestro ad eseguire il chiostro - di una fattura talmente elegante da essere poco compatibile con le altre sue opere - è sulla base di confronti stilistici e di collegamenti fra le varie abbazie beneettine che Ranaldi propone il nome di Palladio per il disegno e l'impostazione generale del chiostro nuovo. Le colonne e i capitelli realizzati dallo scultore Antonio Maria de Cola di Padova – estranei al gusto dell'architetto padovano poiché di fattura più arcaica – potevano trovarsi in cantiere già eseguiti o semilavorati. Sulla base di altre ricerche, aggiungiamo che la loro decorazione che reitera il concetto della pace tramite simboli ed epigrafi, poteva essere vincolata dalla necessità di celebrare la fine del conflitto fra guelfi e ghibellini ravennati (1562). Si spiegherebbero in questo modo le divergenze fra l'esecuzione del chiostro ravennate e le progettazioni del Palladio, a cui invece rimanderebbero l'idea complessiva e la scansione degli spazi ravennati, ripresa dallo studio degli antichi ginnasi e palestre greci.
Dall’alto: Andrea Palladio, ricostruzione in pulito di Porta Aurea, Vicenza, Museo Civico La statua dell’Ercole orario nella Dissertazione di Giovanni Battista Passeri, 1765
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CITTÀ E SOCIETÀ
Non è vero che
non c’è alternativa: ma è vero che questa alternativa
dipende da noi Riflessioni sulla Legge “Sblocca-Italia” e sull’avvio di nuove trivellazioni in provincia di Ravenna
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di Marina Mannucci
«Vogliamo un Paese in cui chiamiamo sviluppo ciò che coincide con il bene di tutti, e non con l’interesse di pochi. Un Paese in cui lo sviluppo sia ciò che innalza – e non ciò che distrugge – la qualità della nostra vita. Un Paese che cresca, e non un Paese che divori se stesso. Un Paese capace di attuare il progetto della sua Costituzione» (da Rottama Italia, a cura di autori vari, istant book edito da “Altreconomia”*)
Mi capita spesso di domandarmi se mi sto informando abbastanza su quello che sarà l’Italia nei prossimi anni. L’ONU ha da poco dichiarato che siamo prossimi ad un punto di non ritorno, riferendosi tra l’altro ai cambiamenti climatici dovuti alle attività antropiche e annunciati da decenni da scienziati troppo spesso inascoltati. L’11 novembre 2014 è stato pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale”, n. 262 il testo del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014 detto ”Sblocca Italia”, coordinato con la Legge di conversione (Legge 11 novembre 2014, n. 164), recante “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”. Autorevoli rappresentanti della società civile, quali Ellekappa, Altan, Tomaso Montanari, Pietro Raitano, Giannelli, Mauro Biani, Paolo Maddalena, Giovanni Losavio, Massimo Bray, Maramotti, Edoardo Salzano, Bucchi, Paolo Berdini, Vezio De Lucia, Riverso, Salvatore Settis, Beduschi, Vincino, Luca Martinelli, Anna Donati, Franzaroli, Maria Pia Guermandi, Vauro, Pietro Dommarco, Domenico Finiguerra, Giuliano, Anna Maria Bianchi, Antonello Caporale, Staino, Carlo Petrini, hanno preso posizione riguardo a questo provvedimento giuridico in un libro disponibile gratuitamente in formato pdf, affinché nel Paese si apra un dibattito per ribadire i valori della tutela del territorio, della legalità e della visione di un futuro sostenibile. Nel libro dal titolo Rottama Italia. Perché il decreto Sblocca-Italia è una minaccia per la democrazia e per il nostro futuro, viene spiegato che «definire le linee di indirizzo per una valida Strategia Energetica Nazionale è un problema complesso, che deve essere affrontato congiuntamente da almeno cinque prospettive diverse: scientifica, economica, sociale, ambientale e culturale». Dei quarantacinque articoli del decreto “Sblocca Italia”, e quindi della relativa legge di conversione, gli articoli 36 e 38 riguardano le misure urgenti da intraprendere in materia di energia. La legge, così concepita, oltre a promuovere la creazione di grandi infrastrutture per permettere il transito e l’accumulo di gas proveniente dall’estero, facilita l’attività di estrazione di petrolio e gas in tutto il territorio nazionale: in aree densamente popolate come l’Emilia-Romagna, in zone dove sono presenti città d’importanza storica, culturale ed artistica come Venezia e Ravenna, in zone a rischio ambientale come la laguna veneta e il delta del Po e lungo tutta la costa del mare Adriatico dal Veneto al Gargano, nelle regioni del centro-sud ed ugualmente in parte della Sicilia. Il 16 ottobre 2014 anche un gruppo di scienziati e ricercatori denunciano in una lettera aperta indirizzata al Capo del Governo e ai ministri, che la legge “Sblocca Italia” «attribuisce un carattere strategico alle concessioni di ricerca e sfruttamento di idrocarburi, semplifica gli iter autorizzativi, toglie potere alle regioni e prolunga i tempi delle concessioni con proroghe che po-
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trebbero arrivare fino a 50 anni». Tra i firmatari della lettera il professore emerito dell’Università di Bologna, Vincenzo Balzani, accademico dei Lincei specializzato nello studio della fotosintesi artificiale, un dirigente di ricerca del Cnr, un chimico, studioso della conversione dell’energia solare, il professore di Bologna Alberto Bellini, ingegnere elettromeccanico, un “senior scientist” della Columbia University, esperto di geologia degli oceani. Gli autori della lettera sono tutti convinti che la legge “Sblocca Italia” vada cambiata ed indicano cinque punti fondamentali dai quali non si può prescindere per uscire dalla crisi energetica: • È necessario ridurre il consumo di energia, obiettivo che deve essere perseguito mediante un aumento dell’efficienza energetica e, ancor più, con la creazione di una cultura della parsimonia, principio di fondamentale importanza per vivere in un mondo che ha risorse limitate. • La fine dell’era dei combustibili fossili è inevitabile e ridurne l’uso è urgente per limitare l’inquinamento dell’ambiente e per contenere gli impatti dei cambiamenti climatici. Ridurre il consumo dei combustibili fossili, che importiamo per il 90%, significa anche ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese da altre nazioni. • È necessario promuovere, mediante scelte politiche appropriate, l’uso di fonti energetiche alternative che siano, per quanto possibile, abbondanti, inesauribili, distribuite su tutto il pianeta, non pericolose per
Una manifestazione di Greenpeace davanti al tempio della Concordia nella valle dei Templi di Agrigento, Patrimonio mondiale dell’Unesco.
l’uomo e per l’ambiente, capaci di colmare le disuguaglianze e di favorire la pace. • Le energie rinnovabili non sono più una fonte marginale di energia, come molti vorrebbero far credere: oggi producono il 22% dell’energia elettrica su scala mondiale e il 40% in Italia, dove il fotovoltaico da solo genera energia pari a quella prodotta da due centrali nucleari. • La transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili sta già avvenendo in tutti i Paesi del mondo. In particolare, l’Unione Europea ha messo in atto una strategia basata sui punti sopra elencati (il Pacchetto Clima Energia 20 20 20, l’Energy Roadmap 2050). Che le energie rinnovabili non possano essere più ritenute una fonte marginale di energia viene confermato anche nella relazione annuale del Gestore Servizi Energetici a servizio del sistema energetico nazionale (http://www.gse.it/it/GSE_Documenti/GSE%20%20Rapporto%20Attivit%C3%A0%202013.pdf) dove leggiamo che in Italia, nel 2013, la produzione di energia elettrica da Fonti Energetiche Rinnovabili (FER), ha superato i 112 tW/h (terawatt/ora) (+21% circa rispetto al 2012), arrivando a coprire circa un terzo del consumo interno lordo nazionale (34%), in netta crescita rispetto al 2012 (27%). In soli sei anni il contributo delle Fonti Energetiche Rinnovabili nella produzione elettrica nazionale è sostanzialmente raddoppiato. Questi dati confermano che in Italia è in atto una lenta trasformazione dei cittadini da semplici utenti a produttori d’energia pulita grazie anche
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all’avvio di buone pratiche possibili e trasparenti, come i Gruppi di Acquisto Fotovoltaico Solidali e la rete nazionale dei Gruppi di Acquisto per l’autonomia energetica costituiti da famiglie, comuni ed imprese. «Un processo che dovrebbe essere supportato da circolazione di informazione e conoscenza dal basso, come testimonia EnergoClub, associazione Onlus, che si batte a livello nazionale per la diffusione del risparmio energetico, per l’uso sostenibile delle fonti rinnovabili dalle famiglie alle amministrazioni pubbliche» (Rosi Battaglia, in http://www.wired.it/economia/business/2014/10/30/abbasso-trivelle-benvenuti-nellera-dellenergy-sharing/). È quindi urgente prendere in considerazione la necessità di puntare sempre più su una cultura del risparmio energetico e semplificare le procedure che attualmente ostacolano lo sviluppo delle energie rinnovabili. Mi riferisco nello specifico ad una cultura-politica di sensibilità ambientale che prenda in considerazione una più diffusa riqualificazione energetica degli edifici; la riduzione del limite di velocità sulle autostrade; che incoraggi i cittadini ad acquistare auto che consumino e inquinino meno; che incentivi l’uso delle biciclette e dei mezzi pubblici; che trasferisca gradualmente parte del trasporto merci dalla strada alla rotaia o a collegamenti marittimi; che metta in atto campagne d’informazione e formazione culturale, a partire dalle scuole, per mettere in luce i vantaggi della riduzione dei consumi individuali e collettivi e dello sviluppo delle fonti rinnovabili rispetto al consumo di combustibili fossili e ad una estesa trivellazione del territorio. Queste misure basterebbero a compensare il mancato apporto (tutto sommato marginale) delle nostre riserve di combustibili fossili. In Emilia Romagna dopo le liberalizzazioni del 1998 e del 2001, non c’è più solo Eni ad estrarre petrolio e gas naturale ma anche altre compagnie. Nel maggio 2012, a seguito del terremoto nell’area della pianura padana emiliana, la nostra Regione ha istituito una Commissione internazionale di studiosi per cercare di dare una risposta a una possibile correlazione tra perforazioni del sottosuolo. È stata creata la Commissione ICHESE: International Commission on Hydrocarbon Exploration and Seismicity in the Emilia Region una commissione internazionale «tecnico-scientifica per la valutazione delle possibili relazioni tra attività di esplorazione per gli idrocarburi e aumento di attività sismica nel territorio della regione Emilia Romagna colpita dal sisma del mese di maggio 2012». La Commissione è giunta alla conclusione che “non può essere escluso che le attività effettuate nella Concessione di Mirandola abbiano potuto contribuire a innescare la sequenza” dei terremoti che hanno colpito l’Emilia-Romagna nel 2012, uccidendo 27 persone e causando centinaia di feriti. Conclusioni rivelate nel mese di aprile dalla rivista «Science» nell’articolo Human Activity May Have Triggered Fatal Italian Earthquakes dal giornalista Edwin Cartlidg. Nel mese di gennaio la giunta del Comune di Ravenna ha dato il via libera all’aggiornamento dell’accordo di collaborazione triennale con Eni che continuerà la propria
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attività di estrazione del gas sul territorio ravennate in cambio di dodici milioni di euro d’indennizzo (mezzo milione in più circa rispetto al passato, nell’arco temporale di tre anni) per interventi di compensazione in favore del territorio e studi sul fenomeno della subsidenza (per quanto riguarda il fenomeno della subsidenza in Emilia Romagna, consiglio la lettura della ricerca prodotta dagli ingegneri Mentino Preti e Vinicio Ruggeri: La subsidenza della fascia costiera emiliano romagnola: storia, problemi e prospettive (in httpwww.arpa.emr.it/cms3/ documenti/_cerca_doc/suolo/convegno_subsidenza/pret i_ruggeri.pdf). L’architetto Marco Turchetti, Coordinatore provinciale degli Ecologisti Democratici di Ravenna, in un comunicato stampa del 22 gennaio 2015, ha chiesto che «venga istituito o individuato un organismo tecnico (nazionale o transnazionale) di elevata competenza scientifica e di indiscutibile obiettività e terzietà che promuova e coordini un sistema unitario, permanente ed efficace di monitoraggio degli effetti delle attività estrattive a terra e a mare sui territori di tutto il Paese al fine di assicurare trasparenza nei confronti dei cittadini e degli Enti Locali e di consentire tempestivi interventi in caso di eventuali criticità o di andamenti insoddisfacenti». Nel suo intervento, egli spiega anche l’importanza che le risorse compensative previste a fronte di attività industriali o estrattive vengano utilizzate prioritariamente a favore d’interventi di prevenzione per la messa in sicurezza del territorio (subsidenza, erosione, dissesto idro-
La Rainbow Warrior, la nave di Greenpeace, impegnata nel tour italiano “Non è un Paese per fossili” in rotta per Palermo, per dire no alle trivellazioni nel canale di Sicilia.
geologico, sicurezza idraulica ecc.), per la prevenzione dei grandi rischi particolarmente gravi in un’epoca di marcati cambiamenti climatici e inoltre a favore dell’ambiente (conservazione, valorizzazione e risanamento). «Questo perché le risorse pubbliche per questi obiettivi non sono mai sufficienti, ma anche perché è concettualmente corretto che la compensazione rispetto a interventi che hanno un impatto sul territorio e che producono comunque grandi volumi di CO2 siano utilizzate per migliorare la sostenibilità e la qualità ambientale del nostro sviluppo». A tal proposito non possiamo non tenere conto che, secondo i dati di Arpa e Regione, dagli anni ’50 a oggi sarebbero già andati persi sulla costa emiliano-romagnola qualcosa come 100 milioni di metri cubi di sabbia, con un danno di circa 1,3 miliardi di euro, oltre i costi derivanti dalla necessità d’interventi per tutelare i centri abitati e l’adeguamento delle opere di bonifica. Ci troviamo, inoltre, in presenza di un mare con le caratteristiche di un grande lago – ed ogni polo estrattivo è a contato diretto con le coste –, con un microcosmo ambientale, naturalistico, antropico, suscettibile a qualsiasi squilibrio possano provocare attività umane “dure” come eccessive estrazioni di gas o petrolio. Mi chiedo inoltre se la vocazione del Mare Adriatico non sia, piuttosto, quella di essere importante ponte d’interscambio culturale, socioeconomico, progettuale tra le diverse aree regionali italiane ed i paesi accomunati da questo mare. Uno sguardo lungimirante consiglierebbe di puntare sulla
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valorizzazione di un turismo incentrato sull’impegno ambientalista e sociale, sulla conservazione di biotopi litoranei di grande pregio; investendo in sostenibilità ambientale anche riguardo ai porti mediterranei, non dimenticando che anche una qualsiasi marina è un’attività industriale-commerciale che deve rispettare le norme sull’ambiente e sulla sicurezza. Intanto il governo croato ha deciso di affidare in concessione dieci aree del mare Adriatico per l’esplorazione di possibili campi per l’estrazione di gas e petrolio. Il consorzio tra l’americana Marathon Oil e l’austriaca Omv si è aggiudicato sette delle dieci aree concesse. Due licenze sono andate al consorzio tra la società pubblica croata Ina e l’ungherese Mol, una al consorzio tra l’Eni e l’inglese Medoilgas. Un investimento spalmato nei prossimi cinque anni stimato circa in 2,5 miliardi di dollari. Il paradosso è che le compagnie potrebbero trivellare entro i confini croati dei giacimenti sottomarini che si estendono nei nostri fondali, amplificando il rischio subsidenza delle coste adriatiche italiane. “Volendo”, il nostro governo sarebbe ancora in tempo a fermare Zagabria: «Anche se sono scaduti i termini per presentare osservazioni, [sc. il Governo italiano] può ancora chiedere di essere consultato in merito alla Valutazione ambientale strategica», non ancora conclusa. A tal proposito, i senatori Gianni Girotto e Gianluca Castaldi hanno chiesto al governo, in un’interrogazione urgente ai ministri per gli Affari esteri e dello Sviluppo economico, di aprire un contenzioso con la Repubblica croata, e in particolare di «verificare la compatibilità delle attività in corso e di attivare una stretta interlocuzione con il governo croato».
«La prima, e più importante, resistenza allo Sblocca Italia passa attraverso la conoscenza, l’informazione, la possibilità di farsi un’opinione e di farla valere. Discutendone nelle piazze e nei teatri, nelle televisioni e alla radio»
> Le principali novità dello “Sblocca Italia” Edilizia. Viene concesso di realizzare interventi di manutenzione straordinaria tramite la sola CilComunicazione inizio lavori invece della Scia -Segnalazione certificata di inizio attività ma con ulteriore dichiarazione del tecnico che attesti la compatibilità antisismica dell’intervento. La destinazione d’uso, viene stabilito, non potrà in alcun modo aumentare la superficie dell’immobile. Sulle operazioni richiedenti Scia, invece, l’amministrazione conserva la facoltà di ricorrere allo strumento dell’autotutela, al di là del limite dei 60 giorni per il divieto di prosecuzione, se si certificano rischi per l’ambiente, la sicurezza o la salute. Termovalorizzatori e petrolio. Per i produttori dell’oro nero, stop al bonus del 50% delle aliquote di prodotto per i Comuni coinvolti. Sugli inceneritori di ultima generazione, invece, viene disposta la compilazione di una lista da stilare entro 90 giorni: quelli indicati di rilevanza nazionale, saranno soggetti al dimezzamento dei tempi necessari per gli espropri, per la valutazione ambientale, e l’autorizzazione integrata. Patto di stabilità. Prima dell’entrata in vigore della legge, con la pubblicazione in «Gazzetta», il governo dovrà intervenire con urgenza a porre rimedio alla previsione di esclusione dal patto di stabilità per gli interventi di bonifica. Deroghe anche per le piccole opere, quelle subito cantierabili nonché segnalate dai sindaci a palazzo Chigi. Autostrade. Le concessioni per la rete autostradale saranno prorogate senza gara solo previo assenso delle istituzioni comunitarie. Grandi opere. Alta velocità Napoli-Bari e PalermoMessina-Catania sono le prossime tratte in realizzazione per l’alta velocità ferroviaria. Sbloccate anche le infrastrutture degli aeroporti. Casa. Rimane lo sconto del 20% a chi compra una casa e l’affitta a canone concordato con cedolare secca per un minimo di otto anni.
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Una piattaforma di trivellazione offshore.
(da Rottama Italia, cit)
* “Altreconomia” è un mensile il cui obiettivo è di dare visibilità e spazio a stili di vita e iniziative produttive, commerciali e finanziarie ispirate ai principi di sobrietà, equità, sostenibilità, partecipazione e solidarietà. Al tempo stesso, l'impegno della redazione è raccontare i meccanismi dell’economia mondiale, denunciandone soprusi, storture, ingiustizie.
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CITTÀ SOSTENIBILE
Ecco il profilo della Ravenna dell’innovazione Come uscire dagli slogan e iniziare a declinare progetti concreti La città costituisce la carta da noi non ancora giocata per uscire dalla crisi. La nostra cultura urbana è ciò che abbiamo di peculiare e di inimitabile nella competizione mondiale, qui il filo della tradizione si intreccia con le opportunità del moderno. Solo a partire dai punti alti della nostra identità sarà possibile cogliere le sfide del futuro.
Così come le altre, anche la nostra bella città è stata in parte sfigurata dall’industrializzazione, ma potrebbe diventare luogo ideale per la ricerca, le tecnologie, i servizi avanzati e l’alta formazione. L'innovazione in fin dei conti non è una questione di tecnologie, ma di creatività. È un processo sociale che favorisce la produzione dei saperi e delle arti, l’invenzione di nuovi prodotti, l’elaborazione di nuovi stili di vita, mutamenti dell’organizzazione civile, condivisione di conoscenze, contaminazione tra esperienze diverse, apertura verso le differenze, ricambio generazionale, mobilità nella scala sociale. Di fronte alla tendenza omologante della globalizzazione le differenze urbane diventano la risorsa in più. Soprattutto noi dovremmo averne consapevolezza. Abbiamo realizzato cose egregie quando i produttori erano legati al luogo. Anche il miracolo economico è stato grande crescita urbana, l’invenzione dei distretti industriali ammirati nel mondo ha avuto il merito di trasformare l’antico gusto artigianale e la coesione sociale in fattori propulsivi della produzione. Potranno dare ancora molto se sapremo difenderli e rinnovarli, ma certo non saranno più l'energia propulsiva dell’innovazione italiana. Ecco la svolta da compiere. Quello che siamo riusciti a fare di originale con i distretti industriali, dovremmo realizzarlo con la città come grande fabbrica postmoderna dell’innovazione. La vecchia industria aveva una certa indifferenza per il territorio e noi lo sappiamo bene; oggi invece la qualità dei luoghi diventa fattore decisivo per catalizzare le competenze. Nel distretto industriale la trasmissione delle competenze si realizzava in virtù dell’identità culturale e di legami sociali forti. Il lavoratore creativo, al contrario, ama le differenze, le relazioni aperte, i legami sociali deboli tipici dell’ambiente urbano.
Le politiche di innovazione riguardano l'intero Paese ma trovano in città il laboratorio privilegiato, in doppio senso, perché vi trovano le condizioni ambientali per maturare e perché forniscono un banco sperimentale di strategie più generali. Nei programmi di governo delle città non dovrebbero mai mancare tre cose. Coltivare competenze proprio come fa l'agricoltore con i suoi alberi, impiantarli, aiutarne la crescita, innestare nuove specie e aprire il campo ai venti lontani che portano spore di biodiversità. La qualità della scuola di ogni ordine e grado, la focalizzazione di attività formative sulle vocazioni produttive del territorio, il rango internazionale degli studi universitari sono gli obiettivi minimi che un'amministrazione locale deve pretendere da tutti i soggetti pubblici responsabili. Solo la città che attrae i giovani può candidarsi all'innovazione. Da qui la priorità per il welfare giovanile, per le borse di studio, le residenze e gli assegni di ricerca e l'accoglienza di studenti stranieri. Ma soprattutto per creare luoghi aperti alla libera espressione artistica e culturale e per mettere a disposizione servizi di sostegno alle start-up e alla sperimentazione sociale. Il trasferimento dei saperi dall'università alle imprese viaggia con le teste delle persone e bisognerebbe quindi avere molta attenzione alla sorte dei dottori di ricerca, dopo aver speso tante risorse per formarli, si deve incentivare il loro impiego nelle imprese e nelle amministrazioni come portatori di futuro. Chiedere innovazione è compito delle politiche pubbliche. Bisogna prima di tutto creare domanda di innovazione se si vuole uscire dalla buca conservativa in cui è caduta l'organizzazione sociale. Proprio la politica possiede le carte per uscirne. Il governo della città ha bisogno della conoscenza e deve prima di tutto imparare a chiederla con trasparenza e qualità. Oggi la città va ripensata, si tratta di inventare fun-
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zioni nuove e di ridisegnare luoghi già segnati dai vecchi usi. E' quasi un gioco che ci aiuta a vedere le cose in modo totalmente diverso, come immaginare, ad esempio, un giardino pensile su un’autostrada urbana dismessa. L’invenzione funzionale, però, oggi è frenata dalla rigidità dell’offerta che procede a ondate, prima tutte case, poi tutti uffici, poi tutti ipermercati, adesso di nuovo case e si ricomincia. Bisognerebbe invece diversificare la domanda di funzioni utilizzando competenze, la concertazione, i concorsi di idee, la promozione internazionale. La capacità di reinventare i luoghi e la molteplicità delle funzioni sono oggi i caratteri che fanno ricca la città. L’ingegno deve essere applicato all’organizzazione della vita collettiva. E’ incredibile il ritardo delle nostre città, siamo pieni di diavolerie tecnologiche a casa e in ufficio, ma nello spazio pubblico prevalgono sistemi obsoleti. La città è anche un’enorme banca di dati che dovrebbero essere accessibili come i suoi luoghi. Si tratta di una conoscenza non solo utilizzata ma anche alimentata dai cittadini: è bastato che prendesse piede quel gioco sui social sulle vecchie foto per ottenere un grande archivio di immagini sulla trasformazione urbana. Nei prossimi anni sarà decisivo questo software urbano, come insieme di open data, di servizi, di modi d’uso dello spazio. Non è solo una sfida per il governo municipale ma implica anche un riconoscimento dell’ingegno sociale. E ciò è possibile solo se i giovani entrano nel mondo del lavoro, nell’amministrazione pubblica, nella politica. L’innovazione è un vettore composto da due direzioni: il salto cognitivo e la qualità della cittadinanza. Su entrambi i lati ci aspettiamo buone pratiche dall’amministrazione comunale che avrà ricevuto la fiducia dei cittadini. Creare valore nell’economia urbana migliorando l’organizzazione della vita collettiva. E' possibile, anzi è una delle poche vie per tornare a creare lavoro. Altrimenti rimangono solo le chiacchiere che promettono la crescita continuando a fare le stesse cose che hanno provocato la crisi. L'economia di carta e di mattone ha impoverito le città e ha costretto tanti cittadini ad abbandonarle per andare a vivere nel forese consumando inutilmente altro suolo. Al contrario, la cura dei beni comuni può fornire nuove opportunità per fare impresa innovativa. L’agenda delle cose da fare è stata già
scritta - la mobilità sostenibile, il recupero urbanistico, la riconversione ecologica degli edifici, il ciclo dei rifiuti, la saggia gestione delle acque, l’agricoltura periurbana, come anche la comunicazione digitale, la cura della persona, la scuola e l’educazione - e molti amministratori hanno già dimostrato che si possono coniugare qualità della vita e nuovi saperi della città. Bisogna mettere a frutto i beni comuni. Invece di svendere pezzi di patrimonio pubblico a prezzi stracciati forse sarebbe meglio utilizzarlo per case in affitto per i giovani, per atelier delle imprese innovative e per le strutture del nuovo welfare. Bisognerebbe valorizzare le aziende pubbliche e le multiutilities per farne strumenti specializzati nell'applicazione di tecnologie della green economy. Però serve un cambiamento anche dal lato degli atenei e dei centri di ricerca. In futuro dovranno muoversi più liberamente nelle due dimensioni cruciali della crescita della conoscenza, nelle reti internazionali delle comunità scientifiche e nei luoghi urbani di agglomerazione delle competenze. La sua qualità sarà definita dal riconoscimento che otterrà nelle reti della conoscenza. E la sua efficacia dall'onda di creatività che riuscirà a diffondere nella propria città. In quali direzioni, allora, dovranno migliorarsi le istituzioni della ricerca per aiutare la crescita civile ed economica del territorio? Una buona guida di riforma è fornita dalle Lezioni americane di Italo Calvino. Prima lezione: Leggerezza per buttare via tutte le pesantezze burocratiche in modo da volare come una farfalla posandosi sui fiori dai colori più diversi. Terza lezione: Esattezza per dedicare tutte le energie a cercare un ponte tra le cose visibili e invisibili, come fa l'artigiano che crea un oggetto da una materia informe o uno scienziato che trae una teoria dal caos dei fenomeni. Quinta lezione: Molteplicità per tenere sempre a mente che soprattutto l'innovazione ha bisogno di riconoscere le differenze, di cercare strade nuove, di uscire dallo standard, di alimentare la biodiversità del sapere e del saper fare.
Marco Turchetti [Progettare Sostenibile - Ravenna] info@progettaresostenibile.com
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CONSULENZA E INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE
Cresce l’ottimismo del settore e si concretizzano le compravendite «Nessuno svende, ma chi compra può avviare trattative sicuramente proficue» Ne parla Pier Luigi Fabbri di Fimaa Ravenna
Il primo trimestre del 2015 è iniziato con la giusta dose di ottimismo nel comparto immobiliare. Stando ai dati degli agenti immobiliari, secondo l’osservatorio di Fimaa, le richieste sono decisamente maggiori rispetto al periodo analogo dello scorso anno. «In agenzia abbiamo riscontrato un buon interesse – afferma Pierluigi Fabbri, presidente provinciale di Fimaa Ravenna –. Questo lascia ben sperare che presto diverse compravendite potrebbero concretizzarsi. A ricercare sono soprattutto le coppie che fino a poco fa avevano preferito l’affitto in attesa di tempi migliori. Con il forte abbassamento dei tassi di interesse sui mutui, è diventato nuovamente appetibile l’acquisto della casa, perché non cambia molto pagare la rata del mutuo piuttosto che il canone d’affitto. Con la grande differenze che, alla fine, si diventa anche proprietari. Certo, resta ancora per molti l’incognita lavoro, ma i primi segnali di ripresa ci sono, così come la speranza che molti contratti a tempo determinato vengano trasformato in a tempo indeterminato». Dopotutto poi, questo è un momento irripetibile per acquistare, considerando che si può ricercare con calma, potendo contare su un’ampia disponibilità di immobili sul mercato. «Nessuno svende – aggiunge Fabbri -, ma è certamente possibile avviare una proficua trattativa. I pezzi di maggiore qualità costano di conseguenza, ma le aspettative dei venditori non sono le stesse di qualche anno fa. Dopo essersi fatti un’idea di ciò che si ricerca, il consiglio è quello di rivolgersi a un buon agente immobiliare in grado di offrire una consulenza a 360 gradi. L’agenzia riesce infatti a capire al meglio le richieste del cliente, nonché ad avviare una ricerca mirata che si basi realmente sulle sue aspettative». La richiesta proviene non solo da coppie, ma anche da famiglie che desiderano cambiar casa per allargarsi, ossia per
avere spazi più ampi e funzionali. Anche in tal caso, la ricerca può riservare delle gioie. Chi invece è in maggiore difficoltà? «Gli immobili più deboli – ricorda il presidente provinciale Fimaa – sono quelli vetusti che necessitano di una completa ristrutturazione. In tal caso, rispetto agli anni del boom immobiliare, non è facile per chi vende strappare un buon prezzo in quanto chi acquista sa in partenza quanti soldi dovrà investire per sistemare l’immobile. Non è un momento facile neppure per comprare a scopo investimento. Persone con una certa disponibilità economica, ce ne sono ovviamente. Ma le tassazioni sulle seconde case hanno da tempo superato livelli di guardia e, se il governo non varerà misure diverse, sarà difficile ingolosirli. Adesso che l’economia sembra essersi rimessa in moto, sarebbe importante un segnale dalla politica in grado di rilanciare davvero il mercato immobiliare che da solo è poi capace di trainare molti altri comparti: progettisti, artigiani, arredatori, decoratori... Ci aspettiamo un 2015 non di crescita, ma almeno di contenimento e stabilizzazione».
www.fimaaravenna.it
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BONALDO
Via Faentina 218s - Fornace Zarattini Ravenna tel. 0544 463621 - www.ravennainterni.com aprile 2015
Editore Reclam Edizioni & Comunicazione srl . viale della Lirica 43 . 48124 Ravenna . Iscrizione al Tribunale di Ravenna n. 1240 del 8/11/2004 . Redazione 0544.271068 . redazione@trovacasa.ra.it . Pubblicità 0544.408312 . info@trovacasa.ra.it
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