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n. 111 GENNAIO-FEBBRAIO 2017

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n.111 GENNAIO-FEBBRAIO 2017

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RAVENNA INTERNI CP.qxp:Layout 1 27/02/17 17.55 Pagina 2

contenuti

gennaio-febbraio 2017

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casa bella casa

Eleganza e comfort in un appartamento a Ravenna firmato da Maria Teresa Rossi _____________________________________________________

toponomastica e storia

studi e ricerche

La virtù della Giustizia. Dall’introvabile verità all’esercizio del diritto ________________________________________________ di Cetty Muscolino

La «città fatale». Gabriele D’Annunzio, Corrado Ricci e Ravenna (1901 e 1902). Seconda parte _______________________________________________________________ di Alberto Giorgio Cassani

idee e progetti

La vitale evoluzione di Darsena POP Up, un esempio di rigenerazione urbana __________________________________________________________

deisgn e lifestyle

Tendenza silenzio da Maison et Objet 201. Novità dalla rassegna internazionale di Parigi ________________________________________________________ di Sabina Ghinassi

spazi della cultura

abitare l’habitat

di Domenico Mollura

Lo stile Gio Ponti nell’epoca degli “anni ruggenti” dell’Art Déco __________________________________________________ di Serena Simoni

arte e architettura

Quando la musica dissolve muri e confini. Intervista a Enrico Melozzi ______________________________________________________ di Marina Mannucci

Il giuramento di Vitruvio. Fra l’etica del medico e quella dell’architetto. ___________________________________________________________ di Marco Turchetti

mercato immobiliare

Rapporto Fimaa 2016 sul trend delle compravendite in provincia di Ravenna __________________________________________________ di Roberta Bezzi

offerte immobiliari

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Il film dei ricordi passa da via Diaz e dalla scala mobile dell’Upim __________________________________________ di Pietro Barberini

Così Arnaldo Roncuzzi ha sondato (e scovato) i segni della storia ______________________________________________________ di Pietro Barberini

iconologia e storia

grand tour

di Paolo Bolzani

Geco’s 63 . Jolly Service . Russi Casa 64 . Eurocase . Solo Affitti 65 . Happy Home . Scor 66 . Idea Casa 67 . Francesca Leonzi . Studio Effe 68 . Futura 69 . Mazzini . Ossani 70 . Romagna 71 . Quatarca . Mondo Casa 72 . Edilmax 73 .

fotografie gennaio-febbraio 2017


CONF ARCHITETTURA CP 2017:Layout 1 27/02/17 18.12 Pagina 1

ORDINE ARCHITETTI RAVENNA

Con la collaborazione di Con il patrocinio di

Comune di Ravenna

Comune di Faenza

Comune di Cervia

Comune di Forlì

Comune di Cesena

INCONTRI A PIÙ VOCI SUL PROGETTO STORIA, ESTETICA, ESPERIENZE

giovedì 2 marzo ore 18.30

Presentazione della rassegna di conferenze Confronto fra amministratori pubblici ed esperti su “Nuove forme di progettazione urbana fra compartecipazione pubblico-privato e partecipazione sociale” ore 20.00 Brindisi e saluto conviviale

c/o

Albergo Cappello via IV Novembre 41 - Ravenna Il calendario prevede 9 incontri (2017) più 9 nel 2018, tendenzialmente gli ultimi giovedì o venerdì del mese (dalle 20.30 alle 23 circa) – da marzo a luglio e da settembre a novembre – in spazi storici, show-room di design, spazi e locali di tendenza fra Ravenna, Cervia, Faenza, Lugo, Forlì e Cesena, con il patrocinio dei Comuni ospitanti. Lo schema degli incontri prevede due relazioni e una fase finale di dialogo fra gli ospiti della conferenza, moderato da un esperto del tema trattato. La durata è di oltre due ore, in funzione di “seminario” utile al conferimento dei crediti formativi per cui la rassegna gode del patrocino degli Ordini professionali degli Architetti di Ravenna e Forlì/Cesena. I temi degli incontri: esperienze contemporanee sul campo della progettazione nel locale e globale; ruolo sociale e missione etica dell'architettura; città e territorio, storia e identità culturale; altri sguardi sul progetto fra grafica, arte, design, fotografia.

Per info:

tel. 0544 408312

www.reclam.ra.it

Fra gli ospiti/relatori sono stati invitati: Filippo Tiselli, Studio Simonetti, Officina Meme, Enrico Iascone, Tommaso Bettini, Studio Barozzi/Veiga, Studio Lopes-Brenna, Tam Associati, Emanuele Giordana, Antonio Ottomanelli, Studio Othe, Don Stefano Zanella, Marcantonio Raimondi Malerba, Verter Turroni, Massimo Giacon, Elena Bompani, Silvia Camporesi, Giorgio Scianca, Steve Della Casa, Massimo Cacciari, Rocco Ronchi, Marco Mulazzani, Ulisse Tramonti, Roberto Balzani, Giordano Conti, Tiziana Maffei, Mario Scalini, Emanuela Fiori, Francesco Dal Co, Marco Biraghi... e altri.


03 COLOPHON.qxp:Layout 1 27/02/17 17.40 Pagina 3

edizione di Ravenna

Dallo stile moderno delle cucine Berloni e Cesar alle linee essenziali degli oggetti Nature Design, tutto quello che serve per rendere la vostra casa l’ambiente che avete sempre desiderato.

Controcopertina

Discreta ma particolareggiata ricognizione in un appartamento di pregio, in via di Roma, asse centrale urbano di Ravenna, sistemato nel 2012 su progetto dell’architetto Maria Teresa Rossi dello Studio Rossi-Zaganelli. I lavori hanno riguardato la totale ridistribuzione interna degli ambienti insieme al disegno di porte, mobili della sala, armadiature a corridoio, cabine armadio, blocco cucina e arredi bagno.

via Baracca 70 - 48022 Lugo RA tel. 0545 31440 Cassani e Martignani arredamenti www.cassaniemartignani.it Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1240 del 8 novembre 2004 Direttore responsabile: Fausto Piazza Consulenza redazionale: Paolo Bolzani Collaborano alla redazione: Pietro Barberini, Roberta Bezzi, Chiara Bissi, Alberto Giorgio Cassani, Federica Cavani, Serena Garzanti (segreteria), Maria Cristina Giovannini (grafica), Sabina Ghinassi, Marina Mannucci, Domenico Mollura, Cetty Muscolino, Guido Sani, Serena Simoni, Marco Turchetti. Progetto grafico: Quadrastudio - www.quadrastudio.info Restyling grafico: Gianluca Achilli Referenze fotografiche: Alberto Giorgio Cassani, Pietro Barberini, Paolo Genovesi, Barbara Gnisci, Maurizio Montanari, Fabrizio Zani (e altre citazioni in pagina). Redazione: tel. 0544.271068 - redazione@trovacasa.ra.it

Editore:

Edizioni e Comunicazione srl

viale della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544.408312 info@reclam.ra.it - www.reclam.ra.it Direttore generale: Claudia Cuppi Stampa: Grafiche Baroncini - Imola - www.grafichebaroncini.it

gennaio-febbraio 2017


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CASA BELLA CASA

Sopra: lo stradello del giardino interno. Sotto: il living con il mobile a scaffali. Pagina a fianco: l’area pranzo con mobile da farmacia.


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Eleganza e comfort in un appartamento in centro a Ravenna firmato Maria Teresa Rossi La casa della “seconda età” di un nucleo familiare, tra pezzi storici, design moderno e nuova vita dell’usato I lavori hanno riguardato la totale ridistribuzione interna degli ambienti insieme al disegno di porte, mobili, arredi e cucina. Tutte le stanze si trovano unificate da un parquet in listoni di rovere massello levigato e trattato ad olio, che arretra solo davanti al bagno dei padroni di casa, in cui lascia il posto alle lastre di un composito marmo morato, qui in versione spazzolata.

gennaio-febbraio 2017


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CASA BELLA CASA La mano della progettista emerge nel grande mobile a scaffale per libreria della sala in legno laccato total white come tutti gli arredi disegnati per l’occasione, che giunge ad inglobare centralmente un grande televisore, mentre in cima cela la presenza del climatizzatore con un fitto listellato ad effetto architrave.

di Paolo Bolzani

BAGNACAVALLO via Pascoli 28 - tel. 0545.61534 info@tasacasa.it - www.tasacasa.it tasacasa*

Via di Roma, davanti al Conservatorio “Giuseppe Verdi”. Il fronte strada color tenue pastello della palazzina al civico 94 permette di riconoscere il nuovo complesso residenziale portato a termine nel 2011 su progetto degli architetti Carlo Alberto Farinelli e Daniele Monti. Nel corso dei lavori, sotto quello che ora è un ordinato giardino interno, si rinvennero tre lacerti di pavimento in mosaico di età presumibilmente imperiale, tuttora esposti a parete al centro dell’androne che disimpegna gli ingressi su strada e sul retro, le scale e l’ascensore. Uscendo nel giardino si può percorrere il vialetto bordato di siepi sempreverdi che consente di attraversare il lungo lotto da via di Roma a via Pascoli. Noi invece saliamo fino a questo appartamento, sistemato nel 2012 su progetto dell’architetto Maria Teresa Rossi dello Studio Rossi Zaganelli di Ravenna. I lavori hanno riguardato la totale ridistribuzione interna degli ambienti insieme al disegno di porte, mobili della sala, armadiature a corridoio, cabine armadio, blocco cucina e arredi bagno. I committenti sono una famiglia giunta alla sua “seconda età”, vale a dire in quel momento in cui le figlie, pur vivendo autonomamente, mantengono un ultimo presidio in casa dei genitori, mentre il tempo e gli impegni personali e professionali si incaricano di assottigliare progressivamente il cordone ombelicale che ha caratterizzato la “prima età” familiare, trasformando quel presidio in una stanza per gli ospiti. Alle due camere si abbinano altrettanti bagni, con la lavanderia a completare l’assetto funzionale nella zona notte. La zona giorno si struttura invece attorno ad un atrio di ingresso, che disimpegna la cucina tinello e la sala, composta dagli spazi living e pranzo, mentre serve un piccolo e grazioso bagno per gli ospiti, risolto con il dispiego di un’elegante nero maquina spazzolata nera con venature bianche. Ritroveremo ben presto questa pietra nel tavolo da pranzo serie tulipano, un “classico senza fine” per il design dell’intramontabile Eero Saarinen. Tutti le stanze si trovano unificate da un parquet in listoni di rovere massello levigato e trattato ad olio, che arretra solo davanti al bagno dei padroni di casa, in cui lascia il posto alle lastre di un composito marmo morato, qui in versione spazzolata. Un particolare apparentemente secondario, ma che influisce nella percezione dei bordi degli spazi abitativi, è la scelta di uno zoccolino battiscopa di altezza minore di 5 centimetri, verniciato di bianco. Gli fa eco una fascia di circa dieci centimetri, ugualmente bianca, che si distende lungo il perimetro sommitale delle stanze, sotto l’attacco tra soffitto e pareti, che si confronta con i tenui e morbidi colori parietali, al cui tono rilassante contribuisce la scelta di lunghe tende ondulate poste a nobilitare finestre e portefinestre. Nel bagno delle figlie le pareti assumono


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Il soggiorno

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La cucina

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CASA BELLA CASA

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Corridoio zona notte

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La cucina

Bagno delle figlie


MIC MUSEO CERAMICA CP PAG 2017.qxp:Layout 1 27/02/17 19.21 Pagina 9

gennaio-febbraio 2017


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CASA BELLA CASA

Ravenna Disegnata di Paolo Bolzani

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Atrio di ingresso


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Camera da letto dei padroni di casa

Il gusto della padrona di casa per spazi abitati da pochi ma significativi oggetti contribuisce al gioco di abbinamenti di forme, colori e materiali, su cui, complice la progettista, emerge la dislocazione di una serie di objects trouvĂŠs. La scelta è quella di abbinare mobili dal design moderno e vecchi ricordi di famiglia con incursioni nell’ambito degli arredi obsoleti, qui tornati a nuova vita, anche se in qualche modo sempre legati alla storia dei padroni di casa.

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CASA BELLA CASA

MARZO 2017 mese dello sconto sulla nostra produzione di pavimenti, rivestimenti, arredo bagno

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Bagno padronale

un elegante tono grigio perla, mentre sono messe in vibrazione dall’inserimento ritmico di alcuni listelli orizzontali in legno, a segnalare l’attenzione per il governo della proporzione dell’ambiente. Lo stacco cromatico si manifesta in maniera ancora più netta del bagno dei genitori, in cui appare il tono testa di moro, un colore assunto ormai a una delle cifre stilistico-cromatiche soprattutto in esterno di Rossi Zaganelli, come già visto in alcuni lavori dello studio ravennate (cfr. «CP», n. 99/2015). Anche la collocazione delle opere a parete segue un criterio non casuale, evidentemente concertato con la committenza. Perciò troviamo opere moderne e qualche pezzo storico, collocate in base ad un progetto “espositivo” che rivela un’attenzione non secondaria per l’illuminazione della singola opera; quindi lontano dalla prassi di prevedere la collocazione di applique alle pareti e successivamente lasciare al committente la scelta della posa dei quadri. Ciò è evidente a partire dall’olio su tela con l’Ultima Cena, opera fiamminga di maniera seicentesca illuminata da un’apposita lampada Oma da quadro e posta a vegliare il coevo pregevole canterano di famiglia guarnito di vasi Venini che presidia l’atrio di ingresso. L’opzione è confermata dall’esposizione della suggestiva Maternità in ceramica, proveniente da uno storico palazzo di Bagnacavallo e di cui dovrebbe esistere – a quanto ci viene detto nel corso della visita – un’opera molto simile nella Pinacoteca di Imola. Laddove non rivesta questa funzione di accento, la luce diviene un arredo elegante, come le applique Foglio di Tobia Scarpa in sala e nella camera da letto dei genitori oppure associa entrambe funzioni, come i corpi sospesi Smithfield in cucina o Tom Dixon nei bagni, accompagnati dai cubi di Viabizzuno. La mano della progettista emerge nel grande mobile a scaffale per libreria in legno laccato bianco, che giunge ad inglo-


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> Crediti appartamento sito in Via di Roma, n. 94 di realizzazione del complesso edilizio: • Progetto Arch. Carlo Alberto Farinelli e Arch. Daniele Monti di sistemazione dell’appartamento con ridistribuzione • Progetto degli ambienti e disegno degli arredi: Arch. Maria Teresa Rossi, Studio Rossi Zaganelli esecutrice lavori edili per l’intero complesso residenziale: • Ditta “Vimar” di Mario Verde fornitrice del parquet in rovere: • Ditta “Rossi Legno”, Castiglione di Ravenna di falegnameria: • Lavori Ditta “Vincenzo Balelli”, Russi fornitrice del grande elemento decorativo • Ditta a lettere in rilievo in cucina e in bagno delle figlie e la serie di tre vasi in vetro sul tavolo della sala: “Tasa Casa”, Bagnacavallo fornitrice della applique “Porta Romana”, • Ditta dei tendaggi e dei letti: “Selezione Arredamenti”, Ravenna fornitrice dei sanitari: • Ditta “Jobs” di Errani, Ravenna

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Bagno ospiti

bare centralmente un grande televisore, mentre in cima cela la presenza del climatizzatore con un fitto listellato ad effetto architrave. A seguire porte e armadi a muro, cabine armadio, tutte risolte con il ricorso ad un legno laccato total white, governato da un disegno essenziale, rigoroso, che ritroviamo nella modellazione di pietre e marmi pregiati in cucina e nei bagni. Il gusto della padrona di casa per spazi abitati da pochi ma significativi oggetti contribuisce, complice la progettista, al gioco di abbinamenti di forme, colori e materiali, su cui emerge la dislocazione di una serie di objects trouvés, come il grande elemento decorativo a lettere in rilievo appeso in cucina e nel bagno delle figlie. La scelta in questi casi è quella di abbinare mobili dal design moderno e ricordi storici di famiglia, come il tavolino rotondo e l’esile statuina ivi posata, illuminati però da una tentacolare lampada da parete a tre bracci design Serge Mouille. A ciò si abbinano incursioni nell’ambito degli arredi un tempo funzionali, sottoposti ad obsolescenza e qui tornati a nuova vita, anche se in qualche modo sempre legati alla storia dei padroni di casa. Questa scelta si rivela nella credenza in legno chiaro con alzata a vetrinetta per la cristalleria della zona pranzo, in origine in forza ad una farmacia, che si incarica di fornire un adeguato fondale opposto alla nuova grande libreria-mobile tv in sala, e che si conferma nel mobile per attrezzi proveniente da una vecchia officina meccanica, qui assurto a credenza al servizio del tavolo della cucina. Sconfina nella magica epifania del tavolino tondo per abatjour, poggiante su due palchi di corna di cervo, e nel calibrato inserto di grandi conchiglie, che ci racconta dell’inesausta vitalità marinara del provenzale, sebbene in forma minimal.

fornitrice degli elementi di arredo: • Ditta “Ambienti”, Faenza tavolo serie tulipano in graphite (design Eero Saarinen); sedie Knoll executive; cucina Arc Linea; divano Meridiani fornitrice della grande credenza per farmacia, • Ditta del mobile di una vecchia officina meccanica e tavolino su coppia di corna: “Globe Theatre”, Bologna fornitrice degli elementi in marmo: • Ditta “Francesconi Marmi”, Cervia in vetro colorati sul canterano dell’atrio di ingresso: • Vasi “Venini” fornitrice dei corpi illuminanti: • Ditta “Arredo Luce”, Ravenna. Corpi sospesi e applique in bagno: “Tom Dixon” di Beat Lights e “Cubi luce” di Viabizzuno. In sala e in camera da letto: applique “Foglio” di Flos (design Tobia Scarpa). In cucina: lampadari “Flos Smithfield”. Sopra il canterano in atrio: lampada “Oma”. In sala: lampada a tre braccia a parete di Serge Mouille fornitore dei tavolini in acciaio inox lucido della sala: • Negozio “Flair”, Firenze

Tutte le fotografie del servizio sono di Paolo Bolzani

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TOPONOMASTICA E STORIA

Testi e foto di Pietro Barberini

Una delle prime volte che ho visto Ravenna è stato assieme al mio babbo, che a Bagnacavallo era impiegato al Credito Romagnolo. Era il giorno della Befana, una festività magica per noi bambini e quella mattina, dopo aver trovato appesa al camino della “stufa economica” una bella calza rigonfia di tante piccole sorprese, ero salito sulla “littorina” per andare alla Befana del “Credito” riservata ai figli dei dipendenti. Una sorpresa dopo l’altra, a cominciare dalle scenografie che apparivano veloci e traballanti dietro al finestrino dell’automotrice: il palazzo di San Giacomo, la Pieve di Godo, poi dopo una lunga curva il treno rallentava davanti al porto interno, la darsena, dove erano ormeggiate le navi. Lasciato l’odore della stazione, si percorreva un viale neppure troppo lungo, con costruzioni moderne sulla destra e una bella chiesa, San Giovanni Evangelista, sulla sinistra. Il viale finiva incrociando una lunga via percorsa da automobili e biciclette. Si entrava allora in una strada, via Diaz, che ricordo fosse riservata ai pedoni. Mi sembrava che i passi risuonassero come

sotto ai portici di via Garibaldi a Bagnacavallo. Via Diaz correva diritta fino alla Piazza, dove sulla destra c’era la sede del Credito Romagnolo, situata in un bel palazzo nobiliare. Dopo aver raggiunto l’ampio salone di cassa, noi bambini aspettavamo l’arrivo di una simpatica Befana, impersonata da qualche giovane impiegato vestito da “vecchietta” con vocazione da palcoscenico, che rovesciava il contenuto di una grande gerla sopra un lungo tavolo. Tutti ricevevano il regalo richiesto, e l’emozione non era poca! Prima di ripartire sostavamo all’angolo della Piazza del Popolo, davanti al Caffè Tazza D’Oro: osservavamo i vigili urbani che ricevevano gli omaggi dagli automobilisti di passaggio e li sistemavano sui gradoni della colonna sulla quale svettava un cupo guerriero che mio padre disse fosse San Vitale. Il nome lo conoscevo bene perché era quello della strada che passava da Bagnacavallo e portava a Bologna, distante cinquantasei chilometri. Ravenna, invece, era meno lontana e ci si poteva venire anche in “corriera” con la Veta, che, per tornare a casa, partiva anche davanti al Teatro Alighieri. In uno di quei giorni, Epifania di nostro Signore, mi venne mostrata la tomba di Dante, che non mi fece alcuna impressione perché non


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Il film dei ricordi passa da via Diaz e dalla scala mobile dell’Upim Un ragazzino nel cuore della Ravenna di 60 anni fa nel giorno della Befana sembrava un triste sepolcro ma un lindo chioschetto, con in cima una bella pigna. I pini mi piacevano molto, soprattutto quelli che si vedevano andando a Marina e a Porto Corsini, in mezzo all’acqua sugli staggi o fitti prima di arrivare in spiaggia. Si ritornava in stazione percorrendo via Diaz, salotto pedonale dei favolosi anni Sessanta, soltanto annunciati. Un misto di fabbricati antichi e moderni, con la Banca del Monte e il negozio di Giacomo di Salvatore Fabbri, che ricordo per i profumi di stoffa e lane che nelle visite successive con mia mamma difficilmente mancava, anche se era subordinato all’UPIM, il grande magazzino su due piani con la scala mobile, che per noi bambini era un’attrazione irresistibile, altro che la giostra di San Michele: quella era elettrica e non si fermava mai! Tornando a casa con i doni della Befana, ricordo che una volta gi-

rammo in un vicolo a sinistra a fianco di un cinematografo, il Marconi; c’era una nebbia pesante che cadeva facendo luccicare i sassi di fiume del lastricato, dove era affondata una struttura in mattoni faccia a vista. Mi sono sempre piaciute le pietre vecchie, di quel colore particolare che si poteva fare mescolando terra di Siena con un po’ di rosso. Il Battistero degli Ariani da allora diventò il nuovo gioco, dopo i giri all’Upim, e intanto crescevo! La cosa più bella di Ravenna erano gli angoli, le strade che allineavano botteghe, abitazioni, un bel palazzo o, appena discosta, una splendida basilica. Si stavano ancora ricucendo gli squarci creati dai bombardamenti del ’44 e mio padre me ne parlava fra San Francesco e Sant’Apollinare Nuovo, ma io pensavo agli anni Sessanta e alla Pizzeria Arcobaleno, ultima sosta prima di prendere il treno per tornare a casa.

Sopra, a sinistra: in piazza del Popolo troneggia la sagoma imponente del Palazzo Rasponi del Sale, costruito nel 1770 e successivamente ristrutturato come sede del Credito Romagnolo che l’acquistò nel 1918. Sopra, a destra: dietro al teatro Alighieri e al Palazzo dell’Orologio, la demolizione di una serie di casupole ha creato piazza Corsica, ora intitolata al Presidente Luigi Einaudi. Oltre all’edificio in stile “Anni Trenta” sulla destra, si vede il complesso del Monte di Pietà fondato nell’ultima parte del XV secolo. Sotto, da sinistra: prospettiva di via Antica Zecca all’incrocio con via Diaz. Su via Diaz si affacciano due balconi “veneziani”: in secondo piano quello originale di Palazzo Zorzi, in primo piano le mensole del Palazzo di via Diaz 11. Queste ultime sono state inserite a “sostegno” di un balcone degli anni Cinquanta. Le mensole elegantemente decorate, rappresentano ciò che rimane dell’abitazione dove ha trascorso i suoi primi anni di vita, Silvio Gambi, ora completano il balcone dell’abitazione al n. 21 Via Diaz, in primo piano l’edificio costruito dove sorgeva la palazzina veneziana al n. 11. - Vicolo degli Ariani oggi e ieri.

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TOPONOMASTICA E STORIA

Silvio Gambi alla ricerca del Palazzo Perduto Lo scrittore noto ai ravennati per i suoi gialli storici, adotta metodologie d’indagine “poliziesca” per scoprire le vicende della sua abitazione d’infanzia. Ne esce un importante documento che arricchisce la conoscenza urbanistica di Ravenna lungo i decenni. Silvio Gambi, nel suo libro Via Diaz 11 Storia di un palazzo di Ravenna (2016, Danilo Montanari Editore), propone il racconto di quella strada che s’incrocia con i suoi ricordi d’infanzia. Aveva vissuto, infatti, negli anni Trenta, in un palazzetto veneziano demolito nel secondo dopoguerra. La ricerca di testimonianze storiche è raccontata con il ritmo incalzante dell’inchiesta, dove gli affetti familiari e la curiosità di quel bambino portano alla mente la Ravenna d’anteguerra, i cortili dei palazzi gentilizi, che si affollavano di affittuari installati nelle case retrostanti. Riemerge così la città del passato prossimo, un tessuto edilizio capace di riproporsi assieme alle fotografie dell’epoca. Su quella strada, una sorta di “Giano Bifronte” architettonico, la trasformazione è stata protagonista, cambiando destinazioni d’uso e mutando profondamente la fisionomia del luogo. Accadde per l’Arena Zinanni, poi Politeama, un teatro all’aperto con i palchetti in legno e la platea che poi diventò il salone centrale del negozio di Giacomo di Salvatore Fabbri. Trasformazioni e distruzioni belliche hanno contribuito a modificare l’ordito cittadino già “aperto” durante il ventennio fascista in corrispondenza di piazza Corsica, ora intitolata al secondo Presidente della Repubblica Italiana, Luigi Einaudi. La strada laterale vicolo San Vincenzo, ora via Antica Zecca, prendeva il nome dalla chiesa omonima che fu trasformata in mulino a vapore per la brillatura del riso, dopo essere stata acquistata, nel primo decennio dell’Ottocento, dall’industriale Morgantini, titolare anche della fabbrica di cristalli e di una conceria che si trovava dall’altra parte della città, nell’area successivamente occupata dalla Callegari & Ghigi. Anche Santa Maria delle Convertite, che si trovava in prossimità dell’incrocio con via di Roma, decorata e abbellita con dipinti, fu soppressa. In seguito divenne sede della farmacia dell’ospedale e, nel dopoguerra, sede del Partito Socialista. L’albergo San Marco, ridotto dai bombardamenti del ‘44 ad un cumulo di rovine, viene del tutto demolito per far posto al palazzo che ospiterà l’Upim, il primo grande magazzino della città. L’hotel era stato inaugurato nel 1865 ed era uno dei più belli della

città: la strada in quegli anni si anima di folla e passanti poiché la stazione ferroviaria, aperta nel 1863, porta viaggiatori e turisti e il viale della Stazione si prolunga fino alla Piazza centrale con il nome di via Farini. Soltanto alla fine degli anni Venti viene intitolata al Maresciallo d’Italia, Armando Diaz. I nomi precedenti sono ben più affascinanti: via di Piazza Ocaria, poiché portava al mercato avicolo, ricchissimo di selvaggina palustre, che suggeriva il toponimo legato alle oche. Con l’arrivo dei veneziani la strada viene nobilitata da alcune belle costruzioni dell’epoca, una delle quali potrebbe essere proprio quella di via Diaz al numero 11; resta però legata alla strada la splendida dimora chiamata Casa Giustinian, da cui strada Giustiniana, anche se più propriamente il palazzo parrebbe corretto attribuire agli Zorzi: Pietro Zorzi fu podestà nel 1457, anno in cui si pose anche la prima pietra della Rocca. D’altronde i podestà duravano in carica sei mesi e non avevano tempo per accampare privilegi e costituire clientele, è perciò assai facile che da un podestà all’altro i toponimi non cambiassero, anche perché il nome Giustinian lo troviamo anche per la Porta poi chiamata Adriana. Il Monte di Pietà, costituito nel 1491, oltre a suggerire un altro nome alla strada, mantiene alcuni elementi tipici dell’architettura del periodo. Certamente il lavoro dell’amico Silvio Gambi è stato simile a quello di un detective, accumulando indizi, prove e testimonianze, in una ricerca d’archivio non sempre facile, ma alla fine si arriverà ad una scoperta o meglio ad una ri-scoperta. E, a conferma di ciò, Gambi scrive: «mi rendo conto che vi sono altre parti dell’edificio delle quali non serbo assolutamente alcuna immagine, come ad esempio dell’ingresso al pian terreno, che certo avrò percorso centinaia di volte, o dei mobili della cucina ad eccezione della radio, dei tegami di rame appesi al muro e di quel camino spento, che ricordo solo perché vi ho appeso la calza della Befana».

Da sinistra, nell’ordine: Silvio Gambi e i suoi ricordi d’infanzia lungo via Diaz. La copertina del libro. Dagli anni Sessanta la Pizzeria Arcobaleno in viale Farini: si tratta del primo, storico locale che ora potremmo definire “street food”, punto di riferimento per generazioni di studenti.


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STUDI E RICERCHE di Pietro Barberini Arnaldo Roncuzzi si definiva, scherzando, un “idraulico”: era un ingegnere eclettico con la mente aperta a 360 gradi. Capace di trovare i segni nascosti sotto gli strati d’argilla alluvionali, “l’ingegnere” contava sulla fitta rete di amici, colleghi, studiosi e capomastri che lo chiamavano quando trovavano anomalie e cose strane nei saggi di fondazione. Nella Ravenna del secondo dopoguerra c’erano cantieri edili dappertutto e spesso venivano alla luce i segni della storia. Roncuzzi era benvoluto e stimato da tutti anche perché era disponibile e gentile: non faceva differenza fra progettisti e manovali, anzi si rivolgeva soprattutto a questi ultimi nei quali stimolava interessi e instillava curiosità. Arnaldo Roncuzzi viveva in un mondo di uomini liberi, capaci di una rude semplicità sempre pronta ad accendersi di entusiasmo. Anche fra gli amici, nelle associazioni e alla Casa Matha dove entrò nel 1975 (ricoprì le massime cariche e fu Primo Massaro dal 1996 al 1999), aveva intrecciato i suoi interessi professionali con quelli della sua città, particolarmente verso la storia di Ravenna per la quale provava un grande amore che andava ben al di là del fatto scientifico. Arnaldo “leggeva dentro”, scavava e sondava i terreni fra la strada e la ferrovia verso Classe: dalla sua intelligenza nel senso stretto del termine, hanno trovato la luce i reperti di San Severo e più a nord il porto di Classe e la Fossa Augusta. Sono uscite allo scoperto banchine portuali, condotte d’acqua, marmi e depositi di materiali, la geografia “sotterranea” di Ravenna ha ritrovato riscontri importanti se non decisivi, in grado di ridise-


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Così Arnaldo Roncuzzi ha sondato (e scovato) i segni della storia Ricordo dell'ingegnere idraulico ravennate recentemente scomparso, geniale scopritore del passato capace di far vivere la città nascosta Roncuzzi riscrisse interi tratti della geomorfologia alto-adriatica dopo aver trovato il porto di Classe e le sue idrovie

gnare la storia della città e di un territorio. I racconti di Arnaldo Roncuzzi erano quelli dello studioso entusiasta, capace di “farti vedere” nel tempo e nello spazio. Diretto nei discorsi, scavava nel verso giusto, senza andare per tentativi che lasciava soltanto alla sua “speleologia” di pianura. La sua ricerca partiva sempre da studi che venivano “accesi” dall’intuizione scientifica, ma da provare sul campo. In quelle campagne, sotto il sole e senza barriere ideologiche, ho

Nella pagina a sinistra, in alto: schema dei carotaggi eseguiti nelle adiacenze della Scuola Media “Don Minzoni”, nella cui sede sono conservate le “carote”. In basso a sinistra: Arnaldo Roncuzzi era anche un ottimo disegnatore, numerosi sono i suoi bozzetti delle strutture archeologiche romane come quelle a protezione della linea di costa a nord dei moli guardiani del Porto. In basso a destra: il 31 marzo del 1985, l’ing. Roncuzzi intervenne alla presentazione del libro “La civiltà delle acque” a Sant’Alberto, dove aveva già effettuato sondaggi e campagne di scavo. In fondo alla sua relazione,che aveva personalmente battuto a macchina, riporta alcuni versi di Franco Sacchetti e disegna con grande accuratezza l’osteria e il pesce di legno oggetto della novella trecentesca. In questa pagina, a destra Arnaldo Roncuzzi tra gli scavi a Creta. In basso a sinistra: pozzo in cantiere “Casa Guberti”: così è riportato nel retro della fotografia che è stata fornita dal figlio Marco Roncuzzi. In basso a destra: Arnaldo Roncuzzi con l’artista ravennate Franco Franchini, autore di un disegno che riproduce l’antico Porto Imperiale. Il disegno è appeso nei locali della Ca’ de Ven, in via Corrado Ricci a Ravenna.

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STUDI E RICERCHE

conosciuto e apprezzato il “maestro”, in grado di catturare l’attenzione di studenti delle medie inferiori e professori universitari, ma più interessato alle osservazioni di chi lo accompagnava e alle domande degli alunni più giovani di fronte a uno scavo. Era solito chiedere: «Cosa pensi? Cosa ne dite? È la terra che parla!». Arnaldo Roncuzzi è stato generoso autore di numerosissime scoperte, tessere di un mosaico geomorfologico di tutto il territorio litoraneo dell’Alto Adriatico, operando sempre con passione e per il bene comune. Non posso che ringraziarlo come amico e allievo riconoscente. Proprio all’inizio del 2017 è stata presentata dai Servizi Tecnici del Comune di Ravenna la Carta delle Potenzialità Archeologiche (CPA) che mappa l’intero territorio comunale, identificando le aree archeologiche. La minuziosa restituzione grafica che localizza i “giacimenti archeologici” riporta date e autori dei ritrovamenti e dei sondaggi. Esaminandola con curiosità assieme al mio amico progettista geometra Valerio Calistri, balza agli occhi la grande mole di lavoro svolta da questo “ingegnere”, sapientemente prestato all’archeologia. La Carta Archeologica riporta con chiara grafica l’opera svolta nel dopoguerra e fino al XXI secolo da Arnaldo Roncuzzi. Ora rivive assieme ad uno strumento di lavoro, la sua passione per progettare il futuro. Sarebbe stato felice di unirsi al nostro entusiasmo.

Arnaldo Roncuzzi come Gaetano Savini Mauro Mazzotti, studioso attento ed equilibrato di storia e idrografia ravennate, paragona l’ingegnere a Gaetano Savini, un altro illustre e benemerito concittadino: «Credo che Arnaldo abbia avuto degli straordinari meriti, attento studioso di Ravenna e dei ravennati, era un esperto di sondaggi del terreno, poiché dirigeva alcune cave e aveva approfondito esperienza in questa attività. Con lunghe aste di ferro sondava il terreno ed era in grado di dire se c’era della sabbia, dell’argilla compatta, un acciottolato o banchine portuali. Identificò in questo modo tanti reperti archeologici e riuscì a ricostruirne anche il percorso storico. Individuò il tracciato della Fossa Augusta, il canale che congiungeva Classe con Ravenna e da qui si prolungava fino al Po. Un uomo convinto fino in fondo delle proprie idee, di qui anche alcune vivaci e controverse discussioni culturali con la Soprintendenza, di cui sono stato alcune volte testimone»

L’insegnamento nasce da tracce nascoste La grande conoscenza idrografica di Arnaldo Roncuzzi venne spesso messa a disposizione di tanti giovani che preparavano tesi di laurea in Ingegneria. Arnaldo Roncuzzi è stato autore di numerosi testi che hanno sintetizzato i suoi studi e le sue ricerche. L’ultima esperienza in tal senso è rappresentata dall’escavo di un pozzo stratigrafico nell’area retrostante la Scuola Media “Don Minzoni” di Ravenna, situata in via Cicognani. L’attività faceva parte di un progetto didattico coordinato dalla professoressa Osiride Guerrini che interessava alunni delle scuole medie, ma anche alcune classi IV e V delle primarie degli Istituti “A. Torre” e “Mons. G. Morelli”. Il sondaggio, seguito personalmente da Arnaldo Roncuzzi assistito dal fedele Enrico Poggi, “Berto” o anche “Barbetta”, aiutato da Paolo Grilli, è diventato una sorta di “aula a cielo aperto”. I preparativi, il fissaggio delle sonde, l’estrazione dei fanghi e successivamente delle “carote” erano oggetto di osservazione da parte degli alunni che assistevano incuriositi. Vedevano così nascere sul campo la loro ricerca che consisteva in disegni e nel ritrovamento dei segni nascosti sotto terra che anch’io ho condotto in aula, coadiuvando il lavoro delle insegnanti. A quella campagna di sondaggi stratigrafici tenuta nell’aprile del 2004 partecipò Martina Zani che allora frequentava la IV Elementare. Martina, in seguito, si è diplomata al Liceo Scientifico “A. Oriani” di Ravenna e ora frequenta il corso di laurea di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio presso l’Università di Bologna, dove ha già conseguito la laurea triennale. Adesso Martina ricorda poco di quell’esperienza alle “elementari”, ma riemergono nei suoi studi alcuni insegnamenti dell’ingegnere Roncuzzi come quello che mette davanti a qualsiasi progetto un’accurata indagine del sottosuolo. «Con le conoscenze che ho acquisito – testimonia la giovane studiosa – capisco quanto sia stato importante “sondare il terreno”: non si può pensare di progettare o dimensionare un’opera senza indagare la geomorfologia del sito”. Un’altra coincidenza, Martina ha inaugurato il biennio magistrale con l’esame di “Costruzioni idrauliche e protezione idraulica del territorio”, superato a pieni voti con lode.

A sinistra: Martina Zani, “allieva” di Roncuzzi (foto di Pietro Barberini). A destra: Mauro Mazzotti ha conosciuto l’Ingegnere Roncuzzi quando era un giovane tecnico al Consorzio di Bonifica


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ICONOLOGIA E STORIA

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Foto 1-2-3: Cattedrale di Notre Dame, Parigi, veduta generale del portale centrale. Nel basamento sono scolpite le rappresentazioni dei Vizi e delle Virtù. La prudenza e la follia. La forza e la viltà: un guerriero rivestito di una cotta di ferro, elmo sul capo e spada in mano; un cavaliere in preda al panico getta la spada e fugge davanti ad una lepre (particolari). Foto 4: Biagio d’Antonio Tucci, Allegoria della giustizia, 1470-75, Firenze, Galleria degli Uffizi. Foto 5: Raffaello Sanzio, La Giustizia, volta della Stanza della Segnatura, Città del Vaticano, 1508 (iscrizione IUS SUUM UNICUIQUE TRIBUIT). Foto 6-7: Fontana con la statua della Giustizia, Bienne, Svizzera (foto dell’autrice). Foto 8: Fontana con la statua della Giustizia, Aarau, Svizzera ( foto dell’autrice). Foto 9: Fontana con la statua della Giustizia, Berna, Svizzera. Foto 10: La Giustizia, Cattedrale di Berna, Svizzera. Foto 11-12: Chiesa di Santa Maria del Suffragio, Ravenna, veduta d’insieme e particolari della Giustizia (foto Pietro Barberini).

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La virtù della

Giustizia

Dall’introvabile verità all’esercizio del diritto di Cetty Muscolino

Secondo Socrate la vera virtù, (da vir, uomo) è unica e si identifica con la scienza, con la conoscenza, dal momento che può agire virtuosamente solo colui che conosce davvero ciò che si deve fare. Ma nel Medio Evo la riflessione sulla virtù indurrà alla elaborazione di un articolato schema classificatorio basato sul tanto prediletto numero sette, secondo cui all’universo dominato dal male (i sette vizi capitali) viene contrapposto quello del bene (le sette virtù, tre teologali e quattro cardinali) rappresentato da figure femminili sedute, grevi, immobili e maestose, contraddistinte da specifici attributi iconografici. In un tempo lontano, quando erano le cattedrali e i palazzi pubblici a educare il popolo, il cammino da seguire per giungere a Dio era ben visibile e chiaramente espresso nei cicli affrescati, mosaicati e scolpiti. E generalmente il percorso da intraprendere iniziava dal basso, ed erano proprio i basamenti lapidei delle maestose cattedrali a indicare i primi passi da compiere, a sollecitare gli uomini all’esercizio della virtù, unica garanzia e protezione contro il vizio, suo insidioso antagonista. Ma per noi uomini pragmatici del XXI secolo, troppo occupati a correre e ad affaccendarci nelle nostre battaglie quotidiane, talvolta lontani dalla fede dalla speranza e dalla carità (le tre virtù teologali), forse è più utile riconsiderare le virtù cardinali, la forza, la

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prudenza, la temperanza e la giustizia che, in qualche modo, ci toccano più da vicino. Fra le virtù cardinali, infatti, non ho dubbi che la Giustizia rivesta un ruolo preminente e possa essere un tema per noi particolarmente attrattivo, dal momento che forza, prudenza e temperanza potrebbero risultare vane in un mondo privato della Giustizia. Per questo motivo spesso la Giustizia, nelle sembianze di una leggiadra figura femminile, munita di spada e bilancia, talora seduta, più spesso stante, è diventata il fulcro di alcune piazze. Spada e bilancia sono i suoi attributi iconografici distintivi ed entrambi assolutamente necessari perché, prima di prendere qualsiasi provvedimento, prima di usare la spada, è necessario pesare, misurare, fare un bilancio utilizzando, appunto, la bilancia. Come non pensare allora ai grandiosi Giudizi Finali scolpiti sulle facciate della Cattedrali d’Europa, o all’Arcangelo Michele intento a valutare la vita del trapassato. E perché no al suo antenato egiziano, Anubi, che pone su di un piatto della bilancia il cuore del defunto e sull’altro una leggerissima piuma? Durante un mio tour in Svizzera mi è capitato spesso di incontrare al centro della piazza una fontana sovrastata dalla variopinta scultura della Giustizia. L’effetto è piacevole e lo sguardo si rasserena pensando che la Giustizia sia proprio questa bella dama dal viso gentile e fornita degli strumenti necessari ad assolvere il suo delicato compito. Tornata a Ravenna, con questa suggestione ancora vivida negli occhi, mi sono messa a girellare un po’ in qua un po’ in là, deside-

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ICONOLOGIA E STORIA Foto 13: Chiesa di Santa Maria del Suffragio, Ravenna, particolare della Pace (foto Pietro Barberini). Foto 14-15-16: Bottega di Baldassarre degli Embriachi, Cofanetto ottagonale con la raffigurazione della Storia di Stella e Mattabruna, , fine XIV inizi XV sec. veduta generale e particolari della Giustizia e della Fortezza, Museo Nazionale di Ravenna.

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rosa di incontrare lungo il mio cammino un po’ di Giustizia. Ma niente da fare! Passando da una piazza all’altra mi è venuto incontro un Garibaldi, un San Vitale un Sant’Apollinare, un’aquila coronata, ma di Giustizia nemmeno l’ombra. Mi sarebbe molto piaciuto vederne una dominare una piazza cittadina. Ma non mi sono data per vinta e ho continuato la ricerca e la mia costanza infine è stata premiata: ne ho trovata una a coronamento della chiesa del Suffragio, in Piazza del Popolo. Ma quando mi sono fermata per osservarla più attentamente mi sono accorta che mentre nella destra regge un grande spada, la mano sinistra è vuota. Che fine ha fatto la bilancia? Quando è caduta? Perché non è stata ripristinata? Qualcuno se ne è accorto? Confesso che sono rimasta un po’ delusa e anche turbata, perché

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ho sempre pensato, e non si tratta di superstizione, che quando i simboli vengono ricoperti dalla polvere, o perdono dei pezzi. Non è un buon segnale. I simboli vanno utilizzati perché carichi di energia e non banalizzati come spesso accade nel linguaggio corrente, quando le parole sono svuotate di valore e impoverite. Allora sì che comincio a preoccuparmi sul serio, quando osservando il dilagare di cattive pratiche continuo a sentire ripetere, dal relatore di turno, che è indispensabile e auspicabile creare un sistema virtuoso! Le parole, come sosteneva nel Piccolo Principe Antoine de Saint Exupery, «sono fonte di malintesi», ed io mi permetto di aggiungere che le parole abusate sono un grave crimine che incrementa la nostra contemporanea Torre di Babele. Non volendo darmi per vinta ho comunque proseguito nella mia ricerca fiduciosa che una ricognizione in quell’eccezionale forziere che è il Museo Nazionale non avrebbe deluso le mie aspettative. Infatti, esplorando la collezione degli avori, il cofanetto eburneo con le storie di Stella e Mattabruna mi ha dato grande conforto perché, a coronamento dell’eterno conflitto fra una perfida regina e una dolce fanciulla, è rappresentata al completo la serie delle sette virtù. Poi, qualche giorno, dopo un’altra scoperta, nella minuscola chiesa di san Carlino (purtroppo quasi sempre chiusa), autentico gioiello del Settecento ravennate, seguendo le indicazioni del pieghevole messo a disposizione dei visitatori, ho potuto vedere che sulla volta sono dipinte a monocromo le quattro virtù cardinali. Ma talmente piccole e talmente in alto che solo con notevole sforzo e con un binocolo possono essere osservate. Allora, ripensando ai basamenti lapidei delle cattedrali di Chartres, Parigi e Amiens, dove le virtù, necessario gradino e fondamento di ogni possibile elevazione, possono essere lette e viste ad altezza d’uomo, ho avuto per un attimo la percezione che le virtù, col trascorrere dei secoli, abbiano proprio preso il volo! Quasi che la Giustizia non possa più essere governata concretamente dagli uomini, ma solo dipendere dalla clemenza di Dio!

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John William Waterhouse, Tristano e Isotta con la pozione, 1916 ca., olio su tela, cm 109 x 81, Fred and Sherry Ross collection.


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La «città

fatale»

Gabriele D’Annunzio, Corrado Ricci e Ravenna (1901 e 1902). Seconda parte di Alberto Giorgio Cassani

tro ne l’Alba un fine scrittore – è stato profondamente significativo, avendo posto in un contatto di mutua comprensione il più ardito e giovanile combattente per la bellezza delle tradizioni italiane, divenute metodo del suo pensiero, e il popolo che, fra tutti gli altri, II. IL SECONDO VIAGGIO A RAVENNA (1902) è il più assorto nel ritemprare e rinvigorire e identificare a moviUn anno dopo, nel maggio 1902, il Vate, «reduce da un significativo mento di lotta e di vita le sue forze originarie dalla latinità. Al caned entusiastico viaggio in Istria»,47 torna nuovamente a visitare la tor di Francesca noi diamo riverenti il saluto di Ravenna che di nostra città, principalmente per assistere all’esecuzione del TriFrancesca seppe la folle passione».57 Dal “Ravennate” di martedì 27 maggio apprendiamo inoltre che il D’Annunzio fu presente alstano e Isotta di Wagner, la cui prima era fissata, in un primo l’ottava recita del Tristano, nella serata in onore del tenore Guido tempo, per il 10 e poi, definitivamente, per l’11 maggio.48 Che queVaccari: «In un palco del Municipio notammo Gabriele D’Annunzio, sto fosse il motivo del viaggio ce lo conferma lo stesso D’Annunzio Eleonora Duse, e Olindo Guerrini venuti qui appositamente per asin una lettera al suo editore, Emilio Treves,49 del 20 aprile 1902: sistere alla rappresentazione del Tristano e Isotta».58 «Mio caro Emilio, […] Andrò a Ravenna per il Tristano. Vittorio Vanzo Di certo – e credo sia una notizia inedita – ritroviamo la firma del mi sembra un artista originale e acutissimo. Spero che verrai anche Vate, questa volta senza motti o pseudonimi, sull’Albo dei visitatori tu nella città di Francesca, dove una tua «fiamma»50 ci precede. […] della Tomba di Dante: «Gabriele d’Annunzio / 25 maggio 1902»; Gabriele».51 subito sotto, quelle del principe «F. di Hohenlohe Waldenberg / 25 Appena un giorno dopo, Eleonora Duse, da Berlino, scriveva al V 02» e di sua moglie «Zina»,59 suoi amici. D’Annunzio augurandosi ch’egli la portasse con sé ad ascoltare 52 Il D’Annunzio sarà tra il pubblico, proWagner: «Gabri [...] Vorrei tanto – babilmente, anche della nona recita, essere già alla casa al tre – e – se ci quella di domenica 25, serata in sono acconsentiresti portarmi con te onore del soprano Amelia Pinto (nel al Tristano? – Oppure, t’hanno già ofruolo di Isotta), e all’ultima, di merferto corteggio i Zaccardi53 provvidi – Vedremo –».54 coledì 28. Di quest’ultima abbiamo Ma già i giornali locali avevano regiun riscontro sul “Ravennate”: «Ieri strato lo scoop, fin dal 19 aprile: «Fra sera durante un intervallo dell’opera le spiccate individualità che saranno Tristano e Isotta, Gabriele D’Annunfra noi si annovera Gabriele d’Annunzio si recò sul palco scenico per comzio. L’illustre poeta ha visitato in questi plimentare gli artisti e per tutti ebbe giorni Vittorio Maria Vanzo, il celebre parole gentili e cortesi. Esternò la Maestro che dirigerà quest’anno al nopropria ammirazione e il proprio enstro Massimo, per assumere informatusiasmo per la perfetta esecuzione e zioni precise sullo spettacolo d’opera. per la valentia degli artisti. PersonalDopo che il Direttore Vanzo ha fornito mente volle conoscere la signorina dettagliate notizie, il d’Annunzio gli ha Amelia Pinto, la signorina Marta Cudetto testualmente: “La prego di avvirellich, il tenore Guido Vaccari, il barisare l’Impresa che mi tenga una poltono La Puma, il signor Ercole Rubbi, trona per la première del «Tristano» il Franco e gli altri. Quest’atto gentile desidero essere presente. Ravenna onora assai il poeta».60 Sull’esito trionfale delle esecuzioni quest’anno sarà il Bayruth [sic] d’Ita> Vittorio Matteo Corcos, Ritratto dell’editore Emilio Treves, del Tristano ritornerà il “Ravennate” lia”».55 Dunque, in un primo tempo, il 1907, olio su tela, cm 136 x 80, in data 1° giugno, legandolo, ancora D’Annunzio pensava di venire solo. Parma, Labirinto della Masone, collezione Franco Maria Ricci. una volta, al nome del Vate: «La siLo stesso giornale, il giorno seguente, gnorina Amelia Pinto, che nel Tristano ipotizzava un secondo scoop, con e Isotta ha deliziato il pubblico col suo canto, ha pregato Gabriele tanto di freddura nella chiusa: «Non è esclusa del tutto la possibid’Annunzio di scriverle qualche riga sul suo album e il poeta vergò lità di una lettura di Gabriele D’Annunzio domenica 11 maggio, giacle seguenti righe: “A Isolda ch’ebbe nel profondo mistero della sua ché l’illustre poeta avrebbe promesso ad alcuni amici di trovarsi a voce il giorno e la notte, la vita e la morte». Ravenna 25, 26, 28 Ravenna la sera del 10 per la première del Tristano, ma su ciò… Maggio 1902 GABRIELE D’ANNUNZIO”».61 acqua in bocca, per non guastare un geniale progetto».56 Di una di queste serate parla il giorno dopo il D’Annunzio in una Non conosciamo la data esatta del secondo arrivo a Ravenna della lettera, purtroppo non datata, al Ricci, esprimendo tutto il suo encelebre coppia. “Il Ravennate” ne dà notizia il 25 di maggio, con tusiasmo: «Mio caro Corrado, iersera, nella fretta del vestirmi per tutta l’enfasi che attorniava allora il culto del Vate: «Par certo che venire al teatro senza perdere una nota, non vidi il tuo biglietto conquesta sera Gabriele D’Annunzio sarà a Ravenna ed assisterà alla fuso fra troppi altri. Seppi, dalla signora Vanzo,62 che eri in teatro; rappresentazione del Tristano e Isotta. Il Poeta ritorna da un suo ma fu nell’ultimo intermezzo! Vado al tuo bel San Vitale. Dove ti viaggio trionfale fra le genti istriane, che per Lui grandemente si vedrò? Saluti affettuosi a voi due. Gabriel».63 esaltarono; da un suo viaggio il quale – come bene scriveva ier l’al-

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Dunque il Vate intendeva tornare ad ammirare il San Vitale del “suo” amico Corrado. Ma, come si evince da una lettera successiva non datata, non riuscirà a farlo per un’indisposizione della Duse, limitandosi a visitare – di nuovo, dopo il 24 maggio 1901 – la Classense (e il Museo Nazionale per vedere la statua del Guidarello) in compagnia degli Hohenlohe:64 «Carissimo Corrado, la signora Duse sta poco bene. Ella sconta amaramente l’estasi della Pineta.65 Ha bisogno di rimanere a letto. Non si viene dunque a San Vitale. Ma vorrei mostrare agli Hohenlohe Guidarello66 e Ossa Dantis.67 Andremo dunque al Museo e poi alla Biblioteca.68 La tua compagnia ci sarebbe preziosa. Tuttavia non osiamo sollecitarla. La signora Duse manda a Donna Elisa69 i suoi più affettuosi saluti. Ave. Il tuo Gabriel».70 Ma ancor più esaltante è il ricordo delle serate wagneriane, a poche settimane dall’evento, che traspare dalle parole che il Vate scrive a Emilio Treves, dalla villa di Settignano, il 18 giugno: «Mio caro Emilio, […]. Mi dolse di non poter venire a rivedere la signora Suzette71 e i Vanzo. Di’ a Vittorio che in Ravenna ho forse provata la più alta commozione musicale della mia vita. Tutto era favorevole per accogliere quella infiammata bellezza; ed egli me la rivelò novellamente. Mi pareva di non aver mai ascoltato quella musica.

Nota per nota, essa mi passava a traverso le vene e moltiplicava indefinitamente la mia potenza di vivere. Il maestro pareva dare col suo gesto a quel vorticoso torrente una perfetta limpidità. Gli sono per sempre grato. Diglielo».72 C’è uno strascico di quella visita per scopi musicali. Durante una gita a Porto Corsini, il Vate promise un prossimo ritorno nella città del silenzio. È come sempre il «Ravennate» a testimoniare la cosa: «Martedì scorso [i.e. 27 maggio] Gabriele D’Annunzio, accompagnato in una gita a Porto Corsini dai Canottieri Ravennati, dal vice Presidente della Dante Alighieri Conte Guaccimanni e dai Consiglieri prof. Amaducci e rag. Badiali, promise che, salvo circostanze impreviste sarebbe ritornato a Ravenna il 2 Giugno a dire sotto gli auspici della Dante Alighieri la sua ormai famosa Canzone di Garibaldi, aggiungendo che ove non potesse venire il 2 sarebbe venuto quasi immancabilmente la Domenica 8 successiva. Avendo ieri il nostro Comitato della Dante Alighieri telegrafato per conoscere le sue decisioni, tanto più che qualche membro, in caso di non venuta del poeta, doveva partire per Caprera, D’Annunzio telegrafò ieri sera in questi termini: CAPITANO MORETTI Segretario della Dante Alighieri Ravenna “Trovo qui un tal cumulo di noie e di lavoro che m’è impossibile ripartire subito. Scriverò. Porti per me un


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saluto al sasso di Caprera. Arrivederci! Mi ricordi al Sindaco e agli altri amici nostri.” Gabriele D’Annunzio. L’arrivederci del telegramma è dunque una nuova promessa data, del resto anche all’Egregio nostro Sindaco [sc. Luigi Cilla, socialista] alla stazione, per l’8 Giugno, in cui speriamo di ascoltare nel Teatro Alighieri la parola del poeta più squisito e più forte d’Italia, dopo il vecchio titano di Bologna».73 A quest’impossibilità di recarsi a Ravenna fa riferimento anche una lettera a Giuseppe Treves del giugno-luglio 1902: «Caro Pepi […]. Speravo di avere qualche minuto di tempo per venire a riabbracciarti; ma tra il pranzo frettoloso, il bagaglio da fare e il sindaco di Ravenna da contentare,74 venne l’ora del treno!».75 Il quotidiano, a firma di U[mberto] M[aioli]?, ritornerà ancora sull’argomento, in data 10 giugno 1902, riferendo di un’intervista, da lui fatta il 6 giugno, allo stesso Vate (se la montagna non va a Maometto…) nella sua villa di Settignano. Durante questo colloquio, il D’Annunzio «[…] mostrandomi un telegramma, soggiunse che attendeva per sabato [i.e. 7 giugno] in quella villa un noto imprenditore americano il quale si recava da lui a prendere gli ultimi accordi per una tournée artistica delle sue tragedie, nei principali teatri del Nord America e che non gli era possibile differire quell’impegno, che l’obbligava pel momento a rimanere a Settignano».76 Ubi maior… L’ultima lettera che riguarda Ravenna e Corrado Ricci non è però del D’Annunzio, ma della Duse. L’attrice si trova a Boston per una serie di recite della Francesca da Rimini – al Tremont Theatre, il 28 e il 29 di ottobre – che l’avevano molto preoccupata, ma che, fortunatamente, si erano risolte con un successo. Sciolta la tensione, scrive all’amato il 1° novembre 1902, evidentemente felice, ma anche desiderosa di mostrare che l’insuccesso delle recite italiane, specialmente la prima al teatro Costanzi,77 era dovuto all’incapacità di pubblico e critica di comprendere la bellezza del testo. Il tono, infatti, è di quelli che esprimono un evidente desiderio di rivalsa: «Non per cabotinare,78 ma per non dormire, e per non morire,79 ho anche telegrafato a Zamorani,80 (che in quella dolce triste81 (tutto si lega al mondo!) giunto a Bologna, mi pregò tanto di mandargli no-

tizie –) e come erano buone, e per Francesca, gliele ho telegrafate. Lo pregai, nel mio rovinoso telegramma di parteciparlo, (l’esito) nel giornale suo che va per ‘terre’ di Romagne – per coloro che “come me attesero e sperarono questa vittoria” ho buona intenzione! te valgami, se poi Zamorani l’avesse snaturata!! In ogni evento, però, se Zamorani, crede, nobilmente, e adeguatamente, al suo animo, che io “cabotino” perché gli telegrafo, in ogni evento, però, ho preferito rovinarmi per lavarmi da tale accusa, e mi son rovinata telegrafando anche a Corrado Ricci. – Perché, dirai tu? – Per dirgli che mi rammento di Ravenna (ahimè) e che Francesca qui fu accolta con e per intelletto d’amore! – E roviniamoci presto, che tanto è lo stesso!!».82 Tra “febbri” da fieno, “estasi” da pineta, “infiammate” note musicali,83 e “rovine finanziarie” per colpa dei telegrafi,84 si conclude, così, il rapporto amoroso del Vate con Ravenna.85

Nelle pagine in alto, da sinistra: Ary Scheffer, Le ombre di Francesca da Rimini e di Paolo Malatesta appaiono a Dante e a Virgilio, 1855, cm 171 x 239, Parigi, Musée du Louvre. Rogelio de Egusquiza, Tristano e Isotta (la morte), 1910, olio su tela, cm 160 x 240, Bilbao, Museo de Bellas Artes. Nella pagina a sinistra, in basso, da sinistra: Vittorio Maria Vanzo (incisione). Guido Vaccari (immagine pubblicitaria), collezione Ashot Arakelyan. Amelia Pinto (ritratto fotografico), collezione Ashot Arakelyan. Tullio Lombardo, Lastra sepolcrale di Guidarello Guidarelli, 1525 ca., marmo, cm 170 x 58, Ravenna, Galleria dell’Accademia di Belle Arti (foto d’epoca).

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Note ____________________________________________________________________________________________________ 47. F. SAPORETTI, Gabriele D’Annunzio e Corrado Ricci…, cit., p. 57. 48. «La prima del “Tristano e Isotta” non avrà più luogo sabato, ma domenica 11 corrente», in «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 104, Mercoledì 7 maggio 1902, p. 3. Notizie utili sulle esecuzioni del Tristano e Isotta sono anche in FRANCO POGGIALI, Una cartolina una storia, in Una cartolina una storia, a cura di Franco Poggiali e Bianca Rosa Bellomo, Bologna, Casa Editrice Nuova S1, 2006, pp. 1-16. Sul Tristano e Isotta, Corrado Ricci aveva scritto un articolo dal titolo: Musica: «Tristano e Isotta» di Riccardo Wagner, pubblicato su «Emporium. Rivista mensile illvstrata d’arte letteratura scienze e varietà», vol. XII, n. 72, dicembre 1900, pp. 483-491. 49. Che sarà a Ravenna, assieme a Ulrico Hoepli, per il congresso della “Società Dantesca Italiana” del 17-19 maggio, in rappresentanza dei «due maggiori editori d’Italia», La Società “Dantesca Italiana„ a Ravenna, in «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 115, Martedì 20 Maggio 1902, pp. 1-2: 2. La sua firma, accanto a quella di altri partecipanti, è vergata sul registro dei visitatori alla data 17 maggio 1902, ore 15. 50. Non so dire a chi si riferisca qui il D’Annunzio. 51. GABRIELE D’ANNUNZIO, Lettere ai Treves, a cura di Gianni Oliva, con la collaborazione di Katia Berardi e Barbara Di Serio, Milano, Garzanti, 1999, Lettera [n. CLXXIII] del «20 aprile 02», pp. 233-236: 235. 52. Dunque la mania di accorciare i nomi non è prerogativa delle giovani generazioni di oggi… Per tutti basti il pervasivo “prof.” al posto di “professore”: resta il dubbio se sia un diminutivo amichevole, che avvicina la distanza tra docente e discente, o un modo per sprecare meno energie in questo mondo sempre più così veloce. 53. Non sono riuscito a scoprire l’identità di questo personaggio citato poco sopra dalla Duse in questi termini: «[…] quel tuo Figaro – Zaccardi è ritornato a galla?», ELEONORA DUSE, Lettera a D’Annunzio, [Berlino], 21 [aprile 1902], in E. DUSE, G. D’ANNUNZIO, Come il mare io ti parlo…, cit., p. 734 [lettera n. 294]. 54. Ibid. 55. «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 90, Sabato 19 Aprile 1902, p. 3. Le stesse notizie, con maggiore o minore rilevanza, si ritrovano anche ne «Il Faro Romagnolo», periodico ravennate del mercoledì e della domenica. 56. Sempre per la Dante Alighieri, in «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 91, Domenica 20 Aprile 1902, p. 2. 57. Gabriele D’Annunzio a Ravenna, in «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 120, Domenica 25 Maggio 1902, p. 2. 58. La serata d’onore del tenore GUIDO VACCARI [rubrica: “Fra scene e quinte”], in «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 121, Martedì 27 Maggio 1902, p. 3. Il ricavato venne devoluto a favore dell’Ospedale civile. D’Annunzio vi contribuì, da par suo, con ben 100 lire (una poltrona ne costava “soltanto” 4). La notizia, di cui non ho riscontro documentario, è tratta dal sito http://www.ravennafestival.org/ locations/teatro-alighieri/ [data di ultima visualizzazione: 31 ottobre 2016]. 59.Vedi nota 12 [prima parte di questo articolo, in «Casa Premium», n. 110, novembre-dicembre 2016, pp. 4-7: 6]. Per gli Hohenlohe si veda, infra, nota 64. Che il D’Annunzio fosse andato di nuovo a rendere omaggio all’“altissimo Poeta”, era noto: «E fu a visitare la tomba di Dante. Molti lo ricordano seduto colla Duse sulla catena dondolante che chiudeva il tempietto», PAOLO POLETTI, Gabriele d’Annunzio e Ravenna. D’Annunzio in Romagna - La “Francesca„ a Ravenna - Il commiato - Il senso occulto di Ravenna - Corrado Ricci e Gabriele d’Annunzio - Un errore storico di D’Annunzio Un fiero motto ravennate… mai esistito - Come deve essere apparsa Ravenna al Poeta, in «Corriere padano», Domenica 6 marzo 1938, [sezione: «Corriere di Ravenna»], p. 6. 60. Rubrica: “Fra scene e quinte”. Teatro Alighieri, in «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 122, Giovedì 29 Maggio 1902, p. 3. 61. Gabriele d’Annunzio e la signorina Amelia Pinto, in «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 124, Domenica 1 Giugno 1902, p. 2. È

da notare che il D’Annunzio si sbaglia sulle prime due date, posticipate di un giorno rispetto a quelle effettive. 62. Anna Vanzo. 63. Ravenna, Istituzione Biblioteca Classense, Carteggio Ricci, Corrispondenti, vol. LIV, lettera n. 10430. La lettera riporta, con altra mano, in apice a destra, la scritta: «Maggio 1902». 64. Fritz di Hohenlohe-Waldenburg e sua moglie Zina. Vedi anche F. SAPORETTI, Gabriele D’Annunzio e Corrado Ricci…, cit., p. 57. Il D’Annunzio affitterà una delle case del Principe – costretto a lasciare l’Italia per Lugano a causa della Grande guerra – la celebre “Casetta rossa” in calle del Doge a San Maurizio, affacciata sul Canal Grande, facendone la sua dimora veneziana negli anni del conflitto (1915-1918). Qui vi compose, nel 1916, il Notturno. Su questo rifugio veneziano del Poeta si vedano: GIANNINO OMERO GALLO, Gabriele d’Annunzio nelle rivelazioni di vecchie lettere inedite, in «L’Illustrazione Italiana», LII, n. 14, 6 aprile 1941, pp. 495-496 e CARLO CONCATO, La Casetta rossa di D’Annunzio. Un percorso storicoartistico attorno alla dimora veneziana del Vate, tesi di laurea, Venezia, Università Ca’ Foscari, relatore Nico Stringa, a.a. 2013-2014. 65. «Voglio perdermi nella pineta […] voglio perdermi nella pineta e dopo tanti anni rientrare votivamente in quella Ravenna che mi fu la più cara fra le città del silenzio», scriverà il poeta all’anonima attrice citata alla nota 2 [prima parte di questo articolo, cit., p. 6], in F. SAPORETTI, Gabriele D’Annunzio e Corrado Ricci…, cit., p. 74. È inoltre quasi superfluo ricordare qui la poesia La pioggia nel pineto, composta tra luglio e agosto del 1902, dunque subito dopo il secondo viaggio a Ravenna, nella villa La Versiliana a Marina di Pietrasanta (LU). Qui il D’Annunzio era circondato da quei pini autoctoni che i romani avevano invece trapiantato sulla costa dell’Adriatico. Le due pinete, probabilmente, convivono nella mente del Poeta. La poesia comparve nella raccolta Laudi del cielo del mare della terra degli eroi, Vol. II: Libro secondo, Elettra; Libro terzo, Alcione, Delle Laudi Libro Terzo, Alcione, Milano, Fratelli Treves Editori, MCMIV [ma 1903], pp. 238-242. Il gossip è riferito da MASSIMO STANGHELLINI in D’Annunzio e la Duse a Ravenna, Ravenna, Longo Editore, 1988, pp. 54-56. Vi si narra che, «tramite la scrittrice Cordula Poletti, ravennate, allora segretaria della Duse, [sc. i due amanti] avevano ottenuto dal sindaco di Ravenna di poter abitare nel piccolo chiosco settecentesco attiguo alla casa del guardiano alle Aie di Classe, posto sulla riva sinistra del canale Fosso Ghiaia» (ibid., p. 54). La sera, poi, «una pariglia dei fratelli Berti […] li trasportava al Teatro Alighieri dove, sempre per intercessione della Cordula Poletti, il sindaco repubblicano, per una volta venendo meno ai propri conclamati principi populisti, aveva messo a disposizione il suo palco sia per i due ospiti illustri che per il principe Hoenlhoe [sic], quello del famoso scandalo alla corte dell’imperatore Guglielmo Secondo, arrivato appositamente da Capri» (ibid., p. 55). Pier Giorgio Bartoli ne ha fatto un “plagio” in dialetto, La Còrdula Puleta, la Duse e e’ Vate a Ravèna de’ 1902, in «la Ludla. Periodico dell’Associazione “Istituto Friedrich Schürr” per la valorizzazione del patrimonio dialettale romagnolo», XIII, n. 4, maggio 2009, pp. 6-7, anche se, a differenza dello Stanghellini, l’autore afferma che, dopo aver disdegnato l’alloggio al Grand Hotel Byron, il D’Annunzio e la Duse risiedettero nella chiesetta sconsacrata di San Sebastiano alle Aie, nella pineta di Fosso Ghiaia. Sarebbe stata una corsa, nudi, in Pineta, una mattina, a causare la momentanea indisposizione… L’affidabilità di entrambe le notizie è alquanto dubbia. Secondo quanto ci attesta Paolo Poletti (che non dovrebbe avere nulla a che vedere, se non l’omonimia del cognome, con la Cordula…), il Vate alloggiò all’Hotel Byron. Cfr. P. POLETTI, Gabriele d’Annunzio e Ravenna…, cit., p. 6. Quello con le pinete è un legame che accompagna il D’Annunzio tutta la vita: la Versilia, la pineta ravennate e quella di Arcachon in Francia, durante l’esilio. Ma tutte non fanno altro che ricordargli, probabilmente, la pineta della sua infanzia, quella di Pescara (cfr. Album D’Annunzio, con un saggio biografico-critico e il commento alle immagini di Annamaria Andreoli. Ricerca iconografica di Eileen Romano, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1990, p. 20). 66. La lastra sepolcrale del Guidarello, venuta in possesso della famiglia Rasponi del Sale, fu, per decisione di quest’ultima, esposta, dal 1829, nella Galleria dell’appena fondata (1827) Accademia di Belle Arti, nella sede storica di

via Baccarini, e successivamente trasferita, il 3 novembre 1970, assieme all’Istituzione, nella nuova sede presso la Loggetta Lombardesca (ex monastero di Santa Maria in Porto), all’inizio collocata al primo piano e poi, nel 1972, al secondo, all’interno della Pinacoteca Comunale. In una lettera ad Alfredo Felici, datata «16. II. 1932», il Poeta scrive: «Carissimo Alfredo […]. Darei questo avanzo di vita solinga […] per interrogare in Ravenna quel Guidarello Guidarelli che qui nell’angusto letto fùnebre del Lebbroso raffigura l’effigie della mia ultima pace…», Lettere di Gabriele d’Annunzio ad Alfredo Felici, in «Nuova Antologia», Ottava serie, LXXIII, Fasc. 1589, 1° giugno 1938, pp. 241245; 242-243: 242. 67. «[…] con Ossa Dantis D’Annunzio si riferisce evidentemente alla cassetta, portante tale scritta, del Padre Antonio Santi, quella in cui furono rinvenute le ossa dell’Alighieri nel 1865 e conservata nella Classense fino a 1921, quando, con altri ricordi danteschi, fu trasportata in una delle salette francescane attigue al Sepolcro», F. SAPORETTI, Gabriele D’Annunzio e Corrado Ricci…, cit., p. 59. 68. Si tratta, naturalmente, della Classense. 69. Elisa Guastalla (Mantova, 1858-Torino, 1945), sposò, nel 1900, in seconde nozze, Corrado Ricci. 70. Ravenna, Istituzione Biblioteca Classense, Carteggio Ricci, Corrispondenti, vol. LIV, lettera n. 10429, inviata «A Corrado Ricci Urgente», senza data, ma maggio 1902 (come anche riportato, da altra mano, in apice sulla destra della lettera: «Maggio 1902»). 71. Susannah Treves Thompson, moglie di Emilio. 72. Lettera a Emilio Treves, Settignano, 18 giugno 1902, in GABRIELE D’ANNUNZIO, Lettere ai Treves, a cura di Gianni Oliva, con la collaborazione di Katia Berardi e Barbara Di Serio, Milano, Garzanti, 1999, pp. 234-234: 234 [lettera n. CLXXIV] (prima edizione in ANTONIETTA TREVES, D’Annunzio e Treves, in «l’Osservatore letterario», IX, n. 3, marzo 1963, pp. 49-50). 73. Gabriele D’Annunzio a Ravenna, in «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 124, Domenica 1 Giugno 1902, p. 2. Naturalmente il “vecchio titano”, ça va sans dire, è il Carducci. Il quotidiano riprenderà la notizia in data 17 giugno: «Gabriele D’Annunzio che si attendeva ieri a Ravenna per leggere questa sera al Teatro Alighieri la Canzone di Garibaldi, ha telegrafato ieri mattina: Capitano Moretti – Ravenna Tutte le circostanze sono contrarie alla mia buona volontà, bisogna che io differisca ad altra occasione la gioia di leggere il mio poema al popolo di Ravenna, fatemi perdonare, saluti cordialissimi Gabriele d’Annunzio», «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 137, Martedì 17 Giugno 1902, p. 3. 74. Il poeta si riferisce naturalmente alla sua “promessa”, non mantenuta, di leggere all’Alighieri la Canzone di Garibaldi, l’8 giugno, per il ventennale dalla morte (2 giugno 1882). 75. G. D’ANNUNZIO, Lettere ai Treves, cit., pp. 589-590. 76. U[mberto] M[aioli]?, Un’intervista con Gabriele d’Annunzio [in calce: 7 giugno 1892] [sic, in realtà 1902], in «Il Ravennate Corriere di Romagna», XL, n. 131, Martedì 10 Giugno 1902, p. 1. Una possibile prova identificativa si trova nell’Elenco degli autorizzati (in Registro degli autorizzati al prestito, 1881-1903, conservato presso l’Istituzione Biblioteca Classense), dove al n. «96 r. Signor Umberto Majoli Consigliere» viene attribuito in prestito «D’Annunzio Francesca da Rimini» in data «7 Gen. 1903» (con un tratto di penna che cancella tutto a indicarne, presumibilmente, la restituzione); la stessa annotazione ritorna in un altro foglio, alla data «78 Genn. 1903», «Consigliere Umberto Majoli D’Annunzio Francesca da Rimini», con analogo tratto di penna solo su autore e titolo del volume. 77. Sulle critiche a questa e ad altre opere del D’Annunzio, si veda: LAURA GRANATELLA, «Arrestate l’autore!». D’Annunzio in scena. Cronache, testimonianze, illustrazioni, documenti inediti e rari del primo grande spettacolo del ’900, Roma, Bulzoni Editore, 1993, vol. I, pp. 287-351 e 361-367. 78. Dal francese cabotiner: detto di chi, al modo di un attore che recita “sopra le righe”, esagera nel suo comportamento per sedurre un uditorio.

79. Celeberrimo fra i tanti motti del D’Annunzio. 80. Alfredo Zamorani, direttore de «il Resto del Carlino» dal 1886 al 1907. 81. La Duse fa riferimento qui, quasi certamente, al passo del poema Ravenna di Oscar Wilde, scritto nel 1877 e recitato in pubblico, per la prima volta, il 26 giugno 1878 allo Sheldonian Theatre di Oxford (edito a Oxford da Thos. Shrimpton and Son nello stesso anno). Wilde scrive: «O sad, and sweet, and silente!» [«Oh, triste e dolce e silente!»]. I due aggettivi ritornano, invertiti, anche in una quartina della poesia del Vate dal titolo Invito alla fedeltà: «Per l’amor che rimane / e a la vita resiste, / nulla è più dolce e triste / de le cose lontane», poesia apparsa per la prima volta su «Il Mattino» di Napoli del 17-18 luglio 1892 con il titolo Arietta. Corsivo mio. 82. ELEONORA DUSE, Lettera a D’Annunzio, [lettera n. 294], [Boston] 1° novembre [1902], in E. DUSE, G. D’ANNUNZIO, Come il mare io ti parlo…, cit., pp. 808-813: 811. Cfr. i tre telegrammi della Duse al Ricci conservati in Ravenna, Istituzione Biblioteca Classense, Carteggio Ricci, Corrispondenti, vol. LX, nn. 11613, 11614 e 11615, in data 25 ottobre 1902, 29 ottobre 1902 e 13 novembre 1902, i primi due da Boston e l’ultimo da New York. Gli ultimi due riportano il trionfo della Francesca in un italiano storpiato dal telegrafista americano: «Nostra Francesca piento trionfo preyo possibilmente far annunziare Corriere Sera grasie saluti memore sempr Ravenna Eleonora»; «Grazie anche qui Francesca piena vittoria arrivedere memore Elisa = Eleonora +» 83. Anche alcuni titoli di opere del D’Annunzio rispecchiano in pieno questi “incendi” dell’animo: Il fuoco (1900), La fiaccola sotto il moggio (1905) e Le faville del maglio (1914). 84. Se questa è una battuta, non lo è per il Vate che, fedele al motto del re dei dandy, Robert de Montesquiou, da lui conosciuto a Parigi – «è già brutto non aver soldi sarebbe poi terribile privarsi di qualcosa» –, per gran parte della sua vita, lottò sempre con i creditori (la battuta è riportata in Album D’Annunzio, cit., p. 301, didascalia fig. 328). 85. I rapporti tra il D’Annunzio e Ravenna proseguiranno ancora negli anni. Con una lettera da Fiume del 5 ottobre 1919, il Vate ringrazia Pietro Cagnoni, armatore ravennate insieme al fratello Andrea, per l’aiuto datogli per la reggenza di Fiume: «Mio caro Signore, so con quanta generosità Ella aiuta la nostra causa. Mi giunge notizia della sua larga offerta. A nome dei cittadini e dei soldati La ringrazio. La nostra resistenza durerà sino a che non avremo domato il destino e gli avversari. I resistenti La salutano di gran cuore. Gabriele D’Annunzio Fiume 5 ottobre 1919», citata in Il porto di Ravenna, a cura di Maurizio Mauro, con contributi di: M[ario] Alberani et alii, Ravenna, Adriapress Editrice, 2002 [collana “Navi Porti Industrie d’Italia”, volume I], p. 463. Una delle ultime tracce del rapporto tra il D’Annunzio e Ravenna è in occasione del Sesto centenario della morte di Dante Alighieri. Indeciso tra essere a Firenze o a Ravenna, il Vate, alla fine, non andò in nessuna delle due città, solo inviando, alla prima, un telegramma e, alla seconda, tre sacchi di foglie di lauro, accompagnati da un messaggio in cui dava ragione della sua rinuncia: «Al Popolo di Fiorenza che mi faceva il grande onore di insistere perché io commemorassi la morte di Dante dalla Loggia de’ Lanzi io risposi: “Non sono degno”. E così risposi, non per falsa umiltà, ma per sentimento profondo e pio. Col medesimo sentimento io mando al Popolo di Romagna la medesima parola. Può la razza dura e concisa di Francesco Baracca non comprendere questa necessità di silenzio e di solitudine? Mi era offerta una ringhiera comunale, come in quella Fiume che parve alla mia avidità di vita una necessità di vita. Mi era offerto l’arengo per uno di quei pazzi dialoghi fra la voce dello spirito e ed [sic] il clamore del numero, che furono l’aspra musica della disperata impresa. Ma si può oggi senza umiliazione parlare del destino ad una radunata di uomini liberi e non indicare la meta estrema, e non condurre a quella le volontà impazienti?», citato in GIANCARLO LANCELLOTTI, Il pugnale votivo di Gabriele d’Annunzio. Orazioni e messaggi fiumani 1921-1931, Trieste, Mammerle Editori, 2003 (pubblicato per la prima volta sull’«Idea Nazionale» del 13 settembre 1921, da cui fu tratto un opuscolo «“in-8°, di 8 carte riprodotte in facsimile di autografo datate da Gardone del Garda 4 settembre 1921” (Catalogo Guabello, n. 261, p. 114)», ibid., nota 35. Come si legge, quel “fuoco” si è ormai spento.


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Tornano gli incontri di SeDici Architettura per una ricognizione a più voci sul Progetto Una rassegna biennale (2017/18) che prosegue il confronto fra professionisti esperti ed emergenti della progettazione sul campo in regione ma si apre anche a contributi di filosofi, storici, studiosi del territorio, designer e artisti, fotografi e grafici fra storia, estetica, esperienze Dopo quattro intense stagioni di incontri e confronti – anche generazionali – dedicati ai protagonisti e al ruolo dell'architettura contemporanea nel nostro territorio (2013-2016, 32 appuntamenti, 56 relatori, oltre 3mila presenze fra il pubblico), torna la rassegna di conferenze “SeDici Architettura“ con un ciclo biennale (2017-2018) che si rinnova, allarga gli orizzonti e i temi di riflessione sul senso del progettare. Pur continuando a presentare esperienze sul campo del fare architettura, nelle sue varie scale e declinazioni – soprattuto nella ricognizione del lavoro di professionisti presenti in regione – si è pensato di integrare e sviluppare l'indagine proponendo interventi di approfondimento e confronti a più voci per mettere in luce le origini e le tendenze attuali delle modalità del progetto. Le conferenze cercheranno di intrecciare diverse discipline ed esperienze con il contributo di studiosi ed esperti, professionisti affermati, giovani emergenti e amministratori pubblici sul campo. Nella consapevolezza che l'architettura ha un obbligo di sostenibilità nei confronti del territorio coi suoi fragili equilibri ambientali, antropologici e culturali. Per non dimenticare che l'architettura dovrebbe avere una funzione sociale indirizzata a migliorare la qualità della vita individuale e delle comunità. E senza trascurare che l'architettura – oltre a connotazioni funzionali, tecniche ed economiche – resta pur sempre un'arte e attiene alla bellezza e all'umana sensibilità. Un’altra novità – visti le prospettive più ampie che la rassegna vuole cogliere – è l’allargamento del comitato culturale e ideativo delle conferenze che ora comprende: Emilio Rambelli (architetto, Nuovostudio); Giovanni Mecozzi (architetto, Nuovostudio); Filippo Pambianco (architetto, Cavejastudio); Paolo Bolzani (architetto, esperto museografia, docente Unibo); Alberto Giorgio Cassani (studioso e docente di storia ed elementi architettura a Venezia e Ravenna); Gabriele Montanari (architetto, dirigente pubblico progettazione

urbanistica); Marco Turchetti (architetto, presidente Commissione consiliare Assetto del Territorio del Comune di Ravenna); Maria Cristina Garavelli (architetto, studio 1x1a e Officina Meme, esperta di rigenerazione urbana); Piera Nobili (architetto, studio Othe , esperta in progetti di sostenibilità sociale) a cui si affiancano i giornalisti e autori della redazione di questa rivista. Il calendario prevede 9 incontri (2017) più 9 nel 2018, da marzo a luglio e da settembre a novembre, tendenzialmente gli ultimi giovedì o venerdì del mese – dalle 20.30 alle 23 circa, – in spazi storici, show-room di design, spazi e locali di tendenza fra Ravenna, Cervia, Faenza, Lugo, Forlì e Cesena, con il patrocinio dei Comuni ospitanti. Lo schema degli incontri prevede ogni serata due relazioni e una fase finale di dialogo fra gli ospiti della conferenza, moderato da un esperto del tema trattato. La durata è di oltre due ore, in funzione di “seminario” utile al conferimento dei crediti formativi per cui la rassegna gode del patrocino degli Ordini professionali degli Architetti di Ravenna e Forlì/Cesena. In conclusione, un breve momento conviviale e di scambio di opinioni fra tutti i partecipanti. Per quanto riguarda gli ospiti/relatori sono stati invitati, in relazione ai temi: esperienze contemporanee sul campo, nel locale e globale (Filippo Tiselli, Studio Simonetti, Officina Meme, Enrico Iascone, Tommaso Bettini, Studio Barozzi/Veiga, Studio Lopes-Brenna; ruolo sociale dell'architettura (Tam Associati, Emanuele Giordana, Antonio Ottomanelli, Studio Othe, Don Stefano Zanella); altri sguardi fra grafica, arte, design, fotografia (Marcantonio Raimondi Malerba , Verter Turroni, Massimo Giacon, Elena Bompani, Silvia Camporesi, Giorgio Scianca, Steve Della Casa); città e territorio, storia e identità culturale (Massimo Cacciari, Rocco Ronchi, Marco Mulazzani, Ulisse Tramonti, Roberto Balzani, Giordano Conti, Tiziana Maffei, Mario Scalini, Emanuela Fiori, Francesco Dal Co, Marco Biraghi... e altri).


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La Regione corre ai ripari e lancia il consumo di territorio a saldo zero In discussione la nuova legge urbanistica che vuole un’Emilia Romagna proiettata nel futuro attraverso la rigenerazione urbana, l’efficienza energetica e l’adeguamento sismico di Chiara Bissi

Dopo 17 anni la Regione mette mano alla complessa materia urbanistica e si appresta a votare una nuova legge che impone alcune parole d’ordine, modifica e inibisce, nelle intenzioni, il consumo di territorio e frena le previsioni di espansione. Il tutto in risposta alla durezza di una crisi economica lunga e implacabile che più di tutti sembra aver colpito proprio il settore delle costruzioni. Uno strumento pensato in difesa di territori esposti agli effetti dei mutamenti climatici e al dissesto idrogeologico. Molto cambierà ma non il vezzo di muoversi tra gli strumenti urbanistici con acronimi mutevoli, spia di un distacco forse irrecuperabile con i cittadini, anche quelli più informati e sensibili alla materia. Si intravede la volontà di non lasciare l’urbanistica chiusa nelle stanze dei funzionari degli enti locali e dei portatori di interessi, siano proprietari di aree, progettisti, costruttori, immobiliari, imprese o consorzi artigiani. In futuro Psc, Poc e Rue lasceranno posto al Pug – piano urbanistico generale – che non verrà più declinato in Poc e Pua, ma attuato attraverso più comprensibili, almeno nella dizione, “Accordi operativi”, strumenti che andranno a definire gli interventi da realizzare. Fra le rassicurazioni avanzate dall’assessore regionale Raffaele Donini c’è l’esplicito riferimento a forme di partecipazione per i cittadini. «Con questa proposta di legge – afferma l’assessore Donini – che l’Assemblea legislativa discuterà, si apre un cantiere di confronto e dialogo con i territori e con il mondo produttivo, associazioni e professionisti. Proponiamo una svolta culturale sul nostro modello di sviluppo, non più basato sull’espansione e sul consumo di suolo ma sulla rigenerazione delle nostre città e l’adeguamento sismico degli edifici. Pen-

siamo ad una pianificazione semplice, veloce e trasparente che consenta al territorio uno sviluppo sostenibile sbarrando la strada alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose». Il progetto di legge prevede allora norme per promuovere e favorire la partecipazione dei cittadini alle scelte urbanistiche dei Comuni e concorsi di architettura per aumentare la trasparenza dei progetti urbanistici. Di sicuro impatto le parole d’ordine indicate nella proposta di legge: stop all’espansione urbanistica e consumo di suolo a saldo zero, rigenerazione urbana e riqualificazione degli edifici. Poi adeguamento sismico degli immobili, sostegno alle imprese e tutela del territorio agricolo. Ogni Comune potrà estendersi con una quota massima del 3% nel caso di nuovi insediamenti produttivi; l’edilizia residenziale sociale e le nuove abitazioni, dovranno essere collegate a progetti di rigenerazione urbana. Sono esclusi da tale limite gli insediamenti produttivi strategici, gli interventi di ampliamento produttivi e le opere pubbliche o di interesse pubblico. Punto quest’ultimo criticato dalle opposizioni, da Verdi, M5S e Sel ma anche da Paola Bonora docente di Geografia dell’università di Bologna e da Ilaria Agostini, ricercatrice di tecnica e pianificazione urbanistica sempre dell’ateneo bolognese che in questi mesi hanno pubblicato articolati contributi al dibattito in corso. Uno degli obiettivi dichiarati dalla legge è quello di anticipare il consumo di suolo a saldo zero rispetto all’obiettivo europeo del 2050. Il capitolo della rigenerazione urbana va invece di pari passo con l’adeguamento sismico che sarà sostenuto con incentivi, contributi regionali diretti, a partire dai 30 milioni di euro promessi dalla Regione. Seguono l’esonero dal contributo straordinario, la riduzione di almeno

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SEDICI ARCHITETTURA

Per quanto rappresenti una svolta importante il progetto di legge regionale in alcuni punti è oggetto di rilievi e critiche da parte delle forze politiche di opposizione e da alcuni esperti e studiosi del territorio

Nella foto aerea, il paesaggio della Bassa Romagna (dal sito Massa Lombarda | Mapio.net. Unione dei Comuni della Bassa Romagna/Servizio Ambiente).

il 20% del contributo di costruzione, incentivi volumetrici legati alla qualità del progetto, oltre a procedure più veloci e snelle. Una novità per i cittadini sempre in tema di rigenerazione urbana è la possibilità offerta dalla norma di avviare interventi anche quando solo il 50% dei proprietari di un edificio è concorde, questa metà potrà imporre la realizzazione delle opere sulla restante quota di proprietari, qualora essi si oppongano. Un quadro che non si realizzerà però all’approvazione della normativa, all’articolo 3 si legge infatti che: «I Comuni, per assicurare la celere e uniforme applicazione su tutto il territorio delle disposizioni stabilite dalla presente legge, adeguano la pianificazione urbanistica vigente entro il termine perentorio di tre anni dalla data della sua entrata in vigore». E ancora: «I Comuni che, prima dell’entrata in vigore della presente legge, hanno adottato il piano strutturale comunale (Psc) e il regolamento urbanistico ed edilizio (Rue) unificano e conformano le previsioni dei piani ai contenuti del Pug, senza che ciò comporti la ripubblicazione del piano». Una finestra di tempo nella quale il Comune come prevede l’articolo 4: «può stipulare accordi operativi, per dare immediata attuazione alle previsioni contenute nei vigenti Psc, e può rilasciare permessi di costruire convenzionati, per attuare le previsioni del Prg e del Poc vigenti. Allo scopo di dare immediata attuazione alle previsioni del Psc, il Consiglio comunale assume una apposita delibera

di indirizzo con la quale stabilisce requisiti e condizioni per l’accoglimento delle proposte dei soggetti interessati. Possono altresì essere adottati i seguenti strumenti urbanistici e può essere formalmente avviato il procedimento di approvazione dei seguenti atti negoziali: i piani attuativi dei piani regolatori comunali vigenti; i Piani Urbanistici Attuativi (Pua), di iniziativa pubblica o privata; i Programmi di Riqualificazione Urbana (Pru); i procedimenti speciali di approvazione di progetti e gli atti negoziali che comportano l’effetto di variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica». A questo proposito, a Ravenna è iniziata la revisione del Poc, scaduto nel 2016 e la discussione sulla variante generale al Prg 2003 (PRG 2017). «La nuova pianificazione – spiega l’assessore all’urbanistica Federica Del Conte – vuole essere luogo di scelte strategiche, utile a soddisfare i bisogni collettivi, nel rispetto dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio, tenendo in considerazione e coniugando in modo equilibrato le esigenze di sviluppo con le politiche di tutela del paesaggio, il recupero dell’edificato, la qualità edilizia, la riqualificazione e la massima efficienza energetica, la sicurezza, la sostenibilità ambientale e sociale». Fra gli obiettivi strategici in primo piano appare la limitazione drastica del consumo di suolo; nuove previsioni di espansione solo per ampliamenti di insediamenti produttivi e strategici; nuovi insediamenti subordinati ad elevati standard di qualità ambientale e infrastrutturale; riuso/rigenerazione del patrimonio edilizio esistente con eventuale densificazione dei tessuti esistenti, attuando politiche volte al recupero dell’edificato, alla qualità edilizia, alla riqualificazione energetica e alla massima efficienza dei sistemi di consumo di energia e acqua, alla sicurezza sismica, e alla tutela del paesaggio. L’obiettivo dichiarato sia per la legge regionale che per il Poc ravennate e delle altre città della regione, è di arrivare all’approvazione definitiva nel dicembre del 2017.


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IDEE E PROGETTI

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Darsena POP Up - Ingresso da via D’Alaggio di notte (foto Officina Meme).

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Ingresso via dell’Almagià (foto Quick® SpA).

di Domenico Mollura

I tempi lenti della rigenerazione urbana spesso sono motivati da contesti che portano su di sé la sedimentazione di decenni di sottoutilizzo, se non, in alcuni casi, di abbandono. La lentezza, tuttavia, può anche rappresentare un valore aggiunto della rigenerazione perché permette un adattamento più naturale dei nuovi usi ai vecchi spazi. Il processo può essere lento ma progressivo; non può subire delle brusche battute d’arresto o delle inutili accelerazioni che possono vanificare anche i piccoli risultati acquisiti. A Ravenna questo principio trova nella Darsena di Città la sua plastica manifestazione. Nell’immenso comparto urbano che ha visto nascere nuovi edifici, aprirsi l’area di testata verso il centro storico in una lenta riappropriazione degli spazi pubblici, il progetto Darsena POP Up parte dal tempo intermedio che intercorre tra il momento della dismissione (di un’area, di un edificio) e l’attuazione delle previsioni di Piano e ne caratterizza i contenuti tramite il riuso temporaneo. Muove da questo assunto la metodologia progettuale di Officina Meme, il collettivo ravennate di progettiste che ha firmato la rigenerazione di un vecchio deposito scoperto di materiali sfusi posizionato in fregio all’ex banchina portuale in destra Candiano, creando spazi per lo sport, la ristorazione e il commercio.

> Ingresso da via D’Alaggio (foto Pietro Barberini). >

La piazza animata (foto Officina Meme).

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Il concerto inaugurale (foto Quick® SpA).


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La vitale evoluzione di

Darsena POP Up Vicende e prospettive di uno dei pochi esempi "pilota" di rigenerazione urbana che sta segnando la lenta trasformazione del vasto comparto ex industriale intorno alla parte terminale del Candiano, nella periferia est di Ravenna La scelta del nome POP Up, vuole essere manifesto degli esiti urbanistici e architettonici attesi. Pop up rimanda al termine, nato in ambito informatico, utilizzato per definire messaggi a comparsa rapida; o, come nel caso dell’editoria per l’infanzia di libri animati tramite pagine che si aprono trasformando le storie in figure tridimensionali e, spesso mobili. Pertanto la scelta del nome identifica già il progetto come intervento che trasforma, in modo temporaneo, un’area a volume zero in un articolato sistema di parallelepipedi colorati e giustapposti che danno forma di nuova quinta urbana al fronte posto di fianco all’Almagià. Quello sviluppato da Officina Meme è un progetto pilota che inquadra la proposta di riuso all’interno di quattro principi: sostenibilità, innovazione, socialità e reversibilità dell’intervento; si tratta del punto di arrivo di un processo iniziato nel 2012 e che ha coinvolto gli spazi della Darsena in eventi temporanei finalizzati al riavvicinamento dei cittadini e al reciproco confronto sulle criticità e le forze inespresse di un intero quartiere in cerca di riscatto urbano. Dal primo evento organizzato nel corso della Notte d’Oro di quell’anno, che ha aperto alla città le porte del Tiro a Segno di via Pag, l’Associazione Meme Exchange, poi affiancata dall’omonima Officina, ha elaborato un metodo operativo applicato alla progettazione urbanistica che ribalta la successione tipica della strumentazione della pianificazione tradizionale. La principale unità di misura del metodo è il tempo. Infatti la realizzazione delle previsioni della tradizionale pianificazione urbanistica hanno tempistiche lunghe, imprevedibili e spesso revisionate periodicamente, senza che nessuna delle azioni previste possa essere attuata. Per questo il già citato tempo intermedio, inteso come inedito spazio operativo, acquista valore determinante per l’applicazione di forme temporanee di riuso. Questo deve essere econo-

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Scorcio dell’interno con bar (foto Pietro Barberini).

micamente sostenibile, rispondere alle necessità concrete dei cittadini che vivono una determinata area ed essere flessibile, ovvero garantire la possibilità di trasformarsi – nel corso della futura attuazione delle previsioni di Piano – senza perdere la funzionalità complessiva. Per ottenere questo risultato è necessario mettere insieme competenze multidisciplinari e livelli decisionali diversi: la proprietà delle aree, la potenziale utenza, il decisore pubblico le cui istanze confluiscono nel progetto architettonico, vero momento di sintesi e coordinamento del metodo. Dall’evento del 2012, infatti, Meme ha collaborato con l’Amministrazione Comunale ed ha contribuito all’introduzione nel Piano Operativo Comunale tematico Darsena di meccanismi efficaci per l’attivazione dei riusi temporanei in Darsena. È proprio all’interno del POC che si muove Darsena POP Up. Nel 2015 la proprietà concede in comodato d’uso la superficie retro portuale, ormai da anni non utilizzata, all’Associazione culturale Naviga in Darsena; I lavori hanno avuto inizio in marzo e sono terminati nel giugno dello scorso anno, per un investimento totale pari a circa 400.000 euro provenienti interamente da finanziamenti privati. L’area è stata suddivisa in due settori; quello prossimo alla banchina, corrispondente alla fascia edificabile individuata dalla pianificazione comunale, è destinata alle attività all’aperto (spiaggia urbana) e per questo non presenta volumi fuori terra, mentre quello sul lato verso la città – segnato da due opposti portali – è stato attrezzato tramite il riutilizzo di container in ossequio ad uno dei requisiti del POC che prevede il reimpiego di tali elementi modulari metallici, tipici degli scambi marittimi che hanno visto proprio nella Darsena il loro passato teatro operativo. In questo modo le due parti sono funzionalmente interdipendenti e, nel caso di esecuzione delle previsioni di Piano che prevedano stralci differiti nel tempo, possono sussistere senza che l’eliminazione di una parte

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La piattafroma skate (foto Officina Meme).

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IDEE E PROGETTI Spiaggia con vista sul canale (foto Pietro Barberini).

penalizzi quella rimanente. Le opere di urbanizzazione già realizzate (per le quali nei riusi temporanei – sempre da POC – non sono previsti oneri), potranno essere mantenute.

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La destinazione prevalente dell’area è quella di centro sportivo ricreativo. La scelta è ricaduta sullo sport come attività aggregativa trasversale, aperta a tutti. Per tale motivo la realizzazione di POP Up è avvenuta per fasi. La prima, che potrebbe essere definita propulsiva e inaugurata alla fine dello scorso settembre, è stata quella della realizzazione degli spazi sportivi (per parkour, skate, beach volley – anche al coperto – oltre alla piccola ristorazione), funzioni capaci di richiamare diverse fasce di utenti fin da subito; la seconda fase, in atto, è quella del completamento delle attività di servizio e delle attività insediabili (scuola di cucina, letture, corsi di ballo,…) in un ambiente che mostra già una rinnovata vitalità. Sede storica Tiro a Segno (foto Officina Meme).

In affiancamento ad una nuova strategia urbanistica, il livello di sperimentazione si è riversato anche nei contenuti tecnologici dell’intervento. Inserito all’interno di Ravenna Greeport, il programma di ricerca promosso dalla Regione Emilia Romagna per la riqualificazione delle are portuali, Pop Up si fonda sullo studio della risposta energetica dei manufatti principali, i quali essendo prodotti come contenitori di tipo commerciale in metallo sono stati convertiti per poter accogliere attività aperte al pubblico. Per questo è stata coinvolta il CertiMaC di Faenza (organismo di ricerca, fondato da CNR e ENEA); si sono stabiliti limiti prestazionali inderogabili per l’intero insediamento e si sono dimensionati gli interventi per migliorare confort e consumi degli spazi chiusi. Questi vengono costantemente monitorati sia per finalità di ricerca, sia per valutare il funzionamento a regime dell’area e poterne governare la gestione. Oltre a richiamare la città in Darsena, senza che vi sia necessariamente un grande evento, Darsena Pop Up ha ottenuto già in fase di progettazione un altro risultato: mettere allo stesso tavolo – rimanendo nella cornice della normativa tradizionale – tutti i referenti dell’amministrazione comunale in un’ottica di pianificazione strategica e condivisa del progetto di riuso. Il progetto è il primo esempio concreto di riuso temporaneo urbano di un’area industriale dismessa che – guardando a casi esemplari in Irlanda, Francia e Stati Uniti – rispetta e anticipa le indicazioni della nuova Legge Urbanistica Regionale che privilegia la rigenerazione, la valorizzazione del patrimonio architettonico e ambientale, e persegue il consumo zero del suolo. L’intervento non è di tipo speculativo, lo spazio privato viene messo a disposizione di tutti nell’ottica della sua riattivazione sociale; esso è sempre fruibile e dà accesso alla banchina, unico punto lontano dei due estremi del comparto. È da tale slancio che – in forma centrifuga – si può innescare un processo aggregativo e richiamare altri investimenti. Il progetto di Officina Meme prevede il raddoppio della superficie riutilizzata, tuttavia, con nuove attività che rispondono a esigenze urbane diverse ma complementari al primo stralcio esecutivo. Pop Up 2 – al momento sviluppato come progetto preliminare – darà maggiore spazio alla ricerca ambientale legata alla tutela del mare e alla bonifica delle acque dello stesso Canale Candiano, tramite piattaforme galleggianti per il monitoraggio e la filtrazione dell’acqua da trasferire poi in una piscina aperta al pubblico. Sempre nell’ottica del progressivo recupero dello specchio d’acqua si inseriscono le attività a servizio della nautica e la piastra di servizio alle imprese e per gli eventi in Darsena. Il raddoppio è stato inserito tra i 12 progetti di Ravenna in Darsena, il programma presentato dal Comune di Ravenna nell’ambito del Bando per la riqualificazione delle Periferie della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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Sede storica Tiro a Segno (foto Officina Meme).


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Ravenna in Darsena, il mare in piazza L'insieme di 12 progetti, presentati da Comune e privati, per interventi sul comparto ex industriale sono stati accolti nel bando ministeriale per la riqualificazione delle periferie. Si tratta di un piano da 26 milioni di euro, di cui quasi 13 a carico dello Stato. Ma il finanziamento non è certo. di Domenico Mollura

Alla fine dello scorso mese di maggio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha promosso, tramite bando pubblico, la presentazione di progetti finalizzati alla costituzione di un programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, istituendo un fondo di 500 milioni di euro. L’Amministrazione Comunale di Ravenna, appena insediata, decide di partecipare al bando e assume il ruolo di regia della fase propositiva unificando (e inquadrando) la tematica da sviluppare sotto il titolo: “Ravenna in Darsena, il mare in piazza”, con il chiaro intento di valorizzare il comparto urbano, tra i più pianificati della città ed esteso tra la stazione ferroviaria e il ponte mobile, tramite un programma circolare con partenza e arrivo nell’elemento acqua. Il finanziamento statale è definito dalla Relazione Generale elaborata dal Comune, come determinante per l’attuazione di programmi di riqualificazione da parte dei privati, che costituiscono la fetta maggiore delle proprietà interne al comparto, fermi a causa delle ristrettezze (e incertezze) dell’economia presente e del prossimo futuro, oltre che da una inadeguata dotazione infrastrutturale, su cui primeggia l’inadeguatezza del sistema fognario, che di fatto zavorra la Darsena di Città ancora al livello zero della rigenerazione. La richiesta di manifestazione di interesse, partita ad inizio luglio, ha portato il Comune a selezionare 12 progetti (uno solo quello escluso), di cui 8 di iniziativa privata e 4 di iniziativa pubblica, valutati in base alla migliore rispondenza a requisiti come: la capacità di innescare processi di riqualificazione sociale, economica e culturale di tutto il comparto; la capacità di promuovere la sinergia tra finanziamento pubblico e privato; la fattibilità economica e finan-

Dall’alto: la mappa generale, nella parte terminale del canale Candiano, dove sono evidenziati i 12 progetti del piano “Ravenna in Darsena. Il mare in piazza” , accolti dal bando ministeriale per la riqualificazione delle periferie urbane italiane. Il rendering del progetto di riuso dell’ex magazzino industriale denominato Area T (intervento 11 del bando). Rendering del pontile-passeggiata sopraelevata su via d’Alaggio affacciata sul Candiano. Il progetto, che prevede un percorso dalla testata della darsena di città fino al ponte mobile, riguarda i primi 280 metri (intervento 8 del bando).

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IDEE E PROGETTI

A sinistra, sezione del progetto di tunnel di collegamento fra la stazione ferroviaria e la testata della darsena di città (intervento 1 del bando). A destra, mappa-percorso del progetto di linea di collegamento via acqua, lungo il canale Candiano, dalla città al mare (intervento 4 del bando).

ziaria; la tempestiva esecutività degli interventi. La citata relazione identifica nella marginalità, nel degrado e nella carenza di servizi i principali elementi di criticità che ancora impediscono alla Darsena di costituire un unico sistema territoriale, che vada dalla città al mare. L’area individuata per partecipare al bando è quella in destra al Canale, scelta perché sede di interventi di recupero già attuati e di iniziative capaci già adesso di richiamare e attrarre persone; il documento cita tra gli esempi di riuso l’area sportiva-ricreativa Darsena POP Up e l’ex Tiro a Segno come area culturale per eventi. L’orizzonte del programma è quello di realizzare un quartiere evoluto, smart per utilizzare un termine molto in voga, relativamente ai contenuti sociali, ambientali e tecnologici; un comparto accessibile ad ogni ora e che garantisca sicurezza, inclusività, partecipazione e attrazione per la maggior varietà di utenti. “Ravenna in Darsena” è un programma ambizioso, considerate le lungaggini della pianificazione ordinaria e l’indeterminatezza temporale della sua applicazione, che ha declinato lungo tre linee di azione l’area che viene immaginata collegata (fulcro tra mare e città storica, ma anche connessa e capace di condividere conoscenze e informazioni), sicura e verso il decollo (garanzia di sicurezza sia in termini sociali che funzionali) e, infine, viva e con più servizi (recupero di aree e contenitori dismessi, incentivazione di servizi e imprenditoria, creazione di opportunità e occasioni di generare nuove economie e spazi di socializzazione). I progetti, inquadrati all’interno delle previsioni del POC Tematico Darsena, sono tutti interrelati tra loro e scorrendo i contenuti principali ne emerge l’aspirazione ad un quartiere accessibile in continuità con il centro storico, tramite il prolungamento dell’esistente sottopasso ferroviario – trasformato in galleria d’arte – fino a emergere ancora più vicino alle banchine, mentre Piazzale Aldo Moro viene confermato e incrementato nella sua vocazione di nodo intermodale che potrebbe smistare treno, auto e bici (nuova stazione di bike sharing) con il collegamento al mare tramite battelli lungo il Canale (interventi 1 e 2). Anche la valorizzazione dell’acqua passa attraverso l’accessibilità e il progetto di un pontile privo di barriere architettoniche, per l’attracco di una nave (anch’essa accessibile) per i trasporto di persone da e per il mare (intervento 4); una seconda imbarcazione potrebbe effettuare il trasporto anche di cicli lungo itinerari didattici e visite guidate (intervento 5). L’intervento maggiormente strategico, capace di generare un processo rigenerativo più ampio, potrebbe essere la realizzazione della nuova rete fognaria in corrispondenza della quale è prevista la posa di una capillare rete in fibra ottica per il cablaggio completo del quartiere (intervento 8). Le banchine sfuggono dalla loro natura sotto quota ed emergono dal loro grigiore grazie ad una passerella lignea larga 5,50 metri, estesa dalla testa del canale fino al ponte mobile, che con la sua

sopraelevazione di 80 cm dal suolo avvicina il punto di vista del mare, fungendo come elemento di continuità (sedute e arredo urbano, scale e rampe) lungo tutto il bordo lungo canale del comparto a servizio delle nuove attività insediate (intervento 8, primo stralcio di 280 m). Tra i progetti inclusi nel programma si trova anche il secondo stralcio del progetto Darsena Pop Up (intervento 9), trattato già in un altro articolo di questo numero. Non mancano i recuperi di edifici di archeologia industriale dismessi come il pluri pubblicato ex Magazzino SIR (o SigarOne, intervento 10) e il riuso del Magazzino dell’area T posto in fregio alla banchina e destinato a spazio culturale ricreativo e attività espositive con attenzione al contenimento dei consumi energetici (intervento 11). Il tema ambientale viene sviluppato anche nel programma di riqualificazione di un’area comunale da destinarsi ad attività legate al paesaggio, al clima, alla botanica e che prevede anche la realizzazione di orti urbani come campo di sperimentazione dei attività multidisciplinari e un parco urbano, aperto ad eventi culturali ed artistici (intervento 12). Nel programma sono confluiti anche interventi di tipo immateriale, come il progetto di una nuova piattaforma digitale collegata ai portali istituzionali, per la promozione turistica e delle attività insediate in Darsena, favorire l’inclusività, la partecipazione sociale e garantire il diritto di cittadinanza (intervento 3) e un sistema sperimentale per la sorveglianza e la sicurezza della Darsena (intervento 6). Il computo finale ammonta a poco meno di 26 milioni di euro di opere dei quali 12.808.167 (pari al 49,26% del totale) previsti nella richiesta di finanziamento tramite il bando statale. Tra gli interventi spiccano il prolungamento del sottopasso e la passerella lungocanale, finanziate al 100% con fondi pubblici, e il recupero del SigaOne, finanziato quasi al 90% con fondi privati; l’area di intervento accoglie circa 10 mila abitanti e i tre proponenti pubblici coinvolti, con progetti su aree di competenza, sono il Comune di Ravenna, l’Autorità Portuale e RFI. Il bando, al di là dei risultati, della graduatoria (pubblicata ad inizio gennaio) e dei prossimi passaggi esecutivi, ha certamente costituito un forte incentivo alla progettualità e ha innescato non poche speranze per città e territori che attendono da decenni l’occasione (e i fondi) per uscire dalla loro spirale di immobilismo nel campo della riqualificazione urbana. Sono state, infatti, 120 le proposte candidate al finanziamento per un totale di oltre 2 milioni di euro di opere, delle quali tuttavia solo le prime 24 avranno accesso al fondo. Ravenna classificata al 73° posto, come le altre 95 candidate escluse dal primo programma di finanziamento, attende (e spera) nella conferma dei fondi per il futuro; c’è da augurarsi che la spinta alla progettualità della scorsa estate non si spenga ma che piuttosto sia da stimolo per avvicinare questa immagine di nuova Darsena verso forme concrete di rigenerazione.


OFFICINE11 CP 2015.qxp:Layout 1 27/02/17 18.02 Pagina 35

di Fabio Visani

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ARTE E ARCHITETTURA di Serena Simoni

Dall’alto: Gio Ponti, La conversazione classica, 1925, maiolica Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia. Gio Ponti, coppa Funeraille de Thais, 1925. A destra: ritratto di Gio Ponti negli anni ‘20 del Novecento.

Avevamo già parlato su questa rivista (CasaPremium n. 108) dell’orientamento del mercato verso l’Art Déco, un interesse che si manifesta oggi nella lievitazione dei prezzi degli oggetti realizzati negli anni ‘30 e nell’influenza che già da un po’ di tempo questo stile – costruito su geometrie e ammiccamenti controllati al linguaggio delle Avanguardie – manifesta nell’arredamento e nel design. Fra questi corsi e ricorsi cade anche la prossima mostra che verrà inaugurata l’11 febbraio ai Musei di San Domenico a Forlì che verrà seguita ad una settimana di distanza da un’altra esposizione al Mic di Faenza. Se la mostra faentina sarà concentrata sulla ceramica fra il 1920 e il ‘35 e i grandi protagonisti di questa stagione, locali ma di spessore internazionale come Pietro Melandri e Riccardo Gatti, la presentazione forlivese di “Art Déco. Gli anni ruggenti in Italia” promette di esplorare in modo particolare il panorama di creatività artistica italiana a partire dalle varie Expo (Parigi 1925 e 1930, Barcellona 1929) attraverso le originali Biennali di Monza e di Milano, esponendo – oltre alle arti maggiori – arredi, ceramiche, vetri, metalli, gioielli e abiti. E senza dimenticare qualche intervento statunitense. Pur non avendo ancora visitato la mostra che probabilmente sarà interessante come le precedenti oragnizzate a San Domenico, ciò che fa riflettere è il concentramento delle esposizioni nello stesso arco di anni, fra primo ‘900 e anni ‘30: infatti, le mostre su Wildt (2012), Arte fascista (2013), Liberty (2014), Boldini (2015) e un Piero della Francesca (2016) - molto centrato in realtà sul confronto fra l’opera del maestro e gli artisti degli anni ‘20 e ‘30 - si sono incanalate negli stessi argini, giustificati anche da una chiara progettazione triennale, legittimando una vocazione di politica culturale del territorio che potrebbe risultare un po’ univoca e rétro. Se non fosse che la stagione delle grandi mostre a Ravenna sembra essersi avviata definitivamente sul viale del tramonto – basta dare un’occhiata al budget destinato quest’anno al Mar e alle recenti polemiche apparse sui giornali locali – e se un qualsiasi parere potesse essere espresso senza ambiguità di provenienza, verrebbe da invitare il coordinamento scientifico ad un’alternanza più accattivante su temi e protagonisti. Ma, come si dice dalle nostre parti, è meglio piuttosto che niente. Rispettando queste scelte espositive proviamo ad approfondire una linea, anzi un personaggio che di quegli anni è stato una delle anime più creative e interessanti con un raggio di azione nazionale e riconoscimenti internazionali: definire sinteticamente il tragitto poliedrico dell’architetto Gio Ponti (1891-1979) è un’impresa difficile ma, riducendo l’analisi agli anni indicati dalle mostre di Forlì e Faenza, non impossibile. Nato a Milano, dopo il servizio militare fatto in periodo di guerra Ponti si laurea nel 1921 al Politecnico della propria città, dove apre uno studio con i coetanei Mino Fiocchi ed Emilio Lancia. Il piccolo gruppo di giovani architetti lombardi si conosce tramite la figura di Gaetano Moretti, un importante esponente della cultura eclettica milanese da cui aveva preso avvio il Liberty. A differenza del maestro, Ponti e gli altri studenti avviano una ricerca verso un linguaggio più rigoroso, debitore dei principi di ordine e semplicità del modello classico, preso col riserbo o lo sguardo straniato del nuovo linguaggio della Metafisica. Si definisce con questa attività il gruppo del “Novecento milanese” che costituisce una linea alternativa al razionalismo più deciso di altri giovani come Terragni. La prima uscita pubblica di Ponti avviene nel 1923, alla prima Biennale delle Arti decorative di Monza, a cui parteciperà costantentemente fin dalle edizioni successive, quando l’esposizione acquisterà cadenza triennale e verrà in seguito trasferita a Milano. Proprio a Monza, dove conosce e inizia a frequentare il critico Ugo Ojetti, espone le sue prime progettazioni nate dalla collaborazione appena avviata con l’affermata manifattura ceramica Richard-Ginori: Ponti diventa il riferimento artistico della produzione dello stabilimento di


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Lo stile Gio Ponti nell’epoca degli “anni ruggenti” Ricognizione sull'opera del grande progettista italiano fra gli anni ‘20 e ‘30 del Novecento in occasione delle mostre sull'Art Déco al San Domenico di Forlì e al Mic di Faenza San Cristoforo a Milano e di quello di Doccia a Sesto Fiorentino per cui riformula completamente la linea aggiornandone iconografia e stile. Per più di una decina di anni questo sodalizio produce porcellane e maioliche di chiara ispirazione classica in linea con l’interesse verso il dialogo con la classicità già evidenziato in architettura: anche in queste progettazioni si tratta di intrecciare il modello con il contemporaneo, dagli esiti coloratissimi e giocosi del secondo Futurismo di Depero alle sperimentazioni linguistiche delle Avanguardie europee, senza dimenticare né l’intensità evocativa della Metafisica italiana, né lo sviluppo del Déco occidentale, che diventa il metro comune su cui misurare la propria attendibilità moderna. Se modernità è l’attenzione culturale a tutto campo con il contemporaneo, Ponti costituisce un esempio particolare di esercizio elevato di confronto col presente, il passato prossimo e il passato remoto, da cui distilla uno stile omogeneo, accattivante, esteticamente raffinato e còlto. La coppa con i Funerali di Thais (1925) rappresenta un esempio in cui si intreccia sapiententemente riferimenti tratti dai bassorilievi antichi, colori futuristi, stilizzazioni geometriche Déco e suggestioni di soggetti simbolisti: il mescolamento potrebbe caracollare in un baratro ma Ponti mantiene una leggerezza e un’unità fantastiche su cui trionfano qualità eccellenti come l’ironia e una leggiadra sensualità. I corpi femminili richiamano le iconografie classiche dilantandosi fino a comprendere altri spunti della tradizione storicoartistica come le divinità del Correggio o le proporzioni impossibili del Parmigianino. Anche le forme dei vasi e le decorazioni sono modellate sugli esempi classici e neoclassici, mentre i colori rimbalzano fra la tradizione avanguardista - in particolare il Futurismo - e quella fine settecentesca, dove predominano oro, nero e blu su bianco-latte oppure bianco e giallo su azzurro o ancora le tonalità crema sul rosso pompeiano. Talvolta la forma tradizionale del vaso si combina a piccole “licenze” come l’inserimento di più anse a varie altezze o lo straniamento causato dalla moltiplicazione di elementi prospettici, suggerite dalle decorazioni degli

studioli lignei del ‘400 e dalla dimensione spaziale straniante dei diinti di De Chirico. Pensando alla molteplicità delle ispirazioni, non è un caso sapere che Ponti avrebbe voluto diventare un pittore ... . Ogni pezzo di quegli anni per Richard-Ginori incontra così tanto il gusto del tempo da fargli ottenere il Grand Prix all’Esposizione internazionale di Parigi del 1925, ma è anche così attuale da attirare i contemporanei: se oggi a molti i suoi oggetti piacciono ciò è dovuto al mix di novità e tradizione, eleganza e ironia, decorazione e rigore progettuale del lavoro. Si tratta di caratteristiche che si possono osservare anche nella progettazione architettonica delle abitazioni milanesi di Ponti e dell’amico Lancia, così come nell’ufficio che i due architetti avviano come sede del proprio studio comune (1926-33). La casa di Via Randaccio a Milano, realizzata tramite una progettazione comune, attira per la mobilità espressa nella facciata concava che accoglie elementi classici come timpano e obelischi, definendosi come un’ironica reinterpretazione del passato, dall’architettura classica a quella barocca. La “conformazione classica” insieme alla passione per la pittura e la decorazione costituiscono per Ponti le radici del linguaggio progettuale di questo periodo, caratteristiche che si rendono evidenti in tutte le realizzazioni del periodo. Fra queste è Villa Bouilhet a Garches in Francia – la cosidetta Ange Volant – che diventa il prototipo della casa all’italiana: costruita nel 1926 nel Golfo di Saint-Cloud, il luogo dove si concentrano alcune progettazioni di Le Corbusier, presenta una sala centrale alta due piani con scala interna, un elemento questo che diventa poi ricorrente nel suo lavoro. Il 1928 rappresenta una sorta di svolta nel lavoro dell’architetto che su suggerimento di Ojetti fonda con Gianni Mazzocchi la rivista “Domus” affidando contemporaneamente questo stesso nome alle sue prime “case tipiche”, concepite a cavallo fra il concetto di italianità e le tesi razionaliste a cui si è progressivamente avvicinato. In parole semplici, si tratta di recepire le idee più avanzate del Razionalismo europeo sull’abitare tenendo in conto della tradizione architettonica italiana. Le prime domus progettate in questo periodo in Via De Togni a Milano – denominate Carola, Fausta e Julia – provvedono a riformulare gli spazi in

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ARTE E ARCHITETTURA

senso moderno ma rispettando la tradizione italica: mentre vengono aboliti i corridoi e si riducono i servizi, si forniscono gli arredi (armadi a muro, librerie a parete) dando un forte risalto agli ambienti comuni; contemporaneamente si riprendono comunque gli elementi della tradizione nei colori, nella presenza di balconi, logge e terrazze. L’inserimento di spazi fuori scala rilevabili all’esterno prende avvio dalla riflessione sulla necessità – di Ponti stesso, ma proiettata dall’architetto su tutti i possibili committenti – di pareti e soffitti sufficientemente alti e distanti da chi abita gli spazi. Esterno e interno si compenetrano nella realizzazione delle famose “finestre-vetrine” – una novità introdotta ex novo dall’architetto – in cui la composizione delle librerie ingloba la vista sull’ambiente circostante. Arriviamo con questi progetti, realizzati fra il 1931 e i due anni seguenti, al nuovo decennio segnato anche dal coinvolgimento di Ponti nella realizzazione e coordinamento delle Triennali, in particolare quella del 1933 che può essere considerata una sua creatura. È questo l’anno in cui si conclude il sodalizio con Lancia e viene avviato lo Studio P.F.S. (1933-45) insieme agli ingegneri Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini. La nuova stagione architettonica vede nuove importanti realizzazioni fra cui numerosi edifici pubblici finalizzati all’istruzione e altrettanti privati destinati a servizi e residenze. Nelle nuove costruzioni come Casa e Torre Rasini (1933-34) o il nuovo lotto di Domus di Via Caravaggio a Milano (1933-38) ritornano gli elementi


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RESTAURI - ANTIQUARIATO di Elisa Cantoni

DORATURE - LACCATURE - DECORAZIONI

prediletti da Ponti – balconi, terrazze, vetrate – intesi come espressioni della tradizione italiana in grado di compenetrare interno ed esterno, spazio privato e spazio pubblico, così come si ripresenta la scelta prediletta da Ponti della scala a muro. Analizzando i progetti separatamente si riscontra un progressivo avvicinamento al Razionalismo e si riscontrano omaggi ai grandi fondatori del linguaggio architettonico moderno come Le Corbusier, a cui l’archietto si ispira per la realizzazione di uno spazio in comunicazione col giardino d’inverno e la terrazza esterna (casa Laporte a Milano, 1935-38). Il principio che accomuna tutti i progetti di questo decennio – che in chiusura vedrà il temporaneo abbandono della rivista “Domus” e la fondazione di una nuova, intitolata “Stile” – è quello della “felicità” edilizia, un concetto che si comprende meglio nella definizione del suo contrario, data da Ponti: l’infelicità del costruire per lui non dipende tanto da questioni economiche ma da una mancanza morale e dall’assenza di pensiero dei progettisti. Si tratta di considerazioni che pur nella loro semplicità rimandano ad importanti interrogativi sul rapporto fra etica e architettura, un argomento che Ponti riteneva centrale nella sua riflessione ma che anche oggi viene riproposto da molti – non ultimo dalla Biennale di Venezia dell’anno passato – come una necessità attuale e inderogabile nel pensiero di chi progetta.

In alto, da sinistra: Gio Ponti, grande vaso Donne su nubi, 1923 (ideazione), 1924-1925 (esecuzione), maiolica dipinta a monocromo azzurro. Gio Ponti, Antonio Fornaroli, Eugenio Soncini, Casa Laporte, Milano, 1935 - 1938. Il Palazzo della V Triennale, Milano, 1933. Al centro: Emilio Lancia e Gio Ponti, Casa di Via Randaccio, Milano, 1924-26. In basso, da sinistra: La copertina di “Domus”, agosto 1930. Emilio Lancia, Gio Ponti, Domus Carola, Domus Fausta, Domus Julia, 1931 - 1933, Milano. Gio Ponti, Domus di via Caravaggio, Milano, 1933-38.

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Tendenza Maison et Le novità dalla rassegna con le creazioni Rou Design e altri brand di Sabina Ghinassi All’ultimo Maison et Objet di Parigi il tema di quest’anno è stato il silenzio. La trendsetter e creativa Elisabeth Leriche che ha curato l’allestimento all’ingresso della fiera francese, ha spiegato il concept –fil rouge di quest’anno con queste parole: «In un contesto di iperconnessione, di flusso incessante di informazioni e di immagini onnipresenti, di schermi e di rumore, lo stile degli interni dovrà sempre più rispondere alla necessità di calma e serenità, proponendo nuovi modi di vivere e di essere. Questa ricerca di sconnessione è la risposta al bisogno di riprendere il controllo del tempo


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silenzio da Objet 201 internazionale di Parigi di Malerba, Turroni/Ravelli, del territorio romagnolo della nostra esistenza. Gli architetti stanno esplorando soluzioni d’insonorizzazione e i designer stanno studiando nuove modalità per isolarsi dal mondo, sia in spazi pubblici sia in spazi privati. Serenità e Semplicità sono due porte che si aprono sulla Bellezza e sono due spazi oggetto di indagine da parte di fotografi artisti e designer. Il mio Inspirations Space è un invito a un Viaggio attraverso le terre sacre del Silenzio, un silenzio che è diventato prezioso perché così raro ed è diventato un elemento di lusso in grado di ispirare ogni aspetto della progettazione». A questo proposito nel suo ultimo libro Le virtù del silenzio (Mimesis, pp. 106) il sociologo Michel Maffessoli spiega come la postmodernità stia su-

Nella pagina a sinistra: l’allestimento di pezzi firmati da Marcantonio Raimondi Malerba per il marchio Seletti: Luminarie, Mouse Lamps, Monkey Lamps In questa pagina, dall’alto: creazioni di Verter Turroni e Emanuela Ravelli per ImperfettoLab, Nido (seduta in vetroresina), Ombra (seduta in vetroresina), Canoa (seduta in vetroresina).

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DESIGN E LIFESTYLE perando la visione materialista del mondo moderno, esaltando il potere dello spirito contro l’economicismo dominante. Secondo Maffessoli la ricerca del silenzio è un tratto dominante dei nostri tempi; una tendenza che si ritrova in molte pratiche oggi sempre più diffuse come il ritiro, i pellegrinaggi di vario genere, la preferenza per letture religiose e filosofiche. Seguendo questa ipotesi si capisce perché L’Arte di essere fragili - Come Leopardi può salvarti la vita, il bel libro di Alessandro D’Avenia indirizzato ai giovani ( ma acquistato anche da chi giovane non è più), è balzato in testa alle classifiche ad una settimana dall’uscita a fine ottobre e resta ancora saldamente al primo posto ad inizio febbraio. E chi, se non Leopardi, è il poeta dell’infinito silenzio? E cosa, se non un libro che dissolve la supposta apatia della generazione più giovane e la colloca sullo stesso piano di bisogni emotivi degli anziani, dei cinquantenni post-ideologici, dei rampanti del nuovo millennio, segna il bisogno di sconnessione contemporaneo, la distanza necessaria e ambita dall’Io esisto in quanto consumo. Sintomi, questi, di una necessità che attraversa il mondo contemporaneo occidentale in modo transgenerazionale e che rispecchia, come rileva giustamente Leriche, il bisogno di allontanarci dal sovrapporsi bulimico di immagini e rumori, dal multitasking che ci obbliga incessantemente a controllare mail, cellulari, applicazioni che inquinano la nostra vita con disordini estetici confusivi, invadenti e, alla fine, totalmente inutili. Così la natura diventa un rifugio e ci si mette in viaggio, a piedi lungo la Via Francigena o più semplicemente impugnando le racchette del Nordic Walking. Nello stesso tempo, anche la casa diventa il rifugio-cocoon, dove ritrovare e riprendere il proprio tempo che, come il silenzio, è diventato un lusso, nella consapevolezza che è l’unica cosa che, una volta persa, non si può riacquistare più. Alla kermesse parigina pensata come una grande moodboard di colori, profumi, setting dedicati a questa dimensione sussurrata, erano molte anche le presenze italiane ospitate nelle quindici sezioni tematiche suddivise in tre macro aree: Maison, Objet e Influences. Uno degli stand più divertenti era quello di Seletti che ha presentato tre nuovi oggetti – veramente silenziosi – della collezione Estetico Quotidiano: il bicchiere in vetro a doppia camera – per liquidi caldi e freddi –, il cartone per il latte e il bollitore per il latte, entrambi in vetro borosilicato, rigorosi e trasparenti. Sempre da Seletti si sono visti gli Hybrid rugs, ironici tap-


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peti/ arazzo in poliestere riciclato al 100% 100 disegnati dal duo CTRLZAK, e Luminarie, il nuovissimo progetto dell’artista e designer Marcantonio Raimondi Malerba, a metà strada tra il light design e l’oggetto di arredo: tre specchi – piccolo, medio e grande – e una testiera per il letto di legno in forme irregolari decorati da tante piccole lampadine che, oltre ad illuminare, aggiungono un tocco onirico e fiabesco all’ambiente, seguendo la stessa ispirazione, trasognata e gentile delle Monkey Lamp e delle Mouse Lamp del giovane designer romagnolo. Con Malerba erano a Parigi anche altri progettisti della nostra area, evidentemente molto creativa, con pezzi affini come nucleo poetico e concettuale ai temi individuati come fil rouge della manifestazione. Il primo, l’ImperfettoLab di Longiano, è lo studio nel quale nascono, grazie alla coppia di artisti designer Verter Turroni ed Emanuela Ravelli, arredi/opere d’arte di sapore pauperista realizzati in vetroresina, rifiniti a mano e collocabili in una dimensione liminale tra l’opera d’arte e il design: più “artistici” di un multiplo d’artista e nello stesso tempo più funzionali perché “ abitabili” all’interno di una casa. La seduta Bioma, la libreria modulare Favo, la panca Olmo, presentati a M&O17 sono soltanto alcuni dei loro progetti, tutti molto affascinanti e in linea con la bellezza semplice e disarmante della natura. Anche il duo di Rou Design, di base a Ravenna e composto dalle amiche/designer Monica Cortesi e Marzia De Lorenzi, si muove su territori affini all’ImperfettoLab ma crea pezzi unici che possono essere abiti, tessuti e arredi. Il termine rou è Raw, cioè grezzo in Afrikaans, e indica un modo di lavorare che parte sempre dalla qualità primaria dei materiali con interventi manuali minimalisti e poetici che rendono ogni oggetto o manufatto un pezzo unico, sia esso una giacca in lino operata sia esso un tavolo ricavato da una lastra lignea recuperata dal mare. Di sapore meno arditamente sperimentale, ma ugualmente in piena sintonia con il moodboard di M&O17, altri brand del territorio: Migani Home di Riccione, da sempre noto per il luxury caldo e avvolgente delle sue proposte e dei suoi complementi d’arredo per l’indoor e l’outdoor, con particolare riferimento all’Hotellerie, All’Origine di Imola e il suo vintage fortemente emozionale che mescola il sacro e profano del recupero partendo dalla memoria e dalla qualità, anche storica, degli oggetti. C’erano anche il design essenziale e la fascinazione tattile della lavorazione artigianale delle pietre naturali italiane dei prodotti di Room Pietra e Oggetti di San Marino e infine le proposte del gruppo Mondo Sofa di Bertinoro, una certezza a livello di mercato internazionale, articolate nelle tre linee, dal classico ZaniSofa, al più moderno VerySofa, al contemporaneo e personalizzabile, Madinitaly, ognuna progettata nei minimi dettagli con l’obiettivo di unire la qualità estetica alla funzionalità e al massimo comfort a livello di imbottitura, ergonomicità e seduta.

Dall’alto: altri oggetti d’arredo/opere d’arte di Verter Turroni ed Emanuela Ravelli. Arenaria (panca scultorea in vetroresina), Bioma (panca scultorea in vetroresina), Olmo (panca scultorea in vetroresina). Scatto frontale della panca Olmo. Tutti i pezzi sono prodotti dallo studio ImperfettoLab di Longiano.

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SPAZI DELLA CULTURA

«Il pubblico dev’essere incoraggiato, se uno vuole battere le mani, e fargliele battere!» Enrico Melozzi www.loudvision.it/enricomelozzi-ve-la-dico-io-lacultura/

> Enrico Melozzi, foto tratta da http://www.cinikrecords.it/.


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musica

Quando la muri e confini

dissolve

Intervista a Enrico Melozzi, direttore d’orchestra, compositore, violoncellista, produttore

di Marina Mannucci Nel 1999 Enrico Melozzi inizia a collaborare, in Germania, con il celebre compositore Michael Riessler ed entra in contatto con la musica contemporanea mondiale, avviando impegni professionali con musicisti di fama quali Sabine Meyer, Vinko Globokar, Jean Pierre Drouet, Michel Portal, Terry Bozzio, Markus e Simon Stockhausen e Paolo Fresu. Nel 2001 approfondisce le tecniche di musica applicata con Federico Savina, docente presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, nel 2004 fonda il duo di musica elettronica Lisma Project insieme al dj Stefano De Angelis e nel 2005 debutta come direttore d’orchestra all’Auditorium Parco della Musica di Roma con la sua opera dedicata al personaggio dickensiano di Oliver Twist. In questo periodo Enrico Melozzi compone colonne sonore per cortometraggi, lungometraggi e spettacoli teatrali, iniziando anche a collaborare con diversi registi e con la nuova scena jazzistica italiana. Nel 2007 con la sua Sinfonia concertante si celebra la riapertura del Duomo di Teramo. Nello stesso anno crea l’etichetta Cinik Records, avvia collaborazioni come produttore, arrangiatore e direttore d’orchestra con importanti cantanti pop, tra cui Sarah Jane Morris, e riceve importanti riconoscimenti per le sue soundtrack (colonne sonore). Nel 2008 scrive la musica per Canto di Natale di Charles Dickens, interpretato da Massimo Popolizio all’Auditorium Parco della Musica. Nel 2011 il West Australian Ballet gli commissiona la composizione del balletto sinfonico in due atti Pinocchio-The Ballet; l’opera, coreografata da Ivan Cavallari, con le scene di Edoardo Sanchi, viene rappresentata nel 2012 a Perth, all’His Majestic Theatre, dalla West Australian Symphony Orchestra. Nel 2012 inizia una collaborazione con la regista Roberta Torre e compone le musiche, da lui eseguite in scena, per Gli Uccelli di Aristofane al Teatro Greco di Siracusa e per Insanamente Riccardo III al Teatro Garibaldi di Palermo e al Piccolo Teatro di Milano. Sempre nel 2012 promuove con Giovanni Sollima la prima maxireunion di violoncellisti in Italia al Teatro Valle Occupato, radunando più di centoquaranta violoncellisti provenienti da tutta Europa. L’evento si ripeterà nel 2013 con cento violoncelli sul palco

del concerto del Primo Maggio a Roma in Piazza San Giovanni e, nel 2014, con il nuovo nome di Festival itinerante dei 100 Celli, approda a Milano al Teatro dell’Arte della Triennale. Sempre nel 2014 Melozzi e Sollima guidano i 100 Cellos a Budapest e al Teatro Regio di Torino per il 25° anniversario della Caduta del Muro di Berlino. Eventi, questi, che vengono realizzati grazie all’inserzione su internet della chiamata a raccolta del maggior numero di violoncellisti in luoghi e date prefissate, improvvisando blitz musicali senza aver mai provato tutti insieme. Nel 2016, grazie al Ravenna Festival, i Cento Cellos hanno travolto per una settimana la nostra città. La lunga festa del violoncello ha tenuto dai tre ai quattro spettacoli al giorno, con invasioni in piazzetta dell’Unità, nel chiostro della Biblioteca Classense, nei chiostri Francescani, all’interno delle Basiliche di San Vitale e di Sant’Apollinare Nuovo, nelle Artificerie Almagià, nella chiesa San Giacomo di Forlì, nell’antico porto di Classe, all’interno del Teatro Socjale di Piangipane, del Teatro Alighieri, della Rocca Brancaleone. Infine, in occasione dell’ultima giornata in città, i 100 violoncellisti hanno invaso piazza del Popolo e si sono esibiti di fronte al Municipio. Enrico Melozzi ha anche fondato l’Orchestra Notturna Clandestina, una compagine giovane e ribelle che si muove di notte, nei luoghi liminari di Roma. Un’idea lungimirante che si propone di abbattere le barriere tra generi musicali, popolazioni e culture per avvicinare tutte le persone alla musica classica attraverso una divulgazione che privilegia il contatto diretto, schietto e partecipativo con il pubblico. «La divulgazione artistica e musicale è un’esigenza primaria, un’emergenza culturale, e noi per primi, concretamente e senza proclami, cercheremo di attuare questa necessità sociale. Stiamo ricevendo adesioni da tutta Italia, ma per il momento, non avendo alcuna garanzia economica e non volendo accedere per identità a finanziamenti pubblici, ci stiamo limitando ad accogliere le domande dei musicisti domiciliati in Roma. Stanno già nascendo degli aggregati spontanei in altre città di Italia, e spero che presto si procederà alla fusione dei vari ensemble notturni clandestini per la creazione della più grande orchestra indipendente italiana. Il livello dei musicisti che stanno aderendo è molto alto, e questo è un ulteriore segno del fallimento del sistema musicale italiano tradizionale. Purtroppo (per fortuna per la nostra orchestra) il sistema è inceppato da anni e tutti i migliori stanno a casa. Siamo arrivati al

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punto n cui questi grandi talenti pensano di emigrare, e chi invece si rifiuta ideologicamente di partire inizia a trovare in progetti che partono dal basso la risposta alle loro domande. L’Orchestra Notturna Clandestina non nasce per risolvere il problema e l’emergenza culturale italiana e romana, bensì per dare un esempio di fattibilità, un esempio di impegno e concretezza, un tentativo di inversione di tendenza e per sottolineare una speranza che non deve morire, perché è la musica che ci salverà» (http://www.nuovocinemapalazzo.it/2016/02/08/orchestra-notturna-clandestina/). Nel mese di novembre incontro Enrico Melozzi a Roma, ci presentiamo e iniziamo immediatamente a parlare del Teatro Valle. Pochi giorni prima sul “Corriere della Sera”, era uscito l’articolo di Emilia Costantini che denunciava le condizioni di abbandono e degrado del Teatro a due anni dal vergognoso sgombero, che ha messo fine all’occupazione che dal 2011 aveva visto operatori del teatro, cittadini, studenti e giuristi ridare vita a quello spazio. Enrico ha vissuto e sostenuto in prima persona l’occupazione del

A sinistra, sopra: Ravenna Festival 2016, delegazione di Cellolandia in concerto all’Ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna, 14 giugno 2016, foto Fabrizio Zani /Daniele Casadio. A sinistra, sotto: Ravenna Festival 2016, il Concerto fiume, Cellolandia, Teatro Socjale, 16 giugno 2016, foto Fabrizio Zani /Daniele Casadio. Sotto: Ravenna Festival 2016, 100 cellos in Piazza Garibaldi, 18 giugno 2016, foto Fabrizio Zani /Daniele Casadio.

Teatro e inizia a raccontarmi delle insostenibili scelte culturali, sociali e politiche che ancora una volta mortificano spazi, menti e corpi del nostro paese. Le sue parole sono accese, arrabbiate, avvolte da furore; c’è finalmente vita in questo parlare e lo ascolto con interesse. Esprime senza remore i suoi pensieri. Ascoltarlo mi rasserena. Gli chiedo se è disposto a rilasciarmi un’intervista per raccontarmi un po’ della sua storia e per riflettere sullo stato della musica contemporanea. Enrico è uomo generoso, e accetta con slancio. «Come tutte le cose io la musica ce l’avevo dentro fin da piccolo, per me era un gioco da ragazzi, mi veniva naturale. Il problema è stato quando ho cominciato a studiare musica: all’interno del mondo accademico non mi sono mai trovato bene. La musica è un linguaggio che si scrive, mentre il novantanove per cento dei musicisti sono pappagalli, imparano a leggere ma non a scrivere. Capisci che è difficile avere uno sbocco, vieni subito castrato: se suoni non devi imparare a scrivere. Il sistema premia spesso l’impegno, non il talento. Ma quando si fa musica non è sufficiente aver imparato bene a suonare. L’autodidatta della musica, quando entra in queste “scuole”, deve mettere il freno a mano perché si accede a un meccanismo stretto e incasellato dove sei costretto a rimanere per almeno dieci anni. Sono diventate aziende in cui la ricerca del guadagno prevarica l’esigenza di fare arte; servono per creare posti di lavoro, non professionisti della musica. Spesso si esce senza aver imparato nulla, si ha in mano un pezzo di carta ma non sì è imparata l’arte di fare musica. Sono sicuro che se il sistema fosse stato diverso io a vent’anni avrei potuto avere già la mia orchestra. Tutti questi discorsi che si fanno sui giovani sono dei tappi sociali

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SPAZI DELLA CULTURA


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e frenano una parte della popolazione che potrebbe sostenere il mondo del lavoro. All’interno dei Conservatori adesso hanno inventato anche il triennio; per insegnare ci vuole il corso abilitante… Capisci che è una macchina assurda, una presa in giro, una trappola. Poi c’è anche il problema di dover stare attento alle persone con cui hai a che fare. Credimi, è un viaggio all’inferno. Pensa quanto sarebbe bello trascorrere la vita a vedere cose belle e non a dover essere costretti a stare attenti alle persone che incontri. Per quanto mi riguarda, finito il liceo, invece di andare all’università, mi sono iscritto a composizione ed è iniziata la mia collaborazione con Riessler, che mi ha preso come scagnozzo, ma mi ha insegnato anche molta pratica. Dopo il diploma ho iniziato la mia gavetta nel sottobosco romano, ho diretto orchestre e ora sto iniziando un percorso diverso e spero finalmente di entrare nella fase di gerontocrazia per non essere più etichettato come “il giovane”. Sono felice delle opportunità che mi si presentano: quando si collabora con tante persone, è importante sentirsi liberi. Mi meraviglio spesso dei pezzi che riesco a scrivere, e ogni volta mi stupisco delle soddisfazioni che la musica riesce a darmi. È indispensabile immedesimarsi con il pubblico, ascoltarne il linguaggio, coinvolgerlo. Io utilizzo gli stilemi della musica classica, che è comprensibile ma non banale; paradossalmente la mia forma d’avanguardia è fare musica neoclassica, e la mia radicalità, duecento anni fa, sarebbe stata normale. Il recupero delle forme classiche mi ha indirizzato verso la creazione di mie regole interne, costrizioni e schemi sempre più difficili. Le opere devono funzionare nello spazio in cui sono state concepite, con la musica bisogna infondere fiducia. È per questo che l’epoca di un certo tipo di avanguardie è un esperimento fallito. L’impatto sull’ambiente delle sperimentazioni, se queste non sono fatte con criterio, può essere pericoloso perché diventa inquinamento dell’ambito musicale e i risultati sono disastrosi. Resta il fatto che in Italia il percorso di un musicista è come farsi la Salerno-Reggio Calabria e non c’è un direttore d’orchestra che cerchi di cambiare questo stato di cose. Non si può essere complici di un sistema e di una politica che dagli anni Settanta ha distrutto la musica, perché la musica è veramente una gran bella cosa. Quando osservo il pubblico seduto, io sto bene, sono felice. La vera sfida è come fare arrivare il pubblico in sala, come convincerlo a uscire di casa e percorrere quel tragitto che lo conduce nel luogo dell’evento culturale. L’implementazione dell’uso delle tecnologie multimediali, che permette di comunicare con dei semplici click, rischia di trasformare le abitazioni in gabbie. Le persone, tornate a casa, dopo una giornata di lavoro, sono sempre più invogliate a rimanerci. L’arte rimane un’ottima forma di resistenza alla solitudine, un progetto collettivo di liberazione perché fa appello alle persone. Resta da capire come ricomporre le relazioni».

Ravenna Festival 2016, 100 cellos in Piazza del Popolo. 18 giugno 2016, foto Fabrizio Zani /Daniele Casadio.

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ABITARE L’HABITAT

Il giuramento di Vitruvio È giunto il momento di intraprendere una lucida e stimolante equazione culturale fra l’etica del medico e quella dell’architetto di Marco Turchetti * Un aforisma attribuito a Frank Lloyd Wright recita: «i medici possono seppellire i loro errori, gli architetti possono solo coprirli con piante rampicanti». La verità è che fra “gli errori dei medici” che danneggiano e qualche volta uccidono i pazienti, e gli errori degli architetti, che devastano il corpo sociale riempiendo di orrori città e campagne, c’è davvero una forte analogia. Lo spazio in cui viviamo è un formidabile capitale cognitivo che costruisce l’identità collettiva delle comunità. La frammentazione territoriale, la violenta e veloce modificazione dei paesaggi, il dilagare di periferie - sprawl, il moltiplicarsi di rovine, discariche, non-luoghi residuali che crescono con una malata obesità, innesca patologie individuali e sociali, sradica le identità acquisite e modifica i comportamenti, segna di piaghe indelebili il corpo della società. Salvatore Settis ha rilanciato, dalle colonne de “Il Sole 24 Ore” in un recente articolo, una sua proposta del 2014 che ritengo non debba passare inosservata e che riguarda un necessario codice etico di cui anche i professionisti del mondo dell’architettura dovrebbero dotarsi con urgenza. Tre anni fa propose di introdurre, per analogia al giuramento di Ippocrate, con cui il medico s’impegna a operare solo per il bene del

paziente, un “giuramento di Vitruvio”, secondo il quale gli architetti promettano di «legare etica e conoscenza impegnandosi a realizzare sempre edifici di qualità evitando scempi ambientali». L’architetto opera in un empireo dominato dalla sola ragione estetica e senza alcun rapporto con la società, la cittadinanza, la memoria culturale? È vero il contrario: il suo mestiere ha un forte e capillare impatto sulla vita di tutti attraverso le modificazioni dell’ambiente urbano e del paesaggio, cioè delle dinamiche della società civile. Ma nel mestiere dell’architetto esiste un’etica professionale? Un architetto deve solo obbedire alle richieste del committente, oppure, quando progetta e costruisce un edificio o trasforma un paesaggio o una città, deve tener conto del contesto storico, naturale, ambientale in cui opera? Certo è che l’economia di mercato ha corroso la dimensione morale dell’architettura, costretta a muoversi entro il sistema neoliberista di cui Ronald Reagan è stato il protoarchitetto. Le devastazioni del nostro paesaggio non possano essere esclusivamente addebitate alla perversa alleanza tra forze diverse dell’imprenditoria, della finanza, della politica e delle mafie. Ma ne sono responsabili anche architetti, ingegneri, urbanisti e anche i geometri. Se accettiamo questa corresponsione di responsabilità, allora è nel campo etico che dobbiamo agire, prendendo ad esempio ciò che per


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la professione medica rappresenta il “giuramento di Ippocrate”. La proposta di un “giuramento di Vitruvio”, è fondata sulla celebre pagina del De architectura di Vitruvio in cui l’architetto romano (tardo I secolo a.C.) delinea la figura dell’architetto ideale, elencando fra le sue virtù necessarie: la cultura che noi chiameremmo umanistica, la conoscenza storica, il rispetto della salubrità dell’ambiente. A proposito di questioni etiche mi sovviene quanto su temi simili scrivevano Michelucci, Quaroni e Savioli, elogiando la «lucida stimolante equazione culturale» fra l’etica del medico e quella dell’architetto. Dobbiamo però prendere atto che di fronte agli scempi e alle brutture del territorio gli Ordini spesso tacciono, le Facoltà di Architettura tacciono, salvo rare, fioche voci; e affermare che non dovremmo neppure chiamare architetti coloro che progettano senza considerare le relazioni profonde fra uomo, ambiente e paesaggio; e deplorare che sia praticamente inesistente l’educazione al paesaggio e all’architettura, perché «Le Corbusier diceva che l’architettura ha torto, la vita ha ragione». Sappiamo ovviamente che mentre il rapporto medico-paziente si svolge tra individui, l’architetto è un elemento, primario finché si vuole, ma non autonomo, di una catena decisionale e produttiva, anzi ha ormai spazi quasi inesistenti per esercitare il suo giudizio, e deve pertanto accordare investitori con burocrati, accontentare gli esteti, prendere decisioni dolorosamente inevitabili per trovare il minimo dei compromessi. Sappiamo anche che le principali responsabilità ricadono sui decisori (i committenti pubblici in particolare), e forse sarebbe il caso di imporre un giuramento a quanti gestiscono la res-publica, anche se in realtà sulla nostra Costituzione i nostri politici già giurano, ma delegare solo a loro ogni principio di etica pubblica significa abdicare non solo alla dignità di architetto, ma anche a quella di cittadino. Dignità dell’architetto che non può prescindere dai precetti di Vitruvio accolti e ampliati da Serlio, Cataneo, Rusconi, e più efficacemente da Palladio o dal suo commentatore Daniele Barbaro, secondo cui «la dignità dell’Architettura è alla Sapienza vicina e come Virtù Heroica

nel mezzo di tutte l’Arti dimora». È in questo contesto che il vero e proprio testo di un “giuramento di Vitruvio” è stato scritto, da professionisti del Centro Studi Vitruviani di Fano e del Dipartimento di Architettura di Ferrara, e adottato dall’Ordine degli architetti di Reggio Emilia, presieduto da Andrea Rinaldi, lanciando la proposta che esso venga accolto e adottato da altri Ordini in tutta Italia. Qualche volta una modesta proposta, anche se fatta sottovoce, trova forti echi nella società, specialmente quando un duro trauma l’abbia colpita. È il caso della Siria, dove l’architetto Marwa al-Sabouni, in un libro commovente (The Battle for Home, 2016), denuncia il «vandalismo di Stato» che semina casermoni di cemento, «serbatoi di alienazione sociale»; e lo fa distruggendo i centri storici, in cui «le antiche città si mostravano generose coi loro residenti, perpetuando armonia fra le culture, e trasmettendo questo modello ai cittadini: quasi fossero, le città storiche, un grembo entro cui prendeva forma una moralità condivisa». La moralità dell’architettura, appunto. La scienza dell’architetto richiede l’apporto di molte discipline e di conoscenze relative a svariati campi. Egli dev’essere in grado di giudicare i prodotti di ogni altra arte. La sua competenza nasce da due componenti: quella pratica, che è la costruzione e quella teorica.

Da sinistra: Un aforisma attribuito a Frank Lloyd Wright «i medici possono seppellire i loro errori, gli architetti possono solo coprirli con piante rampicanti». Si comincia ad avvertire la necessità di un codice etico di cui anche i professionisti del mondo dell’architettura dovrebbero dotarsi con urgenza. La proposta di un “giuramento di Vitruvio” è fondata sulla celebre pagina del De architectura di Vitruvio in cui l’architetto romano (tardo I secolo a.C.) delinea la figura dell’architetto ideale. Virtù necessarie: la cultura che noi chiameremmo umanistica, la conoscenza storica, il rispetto della salubrità dell’ambiente.

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ABITARE L’HABITAT

Dall’alto: Le Corbusier diceva che l’architettura ha torto, la vita ha ragione. Marwa al-Sabouni, denuncia il «vandalismo di Stato» che semina casermoni di cemento; e lo fa distruggendo i centri storici, in cui «le antiche città si mostravano generose coi loro residenti, perpetuando armonia fra le culture, e trasmettendo questo modello ai cittadini: quasi fossero, le città storiche, un grembo entro cui prendeva forma una moralità condivisa». La moralità dell’architettura, appunto. Sperare e puntare tutto su quel gruppo di giovani architetti “obiettori dal consumo di nuovo suolo”, che ormai da alcuni anni sta ricercando una strada collettiva per dirottare le richieste orientandole in direzione di una diversa soluzione di recupero dell’esistente.

La “fabrica” consiste nell’esercizio continuato e ripetuto dell’esperienza costruttiva, che si concreta quando l’architetto di sua propria mano, sulla base di un disegno progettuale, realizza l’edificio desiderato. La ratiocinatio consiste nella capacità di esporre e spiegare gli edifici, una volta costruiti con debita diligenza, secondo computi matematici e proporzionali. Solo chi padroneggia sia la pratica che la teoria è dotato di tutte le armi necessarie e può conseguire pieno successo. L’architetto deve dunque avere ingegno naturale ma anche sapersi sottoporre alle regole dell’arte. Deve avere cultura letteraria, essere esperto nel disegno, preparato in geometria e ricco di cognizioni storiche; deve avere nozioni di filosofia e di musica, saper qualcosa di medicina e di diritto, ma anche di astronomia e astrologia. È infatti dovere, anzi mestiere, di chi “fa storia” coltivare uno sguardo lungo, una visione delle cose e degli uomini che riguarda tanto il passato quanto il futuro, necessariamente imperniandosi sul presente ma non come spettatori passivi, bensì interpretandone le contraddizioni alla luce della storia, premessa necessaria per provare a costruire un futuro diverso e migliore. Allora non ci resta che sperare e puntare tutto su quel gruppo di giovani (e non solo giovani) architetti “obiettori dal consumo di nuovo suolo”, che ormai da alcuni anni sta ricercando una strada collettiva per dirottare le richieste di chi spasima (per fortuna sempre meno) per una nuova villetta orientandolo, all’opposto, in direzione dell’individuazione di una diversa soluzione di recupero dell’esistente, mi pare già una pietra miliare. Che tutti ci auguriamo – Vitruvio in primis – e speriamo proprio diventi prassi.

* Marco Turchetti [Progettare Sostenibile - Ravenna] info@progettaresostenibile.com


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MERCATO IMMOBILIARE

54,7 56,6

49,2 38,0

44,2 33,9

42,8 35,6

48,5 39,4

71,2

74,5

40

55,2

60

60,0

76,6

80

55,9

66,4

83,8

103,9

112,2 101,8

83,6

Valori percentuali

100

112,3 102,6

120

100,0 100,0

140

Indice del numero di scambi di abitazioni in provincia di Ravenna (base 2004= 100; *stima sulla base dei dati primo trimestre 2016).

20 0

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016* Anni Comuni minori della Provincia

Comune Capoluogo

120

Valori percentuali

115 100 Tipologia di appartamenti scambiati in provincia di Ravenna (dati %).

100 105 100 95

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016* Anni CittĂ

100% 90%

12,8

Comuni minori

19,1

80%

Valori percentuali

60

70%

27,8 33,2

60% 50% 40% 30% 20%

Indice delle quotazioni degli immobili (dati %, base 2004= 100, *stima sulla base dei dati del primo trimestre 2016).

18,3 20,6 34,8 22

10% 0%

6,2

6,1

CittĂ

Comuni minori della Provincia

Monolocali

Piccola

Medio-piccola

Media

Grande


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Rapporto Fimaa 2016 sul trend delle compravendite in provincia di Ravenna Scambi in crescita di quasi il 30% rispetto al 2015. Prezzi stabili, preferite le abitazioni di piccole dimensioni di Roberta Bezzi

Il sole torna a far capolino sul mercato immobiliare ravennate dove si acquista di più, con una preferenza verso le case di piccole dimensioni. Il numero di scambi di abitazioni è cresciuto, infatti, del 29,5 per cento nel capoluogo rispetto all’anno precedente e del 28 per cento nei comuni della provincia. Quasi stabili i prezzi. Questi in sintesi, le principali novità messe in evidenza dal “Rapporto 2016 del mercato immobiliare a Ravenna e provincia”, presentato come di consueto a fine anno da Fimaa. Entrando nei dettagli, è bene precisare che i dati rilevati riguardano il primo semestre del 2016 e che – se per il secondo semestre dell’anno dovesse venire rispettato tale ritmo di crescita – le transazioni residenziali si attesterebbero, per tutto il 2016, sulle 2.040 nel capoluogo e 2.350 nel resto della provincia: ciò, alla luce di un’offerta di nuove abitazioni non particolarmente eclatante, potrebbe portare l’indicatore di mobilità immobiliare, calcolato come numero di compravendite sullo stock abitativo esistente, rispettivamente per la città e i comuni minori, da 1,55 e 1,41 del 2015 a 1,90 e 1,80 per cento. «La ripresa dell’attività transattiva – afferma Stefano Stanzani, docente dell’Università di Bologna che ha collaborato al Rapporto –, trova la sua principale determinante, in un incremento del numero di erogazioni, incrementate, tanto nel capoluogo che nei comuni esterni di circa il 30 per cento nel 2016 rispetto all’anno precedente, dopo già una crescita del 25 per cento tra gli anni 2014 e 2015, secondo l’Agenzia delle Entrate. Il capitale medio erogato per compravendita si aggira sui 120 mila euro, un tasso medio di poco superiore ai 2 punti percentuali, una durata

superiore ai 20 anni con una rata mensile intorno ai 550 euro, che corrisponde alla misura di convenienza a investire nell’acquisto di una abitazione o restare sul mercato dell’affitto». Le ultime statistiche del 2015, elaborate sempre dall’Agenzia delle Entrate, individuano come tipologia prevalentemente compravenduta le abitazioni di piccola dimensione, seguite da quelle di media superficie per la città di Ravenna (dove il numero di metri quadrati mediamente acquistati risultava pari a 98,1 mq, in rialzo dell’11,8 per cento rispetto al corrispondente dato del 2014); mentre per i comuni della provincia la gerarchia risulta ribaltata (al primo posto quelle di media dimensione seguite, per l’appunto, da quelle di piccola dimensione), con una dimensione media dell’appartamento scambiato pari a 116,7 metri quadrati (+8,7 per cento sul dato 2014). Molto scarsi gli acquisti di monolocali: la quota risulta il 6,2 per cento a Ravenna ed il 5,1 per cento nel resto della provincia. Riguardo ai prezzi nominali di vendita, in base alla rilevazione, si registra un decremento dell’1,4 per cento nel capoluogo e dell’1,7 per cento nei comuni della provincia rispetto al 2015: in tal modo, il prezzo del 2016 risulta inferiore al dato registrato nel 2004, testimoniando, a maggior ragione, una grande convenienza ad acquistare in questo momento sul mercato. «Questo è davvero un buon momento per investire nell’immobiliare – afferma il presidente nazionale Fimaa, Santino Taverna –. Grazie ai tassi di interesse sui mutui ai minimi e ai prezzi delle case mai cosi bassi, si è risvegliato soprattutto l’interesse di chi è alla ricerca della prima abitazione. Una rata di locazione equivale oramai a una rata di mutuo permettendo la capitalizzazione dell’esborso. Va ricordato che dietro l’investimento sulla casa, considerata cassaforte dei propri risparmi, ci sono spesso i genitori che vedono i propri figli in dif-

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MERCATO IMMOBILIARE Nelle foto del servizio alcuni scorci delle principali città della provincia di Ravenna. A pagina 71, in basso da sinistra la piazza del Popolo del capoluogo Ravenna e una veduta aerea di Cervia-Milano Marittima. Qui a fianco, una veduta di Piazza Baracca a Lugo. Sotto, veduta aerea del centro storico di Faenza.

ficoltà per accedere al credito per carenza di posti di lavoro o di reddito inadeguato. Risulta pertanto evidente quanto l’ascesa del comparto possa venire rallentato in assenza della vera ripresa dell’economia, che condiziona il problema occupazionale. Anche se il peggio è alle spalle, non sarà facile ritornare ai fasti di un tempo». Secondo Fimaa, i segnali positivi dovranno essere accompagnati dalla riduzione dell’imposizione fiscale, triplicata per gli immobili negli ultimi cinque anni, e dalla maggiore attenzione verso imprese e famiglie che ancora faticano nel proprio diritto al lavoro e di conseguenza hanno difficoltà per l’accesso al credito. A cambiare, in questi anni, non è stato solo il mercato immobiliare ma anche la figura dell’agente immobiliare a cui oggi è richiesta una professionalità sempre più elevata. «Si è passati – afferma il presidente Fimaa Ravenna, Pierluigi Fabbri – dalla figura del mediatore che, in un ristretto territorio e attraverso i suoi personali rapporti, si limitava a mettere in contatto le parti, con una funzione “accessoria“, alla figura dell’agente immobiliare che

vediamo oggi, in grado di offrire una pluralità di servizi legati alla filiera immobiliare, di natura tecnico-urbanistica, fiscale, legale, condominio, conformità, mutui, il tutto ai massimi livelli per dare piena consapevolezza al cliente che ciò che ha intenzione di fare, sia essa una vendita, un acquisto o un affitto, sia fatta bene. Alla base di questa nuova dimensione consulenziale, ci sono due fattori: da una parte l’estensione dell’ambito territoriale in cui si opera per effetto delle nuove tecnologie, che comporta una efficiente organizzazione con investimento di mezzi e persone, dall’altra l’accresciuta complessità delle normative che hanno implicato una precisa identità professionale, capace di far fronte alle varie problematiche che si presentano con una forte capacità organizzativa». In ultimo, non è mancato da parte di Fabbri un appello alle istituzioni locali, affinché «nell’interesse comune del nostro territorio, così ricco di storia, porto, mare e tanto altro, ci renda partecipi nelle scelte che si susseguiranno per mettere a frutto anche in questi ambiti le nostre importanti conoscenze».

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SAN BIAGIO A pochi passi dal centro storico disponiamo di bellissimo appartamento bilocale con arredamento nuovo al 2° piano di silenziosa palazzina. L'immobile è così composto: Ingresso su ampia e luminosa zona giorno con cucina a vista, camera matrimoniale con balcone, bagno con box doccia, antibagno con lavatrice. L'appartamento dispone di aria condizionata, tende para sole automatizzate, zanzariere, ampia cantina in sottotetto e posto auto privato. Classe E. € 120.000,00 spese condominiali minime. CENTRO STORICO Locale commerciale, ottima soluzione in strada pedonale di grande visibilità. Possibilità di inserire canna fumaria. APE in fase di rilascio. Per maggiori informazioni contattare l'ufficio.

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SAN BIAGIO Disponibile villa abbinata ai lati su 3 livelli più mansarda così composta: PT garage con accesso su giardino privato, taverna/cantina, bagno di servizio con locale caldaia (a condensazione) e lavanderia, 1P ingresso, soggiorno, cucina abitabile con balcone, bagno, 2P 3 camere da letto, 2 balconi, bagno 2P Mansarda abitabile. APE in rilascio. € 250.000,00 spese condominiali minime.

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CLASSE

Appartamento in ottimo stato, piano ultimo, composto da: ingresso in soggiorno con parete attrezzata a cucina, ampio balcone, camera matrimoniale, camera doppia, grande bagno, cantina, grande garage. Ape in fase di attuazione. Rif. MHH39 € 163.000,00

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Villetta singola composta da due appartamenti indipendenti: pt. Ingresso in soggiorno con angolo cottura a vista, 1 matrimoniale, 1 doppia, bagno, garage e zona servizi,taverna con camino esterna. P1° ingresso ampio in soggiorno con parete attrezzata a cucina, 1 matrimoniale, 2 doppie, bagno, balcone, taverna con bagno, garage, mq 450 c/a di giardino esterno su quattro lati, rimodernata e in buone condizioni. Riscaldamenti autonomi. Ape “F” 171,52 e g 262,25. Rif. MHH14 € 295.000,00

Porzione di quadrifamiliare di recente costruzione composta da: P.T. ampia corte d'angolo con posto auto coperto, ingresso su soggiorno, cucina abitabile con ripost./lavanderia; 1°P. 1 letto matrimoniale, 1 letto singola, bagno, balcone; ampia mansarda abit. con servizio. Ottime rifiniture. Cl. En. “D” 144,20. Rif. HH141 € 220.000,00 tratt.

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Ravenna . Via Garatoni 12 tel. 0544.35411 . cell. 338.5001382 . www.grupposavorani.it MARINA ROMEA (RA) Appartamento con ampio terrazzo ubicato al secondo piano con ascensore. È composto da ingresso ampio soggiorno pranzo con vetrata sul terrazzo, disimpegno notte, 2 camere da letto, 2 bagni e balconcino. Ideale per abitazione abituale e per casa vacanze. Area parco condominiale con strutture giochi per i bimbi. Classe energetica F, kWh/m2/anno 144,18. Rif. UNI20 € 150.000,00 MARINA DI RAVENNA, MARINARA PORTO TURISTICO Bellissimo appartamento sul porto turistico, vista panoramica mare, ubicato al secondo e ultimo piano con ascensore, ben arredato, molto luminoso e composto da ingresso, soggiorno-pranzo con loggia, cucina, due camere di cui una con loggia, bagno e cantina al piano terra. Usufruisce di ingresso nella piscina riservata del complesso MARINARA. Classe energetica D, kWh/m2/anno 221,78. Rif. N42 € 260.000,00 (comprende il posto barca 10 x 3,70) SAN BARTOLO, ZONA RESIDENZIALE Villa indipendente con giardino piantumato e recintato, composta da ampio portico con ingresso principale, atrio, sala da pranzo, cucina abitabile, salone con camino, guardaroba, bagno, lavanderia/ vano caldaia, garage doppio e ingresso secondario; nel piano seminterrato da ampi servizi riscaldati e finestrati; nel primo piano rialzato da due ampie camere matrimoniali di cui una con balcone e bagno; nel piano mansarda da studio, camera matrimoniale, bagno e ripostiglio. Classe energetica D, kWh/m2/anno 201,87. Rif. N30 € 490.000,00 RAVENNA, BORGO SAN BIAGIO Vendesi appartamento al Piano Primo composto da: ingresso soggiorno, cucina, 2 camere da letto matrimoniali, bagno, balcone, cantina, garage; al Piano Ammezzato: pertinenza composta da cucina, letto, bagno. Risc. autonomo. Classe energetica G, kWh/m2/anno 155,16. Rif. L866 Prezzo globale € 135.000,00

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RAVENNA CENTRO Casa abbinata composta da due unità immobiliari, da ristrutturare, possibilità di unire i due piani. Sono di pertinenza una bellissima corte interna con giardino e servizi costituiti da lavanderia e due cantine. L'appartamento al piano terra è composto da ingresso, cucina, pranzo, camera, bagno, vano caldaia e ripostiglio; l'appartamento al primo piano è composto da ingresso indipendente, balcone, cucina, pranzo, 2 camere e bagno. Classe energetica G, kWh/m2/anno 246,25. Rif. GSC100 € 240.000,00

RAVENNA, VICINANZE CENTRO Appartamento al IV ed ultimo piano, con ascensore ubicato in zona tranquilla e ben abitata, composto da: ingresso, cucina, ampio soggiorno con vetrata, bagno, zona notte separata da disimpegno con porta scorrevole, tre camere da letto di cui una con loggia vivibile e bagno. Ottime rifiniture e accessori scelti con particolare cura. Riscaldamento

RAVENNA, QUARTIERE SAN GIUSEPPE Vendesi villa bifamiliare così composta: Piano terra: giardino su 3 lati, portico, sala, cucina, bagno e lavanderia. Primo Piano: 3 camere da letto, bagno. Piano sottostrada, ampia taverna con camino, vano servizio, bagno. Classe energetica B, kWh/m2/anno 58,11. Rif. L851 € 430.000,00


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RAVENNA S. ROCCO Vendesi villa anni ’60, struttura solida in cemento armato, completamente indipendente, ampia metratura, disposta su 2 piani, con giardino sui quattro lati. PT. ampi e luminosi servizi (doppio ingresso e possibilità di ricavare appartamento indipendente). 1°P. ampio appartamento con grande sala, cucina abitabile, 3 letto, bagno e balconi. Classe en. in lavorazione. € 290.000,00

RAVENNA, VIA CANALAZZO Appartamento in piccolo contesto di recente costruzione, con ingresso indip., al 1° ed ultimo piano: ampio terrazzo, ingresso con cucina e salotto in open space, ampio bagno, camera con cabina armadio (possibilità di seconda letto), ripostiglio (possibilità di secondo bagno), balconi di cui uno di ampia metratura vivibile. Garage posto auto e giardino privato. Classe en. in lavorazione. € 230.000,00.

RAVENNA, ZONA VIA DE GASPERI Appartamento signorile al posto al secondo e ultimo piano in piccolo contesto condominiale. Ampio salone con sala da pranzo, cucina abitabile servita da terrazzo vivibile, dispensa, studio, disimpegno notte, 3 camere da letto e 2 bagni oltre a mansarda. Cantina di 50 mq circa oltre a posti auto. Classe en. in lavorazione. € 420.000,00

RAVENNA ZONA COMET In palazzina di recente costruzione si vende luminoso appartamento al secondo piano con ascensore, composto da ampia zona giorno con terrazzino abitabile, camera matrimoniale e bagno. Garage e cantina. Classe en. in lavorazione. € 123.000,00

SANTERNO Si vende casa abbinata ad un lato, grande qualità, ampio e luminoso appartamento composto da salone, cucina, 3 camere da letto e 2 bagni oltre a sottotetto abitabile, taverna, garage e servizi. Corte esclusiva di circa 200 mq. Ottime condizioni. Classe E. € 258.000,00

RAVENNA ZONA VICOLI VERSO CENTRO Si vende appartamento in complesso residenziale di recente costruzione, al primo ed ultimo piano, luminosa zona giorno, bagno, camera matrimoniale, balcone e al piano superiore sottotetto sfruttabile con balconcino. Garage. Classe energetica in lavorazione. € 165.000,00

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ZONA SAN MAMA/MONTANARI In posizione centrale, tranquilla e ben servita, si vende casa abbinata ad un lato con ampio giardino indipendente; al P.T. ampi servizi e bagno; al P. rialzato ampia sala, cucina abit.; al piano superiore 3 letto, bagno e balconi. Grage. Grande qualità, ottime finiture. Classe en. G. € 340.000,00

CAMERLONA In zona residenziale molto tranquilla si vende villa indipendente di recente costruzione, ampia metratura, composta da piano terra ampia zona giorno, salone con camino, cucina abitabile, bagno e studio e al piano superiore tre grandi camere da letto, due bagni ripostiglio. Giardino sui quattro lati. Ottima costruzione. Classe energetica in lav. € 360.000,00

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Ravenna . via della Lirica 49 cell. 327 1248718 . francesca.leonzi@libero.it

ALFONSINE Deliziosa casa abbinata ai lati, in zona tranquilla e ben servita. P.T.: ingresso su soggiorno, cucina con affaccio su piccola corte interna con camino, bagno, garage; 1°P.: ampia letto matrim., letto singola con balcone, studio con loggia, bagno. Ampio ripost. nel sottotetto. Ottimamente tenuta. Libera velocemente. Cl. Energ. "E" EP gl,nren 186,65 € 135.000,00

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MEZZANO In zona tranquilla all’interno del paese, casa singola da ristrutturare, sviluppata su un unico piano, su di un lotto di mq. 330. La casa è attualmente composta da 3 vani e 2 ampi proservizi (per una superficie coperta di mq. 86), oltre a garage in corpo staccato e giardino di 200 mq. Cl. Energ. “G” EP gl,nren 581,73 € 75.000,00

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TRA BORGO SAN ROCCO E ZONA STADIO Porzione di fabbricato da ristrutturare, costituita da 2 appartamenti aventi ingressi indipendenti, facenti parte di una casa anni '40 composta da totali 3 unità immobiliari: UNITÀ 1 P. TERRA: bilocale con ingresso e giardinetto indip., composto da sala, cucinotto semi abit., 1 letto matrim. ampia, bagno finestrato, ampia cantina in corpo staccato, utilizzabile anche come rimessa bici/motocicli; UNITÀ 2 P. PRIMO ED ULTIMO: appartamento composto da ingresso, salone di 36 mq, cucina abit. con balcone, 1 letto matrim. ampia, 1 letto/studio, bagno finestrato, ripostiglio, ampio garage di 37 mq al p.terra (H. mt. 3,18). Zona tranquilla di esclusivo traffico locale, con tutti i servizi presenti nelle immediate vicinanze. Cert. Energ. “ G “ Ep. 333,26. Rif sito 71 BIS € 180.000,00 ZONA VIA GALILEI Villetta d'angolo, su piani sfalsati, composta da: ingresso, sala con ampio terrazzo con accesso diretto al giardino, cucina abitabile con balcone fruibile, 3 letto (matrimoniale con terrazzo, singola con balcone, studio/ letto), 2 bagni finestrati; ampia taverna e ripostiglio grande; sottotetto; garage a piano terra. Giardino di circa 100 mq. su 2 lati. Impianti a norma. Cert. Energ. in fase di realizzo. Rif sito 58 € 325.000,00 ATTIGUO CENTRO STORICO Immediatamente a ridosso delle mura storiche, appartamento al 2°P. senza ascensore, molto ben tenuto ed in parte recentemente rimodernato, composto da ingresso, soggiorno, 1 letto matrim. ampia, 2 balconi (uno accessibile dalla cucina, in parte verandato con alloggiamento lavatrice ed uno accessibile dal salotto con vista sul verde), ampia cantina finestrata a P.T., posto auto nella corte condominiale. Impianti a norma - risc. aut. - aria condiz. - infissi nuovi con vetro camera - bagno nuovo. Tutti i servizi presenti nelle immediate vicinanze. Cerif. Energ. “ F“ Ep. 291,01. Rif. Sito 3 € 118.000,00 RAVENNA VIA DX. CAN. MOLINETTO Ubicato all'interno di un contesto residenziale formato da piccole palazzine circondate dal verde del parco privato, bell'appartamento molto luminoso, con ingresso, salone e cucina abit., entrambi in affaccio sullo spazioso e riservato terrazzo attrezzabile per il periodo estivo, 2 letto confortevoli (matr. e doppia - possib. 3a letto), 2 bagni finestrati, garage e cantina al p. terra. Tutto parquet, infissi con vetro camera, aria condiz. - risc. centr. con conta calorie. Ottimo e il contesto condominiale, rinnovate tutte le parti comuni - no spese condominiali straordinarie. Pronta consegna. Cerif. Energ in fase di realizzo. Rif. Sito 48 € 215.000,00

gennaio-febbraio 2017


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RAVENNA - VIA MANGAGNINA Vendesi casa in stile liberty, completamente indipendente, con splendido giardino che gira sui 4 lati. Composizione: al piano rialzato ingresso con portico, studio, sala con camino, zona pranzo, cucina separata. Al piano superiore tre camere da letto, bagno con finestra e dal disimpegno accesso al terrazzino. Piano terra, garage, lavanderia, più servizi. Classe energetica in fase di predisposizione. € 450.000,00 RAVENNA - VIA S.ALBERTO

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In contesto condominiale, vendesi appartamento del 2007, posto al piano terra con ingresso indipendente, ampio giardino, soggiorno, cucina separata, disimpegno, 2 bagni, 2 camere di cui la matrimoniale con piccolo portico. Al piano interrato garage. Basse le spese condominiali. Possibilità di arredo. Ottime rifiniture. Classe energetica E; EP: 208,53 € 195.000,00

RAVENNA - BORGO S. ROCCO In piccolo contesto condominiale, vendesi appartamento di recente costruzione posto al primo ultimo piano e composto da ingresso, soggiorno con angolo cottura, disimpegno, camera da letto, bagno, scala in arredo che porta nella parte superiore con soppalco, ripostiglio, seconda camera da letto ed ulteriore bagno + terrazzo di mq 50 circa. Riscaldamento a pavimento. Posto auto scoperto. Classe energetica C; 118,60 € 250.000,00 tratt. PUNTA MARINA (RA) In zona centrale e tranquilla, vendesi 3 appartamenti, parzialmente ristrutturati nel 2000, posti in piccolo contesto condominiale e composti da soggiorno con angolo cottura, camera da letto, studio, bagno, balcone. Ciascun appartamento è dotato di garage al piano terra. Possibilità di parcheggio nella corte condominiale. Classe energetica G; EP: 268,49/242,07/265,25. € 135.000,00 tratt. (ciascun appartamento) GODO (RA) In bel contesto residenziale, vendesi deliziosa villetta abbinata ai lati, con corte esclusiva sul fronte. Composizione: soggiorno con angolo cottura, bagno e garage; P.P.: disimpegno, armadio a muro con ulteriore spazio utile come ripostiglio, camera matrimoniale con cabina armadio, camera singola,bagno, balcone. Ottime rifiniture. Classe energetica D; EP: 110,05. € 165.000,00 RAVENNA - CENTRO STORICO AFFITTO

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RAVENNA - BORGO S. ROCCO Nel cuore del Borgo S. Rocco, in contesto condominiale, vendesi immobile di totale mq 190, posto al primo piano, suddiviso al suo interno in 3 unità immobiliari (appartamento con due camere da letto, soggiorno, cucina, 2 bagni + bilocale + ufficio e relativi balconi). Cantina al piano terra. Ottimo come investimento per locazioni. Possibilità di creare una unica abitazione. Per maggiori informazioni rivolgersi in agenzia. Classe energetica F, G e D; EP: 194,34/EP: 364,05/EP:1231,48. € 260.000

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FAENZA, ZONA STAZIONE Appartamento posto al 3° piano, con ascensore, composto da ingresso, soggiorno, cucina, 3 camere da letto, 2 bagni finestrati e balcone, oltre a cantina, garage e posto auto scoperto. Cl. En. “G” EP tot 243,00 Kwh/m2/anno € 205.000,00

FAENZA, VIA PORTISANO Appartamento di recentissima costruzione, con ottime finiture, posto al 1° piano, con ascensore, composto da ampio soggiorno con angolo cottura e terrazzo di circa 15 mq, 2 camere da letto con balcone di circa 10 mq e bagno finestrato. Garage e posto auto coperto al piano interrato. Riscaldamento a pavimento. Impianto di aria condizionata. Cl. En. “B” EP tot 54,73 Kwh/m2/anno € 213.000,00 FAENZA, GRANAROLO FAENTINO Splendida casa abbinata su un lato con giardino curatissimo, di recente costruzione, con ottime finiture, composta da soggiorno, cucina con accesso a pergolato, bagno e garage al piano terra; 3 camere da letto, bagno con vasca, 2 balconi al primo piano; mansarda. Riscaldamento a pavimento, impianto di aria condizionata, pannelli solari, cappotto esterno. Predisposizione per aspirazione centralizzata. Cl. En. in fase di redazione. € 290.000,00 FAENZA, CAMPAGNA TRA FAENZA E RUSSI Casa completamente indipendente in ottimo stato, con circa 2.500 mq. di parco esclusivo, disposta ai piani terra e primo e composta da ampio soggiorno, sala da pranzo, cucina abitabile, studio/tavernetta, bagno e lavanderia al piano terra oltre a camera matrim. con cabina armadio e rip./bagno, 2 camere da letto e al 1° piano. Impianto aria condizionata. Impianto allarme. Ristrutturazione del 2004. Cl. En. “E” - EP tot 264,70 Kwh/m2/anno € 365.000,00 FAENZA, CAMPAGNA A VALLE VILLA di recentissima ristrutturazione dotata di materiali e finiture tecniche di pregio, su un lotto di circa 4.300 mq, completamente recintato, sviluppata ai piani terra e primo, predisposta per ottenere anche due unità immobiliari. Dotata di tutti i servizi (garage, ampia taverna, servizio esterno in sasso con forno e camino). Impianto fotovoltaico, riscaldam. a pavimento, induzione. Cl. En. “A+” - EP tot 25,67 Kwh/m2/anno € 690.000,00


ROMAGNA CP 2015.qxp:Layout 1 27/02/17 17.34 Pagina 71

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Ravenna, via degli Spreti, 71 . tel. 0544 501515 info@agenziaimmobiliareromagna.it . www.agenziaimmobiliareromagna.it SAN BIAGIO/FAENTINA

GODO Recente appartamento autonomo, in bifamiliare senza spese condominiali, tutto al p. terra. Giardino e cortile su 3 lati, ingresso con accesso a bel soggiorno, cucina ampia ed abit. con uscita sul cortile, disimp., 3 camere ( matr.le e 2 singole), bagno con doccia e secondo bagno uso lavand. Pergolato per posto auto coperto e casetta in legno come ripostiglio. Imp. a norma. Risc. a pavimento. “D”. € 149.000,00 RAVENNA, ZONA FORNACE ZARATTINI

SAN BIAGIO

Appartamento ben tenuto, in piccola palazzina, al p. rialzato, senza spese condominiali. L’appartamento si affaccia su di un bel parco in zona tranquilla e senza traffico. Ingresso, soggiorno con terrazzo godibile, cucina abit., 2 camere da letto e bagno. Al p. terra garage abbondante e cantina di ampia metratura. Tutto parquet, imp. a norma, risc. aut. “G” € 188.000,00 tratt.

Appartamento degli anni ’70, al 2° piano senza ascensore in piccola palazzina, ampio e luminoso, composto da ingresso, soggiorno con terrazzo godibile a loggia, cucina abitabile, disimpegno, 3 camere letto e 2 bagni finestrati. P.T. garage e posto auto. Riscaldamento con conta calorie. Ideale per famiglie sia per zona che per contesto.“F”. € 160.000,00 tratt.

SAN BIAGIO

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Abitazione su 2 livelli con buone rifiniture in palazzina moderna di recente costruzione. Soluzione particolare (paragonabile a villetta abbinata) con ingresso, soggiorno, cucina a vista ampia con zona pranzo, accesso al terrazzo vivibile, 2 bagni e 3 letto. Tutto parquet (listone rovere). Elevata efficienza energetica, risc. a pavimento, climatizzato e deumidificato. Garage e cantina. “B”. € 230.000,00 tratt.

FOSSO GHIAIA:

Casa singola degli anni ’60 con ampia area a giardino sui 4 lati. Al p. terra locali di servizio riadattati da taverna, cucina con camino, garage, bagno e cantina. Al p. superiore, raggiungibile sia con scala esterna che con quella interna, ingr., sogg., cucina abit., 2 letto matrim. e bagno. Zona tranquilla e silenziosa. Necessita di interventi di ristrutturazione. “G”. € 162.000,00

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SAN BIAGIO

Soluzione semindipendente, in bifamiliare, composta da appartamento con negozio. L’appartamento si trova al 1° piano ed è composto da ingresso, soggiorno con balcone, cucina abit. con terrazzo, 2 letto, studio e bagno. Al p. terra si trova il negozio composto dal locale principale, il retro ed il bagno. Possibilità di adibirlo anche ad appartamento. Sempre al piano terra si trova Garage al P.T. “G” € 194.000,00 tratt.

Casa bifamiliare ad angolo, abbinata ad un lato con ampia area di giardino appartato. P.terra ingresso luminoso, salone, sala da pranzo, cucina con uscita sul giardino; 1° piano con disimpegno armadiabile, 2 grandissime camera da letto (possib.di realizzarne una terza), bagno e balcone. P. seminterrato: garage grande, 2 cantine e bagno. Da ammodernare. Classe energ. “E” € 220.000,00 tratt.

RAVENNA, CENTRO/STAZIONE Ampio appartamento con 3 letto, da ammodernare. In palazzina di sole 6 unità, posto al 1° piano composto da ingresso, salone con affaccio verso i campanili del centro, studio con balcone, cucina abitabile con balcone, disimpegno, 3 camere da letto (2 matrimoniali ed una singola), bagno con vasca (possibilità per secondo bagno). P.T. garage e posto auto. P. Seminterrato grande cantina. Risc. autonomo. Classe” G” € 178.000,00 tratt.

Appartamento completamente ristrutturato al 2° piano in piccola palazzina, bella esposizione su tre lati. Ingresso, salone con terrazzo godibile, cucina ampia ed abitabile, disimpegno, 2 letto matrimoniali, bagno con doccia. P.T. garage e posto auto. Risc. parcellizzato. “G“. € 172.000,00 tratt.

SANBIAGIO/CENTRO Villetta abbinata disposta su tre piani, in zona tranquilla e vicino a scuole ed ospedale. Piano terra con ingresso in soggiorno, cucina abitabile con accesso a giardino, bagno e garage. Primo piano composto da 2 camere da letto matrimoniali, studio, bagno e 4 balconi. Sottotetto mansardato ad uso studio, stanza giochi, o ripostiglio. Classe “F”. € 270.000,00 tratt.

Interessante soluzione abitativa autonoma in campagna, completamente ristrutturata, casa costituita da 3 appartamenti autonomi, di cui in vendita abbiamo un’abitazione con al piano terra ingresso attraverso il giardino di proprietà (900 mq) ed al primo piano la parte abitativa composta da soggiorno, cucina /pranzo grande, 2 letto matrimoniali, bagno e 2 ripostigli. Possibilità di secondo bagno. Garage. Abitazione di 150 mq, garage di circa 35 mq. “F”. € 175.000,00

CLASSE Bella villa singola con area a giardino godibile, su due livelli con sottotetto. La casa, costruita con criteri di ottima qualità, al piano terra si dispone con un ampio ingresso, un soggiorno luminoso con portico, cucina abitabile, bagno, taverna con camino e garage. Primo piano 4 camere da letto (di cui 3 matrimoniali e una doppia), 2 bagni (con doccia e vasca), balcone e accesso al sottotetto al grezzo con predisposizione per tutti gli impianti. Classe “E”. € 430.000,00 tratt.

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Bella villetta abbinata a due lati, disposta su 2 livelli; al p. terra ampio soggiorno, cucina ab., garage/lavand., ampia porzione di giardino privato. Al p. primo 2 letto matrim., ampio bagno, balcone. Sottotetto uso ripostiglio. Ottime finiture: aria condiz., stufa a pellet, allarme, imp. di aspirazione, serrature automatizzate. (F/359,74). Rif. RC 358/AM € 220.000,00

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