R&D Cult Marzo 2020

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MARZO 2020

FREEPRESS n. 59

MUSICA • TEATRO • LIBRI • ARTE • CINEMA • GUSTO • RUBRICHE

Prezzo €AGG 0,08IO PIA OM CO ISSN 2499-0205

I VOLTI DELL’EROE LA GRANDE MOSTRA DEDICATA A ULISSE A FORLÌ

Una delle opere in mostra ai Musei di San Domenico: Ulisse, I sec. d.C., marmo (Sperlonga, Museo Archeologico Nazionale)

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MUSICA AL VIA IL FESTIVAL ITINERANTE “CROSSROADS”

TEATRO INTERVISTA A POPOLIZIO, ATTESO A RIMINI E A CESENA

CINEMA TRE FILM DA NON PERDERE IN SALA

ARTE LA NOSTRA RECENSIONE DELLA GRANDE MOSTRA DI FORLÌ

MUSEI UN NUOVO SPAZIO PER L’ARTE CONTEMPORANEA

LIBRI IL RISORGIMENTO SECONDO GIANCARLO DE CATALDO

IL RACCONTO STORIA DI UN’EPIDEMIA: COME CI SI CONTAGIA

SAPORI PARLA LO CHEF STELLATO DEL RISTORANTE “GUIDO 1946”

IL SOCJALE DI PIANGIPANE FESTEGGIA I 100 ANNI ANCHE CON UN CONCERTO... DA DORMIRE Entra nel vivo la stagione che celebra i cent’anni del Teatro Socjale di Piangipane, nel Ravennate. Il concerto più atteso è forse quello – già sold out – del 27 marzo di Vinicio Capossela (nella foto di Nicola Dalmo un suo live al Vidia) , ma sono diversi gli eventi che meritano una segnalazione questo mese, a partire da quello del giorno dopo che celebra il centenario, un concerto di nove ore da... dormire. Gli spettatori verranno infatti avvolti nei mondi onirici musicali di diversi artisti (tra cui il direttore artistico Christian Ravaglioli) che moduleranno i paesaggi sonori e visivi per accompagnare ed esplorare un sonno condiviso tra note e immagini. Le porte del teatro verranno aperte alle 23 e verrà dato a ognuno un kit per mettersi comodo fino alle 8, quando si terrà la colazione con dj-set. A completare il programma di marzo il 6 il concerto chitarra e voce di Charlie Hunter & Lucy Woodward; il 13 il jazz di Paolo Fresu (vedi p. 8); il 20 la musica popolare del Canzoniere Grecanico Salentino. Infine, il 14 marzo il monologo su Shakespeare di Roberto Mercadini.

R&D Cult nr. 59 - marzo 2020

Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1427 del 9 febbraio 2016 Editore: Edizioni e Comunicazione srl Via della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Direttore Generale: Claudia Cuppi Pubblicità: direzione@reclam.ra.it tel. 0544 408312 Area clienti: Denise Cavina tel. 335 7259872

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Gardelli, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Filippo Papetti, Guido Sani, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA


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storie

“Gente di mare”, quando l’antica amicizia riprende fuoco Raf e Umberto Tozzi di nuovo insieme, senza Giancarlo Bigazzi

Siamo abituati a pensare alla Firenze musicale degli anni ottanta come a una sorta di faro della musica alternativa italiana, la casa di Litfiba, Moda e Diaframma, il punto da cui era partita la più convinta spallata al mainstream delle canzoni. Non è del tutto esatto. Certo la Firenze dark è stata un punto di riferimento, ma mentre un pugno di musicisti tentava di dare la scalata al sistema-musica italiano di alto profilo, nella città operava un manipolo di mestieranti che in quel sistema musica non solo sguazzava ma ha anche contribuito, in maniera piuttosto determinante, a far prosperare. L'inno di questa sottocultura? “Gente di mare”. Certo, direte voi, Firenze non è sul mare. OK. Lana caprina. La partecipazione all'Eurovision è garantita al vincitore del Sanremo di quell'anno, che in quel caso è un trio atipico composto da Gianni Morandi, Umberto Tozzi ed Enrico Ruggeri (“Si può dare di più”). L'indisponibilità di Morandi e Ruggeri costringe a una specie di accrocchio: Umberto Tozzi parteciperà, ma facedo team con qualcun altro. Nella fattispecie, uno dei due autori della canzone che ha vinto Sanremo, un ventottenne pugliese di nome Raffaele Riefoli che da anni si è stabilito a Firenze, ha iniziato a suonare in pubblico qualche anno prima con i Cafe Caracas (il cui chitarrista, Ghigo Renzulli, fonderà i Litfiba) e nel 1983 ha fatto uscire “Self Control”, un singolo in inglese di straordinario successo. Si fa chiamare Raf. Pur avendo già scritto le parole di “Si può dare di più”, e altre canzoni, in quel momento Raf non ha mai pubblicato una canzone in italiano a suo nome. L'altro autore del pezzo si chiama Giancarlo Bigazzi e lo potete tranquillamente mettere tra i più prolifici autori di successi italiani dagli anni settanta in poi. La sua carriera parte nel '68 con “Luglio”, inanellando da lì in poi una

IL 7 MARZO A CESENA Il tour di Raf e Umberto Tozzi fa tappa il 7 marzo al Carisport di Cesena, con i rispettivi repertori che saranno rivisitati a due voci.

POPPONI Il Decameron del pop, limitatamente a quel che succede il mese prossimo in un raggio di 30 km di Francesco Farabegoli

“Una sorta di Azealia Banks dei poveri senza un decimo del talento di cui già l’Azealia originale è priva”

sfilza infinita di successi epocali (“Montagne verdi”, “Rose rosse”, “Erba di casa mia”, “Non succederà più”, “Eternità” e decine di altre). È anche una delle teste pensanti degli Squallor, leggendario gruppo di rock demenziale con ambizioni da Monty Python de noantri. A metà degli anni settanta diventa il principale collaboratore di Umberto Tozzi, di cui scriverà praticamente tutti successi. La canzone che Tozzi e Raf portano all'Eurovision, finendo al terzo posto, si chiama appunto “Gente di mare”. Ha un successo straordinario e parrebbe suggerire la fioritura di un sodalizio artistico di lunga durata, ma non sarà così. Del resto la fine degli anni ottanta è il periodo dei team-up tra supereroi della canzone italiana – Dalla & Morandi, Bennato & Nannini, Leali & Oxa, eccetera. Si prendono e si lasciano dopo una canzone, sulla base di affinità elettive che fino a pochi giorni prima sembravano pressoché imperscrutabili. In realtà il non-proseguimento del team-up Raf/Umberto Tozzi è solo la parte visibile della fine di un sodalizio ben più profondo, quello che aveva reso la scena ultrapop fiorentina di quegli anni, costruitasi in toto attorno a Bigazzi. Il primo successo del Raf in italiano produce a stretto giro due singoli sanremesi di ottimo riscontro (“Inevitabile follia” e “Cosa resterà degli anni '80”), ma è lo stesso Raf – probabilmente in cerca di un compromesso artistico plausibile tra la sua incarnazione synthpop e quella dei lentoni romantici – a rompere il sodalizio col suo autore in favore di un teamup di lungo corso con Cheope, il figlio di Mogol, che negli anni novanta lo porterà ai vertici della musica leggera italiana. Più o meno in contemporanea, però, si sfalda anche il rapporto tra Bigazzi e Umberto Tozzi. Il casus belli è una querelle sul festival di Sanremo 1991. Umberto Tozzi e il suo pianista, un tale di nome Marco Masini che ha debuttato all'Ariston l'anno prima con “Disperato”, stanno lavorando a due canzoni che partono dallo stesso arrangiamento, che Bigazzi deciderà autoritariamente di affidare al secondo. La canzone diventerà “Perché lo fai”, che al festival del 1991 si qualifica terza e fa esplodere Marco Masini. Umberto Tozzi si piazza subito dietro con “Gli altri siamo noi”. Sarà il suo ultimo singolo con il nome di Bigazzi nei credits, in particolar modo il produttore cercherà di muovere causa al cantante per togliere la sua firma da alcuni successi alla cui stesura, a detta di Bigazzi, Tozzi non avrebbe partecipato. Il divorzio non porterà particolarmente bene ad entrambi: lungo gli anni novanta Tozzi avrà pochi singoli di successo, e il suo ex-collaboratore limiterà la sua influenza al notevole ma effimero successo di Marco Masini – oltre che a una galleria di mezzi miracolati che sembrano capitare a Sanremo per sbaglio e finiranno per segnarne la storia più oscura. Gente come Paolo Vallesi, Aleandro Baldi o Alessandro Canino: se volete ne possiamo parlare, ma insomma. Il paradosso è che a dispetto delle scelte professionali, Masini, Tozzi e Raf non romperanno mai l'uno con l'altro. Una volta imboccato il viale del tramonto, in ogni caso, si entra in quel magico mondo dei collassi spaziotemporali in cui tutto può succedere. Voglio dire, se perfino Al Bano e Romina tornano a cantare assieme dopo decenni di cause legali, che sarà mai rimettere assieme Raf e Umberto Tozzi? Succede in occasione di una celebrazione per i quarant'anni di carriera del secondo, concerti con un sacco di ospiti, l'antica amicizia che riprende fuoco, un disco e un tour che diventano realtà, e di lì in poi ridiventa routine. Giancarlo Bigazzi non è della partita: è morto nel 2012.

[...] Una volta imboccato il viale del tramonto, si entra in quel magico mondo dei collassi spaziotemporali in cui tutto può succedere [...]



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CONSIGLI D’AUTORE

l’intervista

Cinque dischi per un funerale romagnolo a cura di Fabrizio Testa * Fabrizio Testa in una delle foto promozionali (scattata all’ex colonia Varese di Milano Marittima) per il nuovo album del suo progetto sulla Romagna, Il Lungo Addio, in uscita in marzo e che verrà presentato con un concerto il 6 marzo a Germi (Milano)

La mia Romagna è sempre stata quella delle estati (o estasi) solitarie a bere la Coca Cola in spiaggia libera. Gli inverni frizzanti ad osservare il mare “ghiacciato” di Cesenatico. Hotel, hotel e ancora hotel e strozzapreti a non finire. Ho immaginato così, in questa mia Romagna, avamposto onirico e meta di scomodi pellegrinaggi sabbiosi, un epico funerale. Il corteo attraversa il lungo mare a partire da Cervia sino a Rimini. Io, che sono l’ultima auto perché il morto è solo un conoscente, sciorino musica d'accompagnamento per dare uno sfondo grigio a questa cartolina colorata che sotto sotto un po' triste lo è anche lei. Philip Glass - Glasswork Un componimento classico elettronico tra minimalismo e pedalò. Il cielo con le nuvole e tanta malinconia. Me lo vedo Glass suonare l'organo in chiesa più tardi... Popol Vouh - Nosferatu Organo e pochi altri strumenti. Una messa funebre barocca che si shakera bene con le onde contro gli scogli e aspetta che il vampiro (il romagnolo bomber pronto a tutto) esca sborone nella notte! Current 93 - Sleep has his house Solo voce e harmonium. Un rito funebre triste e sempre uguale che ti rapisce per la bellezza e lo stordimento. E poi David Tibet d'estate va sempre a Gatteo Mare. Mi pare al bagno Corallo... Josh. T. Pearson - Last of the country gentleman Il texano dagli occhi romagnoli, ex tuttofare in una chiesa anglicana, ci accompagna con un serio lamento per voce e chitarra di rara bellezza. È il passaggio per il paradiso da una parte all'altra del canale. Rigorosamente in traghetto! Nick Cave - Your funerali my trial Il disco da ascoltare mentre Don Guido recita la preghiera di rito e così si trova anche il tempo per prendere un caffè al baretto della spiaggia libera. D'altra parte Cave è il più romagnolo degli australiani (lo ha detto Moravia su l'Espresso mi pare). * Fabrizio Testa, 38 anni, è un cantautore milanese che con lo pseudonimo Il Lungo Addio ha legato a doppio filo la propria musica alla Romagna, raccontando storie qui ambientate, meglio se in inverno o in giornate particolarmente uggiose. In marzo esce il quarto album ufficiale per la TropicoRecords, “Estate Violenta”, in cui Testa (voce e chitarre) è accompagnato da Luca Ciffo (basso), Fabrizio Carriero (batteria) e Sergio Montemagno (tromba).

Fadi al Festival di Sanremo

Fadi e l’arte dello “spataccare” «Sanremo? Devo ancora riprendermi...» Il cantautore romagnolo in gara al Festival ha pubblicato il suo primo album È stato tra i primi a salire sul palco dell’Ariston all’ultimo Festival di Sanremo, eliminato nella gara canora riservata alle giovani promesse (da chi poi la gara l’ha vinta, Leo Gassmann). Ma da queste parti, e non solo, era già piuttosto noto, lui, 31enne cantautore orgogliosamente “italonigeriano della riviera romagnola”, come si legge nella cartella stampa che accompagna i suoi progetti. Si chiama Thomas O. Fadimiluyi, in arte Fadi, e lo contattiamo a poche settimane da Sanremo e dalla pubblicazione del suo primo album, omonimo. Com’è stato partecipare al Festival? «Un super onore. La gara era importante ma sinceramente io ho gareggiato soprattutto contro me stesso: ho cercato in primis di divertirmi e poi di fare il brano al meglio possibile, di sintetizzare le emozioni che volevo trasmettesse». È cambiato qualcosa dopo la tua partecipazione? «Un po’ di cose sì, lo capisci chiaramente. Ma è inevitabile dopo un passaggio del genere, così sotto i riflettori». Hai fatto amicizie a Sanremo, conosciuto colleghi famosi? «Ho guardato da vicino alcune prove, ho visto Levante, per esempio, che mi ha davvero stupito: è un drago da palcoscenico. E poi mi è sembrato molto bravo dal vivo Piero Pelù. Ho visto Zucchero, super. Sono rimasto in contatto invece con gli altri “Giovani” con cui ero in gara ed è stato più facile trovare empatia. Ora che ne parlo, a distanza di giorni, mi rendo conto di non essermi ancora del tutto ripreso...». Sul palco dell’Ariston hai salutato il pubblico con un “viva la Romagna, viva il Sangiovese”. Quanto ti senti legato a questa terra? «Sono nato a Rimini, la mia famiglia ha gestito alberghi e “motori” (il padre, nigeriano, è arrivato in Italia nei primissi-

PUNK-ROCK I Meganoidi al Rock Planet, i Punkreas al Vidia Due storici gruppi punk-rock italiani arrivano in Romagna nel giro di pochi giorni. Il 21 marzo al Rock Planet di Pinarella di Cervia concerto dei genovesi Meganoidi (foto) che, freschi di festeggiamenti per i 20 anni di carriera, presenteranno il nuovo disco Mescla, settimo album, in uscita il 6 marzo, con forti influenze funk. La settimana dopo, sabato 28 marzo, al Vidia sarà invece la volta dei Punkreas, band milanese che di anni di carriera alle spalle ne ha invece trenta.

mi anni ‘80 per imparare l’arte del design di automobili, si legge sempre nelle varie cartelle stampa, ndr): diciamo che sì, sono cresciuto da vero romagnolo, con il culto dell’ospitalità e soprattutto dello “spataccare”». La tua musica è però influenzata in particolare dal cantautorato italiano, giusto? «A parte alcune eccezioni sì. E infatti finora mi sono presentato dal vivo come Fadi sempre chitarra e voce, in stile classico, mentre in aprile (il 10 al Covo di Bologna, l’11 a Roma, il 17 a Torino e il 18 a Milano, ndr) partirà il mio primo tour con la band. Nella mia musica ci sono varie influenze: da Rino Gaetano a Fela Kuti, da Lucio Dalla a Bob Marley, fino ad Adriano Celentano, che ascoltavo da bambino...». Qualcuno ti considera anche un nuovo esponente del cosiddetto it-pop, quello di Calcutta & Co. Cosa ne pensi? «Che io faccio le mie canzoni senza pensarci troppo, coltivando in particolare l’arte che ti dicevo prima, quella dello “spataccare”». Riesci a vivere di musica? «Al momento diciamo che ci sto lavorando...». Cosa ne pensi della scena musicale romagnola? «Il progetto Fadi nasce nella mia camera ma proprio con l’ambizione di poter coinvolgere musicisti e artisti della nostra zona, magari in qualcosa che vada anche oltre la musica, staremo a vedere...». Una domanda extra-musicale: com’è stato crescere in Italia con la pelle scura? Siamo un paese razzista? Quanto conta la politica? «Ogni persona può attraversare momenti di difficoltà ma in generale penso che sia sempre questione di rispetto, di educazione. La politica viene dopo, prima c’è la famiglia. E sono le persone che fanno la differenza...». Luca Manservisi


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rock & dintorni/1

LA ROMAGNA IN CUFFIA

Anche Bugo al Bronson, tra Damo Suzuki e il ritorno degli Scorn

Il nuovo passo “oltre” degli Ovo

I concerti del mese al club ravennate: attesi pure l’acclamato Teho Teardo e Dente

di Luca Manservisi

Nomi fin quasi leggendari in marzo al Bronson di Madonna dell'Albero (Ravenna), ormai rimasto praticamente l'unico rock club in Romagna a proporre un vero cartellone di concerti continuativo con più appuntamenti anche durante la stessa settimana, spesso di caratura internazionale. Gli eventi da segnare in agenda (per gli appassionati di sonorità fuori da qualsiasi schema) sono quelli del 6 e del 20 marzo. Venerdì 6 fa tappa al Bronson infatti il Damo Suzuki’s Network, progetto nato nel 1998 che, mirando a coinvolgere di volta in volta i musicisti più validi del paese in cui approda, si rimodella in continuazione. Membro anche dei mitici Can, Suzuki a Ravenna sarà accompagnato da quattro pesi massimi del panorama rock italiano: Xabier Iriondo (Afterhours) a chitarra, mahai metak e taisho koto; Corrado Nuccini (Giardini di Mirò) a chitarra ed elettronica; Enrico Molteni (Tre allegri ragazzi morti) al basso; e Karim Qqru (The Zen Circus) alla batteria. A questi a Ravenna si aggiungono altri due ospiti speciali, Jacopo Incani (in arte Iosonouncane) ed Emanuele Reverberi dei Giardini di Mirò. Il 20 marzo invece l'appuntamento è con il ritorno di un progetto in pausa da anni, gli Scorn dell'inglese Mick Harris, già fondatore dei Napalm Death. Sarà al Bronson con un live accompagnato dalla performance

visual di Stormfield, sempre all'insegna dell'elettronica, tra ambient e dub, con influenze metal e post-industrial. A completare il programma del mese da segnalare ovviamente i ritorni di due figure di culto della scena indipendente italiana: il 7 Bugo (foto), ormai salito agli onori delle cronache nazionali grazie alla litigata in diretta sul palco di Sanremo con Morgan, e il 21 Dente. Ecco poi il 13 il concerto di un compositore acclamato dalla critica tutta come Teho Teardo, che presenta il suo nuovo lavoro Ellipses dans l’harmonie, interamente ispirato alla musica contenuta nelle pagine dell'Encyclopédie di Diderot e D’Alembert. Infine, il 14 pop elettronico con Generic Animal, pseudonimo e progetto solista del milanese Luca Galizia, il 27 il release party dei ravennati (di fama internazionale in ambito stoner/metal) Void of Sleep e il 28 il cantautorato contemporaneo di Birthh, nome d'arte della fiorentina Alice Bisi.

ROCK & DINTORNI/2 “One man band” giapponese al Diagonal

Con già più di mille concerti all’attivo, in marzo festeggeranno il loro ventennale con un tour che in pochi giorni toccherà Francia, Belgio, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Austria, Slovenia, Croazia (per poi giocare in casa il 3 aprile al Bronson di Ravenna). L’occasione è la presentazione del loro nono album, Miasma, uscito lo scorso 7 febbraio in cd e vinile per l’altrettanto storica etichetta canadese Artoffact Records. Ce ne sono pochi, in Italia, di gruppi dal respiro così internazionale, seppur si stia parlando di una nicchia che riguarda un tipo di musica piuttosto estremo, quello tra noise, metal ed elettronica “organica” di cui sono portabandiera da due decenni appunto gli OvO, creatura nata dall’estro e dall’attitudine do it yourself di due musicisti ormai da tempo ravennati d’adozione. Da una parte la cantante (dalle inconfondibili urla e lamenti) e chitarrista (appena nominata “Gibson endorser”) Stefania Pedretti; dall’altra il batterista (e molto altro) Bruno Dorella. Miasma è incredibilmente ancora una volta un passo oltre, probabilmente il disco più vario della loro lunga carriera ma allo stesso tempo quello che meglio la rappresenta, fra “tribalismo, futurismo e caos”, per citare la cartella stampa. I due artisti rispolverano le antiche radici punk/hardcore ma continuano a sperimentare lungo tutto il disco, impreziosito da alcune trovate davvero geniali, come le collaborazioni con la trapper serba-svedese Gnučči, che dà a “Testing my poise” un inedito aspetto pop (per quanto possano essere pop gli OvO), o con la band norvegese postpunk Årabrot che rende “L’eremita” un piccolo capolavoro tra spoken word e Throbbing Gristle (il cui fantasma aleggia in altre parti del disco, almeno nelle orecchie di chi scrive). Ma come sempre a fare la differenza sono i dettagli, da scoprire dedicando numerosi ascolti a ognuno degli 11 brani (per un totale di oltre 43 minuti di musica) di questo nuovo viaggio negli inferi (musicali) di una band che con il passare degli anni anziché perdere ispirazione come capita spesso, continua a crescere in maniera esponenziale.

Il 4 marzo al Diagonal di Forlì concerto di Kenta Hayashi, looper e chitarrista giapponese, “one man band” in grado di creare un’orchestra di suoni sovrapponendo voce, chitarra, effetti e percussioni.

Alt-folk dalla Svizzera al Moog

UN PICCOLO NEGOZIO PER GRANDI APPASSIONATI

Lunedì 9 marzo alle 21.30 al Moog di Ravenna concerto di Black Sea Dahu, nuovo progetto alt-folk ideato dalla songwriter svizzera Janine Cathrein.

hip hop

A RIMINI LA DATA ZERO DEL TOUR DI GEMITAIZ & MADMAN È in programma il 7 marzo all’Rds Stadium di Rimini la cosiddetta data zero del tour nei palazzetti dei rapper Gemitaiz & MadMan. Sarà l’occasione per ascoltare dal vivo i brani del loro nuovo album realizzato in collaborazione, “Scatola Nera”, già certificato oro, ma anche per ripercorrere la storia musicale dei due artisti.

BONUS CULTURA DI 500 € da spendere anche in MUSICA, riservato ai diciottenni

B Side


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jazz AGENDA JAZZ

Dal solo di Flavio Giurato al Bowie rivisitato da Paolo Fresu le (103) sfumature di “Crossroads”

Caron e Holmes con Di Luzio al cinema Eliseo

Gli appuntamenti di marzo in Romagna del festival itinerante La giovane trombettista spagnola Andrea Motis, attesa l’8 marzo a Massa Lombarda

Il grande jazz internazionale arriva a Cesena. Il bassista canadese Alain Caron e il batterista americano Rodney Holmes saranno ospiti del progetto Globetrotter del chitarrista Luca di Luzio. L’appuntamento è per lunedi 2 marzo alla multisala Eliseo di Cesena. A completare la formazione Alessandro Fariselli al sassofono e Alessandro Altarocca alle tastiere.

L’Effetto Carsico di Cisilino a Bertinoro Giovedì 5 marzo (ore 21.30) all’enoteca bistrot Colonna di Bertinoro sul palco il quintetto del trombettista e compositore friulano Mirko Cisilino. L’occasione è la presentazione di “Effetto Carsico”, primo album di Cisilino, tra jazz, musica popolare e canzone. Caratteristica del gruppo è la mancanza dello strumento armonico e i tre strumenti a fiato (tromba e due sax) arrangiati a ricordare a volte una sezione rhythm&blues e a volte quasi una banda, con una ritmica di basso e batteria che suona più da pop rock che da jazz.

“Nes thing & free”, l’Abbejazzario a Forlimpopoli

Il jazz fa…103: tanti sono gli anni trascorsi dalla prima registrazione discografica della musica che ha rinnovato il panorama sonoro del Novecento e tanti saranno i giorni della ventunesima edizione di Crossroads (organizzato come sempre da Jazz Network). Un festival itinerante extralarge nella durata (dal 28 febbraio al 9 giugno), nella geografia (diffuso in oltre venti comuni che coprono tutto il territorio dell’Emilia-Romagna), nei contenuti: saranno coinvolti oltre 500 artisti in più di 70 concerti capaci di cogliere le innumerevoli varietà estetiche del jazz, con orecchie ben aperte sugli influssi provenienti da altri generi. Campione di questa apertura estetica è Pat Metheny, non per nulla idolo degli appassionati di jazz tanto quanto di quelli del rock: il suo concerto al Teatro Alighieri di Ravenna (9 maggio) è uno dei momenti più attesi del festival. Cresce la squadra di grandi jazzisti italiani che legano il loro nome a quello di Crossroads in qualità di artisti residenti: Paolo Fresu, Enrico Rava, Fabrizio Bosso e quest’anno anche Mauro Ottolini, Petra Magoni, Peppe Servillo, Javier Girotto. Il festival ha letteralmente adottato i migliori rappresentanti del nostro jazz, invitandoli a esibirsi con numerosi e sempre diversi progetti musicali. Andando a considerare solo i concerti di marzo (proseguiremo poi sui prossimi numeri del nostro giornale) e solo nelle tre province romagnole, tra i “resident” da segnalare Fabrizio Bosso che il 15 marzo come tromba solista sarà ospite del Quartetto Saxofollia (una serata per soli fiati all’Auditorium Corelli di Fusignano). Paolo Fresu farà invece la sua prima apparizione il 13

marzo in duo con un suo storico partner, il chitarrista Bebo Ferra (Piangipane, Teatro Socjale). Tornerà poi il 17 marzo (Rimini, Teatro Galli) per un intrigante omaggio alla musica di David Bowie alla guida di una formazione dal cast sorprendente (con, tra gli altri, Petra Magoni, Gianluca Petrella e Christian Meyer). Abbinamenti memorabili anche per Enrico Rava: a Rimini (22 marzo) lo si ascolterà con un quintetto co-diretto assieme al colosso del sax tenore Joe Lovano. Javier Girotto invece sarà una delle vigorose presenze solistiche dell’originale Barionda, un quartetto di sax baritoni più batteria, ideato dall’impressionante sassofonista altoatesina Helga Plankensteiner (26 marzo, Fusignano). Stimolanti e diversificate sono anche le proposte musicali che giungono dall’Europa: dalla giovanissima trombettista spagnola Andrea Motis, che torna in regione dopo il suo sensazionale exploit a Ravenna Jazz 2018 (8 marzo, Massa Lombarda, Sala del Carmine). E poi ancora il jazz manouche ispirato a Django Reinhardt del chitarrista tedesco Joscho Stephan (12 marzo, Solarolo, Oratorio dell’Annunziata). Crossroads fa anche talent scouting: attenzione alla poco più che ventenne bassista polacca Kinga Glyk (5 marzo, Fusignano); al tastierista Shaun Martin, che porta con sé l’imprinting della militanza negli Snarky Puppy (19 marzo, Fusignano). Virano decisamente verso il cantautorato, invece, le serate a doppio set al Cisim di Lido Adriano che vedranno esibirsi Vinsanto e Flavio Giurato, entrambi in solo (14 marzo), e i quintetti di Darma ed Eloisa Atti (20 marzo).

Prosegue alla chiesa del Carmine di Forlimpopoli il progetto Abbejazzario, che si propone di raccontare alcune tappe e protagonisti fondamentali della musica jazz attraverso alcuni testi rappresentativi che costituiscono l’ossatura della narrazione, accompagnata dall’esecuzione live di una scelta di brani musicali. Il 16 marzo il tema è “Un altro mondo: new thing & free”, con narratore sempre il docente universitario Francesco Giardinazzo. A suonare dal vivo saranno Simone La Maida (sax), Roberto Monti (chitarra), Mauro Mussoni (contrabbasso) e Andrea Grillini (batteria).

POPOLARE Serata “mitteleuropea” al Mama’s con gli sloveni Atanasovski Tra i concerti di marzo del Mama’s di Ravenna (il programma sul sito www.mamasclub.it) da segnalare quello di sabato 28 marzo con il sassofonista e flautista Vasko Atanasovski, uno dei compositori e musicisti sloveni più creativi e versatili, noto per le sue collaborazioni tra generi con musicisti jazz, rock, classici. In questa occasione sarà accompagnato dal figlio al violoncello e da due musicisti italiani, Fabio Mazzini alla chitarra e Roberto Bartoli al contrabbasso. Per un risultato finale che è dichiaratamente "mitteleuropeo", tra musica popolare, soprattutto est-europea e improvvisazione contemporanea.


marzo 2020

avant

Free jazz, elettroacustica, sperimentazioni e contaminazioni nelle domeniche dell’Area Sismica Ingrid Laubrock e Jim Black tra gli ospiti della rassegna per il trentennale del circolo di Ravaldino in Monte

Prosegue la stagione del trentennale di Area Sismica, circolo di Ravaldino in Monte con una rassegna di concerti di caratura internazionale (la domenica pomeriggio), che si muove tra improvvisazione, jazz contemporaneo e avanguardia. Domenica 8 marzo tocca agli Irreversible Entanglements, un collettivo di free jazz “orientato alla liberazione”, formatosi a inizio 2015 per iniziativa del sassofonista Keir Neuringer, della poetessa Camae Ayewa (a.k.a. Moor Mother) e del bassista Luke Stewart, che si sono riuniti per esibirsi in un Musicians Against Police Brutality, evento organizzato dopo l'uccisione di Akai Gurley da parte del NYPD. Il 15 marzo poi gli E-COR, progetto di musica elettroacustica tutto italiano di cui fanno parte Mirjana Nardelli, Cristian Maddalena e Francesco Altilio. Perno delle loro attività sono l’arte acusmatica e l’estetica del suono, che vengono esplorate e approfondite attraverso diverse forme artistiche. Particolarmente importante è l’attenzione riservata alla musica applicata e all’improvvisazione, che è tra le pratiche. Arriva il 22 marzo invece una delle più grandi sassofoniste del nostro tempo, Ingrid Laubrock, da anni trasferitasi a New York dove a iniziare fin da subito collaborare assiduamente con una leggenda come Anthony Braxton. Ad Area sarà con il suo omonimo quartetto, uno dei suoi più entusiasmanti progetti, assieme alle stelle del jazz statunitense, dove le sue composizioni si mescolano a forme di improvvisazione. Considerato tra i batteristi fondamentali del jazz attuale, infine, Jim Black (all’Area Sismica il 29 marzo con il progetto Alasnoaxis) è conosciuto per la sua tecnica virtuosistica prodigiosa e per aver inventato un approccio compositivo e improvvisato dall’impatto unico, diventato il suo marchio di fabbrica. Questa formazione è una evoluzione dei monumentali Tyft che hanno incendiato i palchi un decennio orsono.

suoni / 9 UN DISCO AL MESE

Come si diventa metallari... di Bruno Dorella *

ANTHRAX - State of Euphoria (1988) 1988. Ho 15 anni. Vorrei essere un metallaro ma ho le idee confuse. Mi piacciono tanto anche gli U2, che non sono propriamente nel genere, per non parlare dei M/A/R/R/S. Frequento un Liceo Classico della borghesia di sinistra milanese. Figurati se c’è un metallaro, ascoltano tutti Cat Stevens e De Gregori. A dire il vero un metallaro c’è, ma se la tira un po’ e gli piace una ragazza che piace anche a me. Quindi è un nemico, non posso mica chiedergli consiglio. Anche se quei Coroner di cui indossa sempre la maglia prima o poi me li dovrò procurare. Ma non li ho mai trovati in negozio. Deve avere qualche canale a me ignoto. Non ho fratelli maggiori che mi possano instradare, ho un cugino che ascolta bella roba ma non metal. Mi ha passato i Sex Pistols. Forti. Ma a me piacciono gli Iron Maiden e i Metallica e voglio esplorare quella roba lì. Con tipica decisione pantagruelica dorelliana, la decisione è presto presa. Andrò nel mio negozio di dischi di fiducia, Ricordi in Corso Buenos Aires, e comprerò tutti i dischi della sezione heavy metal. Dalla A alla Z. Non è troppo grande, un paio di scaffali. In qualche anno, risparmiando la mancetta e comprando un disco o due al mese, ce la dovrei fare. Ovviamente la mia idea è che tutto il metal esistente sia lì. Dunque si parte, lettera A. Gruppo: Anthrax. Album: State of Euphoria. Copertina gialla, una spirale con le loro teste che girano dentro. Mica tanto bella, me ne rendo conto già allora. Il bollino SIAE copre parzialmente il titolo di una canzone. Arrivo a casa, lo stacco e se ne viene via anche il pezzo di copertina col titolo suddetto. Credo che il mio rapporto conflittuale con la SIAE sia iniziato allora. Non importa, c’è una missione più alta da compiere. Lo ascolto. Il primo pezzo “Be All, End All” mi lascia un po’ indifferente. Non male, ma gli Iron Meiden e i Metallica sono meglio… Vado avanti, stesso discorso per “Out Of Sight, Out Of Mind”. Ancora peggio “Make Me Laugh”. Sto per pensare di aver preso una sòla, quando inizia “Antisocial”. Il titolo prometteva bene, ma il pezzo è clamoroso. Alla fine tutti in coro a gridare “Antisolcial, antisocial” e anch’io con loro, nella mia cameretta, dove il poster di Bob Marley comincia a stonare davvero tanto. Rimetto il pezzo due-tre volte prima di poter passare al resto, ma ormai gli Anthrax mi hanno conquistato e i seguenti “Who Cares Wins”, “Now It’s Dark”, “Schism”, “Misery Loves Company” eccetera mi sembrano dei capolavori. La storia di comprare tutti i dischi dalla A alla Z finisce subito. Il secondo acquisto è fallimentare: Accept, Eat The Heat. Ma che è sta roba? Sbobba da mollaccioni. Quel giorno, seppur inconsapevole della lotta tra glamsters e thrashers, mi schiero con i thrashers. Infine, a porre fine a quell’epoca, un breve discorsetto col metallaro della scuola. “Dove li trovo i Coroner?” – “Ma come, non lo sai? Da Transex!” – “Cos’è Transex?”- “Un negozio di dischi vicino a Piazza del Duomo, al sabato pomeriggio ci troviamo tutti lì”. Addio Ricordi. Ora sono un metallaro... * Batterista di Bachi Da Pietra e OvO, chitarrista di Ronin e Tiresia, factotum in Jack Cannon, membro di Byzantium Experimental Orchestra, GDG Modern Trio e Sigillum S, ex discografico, orgoglioso ravennate d'adozione


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classica/5 CLASSICA/1 Al Goldoni i trii di Beethoven, dopo l’aperitivo con il musicologo Sarà Beethoven, lunedì 2 marzo, il protagonista del quarto appuntamento della stagione di Libera la musica al Goldoni di Bagnacavallo. Protagonista il trio “Il Furibondo” con un programma di trii scritti dal compositore tedesco nel 1797 mentre si trovava a Vienna per perfezionarsi con Haydn. Dalle 20 l’aperitivo al Chiribilli in compagnia del musicologo Bernardo Ticci, con il quale verrà approfondito il programma che verrà eseguito al Goldoni.

CLASSICA/2 Gli appuntamenti della domenica mattina della scuola di musica Mikrokosmos Prosegue in marzo la rassegna di concerti della scuola di musica Mikrokosmos, alle 11 alla sala Corelli del teatro Alighieri di Ravenna. Il 15 marzo l’appuntamento è con la rassegna nella rassegna Mikrokosmi Off e il concerto dei migliori allievi della masterclass di perfezionamento tenuta da Paola Leolini, soprano e vocal coach fra le più apprezzate a livello internazionale. Il 22 marzo spazio a Beethoven nell’interpretazione del pianista Federico Nicoletta: le 15 Variazioni e Fuga op.35 e la Sinfonia n.4 nella trascrizione di Franz Liszt. Il flauto di Angela Camerini e l’arpa di Annalisa De Santis saranno protagonisti infine la mattina del 29 marzo con un programma da Hilse a Miyagi, Amorosi, Andres e Nino Rota.

Accademia Bizantina omaggia la “Follia” del barocco con una nuova rassegna A Faenza, Bagnacavallo e Forlì, dalla musica sacra alla “Venezia stravagante”

Delphine Galou sarà sul palco del teatro Masini di Faenza il 9 marzo per inaugurare la rassegna “Humana Follia”

CLASSICA/3 Emilia Romagna Concerti celebra le donne e le “vittime innocenti della mafia” Tre giovani musiciste dell’Accademia di Imola, Angioletta Iannucci Cecchi (violino), Maria Cristina Mazza (violoncello) e Marianna Tongiorgi (pianoforte), saranno le protagoniste del Concerto per la Festa della Donna dell'8 marzo, al Ridotto dell’Alighieri di Ravenna, nell’ambito della rassegna “Capire la musica” organizzata da Emilia Romagna Concerti. In programma brani di Mendelssohn, Haydn e Mangani. La rassegna prosegue sempre al Ridotto dell’Alighieri il 15 marzo quando si esibirà l’Orchestra dell'Istituto superiore di studi musicali Giuseppe Verdi di Ravenna che, integrata da musicisti della Young Musicians European Orchestra e dal BCC Symphony Chorus, sotto la direzione del maestro Federico Ferri, eseguirà la celeberrima Sinfonia n.5 di Beethoven in occasione del Concerto per le vittime innocenti della mafia.

CLASSICA/4 Al Ridotto del Masini di Faenza le ultime due serate di Emilia Romagna Festival Ultimi due appuntamenti per la rassegna di Emilia Romagna Festival realizzata a Faenza in collaborazione con il Teatro Masini. Al Ridotto la sera del 13 marzo (ore 21) avrà luogo una “sfida musicale” tra le due maestà di Mozart e Rossini, che saranno presentati nel concerto Mozart vs Rossini. Quasi a voler risarcire l'umanità della perdita di un genio, il destino fa nascere Gioachino Rossini, in un giorno bisestile, a neppure tre mesi di distanza dalla morte di Mozart. Un filo rosso collega allora le due vicende artistiche dei due miti della classica: un gioco di rimandi e allusioni. Compito di Stefano Valanzuolo, uno dei maggiori critici musicali italiani, grande narratore, sarà di svelare questi segreti e rimandi al pubblico, accompagnato dalle interpretazioni de Il Cantiere dell’Arte, che farà rivivere Mozart e Rossini attraverso la freschezza dell’arrangiamento per fiati. La stagione si chiuderà il 30 marzo (ore 21) con un concerto fuori abbonamento del Duo Pitros, composto da Luigi Santo alla tromba e Daniela Gentile al pianoforte (nella foto - entrambi con anche importanti carriere soliste). Sempre al Ridotto del Masini il duo si esibirà con Il Sogno Romantico, concerto con programma che avrà, tra gli altri, Gershwin – in un emotivo viaggio nel tempo. Il Duo Pitros, in 20 anni di attività, ha all’attivo oltre 500 concerti in Europa, Asia e America.

Accademia Bizantina – in collaborazione con Regione Emilia-Romagna, Accademia Perduta Romagna Teatri, Comune di Bagnacavallo e Forlì Musica – presenta la prima edizione del festival Humana Follia, in cui dal 9 al 13 marzo la musica del ‘600-700 sarà assoluta protagonista nel territorio romagnolo. Il periodo barocco fu un momento di grande fermento musicale; da una parte si consolidarono tecniche e forme che poi ebbero enorme influenza nei decenni a venire, ma contemporaneamente fu anche un’epoca di grande sperimentazione. Ecco quindi spiegato anche il nome di questo nuovo festival: Humana perché il legame musica-essere umano fu particolarmente stretto. L’uomo con le sue emozioni, passioni e debolezze ispirò molto i compositori barocchi. Follia perché questa fu una componente molto importante, propria sia dei compositori che degli esecutori. Fu questo infatti forse il periodo in cui l’esecutore ebbe la maggiore libertà di interpretare e variare il testo musicale. La Follia (o Folia) fu poi un tema musicale, o meglio una struttura armonica su cui fu costruito il tema, nato intorno al ‘500 ma particolarmente diffuso nel XVII e XVIII secolo, sotto forma di tema e variazioni. Sono celebri le variazioni di Lully, Scarlatti, Corelli, Vivaldi e moltissimi altri, che fino a tutto il ‘700 improvvisarono sulle note della Follia. Il primo appuntamento (Faenza, Teatro Masini, 9 marzo), vedrà protagonista insieme ad Alessandro Tampieri e Accademia Bizantina, il contralto Delphine Galou. La porta del Paradiso è un percorso attraverso il ‘600 e ‘700 strumentale e vocale. Grazie a un programma che spazia dal Concerto per archi, la Sonata, il mottetto per Voce sola e Basso, arie tratte da musica sacra e oratori, vengono toccati quasi tutti i generi propri della musica barocca. Il festival prosegue al Teatro Goldoni di Bagnacavallo (11 marzo) con il concerto L’arte della Fuga. Ottavio Dantone, alla guida di Accademia Bizantina, propone la sua personale lettura del capolavoro di Bach, giunto a noi incompleto per il sopraggiungere della morte dell’autore e privo pertanto di alcune indicazioni, tra cui quella relativa agli strumenti necessari all’esecuzione. A lungo la musicologia ha affrontato e tuttora studia le possibili realizzazioni del monumentale BWV 1080, ipotizzando esecuzioni con strumenti a tastiera, ad arco oppure addirittura immaginando una natura trattatistica, destinata quindi più allo studio del contrappunto che non alla pratica musicale. L’esecuzione prevede un organico a parti reali composto da archi, cembalo e organo. Il concerto di chiusura, dal titolo Venezia stravagante eseguito da Accademia Bizantina guidata da Ottavio Dantone (Teatro Fabbri di Forlì, 13 marzo) è interamente dedicato al mondo della musica strumentale della Serenissima. La fervente vita musicale permeava la città, grazie agli Ospedali, centri di insegnamento e pratica musicale per le orfanelle, ai numerosi teatri e occasioni di concerti neipalazzi dei nobili. Spesso musica sacra e profana si mescolavano, cantanti e compositori passavano da un genere all’altro.


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classica/6

SPETTACOLI

AL BONCI DAL JAZZ FINO ALL’OPERA LIRICA RIVISITATA DALL’ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO Musica protagonista sul palco del teatro cesenate In arrivo tra gli altri Vincent Peirani e Omar Sosa

Da Brahms all’Aida di Verdi, al teatro Alighieri entra nel vivo “Ravenna Musica” Tra gli artisti del mese la Camerata Strumentale Città di Prato e, fuori abbonamento, il duo Soglia-Bellavista Prosegue in marzo la stagione di musica classica del teatro Alighieri di Ravenna, organizzata dall’associazione Mariani A Johannes Brahms, il 16 marzo, sarà dedicato l’intero concerto della Camerata Strumentale Città di Prato, con il violino di Grazia Raimondi (nella foto) e Luigi Piovano al violoncello, solisti nel doppio concerto op.102. Il 25 marzo tornerà sul palco dell’Alighieri la ravennate Orchestra Arcangelo Corelli che, diretta da Jacopo Rivani, sarà affiancata dall’ensemble di ottoni Gomalan Brass Quintet, per una rivisitazione originale dell’Aida di Giuseppe Verdi, a 150 anni dalla prima esecuzione.

Una novità sarà rappresentata, prima ancora dei due appuntamenti ufficiali, il 10 marzo da un concerto straordinario fuori abbonamento, dedicato ai giovani, che vedrà come protagonista il Duo Michele Soglia–Raffaello Bellavista, marimba/vibrafono e pianoforte, con in programma musiche del ‘900. I collaudati incontri di introduzione all’ascolto sono in programma alla Sala Muratori della Biblioteca Classense, a ingresso libero, il sabato precedente ogni appuntamento. Per quanto riguarda il concerto fuori abbonamento, il 7 marzo si svolgerà un incontro (a ingresso libero) dei due musicisti alla Sala Corelli dell’Alighieri.

Un mese dedicato in particolare alla musica al teatro Bonci di Cesena, in ogni sua sfaccettatura, o quasi. Il jazz è l’anima dei concerti in programma il 3 e il 22 marzo. Rispettivamente con Vincent Peirani, uno dei musicisti più versatili della nuova generazione, in grado di rinnovare completamente il linguaggio della fisarmonica in ambito jazz: Night Walker è il titolo del suo secondo album che presenterà con il quintetto Living Being. Il 22 sarà la volta invece del pianista e compositore cubano di fama mondiale, Omar Sosa, che fonde attraverso il jazz i sound di Caraibi, America Latina e continente africano: in Transparent Water duetta con il cantante e maestro di Kora senegalese Seckou Keita (insieme nella foto), accompagnati da Gustavo Ovalles alle percussioni, che apporta al progetto l’anima poliritmica africana. Il Conservatorio “Bruno Maderna” organizza invece al Bonci una “Serata Mozart” il 6 marzo, con Paolo Chiavacci concertatore e al violino solista, Luisa Prandina all’arpa, Olga Arzilli alla viola e Francesco Fagioli al flauto. Infine, da segnalare uno spettacolo fuori da ogni schema con protagonista l’incredibile Orchestra di Piazza Vittoria, emblema di società nuove che nascono dall’incontro fra culture, incredibile esperienza di lingue e strumenti da ogni angolo del pianeta: l’8 marzo in Orchestra di Piazza Vittorio all’Opera dodici musicisti e cantanti ripropongono alcune arie popolari tratte da Il Flauto Magico, Don Giovanni, Carmen e da autori come Giuseppe Verdi e Kurt Weill.


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opera DANZA CONTEMPORANEA

Da Lucrezia Borgia alla Turandot: la lirica all’Alighieri e al Galli

Sweet like a chocolate al teatro degli Atti

Spettacolo a Ravenna il 6 e l’8 marzo e a Rimini il 27 e 29 marzo

Terzo e ultimo appuntamento il 6 e l’8 marzo con l’opera all’Alighieri di Ravenna con la Lucrezia Borgia di Donizetti nel nuovo allestimento diretto da Andrea Bernard, con l’Orchestra Giovanile Cherubini guidata da Riccardo Frizza. Ultimo capolavoro di Giacomo Puccini ispirato alla fiaba orientale di Gasparo Gozzi, Turandot va in scena (27 e 29 marzo) nell’allestimento immaginato da Giuseppe Frigeni che firma regia, scene, luci e coreografia per uno spettacolo realizzato dal Teatro Comunale di Modena e coprodotto

dal Teatro Galli di Rimini con il teatro Regio di Parma e il Municipale di Piacenza. Sul palco gli interpreti dell’opera saranno France Dariz (Turandot), Calaf (Carlo Ventre), Vittoria Yeo (Liù), Fabio Previati (Ping), Roberto Covatta (Pang), Matteo Mezzaro (Pong), Paolo Antognetti (Altoum), Giacomo Prestia (Timur) e Benjamin Cho (Un mandarino). Con Matteo Beltrami sul podio della Filarmonica dell’Opera Italiana ‘Bruno Bartoletti’ coinvolti anche i cori di Modena e del Teatro Municipale di Piacenza e le voci bianche del Teatro Comunale di Modena.

IL MUSICAL Dal film di culto, ecco Ghost al Fabbri di Forlì

LO SPETTACOLO Brachetti in Solo al Bonci di Cesena

Trasposizione fedele del cult movie degli anni Novanta, e vincitore di un Golden Globe (miglior attrice non protagonista) e due premi Oscar (miglior sceneggiatura e miglior attrice non protagonista), Ghost Il Musical è adattato per il teatro dallo stesso sceneggiatore originale, Bruce Joel Rubin. La regia e la scenografia sono affidate a Federico Bellone. La grande spettacolarità degli effetti speciali, tra le caratteristiche principali sia del film che del musical, vede la collaborazione di Paolo Carta, brillante illusionista. La colonna sonora, poprock e ballabile, è arrangiata da Dave Stewart, ex componente degli Eurythmics, e Glen Ballard, tra gli autori della musicista canadese Alanis Morissette. Fiore all’occhiello l’indimenticabile brano Unchained Melody dei The Righteous Brothers, sottofondo musicale di una delle scene più emozionanti e copiate del panorama cinematografico e teatrale internazionale degli ultimi trent’anni. Sui palchi italiani il volto del coraggioso Sam è di Mirko Ranù. A interpretare Molly con la sua freschezza e dolcezza, la giovane e promettente Giulia Sol e nei panni della carismatica Oda Mae, Gloria Enchill cantante dall’anima soul. Nei panni dell’avido e spietato Carl, l’attore Thomas Santu. In scena al Fabbri di Forlì il 30 marzo.

Reale e surreale, verità e finzione, magia e realtà: tutto è possibile insieme ad Arturo Brachetti, il grande maestro internazionale di quick change che ritorna con un varietà surrealista e funambolico in cui immergersi lasciando a casa la razionalità. Di questo spettacolo protagonista è il trasformismo, quell’arte che lo ha reso celebre in tutto il mondo e qui incanta con oltre 60 personaggi. Ma in Solo Brachetti propone anche un viaggio attraverso la sua storia artistica con le altre affascinanti discipline in cui eccelle: grandi classici come le ombre cinesi, il mimo e la chapeaugraphie, e sorprendenti novità come la poetica sand painting e il magnetico raggio laser. In scena al Bonci di Cesena l’11 e il 12 marzo.

Il 19 marzo alle 21 al teatro degli Atti di Rimini va in scena Sweet like a chocolate, una rielaborazione di Double Points: Hell, un progetto di ricerca di Emio Greco e Pieter C. Scholten che ha debuttato nel 2005 al Festival di Avignone per essere presentato poi nel 2008, su invito di Pina Bausch, all’Internationales Tanzfestival NRW. Una donna danza con la sua ombra, il suo alter ego, il suo partner, un voyeur. Emio Greco, danzatore e coreografo pugliese, e Pieter C. Scholten, regista della scena teatrale alternativa in Olanda, hanno unito i loro talenti negli anni Novanta, facendo della loro duplice firma un’avventura coreografica, con un linguaggio contraddistinto da tensione e sincronicità che attinge tanto al vocabolario classico quanto alla danza postmoderna. Per definire l’originalità del loro lavoro - in cui uniscono il rigore della ricerca e la forza dell’immaginazione - hanno inventato un nuovo termine: "Extremalism". Nel 2009 hanno fondato ICK a Amsterdam, Centro Internazionale d’arte coreografica, compagnia di danza di fama internazionale, polo interdisciplinare e internazionale per talenti emergenti o già noti. Dal 2014 al 2018 hanno diretto il Ballet National de Marseille. A seguire, incontro con i coreografi a cura di [collettivo].

Da dove guardi il mondo? Valentina Dal Mas a Gambettola Il 21 marzo al teatro Comunale di Gambettola Valentina Dal Mas porta lo spettacolo Da dove guardi il mondo? che poggia anche sul metodo Feldenkrais in particolare sul lavoro di Anat Baniel, che si occupa di bambini con disfunzioni cognitive e/o motorie alla nascita, incapacità totale di scrivere e leggere, disgrafia, dislessia.

First Love di Marco D’Agostin a Cattolica Martedì 24 marzo alle 21.15 al Salone Snaporaz del teatro della Regina di Cattolica va in scena First Love di Marco D’Agostin che spiega: «First love muove dall’assurda esperienza che ho imposto alla mia anatomia, da ex sciatore di fondo convertitosi in danzatore. Come risolvere il rebus di un corpo che è stato per la prima metà dei suoi anni sacrificato alla montagna, e per la seconda metà dedicato alla coreografia? Ho tentato nel tempo di riorganizzare tutto quello quello che attraverso la pratica sportiva sulla neve si è depositato nel corpo: posture, agonismo, preparazione atletica. Ho sempre pensato all’ingresso in scena come al cancelletto di partenza; l’adrenalina messa in circolo è della stessa natura. Eppure, non ho mai trovato un’articolazione organica per questo travaso di esperienza. First Love è una performance ispirata alla più celebre gara della campionessa piemontese di sci di fondo Stefania Belmondo, la 15km a tecnica libera delle Olimpiadi di Salt Lake City 2002, che le procurò l’oro al termine di una formidabile rimonta».


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IL DON CHISCIOTTE SULLE PUNTE DEL BALLETTO YACOBSON

INDACO E GLI ILLUSIONISTI DELLA RBR DANCE COMPANY

Secondo appuntamento con la danza all’Alighieri di Ravenna con il Balletto Yacobson di San Pietroburgo (21 e 22 marzo), che il pubblico dell’Alighieri ha già ammirato la scorsa stagione nella serata omaggio a Leonid Yacobson, e il Don Chisciotte che Johan Kobborg - ex primo ballerino del Royal Ballet - ha elaborato su Petipa, fedele al capolavoro ma con sfumature congeniali al suo approccio.

Il 14 marzo al teatro Diego Fabbri di Forlì la RBR Dance Company porta in scena lo spettacolo di danza contemporanea Indaco e gli illusionisti della danza con le coreografie di Cristiano Fagioli, le musiche di Virginio Zoccatelli e Diego Todesco testo tratto e ispirato dall’opera di Carl Sagan e per la regia di Cristiano Fagioli e Gianluca Magnoni.

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THE MAGIC OF LIGHT E ATERBALLETTO CON DREAMERS Due gli appuntamenti con la danza al Bonci di Cesena. Il 14 marzo in scena The Magic of Light per la direzione e la coreografia artistica di Anthony Heinl, già membro dei Momix. Il 20 marzo è invece la volta di Aterballetto con Dreamers di Philippe Kratz (foto).

LA RESIDENZA Come nasce Jump! di Opera Bianco al Petrella di Longiano Sabato 28 marzo alle 18 al teatro Petrella di Longiano Opera Bianco mostrerà l’esito della residenza Jump! per il concept, la coreografia e la regia Marta Bichisao e Vincenzo Schino con i performer Samuel Nicola Fuscà, C.L. Grugher, Luca Piomponi, Simone Scibilia (la prima nazionale si terrà poi il 16, 17 aprile al Teatro Bonci). «In questa occasione – spiegano gli autori – invitiamo i visitatori a gettare lo sguardo sul processo di composizione: scegliamo di condividere parte dei materiali di scena arricchiti di elementi, intuizioni, immagini che pongono le basi perché Jump! trovi la sua forma. Usiamo il clown come metafora della condizione umana. Buster Keaton modifica continuamente il suo corpo e le leggi fisiche che lo riguardano in funzione di una danza ostinata. Caduta, salto, sospensione. La caduta se vista sottosopra diventa un salto, un tentativo di volo».

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Auguri I SONICS CON DUUM Lunedì 23 e martedì 24 marzo alle 21 al teatro Goldoni di Bagnacavallo va in scena la compagna Sonics con lo spettacolo Duum creato e diretto da Alessandro Pietrolini. Rinnovato nelle scene, nei costumi e nelle musiche, ricco di nuove e avvincenti evoluzioni acrobatiche, Duum è uno spettacolo dedicato alla ricerca della bellezza e del fare insieme.

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l’intervista

Ibsen secondo Popolizio: «Le attualizzazioni spesso schiacciano la tragicità dei fatti» Il celebre attore sarà al Galli di Rimini dal 3 al 5 marzo e al Bonci di Cesena il 17 e 18 con un nuovo adattamento di Un nemico del popolo, testo del 1882 del grande autore norvegese

carli subito: ci devo tornare, trovare analogie con altre cose che ho letto. Poi, una volta sedimentato, ecco che quel testo butta dei tentacoli, come un mostro. Ti viene in mente guardando un film, leggendo un saggio, ascoltando della musica... Io lavoro per necessità: non nel senso che sento il bisogno di esprimermi, piuttosto perché qualcuno mi obbliga a farlo! Se mi viene l'arte è perché qualcuno mi obbliga. Questo testo era stato pensato per la compagnia privata di Umberto Orsini, ma non poteva reggere questo mostro di 14 personaggi, così l'impresa è passata al Teatro di Roma, quando Antonio Calbi era direttore, che accettò subito il progetto».

«Io lavoro per necessità, se mi viene l’arte è perché qualcuno mi obbliga» Massimo Popolizio, classe '61, ha bisogno di poche presentazioni. Da più di dieci anni è uno dei volti più importanti del mondo dello spettacolo italiano, con un palmarès invidiabile di successi fra teatro, cinema e doppiaggio. Dal 3 al 5 marzo sarà al Galli di Rimini e poi, dal 17 al 18 al Bonci di Cesena con una delle sue più recenti fatiche: un nuovo adattamento di Un nemico del popolo di Henrik Ibsen. Scritto nel 1882, il testo del norvegese suona oggi più attuale che mai per i suoi temi: dal conflitto fra economia ed ecologia, all'amara consapevolez-

za del rischio, sempre presente, dell'involuzione di una democrazia in dittatura della maggioranza. Premio Ubu 2019 come miglior spettacolo, Popolizio firma regìa ed è in scena nei panni del protagonista, l'“uomo solo contro tutti” dottor Stockmann. Ha raccontato che, alla prima lettura, non aveva apprezzato il testo di Ibsen. Cosa le ha fatto cambiare idea? «È una cosa che mi succede spesso. Ti confido che non so leggere i testi teatrali! Difficilmente riesco a decodifi-

Cosa la colpisce di Un nemico del popolo? «Il suo tono beffardo e ironico, cinico e tagliente. C'è questa frase del protagonista Thomas Stockmann, letta in tempi non sospetti, molto prima delle elezioni di marzo di due anni fa: “Saremo tutti d'accordo nel dire che, sulla faccia della terra, gli imbecilli costituiscono la maggioranza”: questa provocazione sulle democrazie occidentali mi ha colpito subito. Non si tratta dell'opera più bella di Ibsen – è lontano dalle finezze psicologiche dei suoi capolavori – ma consideriamo che è il primo te-

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I MISERABILI CON BRANCIAROLI AL FABBRI DI FORLÌ Franco Branciaroli è Jean Valjean – uno strano santo, una figura angelico-faustiana – nell’adattamento teatrale di uno dei capolavori della letteratura occidentale, I Miserabili, in scena al Diego Fabbri di Forlì dal 5 all’8 marzo. Si sedimenta in scena un romanzo immenso, che appartiene alla storia del genere umano, un’opera che parla a ogni epoca e a diverse latitudini, perché tocca grandi temi universali quali dignità, dolore, misericordia, giustizia, redenzione. Ma perché portare in scena quest’opera proprio ora? «Una spinta verso questa scelta – spiega il regista Franco Però – viene dal momento che stiamo vivendo nelle società occidentali, dove si assiste all’inesorabile ampliarsi della forbice fra i molto ricchi e i molto poveri».


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IL CLASSICO/2 I sei personaggi in cerca d’autore al Testori di Forlì In scena al Testori di Forlì il 10 marzo per la rassegna serale il grande classico di Luigi Pirandello Sei Personaggi in cerca d’autore per la drammaturgia di Francesco M. Asselta e Michele Sinisi (che ne cura anche la regia e l’adattamento) con Stefano Braschi, Marco Cacciola, Gianni D’addario, Giulia Eugeni, Marisa Grimaldo, Rosario Lisma, Stefania Medri, Giuditta Mingucci, Donato Paternoster, Adele Tirante. «Mettere in scena questo testo oggi – spiegano gli autori – significa muoversi in una mediasfera dove il confine tra vita privata, storytelling, informazione e manipolazione è sempre più labile. Senza contare che lo stesso concetto di “io” è profondamente mutato, moltiplicandosi e sfaccettandosi su tutti i nostri device e account social, in un’oscillazione continua tra realtà e rappresentazione. A quasi cento anni di distanza, Sei personaggi in cerca d’autore è ancora l’opera che meglio indaga il nostro rapporto tra vita e arte, reale e virtuale».

sto che racconta di un disastro ecologico, pur non essendo un testo ecologista. E poi anche la traduzione in cui l'ho letto, quella di Luigi Squarzina, fatta da un uomo di teatro per degli attori. Non solo filologica, quindi, ma già orientata in senso grottesco per alcuni personaggi. Questo mi ha fatto vedere che c'era ciccia su cui lavorare in modo soddisfacente». Nel famoso adattamento di Arthur Miller del 1950, alcuni tratti estremisti di Stockmann vennero censurati – ad esempio quando parla apertamente di eugenetica, o quando fa paragoni fra uomini e animali. Anche nella sua versione troveremo questi tagli? «In alcuni punti sì, ma per altre ragioni. Quando parla di cani e di razze il testo diventa estremamente noioso. Nel 1882 dire a un uomo che era come un cane poteva essere un'offesa seria; oggi, se parlo di animali, tutti si inteneriscono. Oggi il discorso è totalmente capovolto. Ad esempio, in un punto del testo si dice che i polli di batteria sono migliori dei polli allevati a terra: oggi la pensiamo all'opposto! Perciò abbiamo tagliato, perché il valore di quelle idee è cambiato nel corso del tempo». A cosa è dovuta la scelta di spostare l'ambientazione dalla Norvegia di fine Ottocento a un piccolo paese americano degli anni Venti? «Non tutte le cose si pensano, a dir la verità. Alcune vengono e basta. Immagina di iniziare uno spettacolo in una piccola comunità norvegese di fine Ottocento: che costumi usiamo? Lino bianco, cuffiette... Entra un aspetto visivo, estetico, troppo lontano da noi. Se ti dico invece che siamo in una piccola comunità, che nasce attorno alla possibilità di realizzare un grande benessere attra-

verso le terme, e da qui ricchezza, terreni... ecco che mi sembra subito un film dei fratelli Coen. C'è quella stessa aria pionieristica dei mondi sperduti, alla Dogville, la corsa all'oro, il Far West, quei paesini minuscoli dove tutti si conoscono e dove tutti possono essere ricattati. Da qui anche l'idea di inserire un narratore di colore, l'ubriacone, come spesso accade in quei film dove il fool, pur essendo un vagabondo, sa tutto e spesso dice la verità». Spostare la vicenda in un altrove serve ad evitare il pericolo di attualizzare troppo questa storia? «Attualizzare questa storia è un disastro. C'è chi l'ha fatto, ambientando tutto in pianura Padana, usando il dialetto, ma ecco che subito emerge il riferimento alla Lega, a quel determinato imprenditore... A quel punto è meglio una puntata di Piazza Pulita. Non è un testo di denuncia, questo; e tanto più lo si sposta nel passato, tanto più diventa contemporaneo. Altrimenti, se vuoi essere veramente attuale, vai a farlo a Taranto, sotto l'Ilva. Spesso le attualizzazioni schiacciano la tragicità dei fatti, o li rendono lo cronicistici». Qual è stato il problema più grande di questo adattamento? «Il primo problema da risolvere quando si mette in scena Un nemico del popolo è decidere chi fa il popolo. Nel testo c'è un momento in cui c'è un discorso diretto al popolo: a chi lo rivolgi? Noi abbiamo deciso di realizzare un audio surround di voci e proteste popolari in modo da spostare la platea sulla scena. Solo queste prove, per calibrare suoni e recitazioni dal vivo, ci hanno preso 15 giorni». In un'intervista di qualche tempo fa ha accennato alla differenza fra registi che “dicono la scena” e registi che “fanno vedere la scena”. Che cosa

intendeva? «Ci sono i teorici, quelli che dicono “in questa scena fai così”, “in questa devi essere più cosà”; e poi ci sono i registi che sono stati anche attori, e la scena te la recitano, te la fanno vedere. Luca Ronconi, ad esempio, era divino a fare le donne. Molte grandi attrici, e sto parlando della Melato e della Guarnieri, quando vedevano Ronconi fare le loro parti dicevano che non sarebbero mai riuscite a farle altrettanto bene». Perché dice che il mestiere dell'attore è “giurassico”? «È giurassico per come l'ho conosciuto e per come lo faccio io. Chi fa teatro è giurassico nel senso che è condannato a fare altre cose per poter sopravvivere o farsi vedere. Parliamoci chiaro: questo mestiere interessa solo a una minima parte del pubblico, agli altri non frega assolutamente niente. Nemmeno allo Stato, che ha fatto una legge disastrosa per il teatro italiano. Non è un piagnisteo, è una semplice presa d'atto. A ben vedere, c'è quasi troppo teatro: in ogni viuzza che incroci c'è un gruppo, un teatrino, una compagnia amatoriale; ovunque, per tutte le tasche, per tutti i gusti. Ma a fronte di questa offerta, non corrisponde una domanda adeguata. Ai ragazzi a cui insegno dico sempre che lavorano sì, ma finché costano 40 euro. Quando chiederanno 50 euro, saranno sostituiti da altri ragazzi che costano di meno. Quando ho iniziato, fare teatro era un privilegio. Oggi fare teatro significa non farsi una famiglia, dover fare 10 spettacoli in un anno per tirare avanti. Con l'alibi che chiunque ha qualcosa da esprimere può salire su un palco abbiamo rovinato questo mestiere». Iacopo Gardelli


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prosa/1

MONOLOGHI Le Barzellette di Ascanio Celestini Il 7 marzo Ascanio Celestini è in scena al teatro Mentore di Santa Sofia con il suo monologo Barzellette, che raccoglie un patrimonio mondiale in una lettura amara e comica insieme.

Le Donne a Gambettola, secondo Lucilla Giagnoni Al teatro comunale di Gambettola, l’8 marzo va in scena il recital di Lucilla Giagnoni dal titolo Donne.

Doppia data con Gioele Dix tra Omero e Onderòd

CHI VIVE GIACE, IL DILEMMA TRA COLPA E FATALITÀ, PERDONO E VENDETTA Il Teatro Biondo Palermo porta in giro per la Romagna lo spettacolo Chi vive giace di Roberto Alajmo con David Coco, Roberta Caronia, Roberto Nobile, Stefania Blandeburgo, Claudio Zappalà, le musiche di Nicola Piovani e la regia di Armando Pugliese. Un fortuito incidente automobilistico, una disgrazia nella quale una giovane donna perde la vita a causa della guida distratta di un ventenne. Non è colpa di nessuno, se non del caso, ma il marito della donna non se ne fa una ragione: non sa se perdonare o se vendicare, come le tante voci del quartiere popolare in cui vive gli suggeriscono. Dall’altra parte, il padre del ragazzo non sa come comportarsi, se assolvere in pieno il giovane col pretesto della fatalità o spingerlo a porgere le proprie scuse al vedovo. Lo spettacolo sarà in scena al Goldoni di Bagncavallo il 9 marzo, dal 10 al 12 marzo al Masini di Faenza (gli artisti incontrano il pubblico l’11 marzo alle 18), il 13 e 14 marzo al Walter Chiari di Cervia.

PROSA/2 Giovani e periferia ne La Classe

PROSA/3 La signora del giallo al Galli

Dopo il successo riscosso un po’ in tutta Italia, arriva anche al Dragoni di Melola il 9 marzo lo spettacolo La Classe di Vincenzo Manna con Claudio Casadio, Andrea Paolotti e Brenno Placido. Ambientato in una banlieu francese, lo spettacolo affronta temi di attualità come il disagio giovanile e il tema dell’immigrazione.

Al teatro Galli di Rimini Maria Amelia Monti interpreta il grande personaggio uscito dalla penna della signora del giallo Agatha Christie, Miss Marple nello spettacolo Giochi di prestigio. La regia è affidata a Pierpaolo Sepe e l’adattamento teatrale di Edoardo Erba. In scana dal 12 al 14 marzo.

Doppio appuntamento con Gioele Dix che sarà il 12 marzo al Comunale di Russi con il monologo Vorrei essere il figlio di un uomo felice, una sua personale rilettura dell’Odissea vista da Telemaco. Il 16 marzo sarà invece al Fabbri di Forlì con lo spettacolo Onderòd, un repertorio dei suoi grandi monolghi con la musica dal vivo di Savino Cesario.

Gabriella Greison racconta Einstein Debutto nazionale il 14 marzo al teatro Astra di Bellaria per Einstein forever, nuovo spettacolo di Gabriella Greison, da lei scritto e interpretato. Un racconto adatto a tutti, senza limiti di età, in cui si ripercorre la vita di Albert Einstein.

La scimmia di Giuliana Musso tratta da Kafka Il 14 marzo Giuliana Musso porta in scena La scimmia, al teatro Bianario di Cotignola. Un testo che parte da Kafka (“Relazione per un’Accademia”) per mettere in scena la condizione dell’uomo oggi: l’allegoria di una strategia di sopravvivenza che porta all’omologazione e alla perdita di sé.

Cornacchione e l’Olivetti Il 14 marzo al teatro comunale di Conselice Antonio Cornacchione racconta in un testo da lui scritto e interpretato la storia della Olivetti in D.E.O. ex macchina Olivetti... un’occasione scippata.

Antonio Ligabue e le parole della poesia Il 21 marzo a Villa Torlonia, per la giornata della poesi Lorenzo Bartolini propone il suo Parole al tempo. Il 27 marzo va invece in scena lo spettacolo di e con Mario Perrotto Un bes - Antonio Ligabue, sulla solitudine in cui è vissuto il noto artista dalla “doppia personalità” quella indagata appunto da Perrotta.

I fatti della Uno Bianca trent’anni dopo Al Ridotto del teatro Diego Fabbri di Forlì, il 5 marzo alle 18, Uno spettacolo di Michele di Giacomo che ne è anche regista e interprete: I fatti della Uno Bianca, attraverso Fabio Savi il romagnolo di Giacomo ripercorre quella terribile vicenda a trent’anni di distanza.

PROSA/4 Dal film e dal romanzo lo spettacolo di Luciano De Crescenzo Martedì 26 marzo al teatro della Regina di Cattolica va in scena Così parlò Bellavista con Geppy Gleijeses, Marisa Laurito e Benedetto Casillo. Uno spettacolo tratto dal film e dal romanzo di Luciano De Crescenzo.

PROSA/5 Corrado Tedeschi è L’uomo dal fiore in bocca Il 27 marzo al Teatro Moderno di Savignano va in scena un classico di Luigi Pirandello, L’uomo dal fiore in bocca, interpretato da Corrado Tedeschi.


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dal libro

LA SINDROME DI ASPERGER IN SCENA CON L’ELFO Appuntamento particolarmente atteso quello al teatro Alighieri di Ravenna per lo spettacolo Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, tratto dal celebre romanzo di Mark Haddon e portato in scena dal Teatro dell’Elfo. Pièce pluripremiata nel teatro inglese e newyorkese, la commedia segue le peripezie di Christopher, un quindicenne con la Sindrome di Asperger che decide di indagare sulla morte del cane della vicina. Dal 26 al 29 marzo.

CONTEMPORANEO/2 ErosAnteros al Mama’s con la “versione da camera” di 1917 Venerdì 13 marzo alle ore 21.30 al circolo Arci Mama’s club di Ravenna, la compagnia ErosAntEros porta in scena 1917 CORE, la versione da camera di 1917, lo spettacolo che vuole ridare vita alle parole dei poeti che hanno cantato la Rivoluzione d’ottobre e restituirle attraverso la propria ricerca sonora-vocale.

CONTEMPORANEO/4 Al Félix Guattari serata con Kiva di Masque Il 20 marzo al teatro Felix Guattari (via Orto del fuoco 3) di Forlì alle 21 va in scena lo spettacolo di Masque Teatro Kiva, mentre alle 22 ci saranno Sara Baranzoni e Paolo Vignola con Il Ritmo Performato e a seguire presentazione del numero 10 della rivista La Deleuziana con Obsolete Capitalism, Sonic Plateau.

IL CLASSICO RILETTO Nuovo allestimento per l’Agamennone

CONTEMPORANEO/1 Mario e Saleh di Scena Verticale al Rasi di Ravenna

Il 4 marzo all’Alighieri di Ravenna Archiviozeta porta in scena Agamennone, nel nuovo allestimento 2020, per la drammaturgia e la regia di Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni. «Agamennone è la tragedia del vento avverso, orrendo, osceno, sacrilego, del vento che muta – scrivono da Archiviozeta – È la tragedia dei segnali di fuoco sulle vette dei monti, del ritorno su strade di porpora, del delirio profetico, della rete inestricabile della vendetta sulla soglia fatale. La prima parte della trilogia di Eschilo viene allestita come ricerca di quel filo rosso, e insieme quel lacerante combattimento, che corre tra sofferenza e conoscenza».

Venerdì 6 marzo al Rasi di Ravenna va in scena Mario e Saleh di Scena Verticale. All’indomani di un terremoto, in una delle tende allestite nei luoghi del sisma, si ritrovano Mario, un occidentale cristiano, e Saleh, un musulmano. La relazione ravvicinata tra i due si evolve tra differenze e agnizioni. Eventi esterni e fatti concreti ribaltano le percezioni che hanno l’uno dell’altro. Le certezze che sembrano farsi strada si ridefiniscono continuamente alla luce di quanto accade tra di loro, sorprendendo loro per primi.

CONTEMPORANEO/3 Torna Va Pensiero all’Alighieri Torna in scena al teatro Alighieri di Ravenna il 13 e il 14 marzo Va Pensiero del teatro delle Albe scritto da Marco Martinelli con in scena Ermanna Montanari, Alessandro Argnani, Tonia Garante, Roberto Magnani, Mirella Mastronardi, Alessandro Miele, Ernesto Orrico, Gianni Parmiani, Laura Redaelli, Alessandro Renda. Un testo di denuncia rispetto alle infiltrazioni della malavita nella ricca Emilia ispirato all vicenda del vigile Donato Ungaro.


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comico/1

IL CABARET DI MERCADINI

VELIA LALLI AL RIDOTTO MASINI Il 23 marzo, al Ridotto del Masini, la stand up comedy di Velia Lalli, Una donna senza qualità.

Per la rassegna Blu Morciano Roberto Mercadini in scena con Sogghigni-antologia cabarettistica il 9 marzo

ANDY E NORMAN A FAENZA Il 4 marzo Gigi e Ross sono Andy e Norman al Masini di Faenza.

LASTRICO A CERVIA Il 3 marzo stand-up comedy al Walter Chiari di Cervia: Maurizio Lastrico interpreta Nel mezzo del casin di nostra vita.

D’AMICO SHOW Cecilia d’Amico al Ridotto del Goldoni di Bagnacavallo con Vaga Show il 27 marzo.

HENDEL A SANTA SOFIA

CEVOLI A CATTOLICA

Paolo Hendel con il suo La giovinezza è sopravvalutata al teatro Mentore di Santa Sofia il 22 marzo.

Paolo Cevoli con il suo La sagra famiglia al Teatro della Regina di Cattolica il 14 marzo.

SBUSSOLATI IPPOLITA BALDINI A CORIANO In scena a Coriano in il 14 marzo Mia mamma è una marchesa, monologo di e con Ippolita Baldini

Mario Zamma porta Sbussolati al Binario di Cotignola il 20 marzo.

COMICO/2 Il Coast to Coast di Rocco Papaleo a Ravenna e Santa Sofia Al teatro Aligheri di Ravenna il 17 marzo e al teatro di Santa Sofia il 16 marzo, Rocco Papaleo porta il suo Coast to coast per la regia di Valter Lupo e con Arturo Valiante (pianoforte), Guerino Rondolone (basso e contrabbasso), Davide Savarese (tamburi e suoni), Giorgio Tebaldi (trombone e ukulele).

Ivano Marescotti e il liscio a Longiano e Morciano A Forlì riecco invece La lingua neolatrina Venerdì 6 marzo alle 21 al teatro Petrella di Longiano e il 14 marzo a Morciano va in scena lo spettacolo Il ballo sté bàl è ciàpa al dòn con Ivano Marescotti, autore anche dei testi, e l’Orchestra Mirko Casadei. Prima della discoteca si ballava meno? Certo che no. Si chiamavano: sale da ballo, dancing, balera, arena con pista da ballo, case del popolo. Funzionava così: l’orchestra eseguiva 4-5 pezzi musicali e i giovanotti sceglievano la dama alla quale chiedere il ballo. Cinque minuti di riposo, e si riprendeva con altra dama o altro giovanotto. “Il ballo” è uno spettacolo teatrale e musicale che esprime la voglia di ballare di ieri e di oggi attraverso le storie tragicomiche raccontate da Ivano Marescotti, e dall’orchestra di Mirko Casadei, diretto ereditario della tradizione della musica e del ballo liscio romagnolo di Secondo Casadei e Raoul Casadei. Ivano Marescotti sarà anche il 27 marzo al teatro Il Piccolo di Forlì con il monologo scritto da Maurizio Garuti La lingua neolatrina.

Triglie, principesse e tronisti nel Recital di David Riondino a Mercato Saraceno Venerdì 6 marzo alle 21 al teatro Dolcini di Mercato Saraceno sarà in scena David Riondino con il suo recital Triglie, principesse, tronisti e alpini - cronache cantate dell’Italia più o meno contemporanea.


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COMMEDIA/1

BAEDEKER

Guida teatrale per spettatori nomadi

Tre one-man-show e uno spettacolo che fa ben sperare di Iacopo Gardelli

VINCENZO SALEMME A FAENZA E FORLÌ Dal 19 al 22 marzo al Fabbri di Forlì e dal 24 al 26 marzo al Masini di Faenza, Con tutto il cuore, in scena Vincenzo Salemme insieme a Domenico Aria, Vincenzo Borrino, Antonella Cioli, Sergio D’Auria, Teresa Del Vecchio, Antonio Guerriero, Giovanni Ribò, Mirea Flavia Stellato. «Questo spettacolo – dice Salemme – è una commedia. Nel senso più scolastico della parola. Perché vorrei che il pubblico si divertisse molto». Gli artisti incontrano il pubblico il 25 marzo alle 18 a Faenza e il 21 marzo, sempre alle 18, a Forlì.

Oscar De Summa

COMMEDIA/2

MISTERO BUFFO CON MATTHIAS MARTELLI Il 12 marzo a Morciano va in scena Mistero Buffo con Matthias Martelli del Teatro Stabile Torino. Mistero Buffo è considerato il capolavoro di Dario Fo. Allegri dirige Matthias Martelli nella riproposizione di quest'opera straordinaria: l'attore è solo in scena, senza trucchi, con l'intento di coinvolgere il pubblico nell'azione drammatica, passando in un lampo dal lazzo comico alla poesia, fino alla tragedia umana e sociale. Un linguaggio e un'interpretazione nuova e originale, nel segno della tradizione di un genere usato dai giullari medievali per capovolgere l'ideologia trionfante del tempo dimostrandone l'infondatezza.

COMMEDIA/3 Parenti serpenti con Lello Arena La commedia divertente e amara Parenti serpenti sarà in scena al teatro Moderno di Savignano il 14 marzo. Lo spettacolo, tratto dall’omonimo film di Mario Monicelli, è scritto da Carmine Amoroso e vedrà protagonisti del palcoscenico Lello Arena e Giorgia Trasselli, insieme a un numeroso cast composto da Raffaele Ausiello, Marika De Chiara, Andrea de Goyzueta, Carla Ferraro, Serena Pisa e Fabrizio Vona. La regia è di Luciano Melchionnna.

COMMEDIA/4 Ridere con Romeo&Giulietta interpretati da Ale e Franz Mercoledì 4 marzo alle 21.15 al Teatro della Regina di Cattolica, va in scena Romeo&Giulietta - Nati sotto contraria stella con Ale e Franz, spettacolo da William Shakespeare. I veri protagonisti del nostro spettacolo, non sono i personaggi dell’opera, ma sette vecchi comici girovaghi che si presentano al pubblico per interpretare La dolorosa storia di Giulietta e del suo Romeo. Sanno bene che è una storia che già tutti conoscono, ma loro vogliono raccontarla osservando il più autentico spirito elisabettiano. Sono tutti uomini e ognuno di loro interpreta più personaggi, anche quelli femminili.

Una domanda che mi faccio spesso quando sono a teatro, è cosa renda tale il pubblico. Quando il pubblico è pubblico, e non spettatore? E c'è differenza fra i due? Steso sul divano a guardare un film su Netflix, sono diverso dal me stesso che, bestemmiando piano, cerca di far stare le sue gambe dentro il perimetro di una poltroncina? E se una differenza c'è, passa semplicemente dall'esser-ci, ovvero dall'essere lì, presenti, insieme? Ma anche a teatro si può essere folla anonima, anche a teatro si può essere coscienze infelici. Sono domande che vanno e vengono. E vengono specialmente quando in platea origlio di quelle osservazioni stupide, ma stupide al punto da chiedersi: se alla fine di tutto lo spettacolo solo questo è rimasto, a chi ha parlato davvero l'artista? Chi aveva davanti? Per cosa tutta quella fatica? Cosa non ha funzionato: l'opera? L'interpretazione? O più semplicemente è questione di analfabetismo funzionale? Non ho risposte sicure; anche se a volte penso che ci sia davvero pubblico solo davanti a vere opere, ovvero a quei rarissimi prodotti dello spirito capaci di attentare a una visione del mondo. Oggi più che mai, in tempi di reazione, abbiamo bisogno di rischio, di pericolo. Purtroppo la mia guida teatrale non ha le antenne abbastanza lunghe per segnalarvi questi lavori. Ma ci prova sempre. E dunque, tralasciando di citare Un nemico del popolo, di cui ho già chiacchierato con Massimo Popolizio, passo a un altro spettacolo della stagione ravennate. Parlo di Mario e Saleh, in scena il 6 marzo al Rasi, scritto e diretto da Saverio La Ruina, fondatore nel '92 della compagnia calabrese Scena verticale, nonché dal '99 direttore artistico di uno dei festival teatrali più interessanti della scena italiana, ovvero la Primavera dei Teatri di Castrovillari. Il curriculum di La Ruina fa ben sperare che questo spettacolo, incentrato sull'incontro-scontro fra due uomini di religioni diverse (in scena lo stesso La Ruina e il migrante mussulmano Chadli Aloui), possa superare i limiti angusti di questo tòpos, ormai francamente esausto, ed esplorare nuovi territori drammaturgici. Proseguo e chiudo segnalando tre one-man-show sparsi per le province romagnole. Partiamo il 5 marzo al ridotto del Fabbri di Forlì, dove Michele Di Giacomo, attore cesenate, porta in scena la ricostruzione storico-drammatica I fatti della Uno bianca. Si tratterà di una riduzione in versione radiodramma dello spettacolo Le buone maniere, scritto da Michele Di Vito. Ricostruzione doverosa e interessante, soprattutto per chi, come il sottoscritto, sa troppo poco di quella banda di poliziotti deviati che, fra l'87 e il '94 uccise più di 24 persone in Emilia-Romagna. Il 7 marzo, al Mentore di Santa Sofia, Ascanio Celestini porta il suo nuovo lavoro Barzellette, spettacolo tratto dalla sua fatica editoriale omonima pubblicata per Einaudi. Così lo stesso Celestini me lo compendiava in un'intervista di qualche tempo fa: “Nella scorrettezza delle barzellette abita spesso una verità molto semplice: è una specie d'ascensore dell'inconscio”. Concludo ad anello, a Rimini. Al Mulino di Amleto, il 14 marzo, va in scena lo spettacolo Stasera sono in vena, di Oscar De Summa, esponente ormai ben avviato del teatro di narrazione italiano (e non solo). Non fatevi confondere dal titolo da avanspettacolo: si tratta di una narrazione piuttosto densa, ambientata in Puglia: un racconto che affresca gli anni '80 della droga e dalla Sacra Corona Unita, screziandoli coi ricordi dell'adolescenza dell'autore.


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visioni

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consigli d’autore

Da Ligabue ai “nuovi” Miserabili: tre film da non perdere in sala Dopo Berlino, arriva il film di Giorgio Diritti con un Elio Germano in stato di grazia Hugo viene riletto nella banlieue di oggi. Un gioiello d’animazione dedicato a Buñuel

Dopo la partecipazione al Festival di Berlino, l'ultimo film di Giorgio Diritti Volevo nascondermi, sulla vita del pittore naif Antonio Ligabue, qui interpretato dal bravissimo Elio Germano. Certo, il mondo, nella sua casualità, è cieco e anche un po’ perverso: un film su Ligabue che esce appena subito dopo la recente scomparsa di Flavio Bucci, che ne fu meraviglioso interprete nello sceneggiato Rai degli anni '70. O forse è il mondo che vuole rendere omaggio a tutti coloro che hanno il coraggio di raccontare la storia di Ligabue, un uomo solo e abbandonato da tutti, che riuscì a essere artista nonostante il suo disagio umano ed esistenziale. Nulla in Ligabue può dare pace, e così questo film intenso e severo non nasconde nulla di questo protagonista dell'arte del 900, le cui pulsioni

di vita e morte sono mirabilmente ritratte da un Elio Germano in stato di grazia (immagine a sinistra). A marzo poi uno straordinario film francese: I miserabili del giovane Ladj Ly, vincitore a Cannes 2019. Ambientato nella banlieue parigina contemporanea, riprende il tema del romanzo di Victor Hugo trasportandolo tra sottoproletariato, gang e problemi sociali non più ignorabili. Ma se il riferimento letterario è il sottomondo parigino di Hugo, quello cinematografico non può fare a meno di ricordare il primo Spike Lee di Fa'la cosa giusta e L'odio di Matiheu Kassovitz: le tensioni sociali e razziali, la povertà, e la rivolta che prima o poi dovrà esplodere. Un film adrenalinico e complesso, che non spera di avere risposte ma per lo meno mostra tantissime domande, che

DOCUMENTARI Tre appuntamenti internazionali a marzo con “Il cinema della verità” al Ridotto del Masini Prosegue al Ridotto del Masini la rassegna di cinema documentario “Il cinema della verità, sempre alle 21 a ingresso gratuito. Tre gli appuntamenti di marzo: martedì 3 sarà proiettato Hambachers di Leonora Pigliucci e Claudio Marziali. Hambach, foresta millenaria nel cuore d’Europa, è lo scenario di un esperimento unico di resistenza ecologista che dall’alto delle case e dei villaggi sospesi sugli alberi, si oppone alle ruspe di RWE, la multinazionale che vorrebbe ridurre il bosco all’ennesimo bacino estrattivo per il carbone. Il 17 marzo è invece la volta de La scomparsa di mia madre di Beniamino Barrese, con Benedetta Barzini, Beniamino Barrese, Candice Lam, Lauren Hutton. Benedetta Barzini, modella iconica negli anni ‘60, musa di Andy Warhol, Salvador Dalì e Richard Avedon, femminista, scrittrice e docente universitaria, ha oggi 75 anni ed è decisa a scomparire; si trova però a dover fare i conti con la determinazione del figlio di fare un film su di lei. È stato candidato come “miglior documentario” agli European Film Awards 2019 (nella foto). Il mese si chiude il 31 marzo con I racconti di Parvana di Nora Twomey. Prodotto da Angelina Jolie e candidato ai Premi Oscar come miglior film d’animazione, è basato sul romanzo Sotto il burqa di Deborah Ellis (anche co-sceneggiatrice dell’opera insieme ad Anita Doron). Parvana è una ragazzina di 11 anni, che vive a Kabul coi genitori e i fratelli. In un Afghanistan violento e controllato dai talebani, un giorno suo padre viene ingiustamente arrestato in quanto un suo ex allievo, diventato estremista, lo denuncia come nemico dell’Islam. La famiglia rimane così senza un punto di riferimento e senza una fonte di reddito, rischiando di morire di fame. È a quel punto che Parvana decide di tagliarsi i capelli e di indossare abiti maschili per poter lavorare e occuparsi di sua madre e dei suoi fratelli.

CONTROCINEMA Esplorazioni atipiche dentro le nuove forme del cinema di Albert Bucci

Albert Bucci è direttore artistico del Soundscreen Film Festival. È stato docente di Sceneggiatura allo Iulm di Milano. In una vita parallela, possiede anche una laurea in Fisica Teorica.

ama i reietti di Hugo e li ama in ogni tempo e spazio esistano (immagine in alto a destra). Concludo poi segnalandovi un piccolo gioiello d'animazione: lo spagnolo Buñuel – nel labirinto delle tartarughe. Incredibile perché è un film di animazione che racconta di come il grande Luis Buñuel realizzò nel 1932, tra sacrifici e aneddoti, il suo terzo film, il documentario Terra senza pane (in originale Las Hurdes), su una delle popolazioni più povere e misere della Spagna dell'epoca. Cartone animato lirico e sofisticato, che mescola tutti i temi surrealisti di Buñuel e della sua complessa ricerca interiore ed artistica, senza rinunciare a momenti ironici e divertenti, con una bellissima colonna sonora jazzata (immagine in basso a destra).



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la recensione

La mostra dedicata all’eroe greco Ulisse in grado di stupire il pubblico Viaggio tra le sale dei Musei di San Domenico di Forlì che illustrano la figura omerica attraverso i secoli di Serena Simoni

Alla figura più ammirata dell'Iliade e al protagonista assoluto dell'Odissea i Musei di San Domenico di Forlì dedicano una grande mostra in grado di stupire il pubblico per la quantità di opere presentate – circa 250 – e per l'eccezionalità di alcuni reperti provenienti da tutto il mondo. Ulisse. L'arte e il mito è il titolo dell'esposizione curata da un comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci che indaga il mito del vincitore di Troia, inventore dell'inganno del cavallo, dal tempo delle poleis greche fino al '900. Ulisse infatti non ha rappresentato solamente l'eroe intelligente e avventuroso dei grandi poemi epici ma ha acquistato nel tempo una costellazione di significati diversi, attribuiti dalle varie epoche. Si parte dagli spazi della ex chiesa di San Giacomo al piano terra che illustra le sezioni dedicate al Concilio degli dei e al viaggio. Dopo la distruzione di Troia da parte degli Achei - avvenuta realmente in una data probabilmente compresa fra il 1200 e il 1180 a.C. - cominciano le narrazioni poetiche della guerra, ripresa sia dal popolo ittita che dai Greci. Troia – per gli Ittiti Wilisa – non fu distrutta a causa di una donna ma per motivi di controllo economico: i racconti si divulgano prima oralmente per passare alla scrittura circa 400 anni dopo all'evento, quando nacque per mano di uno o più poeti il poema dell'Iliade. Altre narrazioni – chiamate nòstoi (i ritorni) – nacquero per descrivere le avventure dei protagonisti achei per tornare in patria: l'unico che ci è pervenuto è quello di Ulisse-Odisseo, re di Itaca, le cui sorti vengono decise in un concilio di dei descritto nel poema epico. La prima sala dei musei si apre con un dipinto di Rubens eseguito in Italia agli inizi del '600 per il duca di Mantova, in cui l’artista fiammingo riprende un tema già affrontato da Raffaello

nella loggia della villa romana della Farnesina. Il dipinto è posto a confronto con lo stesso tema raffigurato in una bella ara circolare neoattica del I secolo a.C., tratta da un originale di Prassitele. Nel dibattito tenuto dagli dei si distingue Atena, dea della sapienza e della strategia militare, che nel racconto omerico difende strenuamente Ulisse per aiutarlo nel ritorno a casa. Numerose statue originali romane, alcuni calchi moderni e una serie di vasi di fattura greca ci illustrano i protagonisti del concilio – Ares, Hera, Zeus, Afrodite, Demetra e Atena stessa – mentre nella navata centrale prende inizio la seconda sezione dedicata al viaggio per mare. Il reperto della nave greca ritrovata a Gela, rinvenuta nel 1988, varrebbe da solo la

Ristorante biologico, piatti vegani e menù di pesce in base al pescato del giorno

Piazza Aldo Moro, 3 - Forlimpopoli (FC) - Tel. 0543 1653728 - 320 7423113

visita alla mostra: i lavori di restauro terminati nel 2008 ci permettono di vedere parti della poppa, assi longitudinali e traversi di una delle imbarcazioni più antiche ritrovate in Mediterraneo, databile tra il VI e il V secolo a.C.. Destinata alla navigazione sottocosta, la nave – lunga più di 17 metri – doveva essere diretta a Gela, una delle varie colonie fondate dai Greci in Sicilia. In mostra vengono presentati alcuni oggetti del carico – un piccolo tripode per scaldare o cucinare assieme a un cesto di fibre vegetali rivestito di colofonia, una resina vegetale – che ricreano uno scenario realistico alle avventure dell’eroe omerico. Altri reperti ritrovati nello stesso tratto di mare e prestati con generosità dai musei e dalla Regione di Sicilia contribuiscono a rafforzare la figura storica dei naviganti dell'antichità: fra i reperti sono anche alcuni rarissimi lingotti di oricalco, una lega metallica leggendaria di rame e zinco, che per gli antichi proveniva dalla mitica Atlantide. Chiude la sala un’opera del 2014 di Mimmo Paladino simile alla serie allestita al museo di Gibellina che in questo contesto evoca l’inganno messo a punto da Ulisse per entrare nella città nemica. Il corridoio e le stanze a lato ospitano le sezioni dedicate a Omero e ai personaggi dei due poemi epici dal periodo greco a quello rinascimentale attraverso le rielaborazione del Medioevo. L'immaginario antico già veniva indirizzato dalle parole omeriche che descrivono Ulisse tramite la sua voce profonda e le parole che fluivano "come fiocchi di neve d'inverno". L'eroe era un abile oratore e aveva una mente duttile, capace di creare inganni a parole e tradurli in fatti: non a caso sono i sotterfugi per sfuggire a Polifemo - l’accecamento del ciclope e l'uscita dalla sua grotta - che vengono per primi raffigurati dai ceramografi greci e poi ripresi dagli artisti nei territori romani, quando la traduzione dell'Odissea di Livio Andronico diffonde il poema fra i discendenti di Enea. Insieme a Polifemo, la maga Circe, Nausicaa, le sirene, il mostro Scilla, Penelope e la strage dei Proci sono soggetti che attraversano il mondo antico come testimoniano urne, vasi, statue e oggetti votivi greci, etruschi e romani. Una sezione a sé merita il mito delle sirene che secondo gli antichi erano ibridi fra donne e uccelli, incarnazioni di sensualità e canto ammaliatore che conduce alla morte. Omero ne descrive solo il canto ma dall'iconografia di donne-uccello le figure si trasformano in donne-pesce nell'alto Medioevo. In un mondo ormai cristianizzato, questi ibridi dalla doppia coda e dal sesso messo in evidenza incarnano il peccato come testimoniano il mosaico ravennate proveniente da San Giovanni evangelista e il capitello longobardo di Cividale. La lettura cristianizzante del mito omerico è il centro della visione dantesca che a Ulisse dedica il XXVI canto


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Nella pagina accanto, a sinistra: manifattura corinzia, “Aryballos con Sirena”, 600-550 a.C., Trieste, Civico museo di antichità Winckelmann; a destra: Liberale da Verona, “Iniziale D con Eolo”, dopo al 1468, da graduale conservato nella Libreria Piccolomini della Cattedrale di Siena. In questa pagina, a sinistra: John William Waterhouse, “Circe invidiosa”, 1892, Adelaide, Art Gallery of South Australia; a destra: Giorgio De Chirico, “Le muse inquietanti”, 1924, olio su tela. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.

dell'Inferno: nella sale la voce di Vittorio Gassman interpreta magistralmente i versi di Dante che sorvolano sugli inganni dell'eroe bruciante nella fiamma dei fraudolenti, privilegiando il racconto della sua fine, di cui nessun poeta aveva mai parlato. L'ultimo peccato di Ulisse è il desiderio di conoscenza: superando le colonne di Ercole per sapere, Ulisse coglie la mela dall'albero della conoscenza, macchiandosi di una hybris intesa in senso cristiano vici-

na al peccato d'origine. Miniature, calcografie e illustrazioni della Commedia fra '300 e '500 rilanciano una visione moralizzata dell'eroe greco di cui si fa erede il Rinascimento italiano: nei cassoni nuziali del '400 si riprendono gli avvenimenti salienti della guerra di Troia e del viaggio di Ulisse come puro divertimento – fra cui il raro soggetto di Eolo, dio dei venti – ma insistono anche sui valori di fedeltà incarnati da Penelope e dalla Pudicizia. Sul concetto di virtù, declinata anche in senso politico come capacità di governo del Principe di Machiavelli, insiste il secolo successivo che si apre con la scoperta del gruppo scultoreo del Laocoonte, esposto in calco a Forlì: occorre ricordarne la citazione di un Raffaello ancora giovane nella Pala Baglioni, non in mostra per ragionevoli motivi di conservazione, da cui si coglie la trepidazione che doveva avere attraversato il pieno Rinascimento. Lo riprovano le citazioni reinterpretazioni del Laocoonte nell'arte, fra cui la xilografia del ravennate Marco Dente, due bellissimi studi del Parmigianino e il gruppo scultoreo di Vincenzo de' Rossi proveniente da collezione privata. L'interesse verso le avventure dei poemi omerici non accennano a diminuire nel corso del '600 e '700, quando eroi antichi e figure mitologiche popolano affreschi e tele: nelle sale al primo piano vediamo come Circe, Calipso, i Feaci, Nausicaa e Penelope danno vita a numerose opere italiane che decoravano le dimore signorili - in mostra alcuni esempi dai cicli a fresco del Guercino - ampliando l'influenza a tutta l'Europa settentrionale. La figura di Circe diventa quasi ossessiva nel '600 così come le sirene lo sono per il Simbolismo dalla fine dell'Ottocento, un periodo legato ai temi e alle figure omeriche là dove incrociano la ricerca di sensualità, l'esaltazione del dramma, i

languori e le suggestioni fantastiche che appesantiscono l'immaginario del tempo. A parte pochi tratti felici di Max Klinger e in certa misura Waterhouse occorre aspettare Savinio, De Chirico, Carrà e Martini per ritrovare un'interpretazione più felice di un mito intramontabile. Ulisse. L'arte e il mito; fino al 21 giugno; Forlì, Musei di San Domenico; orari: Mar-Ven 9.30-19, Sab-Dom e festivi 9.30-20.


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la novità

Apre Part, nuovo museo d’arte contemporanea con la fondazione San Patrignano Inaugurazione prevista il 14 marzo all’interno dei palazzi dell’Arengo e del Podestà, in centro a Rimini

A sinistra, i Palazzi comunali. A destra: un’opera esposta di Vanessa Beecroft

“Part – Palazzi dell’Arte di Rimini” apre le sue porte al pubblico il prossimo sabato 14 marzo, con una grande festa a cui è invitata tutta la città. Si tratta del nuovo sito museale che si colloca all’interno del complesso monumentale medievale costituito dal duecentesco Palazzo dell’Arengo e dal trecentesco Palazzo del Podestà, i due imponenti edifici che insieme a Palazzo Garampi, al Teatro Galli e alla Pescheria si affacciano sulla Piazza Cavour, cuore di Rimini. All’interno di questo suggestivo contesto, interessato da un primo intervento di riqualificazione, troverà casa la Collezione della Fondazione San Patrignano, raccolta di opere donate di affermati artisti contemporanei del panorama italiano e internazionale in costante espansione, avviata nel 2017. Il restauro e il riadeguamento funzionale degli edifici sono stati realizzati dallo Studio AR.CH.IT guidato da Luca Cipelletti, che ha anche firmato la messa in scena e l’allestimento della Collezione di San

Patrignano. Per la parte di illuminotecnica, volta a valorizzare la collezione, unitamente alle architetture dello spazio, i promotori si sono rivolti all’architetto e lighting-designerAlberto Pasetti Bombardella. Quest’opera di riqualificazione artistico-culturale della città è stata resa possibile attraverso un intenso lavoro sinergico tra pubblico e privato-sociale: l’intesa tra Comune di Rimini e Fondazione San Patrignano ha permesso di dotare la città di un innovativo museo pensato per essere a un tempo occasione di avvicinamento all’arte contemporanea per il pubblico generale e strumento per valorizzare al massimo le donazioni ricevute dalla comunità. La raccolta d’arte contemporanea ospitata dal Part è il risultato, in continua crescita ed evoluzione, della prima grande iniziativa italiana di endowment su modello anglosassone: le opere della raccolta sono state donate alla Fondazione San Patrignano con atti che impegnano la Fondazione a non alienarle per un periodo minimo di cinque anni, contribuendo alla loro messa in valore rendendole visibili al pubblico; successivamente potranno essere cedute solo in caso di esigenze straordinarie della comunità per soddisfare prioritarie necessità degli ospiti in percorso di recupero dalla tossicodipendenza. La raccolta è già oggi una ricca collezione contemporanea che riunisce artisti di grande valore come: Mario Airò, Vanessa Beecroft, Bertozzi&Casoni, Domenico Bianchi, Alessandro Busci, Maurizio Cannavacciuolo, Loris Cecchini, Jakee Dinos Chapman, Sandro Chia, Roberto Coda Zabetta, George Condo, Enzo Cucchi, Anne de Carbuccia, Thomas De Falco, Nicola De Maria, Gianluca Di Pasquale, Nathalie Djurberg & Hans Berg, Sam Falls, Flavio Favelli, Giuseppe Gallo, Alberto Garutti, Giorgio Griffa, Shilpa Gupta, Mona Hatoum, Damien Hirst, Carsten Höller, Emilio Isgrò, Giovanni Iudice, William Kentridge, Loredana Longo, Claudia Losi, Iva Lulashi, Ibrahim Mahama, Agnes Martin, Paul McCarthy, Igor Mitoraj, Davide Monaldi, Gian Marco Montesano, Mimmo Paladino, Yan Pei-Ming, Tullio Pericoli, Achille Perilli, Diego Perrone, Luca Pignatelli, Pino Pinelli, Michelangelo Pistoletto, Gianni Politi, Jean Paul Riopelle, Pietro Ruffo, Mario Schifano, Julian Schnabel, Elisa Sighicelli, Andreas Slominski, Ettore Spalletti, Francesco Vezzoli, Velasco Vitali, Silvio Wolf, Xiaongang Zhang. Il pubblico avrà accesso al piano terra, primo piano e scalone monumentale di Palazzo dell’Arengo e alle sale del piano terra, oltre al giardino, di Palazzo del Podestà.

LA MOSTRA A Forlì “Profili cuciti di santità”, quando l’artista disegna con la macchina da cucire Alla Fondazione Dino Zoli di Forlì si stringe ulteriormente il legame tra arte e tessuto con la mostra personale di Lucia Bubilda Nanni, “Profili cuciti di santità”, realizzata in partnership con la Dino Zoli Textile, l’azienda madre del Gruppo Dino Zoli. Ravennate classe 1976, Lucia “Bubilda” Nanni disegna con la macchina da cucire, attraverso un gesto controllato che le consente di trasferire all’ago ciò che vedono gli occhi, rendendo razionali le emozioni. «Facendo uso di grandi teleri, leggeri come panni stesi al vento o intelati e tesi come telai da ricamo pronti a ricevere nuovamente l’ago – spiega la curatrice – Lucia Bubilda Nanni racconta la vita di tre Sante, facenti parte di una ricognizione più ampia dedicata al dualismo isteria/misticismo. Le chiama “Annotazioni” in riferimento agli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, ne fa dei confronti tra corpi assenti e corpi presenti: figure che hanno posato per lei realmente e che evocano fisici assenti; un dialogo tra fisionomie di persone del nostro tempo prese ad esempio e biografie di donne dal passato. Ne nascono tre storie, tre modelli di riferimento della spiritualità e della mistica cristiana che possono avere, in bibliografia, una duplice lettura, anche collegata alla realtà contemporanea. Tre percorsi generati dalle mani di Lucia che guidano la macchina da cucire, strumento d’acciaio, pesante e violento, eminentemente razionale, che governa le sue emozioni, le guida e le controlla». La mostra presenta una ventina di opere di grandi dimensioni dedicate alle vite di Maria Egiziaca, Teresa d’Avila e Rosa da Lima. La personale sarà visitabile fino al 19 aprile, da martedì a giovedì ore 9.30-12.30, da venerdì a domenica ore 9.30-12.30 e 16.30-19.30, chiuso lunedì e festivi. Ingresso libero.


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MATERIA OSCURA

lo spettacolo

Ceramica, la sfida di Picasso per sovvertire le Belle Arti di Linda Landi

Per fare una colomba bisogna iniziare strizzandole il collo. Pablo Picasso Delicatissimo come sempre, quel geniaccio impertinente, narciso e sovversivo di Picasso non sentiva di certo il bisogno di mettersi i guanti per buttare lì una sferzata del suo humour nero anche sul tema della pace, che così tanto lo toccava e lo scuoteva da dentro. La storia di Guernica ce ne rende testimonianza, un latrato di dolore che arriva dal profondo dell’animo umano sconvolto dall’orrore; e poi c’è una storia forse meno nota, meno urlata, ma altrettanto pregnante che ci racconta Salvador Haro Gonzales, professore dell’Università di Màlaga, insieme al curatore indipendente Harald Theil, in quel del Mic di Faenza (Picasso. La sfida della ceramica in mostra fino al 13 aprile 2020), e che confluisce in questa battuta su come Uno dei pezzi di realizzare colombe manipolanceramica di do bottiglie in argilla. La storia Pablo Picasso in comincia nell’estate del 1947 a mostra al Mic di Vallauris, nella Costa Azzurra: Faenza un Picasso ormai sessantacinquenne, ma tutt’altro che stanco di intraprendere nuove sfide artistiche, diviene apprendista per le tecniche della ceramica nel laboratorio della famiglia Ramié. Sfidando lo studio della ceramica “come un torero nell’arena” creò quasi duemila opere in un anno e operando sulla ceramica come pittore, incisore e scultore mise a sistema una pratica artistica fortemente integrata nei suoi differenti linguaggi espressivi. «Per Picasso, l'arte e soprattutto la ceramica ha rappresentato soprattutto una sfida a sovvertire il sistema delle Belle Arti, caratterizzato da regole stabilite molto tempo prima della sua vita e della sua attività artistica – spiega Harald Theil – regole che non erano più adatte ai tempi in cui egli viveva». Così l’artista rielaborò forme esistenti e ne creò di nuove, infatti: «La ceramica di Picasso, oltre ad essere un'opera assolutamente moderna, si inserisce nella millenaria tradizione ceramica, ponendosi in equilibrio tra modernità e tradizione – dice Salvador Haro Gonzales. – Al MIC mettiamo in dialogo le ceramiche dell’artista con anonimi maestri della ceramica del passato: dall'antichità greco-romana, alla ceramica popolare, dalla ceramica preispanica a quella ispano-moresca. La mostra cerca infatti di dimostrare come tutti questi elementi possano essere rintracciati nella produzione del maestro di Màlaga. Inoltre non è possibile comprendere l'opera di Picasso in una specifica disciplina, in modo isolato, ma solo considerando tutta l'opera dell'artista come un insieme organico in cui tutti gli elementi sono strettamente correlati. Alcune delle ceramiche esposte si affiancano ad opere sviluppate in vari media. Ad esempio, la lastra con la Menina fa parte della serie di 56 dipinti su questo tema del 1957». E in nome della circolarità dell’ispirazione, vale anche il contrario, infatti molti lavori realizzati utilizzando altri linguaggi artistici risentono del germe creativo nato dalla duttile argilla e dai suoi oggetti del passato: «Picasso si interessò anche a frammenti recuperati da cumuli di rifiuti, alle "pignates", a strumenti da forno, come le "gazzelle”, per le qualità e gli usi che questi oggetti avevano ricoperto. Utilizzò anche mattoni rotti che trasformò in volti di donna – prosegue Haro Gonzales – rivoluzionò la pratica abituale utilizzando metodi poco ortodossi. Ciò che non sapeva lo inventò, attingendo alla sua conoscenza di altre discipline artistiche e alla sua notevole intuizione. Infatti, i Ramiés dissero che un apprendista con le sue caratteristiche, sarebbe stato immediatamente licenziato».

VITTORIO SGARBI PORTA RAFFAELLO A MODIGLIANA Il 14 marzo al Teatro dei Sozofili di Modigliana arriva il critico d’arte Vittorio Sgarbi con il nuovo spettacolo dedicato questa volta alla figura di Raffaello. Dopo “Caravaggio”, “Michelangelo” e “Leonardo”,arriva al quarto protagonista per comporre un trittico sul Rinascimento giungendo a Raffaello Sanzio (1483/1520), genio di cui nel 2020 ricorrono le celebrazioni dal cinquecentenario della scomparsa, la cui opera segnò un tracciato imprescindibile per tutti i pittori successivi.

RAVENNA Una mostra sul paesaggio ispirata al libro di Osiride Guerrini e Pietro Barberini in Classense Aperta fino al 29 marzo alla Classense la mostra “Ravenna, un paesaggio che attraversa la storia”. L’esposizione, allestita nel Corridoio grande, prende spunto dall'omonimo volume pubblicato da Osiride Guerrini e Pietro Barberini, prima della prematura scomparsa di quest’ultimo (SBC Edizioni, 2019). Gli autori, ottimi conoscitori della città, del territorio e delle trasformazioni avvenute nei secoli, tracciano nel volume una storia così chiara che merita di essere seguita e ulteriormente indagata anche grazie ai documenti presentati in mostra. L’occasione si presta anche a valorizzare le mappe manoscritte dell’Archivio storico comunale di Ravenna, conservato presso la Biblioteca Classense, e le splendide incisioni della biblioteca stessa che mostrano il territorio e la città nei secoli passati. Orari: da martedì a sabato dalle 9 alle 19; domenica e lunedì dalle 14 alle 19.

Lo incontri passeggiando sul porto canale di Cesenatico, e lo riconosci per l’ambiente caldo e accogliente della tipica trattoria di mare (dove puoi mangiare anche carne). Il Trabucco è il posto perfetto per un pranzo o una cena gustosi tutti i giorni, nel segno della tradizione, con un menù ricco, vario ed equilibrato, che spazia dagli antipasti freddi e caldi, alle cruditè, ai primi e secondi sia di carne che di pesce e ad una scelta ampia di contorni, con il finale dai molti dessert. Speciali i “Menu Degustazione” da condividere in coppia per assaggiare i piatti tipici della cucina. Cuochi per passione, qui troverete l’equilibrio perfetto fra qualità e prezzo.

Viale Giuseppe Mazzini, 43 - Cesenatico (FC) Tel: 0547 404459 E-mail: info@iltrabucco.net


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l’intervista

Giancarlo De Cataldo e il Risorgimento: «Un’epoca in cui si lottava per le proprie idee» Il noto scrittore sarà a Ravenna per la rassegna “Il tempo ritrovato” al teatro Alighieri per presentare il suo ultimo romanzo Quasi per caso, uscito per Mondadori, che ha per protagonista il maggiore Saint-Just di Federica Angelini

Brillante. Se c'è un aggettivo che descrive il libro di Giancarlo De Cataldo Quasi per caso (titolo che non gli rende alcuna giustizia e forse per questo è quasi nascosto sulla copertina de “Il giallo Mondadori”, la collana da libreria) è brillante. Buon ritmo, personaggi leggiadri, dialoghi divertenti, suspense costante ma mai esasperata. La trama non è originalissima e il sospetto su chi sia il vero colpevole al lettore un po' scafato di gialli viene forse prima che all'investigatore, ma il gusto del romanzo è altrove. Nell'ambientazione di quella Roma repubblicana senza Papa, guidata dai triumviri, mentre il Piemonte è retto dal Conte Cavour e re è appena diventato il focoso Vittorio Emanuele Secondo. Il gusto sta nei personaggi romani, nella ricetta della carbonara, nell'atmosfera politica, in quella Roma così diversa eppure così uguale nei suoi tratti fondamentali. L’appuntamento con De Cataldo è per il 13 marzo alle 18 alla sala Corelli del teatro Alighieri di Ravenna per la rassegna “Il tempo ritrovato”. Questo non è il primo libro che ha scritto con questa ambientazione. Come nasce l'interesse per questo particolare periodo della storia d'Italia? «È successo che nel 2010 ho collaborato alla sceneggiatura del film di Mario Martone Noi credevamo e da allora mi sono molto appassionato. In fondo l’Ottocento è il secolo del Romanticismo dei grandi sentimenti e delle grandi passioni. Era un momento in cui non se la mandavano a dire e combattevano per quello in cui credevano». E però, per quanto le vie delle nostre città prendano i nomi dei protagonisti del Risorgimento, si tratta di un periodo in realtà non troppo amato dagli italiani. Perché? «Perché c’è stata tanta, troppa retorica in passato e la

gente si è stufata. Da bambini si studiava ossessivamente il Risorgimento, almeno fino agli anni Settanta, poi è stato messo da parte, è vero. Ricordo che quando Martone e io abbiamo scritto il film, all'inizio nemmeno la Rai ci credeva tanto. E invece poi è piaciuto tantissimo. Il punto è che si era diffusa l’idea di un periodo noioso, mentre si trattava di ragazzi avventurosi che avevano grandi ideali». Questo rischio di “paludamento” lo corre anche un periodo storico come la Resistenza? In questi

giorni, anche qui in Romagna, assistiamo a sfregi ai sacrari... «La Resistanza ha già attraversato lo stesso fenomeno, dagli anni Novanta è stata come cancellata. Adesso è tornata in un modo curioso, tutti cantiamo “Bella Ciao” perché la cantano nella serie spagnola La Casa di carta, e non per altro. Tuttavia piano piano anche partiti di sinistra che avevano un po’abbandonato quei temi se ne stanno riappriando. Ed è un bene, anche perché c’è in effetti un


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LA RASSEGNA Tra frontiera e felicità, incontri alla Classense e al Mercato Coperto Oltre a Giancarlo De Cataldo (vedi intervista), prosegue alla Classense di Ravenna la rassegna “Il tempo ritrovato”, alle 18. In particolare il 4 marzo Ilaria Gaspari presenta il suo libro Lezioni di felicità. Esercizi filosofici per il buon uso della vita (Einaudi). Il suggerimento di guardare agli antichi per prendere la vita con piú leggerezza. L’11 marzo è invece la volta di Nevio Spadoni, con Teatro (Il Ponte Vecchio) ossia la raccolta delle sue opere in dialetto romagnolo proprio per gli spettacoli teatrali. Con letture dei due attori Elena Bucci e Marco Sgrosso. In programma incontri anche al Mercato Coperto di piazza Andrea Costa da poco rinnovato, sempre alle 18: il 5 marzo si parla di “anarchici romagnoli” con gli scrittori ravennati Matteo Cavezzali ed Eraldo Baldini mentre il 21 marzo spazio alla grande letteratura americana con Catherine Lacey (nella foto) e la traduttrice Martina Testa. In particolare quest’ultimo incontro fa parte di un’altra rassegna organizzata sempre da Matteo Cavezzali “Scritture di frontiera” che prevede altri quattro incontri tutti alla bibloteca Classense che sono con Dacia Maraini mercoledì 11 marzo alle 15.30, con Esperance Hakuzwimana Ripanti il 18 marzo alle 18 l’1 aprile con il giornalista Domenico Quirico sempre alle 18.

ritorno dell’estrema destra ed è importante esprimere grande vicinanza quando, per esempio, ci sono svastiche sui monumenti come nei casi che mi sta dicendo». E che cosa possiamo imparare oggi dal periodo del Risorgimento? Ha ancora una qualche attualità? «Il Risorgimento è stato un movimento che puntava al progresso: la conquista dell’indipendenza dei diversi stati voluta da tanti giovani europei non era mai in chiave nazionalista, ma era vista come un passo necessario verso lo sgretolamento degli imperi centrali. Mazzini è sempre stato un convinto sostenitore dell’Unità d’Europa perché l’idea era di dar vita alle nazioni di popoli che avrebbero poi dovuto camminare fianco a fianco non certo combattendosi. C’era un forte slancio verso l'inclusione. Purtroppo spesso di quel periodo si ricordano gli aspetti più deleteri come l’occupazione militare colonialista». In generale, come autore, come spiega questo bisogno che pare ormai pervasivo di tornare alla storia? Il romanzo storico in Italia forse non ha mai conosciuto un’epoca più feconda... «Non solo il romanzo, ma anche le fiction. Il problema è che nel mercato internazionale la nostra stagione d'oro fu il Rinascimento, quella di Leonardo e di Raffaello. Non si pensa al Risorgimento, se non per Garibaldi e Verdi, perché quella fu anche l’epoca d’oro della grande lirica». Anche in Quasi per caso compare a un certo punto un personaggio romagnolo piuttosto sanguigno... «Va detto che il personaggio di Callico Zambianchi è

realmente esistito. E del resto la Romagna è stata un territorio importantissimo, basti pensare a Felice Orsini, rivoluzionario del territorio di Meldola. La Romagna era la regione più turbolenta dello Stato Pontificio, quella dove il potere centrale era meno sopportato e dove erano frequenti i moti di ribellione». Il protagonista Saint-Just, invece, come nasce? «Nasce nel 2014 quando il Comando dei Carabinieri chiese a una serie di scrittori italiani di scrivere una storia per i 200 anni dell’Arma. Lì per esempio nacque il personaggio Fenoglio di Gianrico Carofiglio, Carlo Lucarelli invece si occupò di un tema a lui caro come quello della guerra di Eritrea. Io diedi vita al maggiore Emiliano Mercalli di SaintJust, figlio di un ufficiale napoleonico, carabinieri con compiti di indagine, come in effetti l’Arma ebbe fin dall’inizio». Senza svelare nulla, il finale di questo romanzo non può essere un finale, soprattutto dal punto di vista di una donna femminista che si è affezionata alla meravigliosa e assai indipendente fidanzata di Saint-Just. Può rassicurarci su questo? «In effetti non finirà così ed è già tutto previsto, quel periodo fu molto importante anche per il ruolo delle donne, che combattevano per i propri ideali e la propria emancipazione. Non so quanto ancora andranno avanti le avventure di questo personaggio, ma di certo ce ne sarà una prossima che riprenderà proprio da dove termina questa...».

«La lotta per l’indipendenza non era vista in ottica nazionalista»

fumetti

IL LIBRO DI BARONCIANI DIVENTA UN CONCERTO, A FORLÌ Quando tutto diventò blu, la graphic novel cult di Alessandro Baronciani, diventa un concerto a fumetti con Suner, il project festival targato Arci che farà tappa a Forlì il 29 marzo alle 21 alla Cosascuola Music Academy (viale Spazzoli, 51). Il progetto curato da Alessandro Baronciani e Corrado Nuccini (Giardini di Mirò), vedrà sul palco anche Daniele Rossi al violoncello e avrà come voci Ilaria Formisano (Gomma) e Her Skin. Ad ogni data ospiti tra i nomi più importanti dell’indie al femminile e non solo, che interpreteranno pezzi originali. A Forlì toccherà a Francesca Bono degli Ofeliadorme.

LUGO Al Caffé letterario tra storia, psicologia, narrativa e grande letteratura Fitto calendario a marzo per la rassegna “Il caffé letterario” di Lugo con appuntamenti sempre alle 21 all’Hotel Ala d'Oro. Si comincia venerdì 6 con Maria Rita Parsi e Salvatore Giannella autori del Manifesto contro il potere distruttivo (Milano, Chiarelettere, 2019). Il potere distruttivo esprime, nel microcosmo familiare come nel macrocosmo sociale, il malessere, il disagio psicologico, quando non l’evidente disturbo mentale. Il 13 marzo il grande italianista Giulio Ferroni parlerà invece del saggio L’Italia di Dante (Milano, La nave di Teseo, 2019). Introduce Arnaldo Bruni. Seguendo la traccia della Divina Commedia, e quasi ripetendone il percorso, Giulio Ferroni compie un vero e proprio viaggio all'interno della letteratura e della storia italiane: una mappa del nostro paese illuminata dai luoghi che Dante racconta in poesia. Il 20 marzo è la volta di Antonio Forcellino e il suo romanzo Il fermaglio di perla, ambientato nel Rinascimento e incentrato su Raffaello Sanzio. Oltre vent’anni di storia raccontati con passione e maestria, tra le città incendiate dalle battaglie e dagli scandali, e meravigliosamente ornate dalle più belle opere d’arte di sempre. Ultimo appuntamento il 30 marzo con Maurizio Viroli e il suo saggio Nazionalisti e patrioti (Bari, Laterza, 2019), introduce Paolo Cavassini. Partendo da Rousseau e passando da Mazzini, Gentile, Benedetto Croce, Calamandrei e molti altri ancora, Viroli delinea criticamente la differenza tra nazionalismo e patriottismo.


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la rassegna

Filosofi a confronto con i grandi classici a Misano Adriatico Al via la tredicesima edizione di “Ritratti d’autore”

TEATRO & STORIE Verso Santarcangelo 50 con Paolo Ruffini Nuovo appuntamento con il ciclo di incontri "Costruire una storia", percorso di indagine, riflessione e confronto sul 50esimo anniversario di Santarcangelo Festival nel 2020, a cura di Roberta Ferraresi. Il 2 marzo alle 21 nella biblioteca comunale Baldini di Santarcangelo ci sarà “Costruire una storia: Paolo Ruffini”. Come l'arte guarda al reale, al presente, al tempo in cui viviamo? È questa la domanda di partenza dell'International Festival of the Arts a Santarcangelo fra 2006 e 2007, in una fase di profondo ripensamento della scena sperimentale oltre i canoni, i confini, le categorie convenzionali; ma anche più ampiamente in un delicatissimo passaggio anzitutto antropologico oltre il quale le società democratiche occidentali stavano mutando così radicalmente da non sembrare più, di lì in avanti, ciò che erano state fino a quel momento.

POESIA Franco Arminio (e non solo) all’Azione di Poggio Torriana

Massimo Donà

La stagione culturale 2020 della biblioteca di Misano Adriatico, curata da Gustavo Cecchini, apre, con “Ritratti d’autore”, rassegna filosofico- letteraria dedicata a opere entrate a far parte dell’olimpo dei classici, presentate al pubblico da illustri maestri. Tra gli appuntamenti in programma per marzo della rassegna giunta alla XIII edizione, martedì 3 l’incontro con lo storico Franco Cardini che si misurerà con un classico per eccellenza: l’Eneide di Virgilio. Venerdì 13 marzo il debutto di una voce nuova per Misano: il filosofo Erasmo Silvio Storace con: Ecce homo. Come si diventa ciò che si è di Friedrich Nietzsche. L’Amleto di Shakespeare sarà di scena venerdì 20 marzo con il filosofo-jazzista Massimo Donà. Composta tra il 1600 e il 1602, Amleto è forse l’opera più nota di Shakespeare e della storia del teatro intero. La “maschera Amleto”, dietro la quale si cela il volto dell’autore stesso, percorre l’intero itinerario teatrale del bardo e ha messo a dura prova l’ingegno dei critici più illustri. Venerdì 27 marzo un’altra voce nuova: la filosofa Maria Michela Sassi si misurerà con la figura mitologica di Medea, resa celebre dall’omonima tragedia di Euripide. La vicenda della principessa della Colchide, assassina dei propri figli per vendetta nei confronti dello sposo che l’ha abbandonata, è fra le più inquietanti che la tradizione dei miti greci ci abbia consegnato. La rassegna si conclude ad aprile con Silvano Petrosino il 3 e e il 10 Marco Guzzi. Chiuderà giovedì 16 aprile Nuccio Ordine proponendo “Il candelaio: vita e teatro in Giordano Bruno”. Tutti gli incontri si terranno presso il Cinema Teatro Astra di Misano Adriatico con inizio alle ore 21. L’ingresso è libero sino ad esaurimento posti, non è prevista prenotazione. Info: 0541618484; biblioteca@comune.misano-adriatico.rn.it; www.misano.org

Il 22 marzo, in prossimità della Giornata mondiale della Poesia, le porte del Centro Sociale di Poggio Torriana si aprono sul giardino e la strada. Un pomeriggio a porte aperte, tra poesia e paesaggio grazie alla nuoVa azione di Cantina Poetica. Gli ospiti di questo terzo appuntamento saranno: Franco Arminio, poeta, scrittore, regista, autodefinitosi come «paesologo». È documentarista e promotore di battaglie civili. Ciro Buttari, polistrumentista, ha collaborato con artisti, danzatori, registi tra cui Paolo Conte, Ludovico Einaudi, Luciano Berio, Gianni Sassi, fondatore dell’etichetta indipendente Cramps. Paolo Vachino, poeta e affabulatore. Ha pubblicato diversi libri di poesia tra cui Sirene per aufraghi di terra (Editori della peste), scrive su diverse riviste letterarie e conduce laboratori di scrittura anche all’interno delle carceri. Info e prenotazioni: 347 935 3371

LA LETTURA/1 Un feuilleton romagnolo di Eugenio Sideri letto a puntate A partire dal 28 marzo, al Dock 61 di via Magazzini Posteriori a Ravenna, alle 21 ha avvio la prima puntata del progetto Fujton, a cura di Eugenio Sideri e Lady Godiva Teatro. Il drammaturgo e regista ravennate ha deciso di cimentarsi sulla scrittura di un romanzo: Il signor Ernesto che faceva le case. Ha poi suddiviso l’opera in puntate e, attraverso il lavoro con un laboratorio teatrale, ha deciso di “raccontarla” al pubblico in forma di lettura teatrale. Il signor Ernesto racconta di una famiglia nata e cresciuta nella Romagna di fine ‘800, tra anarchia e socialismo. Fujtôn è un progetto che prende le forme dal Feuilleton, il romanzo d'appendice, il romanzo a puntate, diffuso in Francia nei primi decenni dell'Ottocento, episodi di poche pagine pubblicati in genere la domenica.

LA NOVITÀ Lucarelli e Carlotto a teatro tra Santa Sofia e Galeata Due appuntamenti per la minirassegna sponsorizzata da Podere dei Nespoli “Libri a teatro”. Il 20 marzo alle 21 al Mentore di Santa Sofia il primo appuntamento è con Carlo Lucarelli (nella foto) che il 3 marzo torna in libreria con il nuovo romanzo della sua fortunata serie del commissario De Luca L’inverno più nero. Con lui Corrado Ravaioli, letture di Luca Maggiore e interventi musicali di Vanni Crociani al pianoforte. Il 27 marzo invece è la volta di un altro protagonista indiscusso del giallo italiano Massimo Carlotto che è da poco tornato in libreria con La signora del martedì (sempre per e/o) sarà al teatro Zampighi di Gaelata con Corrado Ravaioli, il sassofono di Maurizio Camardi e la fisarmonica di Sergio Marchesini.

itinerari letterari

I GRANDI NOMI DELLA NARRATIVA SI INCROCIANO IN ROMAGNA Incontri a S. G. in Marignano, Cesena e Novafeltria con Geda, Maraini, Simi Un intreccio di rassegne e incontri a cura di Rapsodie festival tra diverse località della Romagna. Al via la rassegna “Itinerari letterari” nella biblioteca di San Giovanni in Marignano dove l’8 marzo alle 16.30 arriva la scrittrice Dacia Maraini con Corpo felice, per parlare di donne e di rivoluzioni (la stessa autrice sarà anche il 10 marzo alle 17 nel Campus universitario di Cesena). Il 15 marzo sarà invece la volta di Fabio Geda con il suo nuovo romanzo Una domenica, che sarà anche alla biblioteca di Novalfetria il 16 marzo. Mentre il 22 marzo nella biblioteca di San Giovanni Marignano arriva il giallista toscano Giampaolo Simi per presentare il suo ultimo romanzo uscito per Sellerio I giorni del giudizio. Stesso posto, il 29 marzo, per un altro autore Sellerio, Giorgio Fontana (foto), che presenta il suo nuovo monumentale romanzo che attraversa la storia d’Italia e già acclamato da molta critica: Prima di noi. Il 29 marzo sarà anche la volta di Matteo Cavezzali con il suo Nero d’Inferno alla biblioteca di Novafeltria alle 17. Infine da segnalare anche la due giorni romagnola dell’autore e biblitecario Fabio Stassi che sarà al Campus dell’Università di Cesena alle 17 del 19 marzo e il 21 marzo alla biblioteca comunale di San Mauro per parlare della poesia nel Novecento.

LA LETTURA/2 Giuseppe Marini legge L’amico ritrovato a Bagnacavallo Sabato 14 marzo al Ridotto del Goldoni di Bagnacavallo, Giuseppe Marini legge l’indimenticabile novella o romanzo breve, ambientata nella Germania nazista, L’amico ritrovato di Fred Uhlman nella traduzione di Mariagiulia Castagnone.


parole / 29

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Un racconto inedito dello scrittore ravennate Matteo Cavezzali

Il contagio

L’autore Ravennate, direttore artistico di ScrittuRa festival e codirettore del festival di letteratura di Salerno, Matteo Cavezzali ha all’attivo due libri, Icarus , ascesa e caduta di Raul Gardini edito nel 2018 da Minimum Fax e Nero d’Inferno, pubblicato da Mondadori nel 2019

A metà dell’800 un’epidemia decimò la popolazione di Soho, uno dei quartieri popolari di Londra. Moltissime persone morivano una dopo l’altra per il colera, un morbo che pareva impossibile da fermare. Gli inglesi conoscevano bene questa malattia perché in diverse ondate aveva causato a Londra la morte di oltre 14 mila persone. In quegli anni tutti si interrogavano su una questione decisiva: come avviene il contagio? Come possiamo fermarlo? Nell’antichità si pensava che le epidemie fossero una vendetta di Dio e quindi l’unico modo per fermarla era fare penitenza e pregare. Dalla nascita della medicina moderna nel ‘600 però la percezione era cambiata grazie agli studi di un italiano: Girolamo Fracastoro, medico e filosofo di Verona. In De contagione et contagiosis morbis del 1546 Fracastoro aveva teorizzato l’esistenza di organismi invisibili a occhio nudo che passavano da una persona all’altra tramite l’aria o il contatto fisico. Le aveva chiamate “particelle”. Per comprendere quindi come si diffondevano le epidemie come il colera o la peste nera fu teorizzata l’esistenza dei “miasmi”. La malattia veniva diffusa dall’aria malsana (la “malaria” appunto) che esalava dai cadaveri degli appestati. Tra i vari medici accorsi a Londra per tentare di sedare la piaga c’era un dottore di York che si chiamava John Snow. Snow decise di studiare il fenomeno guardandolo da un punto di vista diverso. Prese una mappa della città ed iniziò a segnare tutti i contagi per creare una visione di come l’epidemia si stava allargando e comprenderne il motivo e l’epicentro. Osservando questi dati fu colpito da un dettaglio bizzarro. In mezzo a una zona “rossa” di Broad Street, altamente contaminata, c’era un gruppo di uomini completamente sani. In due settimane a Broad Street erano morte 127 persone. Praticamente tutti, tranne loro. Questi uomini avevano tra di loro una sola cosa in comune, lavoravano in una birreria. Questo dettaglio non tornava. Se la diffusione avveniva attraverso l’aria malsana come mai loro erano sopravvissuti in mezzo a tanti contagi? E se la malattia avesse percorso un’altra strada? Il medico li interrogò uno a uno. Voleva sapere dove abitavano, che abitudini avevano, cosa mangiavano, e improvvisamente ebbe un’intuizione. I lavoratori della birreria mangiavano solo al lavoro e accompagnavano tutti i pasti con la birra. E se fosse stata la birra a salvare loro la vita? Decise allora di segnare nella mappa dei contagi le fontane a cui le persone prendevano l’acqua e la fontana di Broad Street era il centro esatto dell’epidemia. A far ammalare le persone era l’acqua della fonte a cui tutto il quartiere beveva

ogni giorno, tutti tranne i dipendenti della birreria. Come un giornalista d’inchiesta, Snow scoprì infine che la società idrica che si occupava di quell’area della città recuperava l’acqua sporca del Tamigi e la inseriva nella rete idraulica. Nel Tamigi finivano anche gli scarichi delle fogne. L’esito della sua inchiesta fu pubblicato nel 1854. Il medico presentò una domanda formale al governo cittadino per chiudere la fontana che stava avvelenando la popolazione. Dopo una lunga trattativa il governo acconsenti a far chiudere la fontana e il focolaio si estinse. L’ipotesi di Snow però non riscosse grande successo. Fu attaccato da molti membri della comunità medica e venne accusato di essere un ciarlatano. Il comitato scientifico di Londra si radunò e sentenziò che la causa del colera erano i miasmi e il calo dei casi non era in alcun modo legato alla chiusura della pompa. I suoi studi furono considerati carta straccia. Non solo la fontana fu riaperta, ma venne sostituita da una nuova che poteva pompare l’acqua ancora più velocemente. Ci vollero molti anni e molte altre morti prima che gli scettici si convincessero che Snow con quella sua bizzarra teoria della fontana aveva ragione. Oggi i suoi studi sono alla base delle analisi sulla diffusione di un’epidemia, sull’utilizzo dei vaccini, e anche sul Coronavirus.

Abbiamo ampliato i nostri spazi, ora più grandi e più fruibili Ospitiamo eventi e presentazioni di libri


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sapori

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l’intervista

Il “cuciniere” stellato che ama la semplicità: «Un peccato snaturare il pesce dell’Adriatico» A tu per tu con Gianpaolo Raschi del ristorante Guido di Miramare, in procinto di aprire un nuovo locale anche in centro a Rimini: «Era da qualche anno che lo stavamo cercando»

IL VIAGGIO Parola agli chef più blasonati Con l’intervista del mese scorso a Gianluca Gorini dell’omonimo ristorante di San Piero in Bagno che ha conquistato quest’anno la Stella Michelin, R&D Cult ha iniziato un viaggio tra gli chef più blasonati della Romagna. Che su questo numero continua con un altro chef dei locali stellati della Romagna, Gian Paolo Raschi, del ristorante Guido di Miramare di Rimini.

di Luca Manservisi

Per il tredicesimo anno può vantare una stella sulla prestigiosa guida Michelin, a cui si devono aggiungere i due “cappelli” dell’Espresso, che lo rendono uno dei ristoranti più acclamati dalla critica gastronomica di tutta la regione. Ma le sue principali caratteristiche sono altre: il mare a pochi passi, quello di Rimini, e la storia, che è quella di una famiglia. Iniziata nel lontano 1946, quando Guido Guiducci costruì un chiosco in spiaggia per servire i primi turisti della Riviera insieme alla moglie Augusta e alla figlia Tiziana, che poi allargherà la famiglia-impresa sposando Flaviano Raschi, che lì vicino, stando alle varie biografie, noleggiava mosconi. Nascono così i due nipoti di quel Guido a cui ancora oggi è intitolato il locale, che nel 2002 rilanciano, decisamente, l’attività. Quello che era nato come un chiosco oggi è appunto il ristorante “Guido 1946”, a Miramare di Rimini, ai cui fornelli c’è lo chef Gianpaolo Raschi, con il fratello Gianluca, sommelier, che si occupa della sala. Nel 2017 la decisione di investire anche a Bologna, nel grande contenitore di Fico Eataly World, con un secondo ristorante, “Il mare di Guido”. E ora l’apertura di un terzo locale, nel cuore di Rimini. La nostra chiacchierata con lo chef Raschi parte proprio da qui. «Era da qualche anno che stavamo cercando uno spazio in centro storico, lo abbiamo trovato a un minuto a piedi dal Ponte di Tiberio (al posto dell’ex Macrobiotico, a due passi anche dal

Gianpaolo Raschi

recuperato teatro Galli, ndr), con l’ambizione personale di poter portare a tavola tanti riminesi con una cucina di pancia, quella di casa, di una volta, con sapori concreti, niente fuochi d'artificio. Sempre concentrati sul pesce ma con una piccolissima offerta di carne per accontentare tutti, con 70-80 coperti e la possibilità di utilizzare un giardino in estate». A quando l’apertura?

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«Direi nell’ultima decade di marzo (il giornale è andato in stampa il 26 febbraio, ndr)» Come sta andando invece a Fico? Il parco di Bologna non sembra aver ottenuto i risultati aspettati. «Siamo arrivati con il solito entusiasmo che ci appartiene, tutto romagnolo. L’obiettivo e le ambizioni erano alte, si prevedeva un risultato diverso, è vero, le loro proiezioni erano molto

belle. Con il passare degli anni però il progetto è stato ridimensionato. Comunque si lavora bene nei fine settimana e siamo riusciti a fidelizzare qualche cliente di Bologna, sfruttando la sala congressi...». Recentemente è stato ospite di Masterchef. Come ci è finito? Lo farebbe il giudice in tv? «Mi hanno cercato loro, tramite amici in comune: è stata una bella esperienza, divertente. Certo, farei volentieri il giudice, sono una di quelle persone che non dice mai di no davanti a situazioni originali, se poi hanno un aspetto ludico ancora meglio...». Cosa ne pensa di Masterchef e in generale di questa attenzione al mondo della cucina da parte della tv? «Da imprenditore posso dire che ha elevato la cultura gastronomica, in generale. E ha anche alzato il livello di attenzione da parte della clientela». Un aspetto negativo? «Forse il fatto che sui media circola un’immagine del mondo della gastronomia diverso da quello del lavoro in cui poi ci cimentiamo nella vita reale, che non è ovviamente un mondo delle meraviglie». Fare lo chef è diventato in effetti un sogno, un po’ come quello del calciatore... «Il problema è che i giovani perdono spesso un passaggio e arrivano nelle nostre cucine con in tasca un sogno che è una copertina o


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marzo 2020

Uno scorcio del ristorante Guido, a Miramare

Gianpaolo Raschi, classe 1966, è ai fornelli del ristorante “Guido 1946”, aperto tutti i giorni, pranzo e cena, in via Lungomare Spadazzi, 12, a Miramare di Rimini. In carta menù degustazione a 85 e 100 euro (bevande escluse) e la possibilità di potersene comporre uno in autonomia a 14 euro a piatto. Gianpaolo porta avanti l’attività con il fratello sommelier Gianluca, di quattro anni più grande, con cui ha aperto anche “Il mare di Guido”, al parco Fico Eataly World di Bologna, ed è in procinto di aprire un terzo ristorante in centro a Rimini.

Uno dei piatti dello chef Raschi: triglia cruda nel suo brodetto

una foto del loro piatto. E non sanno che per arrivare lì servono anni e anni di gavetta. Spesso non si sanno neppure muovere in cucina, come se volessero passare da un seggiolino al sedile di una Ferrari». Ma quanti sacrifici servono per poter diventare uno chef ? «Innanzitutto preferisco utilizzare ancora la parola cuoco, o cuciniere. Naturalmente è un gran bel mestiere che permette, a chi ne ha la capacità, di dare sfogo alla propria creatività. A fronte però di sacrifici enormi, da un punto di vista fisico, anche, e di rinunce, soprattutto per chi ha famiglia, chi ha amici che non potrà più frequentare così spesso. Ma se uno ama davvero cucinare, può farlo per tutta la vita». Lei quando ha deciso di fare questo mestiere? «In cucina mi ci sono semplicemente ritrovato. Io e mio fratello siamo cresciuti qui, in quello che è diventato il nostro ristorante. Mi sono trovato, come dire, già il vestito addosso. Anzi, come raccontavo a un fornitore pochi giorni fa, per fortuna i miei genitori mi hanno dato le scarpe da corsa e io le ho usate per correre più che potevo in cucina, che avevo fortunatamente a disposizione. Già quando fre-

quentavo le medie ricordo che uscivo da scuola e mi fiondavo ad aiutare tra i fornelli». Ma c'è un piatto che le ha fatto dire: da grande farò lo chef ? «Sinceramente no. Se penso però ai ricordi che più mi hanno avvicinato a questo mondo, il più vivido è quello della piada cucinata sul fuoco da mia nonna». Di quale ingrediente non potrebbe invece fare a meno? «Sicuramente dell’acqua (ride, ndr), che magari non ci si pensa, ma è fondamentale anche in cucina. Se invece la domanda si riferisce a una sorta di ingrediente preferito, tra quelli del mare, a cui siamo più legati, il mio, per gusto personale, è il pesce azzurro adriatico (a Masterchef Raschi ha portato anche la ricetta di un’insalata con filetti crudi di saraghina, ndr). E poi la vongola, la canocchia, eccetera eccetera...». Come vorrebbe che venisse descritta la sua cucina? «Come una cucina semplice. Sostanzialmen-

I fratelli Raschi hanno scommesso anche su Fico

te negli ultimi anni tendo a togliere dai piatti piuttosto che aggiungere. D’altronde lavoriamo con un prodotto, il pesce dell’Adriatico, che ha un’identità talmente forte che sarebbe un peccato snaturarla. Quindi cotture veloci, brevi, al limite del crudo». C’è un piatto invece che “ruberebbe” a un collega? «Difficile dirne uno. Con tanti impegni non è poi possibile provarne molti. Di certo posso dire dove vado a cena sempre molto volentieri, dall’amico Riccardo Agostini del Piastrino (ristorante stellato di Pennabilli, ndr)» Chi è il cliente del ristorante “Guido”? «La nostra clientela è molto eterogenea, durante il periodo estivo si amplia, in inverno sfruttiamo anche la vicinanza con la fiera. E poi ci sono i clienti affezionati che ti seguono da decenni. E che ti rendono orgoglioso perché nel mio intimo so che invece non saprò mai cucinare bene come cucinava mia nonna: quanto mi piacerebbe tornare indietro nel tempo

«Oggi i giovani sognano di fare gli chef, ma spesso non sono pronti per i tanti sacrifici»

per riassaporare certi sapori...». E come sono cambiati i clienti? Quanto pesa la stella Michelin? «La stella serve spesso per sfamare l'ego, le ambizioni. È un bollino, che rende molto orgogliosi e fieri di averlo conseguito. Quando poi come per Guido questo avviene per il 13esimo anno consecutivo credo che non possa essere definito un caso. La stella ha però alzato anche tantissimo l’asticella degli utenti, sei sempre sotto i riflettori, devi restare sempre concentrato al massimo e non ti puoi permettere errori, che però sono inevitabili, in quanto esseri umani. E allora ecco subito le critiche, da qualche anno più visibili grazie al web. Sui blog, sui portali di recensioni si legge di tutto: io cerco di restarne fuori...». E cosa ne pensa invece del dibattito sui prezzi, spesso considerati esagerati nei ristoranti di alto livello? «Un locale stellato come il nostro, faccio un esempio concreto, ha 25 sedute e 12 dipendenti. Si rende conto di quanto ammontano i costi di gestione di un locale del genere? E i costi influscono molto sul prezzo, così poi come naturalmente la qualità e il servizio che si è in grado di offrire».


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