R&D Cult Febbraio 2020

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FREEPRESS n. 58

FEBBRAIO 2020

MUSICA • TEATRO • LIBRI • ARTE • CINEMA • GUSTO • RUBRICHE

Prezzo €AGG 0,08IO PIA OM CO ISSN 2499-0205

SAPORI STELLATI VIAGGIO TRA GLI CHEF PIÙ BLASONATI DELLA ROMAGNA

Al via una serie di interviste ai grandi cuochi del nostro territorio: a pagina 30 questo mese partiamo con Gianluca Gorini (nella foto di Roberto Taddeo per Santa Rita), del ristorante daGorini a San Piero in Bagno, con cui ha ottenuto la Stella Michelin 2020


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MUSICA INTERVISTA AL GRANDE VIOLONCELLISTA MARIO BRUNELLO

TEATRO TUTTI PAZZI PER LA STAND-UP COMEDY: PARLA LUCA RAVENNA

CINEMA IL FILM SUL MAH JONG, TRA CINA E ROMAGNA

ARTE INAUGURA LA GRANDE MOSTRA AI MUSEI SAN DOMENICO

LIBRI VIOLA ARDONE E IL SUO “TRENO DEI BAMBINI”

STORIA LA ROMAGNA DI DANTE E DEI DA POLENTA, IN DUE VOLUMI

LO SCRITTORE UN RACCONTO INEDITO DI MATTEO CAVEZZALI

SAPORI AL VIA LE NOSTRE INTERVISTE AGLI CHEF “STELLATI”: ECCO GORINI

AREA SISMICA, I CONCERTI DEL TRENTENNALE Entra nel vivo la seconda parte della stagione del trentennale dell’Area Sismica, circolo di culto di Ravaldino in Monte (Forlì) che attira appassionati da tutta la regione e oltre, con concerti di musica d’avanguardia, sperimentale, nuovo jazz, improvvisata. In febbraio: il 6 Torba, nuovo trio “impro” con Tim Hodgkinson, Gandolfo Pagano e Fabrizio Spera; il 16 Il progetto Le Voci del Violoncello, con Claudio Pasceri e l’Orchestra da Camera Accademia; il 23 i Ludus Gravis (foto) , formazione unica nel suo genere, un ottetto di contrabbassi fondato da Scodanibbio e Roccato. Concerti alle 18.

R&D Cult nr. 58 - febbraio 2020

Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1427 del 9 febbraio 2016 Editore: Edizioni e Comunicazione srl Via della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Direttore Generale: Claudia Cuppi Pubblicità: direzione@reclam.ra.it tel. 0544 408312 Area clienti: Denise Cavina tel. 335 7259872

Amministrazione: Alice Baldassarri, amministrazione@reclam.ra.it Stampa: Centro Servizi Editoriali srl Stabilimento di Imola - Via Selice 187/189 - 40026 Imola (Bo) Direttore responsabile: Fausto Piazza Redazione: Federica Angelini (coordinamento redazionale), Luca Manservisi, Serena Garzanti (segreteria), Maria Cristina Giovannini, Gianluca Achilli (grafica). Collaboratori: Erika Baldini, Roberta Bezzi, Alberto Bucci, Matteo Cavezzali, Bruno Dorella, Francesco Farabegoli, Iacopo

Gardelli, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Filippo Papetti, Guido Sani, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA


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tributi/1

Memorie di Adriano (Celentano) con Peppe Servillo I successi del “molleggiato” rivisitato in chiave jazz

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LE PAROLE DI NOA, PER BACH Cantante, compositrice e percussionista di origine yemenita, israeliana e americana, Noa in “Letters to Bach” rende omaggio al genio di Johann Sebastian Bach, progetto musicale creato con Gil Dor, interpretando 12 brani strumentali del grande compositore con nuovi arrangiamenti e parole originali. I testi toccano temi come l’amore, la tecnologia, la politica e la società e straripano di umorismo e puro divertimento. Al teatro Bonci di Cesena il 14 febbraio

Il 13 febbraio dalle 21 al teatro comunale di Cesenatico appuntamento con “Memorie di Adriano”, titolo che omaggia Marguerite Yourcenar ma che in realtà è un tributo al “molleggiato”, a quasi dieci anni dal debutto. In scaletta, rivisitati con originali arrangiamenti jazz, i grandi successi di Adriano Celentano come “Amami amami”, “Azzurro”, “Pregherò”, “L'emozione non ha voce” e “Acqua e sale”. Sul palco il gruppo guidato da Peppe Servillo (foto) alla voce solista e formato da artisti acclamati come Javier Girotto al sax, Fabrizio Bosso alla tromba, Furio Di Castri al contrabbasso, Rita Marcotulli al pianoforte e Mattia Barbieri alla batteria.

PAOLO FRESU È CHET BAKER Paolo Fresu è Chet Baker in “Tempo di Chet La versione Chet Baker”, dedicata a uno dei miti musicali più controversi e discussi del Novecento. La figura del grande jazzista rivive grazie alla musica di Fresu e un cast di otto attori in uno spettacolo scritto da Leo Muscato e Laura Perini, nato dalla fusione e dalla sovrapposizione tra scrittura drammaturgica e partitura musicale, un unico flusso di parole, immagini e musica per rievocare lo stile del musicista maledetto e leggendario. Al teatro comunale di Russi il 12 febbraio

TRIBUTI/3 Lucio Battisti rivive anche al teatro di Coriano Venerdì 14 febbraio alle 21.30 al teatro Corte di Coriano “Innocenti Evasioni - Omaggio a Lucio Battisti”, concerto tributo al grande cantante, progetto nato nel 2013 a Firenze e che abbraccia tutta la carriera di Battisti.

“Le nuvole” di De André tornano per una sera al Mama’s Oltre ai concerti jazz e di musica popolare (programma completo su www.mamasclub.it), al Mama’s di Ravenna il 15 febbraio (ore 21.30) concerto omaggio a Fabrizio De André (e in particolare a Le nuvole) dello storico gruppo ravennate Bandeandré.

“Sei Bellissima”: un omaggio a Mina, Mia Martini e Loredana Bertè Il 16 febbraio alle 17 alla Nuova Sala Africa di Rimini – nell’ambito della rassegna “Colori della musica” – la cantante riminese Cristina Di Pietro, già volto televisivo della trasmissione "The Voice", unisce in un unico concerto dal titolo “Sei Bellissima” i successi di Mina, di Mia Martini e Loredana Bertè. Accompagnata da Aldo Maria Zangheri alla viola, Anselmo Pelliccioni al violoncello e contrabbasso e Mattia Guerra alla tastiera; arrangiamenti originali di Marco Capicchioni, Mattia Guerra e Aldo Zangheri.

Canzoni e racconti di vita di Edith Piaf con Daniela Piccari Nell’ambito della nuova rassegna di spettacoli al Ridotto del Goldoni di Bagnacavallo, riaperto dopo il restauro l’anno scorso, martedì 18 febbraio (ore 21) la cantante e attrice forlivese Daniela Piccari porta in scena “Edith Edith”, un omaggio tra canzoni e racconti di vita all’intramontabile mito della Piaf.

PAOLA MAUGERI TRA ROCK E RESILIENZA Paola Maugeri, punto di riferimento del giornalismo televisivo musicale e volto storico di Mtv, che nella sua lunga carriera ha incontrato e intervistato molti dei maggiori protagonisti del rock, racconta in “Rock & Resilienza” (regia di Emilio Russo) come questi personaggi idolatrati e ammirati in tutto il mondo, non siano semidei moderni, ma persone normali che cercano nella musica la forza per ottenere risultati straordinari, spesso sfidando i propri limiti. Uno spettacolo tra parole, musica, suggestioni ed emozioni. Al teatro Mentore di Santa Sofia l’8 febbraio

LA CURIOSITÀ Un concerto con docufilm contro il capitalismo estremo Venerdì 7 febbraio alle 21.15 al teatro Pazzini di Verucchio una serata senza dubbio originale con “Human Trip”: una colonna sonora inedita live accompagna le immagini di un docufilm che vuole stimolare la coscienza dello spettatore. Il capitalismo estremo e l’abuso delle risorse naturali sono l'elemento principale dello spettacolo oltre a temi come l’obesità, l’allevamento intensivo, l'isolamento sociale causato dai social network, i conflitti armati, il terrorismo. Il tutto è ulteriormente enfatizzato da uno spettacolo di luci, progettato e realizzato da tecnici specializzati. La musica è melodica, psichedelica, a tratti incalzante e progressive, suonata e composta da musicisti professionisti.


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febbraio 2020

musica italiana I NEGRITA A CESENA

LA ROMAGNA IN CUFFIA

Fa tappa il 7 febbraio al Carisport di Cesena il tour dei Negrita “La Teatrale: Reset Celebration”, tra momenti acustici ed elettrici, con molti estratti da Reset, album campione di vendite che quest’anno festeggia vent’anni

Marianne Mirage, pop italiano con stile di Luca Manservisi

CAPUTO A MODIGLIANA

RANIERI E VANONI A RAVENNA

Sergio Caputo sarà il 21 febbraio al Nuovo Teatro dei Sozofili di Modigliana, in trio, nell’ambito del tour che celebra il suo storico “Sabato italiano”

Pulp Concerti organizza a Ravenna gli spettacoli di due icone della musica italiana: Massimo Ranieri (in veste anche di attore e narratore) e Ornalla Vanoni saranno al teatro Alighieri rispettivamente l’11 e il 20 febbraio

Via Faentina, 275 San Michele Ravenna Tel. 0544.414312

CHIUSO IL GIOVEDÌ

atmosfera e sapori Una tessera gastronomica nella mosaicale creatività di Ravenna Cucina del territorio rivisitata Specialità di carne e pesce Preparazione a base di foie gras e tartufi in stagione Formaggi d’alpeggio con mostarde e confetture Ampia selezione di vini nazionali Pane fatto in casa

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Un paio d’anni fa, in un’intervista, ci disse che si sentiva pronta per portare qualcosa di nuovo nel pop italiano. Da allora la sua popolarità è aumentata grazie anche alla canzone che ha dato il titolo all’ultimo film di Paolo Genovese (“The Place”) fino ad arrivare al secondo album a suo nome, uscito lo scorso ottobre, sempre per Sugar. Si chiama Vite private e sì, qualcosa di nuovo lo ha effettivamente portato, con quel suo mix di pop, cura negli arrangiamenti, influenze black, canzone d’autore italiana. Lei è Marianne Mirage, nome d’arte di Giovanna Gardelli, 30 anni, forlivese ormai di stanza a Milano, a un passo da fare davvero il grande salto. Magari dal palco del Festival di Sanremo, su cui tornerà quest’anno come ospite (al momento di andare in stampa non sono stati ancora resi noti i dettagli) dove aveva debuttato nel 2017 tra i Giovani, dopo che si era già fatta notare come ospite fissa del “night show” di Chiambretti, prima di finire perfino ad aprire i concerti di Patti Smith, che l’ha notata ascoltando una sua canzone su Youtube. “Segni particolari” una voce che ricorda il mondo black così come la chanson francese ma che per fortuna evita virtuosismi fini a se stessi e che soprattutto in questo nuovo album si mostra invece nuda (come lei stessa in una copertina già definita “kimbasingeriana” da qualcuno...), con tutti i suoi (piccoli) difetti ma con una spiccata personalità, in grado pure di toccare svariati registri. A funzionare sono poi (quasi tutte) le canzoni, pop con stile, si potrebbe dire, dal singolo “L’amore è finito” alla baustelliana (e infatti scopriamo che tra gli autori c’è proprio Francesco Bianconi) “Atlante”, fino al capolavoro del disco – quella “Voce senza faccia” con un ritornello appiccicoso e arrangiamenti che passano dall’etereo al citazionismo rock – e alla chiusura sussurrata, tra pianoforte ed elettronica, di “Terremoto a Tokyo”, che ti fa chiederne ancora. Ci sono naturalmente anche passaggi più banali – e in generale sembra ancora alla ricerca di una strada ben definita – ma per chi punta a diventare una popstar, in fondo, è inevitabile...


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febbraio 2020

ROCK/1 Al Moog Kinsella (Joan of Arc) e il giapponese Grimm Grimm

BLUES Bocephus King e Jono Manson all’82

Il 2 febbraio (alle 18.30) al Moog di Ravenna appuntamento con un nome storico del rock alternativo americano come Tim Kinsella, fondatore tra gli altri di Cap’n’Jazz e Joan Of Arc. Presenterà il suo nuovo progetto, Good Fuck, che condivide con la producer e artista di musica elettronica Jenny Pulse. Il 13 febbraio (ore 21.30) al Moog arriva invece il cantautore giapponese, ma ormai londinese di adizione, Koichi Yamanoha – in arte Grimm Grimm (space rock). Il mese del piccolo club ravennate è completato dai concerti di artisti locali: il 20 la cantautrice R.Y.F. e il 27 il rapper Max Penombra accompagnato dalla rock band Visioni di Cody.

Anche nomi internazionali sul palco del nuovo Ottantadue Music Club di Forlì (corso Garibaldi). Tra i concerti di febbraio quello del singer e songwriter canadese Bocephus King, con il suo mix tra rock e blues, ricco di contaminazioni gospel e country (il 7 febbraio con Alex Gariazzo) e quello (il 28 febbraio) del cantautore americano blues-roots rock Jono Manson.

UN DISCO AL MESE

Quando l’isolazionismo ti cambia la vita di Bruno Dorella *

LABRADFORD - S/t (1996)

rock/2

AL BRONSON ANCHE I MONDO GENERATOR DI NICK OLIVERI, RYLEY WALKER E RICHARD DAWSON Continuano i concerti di caratura internazionale del Bronson di Madonna dell’Albero (Ravenna). In febbraio il 5 sul palco Moor Mother (foto), artista, poeta e musicista americana, portabandiera del cosiddetto “afrofuturismo”; il 12 in solo ecco il folksinger americano Ryley Walker; il 13 il rock “desertico” dei Mondo Generator, progetto dell’ex bassista di Kyuss e Queens of the Stone Age, Nick Oliveri; il 27 febbraio (in trio) il cantautore inglese fuori dagli schemi Richard Dawson.

METAL Gli Atroci sono tornati: live “demenziale” al Vidia

cantautori

Sono tornati con un nuovo album a dieci anni di distanza da “Metallo O Morte”, Gli Atroci, pionieri di quel metal parodico e demenziale che nel tempo è diventato un vero e proprio sottogenere. La storica band bolognese sarà in concerto il 22 febbraio al Vidia di Cesena tra fantasiose coreografie, insoliti costumi, bizzarri make-up e pseudonimi direttamente dal mondo del fantasy e del medioevo.

ROCK’N’ROLL Matthew Lee, “piano man” al Comunale di Conselice Il 1° febbraio fa tappa al teatro comunale di Conselice "Rock 'n' Roll Sun", la versione rivisitata di “Piano Man Live” dove il pianista pesarese Matthew Lee eseguirà le canzoni tratte dal suo ultimo omonimo album. Nello spettacolo convivono la musica classica, il pop, il rock, il soul, lo swing, il country, il blues, la melodia, la canzone d'autore. Con lui sul palco Frank Carrera alla chitarra, Alessandro Infusini al basso elettrico e Matteo Pierpaoli alla batteria.

GIOVANNI TRUPPI (DOPO MORGAN) AL SOCJALE Dopo il recupero del concerto rinviato di Morgan (in programma ora il 27 febbraio, sempre in piano solo), venerdì 28 febbraio sul palco del teatro Socjale di Piangipane (Ravenna) arriva uno dei cantautori italiani contemporanei più promettenti e talentuosi, il napoletano Giovanni Truppi (nella foto). Vincitore a Club Tenco nel 2017, Truppi si è distinto per i suoi testi profondi e la musica mai banale. L’anno scorso è stato premiato come artista dell’anno nel 2019 dal Mei, Meeting delle Etichette Indipendenti.

Amo la musica al punto da non essere in grado di compilare le classifiche di fine anno, tanto mi sembra ingiusto includere, escludere, mettere in competizione chi la fa. Sono tantissimi i dischi che mi piacciono in un anno, figurarsi in un decennio, figurarsi in una vita. Però i dischi che mi hanno cambiato l'esistenza sono pochi. Non è nemmeno necessario che siano capolavori, magari sono solo il suono giusto al momento giusto. Quanti saranno questi dischi? Dieci, dodici? Diciamo di sì. Uno è questo. Arriva dal nulla, recensione di un gruppo sconosciuto. Siccome è il 1996 e i dischi si comprano e basta, lo compro e basta. Felice intuito, quella volta. Un 23enne in cerca del suo posto nel mondo, più tendente all'introspezione che alla socialità, torna a casa con quella che sarà la colonna sonora dei suoi momenti più riflessivi, per molti anni. I Labradford sono in tre, vengono dalla Virginia ed escono per un'etichetta di Chicago che non ho mai sentito nominare: si chiama Kranky. Da quel momento il “suono Kranky” diventa paradigmatico per me e per il mondo. Ci sono le chitarre, ma è quanto di più lontano da un assolo in posa plastica si possa immaginare. A dominare sono i synth e i pedali, ma anche qui è tutto dosato, pare di camminare su qualcosa di morbido ma non del tutto confortevole, un suono apparentemente freddo, ma concedigli anche solo un briciolo di attenzione e ti entra nelle viscere. Quando si parla dei miei Ronin si citano i Calexico e Morricone, ma è stato questo l'album che mi ha fatto ricominciare a suonare la chitarra. Vado a vederli a Genova, siamo in una quindicina a dir tanto. Uno è Giovanni Succi, che all'epoca nemmeno conosco, ma finiremo insieme a fare i Bachi Da Pietra. Tutto quello che ho fatto, anche le cose più lontane da questa oasi di ovattata riflessività, ha dentro un po' di questi pezzi.“Pico”, il terzo brano, diventa un mio piccolo inno personale. Quello che non si urla, che rimane in gola, che vorresti dire a qualcuno ma tanto sai che non servirebbe a niente. Lo tieni per te come un gioiello di consapevolezza, e così sia. “Lake Speed” mi lascia letteralmente dilaniato ogni volta che la ascolto, “in pieces on the floor”, come recita il testo. Durano solo sei anni, e fanno sei album, uno più meraviglioso dell'altro. Poi mollano perché pare funzioni meglio il progetto solista di uno di loro, Pan American. Peccato, ma anche bene così, non hanno fatto in tempo a deteriorarsi. Lo hanno chiamato “isolazionismo”. Non amo le definizioni, ma questa rende l'idea. Per me questo è un rifugio sicuro, quando là fuori il mondo si fa insostenibile. * Batterista di Bachi Da Pietra e OvO, chitarrista di Ronin e Tiresia, factotum in Jack Cannon, membro di Byzantium Experimental Orchestra, GDG Modern Trio e Sigillum S, ex discografico, orgoglioso ravennate d'adozione


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febbraio 2020

divagazioni

E dovrei stare ancora qui a spiegare chi è Giovanni Succi? Dal concetto di post-rock e i Madrigali Magri fino ai Bachi da Pietra in copertina su “Blow Up”

La definizione post-rock viene usata per la prima volta da Simon Reynolds su Wire, intorno alla metà degli anni novanta, per descrivere una scena di gruppi a vario titolo definibili “rock” (Stereolab, Pram e non ricordo chi altri), ma per nulla assimilabili all’immaginario che la parola si porta dietro. È una definizione musicale: nel “post-rock” venivano usate strutture inconsuete, strumentazioni inconsuete, atteggiamenti in contraddizione con l’immaginario di riferimento. Il maggior pregio (e il principale difetto) di Simon Reynolds è la sua capacità di argomentazione: la sua attitudine analitica e la capacità di coprire uno spettro cognitivo che per altri sarebbe impensabile fanno sì che alcune cose che scrive, e che sembrano intese essere spunti di analisi e poco più, diventino una realtà fattuale accettata da tutti. La sua impareggiabile capacità di trovare definizioni che rimangano in testa e non suonino offensive fa il resto. Il risultato è che all’inizio del 2000 la definizione “post-rock” era talmente assodata e condivisa da esser diventata un genere musicale vero e proprio, vale a dire l’esatto opposto di quello che “postrock” significava in origine. Prima erano post-rock tutti quelli che non somigliavano a nessuno, poi erano diventati post-rock tutti quelli che somigliavano a Mogwai e Tortoise. E se da una parte è vero che ci sono gruppi molto peggiori a cui somigliare, dall’altra va detto che è possibile identificare tutta una sottocultura di band che a un certo punto, tra la fine dei ’90 e l’inizio dei 2000, smisero di ispirarsi a Litfiba e Diaframma e iniziarono a copiare i Tortoise. In alcuni casi si limitarono ad inserire elementi dei Tortoise nella loro musica ispirata ai Litfiba, anche. E io, in tutta franchezza, non ero pronto. Mi salvò la vita un’etichetta che si chiamava Wallace, fondata dalle parti di Milano da un tizio di nome Mirko Spino. Come ogni buona etichetta post-rock, non c’entrava assolutamente nulla con il post-rock. Il logo dell’etichetta era la faccia di Marsellus Wallace, i dischi erano di gruppi che si chiamavano A Short Apnea, Bugo, RUNI, Bron Y Aur, Madrigali Magri. E anche se erano nomi che avevano iniziato a girare parecchio per riviste e quant’altro, Madrigali Magri mi faceva paura il nome: non so se avete mai notato questa cosa, ma quasi tutti i gruppi il cui nome contiene un gioco di parole fanno schifo. Lessi qualche recensione del gruppo, erano tutte molto entusiaste, e tutte lo descrivevano come “post rock”. Il mio pregiudizio mi tenne lontano per un po’ di tempo, poi li sentii e mi innamorai. I Madrigali Magri erano un trio piemontese, cantava un tale che si faceva chiamare Giambeppe Succi e – beh – non cantava. Sussurrava roba ultra-depressa al microfono, il gruppo ci metteva la musica – lui suonava anche la chitarra, ma non era proprio un vero e proprio suonare, diciamo che tiravano una schitarrata ogni tanto, tipo i Talk Talk dei dischi post-rock, per così dire. Era post-rock? Boh, sì, immagino di sì, però Malacarne era davvero un discone. Non proprio una cosa che potevi ascoltarti sulla strada per il Cocoricò, ma un discone. Questi gruppi esistono all’interno di un tacito patto sociale secondo cui alle persone che li ascoltano è concesso di interessarsi a loro solo quando è strettamente necessario. Quindi quando non c’è un nuovo disco dei Madrigali Magri o un nuovo concerto dei Madrigali Magri, tendi a scordarti che i Madrigali Magri esistano. E francamente non li sentivo nominare da qualche tempo quando vidi

[...] Intanto ha fatto due dischi solisti più un meraviglioso album di cover in cui riesce a risuonare una mezza dozzina di canzoni di Paolo Conte come fossero sue e una serie di altri progetti che mi hanno salvato la vita un sacco di volte [...]

IL 9 FEBBRAIO AL DIAGONAL Il 9 febbraio Giovanni Succi sarà in concerto al Diagonal di Forlì per l’unica tappa in Romagna del tour di presentazione del suo ultimo album, Carne cruda a colazione.

POPPONI Il Decameron del pop, limitatamente a quel che succede il mese prossimo in un raggio di 30 km di Francesco Farabegoli

“Una sorta di Azealia Banks dei poveri senza un decimo del talento di cui già l’Azealia originale è priva”

una copertina inusuale su Blow Up, era la metà degli anni duemila – grossomodo, una roba così. In copertina c’era un gruppo che si chiamava Bachi da Pietra e pareva comporsi di due persone. Uno dei due era Bruno Dorella, e quello era già facile da riconoscere – l’altro non l’avevo mai visto. Non ci volle molto a scoprire, nell’articolo, che si trattava appunto di Giambeppe Succi, che aveva – grossomodo – preso i Madrigali Magri e li aveva trasformati nei Bachi da Pietra. La sostanza era la stessa: il faccione di Marsellus Wallace dietro al disco e quel tipo di impostazione musicale. Poche schitarrate, voci che sussurrano, quei testi lì. All’inizio del disco diceva “voglio scopare la vita nel sangue e sborrare sulla fine del mio essere di carne”, che non è uno di quei testi di cui pensi “ecco qualcuno che canta le cose che penso”, ma quantomeno te lo ricordi. E così insomma, i Bachi da Pietra da allora hanno fatto sei dischi lunghi più singoli/split/EP e quant’altro, suonando più o meno uguali fino a Quarzo e poi diventando qualcos’altro. E poi Bruno Dorella è andato avanti a fare dischi quasi solo e quasi sempre bellissimi, e lo trovate anche in giro per questa rivista a parlarvi di dischi belli. E intanto Giambeppe Succi, che nel frattempo ha iniziato a chiamarsi Giovanni Succi, ha fatto due dischi solisti più un meraviglioso album di cover in cui riesce a risuonare una mezza dozzina di canzoni di Paolo Conte facendole suonare come fossero sue – se non è questo un complimento allora io non lo so – e una serie di altri progetti che nell’ultimo ventennio mi hanno salvato la vita un sacco di volte. E io dovrei ancora star qui a spiegare chi è Giovanni Succi come se stessimo parlando di un Giovanni Truppi qualsiasi, boh, non capisco.


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febbraio 2020

musica classica

L’omaggio di Brunello a Tartini: «Violinista, filosofo, scienziato e anche mecenate: da riscoprire» Intervista al grande violoncellista, a Ravenna il 19 febbraio di Enrico Gramigna

Ravenna è una città immersa nell’arte. Ciò che i Romani prima, i Romei in seguito e chi ha poi dominato sulle rive del Candiano ha lasciato come patrimonio culturale è immenso. La cultura ravennate è, certo, legata alla sua posizione strategica nell’Adriatico, sotto la foce dell’Eridano. Da Ravenna si giungeva, navigando verso nord, nella Laguna di Venezia e poi al Golfo di Trieste. Proprio in questo triangolo si sviluppa il programma che il violoncellista Mario Brunello eseguirà il 19 febbraio sulle assi del Teatro Alighieri, insieme all’Accademia dell’Annunciata diretta da Riccardo Doni, all’interno della stagione Ravenna Musica, organizzata dall’Associazione Musicale Angelo Mariani. Protagoniste di questo appuntamento saranno le note della scuola barocca veneziana e sarà anche un’ottima occasione per celebrare il 250° anniversario della morte di Giuseppe Tartini, vero virtuoso del violino, nato nel territorio della Repubblica di Venezia, precisamente a Pirano d’Istria, città che compare in documenti storici per la prima volta nella Cosmogonia ravennate del VII secolo d.C. Maestro, come mai questa attenzione particolare a Tartini? «Beh, oltre a essere stato una personalità, grazie alla sua scuola delle Nazioni e anche alle masterclass ante litteram che teneva in Europa, Tartini è un personaggio che mi ha sempre incuriosito molto. Musicista, scienziato, filosofo, era anche mecenate e si spendeva per aiutare i poveri. Ho sempre sentito un legame con questo musicista che intratteneva rapporti coi signori di Castelfranco Veneto, dove sono cresciuto io». Giusto, Tartini era un celebre didatta del Settecento, tuttavia era noto per il suo virtuosismo e per la sua inconsueta vena compositiva. Qual è l’aspetto che più la incuriosisce? «Purtroppo della produzione tartiniana al grande pubblico è arrivato solamente l’arcinoto Trillo del Diavolo (sonata per violino e basso continuo, ndr), mentre oltre a questa ci sono tantissimi concerti per violino, sonate, brani sacri e diverse opere teoriche. In più vanno considerati anche i concerti per violoncello e per violoncello piccolo». Proprio quest’ultimo è uno strumento cui non siamo abituati. C’è una vera tradizione storica oppure è un’invenzione moderna? «Nel periodo barocco sono presenti strumenti che poi, nel corso della storia della musica, si sono un po’ persi. Il violoncello piccolo è tra questi. Certamente esisteva all’epoca di Tartini tanto che si pensa che i due concerti siano stati scritti addirittura per un virtuoso di questo strumento, Antonio Vandini». Questo strumento era, quindi il sostituto del violoncello? «Questo strumento, a quattro corde e non a cinque, era sostanzialmente un violino grande e molte composizioni potevano essere suonata sul violino come sul violoncello piccolo. Basti pensare alle sonate di Valentini nelle quali convivono entrambe le destinazioni. E violoncellisti che suonavano questo strumento ce n’erano molti: forse il più celebre fu Andrea Caporale, che lavorò gomito a gomito nientemeno che con Händel dagli anni ‘30 del Settecento come primo violoncello dell’orchestra londinese con a capo il musicista tedesco». Come è stato il percorso che l’ha portata a conoscere e frequentare poi questo strumento? «Ogni brano è un tesoro e aggiunge una moneta al proprio forziere personale. Ogni tanto, però, accade che per cercare monete si debba scegliere una strada, percorrendone una che incuriosisce più di altre. Per me il primo passo è stato Bach. Dallo studio delle Sonate e Partite per violino ho capito che anche i violoncellisti, con un piccolo, potevano approcciarsi a queste meravigliose pagine. Da quel momento in poi ogni passo è stato conseguente al precedente».

All’Alighieri anche l’Invito alla danza del pianista Giuseppe Albanese Prima di Brunello (vedi intervista) al teatro Alighieri di Ravenna la stagione dell’associazione Mariani prosegue il 4 febbraio con il ritorno del pianista Giuseppe Albanese, che presenterà la nuova incisione per Deutsche Grammophon Invito alla danza, un excursus da Carl Maria von Weber a Ravel.

Mario Brunello

Si parlava prima di produzione tartiniana, ma non è emerso un vero e proprio caposaldo della letteratura violinistica, L’arte dell’arco: compendio di variazioni sopra una giga di Arcangelo Corelli. Nel programma non manca un richiamo a questa importantissima opera, lo scherzo musicale L’antro dell’orco composto da Vanni Moretto. Qual è la funzione di questo brano all’interno di un programma “storico”? «Vanni, oltre a essere un eccellente musicista, suona il violone in grandissimi complessi attenti alla prassi esecutiva storica quali il Giardino Armonico e i Barocchisti, è un fine compositore che, però, non si è votato a essere epigono dei maestri che suona quotidianamente, ma con grande intelligenza ha misurato la sua arte calandola nel presente. Proprio per questa composizione ha scelto alcune tra le variazioni tartiniane e le ha rivestite di contemporaneo, lasciando evidente la matrice originaria, ma aggiungendo con sapienza un sapore fresco e moderno». A Ravenna condividerà il palco con una compagine giovane, ma con già ottime produzioni alle spalle, la milanese Accademia dell’Annunciata, diretta dal clavicembalista Riccardo Doni. Questa è la prima esperienza che fa con questa orchestra? «No, ho già avuto il modo di collaborare insieme a questi giovani musicisti già attenti alla prassi esecutiva storica in un progetto molto divertente col violinista Giuliano Carmignola. Sarà bello ritrovare questi ragazzi e fare questa musica insieme a loro».

AGENDA CLASSICA Tra giovani talenti e pianisti affermati nei concerti di Mikrokosmos La rassegna della scuola di muisca Mikrokosmos (concerti ore 11 alla sala Corelli del teatro Alighieri di Ravenna) prosegue il 2 febbraio con arie d’opera e musica da camera che si intrecciano con i giovani talenti Giorgia Paci (soprano) e Aloisa Aisemberg (mezzosoprano) accompagnate da Luisa Maione; Giuseppe Iacobucci (tromba) e Luna Costantini (pianoforte) in rappresentanza della Fondazione Accademia di Imola. Il 9 febbraio il pianista ravennate Marco Santià porterà sul palco di Sala Corelli il soprano Katia Martina con i Lieder di Tosti, Brahms, Beethoven e Alban Berg. Il 16 febbraio il pianista pluripremiato Olaf John Laneri omaggia Beethoven con due Sonate e la Sinfonia n.5 nella trascrizione di Franz Liszt. La mattina del 23 febbraio sarà dedicata alla musica barocca con Armonia Estense, il quartetto formato da Enrico Gramigna al violino, Giacomo Biagi al violoncello, Davide Fabbri alla tiorba e Alessandro Casali al clavicembalo.

Dal francese Pascal a Davide Cabassi a ForlìMusica con Danilo Rossi La stagione di musica classica di ForlìMusica prosegue il 7 febbraio (ore 21) al teatro Fabbri con il giovane pluripremiato maestro francese Maxime Pascal (foto) che dirige l’Orchestra Maderna sulle note di Beethoven, Ravel e Dvorak. Un “fuori programma” il 21 febbraio alla Fabbrica delle Candele (dalle 14.30 alle 19) vede il direttore artistico della programmazione musicale forlivese Danilo Rossi, prima viola del Teatro alla Scala di Milano, per una giornata di studio e di musica (dalle 14.30) dal titolo: “Una strana Masterclass”. Il pomeriggio si conclude con il recital dello stesso Rossi dal titolo “Una viola per Piero” con musiche per viola sola di Reger, Hindemith, Stravinskj e Bach (ore 20). Il 23 febbraio è il giorno del ritorno del direttore Filippo Maria Bressan, a Forlì per dirigere l’Orchestra Orcreiamo, progetto che ha visto l’Associazione Maderna vincitrice del bando Siae PerChiCrea per la formazione professionale di un’orchestra giovanile. Il 27 febbraio sul palco del Fabbri il maestro Enrico Fagone dirige Davide Cabassi e l’Orchestra Maderna con un repertorio di Ludwig van Beethoven. Definito dalla stampa uno dei musicisti più promettenti a livello internazionale, Fagone prima di iniziare la sua carriera come direttore d’orchestra, ha suonato per quindici anni come primo contrabbasso dell’orchestra della Svizzera Italiana e con alcune tra le più grandi Istituzioni musicali. Al pianoforte il virtuoso Cabassi, debuttante con l'Orchestra Sinfonica della Rai di Milano all'età di tredici anni e con alle spalle una brillante carriera come solista.

La musica vocale da camera del Duo Alterno al Ridotto del Masini di Faenza Domenica 23 febbraio (ore 21) continua al Ridotto del Teatro Masini di Faenza la stagione di Emilia Romagna Festival. Sul palco il Duo Alterno, composto dal soprano Tiziana Scandaletti e da Riccardo Piacentini al pianoforte, che si esibirà con High Theatrics Duo. Un progetto che prende il titolo da una recensione che il Los Angeles Times ha dedicato al Duo Alterno definendolo “the high theatrics duo”. La musica vocale da camera italiana diventa spunto per una drammaturgia che percorre tutto il programma: Morricone (con brani dedicati al Duo), ma anche Puccini, e Piacentini.

Il barocco faentino protagonista al Goldoni di Bagnacavallo La stagione di musica classica del teatro Goldoni di Bagnacavallo prosegue il 17 febbraio con l’Ensemble d’Archi faentino Giuseppe Sarti “Collegium Ornatus Mundi” con un concerto dal titolo “Il barocco faentino”. In programma musiche di Gregori, J.C. Bach e dei “locali” Paolo Tommaso Alberghi e Arcangelo Corelli, nati uno a Faenza e l’altro a Fusignano.


Un anno di eventi, arte e cultura per tutti

Tutta la Romagna in 11 edizioni esclusive

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rivisitazioni/1

rivisitazioni/2

LA LIRICA (ANCHE) PER I PICCOLI CON KINKALERI

CLASSICA E COMICITÀ IN “PAGAGNINI”

La storica compagnia teatrale fiorentina Kinkaleri inaugura una trilogia di spettacoli sul genio di Puccini adattando le già favolistiche storie della Turandot, della Butterfly e della Tosca per un pubblico di bambini e non solo, con l’utilizzo di videoproiezioni, danza, ombre “e tanta immaginifica suggestione teatrale”. Tre favole con ombre, video canto e musica ispirate a tre opere di Giacomo Puccini – adattamento, regia, coreografia, scene e costumi di Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco – con Yanmei Yang, Marco Mazzoni – produzione Kinkaleri, consigliata ad un pubblico a partire dai 6 anni. In febbraio allo Spazio Tondelli di Riccione: il 2 (Turandot), 9 (Tosca) e 16 (Madama Butterfly)

“PaGAGnini” è uno spettacolo che unisce la musica classica con il virtuosismo e lo humour di quattro fantastici musicisti. Il risultato è un divertente e sorprendente “Dis-Concerto” che passa in rassegna alcuni dei momenti più alti nella storia della musica classica combinati in maniera ingegnosa alla musica pop. La produzione è di Yllana, collettivo artistico spagnolo che si dedica alla produzione di spettacoli teatrali, eventi e prodotti audiovisivi. I loro spettacoli sono stati presentati in oltre 40 Paesi, contando tre milioni di spettatori in tutto il mondo. Il 7 febbraio al teatro della Regina di Cattolica

RIVISITAZIONI/3

JAZZ/1

A Santa Sofia le melodie di Verdi in versione jazz-rock

Il batterista Giovanni Gaias con il trio Hammond a Bertinoro

Sabato 15 febbraio la rassegna musicale del teatro Mentore di Santa Sofia termina con l’Ox trio (Oscar del Barba pianoforte, Giacomo Papetti contrabbasso, Andrea Ruggeri batteria), il quale, insieme ad Achille Succi (sax alto, clarinetto e clarinetto basso), accosta alla musica classica lo stile jazz e improvvisativo, attraverso le melodie delle opere di Giuseppe Verdi.

Katia Ricciarelli con il Trio Iftode al Socjale Tra gli appuntamenti del teatro Socjale di Piangipane (calendario completo teatrosocjale.it) da segnalare anche quello del 7 febbraio con il celebre soprano Katia Ricciarelli, leggenda dell’opera, accompagnata da Teddi, Radu e Vlad Iftode, due violini ed un piano, per un programma che spazia dal Caffè Concerto alla Tradizione Romagnola passando per i grandi classici e la miglior musica da film.

Prosegue la rassegna jazz dell’enoteca Bistrot Colonna di Bertinoro. Il 27 febbraio alle 21.30 arriva il batterista Giovanni Gaias, nome in codice “nannigroove”, con il suo trio completato da Jim Solinas all’ogano Hammond e Giuseppe Spanu alla chitarra.

A Forlimpopoli narrazioni e musica dal vivo ricordando Prosegue il 17 febbraio alle 21 alla chiesa del Carmine di Forlimpopoli la rassegna Abbejazzario. Il progetto si propone di raccontare alcune tappe e protagonisti fondamentali della musica jazz prendendo spunto da alcuni testi rappresentativi che costituiscono l’ossatura della narrazione (a cura del docente Francesco Giardinazzo) accompagnata dall’esecuzione live di una scelta di brani musicali. In questo appuntamento: Michele Francesconi al piano, Fabio Petretti al sax, Paolo Ghetti al contrabbasso e Stefano Paolini alla batteria. Il tema della serata è “Ricordando Roberto Visani - Uomo invisibile: il be bop & modern jazz”

jazz/2

Roberto e Denise vi aspettano all’Osteria Malabocca, in un ambiente rinnovato ma sempre accogliente e famigliare, dove potrete scegliere tra i tre menu di carne, pesce o vegetariano con proposte sempre diverse di piatti che raccontano la stagionalità e le eccellenze del territorio. Le proposte dei menù possono anche essere scelte “alla carta” in aggiunta ad una selezione di piatti sempre disponibile ma preparato ogni giorno, come il pane!

LA CANTANTE E PIANISTA CLARICE ASSAD CON FABRIZIO BOSSO

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www.malabocca.it Osteria Malabocca Osteria_Malabocca Aperto dalle 12 alle 14,30 e dalle 19,30 alle 22,30

Chiuso mercoledì

Giovedì 20 febbraio al teatro della Regina di Cattolica due grandi artisti insieme in concerto. Musicista versatile, Clarice Assad (foto) è un’apprezzata cantante e pianista jazz brasiliana, con un particolare talento per l’improvvisazione scat. Canta in portoghese, francese, italiano e inglese, utilizzando la voce come uno strumento musicale. Ad accompagnarla Fabrizio Bosso, trombettista piemontese che vanta collaborazioni importanti come, fra i tanti, Gianni Basso, Enrico Pieranunzi, Rosario Giuliani, Charlie Haden, Carla Bley.


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l’intervista AGENDA STAND-UP Le donne baciano meglio, si ride con Moselli a Cotignola Il 15 febbraio alle 21, al Binario di Cotignola, va in scena Le donne baciano meglio, una “stand-up comedy”, interamente autobiografica, di e con Barbara Moselli. Con ironia e senza vergogna, racconta l’epifania dell’autrice-attrice partendo da quando ha preso in mano la sua vita. Dopo anni di vita etero, scopre la sua vera natura.

Questa casa non è un albergo: Calgaro al Ridotto del Masini Venerdì 21 febbraio alle 21 spettacolo di stand-up comedy al Ridotto del Masini di Faenza con Davide Calgaro in Questa casa non è un albergo nel quale ha occasione di raccontare in chiave comica i diversi aspetti della sua età.

L’epoca d’oro della stand-up comedy: «Il pubblico ha iniziato ad apprezzarla davvero» Luca Ravenna, giovane esponente di questo genere di origine anglossassone, sarà in scena a Cervia il 16 febbraio Questi anni '10 saranno ricordati anche per la definitiva affermazione della stand-up comedy in Italia. Dopo l'eclissarsi dell’astro Luttazzi (il primo a esportare da noi il ritmo e la comicità abrasiva dei comedians americani) c’è stato un lungo periodo di incubazione sotterranea, che ha portato negli ultimi cinque anni a una vera esplosione di talenti. È la comicità di una nuova generazione quella sta emergendo e che sempre di più comincia a conquistare i palchi. Luca Ravenna, milanese classe '87, colpisce per il suo stile mai muscolare o violento, che coniuga leggerezza alleniana e gusto per la citazione pop, e per la sua grande capacità mimetica. Per la prima volta in Romagna, Luca Ravenna sarà al teatro Walter Chiari di Cervia domenica 16 febbraio. Il suo spettacolo s'intitola semplicemente Live @. Si tratta di una raccolta dei suoi sketch migliori o c'è una “drammaturgia” più strutturata? «Lo spettacolo ha già avuto altre date e ha una sua coerenza, ma sto iniziando adesso a rinnovare i materiali e a Cervia ci saranno pezzi inediti che sto ancora provando». Giulio D’Antona ha da poco pubblicato un libro per Einaudi dedicato alla stand-up comedy italiana, al quale lei ha collaborato. D'Antona parla di un’epoca d’oro riferendosi a questa scena. È d'accordo? «La stand-up comedy è oggi ancora di nicchia. Ma si può fare un paragone con l'esplosione del rap. La comicità c'è sempre stata: prima era il cabaret ad andare per la maggiore, un po' come per il rock nel passato. Poi il rap è diventato mainstream. Ecco: la stessa cosa è sta succedendo per la stand-up comedy. È sempre comicità, ma i monologhi sono pensati e scritti da comici che sono loro stessi sul palco e non invece per personaggi inventati». Monologhi per evitare macchiette o caratteristi, insomma. «Sì, esatto. Non che il cabaret non sia una forma bella e dignitosa; è un semplice cambiamento di linguaggio. La gente che viene a vederti sa che ci sei tu sul palco, nudo, senza bisogno di parrucche o di interpretare storie: basta raccontarle. È un'epoca d'oro forse perché, rispetto a qualche anno fa, il pubblico ha cominciato ad apprezzarla davvero». Il gruppo romano Satiriasi nel primo punto del suo manifesto scriveva che “la risata è il mezzo e non il fine”. Qual è il suo obiettivo quando fa stand-up?

«Che la gente rida. Voglio capire se quello sketch che mi è venuto in mente parlando con amici funziona anche per gli altri. Se dico quell'idea in modo diverso e inaspettato, cosa succede? Se funziona significa che c'è empatia, è un’idea condivisa. È molto giusto quel punto di Satiriasi, che era già di Lenny Bruce, ma è altrettanto importante fare ridere. Altrimenti non sei comico». Ho visto da poco un Ted Talk tenuto da uno dei più famosi comedian italiani, Giorgio Montanini, che parla di un ritardo culturale italiano nei confronti della stand-up comedy, dovuto a una fossilizzazione della comicità nostrana. Cosa ne pensa? «Più che parla, direi straparla; e lo fa in modo assolutamente drogato ed egocentrico. Non si rende conto che proprio lui, un tempo il più bravo e preparato fra i miei colleghi, finisce per rinnegare la grande tradizione satirica italiana. Pensiamo a Scola, Risi, Age e Scarpelli, gli stessi Vanzina fino a 30 anni fa, Checco Zalone, che hanno raccontato e raccontano le storture del nostro paese. Sono più che in disaccordo: ha fatto più danni lui alla visibilità della stand-up comedy italiana con quel discorso, che non il cabaret. Mi piacerebbe dirti che si tratta di un errore isolato, ma purtroppo Montanini continua a sostenere queste stronzate... Vedi, io credo che il nostro obiettivo sia quello di far ridere. Se poi riesci a offrire un punto di vista diverso, benissimo. Ma non stai cambiando il mondo». La stand-up comedy ha radici anglo-sassoni e spesso viene identificata con la gratuità della dissacrazione. I comici italiani non rischiano di scimmiottare una tradizione che non gli appartiene? «Ognuno ha un suo stile. C’è chi scimmiotta gli americani e si diverte a fare battute grevissime. Ma la possibilità di dire cose “pesanti” te la devi guadagnare. Un comico, Stewart Lee mi pare, ha detto che “è meglio che la tua battuta più cattiva sia la tua miglior battuta”. Poi si può fare tutto, ma è molto rischioso: se al tuo primo open mic sali sul palco e inizi con “mi voglio inculare Greta Thunberg”, ecco, spero che il seguito del tuo pezzo faccia davvero ridere, altrimenti è un disastro. Spesso è una questione di tono, come dice Eddie Izzard: più importante di quello che dici è come lo dici, come lo fai suonare. Puoi dire le cose più volgari in modo leggerissimo, o dire cose leggerissime in modo molto volgare». Per la stand-up comedy si parla spesso dell'abbattimento della quarta parete; ma questa parete non viene comunque sempre ristabilita dalla di-

stanza fra palco e pubblico? «Parzialmente. La stand-up comedy è un racconto che viene costruito assieme al pubblico. La distanza è un po' minore rispetto a quella del monologo teatrale, dove uno parla e l’altro ascolta; qui è chiaro che sto proprio parlando con te, spettatore in seconda fila. Poi certamente si è sempre un personaggio sul palco, ma la distanza mi pare molto minore». Lo spazio teatrale influenza il modo di fare stand-up comedy, nata in luoghi meno formali, come club e bar? «Cerco un paragone buono per voi romagnoli malati di motori. La differenza è quella che passa fra guidare fuori o su strada. In un club, vicino alle persone, è come guidare su uno sterrato: divertente, sensibile, pieno di imprevisti. In teatro preferisco che sia molto buio, perché nel buio si ride più forte – siamo tutti più brutti quando ridiamo e se non ci vedono ridiamo più volentieri – e se lo spettacolo funziona il pubblico teatrale esplode molto di più. In teatro la stand-up è più performativa, come su strada». Ho notato che nei suoi spettacoli non parla spesso di politica mentre è più presente il versante alleniano dedicato ai problemi relazionali. Si tratta di una scelta precisa? «Seguo la politica e mi interessa molto. Il mio background è effettivamente giudaico, e questo sicuramente mi ha influenzato... ma credo che la difficoltà maggiore di fare satira politica stia nel fatto che i politici, purtroppo, fanno già ridere così. Quando Benigni dileggiava Craxi, l'effetto era più forte. Nel post-Berlusconi paradossalmente è tutto più complicato, più ostico: fare satira sulla Meloni è talmente immediato che quasi non ti fa ridere». Quali sono i suoi riferimenti comici più importanti? «In assoluto Eddie Izzard, con Dress to Kill e Glorious. Poi Louis C.K., ovviamente, per tutto il suo percorso creativo. E Dave Chapelle, ad oggi il numero uno, secondo me. Per gli italiani, sicuramente Aldo, Giovanni e Giacomo, almeno quelli delle origini». Quali colleghi italiani consiglierebbe oggi? «Ho la fortuna di lavorare con i due più bravi in assoluto: Daniele Tinti e Stefano Rapone. Poi naturalmente Francesco De Carlo e Edoardo Ferrario, ma loro sono già più affermati. Poi Carmine Del Grosso, Michela Giraud. E fra i giovani, Tommaso Faoro». Iacopo Gardelli


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comico COMMEDIA/1 La coppia aperta di Franca Rame e Dario Fo Domenica 2 febbraio alle 21.15 al teatro Pazzini di Verucchio va in scena lo spettacolo Coppia aperta, quasi spalancata con Chiara Francini e Alessandro Federico per la regia di Alessandro Tedeschi. Una classica commedia all’italiana che racconta la tragicomica storia di una coppia di coniugi, figli del sessantotto e del mutamento della coscienza civile del bel paese. L’evoluzione del matrimonio borghese è visto alla luce delle riforme legislative degli anni Settanta e le trasformazioni dei nuclei familiari e del loro andamento del punto di vista socioantropologico. Scritto da Dario Fo e Franca Rame, Coppia aperta...quasi spalancata rappresenta uno degli spettacoli più popolari degli anni ottanta in Italia.

LOPEZ E SOLENGHI AL MASINI Dal 18 al 20 febbraio, al Masini di Faenza, in scena la coppia Massimo Lopez e Tullio Solenghi con la Jazz Company.

GIACOBAZZI SOLD OUT CIRILLI A MELDOLA

Già sold out da tempo le due date di Giacobazzi a febbraio: il 3 al Fabbri di Forlì e il 4 al Masini di Faenza.

Il comico Gabriele Cirilli in scena al Dragoni di Meldola il 2 febbraio con il suo Mi piace... di più.

MANNINO A FORLÌ E RAVENNA

CEVOLI A RIMINI

LE NOZZE DI FIGARO

Teresa Mannino con il monologo Sento la terra girare in scena il 12 febbraio al Fabbri di Forlì e il giorno dopo all’Alighieri di Ravenna.

Paolo Cevoli con il suo La sagra famiglia al Galli di Rimini il 4 e 5 febbraio.

Max Paiella e Greg in Duo Italia! all’Astra di Bellaria il 9 febbraio

COMMEDIA/2 Giuliana De Sio e Isa Danieli sono Le signorine Giovedì 20 febbraio alle 21 al Goldoni di Bagnacavallo va in scena la commedia Le signorine con Isa Danieli e Giuliana De Sio, per la regia di Pierpaolo Sepe. Due sorelle zitelle, offese da una natura ingenerosa, trascorrono la propria esistenza in un continuo e scoppiettante scambio di accuse reciproche. Le Signorine è una commedia che sa sfruttare abilmente la comicità che si cela dietro al tragico quotidiano, soprattutto grazie a due formidabili attrici del nostro teatro, che trasformano i litigi e le miserie delle due sorelle, in occasioni continue di gag e di risate.

7 FEBBRAIO

12 FEBBRAIO

14 FEBBRAIO

18 FEBBRAIO

21 FEBBRAIO

Giancarlo Giannini

Davide Dal Fiume Marco Dondarini

Official Italian Queen Performers

Maria Amelia Monti

Lella Costa in

in

SE NON POSSO BALLARE… NON È LA MIA RIVOLUZIONE

ore 21 in

LE PAROLE NOTE con Marco Zurzolo Quartet

ore 21

in

ore 21

INSIEME PER SBAGLIO di D. Dal Fiume e M. Dondarini

in

KILLER QUEEN

TEATRO DEI FLUTTUANTI info@teatrodeifluttuanti.com

ore 21

MISS MARPLE

GIOCHI DI PRESTIGIO di Agatha Christie regia Pierpaolo Sepe

ore 21

regia Serena Sinigaglia

Via Pace, 1 - Argenta (Fe) Tel. 0532.800843 – 348.2652283

www.teatrodeifluttuanti.com


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prosa/1

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prosa/2

Lella Costa e le donne che hanno fatto la storia A Rimini, Longiano e Santa Sofia con un testo di Serena Dandini

LA CONTEMPORANEITÀ DE LA CLASSE A CERVIA E RAVENNA Martedì 4 e mercoledì 5 febbraio al teatro di Cervia e dal 7 al 9 febbraio all’Alighieri di Ravenna va in scena lo spettacolo La Classe con Claudio Casadio, Andrea Paolotti e Brenno Placido (regia di Giuseppe Marini). La scena è ambientata in una cittadina europea in forte crisi economica. Disagio, criminalità e conflitti sociali sono il quotidiano di un decadimento generalizzato che sembra inarrestabile. A peggiorare la situazione, appena fuori dalla città, c’è lo “Zoo”, uno dei campi profughi più vasti del continente. Alla periferia della cittadina c’è una scuola superiore, un Istituto Comprensivo specializzato in corsi professionali che avviano al lavoro. La scuola, le strutture, gli studenti e il corpo docente, sono specchio esemplare della depressione economica e sociale della cittadina.

L’autrice Serena Dandini e l’attrice Lella Costa si trovano a convergere all’interno di uno spettacolo teatrale che porta la firma di Serena Sinigaglia dal titolo Se non posso ballare... In scena donne valorose che seppure hanno segnato la storia, contribuendo all’evoluzione dell’umanità, per uno strano sortilegio raramente vengono ricordate e tanto meno sono riconosciute come maestre e pioniere. Ci sono Marie Curie, nobel per la fisica, e Olympe De Gouge che scrisse la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina. Ci sono Tina Anselmi, primo ministro della Repubblica italiana, e Tina Modotti, la fotografa guerrigliera. Martha Graham che fece scendere dalle punte e Pina Baush che descrisse la vita danzando…Entrano una dopo l'altra, chiamate a gran voce con una citazione, un accento, una smorfia, un lazzo, una canzone, una strofa, un ricordo, una poesia, un gemito, una risata. O solo col nome, che a volte non serve aggiungere altro. Una al minuto. Tante eppure non ancora tutte le valorose nella voce e nei gesti di Lella Costa che come un gran cerimoniere le invita ad entrare e balla con loro. Perchè, come disse magistralmente e per sempre una di loro, Emma Goldman: "se non posso ballare questa non è la mia rivoluzione". Lo spettacolo sarà in scena al Galli di Rimini il 18 febbraio, al Petrella di Longiano il 20 febbraio e al Mentore di Santa Sofia il 22 febbraio.

LA NOVITÀ Il silenzio grande di De Giovanni

LETTERATURA IN TEATRO

Dal 20 al 22 febbraio al Galli di Rimini va in scena lo spettacolo con Massimiliano Gallo Il silenzio grande. Si tratta di un testo del noto autore partenopeo Maurizio De Giovanni, autore amatissimo anche per la nota serie I bastardi di Pizzofalcone, diretto da Alessandro Gassman qui in veste di regista e con sul palco anche Stefania Rocca, Monica Nappo, Paola Senatore, Jacopo Sorbini. De Maurizio sviscera qui i rapporti a volte difficili all’interno della famiglia.

Al Teatro Alighieri di Ravenna, dal 24 al 27 febbraio Franco Branciaroli è protagonista dello spettacolo I miserabili di Victor Hugo nell’adattamento teatrale Luca Doninelli. Branciaroli è Jean Valjean – uno strano santo, una figura angelico-faustiana – nell’adattamento teatrale di uno dei capolavori della letteratura occidentale. Si sedimenta in scena un romanzo immenso, che appartiene alla storia del genere umano, un’opera che parla a ogni epoca e a diverse latitudini, perché tocca grandi temi universali quali dignità, dolore, misericordia, giustizia, redenzione. Ma perché portare in scena quest’opera proprio ora? «Una spinta verso questa scelta – spiega il regista Franco Però – viene dal momento che stiamo vivendo nelle società occidentali, dove si assiste all’inesorabile ampliarsi della forbice fra i molto ricchi e i molto poveri».

IL TESTO RITROVATO Torna a vivere il Malatesta di Henry de Montherlant Il 7 febbraio al Galli di Rimini va in scena “Malatesta”, per l’ideazione e regia di Gianluca Reggiani e la riscrittura di Davide Brullo dal testo originale di Henry de Montherlant. Si tratta di una produzione Comune di Rimini Celebrazioni Malatestiane 2017/2018. Dopo il successo di pubblico riscosso nelle 45 repliche all’interno di Castel Sismondo, approda al Galli in una inedita versione.

IL TABÙ INFRANTO Il Vangelo secondo Antonio per affrontare il tema dell’Alzheimer Allo Spazio Tondelli di Riccione, il 13 febbraio alle 21 approda Il vangelo secondo Antonio con Matilde Piana, Dario De Luca, Davide Fasano, testo e regia di Dario De Luca. Don Antonio, brillante parroco di una piccola comunità, si ammala di Alzheimer. Al suo fianco restano la devota sorella, perpetua dal carattere rude, e un giovane e candido diacono. Niente però è più come prima. Uno spettacolo che rompe il tabù sull’Alzheimer e le altre demenze degenerative.

Franco Branciaroli è Jean Valjean ne I miserabili

Marco Paolini è il calzolaio di Ulisse sul palco del Diego Fabbri Il 10 febbraio al Diego Fabbri di Forlì va in scena Marco Paolini con Nel tempo degli déi. Il calzolaio di Ulisse per la regia di Gabriele Vacis. Nato come Odissea tascabile, lo spettacolo è cresciuto nel tempo. Questo Ulisse pellegrino e invecchiato non ama svelare la propria identità e tesse parole simili al vero. Si nasconde, racconta balle, si inventa storie alle quali non solo finisce col credere, ma che diventano realtà e addirittura mito. Questo e molto altro, sotto le mentite spoglie di un calzolaio – anzi, del calzolaio di Ulisse, uno straniero dai sandali sdruciti, indurito dagli anni, dall’età, dai viaggi e dai naufragi – racconta il protagonista ad un giovanissimo capraio incontrato apparentemente per caso.

L’Accabadora di Michele Murgia in scena allo Spazio Tondelli Allo Spazio Tondelli di Riccione, il 27 febbraio è il momento di Accabadora spettacolo tratto dal romanzo di Michela Murgia con Anna Della Rosa per la regia di Veronica Cruciani. La versione teatrale parte dalla fine del romanzo e ci mostra un lato inedito dell’interiorità di Maria. «Carlotta Corradi (a cui si deve la drammaturgia, ndr) ha fatto un lavoro di tessitura» scrive Michela Murgia. «C’è un’originalità anche autoriale in questo testo. Chiamarlo ‘riduzione’ non va bene: è un ampliamento. Probabilmente dieci anni fa, quando ho scritto il romanzo, non ero in grado di vedere la Maria adulta. Ora è un piacere leggerla nelle parole, negli occhi, nel gesto artistico di altre professioniste».

L’Iliade e Giobbe di Joseph Roth al comunale di Gambettola Sabato 1 febbraio alle 21 al teatro di Gambettola va in scena Iliade, siamo tutti figli di Troia di e con Giuseppe Ciciriello. Il 29 febbraio è invece la volta del monologo Giobbe, storia di un uomo semplice tratto dal romanzo di Jospeh Roth (regia e adattamento Francesco Niccolini) con Roberto Anglisani.


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storia/1

CRISTICCHI NARRA L’ESODO DALL’ISTRIA In scena con canzoni e filmati a Modigliana e nel Riminese Tournée in Romagna di Simone Cristicchi con il suo Esodo, racconto per voce, parole e immagini scritto con Jan Bernas. Al Porto Vecchio di Trieste c'è un "luogo della memoria" particolarmente toccante: il Magazzino n. 18. Al suo interno sono conservate sedie, armadi, materassi, letti e stoviglie, fotografie, giocattoli, ogni bene comune nello scorrere di tante vite interrotte dalla storia e dall'Esodo: con il Trattato di Pace del 1947 l'Italia perse vasti territori dell'Istria e della fascia costiera, e circa 300 mila persone scelsero - davanti a una situazione dolorosa e complessa - di lasciare le loro terre natali destinate a non essere più italiane. Cristicchi racconta questa pagina dolorosa della storia italiana attraverso una narrazione in prima persona, canzoni chitarra e voce e filmati d’epoca, riuscendo a toccare corde emotive profonde nel rievocare le tante, piccole e umili testimonianze di persone che hanno vissuto quella tragedia. Lo spettacolo sarà l’8 febbraio al Teatro dei Sozofili di Modigliana; il 10 febbraio al Galli di Rimini e a Morciano sabato 15 febbraio.

STORIA/2 Ascanio Celestini riporta in scena Radio Clandestina Il 2 febbraio al Galli di Rimini Ascanio Celestini riporta in scena, dopo vent’anni, Radio Clandestina, monologo che lo ha reso famoso e incentrato sulla strage di via Ardeatina durante l’occupazione nazista a Roma.

La bomba atomica in Little Boy di Mercadini Al teatro CorTe di Coriano sabato 8 febbraio alle 21.15 l’autore e attore cesenate Roberto Mercadini porta in scena Little Boy-storia incredibile e vera della bomba atomica. Lo spettacolo ruota attorno a quanto accadde nei cieli di Hiroshima il 6 agosto del 1945, quando un bombardiere Usa sganciò un ordigno nucleare che in pochi istanti rase al suolo la città giapponese.

Ezio Mauro e i trent’anni dalla caduta del muro di Berlino L’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro nelle vesti di interprete nel recital da lui scritto Berlino, cronache del muro. Mauro, in forma di conferenza teatrale, racconta la caduta del sistema comunista, un momento che ha segnato una svolta storica per il mondo, fino ad allora diviso tra Est e Ovest. Il 12 febbraio alle 21.30 al teatro degli Atti di Rimini.

L’EVENTO Recital di Giannini Il 29 febbraio la stagione dello Spazio Tondelli di Riccione si conclude con uno dei più grandi attori italiani, impegnato in un recital singolare frutto dell’incontro tra grande letteratura e musica dal vivo. Giancarlo Giannini recita brani e poesie di autori amati dal grande pubblico come Pablo Neruda, Federico García Lorca, Gabriel García Márquez, ma anche classici di Dante, Petrarca, Cecco Angiolieri, William Shakespeare. Il ritmo di questo viaggio senza tempo è scandito da una serie di brani inediti composti dal sassofonista Marco Zurzolo, che si esibisce dal vivo insieme al suo quartetto.

CLASSICI Amanda Sandrelli è La locandiera L’1 febbraio va in scena La Locandiera di Goldoni al Cinema Teatro Moderno di Savignano sul Rubicone. Protagonista è Amanda Sandrelli, nei panni di Mirandolina, personaggio abituato a comandare, a difendersi e a lottare.

DRAMMATURGIA AMERICANA Le verità di Bakersfield a Conselice ATTUALITÀ E L’amaca diventa un monologo interpretato da Michele Serra Venerdì 21 febbraio al Fabbri di Forlì, Michele Serra è protagonista de L’amaca di domani. L’autore della celebre rubrica di Repubblica porta in scena un monologo teatrale comico e sentimentale, in cui apre allo spettatore la sua bottega di scrittura. Dipanando la matassa della propria scrittura, Michele Serra fornisce anche traccia delle proprie debolezze e delle proprie manie.

Il 15 febbraio al comunale di Conselice va in scena lo spettacolo Le verità di Bakersfield di Stephen Sachs con Marina Massironi e Roberto Citran per la regia di Veronica Cruciani ambientato nell’America di oggi.

Il giocattolaio di McCay a Coriano In scena al Corte di Coriano il 22 febbraio lo spettacolo Il giocattolaio, pièce del commediografo americano Gardner McCay nel 1993 con Andrea Delogu e Francesco Montanari, regia di Lorenzo Gioielli.


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teatro contemporaneo OVERLOAD AL RASI Il teatro Sotterraneo al Rasi di Ravenna con Overload l’1 febbraio.

L’OBLIO DI PIRROTTA Vincenzo Pirrotta porta in scena Storia di un oblio di Laurent Mouvignier per la regia di Roberto Andò, il 25 febbraio al Masini di Faenza, al Piccolo di Forlì il 26 febbraio, al Goldoni di Bagnacavallo il 29 febbraio

IL RE PAOLO ROSSI Paolo Rossi sarà in scena al Masini di Faenza con Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles l’1 febbraio.

LICIA LANERA AL RASI WHEN THE RAIN STOPS FALLING When the Rain Stops Falling di Andrew Bovell va in scena a Rimini al teatro Galli per la regia di Lisa Ferlazzo Natoli (vedi p. 18) dal 25 al 27 febbraio e al Bonci di Cesena dal 6 all’8.

La pugliese Compagnia Licia Lanera sarà in scena al Rasi di Ravenna il 12 febbraio con Guarda come nevica 1. Cuore di cane e giovedì 13 con The Black’s tales tour (vedi p. 18).

TELL TALE A LONGIANO

IL POLITTICO DELLE ALBE AL MASINI

Al Petrella di Longiano Isadora Angelini e Luca Serrani portano in scena Tell Tale uno studio sull’evoluzione il 15 febbraio.

Al Masini di Faenza l’11 febbraio e al Galli di Rimini il 14 va in scena fedeli d’Amore polittico in sette quadri per Dante Alighieri del teatro delle Albe.

lo spettacolo/1

LO SPETTACOLO/2 Roberto Latini reinterpreta il Cantico dei cantici

LO SPETTACOLO/3 La Ferrante secondo Fanny & Alexander

In scena al Teatro degli Atti di Rimini il 23 febbraio il Cantico dei cantici riletto da Roberto Latini. «Non ho tradotto alla lettera le parole, sebbene abbia cercato di rimanervi il più fedele possibile - Ho tradotto alla lettera la sensazione, il sentimento che mi ha da sempre procurato leggere queste pagine. Ho cercato di assecondarne il tempo, tempo del respiro, della voce e le sue temperature. Ho cercato di non trattenere le parole, per poterle dire, di andarle poi a cercare in giro per il corpo, di averle lì nei pressi, addosso, intorno; ho provato a camminarci accanto, a prendergli la mano, ho chiuso gli occhi e, senza peso, ho provato a dormirci insieme» ha spiegato il regista e performer Premio Ubu 2017 come miglior attore.

In scena al Teatro degli Atti di Rimini l’8 febbraio ci sarà Storia di un’amicizia della compagnia Fanny&Alexander, tratto dalla tetralogia L’amica geniale di Elena Ferrante per l’ideazione è di Chiara Lagani (che ne è anche interprete con Fiorenza Menni) e Luigi De Angelis. Dopo il primo capitolo dedicato all’infanzia, è ora la volta della seconda e terza parte dello spettacolo con Il nuovo cognome e La bambina perduta. Al centro sempre l’amicizia fra le due protagoniste Elena e Lina.

IL NUOVO SPETTACOLO DI REZZA-MASTRELLA AL BONCI In scena al Bonci di Cesena, il 15 e 16 febbraio, la coppia artistica ineguagliabile del panorama teatrale contemporaneo, Antonio Rezza e Flavia Mastrella, ovvero RezzaMastrella, con il nuovo spettacolo 7-14-21-28. Scrivono gli autori: «In un paese allo sbando un Uomo è affascinato dallo spazio che diventa numero. La particella catastale dell’ingegno porta l’essere animato a fondersi con la civiltà numerica al declino. Una donna bianca, vestita di rete e di illusione, rimpiange il tempo degli inizi, quando l’amore è solo affanno e poco ancora. Il non senso civico sfugge a chi governa come bestie questo ammasso di carne alla malora. In questo gioco macabro e perverso si affaccia la fiaba allucinata: altro che felici e contenti, qui la nevrosi insegue il capriolo: uno che scappa e l’altro che corre con due gambe che non ne fanno una. Fossimo zoppi faremmo più paura».

LA RASSEGNA Tre “Odissee” con il Mulino di Amleto a Rimini Tre gli spettacoli della rassegna Odissee del Mulino di Amleto, alla Grotta Rossa di Rimini. Sabato 1 febbraio va in scena Absurderie di e con Daniele Marcori e Giulia Bornacin, una raccolta di microatti teatrali ispirati alla drammaturgia di Eugene Ionesco. Sabato 15 febbraio è invece la volta della Compagnia Streben con La Cattiveria con Alessia De Pasquale, Massimo Don, Filippo Marchi, Davide Russo. Ultimo appuntamento il 29 febbraio con Effetti indesiderati anche gravi di Corrado Trione e Giulia Pont, per la regia di Carla Carucci.


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danza/forlì

danza/ravenna

L’OMAGGIO A ROSSINI DI MAURO ASTOLFI

LA STAR DELL’HAMBURG BALLET E L’ALONZO KING LINES BALLET ALL’ALIGHIERI

Al teatro Diego Fabbri di Forlì la grande danza è in scena sabato 29 febbraio alle 21 con la Spellbound Contemporary Ballet che porta in scena Rossini Ouvertures, coreografia e regia di Mauro Astolfi e musiche di Gioacchino Rossini. Gli interpreti sono Lorenzo Capozzi, Alice Colombo, Maria Cossu, Mario Laterza, Madhav Davide Valmiki, Giuliana Mele, Caterina Politi, Zak Ryan Schlegel, Aurora Stretti. Rossini Ouvertures celebra la figura artistica e umana di Gioachino Rossini.

La Stagione Danza dell’Alighieri di Ravenna si inaugura con il Nuovo Balletto di Toscana (15 e 16 febbraio) e la Cenerentola di Jiří Bubeníček, già star dell’Hamburg Ballet e vincitore del Benois de la Danse, che su musica di Prokof’ev ha creato un balletto per 14 danzatori che rielabora la celebre fiaba. Segue il ritorno a Ravenna dell’Alonzo King Lines Ballet (29 febbraio, 1 marzo) con Händel e Common Ground, coreografie firmate dal fondatore della strepitosa compagnia americana, l’una omaggio alle musiche del compositore, l’altra vera e propria ode alla città di San Francisco su arrangiamenti del Kronos Quartet.

DANZA/CESENA La Butterfly di Monica Casadei al Bonci

DANZA/RICCIONE La vicenda di Gregorio Samsa secondo Lorenzo Gleijeses

DANZA/RUSSI Una rivisitazione contemporanea di Pulcinella con 11 danzatori

In scena il 12 febbraio al Bonci di Cesena, Butterfly. Colori proibiti. Lo spettacolo nasce dal pluriennale progetto Corpi(n)azione_opera, con cui Monica Casadei – eclettica coreografa emiliana formatasi fra Italia, Inghilterra, Francia e vari soggiorni in Oriente – indaga i personaggi e i temi dell’opera lirica attraverso il linguaggio fisico e fortemente emotivo della sua danza.

Sabato 22 febbraio, allo spazio Tondelli di Riccione, Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa. Lorenzo Gleijeses porta in scena la vicenda di Gregorio Samsa, danzatore immaginario, omonimo del protagonista del racconto di Franz Kafka La metamorfosi. Lo spettacolo è frutto di quattro anni di confronto con Eugenio Barba dell’Odin Teatret e al tempo stesso la sua prima co-regia insieme a Gleijeses e a un’altra leggenda del teatro, Julia Varley.

Per la danza, il teatro comunale di Russi porta in scena il Nuovo balletto di Toscana con Pulcinella, uno di noi (venerdì 28 febbraio), una rivisitazione di Pulcinella in chiave contemporanea, su partitura composta in gran parte da Igor Stravinskij, con interpolazioni di brani composti anche da Giovan Battista Pergolesi. In scena un organico di 11 giovani danzatori.

DANZA/CATTOLICA Carmen e Bolero interpretate dalla MM Contemporary Dance Company Sabato 15 febbraio alle 21.15, al teatro della Regina di Cattolica va in scena Carmen/Bolero di MM Contemporary Dance Company, che porta in scena due grandi titoli del repertorio musicale nell’interpretazione di due coreografi italiani, Emanuele Soavi, da anni attivo in Germania presso prestigiose compagnie, e Michele Merola, direttore artistico della compagnia: con questo spettacolo la MM Contemporary Dance Company vuole offrire la sua rivisitazione di due celeberrime opere musicali, che sono state oggetto di rappresentazione da parte di grandi artisti contemporanei.

LO SPETTACOLO/VERUCCHIO I tre moschettieri, tra balli popolari e commedia dell’Arte Venerdì 28 e sabato 29 febbraio alle 21.15, al teatro Pazzini di Verucchio va in scena la compagnia Aller-Retour Théâtre di Parigi con lo spettacolo I tre moschettieri, tra danze popolari, duelli e coreografie originali. Lo spettacolo fa parte del progetto “La Route Des Italiens, la Commedia dell’Arte dalla Calabria alla Normandia” ed è stato definito dai cittadini di Versailles, “il più esilarante d’Europa”.


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scene

il festival

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BAEDEKER

Guida teatrale per spettatori nomadi

DALLA CANZONE FILOSOFICA A KAFKA, IL VIE FESTIVAL A CESENA Gli eventi in programma nell’unica città romagnola coinvolta dall’iniziativa di Emilia Romagna Teatro Fondazione

Febbraio: dall’Australia alla Russia, tra Rimini e Lido Adriano di Iacopo Gardelli

Roberto Magnani del Teatro delle Albe

Una scena da The Metamorphosis

VIE, il festival di teatro, danza, musica e performance organizzato da Emilia Romagna Teatro Fondazione, quest’anno giunge alla XV edizione, confermandosi come importante osservatorio italiano sui fermenti della scena contemporanea internazionale. Da venerdì 21 febbraio fino a domenica 1 marzo nelle città di Modena, Bologna, Cesena, Carpi e, novità di quest’anno, anche Spilamberto, vanno in scena quattordici spettacoli, fra cui sette produzioni ERT, tre prime assolute e sei prime nazionali. Tra gli eventi che coinvolgono l’unico teatro romagnolo c’è un progetto di collaborazione europea, ERT co-produce la nuova creazione di Massimo Furlan e Claire de Ripaupierre, Concorso europeo della canzone filosofica, in prima nazionale al Bonci di Cesena il 22 e il 23 febbraio. Una versione semiseria del noto format televisivo canoro Eurovision, che solleva una riflessione in chiave pop su una delle questioni più cruciali del nostro oggi: il tema dell’identità dei diversi paesi rappresentati nella Comunità Europea. Per l’edizione 2020 di VIE, Furlan sarà affiancato sul palco da Federica Fracassi e da una giuria di esperti creata ad hoc, composta dal filosofo Stefano Bonaga, dalla scrittrice Michela Murgia, dal cantautore Daniele Silvestri e da Marino Sinibaldi, direttore di Rai Radio3, e presieduta da Loredana Lipperini (giornalista, scrittrice e conduttrice radiofonica per Fahrenheit su Rai Radio3). Inoltre, appuntamento con Matthew Lenton, che torna a collaborare con Emilia Romagna Teatro Fondazione con The Metamorphosis. Lo spettacolo del pluripremiato regista scozzese, presentato in prima assoluta al Teatro Bonci di Cesena il 28 e 29 febbraio, è un adattamento del racconto di Franz Kafka, La metamorfosi. Storm Atlas, al Teatro Comandini di Cesena il 28 febbraio, è invece il live concert di Dewey Dell, compagnia italiana di danza e teatro di ricerca, divisa tra Cesena, Berlino e Vilnius e composta da Teodora, Demetrio, Agata Castellucci ed Eugenio Resta. Dal 2013 Dewey Dell è anche un progetto musicale volto alla creazione di concerti in cui la musica viene suonata attraverso una coreografia.

LO SPETTACOLO Torna il mentalista Tesei con Human al Goldoni di Bagnacavallo Sabato 22 febbraio alle 21, al Goldoni di Bagnacavallo va in scena Human di Francesco Tesei e Deniel Monti con musiche di Alberto Nanni. Il nuovo spettacolo di Tesei propone uno sguardo alla sua arte da una prospettiva originale e quanto mai attuale: il mentalismo come modo per tornare a stupirsi per le magie dei rapporti umani. Quelli veri: a contatto diretto, guardandosi negli occhi, parlando, cogliendo le sfumature di un’espressione del viso, lo stato d’animo e i pensieri di chi abbiamo vicino.

In un elzeviro scritto per Repubblica lo scorso dicembre, Marco Belpoliti salutava la fine degli anni Dieci definendoli il “decennio della serialità”. Un decennio condannato a ripetere eventi già vissuti e a incistarsi nella riflessione sul passato, privo della capacità di pensare un'utopia e inabile a immaginare futuri possibili. Come tutte le riflessioni astratte, anche questa porge il fianco a dubbi e perplessità. Non è forse la Storia stessa a ripetersi inesorabile, come già diceva Marx, prima come tragedia e poi come farsa? Non è una prerogativa della natura animalesca dell'uomo quella di essere impermeabile alla razionalità e di continuare a cadere, ancora e ancora, negli stessi errori ed orrori che dall'alba dei tempi ci infliggiamo gli uni agli altri? In questo inizio 2020 che già semina incendi, bombe e ombre di guerra, viene in mente la famosa frase di Stephen Dedalus: «La storia è un incubo dal quale sto cercando di svegliarmi». Forse l'unica utopia possibile è fuori dalla Storia. E non dico relegata in chissà quali fantasticherie mistiche post-mortem, quanto piuttosto nell'arte e nella capacità umana di realizzare qui e ora un suo giardino delle delizie, un riparo fragile che resista all'uragano dei tempi. Se si fa arte, almeno non si uccide. Non abbiamo molto di più. Perciò vediamo, in questo febbraio romagnolo ricco di appuntamenti teatrali, di unire le linee e creare la nostra mappa del tesoro. Partirei dal 6 al 9 febbraio dal Bonci di Cesena (o al Galli di Rimini, dal 25 al 27) con When the Rain Stops Falling, spettacolo che si è aggiudicato ben tre premi Ubu: miglior nuovo testo straniero all'australiano Andrew Bovell; miglior regìa a Lisa Ferlazzo Natoli e migliori costumi a Gianluca Falaschi. Si tratta, come da tradizione anglo-americana, di una saga famigliare che attraversa la storia australiana dal 1959 al 2039 – saga accompagnata dallo scroscio continuo della pioggia metafisica del titolo. La presenza del nostrano Marco Cavalcoli fra gli attori non fa che crescere la nostra curiosità. Il 12 febbraio, al Rasi di Ravenna, è in scena la giovane attrice-autrice pugliese Licia Lanera con Guarda come nevica 1. Cuore di cane, spettacolo del 2018, primo episodio di una trilogia dedicata ad autori russi. Pluripremiata fondatrice della compagnia che dal 2018, dopo la fine del sodalizio con Riccardo Spagnulo, porta il suo nome, la Lanera mette in scena un peculiare riadattamento di Cuore di cane di Michail Bulgakov, nel quale l'apporto musicale curato da Tommaso Qzerty Danisi dialoga con un testo per voce sola scritto dall'autrice. Al centro della riflessione, “la fine della coscienza e dell'ideologia politica”. (Il 13, fuori abbonamento sempre al Rasi, sarà la volta di un altro lavoro della Lanera, The Black's Tales Tour). Concludo il baedeker al Cisim di Lido Adriano, dal 20 al 22 febbraio, dove Roberto Magnani, attore del Teatro delle Albe, curerà una sorta di “retro-avanspettiva” sul suo lavoro in solo, intitolata Abitare nello specchio. Gli spettatori potranno vedere lavori già datati nei quali il dialetto romagnolo è al centro della riflessione, come Odiséa (di Tonino Guerra) e E' bal (di Nevio Spadoni), ma anche nuovi pezzi in via di definizione e in stretto dialogo con la musica. Il 22 la giornata inizierà con Siamo tutti cannibali, montaggio di letture da un libro smisurato, Moby Dick, sostenuto dal basso di Checco Giampaoli, e si chiuderà con Descrizione di un quadro, frammento di Heiner Müller musicato dal duo sperimentale Cacao (Matteo Pozzi e Diego Pasini).



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visioni

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l’intervista

Il Drago di Romagna: il Mah Jong in un film sottotitolato in cinese Gerardo Lamattina, regista e autore ravennate, racconta il suo ultimo lavoro tra fiction e documentario di Erika Baldini

Tik tok, tok... no, niente a che vedere con applicazioni e social per carità. È il rumore delle tessere calate, sbattute con le altre sulla stecca. Lo conosce bene chi ha una madre infervorata giocatrice come la mia. Il Mah Jong non è solo un gioco. Questo è un fatto ma anche il sottotitolo de Il Drago di Romagna, ultimo film del regista Gerardo Lamattina. A quasi 100 anni dall’ingresso del gioco cinese in Italia, appena uscito nelle sale, Il Drago di Romagna racconta - attraverso la storia di Luisa, tipica azdora romagnola esperta di cucina e Mah Jong - la sua diffusione, in particolare a Ravenna dove venne creata una versione speciale. Alternando parti di pura fiction al documentario, Lamattina - artista appassionato di tecnologia e nuovi media - torna al cinema a tre anni dall'uscita del suo primo lungometraggio Cimitero azzurro (2017), finalista all’Alternative Film Festival di Toronto. Gerardo, questo film lo hai scritto a più mani, con Federica Cervellini e Chi Hai, ma l'idea originale è tua. Da dove nasce questa storia? «Io non sono romagnolo (è originario di Pertosa, provincia di Salerno, ndr) ma vivo qui da 28 anni ormai e ho appreso abitudini usi e costumi. E tra gli usi e costumi, quando sono arrivato qua, in particolare mi aveva colpito il gioco del Mah Jong. Gioco che non conoscevo. Al mare, anzi al bagno, cioè lo stabilimento balneare come dite qua in Romagna, vedevo questi sciami di ragazzini che vagavano dappertutto e non capivo dove fossero i loro genitori. Erano tutti figli di signore che giocavano a Mah Jong. Allora abbastanza stupito, assieme a mia figlia, mi fermavo a guardare questo gioco evidentemente cinese ma che a me sembrava molto romagnolo. Tanto è vero che poi l’ho definito nei miei appunti l’unico gioco cinese made in Italy. La genesi dell'idea parte da qui. Dopo qualche anno, in maniera abbastanza casuale, ho mandato l'idea alla produttrice Giusy Santoro della POPCult di Bologna, pensando che non potesse interessarle, invece lei il pomeriggio mi ha subito chiamato dicendo che l'idea era straordinaria, popolare e culturale come la sua casa di produzione, e che voleva assolutamente realizzarla. Abbiamo impiegato due anni e mezzo a farla ma siamo arrivati alla fine. E in maniera molta gioiosa». Il vostro percorso produttivo è particolare: l'obiettivo è esportare il cinema italiano sul mercato cinese attraverso un ponte culturale ed imprenditoriale. POPCult, specializzata nel documentario creativo, produce assieme a Micromedia Communication Italy, società media cinese di Milano, prima in Italia grazie alla creazione della piattaforma Weishi dedicata ai cinesi residenti qui. Il film poi è il primo film italiano ad uscire in sala sottotitolato in cinese... «Primo film italiano sottotitolato in cinese, questo è uno degli slogan che accompagna il film. Abbiamo un po' di primati da evidenziare, “primo film italiano sul gioco del Mah Jong”. Ripensandoci l'idea era molto buona (ride soddisfatto). Il percorso produttivo nasce prima col sostegno della Regione e poi del Comune di Ravenna. Questa la partenza. C'era comunque l'esigenza di avere un partner cinese, sia per ragioni produttive che per ragioni culturali che riguardavano la creazione stessa del film. Ed è arrivata Micromedia Communication, giovanissima società milanese al suo primo film però con un amplissimo seguito della comunità cinese, sia online che nell'ambito milanese e internazionale. Con loro sono arrivati anche degli sponsor privati: HAHA Garden Milano, Hoomei, Yohno. La relazione con Micromedia è nata grazie a Jada Bai, una “cinese milanese”, che poi ha curato tutta la ricerca storica». È la stessa ragazza che raccoglie le interviste nel film? «No, è una studiosa che lavora tra le altre cose per la Fondazione Italia/Cina. La ragazza che compare nel film fa parte dello staff di Micromedia... diciamo che mi son divertito a

far diventare la fiction realtà e la realtà fiction». Il film infatti alterna finzione e realtà, fiction e documentario. Il personaggio di Luisa, questa “vecchia bambina che voleva giocare coi draghi”, è totalmente inventato o hai davvero conosciuto un'azdora così? «“La Luisa”, la protagonista, si chiama in realtà Dilva... ed è veramente appassionatissima di Mah Jong. Il personaggio era stato scritto come idea ma poi si è rimodellato sulle sue caratteristiche. Così come per le sue amiche, che nel film hanno il nome che hanno nella vita e sono tutte grandi giocatrici. La fase del casting è stata un tripudio di adesioni, abbiamo dovuto aggiungere dei giorni, visionando più di 350 persone, un percorso lungo e laborioso ma che ha dato i suoi frutti. Ad esempio ci ha fatto scoprire un personaggio straordinario, che è quello del Guru. Lui è guru nella vita (Lorenzo Golinelli o DJ Guru). Non avrei potuto immaginarlo, perché come succede sempre la realtà supera la fantasia. Lo stesso è accaduto anche con gli attori cinesi. Tutta la famiglia cinese è stata straordinaria, una disponibilità enorme. Abbiamo girato nel loro ristorante, nel loro bazar. Persone fantastiche che avevano molta voglia di mettersi in gioco, ben consapevoli del fatto che per inserirsi veramente in un'altra cultura devi in qualche modo rimettere in gioco il tuo essere. E questo è presente nel film, cosi come è presente il rapporto tra generazioni, insieme ad uno sguardo su come è cambiata la socialità, il modo d'interagire anche attraverso il gioco. Per giocare a Mah Jong ci sono tempi lunghi, devi essere in quattro, ci sono cose che stanno scomparendo, perché siamo sempre più social e meno sociali. Ad esempio il rapporto tra nonna e nipote che invece nel film viene esplorato e rivitalizzato proprio attraverso il gioco». Quindi sei aperto agli imprevisti, il tuo lavoro viene influenzato dagli incontri, dagli attori stessi, non sei uno di quelli che scrive tutto prima? «Assolutamente, succede sempre così nei miei film. An-

che perché un film ha un percorso così accidentato che sarebbe come castrarsi da soli. C'era un plot preciso, scritto con Federica Cervellini, romagnola doc con un punto di vista a volte diametralmente opposto al mio, lo abbiamo sviluppato, abbiamo scritto una scaletta, come un film di fiction... poi incontri il Guru… vuoi non metterlo? E anche altri personaggi minori che si son fatti strada da sé. La storia quindi ha seguito un percorso che abbiamo dovuto continuamente riadattare. In questo ci ha aiutato molto la voce narrante off , che ha unito gli snodi narrativi. È interpretata da Fabiola Ricci, attrice e cantante, con lei e Riccardo Nanni (il musicista) abbiamo riscritto canzoni anni '30 sul Mah Jong, abbiamo rifatto Romagna mia in una versione cinese, ci siamo divertiti a citare film famosi, è una sorpresa che troveranno i cinefili e non solo, ma non spoileriamo...» Gerardo Lamattina gioca a Mah Jong? «No, ma forse è meglio non dirlo (ride). Io ho imparato le regole da mia suocera, che giocava assiduamente, però non gioco, non mi piacciono molto i giochi di società, non ho pazienza. Però mi affascinano mondi che trovo lontani dal mio essere. Come regista faccio film o su cose che ho la presunzione di conoscere bene e su cui mi sento di dire la mia o su cose che non conosco affatto e che ho il privilegio di poter esplorare. Io prendo appunti in continuazione, mi interesso di tutto, una cosa a volte anche faticosa ma che è una delle ragioni per cui faccio questo mestiere. Il film è uscito in maniera indipendente nelle sale italiane, in occasione dell’inizio del capodanno cinese (il 25 gennaio), a Ravenna e nelle città che ospitano importanti comunità cinesi, come Milano, Bologna, Prato, Roma, per poi essere distribuito anche in Cina. Il calendario delle uscite, in continuo aggiornamento, è disponibile sulla pagina Facebook del film o sul sito https://www.facebook.com/ildragodiromagna/ www.dragodiromagna.com


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febbraio 2019

consigli d’autore

CONTROCINEMA Esplorazioni atipiche dentro le nuove forme del cinema

Non solo Fellini, alla riscoperta di film invisibili e capolavori del passato

di Albert Bucci

Albert Bucci è direttore artistico del Soundscreen Film Festival. È stato docente di Sceneggiatura allo Iulm di Milano. In una vita parallela, possiede anche una laurea in Fisica Teorica.

In versione restaurata tornano in sala cinque opere del maestro riminese Da non perdere anche il True Detective orientale dell’autore di Parasite

Il cinema ha sempre ragione, soprattutto quando non teme di proporre film “invisibili”, o capolavori del passato. Quest’anno festeggiamo i 100 anni di Fellini. E in sala tornano, in versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, cinque grandi sue opere: Lo sceicco bianco, con Alberto Sordi, che nel suo ruolo di protagonista di fotoromanzi ci ricorda che la società dello spettacolo e le sue distorsioni esistevano già 70 anni fa; I vitelloni, sempre con Sordi, e la sua poetica visione della vita che, pur ancorata al mito della giovinezza, deve uscirne; il mitologico La dolce vita con Marcello Mastroianni, film icona dell'Italia all'estero, affresco della società italiana al tempo del boom, e per certi versi inventore del genere del “falso documentario”; il complesso, onirico, visionario e psicoanalitico 8 ½, sempre con Mastroianni, grande e irripetibile esempio di “autoritratto” in forma di cinema; e il dolcissimo Amarcord, l'adolescenza sotto il fascismo dei genitori dei Vitelloni. So che li avrete già visti tutti: ma perché non approfittarne? Sempre in versione restaurata dalla Cineteca, rivedrò un altro grandissimo film del passato: dal genio di Stanley Kubrick, Il Dottor Stranamore, col multiforme Peter Sellers in tre ruoli su questa graffiante e grottesca satira sulla fine del mondo per olocausto atomico,

A sinistra un fotogramma da “Amarcord”, a destra Il Dottor Stranamore

dove il dramma di una guerra nucleare deborda nella più sana delle comicità sulla demenza umana e la sua presunta onnipotenza. Altro film non recente, ma che dovete assolutamente vedere. Avete scoperto nei mesi scorsi il coreano Parasite di Bong Joon-ho e pensate che sia uno dei migliori film della stagione? Ora che è anche candidato agli Oscar come miglior film straniero, di Bong Joon-ho sarà riproposto al cinema un suo vecchio film del 2003, il bellissimo Memorie di un Assassino. É il 1986 in una Corea del Sud ancora sotto dittatura militare. Una

GENE GNOCCHI

CRAZY STOMPIN’ CLUB

GIOVANNI TRUPPI

SCONCERTO ROCK

SAN VALENTINO ANNI ’20

POESIA E CIVILTÀ TOUR

Teatro Musicale

Swing/Charleston

Musica d’Autore

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KATIA RICCIARELLI

PIERINO E IL LUPO

& TRIO IFTODE

OMAGGI A FELLINI, TONINO GUERRA L. VAN BEETHOVEN Musica e dialetto

Musica d’Autore

Programma FEBBRAIO MARZO 2020

ragazza viene trovata barbaramente stuprata e poi uccisa nelle campagne vicine a una piccola città. L'ispettore Park viene da Seoul per risolvere un caso complicato, nel quale la polizia locale spicca per inettitudine e brutalità. Altre donne vengono uccise, si profila lo spettro di un serial killer... Un True Detective orientale dove il Male vive e respira dentro gli esseri umani, sullo sfondo politico di una nazione che aveva vissuto colpi di stato e assassini a catena, e dove ogni tentativo di indagine razionale non può che scontrarsi contro le paure emotive del detective e un mondo ingarbugliato, troppo complesso da decifrare nei suoi segni.

CHARLIE HUNTER & LUCY WOODWARD Musica d’Autore

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Per Info: www.teatrosocjale.it - Cell. 327 6719681 - Facebook Teatro Socjale

Come da tradizione, ad ogni evento i “MITICI” CAPPELLETTI DEL SOCJALE Via Piangipane, 153 - PIANGIPANE (RA) Circolo ARCI - Ingresso Riservato ai Soci

MUSICA Inizio spettacoli ore 22 TEATRO/EVENTI Inizio spettacoli ore 21


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arte

Oltre 250 opere tra scultura e pittura per raccontare il mito di Ulisse nella storia Inaugura il 15 febbraio la nuova grande mostra ai Musei San Domenico di Forlì, un viaggio attraverso i secoli per indagare una delle figure archetipiche della nostra civiltà con opere di Pinturicchio, Rubens, Canova, Hayez

La mostra che i Musei San Domenico propongono per il 2020 vuole confermare il grande livello espositivo che in 15 anni Forlì ha saputo creare, grazie alla Fondazione Cassa dei Risparmi e alla regia di Gianfranco Brunelli, che dei progetti espostivi della Fondazione è il responsabile. Il tema affrontato dalla mostra che inaugura il 15 febbraio e prosegue fino a giugno è quello di Ulisse e del suo mito, che da tremila anni domina la cultura dell’area mediterranea ed è oggi universale. Mito che si è fatto storia e si è trasmutato in archetipo, idea, immagine. E che oggi, come nei millenni trascorsi, trova declinazioni, visuali, tagli di volta in volta diversi. Specchio delle ansie degli uomini e delle donne di ogni tempo. Il contributo dell’arte è stato decisivo nel trasformare il mito, nell’adattarlo, illustrarlo, interpretarlo continuamente in relazione al proprio tempo. Si tratta dunque di un grande viaggio dell’arte, ma non solo nell’arte. Una grande storia che gli artisti hanno raccontato in meravigliose opere. La mostra racconta un itinerario senza precedenti, attraverso capolavori di ogni tempo: dall’antichità al Novecento, dal Medioevo al Rinascimento, dal naturalismo al neoclassicismo, dal Romanticismo al Simbolismo, fino alla Film art contemporanea. Quindici le sezioni in cui si articola il lungo percorso espositivo che conta ben 250 opere tra cui 50 sculture e 150 opere, da Omero a De Chirico, da Dante a Rodin, passando attraverso i capolavori di Pinturicchio, Rubens, Canova, Hayez, Bocklin, Sironi, Martini e Bill Viola.

Jacob Jordaens, Ulisse e i compagni escono dall’antro di Polifemo, particolare, 1630, olio su tela. Mosca, Museo Puškin

La mostra è curata da Fernando Mazzocca, Francesco Leone, Fabrizio Paolucci e Paola Refice. La direzione generale è a cura di Gianfranco Brunelli, mentre il comitato scientifico è presieduto da Antonio Paolucci. Gli allestimenti sono a cura degli studi Wilmotte et Associés di Parigi e Lucchi & Biserni di Forlì.

Per informazioni: tel. 0543.1912030-031 email: mostre@fondazionecariforli.it web: www.mostraulisse.it fb: @mostraUlisseForli catalogo: Silvana Editoriale


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MATERIA OSCURA

la novità

AL VIA “UN’OPERA AL MESE” PER SCOPRIRE I CAPOLAVORI DELLE COLLEZIONI FORLIVESI Un viaggio per riportare l’eroe greco alla sua identità di Linda Landi

Una mostra che promette di essere assolutamente da non perdere tra quelle del 2020 e riconferma il San Domenico di Forlì come tappa imprescindibile per gli amanti dei progetti espositivi di qualità è Ulisse. L’arte e il mito (vedi pagina 22). L’impostazione originale e un ampio percorso, con oltre duecento opere collocate in un arco temporale che va dalla classicità fino al Novecento, toccano i differenti linguaggi tra scultura e pittura, ma anche quelli meno “mainstream” della miniatura e dell’arazzo, o della ceramica. Un viaggio al centro della storia dell’uomo che in Ulisse trova le sue innumerevoli incarnazioni e ci è stato anticipato dal professor Marco Antonio Bazzocchi, membro del comitato scientifico e delegato per le iniziative culturali dell’Università di Bologna. «La mostra vuole ripercorrere il tema di Ulisse e del viaggio all’indietro che deve riportarlo alla patria, ma soprattutto alla sua all’identità. È un percorso che getta luce sull’importanza dei differenti significati assunti dalle figura di Ulisse» spiega Bazzocchi. Afrodite «A partire dal mondo greco - la Callipige, I sec. cui interpretazione si traduce letd.C., marmo. teralmente in “colui la cui mente Napoli, Museo riesce a guardare in molteplici direzioni” e lo considera un eroe Archeologico che affronta avventure e situaNazionale zioni fantastiche, come la vicenda di Polifemo, fino a quelle più umane e private, come il rapporto con la moglie e il figlio - ogni epoca ha dato le sue letture e questo progetto vuole rendere le fisionomie dei tanti Ulisse nella storia». Interpretazioni che non sono di certo sempre solo lusinghiere: nel Medioevo infatti, con Dante, Ulisse diventa un personaggio problematico, l’incarnazione dell’inganno e della frode attraverso un’intelligenza usata a fini negativi. Qui è soprattutto l’Ulisse che ha inventato il cavallo di Troia. Contrariamente, l’Ulisse rinascimentale è un eroe della sapienza, arma con cui vince tentazioni come le sirene o Polifemo. «Nel Cinquecento è addirittura un artista - prosegue Bazzocchi - colui che sa e crea: tutte le grandi opere tra ‘500 e ‘600 mostrano infatti un uomo capace di produrre grazie all’intelligenza, che riesce ad arrivare dove gli altri uomini non vanno». Assume poi nuove sembianze anche nell’Ottocento, con il Romanticismo, quando incontriamo il viaggiatore diretto verso mete impossibili, che potrebbero anche non condurlo ad alcun approdo. «Giovanni Pascoli è l’autore della variante in cui un Ulisse invecchiato decide di rifare il viaggio per conoscere ciò che prima gli era sfuggito, e parlare ad esempio con le sirene, o con Polifemo dopo l’antico scontro. Ma nondimeno si fa carico del valore di un’esistenza inquieta che non ha una risposta univoca, è l’uomo moderno che affronta una serie di questioni a cui non c’è soluzione». Il Novecento infatti, foriero di una riflessione che mette in crisi definitivamente i valori del passato, con Joyce vedrà Ulisse trasformato nell’uomo qualunque che si interroga su problemi del quotidiano: i soldi, i tradimenti della moglie, i problemi dell’Irlanda. La mostra insomma «sostanzialmente mette in luce come la storia di Ulisse sia in fondo la storia del mondo occidentale. Non a caso titola “arte e mito” perché il mito si è incarnato nella letteratura e nell’arte, per secoli, sotto agli occhi di tutti». “Ulisse, uno di noi” potremmo dire, mosso dalla sua interminabile ricerca di verità e autocoscienza che lo porta verso l’oscurità degli stati più profondi dell’essere umano, compiendo un viaggio che a Forlì si trasforma in pura bellezza.

Appuntamento a febbraio con la “Dama dei gelsomini” di Lorenzo di Credi. Il programma fino a dicembre Prende il via a fine gennaio la nuova iniziativa “Un'opera al mese” a Forlì grazie alla quale ogni mese un capolavoro delle collezioni permanenti esce dai musei e viene raccontato per essere riscoperto e apprezzato. Si parte con nove capolavori, che, se possibile, saranno portati in una sala conferenze e oggetto di un approfondimento, alle 18.30. Si tratta di opere di tutte le epoche conservate alla Pinacoteca civica, a Palazzo Romagnoli e anche nella Collezione privata della Fondazione Cassa dei Risparmi. Dopo l’Ebe del Canova, il 28 febbraio, ai Museo di San Domenico, luci accese su “Dama dei gelsomini” di Lorenzo di Credi (nella foto), a seguire, il 20 marzo, sempre ai Museo di San Domenico si approfondirà l’opera “Buoi al carro” di Giuseppe Fattori; il 17 aprile, alla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, si scoprirà “Una madre” di Silvestro Lega; il 22 maggio si torna al Museo di San Domenico per “Primi passi” di Jacques Sablet; il 25 settembre al Museo di Palazzo Romagnoli tocca a “Lavoro” di Giuseppe Capogrossi; il 23 ottobre, all’ex-Collegio Aeronautico si parla di “Icaro e i mosaici del volo” di Angelo Canevari; il 20 novembre, Museo di San Domenico, torna “Il Battesimo di Cristo” di Marco Palmezzano; l’11 dicembre appuntamento al Museo di Palazzo Romagnoli: “Tornio e telaio” di Fortunato Depero“.

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A RAVENNA UNA MOSTRA PER GALASSI «IL SUO MAGGIOR GENIO ARTISTICO» Inaugura a Palazzo Rasponi il 15 febbraio alle 18 all’interno dell’iniziativa “Novecento rivelato”

QUARANT’ANNI DI PUPAZZI E BURATTINI CON IL TEATRO DEL DRAGO È in corso fino al Il 15 febbraio (tutti i giorni eccetto il lunedì, dalle 15 alle 18.30) nei locali della Manica Lunga della Biblioteca Classense a Ravenna la mostra “Pupazzi e Burattini raccontano - 40 anni di Teatro del Drago”. Si tratta di un viaggio nel mondo incantato delle Figure in creta e garza, in legno e cartapesta, in stoffa e carta, viaggiando di scenografia in scenografia, percorrendo la letteratura dei Fratelli Grimm, di Tolkien, di Saint Exupéry, di Bram Stoker, di William Shakespeare, Paolo Emilio Taviani, Astrid Lindgren, Apuleio e di Omero: miti, leggende, storie rielaborate che, grazie alla costruzioni, ai materiali scenici, alla scultura e alla pittura, raccontano l’universo del teatro di figura, nella sua complessità affascinante, e le sue relazioni con l’immaginario contemporaneo. La mostra è nata come restituzione di quaranta anni di esperienza della Famiglia Monticelli/ Teatro del Drago: cinque generazione di marionettisti e burattinai che raccontano i quattro decenni di un capitale culturale immateriale che ha reso la compagnia ravennate protagonista del teatro di figura di tradizione e contemporaneo internazionale. Il progetto nasce come drammaturgia visiva in grado di collegare fra loro gli spettacoli realizzati in questi anni, ideati e prodotti da Andrea e Mauro Monticelli e dai loro collaboratori. Alla visita alla mostra è possibile aggiungere la visita al Museo La Casa delle Marionette, che raccoglie il materiale dal 1840 al 1950, per approfondire, grazie a una delle raccolte più preziose del territorio italiano, la storia e la bellezza del teatro di figura in Italia.

Questo locale ha scelto di distribuire a Rimini

RISTORANTE

Sabato 15 febbraio, alle 18, inaugurerà nella sede espositiva di Palazzo Rasponi dalle Teste, a Ravenna, all’interno del ciclo “Novecento rivelato”, una mostra che forse riconcilierà la città col suo maggiore genio artistico: Enrico Galassi. Non sono gli organizzatori, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Ravenna e l’Associazione culturale “Tessere del 900”, o il curatore, Alberto Giorgio Cassani, che da decenni si dedica a studiarne la figura, a fare questa apparentemente azzardata affermazione, ma uno dei suoi più cari amici, genio universalmente riconosciuto del Novecento italiano: Alberto Savinio. Egli scrive di Galassi come di un «pittore fra i più intelligentemente “moderni”, architetto genialissimo che crea le case dell’uomo dalle sue necessità interne, costruttore di macchine, inventore, uomo leonardesco…». Nato a Ravenna il 14 novembre 1907 e scomparso a Pisa il 1° settembre 1980, Galassi è stato legato alla città bizantina da una sorta di amore odio: amore per i felici anni dell’infanzia, odio per la mentalità ristretta della Provincia (soprattutto in fatto d’arte). Aderente giovanissimo al Fascismo, tanto da entrare nelle camicie nere, a seguito di un evento tragico lasciò la nostra città nel 1927 e vi fece ritorno raramente nel corso degli anni seguenti. Spirito “ribelle” e “fuorilegge”, com’è stato definito, sempre alla ricerca di qualcosa che lo potesse stimolare dal punto di vista della creatività, Galassi, nelle sue peregrinazioni tra la Versilia, Parigi, Milano, Roma, l’Africa del Nord, Ibiza, l’Andalucia, l’Isola del Giglio, Caltagirone, come mosso da un vento che lo sospingeva a non mettere radici in nessun luogo, ha attraversato, da vero “dilettante” saviniano – come di chi scende sempre all’essenza delle cose, pur non facendolo apparire – varie arti: pittura, mosaico, ceramica, architettura, critica d’arte e poesia, nonché organizzatore di esperimenti straordinari come lo Studio di Villa Giulia a Roma. La mostra, che raccoglie soprattutto opere del suo periodo pittorico più importante – gli anni Trenta – vuole essere uno stimolo a conoscere questa personalità artistica ingiustamente dimenticata. “La mostra – scrivono gli organizzatori – avrà avuto successo se riuscirà a far emergere le tante opere che di lui esistono presso privati e collezionisti e che finora sono rimaste nascoste per troppo tempo”.

L’ARTISTA/2 A Palazzo Rasponi delle Teste anche una personale per Ferriano Giardini

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In concomitanza con la mostra dedicata a Galassi (vedi articolo sopra), sabato 15 febbraio alle 17 a Palazzo Rasponi dalle Teste a Ravenna inaugura anche l’esposizione dedicata a Ferriano Giardini (1926 -2007) che, spiegano i curatori, «nella propria arte ha espresso con voce forte e viva le inquietudini e i tormenti del secondo '900, riflettendo sulla perdita quasi improvvisa di valori fondamentali come il rispetto dell’ambiente a scapito di una società sempre più spregiudicata e consumistica. Un pittore a tempo pieno ma anche un uomo sinceramente coinvolto dai grandi mutamenti della contemporaneità». Anche questa mostra fa parte del percorso “Novecento Rivelato” e torna a riportare ai nostri occhi le sensibilissime atmosfere di Giardini grazie ad una serie di dipinti realizzati dal 1959 al 2005. Orari: feriali: 15/18 e 11/18 di sabato,domenica e festivi. Chiuso lunedì. Ingresso libero.


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LIBRI D’ARTISTA Al Museo della Città di Rimini le opere dell’Associazione Nazionale Incisori Contemporanei Fino al 15 marzo prosegue al Museo della Città di Rimini “Punto, linea, superficie. Libri d’artista”. Con un titolo che rende omaggio al maestro Wassily Kandinsky è stata inaugurata in gennaio la mostra con libri d'artista da una selezione di opere dell'Associazione Nazionale Incisori Contemporanei. Il libro d'artista con il suo linguaggio sospeso tra la classicità delle tecniche di stampa artistica più tradizionale e un linguaggio contemporaneo ha come prerogativa l'utilizzo del segno e del disegno per sondare nuove forme e possibilità di dialogo con il pubblico. In bilico tra l'artigianato e la sperimentazione artistica è l'oggetto d'arte che maggiormente si presta al dialogo interdisciplinare. La mostra, curata da Maria Pina Bentivenga dell’Associazione Incisori Contemporanei, è stata pensata come una fotografia del panorama italiano del libro d’artista attraverso le opere degli artisti di una delle associazioni di grafica originale più interessanti e attive. Mario Alimede, Eva Aulman, Gianna Bentivenga, Maria Pina Bentivenga, Silvia Braida, Vincenzo Burlizzi, Ada Candussi, Malgorzata Chomicz, Graziella Da Gioz, Elisabetta Diamanti, Gino Di Pieri, Fernando Di Stefano, Eriko Kito , Umberto Giovannini,Gabriella Locci, Francesca Marcolin, Raffaello Margheri, Bonizza Modolo. Inoltre una selezione della collana Vacuum Editions dell’Opificio della Rosa.

fotografia

IL MAESTRO GUIDO GUIDI TRA VENETO E ROMAGNA È in corso fino al 9 febbraio la mostra fotografica dedicata al maestro Guido Guidi, intitolata “In Veneto, andata e ritorno”, alla Galleria del Ridotto del Comune di Cesena (Corso Mazzini 1). Le ottanta fotografie esposte, realizzate tra gli anni Ottanta e Novanta, si riferiscono alle esplorazioni condotte dall’autore in Veneto, regione in cui si è trasferito, prima per motivi di studio e poi di lavoro, e in Romagna, a Cesena, città in cui Guidi risiede. Mostra a cura di Stefania Rössl. Orari: Mer-Sab-Dom e festivi 10.30-12.30 e 16-19; Mar-Gio-Ven 16-19; lunedì chiuso.

ANTIQUARIATO Alla fiera “C’era una volta... il libro” di Cesena esposti manoscritti autentici. E autografi, dai Beatles a Garibaldi Non solo oggetto di culto o da collezione, ma vera e propria forma di investimento che consente di diversificare i propri risparmi. Quello degli autografi pare essere un mercato vivo e in crescita ed è per questo che una delle più importanti fiere di antiquariato librario italiane, la cesenate C’era una volta… il libro, che torna tra gli stand di Cesena Fiera sabato 15 e domenica 16 febbraio, ha spalancato le porte proprio al settore degli autografi grazie alla collaborazione con Autografia – Associazione Periti Calligrafi Certificatori che esporrà manoscritti autentici vergati dalla mano di celebri autori rappresentativi di varie categorie che spaziano dalla storia alla letteratura, dalla musica allo sport: Napoleone, D’Annunzio, i Beatles, Verdi, Ungaretti, Garibaldi, ma sarà anche possibile vedere una maglia autografata da Valentino Rossi, un autografo di Enzo Ferrari, e poi ancora Francesco Totti e Batistuta. Sarà esposto anche il celebre Liber Amicorum del Tenore Neri Baraldi, che durante la sua carriera artistica raccolse gli autografi musicali di oltre 30 tra i più grandi musicisti dell’epoca, tra cui Rossini, Meyerbeer, Gounod e tanti altri.


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l’intervista

L’autrice de Il treno dei bambini: «La carità è personale, la solidarietà è un fatto culturale» Viola Ardone ha raccontato la storia di un bambino del sud che nel dopoguerra, come migliaia di altri, è stato portato in Emilia da Udi e Pci per essere nutrito e scolarizzato. Tra fiction e storia, un libro che affronta tanti temi diversi di Federica Angelini

Caso letterario del momento, Il treno dei bambini di Viola Ardone merita tutta l’attenzione che sta ricevendo. Il romanzo racconta la storia di Amerigo Speranza, bambino di sette anni che vive con la madre in un “basso” dei Quartieri Spagnoli, il padre forse partito a far fortuna in America, chissà se c’è mai stato, alla fine della seconda guerra mondiale. Una situazione di indigenza assoluta che spinge la madre ad accettare l’offerta di alcuni giovani entusiasti “compagni del Pci”: mandare il figlio al Nord (arriverà poi nel Modenese) per un periodo in cui potrà ricevere cibo e cure e frequentare la scuola. Senza badare a chi diceva che avrebbero mandato i figli in Russia e che i comunisti i bambini se li mangiavano. Furono decine di migliaia i bambini del sud che poterono beneficiare di questa proposta negli anni subito successivi al Secondo Conflitto mondiale. Una storia di cui per decenni si è saputo poco e tornata in primo piano negli ultimi dieci anni anche grazie al documentario Pasta Nera e al libro I treni della felicità di Giovanni Rinaldi. Viola Ardone ne ha tratto materiale per un romanzo che, tra i tanti meriti, ha anche quello di far conoscere quell’esperienza e raccontarla in modo sfumato, complesso, commovente e divertente con un protagonista (e non solo) indimenticabile e una ricostruzione di quell’epoca dai colori vividissimi. Quel viaggio diventa l'occasione per affrontare con delicatezza ma allo stesso tempo profondità temi universali e archetipici, come l'abbandono, la fuga, il distacco, il ritorno, l'appartenenza, l'identità. Ardone sarà ospite della rassegna nella biblioteca di Cattolica il 15 febbraio alle 17 e a San Mauro Pascoli a Villa Torlonia il 16 (vedi pagina a fianco per le rassegne complete) e ha gentilmente accettato di rispondere a qualche nostra domanda. Viola, nel raccontare la storia dei treni dei bambini dal sud racconti inevitabilmente di politica, umanità, solidarietà, ideali, umanità. Quale di questi aspetti ti interessava di più mettere in luce? «Mi interessava entrare in una realtà che dista nel tempo solo una settantina d'anni ma che sembra, a mio avviso, un'epoca lontana. L'Italia di allora usciva da un conflitto, decideva se restare monarchica o diventare repubblicana, faceva i conti con le perdite subite e progettava la ricostruzione. In questo scenario l'Unione donne italiane e il Partito comunista colsero un bisogno urgentissimo e inderogabile: quello di mettere al riparo i bambini, che erano le vittime più indifese e fragili. Volevo attraversare questa vicenda dall'interno, far parlare uno di essi e viaggiare attraverso le sue emozioni, il suo stupore, la sua paura». Come ci hai lavorato? Esistono ancora testimonianze dirette di quell’epoca? Quali tracce sono rimaste? «Negli anni passati sono stati realizzati lavori di documentazione che sono stati un utile punto di partenza per tracciare le coordinate, il perimetro della storia. Chi fosse interessato all'aspetto puramente storico può avvicinarsi ai lavori di Buffardi, Cappiello, Piva, Rinaldi e tanti altri, che hanno intervistato ex bambini dei treni. Ho avuto modo anche io di conoscere molti di quei bambini, che mi hanno donato i loro ricordi. Inoltre esistono documenti dell'epoca: articoli di giornale, materiali d'archivio, un memoir scritto da Gaetano Macchiaroli, editore e librario napoletano che fu tra i fondatori del Comitato per la salvezza di bambini di Napoli. Voglio precisare però che i protagonisti del mio romanzo e la loro parabola umana sono frutto della mia fantasia».

Uno dei grandi dilemmi del libro è la differenza tra solidarietà e carità. Cosa distingue queste due categorie del vivere civile? «La carità è un atto di benevolenza soggettiva ed estemporanea. La solidarietà è un fatto culturale: si insegna, in famiglia, a scuola, dovrebbe essere un valore diffuso dal mondo della politica. Essere solidali significa aprirsi alle esigenze dell'altro, essere capaci di condividere e anche di ricevere». Hai scelto di raccontare una storia particolarmente dura, un rapporto madre-figlio fatto di poche tenerezze. Nella miseria e nella povertà materiale si annida più facilmente anche una maggiore difficoltà di esprimere gli affetti? «Il bisogno taglieggia i sentimenti, è vero. Ma il caso di Antonietta, la madre di Amerigo, è particolare. È una donna che, giovanissima, ha già perso i genitori nei bombardamenti, ha perso un figlio, piccolissimo, per malattia, non ha un uomo accanto a sé e vive di espedienti. Carezze, dicono di lei, non ne avute mai, e quindi non è capace di farne. Eppure riesce a riconoscere l'occasione che si sta presentando per suo figlio, e lo lascia partire su quel treno, anche se con tanto dolore e paura». Ogni personaggio è tratteggiato con qualche dettaglio che lo rende unico e memorabile. «Ho cercato di evitare personaggi stereotipati, volevo che avessero una profondità tridimensionale, anche quelli minori». Racconti la Napoli del dopoguerra, ci dai uno squarcio su quella del 1994. Oggi come stanno i bambini dei quartieri di Napoli?

«Oggi un progetto per i minori stranieri sarebbe doveroso: se è stato possibile allora cosa ci ferma oggi in una società di maggior benessere?»

«La problematica è molto attuale: si discute, ad esempio, sui figli delle famiglie di camorra. Meglio allontanarli, sistemarli in un altro contesto per salvarli da un destino già segnato o lasciarli nel loro alveo familiare? Io non ho una risposta. In un mondo perfetto non esisterebbero famiglie di camorra, né evasione scolastica o giovanissimi che si affiliano ai clan. Fare i conti con la realtà è diverso e può portare a soluzioni di emergenza che però lasciano tante domande». Pensando ai treni dei bambini che racconti, possiamo pensare ai bambini che oggi cercano con o senza i loro genitori di raggiungere l’Europa dall’Africa, ma l’accoglienza che ricevono non è certo la stessa. Perché oggi sembrerebbe inconcepibile un progetto come quello di quegli anni? Cosa è cambiato? «Oggi un progetto di solidarietà per i minori stranieri che arrivano in Italia sarebbe doveroso. Se è stato possibile allora, in mancanza di mezzi di comunicazione rapidi e con infrastrutture al collasso, cosa ci ferma, oggi, in una società di maggiore benessere e con infinite più possibilità organizzative?». Dal punto di vista letterario il libro ha più registri, più scritture, più voci. L’io narrante cresce e cambia il modo di esprimersi. Come hai lavorato sulla lingua? E quali sono i tuoi riferimenti letterari? «Il lavoro sulla lingua è stato il più difficile. Volevo che fosse Amerigo a narrare la sua storia e avevo bisogno di una lingua che aderisse a lui, in maniera "sartoriale", come un cappottino fatto su misura. Non poteva essere il napoletano ma nemmeno l'italiano standard. Ho creato una lingua letteraria che riproducesse la melodia dei dialetti del sud, utilizzando alcuni intercalari e pochi termini o espressioni in vernacolo. Man mano che Amerigo procede nel suo percorso di formazione, la lingua cresce e cambia con lui. Fino all'italiano medio-alto dell'ultima parte, quando ormai è diventato un uomo. Prima e durante la scrittura ho letto molto Ortese, Ermanno Rea, Domenico Rea, ma anche il Malaparte de La pelle. E avevo nelle orecchie e nel cuore il teatro di Eduardo».


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LIBRI/SAN MAURO PASCOLI Autori contemporanei in “corto circuito” con i classici

LIBRI/RAVENNA Dall’assistente di Wislawa Szymborska a Jonathan Bazzi: il febbraio della rassegna “Il tempo ritrovato”

La rassegna Cortocircuiti Narrativi che mette in dialogo un classico con un autore contemporaneo diventa itinerante e quest'anno trova ospitalità a Villa Torlonia a San Mauro Pascoli, organizzata da Rapsodia. Quattro gli appuntamenti alla Sala degli Archi alle 16.30 nel mese di febbraio. Si comincia il 2 con il capolavoro di Bulkagov Il Maestro e Margherita e il libro di Andrea Tarabbia che nel 2019 si è aggiudicato il Premio Campiello: Madrigale Senza Suono. Più evidente il legame tra i libri di Simona Vinci (foto) e Le Fiabe dei Fratelli Grimm giacché proprio la Vinci da poco ci ha scritto un libro, in programma il 9 febbraio. Il 16 è la volta di Viola Ardone (vedi pagina accanto) con Il Treno dei Bambini accostato a La Storia di Elsa Morante. Chiude gli appuntamenti Marcello Fois con il suo Pietro e Paolo in corto circuito con Una questione privata di Beppe Fenoglio. Gli incontri sono tutti a ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

Fitto calendario di appuntamenti a febbraio per la rassegna Il tempo ritrovato, a Ravenna, curata da Matteo Cavezzali. Si comincia mercoledì 5 febbraio alle 18 con Petunia Olister e il suo Cocktail d'autore" (SlowFood) al Caffè Letterario dove seguirà una cena con l’autrice, un libro sul rapporto tra alcolici e letteratura. Giovedì 6 febbraio si torna invece in Classense (dove si terranno tutti gli altri incontri) alle 18 con Marco Tullio Giordana e Lirio Abbate che presentano Il rosso e il nero – il romanzo della peggio gioventù (Solferino), dagli anni Ottanta ai tempi nostri, il racconto delle trame proibite della storia italiana ruota intorno al più grande furto di informazioni mai tentato e a due personaggi opposti ma vicini. Il 12 febbraio è la volta dell’assistente di Wislawa Szymborska che racconta come fu vivere e lavorare con la poetessa premio Nobel. Michal Rusinek dialogherà con Stefano Colangelo, docente di letteratura contemporanea all’Università di Bologna a proposito del suo libro Nulla di ordinario (Adelphi). Il 19 febbraio, sempre alle 18, è la volta di Aisha Cerami con il suo Gli altri (Rizzoli), che racconta con ironia l’intolleranza tra vicini di casa. Il 26 febbraio chiude il mese Jonathan Bazzi (foto), autore di Febbre (Fandango) libro dell’anno di Farheneit Radio3, racconta dell’HIV oggi. Dialoga con Ciro F. Di Maio dell’Arcigay Ravenna.

CATTOLICA Storie di viaggi per la nuova edizione di “Voci del verbo andare”

LIBRI/LUGO Dal Papa alla storia della bicicletta al caffé letterario

LIBRI/FORLÌ Bartoletti e il suo libro per ragazzi al Ridotto

Nuova edizione per la rassegna “Voci del verbo andare” ogni sabato pomeriggio dalle 17 al Centro Culturale Polivalente, in piazza della Repubblica 31 a Cattolica, curata da Rapsodia. L’1 febbraio l’appuntamento è con il sound artist, ricercatore e compositore eco-acustico, David Monacchi e la sua L'arca dei Suoni Originari. L’8 febbraio Davide Domenici, professore presso il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell'Università di Bologna, racconterà la storia di Esteban, “da schiavo a esploratore nell'America del 500”. Il 15 febbraio tocca a Viola Ardone (vedi pagina a fianco), mentre il 22 febbraio sono in scena due viaggiatori film maker, registi, documentaristi di fama internazionale: Emerson Gattafoni e Claudio Cardelli con l’incontro dal titolo Eastern Road. Chiude la rassegna, il 27 febbraio lo spettacolo L’Altra America con le voci narranti di Loris Falconi e Loris Ferri, le musiche di Telios De Lorca, e le immagini di Margherita Baldellia.

Nuova serie di appuntamenti per la rassegna “Caffè letterario” a Lugo, all’Hotel Ala d’Oro sempre alle 21. Il 3 febbraio arriva Marco Politi con il libro sul papa La solitudine di Francesco (Laterza). Il 7 febbraio Davide Susanetti con la sua Luce delle muse (Bompiani). Il 14 febbraio ci si sposta alla biblioteca Trisi per l’incontro con Miguel Gotor e il suo L’Italia nel Novecento (Einaudi), mentre il 21 Silvia Ferrara con il suo saggio che è un viaggio nella scrittura dal titolo La grande invenzione. Chiude il mese di febbraio Stefano Pivato con la sua Storia sociale della bicicletta (Il Mulino).

Sabato 15 febbraio alle 18 al Ridotto del teatro Fabbri, Marino Bartoletti presenta il suo romanzo per ragazzi La squadra dei sogni. Il cuore sul prato (Ed. Gallucci). Bartoletti, giornalista forlivese, ha condotto e spesso ideato trasmissioni televisive storiche e commentatore di tante edizioni del Giro d’Italia, della Champions League, dei Campionati europei e mondiali di calcio e dei Giochi olimpici. Ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

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Dante in Romagna tra leggende, aneddoti, fantasmi e racconti Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi raccolgono le “apparizioni” vere o presunte del Sommo Poeta in un volume in uscita in febbraio per Il Ponte Vecchio

Il 4 settembre iniziano le celebrazioni dantesche e in libreria cominciano ad arrivare gioiellini dedicati al Sommo da leggere, gustare, condividere. Tra questi c'è sicuramente un volumetto in uscita il 20 febbraio per Il ponte Vecchio di Cesena a firma di due studiosi che sono di per sé una garanzia: Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi (che lo presenteranno il 28 alle 18 alla sala D’Attorre di Ravenna). Il titolo è Dante in Romagna, ma ancora più significativo è il sottotitolo Mito, leggende, aneddoti, tradizioni popolari e letteratura dialettale. Appena 128 pagine per un excursus dettagliato e al solito, nello stile di Baldini e Bellosi che hanno già firmato altri saggi a quattro mani, documentatissimo con fonti che attraversano i secoli. Ed ecco così che scopriamo o riscopriamo come Dante da queste parti sia e sia stato un fenomeno largamente popolare, un personaggio leggendario protagonista di aneddoti tramandati oralmente attraverso i secoli. Ed è così che attraverso i capitoli vengono ricostruite le presenze vere o presunte in varie località della Romagna. Si comincia da Ravenna, dove si ricostruisce la sua fortuna letteraria dovuta alla presenza di Dante, da Byron in poi (con tanto di delusione diffusa dei visitatori di fronte alla tomba del Morigia). Ma dove scopriamo per esempio che Dante potrebbe aver avuto frequentazioni non proprio nobilissime, dove sarebbe stato consigliere d'amore per genti venute addirittura da Genova per incontrarlo e poter ricevere consiglio. Il capitolo 5 ci rivela che Dante, essendo stato in grado di andare e tornare dall'Aldilà, di scendere all'inferno e restare vivo, era considerato quasi un mago e negromante, quando non un vero e proprio eretico. Un capitolo intero è dedicato a Bagnacavallo dove il Sommo Poeta si dice essersi fermato a pregare nella

AGENDA Baldini a Bellaria, Bertinoro e Ravenna Mercoledì 12 febbraio alle 18 Eraldo Baldini sarà ospite, a Bellaria, del Bar Santa Margherita (via San Mauro 40/A) per presentare il suo ultimo romanzo La palude dei fuochi erranti (Rizzoli). Sabato 22 febbraio, alle 15.30 sarà invece a Bertinoro al Teatro dell’ex Seminario per la presentazione del saggio L’«orribile flagello». I terremoti in Romagna nel Medioevo e in Età moderna. Il 28 sarà infine con Bellosi alle 18 alla sala D’Attorre a Ravenna per presentare invece il libro su Dante (vedi articolo principale).

“chiesa di Polenta”. E per arrivarci potrebbe perfino essere passato per Lugo e Fusignano. Addirittura si sarebbe fermato a Traversara ad ammirare i resti del loro castello che i polentani avevano abbattuto. Del resto, pare probabile che durante il suo soggiorno a Ravenna Dante abbia visitato spesso i dintorni. Non solo, proprio a Bagnacavallo c'è chi pensa di scorgere una sorta di suo ritratto. E se ci si sposta fino all'Appennino e al preappennino ecco spuntare nuovi “sassi di Dante” tra Galeata e Pianetto, nella Valle del Bidente, dove appare anche la “quercia del Malatesta” e il Sommo è “avvistato” anche a San Benedetto in Alpe e ad Acquacheta, mentre a Bertino ci sarebbe la “chiesa di Dante” dove si fermava a pregare anche Francesca da Rimini. E che dire dell'idea che il fatidico incontro con Beatrice sia avvenuto sotto i portici di Bagno di Romagna, dove il presunto padre della fanciulla possedeva una dimora? E ancora, l'immortalità di Dante lo trasfigura in un fantasma che indica al figlio dove trovare i manoscritti che completano la Commedia. E, a proposito di manoscritti, dove sono finiti gli originali danteschi? Possibile che siano andati tutti distrutti nononostante la fama di cui ll Poeta già godeva in vita? E dove potrebbero essere? Tra le ipotesi ci sono il Vaticano, l'abbazia di Pomposa, ma anche i frati minori che custodirono, peraltro, le sue ossa, a Ravenna. Lì dove a settembre inaugurerà un nuovo museo dantesco, basato appunto più su suggestioni che su reperti d'epoca, ormai inesistenti. Utilissimo potrà allora essere questo libro, fatto di citazioni, stralci, suggestioni appunto, che rendono bene quanto la presenza di Dante da queste parti sia da tempo quanto mai concreta. Federica Angelini

IL LIBRO/2 Chi erano davvero i Da Polenta? La loro storia raccontata da Franco Gabìci Ma in fondo, quanto sappiamo davvero dei Da Polenta, i signori di Ravenna nel Medioevo, a cui è appartenuto quel Guido Novello che dando ospitalità a Dante, quando Ravenna contava appena 7mila anime, ha segnato per sempre la storia della città? Malatesta a Cesena, Manfredi a Faenza hanno dato il nome alle biblioteche e sono ancora oggi impressi nella mente di cesenati o faentini (detti anche, appunto "manfredi"), ma si può dire lo stesso per i Da Polenta con Ravenna? Ecco che arriva a colmare il vuoto Franco Gabìci con il volume I Da Polenta. Signori di Ravenna per Il Ponte Vecchio, che ci ricorda, per esempio, che quello che oggi è il teatro Rasi, cuore pulsante della vita culturale cittadina, sorge tra i resti della chiesa del convento di Santa Chiara, fatto costruire da Chiara da Polenta, che santa però non fu mai. Scopriamo che Federico II di Svevia trascorse a Ravenna la Pasqua del 1226 e che nel 1240, per punire il tradimento dei Traversari, mise la città sotto assedio prosciugando le paludi e deviando i fiumi (qui il sospetto che si sia un po' esagerato è diffuso tra gli storici), entra in città e fa radere al suolo le case della famiglia che era passata dalla parte del Papa. Polentani e Traversari furono esiliati in Puglia. Scopriamo che nella famiglia c’era anche Alberico, del secondo ramo "impulsivo, irrequieto, violento", mentre Guido Novello conquista Cesena e Comacchio e poi accetta i comacchiesi come profughi. E poi naturalmente c’è Dante, che non sembra ringraziare mai il proprio ospite, che con la sua presenza ravviva la scena culturale cittadina e di fatto cambia, appunto, il corso della storia di Ravenna. E per il quale Guido Novello non fece fece in tempo a costruire la tomba perché fu spodestato e a sua volta esiliato pochi mesi dopo la morte del Sommo. Una galleria di fatti e personaggi che raccontano un pezzo di Romagna forse non abbastanza conosciuto. (fe. an.)


parole / 29

febbraio 2020

Un racconto inedito dello scrittore ravennate Matteo Cavezzali

Le due piazze

L’autore Ravennate, direttore artistico di ScrittuRa festival e codirettore del festival di letteratura di Salerno, Matteo Cavezzali ha all’attivo due libri, Icarus , ascesa e caduta di Raul Gardini edito nel 2018 da Minimum Fax e Nero d’Inferno, pubblicato da Mondadori nel 2019

È calata la sera sulla placida provincia romagnola dopo una serata di comizi e campagna elettorale. L’aria è umida, la nebbia copre l’orizzonte, le strade cominciano a svuotarsi. «Mario!». «Oi, sei tè Giovanni!». «Torni anche tu dalla piazza?». «Sì, quanta gente, che bella manifestazione!». «Eh sì, una bella partecipazione, come ai vecchi tempi». «Era ora che la gente si svegliasse!». «T’é propi rasôn!». «Alla faccia degli altri, che erano quattro gatti». «Infatti, ben gli sta!» «Torniamo insieme?» «Volentieri, ho lasciato la bici in via D’Azeglio, passiamo di lì». «Certo… aspetta un attimo, perché hai lasciato la bici in via D’Azzeglio?». «Oi, era comodo, non potevo mica andare in piazza con la bici». «Ma scusa, in che piazza era tu?». «Beh, in piazza Kennedy». «Vigliacca boia!». «Ma come, tu dove eri?». «Io in piazza del Popolo!». «Eri con Salvini?!». «Certo, il capitano! Perché tu no?» «Io ero con le sardine!». «Ch’u t vegna un colp!». «Ch’u t vegna un azidént!». «Comunèsta!». «Fascèsta!». «Bèc!» «Imbazèl!». «Mo sta zét!». «Urla pure, ziga come un màt, ma la luna se ne frega dei sumer chi rangia». «Mi fai salire un nervos!». «T’é una testa come una mazzola!». «Ma io l’ho sempre saputo che eri un cretino!». «Io l’ho detto anche a tua moglie che sei deficiente, nel 1959, ma t’ha sposato lo stesso!». «Pezzo d’un ignorante!». «Ma guarda che sta volta vinciamo noi!». «No, vi facciamo mangiare la biada, altro che!». «Sempar a fe la figura del fante di coppe!» «Fata roba…». «Abbocchi proprio a tutto! Quaion!». «Ha parlato Dante Alighieri, mo sta zitto che hai la quinta elementare!». «Almeno io l’esame di quinta l’ho passato senza copiare, non come te!». «Ma smettila che sei d’un ignoranza che fa luce!». «La vá per tè… che t'an capès un caz!». «Boia d’un lèdar!». «T’si propi un ciù!». «Ma va a scurzè int e’ remal!». «Ma va là! Che te sei sempre imbariegh coma una ciòza!».

Le Sardine in piazza Kennedy a Ravenna nel giorno della chiusura della campagna elettorale delle ultime Regionali

«Mi piace il Sangiovese, perché sono le nostre tradizioni!». «Alla faccia!». «Mo chevat da lè!». «Ti spacco la faccia!». «No io ti spacco la faccia!». «Ti do uno schiaffo che ti giro la testa dall’altra parte!». «T’arriva un pogn in tla faza!» Il campanile suona otto rintocchi. I due hanno il volto paonazzo, il fiato corto, lo sguardo torvo. Cala il silenzio. «Allora stasera porto due bottiglie di Sangiovese, va bene?». «Sì, ho fatto salsiccia e costine. Quattro a testa, spero che bastino». «Allora di bottiglie ne porto quattro, l’è mei». «Eh, va là». «Meglio stare sempre dalla parte del sicuro». «At salut!». «At salut!». Si allontano, ognuno per la sua strada, poi Giovanni si gira. «Oi Mario». «Dì». «Ma stasera viene anche Sandro?». «No». «Meglio, è una testa ad caz. Con lui c’è sempre da litigare».

Abbiamo ampliato i nostri spazi, ora più grandi e più fruibili Ospitiamo eventi e presentazioni di libri


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sapori

febbraio 2020

l’intervista

«L’idea per un piatto stellato può nascere anche da un paesaggio o un quadro» Lo chef Gianluca Gorini a 36 anni ha conquistato il riconoscimento Michelin a San Piero in Bagno e ci racconta la sua idea di cucina: «Devi avere la sensibilità di esprimere quello in cui credi» di Andrea Alberizia

Tra i 374 ristoranti italiani stellati nella guida Michelin 2020 ci sono 33 new entry e una di queste è in Romagna dove così sale a sei il conto dei locali premiati dalla pubblicazione nata in Francia nel 1900. Gianluca Gorini ha ottenuto una Stella con il suo “DaGorini” a San Piero in Bagno aperto due anni fa. Per il 37enne originario di Pesaro il riconoscimento era nell’aria da qualche tempo tra gli addetti ai lavori. Chef Gorini, partiamo dalla Stella Michelin da poco ricevuta. In un’intervista precedente diceva “è un bel riconoscimento e così deve essere considerata, non come uno scopo di vita”. Adesso che è uno chef stellato la pensa ancora così? «Adesso più di prima. La Stella è la conseguenza del fatto che lavori e ti approcci al lavoro quotidiano con determinate caratteristiche. Gli obiettivi si raggiugono solo con passione e determinazione». Mantenerla metterà pressione? «È stato premiato quello che abbiamo fatto finora. Sono convinto che se proseguiremo con le peculiarità che ci hanno portato a questo traguardo potremo confermarci». Sono cambiate le prenotazioni o la clientela? «La guida Michelin dà una visibilità mondiale: tante persone che non ti conoscevano adesso ti conoscono. Ora ci conosce sicuramente qualcuno in più ma la clientela è quella

Gianluca Gorini e la moglie Sara Silvani sono i titolari del ristorante “DaGorini” aperto a settembre 2017 a San Piero in Bagno, una Stella Michelin

che abbiamo sempre avuto e sono orgoglioso di portarmela dietro. Sono grato ai clienti locali, la Stella è anche una conferma per loro: vuol dire che c’era un motivo se stavano bene quando venivano da noi». La Stella incide sulla politica dei prezzi? «Noi non abbiamo aumentato i prezzi e non abbiamo intenzione di farlo. Sarebbe una mancanza di rispetto verso chi è sempre ve-

nuto e all’improvviso trova gli stessi piatti a un prezzo più alto». “DaGorini” ha aperto l’8 settembre 2017. In questi due anni c’è stato un momento che più di altri ha segnato la svolta? «Nella vita i progetti si costruiscono con passione, costanza e dedizione. Faccio il cuoco da 22 anni, non ho aperto per caso e non ho la-

IL VIAGGIO Parola ai cuochi più blasonati R&D Cult inizia un viaggio tra gli chef più blasonati della Romagna. Parleremo con alcuni di loro, ci faremo raccontare la loro cucina e qualche curiosità sulle loro carriere e su come sono arrivati al punto in cui sono. La prima tappa è in queste due pagine con Gianluca Gorini dell’omonimo ristorante che nel 2020 ha conquistato la Stella Michelin. Proseguiremo con gli altri locali stellati della Romagna per poi continuare anche con quelli premiati con il “cappello” dalla guida de L’Espresso.

sciato nulla al caso. Ero consapevole di cosa volevo e di cosa volevo dare alle persone. Per questo direi che forse il momento clou è stato proprio quando ho deciso di aprire. La chiave di volta è stata trovare un posto che rispecchiasse quello che volevo dire e fosse soddisfacente per esprimere il mio pensiero». Ha dichiarato che Paolo Teverini e Paolo Lopriore sono i suoi maestri ai fornelli. C’è qualcun altro fuori dalle cucine che è stato un riferimento nel suo percorso professionale? «Teverini e Lopriore sono le persone con cui ho condiviso di più la mia crescita e mi hanno dato di più. Però sicuramente la mia compagna Sara mi ha sempre sostenuto e anche i miei genitori che non mi hanno mai messo vincoli». C’è un ingrediente che non manca mai nella sua cucina? «Verdure ed erbe aromatiche. Se devo sceglierne uno direi il carciofo». Qualcosa che invece ha abbandonato? «Seguiamo molto la stagionalità, le materie prime tornano in maniera ciclica: le abbandoniamo quando non hanno potenziale gustati-


sapori / 31

febbraio 2020

Gianluca Gorini (foto di Roberto Taddeo per Santa Rita)

Da due anni negli spazi del Gambero Rosso

Risotto cotto in brodo di funghi e tabacco, latte di mandorla e nepetella

vo e poi le riprendiamo. Quello che cambia sono le tecniche: adesso siamo in un momento in cui utilizziamo molto le alte tempreature, la brace, le fiamme vive». Come si cambia una tecnica? «A sentimento. La cucina è qualcosa che hai dentro: studio e conoscenza sono fondamentali, poi devi avere la sensibilità di esprimere quello in cui credi». Come nasce un nuovo piatto? «L’idea nasce da un momento, una suggestione, un’emozione, una materia prima, un paesaggio, un quadro: le suggestioni sono tantissime, le metti a punto nella testa, poi le affini e ti confronti con persone che hanno il palato per capire». Come si decide se metterlo in carta? «Il giudice supremo è il cliente. Abbiamo la fortuna di avere un po’ di clienti amici di cui mi fido molto che condividono il nostro percorso da tempo e sono quelli a cui faccio provare le nuove idee. O magari propongo il piatto quando un tavolo richiede la degustazione e poi raccogliamo i pareri». Diverse recensioni culinarie apprezza-

no la sua capacità di lavorare con l’amaro che è un sapore complesso da gestire. Da dove nasce questa scelta? «Lopriore è stato il primo e la sua scuola mi ha un po’ formato il palato. Magari non ci si pensa ma il sapore amaro appartiene tanto alla nostra cultura: i pomodori gratinati, la brace, la birra, gli arrosti tendono a sfumature amare. Poi se le amplifichi arrivi a qualcosa che non conoscevi e ti si presenta in maniera diversa». La qualità della materia prima pesa nel piatto. Come si trovano quelle giuste? «Non ci riforniamo dalla grande distribuzione, lavoriamo con produttori locali. Proprio come una persona va a cercare le materie genuine per casa sua, la stessa cosa faccio io per il ristorante che è un po’ casa mia: si girano le campagne, le fiere, le esposizioni dove sono presenti contadini, allevatori e produttori». C’è un produttore che più di altri è significativo per le sue scelte? «Da anni ho un rapporto con Leonardo Bandini dell’azienda Mora del Munio di Bagnacavallo. Ormai sa cosa voglio e nel tempo

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è diventata un’amicizia». La cucina è presente in massa in tv e negli spazi commerciali delle città. È una bolla o il settore è consolidato? «Mi auguro non sia una bolla, ma lo sapremo solo andando avanti. Di certo è un momento di grande visibilità che gioca a favore dei ristoranti: la gente è più cosciente, molti hanno capito che andare in uno stellato è un’esperienza. Oggi la tv ha sdoganato molti preconcetti. Trent’anni fa i cuochi erano considerati degli ignoranti: io quando ho scelto di fare l’Alberghiero a Pesaro ero visto come uno che non aveva voglia di studiare. Adesso i cuochi sono delle star». Lei è una star? «Lavoro quindici ore al giorno, non ho tempo per fare la star. Dobbiamo essere sempre presenti al ristorante: alle persone che scelgono di venire da noi dobbiamo dare un motivo per tornare e se non ti trovano poi non tornano perché siamo a San Piero in Bagno e non a Milano. Però questo da altri punti di vista è un valore aggiunto: c’è il contatto con un territorio genuino ancora incontaminato, in un mondo

Il ristorante “daGorini” è a San Piero in Bagno da settembre 2017 nei locali che nei 63 anni precedenti al 2014 erano stati della storica Locanda del Gambero Rosso, resa celebre da Giuliana Saragoni. Lo chef è Gianluca Gorini, nato a Pesaro 37 anni fa, che gestisce l’attività con la moglie Sara Silvani. La carta propone un menù degustazione da 4 portate (48 euro) o 5 (54) a scelta del cliente con abbinamento vini al calice a 22 euro oppure una degustazione a discrezione dello schef da 7 portate (75 euro) o 9 (95) con vini a 45 euro.

così veloce e fittizio, venire da noi vuol dire prendersi il lusso di stare qualche ora senza pensare a niente». Come mai gli chef più famosi e premiati sono quasi tutti uomini? «Domanda molto difficile. Posso rispondere dicendo che tra i cuochi per me straordinari c’è una collega e amica come Antonia Klugmann». L’ha detto prima: 15 ore al giorno di lavoro. Farle fianco a fianco con moglie o marito aiuta? «È difficilissimo far quadrare tutto e mantenere l’equilibrio e renderlo piacevole. Forse quello che più ci sopporta è nostro figlio Giulio di 6 anni ma credo che alla fine l’importante sia crescere in un ambiente sano e genuino». C’è una persona che vorrebbe avere a tavola al suo ristorante? «Forse mio nonno. È morto un po’ di anni fa e non ha visto tutto questo. Quando ho iniziato a lavorare scherzava perché la parola chef assomiglia al dialetto pesarese per dire “insipido, sciocco”. Sarebbe bello averlo qui e ridere con lui di come sono diventato uno chef».

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