FREEPRESS Mensile di cultura e spettacoli dicembre 2017-gennaio 2018 n.35 ROMAGNA&DINTORNI
R O M A G N A & D I N T O R N I
DICEMBRE 2017 GENNAIO 2018
Una scena da “La bella addormentata” del Junior Balletto di Toscana, in programmazione all’Alighieri di Ravenna
OLTRE LE FESTE NUMERO SPECIALE CON DUE MESI DI EVENTI E APPROFONDIMENTI ALL’INTERNO musica • teatro • libri • arte • cinema • gusto • junior
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ISSN 2499-0205
R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
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SOMMARIO
L’ EDITORIALE
• MUSICA I dischi dell’anno.......................pag. 8
Cultura e Romagna, noi ci crediamo
• TEATRO Intervista a Stefano Massini.....pag. 18 • ARTE Elliott Erwitt: la recensione......pag. 28 • CINEMA Contro-guida ai film di Natale.......pag.34
Eccoci alla fine del 2017, per noi al 35esimo numero di questa rivista nata un po’ come una sfida e che torna in un numero doppio con centinaia di appuntamenti e suggerimenti per i prossimi due mesi. Trentacinque, la fine del terzo anno, un numero rotondo che ci porterà dal 2018 a qualche, per noi importante, novità. Il Cult che troverete da fine gennaio avrà tante cose in comune con quello che conoscete, ma anche qualche innovazione, per quanto riguarda la grafica, la scansione delle pagine, le sezioni. Ci lavoreremo in questi mesi mentre fuori inizierà la campagna elettorale e ovviamente la nostra speranza è che il tema della cultura, del finanziamento pubblico e privato, del ruolo che deve avere la cultura in tutte le sue forme nelle comunità sia al centro del dibattito, come leva anche per parlare d’altro. Al momento, la sensazione è che non sarà propriamente così. A fine legislatura arrivano alcune buone notizie per il settore: una legge (giudicata da molti addetti ai lavori imperfetta, ma comunque un passo avanti) dello spettacolo dal vivo, un aiuto alle librerie indipendenti (ecco, uno dei filoni su cui ci piacerebbe lavorare in futuro), mentre ci sono progetti importanti in tante città della Romagna, da Rimini con il percorso felliniano al 2021 di Dante che dovrebbe coinvolgere Ravenna e i dintorni. Ci sono temi complessi da affrontare in modo articolato, in primis quello che riguarda la Romagna tutta e che ha a che fare con l’eredità culturale del fascismo in ogni sua forma, da capire e trasmettere con occhio quanto mai critico. Le sfide davanti sono molte in una VVISO AI LETTORI scena che si conferma foriera nonostante tutto di energie e novità, a partire dal campo musicale, come abbiamo scritto di R&D CULT TORNA A FINE recente. E che cerca nuove voci per raccontarsi e raccontare il GENNAIO: BUONE FESTE A TUTTI mondo, accanto a quelle ormai storiche che per fortuna restano. Insomma, la nostra sensazione è che il patrimonio culturaCome l’anno scorso, il numero di fine le della Romagna stia affrontando sfide che lo fanno crescere e anno di R&D Cult esce in via eccezionaci sia ancora tantissimo da scrivere e raccontare, mettere in le in formato doppio, coprendo i mesi di rete, sulla carta e sul web. Con notizie di poche righe e lunghe dicembre e gennaio. Buone feste a tutti interviste, recensioni e presentazioni. Tutto questo in un lavoi nostri lettori e arrivederci al primo ro di squadra che coinvolge l’editore Reclam, la redazione, i letnumero del 2018, quello di febbraio, tori, gli inserzionisti che scelgono questo mezzo per parlare ai che sarà in distribuzione a partire da nostri lettori che sono, in definitiva, la vera e unica ragione per giovedì 25 gennaio. cui esistiamo. Buone feste a tutti voi, ci rivediamo nel 2018.
A
• LIBRI Falcinelli e i segreti del colore.......pag. 36 • JUNIOR I ragazzi all’Opera....................pag. 43 • GUSTO La tradizione del maiale ..........pag. 44
IL CAPODANNO NELLE PIAZZE Si moltiplicano di anno in anno le iniziative nelle piazze della Romagna per il Capodanno: se quello di Rimini è tradizionalmente quello più frequentato (nella foto un momento dell’anno scorso), quest’anno entrà nel vivo anche il festival delle videoproiezioni a Ravenna che avrà il clou la notte del 31 in piazza del Popolo, con Radio Studio Delta. Tra le altre iniziative da segnalare i Nomadi in concerto in piazza a Cesena, le animazioni e gli artisti di Radio Deejay a Riccione, il tradizionale “incendio” del Magazzino Darsena a Cervia e il concerto di Mirko Casadei sul canale di Cesenatico
R&D Cult nr. 35 - dicembre 2017-gennaio 2018
Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1427 del 9 febbraio 2016 Editore: Edizioni e Comunicazione srl Via della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Direttore Generale: Claudia Cuppi Pubblicità: direzione@reclam.ra.it tel. 0544 408312 - 392 9784242 Area clienti: Denise Cavina tel. 335 7259872
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Fabbri, Francesco Farabegoli, Nevio Galeati, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Fabio Magnani, Filippo Papetti, Guido Sani, Angela Schiavina, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA
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MUSICA LA PANORAMICA
di Luca Manservisi
Entrano nel vivo le stagioni dei rock club della Romagna. CESENA In questa nostra panoramica partiamo da quello con più storia alle spalle, il VIDIA di Cesena, che in dicembre ospiterà un appuntamento altrettanto storico, quello con l’ultimo concerto in Romagna di Elio e le Storie Tese che, come noto tra gli appassionati e non solo, hanno annunciato lo scioglimento. Quello del Vidia del 6 dicembre sarà la quartultima data dell’ultimo tour di Elio e band, che terminerà il 19 dicembre al Forum di Assago. Al Vidia ci sarà poi spazio per una serata all’insegna del rap con due nuove leve della scena italiana, IZI e Rkomi (accompagnati – il 2 dicembre – dal giovane DrefGold) mentre il rock torna protagonista il 9 dicembre con i trentini The Bastard Sons Of Dionisio – e la loro musica ispirata da Led Zeppelin, Beatles e Crosby, Stills, Nash & Young – e il cantautore (romano d’adozione) Giorgio Poi, tra folk e pop fuori dagli schemi (in apertura il cantautore siciliano Nicolò Carnesi). Il 23 dicembre l’appuntamento è tra canzoni surreali e “piano punk cabaret” rispettivamente con i Camillas e il cantautore forlivese Giacomo Toni mentre il Vidia inaugurerà il 2018 con un pezzo di storia del rock italiano, i Diaframma (il 6 gennaio).
Tutti i concerti nei rock club Dall’ultimo live di Elio e le Storie Tese ai Modena City Ramblers Festival al Bronson e al Diagonal. Serate rap in tutta la Romagna
Da sinistra Yombe, attesi al Diagonal, Sequoyah Tiger (in una foto di Patrizio Buralli), tra i protagonisti del Passatelli del Bronson, e, sotto, gli Elio e le Storie Tese (al Vidia)
Restando nel Cesenate, al SIDRO di Savignano il 2 dicembre doppio concerto all’insegna del rock psichedelico con i veneti Hallelujah! e i riccionesi Sonic3; il 3 dicembre si prosegue con i cesenati Dang Dang (post-punk) mentre tra gli altri appuntamenti da segnalare quello del 20 con una band di culto come i veneti Glincolti e il loro progrock molto legato alle atmosfere del cinema italiano. A Gambettola, al TREESESSANTA, il 9 dicembre serata dedicata all’hip hip – nell’ambito del festival Collateral dell’Arci – con un artista unico nel panorama italiano come Alessio Mariani, insegnante di storia e filosofia, meglio conosciuto con lo pseudonimo Murubutu, fondatore e voce del collettivo reggiano La Kattiveria (che lo accompagna a Gambettola): la sua musica è definita “letteraturap” e unisce il rap a letteratura, storia e saggistica. In apertura di serata i rapper Krow e Family P. FORLì Spostandoci a Forlì, altro club storico, il DIAGONAL, che in dicembre presenta la terza edizione del festival “Comediventi”, con una programmazione tutta italiana che unisce il pop elettronico dal respiro europeo e le avanguardie elettroniche locali adottate dalla scena milanese. Si parte nel segno della sperimentazione martedì 12 dicembre con Heith, progetto ambient del producer forlivese Daniele Guerrini, uno dei fondatori dell'influente label di Milano Haunter Records. Si prosegue su scenari più melodici il giorno dopo con la 21enne (dal Garda) Giulia Fontana e il suo progetto HÅN, con cui ha sorpreso tutti, anche fuori dai confini italiani, all’insegna del pop
elettronico, e giovedì 14 dicembre con uno dei progetti più chiacchierati del momento, il duo milanese degli Yombe, all'esordio su Carosello Records, tra pop elettronico, new soul, estetica minimalista e melodie di facile presa. Passa dal Forlivese anche il tour italiano del cesenate Lorenzo Kruger, leader dei Nobraino, di cui suonerà le canzoni in versione solo, al pianoforte: l’appuntamento è per l’8 dicembre al TIME di Forlì. RAVENNA Continuano i live al BRONSON di Madonna dell’Albero che il 2 dicembre omaggia il mondo dell’hip hop italiano ospitando uno dei suoi grandi esponenti, Dj Gruff, ex Sangue Misto. Il 7 dicembre appuntamento tra doom metal, rock psichedelico e stoner con i piemontesi Ufomammut, gruppo di culto dell’underground italiano che presenta il nuovo album (in apertura, da Cuneo, gli Elm, in uscita per
Bronson Recordings, e i romagnoli Solaris). Il 9 invece tornano al Bronson i veneti Ninos Du Brasil con il loro nuovo album tra «electro-batucada, cumbia percussiva ed elettronica tribale»; il 15 dicembre serata da bollino nero con i “deathster” della scena metal italiana, i ravennati Hierophant (sul palco con loro i Viscera/// e i concittadini Angerdome). Il giorno dopo, sabato 16, elettronica e sperimentazioni con il nuovo progetto del producer torinese Vaghe Stelle, ora in arte Mana (in apertura il progetto ravennate In Between). Al Bronson però il clou è l’appuntamento con il festival Passatelli, tra concerti e cene a tema. Venerdì 22 dicembre altra serata hip hop con uno dei precursori del genere in Italia, il campano Kaos One, e Frah Quintale, progetto solista di uno dei due Fratelli Quintale, collettivo bresciano tra i più famosi della scena underground (in apertura di serata SammyBoy & IlfigliodiSam). Il giorno dopo il festival si conclude con il pop elettronico di
Sequoyah Tiger, da Verona, il postpunk dei campani Gomma (anche al Bradipop il 9 dicembre), l’indie-rock dei lombardi Bee Bee Sea e l’alt-rock dei riminesi Marrano (anche l’1 al Wave). In gennaio infine al Bronson da segnalare il concerto del 13 con l’emocore degli emiliani Gazebo Penguins. Segnalazioni anche per due piccoli club della città di Ravenna. Al circolo ABAJUR l’1 dicembre garage-rock da Detroit con Sisters of Your Sunshine Vapor, il 7 un folksinger di culto in Italia come Bob Corn; poi ancora garage e rock psichedelico con gli emiliani Pip Carter Lighter Maker il 15 e con i ravennati The Spacepony il 22; infine due band inde dalla Francia: il 29 i Bootchy Temple e il 6 gennaio i Dr. Chan. Al MOOG, invece, al momento di andare in stampa sono confermati i concerti del 4 dicembre degli inglesi Strange Cages (kraut rock) e poi due date di artisti ravennati: il 14 il rapper Max Penombra e il 3 gennaio la can-
tutrice Francesca Morello. Il 7 gennaio infine due band australiane: Thigh Master e Dag. Torna il rap al CISIM di Lido Adriano che l’8 dicembre ospita un duo storico, siciliano, Stokka & MadBuddy, che dividerà il palco con il “padrone di casa” Moder mentre il 13 gennaio l’appuntamento è con il padovano Dutch Nazari. Ma il dicembre del Cisim partirà venerdì 1 con un concerto all’insegna del rock e del blues con l’artista e produttore australiano (collaboratore anche di Nick Cave) Hugo Race in solo e la cantautrice Emmanuelle Sigal, che presenta il suo nuovo progetto in anteprima nazionale, “Table Rase”. Segnalata anche la data del 15 dicembre del CCA LUGHE’ a Lugo, dove saliranno sul palco i Bologna Violenta (noise-avanguardia), restando in provincia di Ravenna è corposo il calendario dell’altro club di riferimento della provincia (oltre al Bronson), ossia il ROCK PLANET di Pinarella di Cervia. Qui si parte il 2 con i paladini del folk-metal medievale, i Folkstone (con il nuovo disco), per proseguire il 9 con la metalcore band californiana Of Mice & Men e il 23 con lo storico gruppo combat-folk emiliano dei Modena City Ramblers. In gennaio si riparte all’insegna del rap con Nitro per poi continuare con l’heavy metal demenziale de Gli Atroci (il 20) e il punk-hardcore dei canadesi Comeback Kid. RIMINI Continuano i concerti del sabato al BRADIPOP con protagonisti più o meno noti della scena indie italiana. Il 2 dicembre appuntamento con I Botanici, rock band di Benevento che suona post-hardcore/emo con influenze indie e alternative; il 9 concerto dei Gomma, giovane band di post-punk da Caserta; il 16 toccherà al romano Germanò che ha esordito su Bomba Dischi (l’etichetta di Calcutta) con un pop-rock fuori dagli schemi; il 23 ancora un cantautore senza dubbio originale (e chiacchierato), il piemontese Andrea Laszlo De Simone, per poi concludere dicembre il 30 con il folkrock dei brasiliani (di stanza a Milano) Selton. In gennaio il Bradipop riparte ancora all’insegna della scena pop romana con Galeffi (sabato 6) per proseguire il 13 con il siciliano Nicolò Carnesi (anche il 9 al Vidia di Cesena), il 20 con i veneti Edo e i Bucanieri e il 27 con i bergamaschi Pinguini Tattici Nucleari con il loro pop-rock ironico e a tratti demenziale. Sempre a Rimini, al NEON CAFE’ il 14 dicembre da segnalare la presentazione dell’album d’esordio del duo riminese TIR, tra ambient, industrial, loopdelia e post-clubbing Al WAVE di Misano da segnalare invece la serata all’insegna del rock alternativo (tra noise, grunge ed elettronica) di venerdì 1 dicembre con i romagnoli Vox Kernel e Marrano mentre sabato 2 sul palco saliranno i bolognesi Marnero (post hardcore) e i pesaresi Soria (emocore) e sabato 9 i riccionesi Sonic3. In gennaio appuntamento internazionale, il 20, con il francese Moaan Exis tra industrial e techno.
MUSICA
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5 CANZONE ITALIANA TURCI A RIMINI
SYRIA A BELLARIA
Farà tappa l’11 dicembre al Novelli di Rimini il tour teatrale della cantautrice romana Paola Turci, a supporto dell’album Il secondo cuore pubblicato la primavera scorsa
Il 12 gennaio al teatro Astra di Bellaria-Igea Marina appuntamento con Syria e il suo concerto-spettacolo “Bellissime”, viaggio in acustico (accompagnata dal chitarrista Massimo Germini) tra le voci femminili che hanno segnato la nostra musica fino agli anni ‘80
MANNOIA A CESENA Il 17 dicembre al Carisport di Cesena torna Fiorella Mannoia nell’ultima parte del tour a supporto del disco Combattente
GINO PAOLI A RICCIONE
SAMUEL E BIAGIO ALLO STADIUM DI RIMINI
Il 28 dicembre al Palacongressi di Riccione concerto del duo composto da Gino Paoli (nella foto) e Danilo Rea tra brani del repertorio dello stesso Paoli e omaggi a De André, Tenco, Lauzi...
Il leader dei torinesi Subsonica, Samuel, è in concerto l’8 dicembre allo Stadium di Rimini con il suo tour da solista a supporto dell’album Il codice della bellezza. Ad aprire la serata tra rock ed elettronica, un altro gruppo d’eccezione, i Planet Funk Sempre allo Stadium il 16 dicembre l’appuntamento è con Biagio Antonacci per il tour del nuovo album appena uscito Dediche e manie
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MUSICA
6 LA ROMAGNA IN CUFFIA
Jack Cannon e altri viaggi nel torbido di Luca Manservisi
Fabrizio Testa in spiaggia a Milano Marittima lo scorso mese di settembre
IL CANTAUTORE
Il milanese che canta la Romagna Fabrizio Testa parla del suo progetto Il Lungo Addio: «La Riviera è uno stato mentale» Fabrizio Testa ha 36 anni ed è un cantautore di Milano. Con una particolarità: fa dischi sulla Romagna. Con lo pseudonimo Il Lungo Addio ha pubblicato infatti due album di originale cantautorato per la storica etichetta indipendente Wallace Records dai titoli piuttosto emblematici: Pinarella Blues del 2014 e Fuori stagione del 2016. E firmandosi semplicemente con nome e cognome ha lavorato anche a un disco interamente strumentale di classica contemporanea ispirato dalle colonie abbandonate, Music for Adriatic Colonies, pubblicato sempre nel 2014. «Il mio rapporto con la Romagna – ci racconta – nasce nell'infanzia, quando i miei mi portavano in posti come Cervia o Milano Marittima, luoghi oggi profondamente cambiati, ma ai tempi classiche stazioni balneari per i milanesi in congedo dalla città. Subito sono rimasto affascinato più dall'aspetto spaesante (le colonie abbandonate sulla spiaggia, certe viuzze deserte, gli hotel degli anni sessanta) che da quello ludico del divertimentificio rivierasco. Poi crescendo ho cominciato a frequentare il posto anche durante l'inverno, complice le varie amicizie e le fidanzate, scoprendo un lato nuovo, quello felliniano o zurliniano della riviera. Il mare d'inverno, la solitudine, le spiagge abbandonate. Per me non è solo l'immaginario. Ho davvero frequentato, anche da solo, la costa nei periodi più improponibili: ricordo ancora quando mi fermai spaesato in auto, bloccato nella nebbia, un martedì di febbraio a Lido di Savio, iniziando a costruire piccole storie, brevi racconti, su quella che era stata la mia esperienza. Da lì è nata l'urgenza di raccontare, tramite i canoni della musica pop, storie ambientate sulla costa». Si tratta di canzoni d'amore, «di perdizione – continua Testa – o semplicemente perdute. Racconto del reale, alcuni scampoli di storie vissute,
altre inventate. Poco a poco la costa è diventato uno stato mentale, il mio lato oscuro, la terra dove rifugiarmi per sviscerare dubbi e paure. Oggi il mio rapporto con la Romagna è tornato quello di prima. Continua ad affascinarmi ma oramai il processo si è completato. Ho sempre molti amici e ci torno spesso e volentieri». Il progetto de Il Lungo Addio però continua. «Sì, ho ancora molto da raccontare. Nel 2018 uscirà il terzo album, Tutti nuotammo a stento, prodotto da Luca Ciffo della Fuzz Orchestra. Nel disco ci sono anche due romagnoli doc quali Paolo Mongardi (batterista di Fulkanelli, Ronin, Fuzz Orchestra e Zeus, ndr) e Francesca Amati (cantante di Comaneci e Amycanbe, ndr)». Testa nel 2010 ha anche aperto un’etichetta discografica, la Tarzan Records, che ora ha pubblicato l’esordio solista (a nome Jack Cannon) di Bruno Dorella, di cui parliamo qui a fianco. «Mi ero appena trasferito a Parigi dove ho vissuto fino al 2015. L’etichetta è nata dalla voglia di produrre artisti che stimavo in vesti inedite (oltre a Dorella hanno inciso per Tarzan Giovanni Succi, Dany Greggio, Gianni Mimmo, ?Alos, ndr). Non so quanto Tarzan possa però continuare, il pubblico ormai sembra più interessato alla voce che ruota attorno al progetto, poi quando si tratta di ascoltare o comprare è sempre più riluttante. Pazienza. Siamo figli di questi tempi moderni». Ma un cantore della Romanga come Testa, non ha mai pensato di trasferircisi, in Romagna? «Ci ho soggiornato talmente tanto in quelle lande che è come se ci avessi vissuto degli anni. Mi piace Ravenna, e prima o poi andrò ad abitarci: le cose che si muovono in questa città sono incredibili. Forse non si può paragonare a Milano, le differenze ci sono, ma cavolo, qui il mare non c'è mica...» (lu.ma.)
NEI TEATRI IL
FIGLIO D ’ARTE
FILIPPO GRAZIANI
PRESENTA IL NUOVO ALBUM AL
SOCIALE DI NOVAFELTRIA
Figlio d’arte, Filippo Graziani, premio Tenco per la miglior opera prima, è sempre più lanciato nella sua carriera solista. Il 15 dicembre presenterà il suo nuovo disco, Sala Giochi, in concerto al teatro sociale di Novafeltria.
AL PETRELLA
DI
LONGIANO
LA
“NUOVA” CRISTINA RENZETTI
Venerdì 19 gennaio alle 21.30 al teatro Petrella di Longiano appuntamento con Cristina Renzetti. Molto conosciuta in ambito jazzistico per la sua intensa attività live e con alle spalle una lunga carriera tra Italia e Brasile ricca di riconoscimenti come interprete e autrice di musica brasiliana, Renzetti a Longiano porta Dieci Lune, con cui si presenta per la prima volta al pubblico italiano come cantautrice. Dodici brani con la direzione musicale del celebre contrabbassista Enzo Pietropaoli.
PEPPE SERVILLO
FA RIVIVERE
BATTISTI
A
CATTOLICA
CON
BOSSO, GIROTTO
E
MARCOTULLI
Giovedì 25 gennaio alle 21.15 al teatro della Regina di Cattolica uno dei più originali interpreti della canzone italiana e cinque grandi musicisti di jazz si ritrovano per affrontare l’universo poetico di Lucio Battisti. Gli arrangiamenti di Javier Girotto e la verve teatrale di Peppe Servillo tracciano un percorso attraverso le grandi canzoni di Battisti. Con loro anche Rita Marcotulli, Fabrizio Bosso, Furio di Castri e Mattia Barbieri per abbattere i confini che separano il mondo della canzone da quello del jazz.
Certo non si può dire che si ponga dei limiti, Bruno Dorella. Batterista dei Bachi da Pietra e degli Ovo, chitarrista e compositore dei Ronin, direttore della Byzanthium Experimental Orchestra, si cimenta come critico musicale su questo giornale (a pagina 10 il suo “disco del mese”) e in veste di giornalista ha pure intervistato Lorenzo Senni all’ultimo festival Transmissions di Ravenna, dove ha tra l’altro debuttato per la prima volta davanti a un pubblico con il suo nuovo duo, Tiresia. Poteva, dopo aver tentato in passato anche la strada del discografico, non debuttare come solista? Rimandato a chissà quando l’esordio con i suoi nome e cognome, l’artista milanese, ormai da tempo di stanza a Ravenna, esce ora (il 2 dicembre per Tarzan Records) con quello che resterà comunque il suo primo album da solista, dietro lo pseudonimo Jack Cannon. Un vinile in 200 copie dalle finiture eleganti (e la bella copertina a cura di Ratigher, fumettista e direttore di Coconino Press, al cui graphic novel Trama è ispirato l’intero lavoro) in cui Dorella suona di tutto (batteria, chitarra, basso, percussioni, field recording, elettronica e ci mette pure insospettabilmente la sua voce, seppure ben nascosta) lungo due sole tracce per comunque 33 e rotti minuti complessivi di viaggio, fuori da qualsiasi schema ma dentro cui non è poi così difficile entrare. Anzi, si tratta di un ascolto a tratti davvero trascinante, che parte da percussioni etniche per arrivare a chitarre acustiche di stampo quasi post-rock, passando per brevi momenti di ispirazione doom metal e poi a voci narranti che non possono non ricordare i Massimo Volume (si tratta invece di Marco Cavalcoli, attore dei Fanny & Alexander, che legge Buzzati) e a un rap molto raffinato (l’ospite è il ravennate Moder), su sonorità quasi sospese (in un crescendo rock), che sarebbe bello facessero scuola anche in Italia. Una chicca non solo per cultori (già in streaming gratuito su Rockit), che sarebbe bello non restasse una sorta di divertissement. In qualche modo legato a Dorella, vuoi per la Ravenna sullo sfondo, vuoi per la partecipazione all’ultimo Transmissions o per la scelta del vinile, merita qui una segnalazione anche il nuovo disco sulla lunga distanza di Adriano Zanni, uscito a metà novembre per l’etichetta di culto veneta Boring Machines, a otto anni dal suo ultimo lavoro a nome Punck, apprezzato anche al di là dei confini nazionali. Qui siamo in territori più sperimentali ma Disappearing è come una sorta di Zanni (solo in apparenza) pacificato, meno “noise” rispetto al passato, anche recente (sono usciti anche altri due suoi lavori brevi quest’anno) con riferimenti che dagli Autechre passano al Murcof più neoclassico. Una sorta di ambient disturbata, una musica che appare quasi in dissolvimento, di un’eleganza glaciale e un’inquietudine che ricorda quella dei rumori di fondo dell’ultimo Twin Peaks (come ne parliamo nell’intervista sempre a pagina 10). Resterà, ancora una volta, testimonianza di un’elettronica sperimentale che poco ha da invidiare con i più celebrati colleghi europei e americani. E infine, per restare nel campo dell’elettronica in qualche modo torbida, ma in questo caso molto più muscolare, ecco il bel debutto (su Ribéss) di TIR, duo riminese che si muove tra ambient, industrial, postrock e – come lo definiscono loro – post-clubbing, con un tentativo di rendere il tutto più d’impatto grazie in particolare all’utilizzo del synth. Il disco si chiama Clima e verrà presentato dal vivo il 14 dicembre al Neon Cafè di Rimini.
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MUSICA
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Due grandi protagonisti del 2017 musicale in campo internazionale di cui parla Farabegoli nell’articolo di questa pagina: Kendrick Lamar, in una foto di “Billboard” sul palco del festival Coachella; e Taylor Swift, in una foto scaricabile come wallpaper per il computer...
BASTONATE DI CARTA
I dischi del 2017: un’anti-playlist tra rock, pop e fusion di Francesco Farabegoli *
I dischi che ho preferito quest’anno: Arca, Jlin, Fever Ray, Edda, The New Year, Mt. Eerie, Mark Kozelek, Ninos Du Brasil, Run The Jewels. L’articolo di questo mese voleva essere una spiegazione del perché ho messo in elenco questi dischi e non altri, ma ci ho provato e non ne è uscito niente di buono. Quindi ho deciso di spulciare le playlist internazionali uscite fino ad ora, e fare un elenco di alcuni dischi che compaiono insistentemente e secondo me non dovrebbero esserci. Essendo una lista di cosiddetti “dischi dell’anno” contiene roba che almeno in parte – o almeno da qualcuno – può essere considerata bella o bellissima, e nel caso ci tengo a precisare che tutto quel che succede in questa pagina è frutto di opinioni personali spesso stupide – non quanto pensare che i QOTSA abbiano fatto il disco dell’anno, ma comunque stupide. LCD SOUNDSYSTEM - AMERICAN DREAM Non voglio dire che James Murphy non sia simpatico, o che non ci creda. È che tutta la questione LCD Soundsystem poteva tranquillamente essere derubricata al primo singolo (“Losing My Edge”) senza sortire alcun impatto sui destini della musica popolare. Poi le cose sembrano essere andate in modo diverso, loro si sono trasformati in un gruppo da stadio, si sono sciolti, hanno fatto i famosi concerti d’addio e il documentario e tutto il resto, e poi si sono riuniti – a 4 o 5 anni dallo split perché adesso non è che si può tergiversare più di tanto tra scioglimento e reunion. Il disco nuovo, accolto come un mezzo miracolo, non aggiunge poi molto alla loro discografia, la quale già di per sé a parer mio conteneva almeno un titolo di troppo. Alla fine tutto fa brodo, in ogni caso. TAYLOR SWIFT - REPUTATION Abbiamo questa specie di irrisolto per il pop, lo abbiamo snobbato per 30 anni e ora dobbiamo trovargli un posto nelle classifiche di fine anno. Ma l’anno scorso il disco pop più presente nelle classifiche di fine anno (ANTI di Rihanna) era oggettivamente un capolavoro totale, quest’anno il più probabile candidato è il disco di Taylor Swift, di cui musicalmente non so nulla: ho deciso di non ascoltarlo. In pratica Taylor ha annunciato la politica per l’acquisto dei biglietti del prossimo tour, in cui verrà data la precedenza a chi dimostra di aver comprato copie fisiche del disco (massimo 13 a testa) e altri pezzi di merchandise. Il che suppongo dovrebbe venire prima della qualità del disco in sé e per sé. QUEENS OF THE STONE AGE - VILLAINS Il principale pregio dei QOTSA da R in poi è che trascendono le categorie: si sono smarcati dal giro stoner rock e da allora esistono in un pianeta alternativo a tutto il resto, senza troppi saliscendi umorali. In altre parole, in un mercato dominato dagli hype e dagli umori del momento, sono una sicurezza. Il problema è che le loro quotazioni artistiche sono in caduta libera da circa 15 anni (io ci metto anche Songs For The Deaf, se non siete d’accordo lo capisco, per carità) e che Villains ha il solo pregio di essere appena appena meglio del disco precedente di cui al momento manco ricordo il titolo. Se fosse uscito nel 2004 l’avremmo accolto a risate e ceffoni.
PROTOMARTYR - RELATIVES IN DESCENT Qualche settimana fa è iniziato a girare il disco nuovo dei Protomartyr e un sacco di gente che conosco era davvero esaltata. Ho iniziato a leggere articoli che parlavano di quanto finalmente la musica “rock” in senso lato stesse alzando la cresta e si fosse finalmente messa nell’ordine delle idee di ragionare in termini di innovazione musicale. Poi naturalmente ho messo su il disco e ho scoperto (si fa per dire) che è un disco dei Protomartyr, la solita sbobba indie-post-qualcosa-wave di quelle che sì, molto carine ed emozionanti ma ho comunque ascoltato 800 dischi più o meno uguali e sento un po’ addosso il peso degli anni. KENDRICK LAMAR - DAMN Questo ad essere sinceri è un disco bellissimo, quello che puzza è che così tanta gente se lo sia sentito nelle corde, nonostante sia quasi l’opposto ideologico di To Pimp a Butterfly e Untitled Unmastered – il primo era una specie di enciclopedia della black music a muso duro, il secondo una forzata ghenga di nuovi suoni; questo è un disco molto umorale e scheletrico che può prendere anche molto male. Io come dicevo lo adoro, ma è perchè non ho tutta questa simpatia per gli altri due. Il fatto di metterlo lì sul piedistallo è un po’ come dire, ok, quel che conta è che i dischi siano fatti bene, non è così importante avere un’idea musicale solida. È anche vero che è il 2017 e questa cosa ha un suo significato, ma se non posso fare il vecchio ogni tanto, voglio dire, che continuo a scrivere a fare? THUNDERCAT - DRUNK Un altro dei problemi di base della musica contemporanea è che ci sono delle sacche di spreco musicale tra un genere e l’altro in cui si infilano cose a caso. In altre parole: l’ascoltatore “alternativo” ama pensarsi open-minded ma mediamente ascolta solo rock, hip hop ed elettronica, e se in qualcuno di questi giri arriva ad esempio un normale disco jazz, può diventare un caso. Un esempio lampante è quello della Brainfeeder di Flying Lotus, genio dell’elettronica convertitosi alla causa del riccardonismo jazz-fusion, che portò The Epic di Kamasi Washington a diventare uno dei dischi del 2015 nel giro alternative. Oggi succede lo stesso con Thundercat, un disco di fusion brutta al cui confronto il triplo CD di Kamasi Washington era roba sobria e dimessa. THE NATIONAL - SLEEP WELL BEAST Gli Arcade Fire non ce l’hanno fatta a finire in classifica, Everything Now è davvero troppo brutto e sciapo. Verrebbe da pensare che qualcosa nel meccanismo si è irrimediabilmente inceppato, ma dall’altra parte qualcosa è rimasto. Ad esempio: Sleep Well Beast dei National fa capolino in diverse playlist, il che sembra indicare che Matt Berninger sia più simpatico di Win Butler, o che almeno nella ricerca di un nuovo assetto sonoro i National non abbiano mandato in vacca i tratti fondamentali del loro essere – due cose tutto sommato vere, anche se Sleep Well Beast sembra presenziare nelle liste di fine anno più per una questione di tifo che per motivi strettamente musicali. Non che io abbia niente contro il tifo, volevo mettere gli Unsane come disco dell’anno. * fondatore e autore del blog Bastonate
R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
MUSICA
10 MUSICA E CINEMA/1
UN DISCO AL MESE
IL PREMIO OSCAR PIOVANI A SOGLIANO Il premio Oscar Nicola Piovani aprirà la 20esima stagione del teatro comunale di Sogliano al Rubicone con il suo concerto La musica è pericolosa con brani delle sue colonne sonore e altri legati a grandi autori come De André e Fellini (con tanto di piccola orchestra e videoproiezioni). Appuntamento il 2 (per gli abbonati) e il 3 dicembre alle 21
Quelle tre note che hanno creato un mondo, capolavoro del Novecento di Bruno Dorella
Angelo Badalamenti - Soundtrack from Twin Peaks (Warner Bros, 1990) Non ho ancora visto la terza stagione, non ditemi niente. Ogni cosa a suo tempo. Lo farò, ma per ora Twin Peaks resta, per me, quello visto in quelle due incredibili stagioni iniziate nel 1990, cambiandomi la vita. E Twin Peaks si riassume, con una perfezione raramente raggiunta nella storia di tutte le arti, in tre banali, semplici note. Dum... Du-dum... Bastano quelle, da sole, a creare un mondo. Tre note usate da altri, accostate chissà quante altre volte. Ma questa è la volta definitiva. E infatti restano nella storia. Sono nell’immaginario collettivo. Le ha scritte, insieme a tutto il resto delle musiche in questione, Angelo Badalamenti, newyorkese di origini sicule. E da 27 anni mi ossessionano. Come si può creare un intero mondo, cambiare la cultura occidentale, con sole tre note? Tre note discrete, appena accennate. Alchimia irripetibile, allineamento planetario eccezionale che si è concentrato nella testa di quell’uomo e gli ha fatto mettere insieme quelle tre note in quel modo. Dum... Du-dum. E il me diciassettenne che si era messo davanti alla televisione senza crederci troppo, solo perché lo facevano tutti e il giorno dopo ne avrebbero parlato a scuola, sperimenta uno sgomento mai provato prima, una meraviglia proibita e torbida. Per l’epoca, la cosa più vicina al tabù mai vista in prima serata. Sensuale, come la danza di Audrey, altro tema fondamentale della serie, un walking bass che accompagna un sax posticcio, con uno schiocco di dita come accompagnamento ritmico... Come hai fatto, Angelo, a farci ribollire il sangue in quel modo? Riviste oggi quelle immagini di lei che danza con quelle scarpette da bowling fanno sorridere, ma con quella danza finiscono veramente gli anni ottanta. Finiscono con il volto tumefatto di Laura Palmer morta, anche lei dedicataria di un tema straordinario, cupo e sospeso all’inizio, per poi aprirsi in un crescendo di pianoforte che arriva beffardo, perché Laura è già andata, è già solo ricordo, e infatti si richiude magistralmente in cupezza. Ogni cosa in questa colonna sonora, anche la canzone finta rockabilly “The Nightingale”, è intrisa di inquietudine sublime e minacciosa. David Lynch e Angelo Badalamenti hanno creato uno dei capolavori del Novecento, hanno mandato in pensione gli anni ottanta rappresentandone in un colpo solo l’apice e il superamento, e hanno letteralmente forgiato l’immaginario di una generazione. Può bastare? Facciamo che la terza stagione può aspettare ancora un po’...
* Batterista dei Bachi Da Pietra e degli OvO, chitarrista dei Ronin, membro della Byzanthium Experimental Orchestra, ex discografico, aspirante sommelier, orgoglioso ravennate d'adozione, in attesa della giornata di 48 ore per poter finire un paio di cose
MUSICA E CINEMA/2
I MASSIMO VOLUME A COTIGNOLA
MISTERI E ROCK A RICCIONE
Mercoledì 6 dicembre alle 21.30 al teatro Binario di Cotignola si esibiranno i Massimo Volume (nella foto) con la sonorizzazione live del film del 1928 La caduta della casa Usher, diretto da Jean Epstein. A chiudere la rassegna del teatro, mercoledì 13 dicembre, sarà il duo ravennate Cacao con Astral Epic Version e la proiezione di visual a cura di Matteo Pozzi e Massimiliano Rassu.
Il collettivo Soundtracks porta in scena il 7 dicembre alle 21.30 allo Spazio Tondelli di Riccione “Cinema misterioso”, un viaggio di musica e spezzoni tratti da alcuni capolavori cinematografici accomunati dai temi del mistero. Sul palco Andrea Faccioli (Baustelle), Corrado Nuccini (Giardini di Mirò), Stefano Pilia (Afterhours), Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion - nella foto) e Leonardo Rubboli.
ELETTRONICA
Adriano Zanni e un disco per scomparire, tra Twin Peaks e “alberi soli” Il ravennate Adriano Zanni, 53 anni, è uno dei più ricercati e interessanti field recordist e compositori di musica elettronica italiani, noto in particolare tra gli addetti ai lavori con lo pseudonimo Punck, con cui ha pubblicato il suo ultimo album nel 2008. Da allora un silenzio interrotto solo nel 2017 con ben tre uscite diverse, culminate con il vero e proprio seguito sulla lunga distanza, Disappearing, Lp uscito il 17 novembre per Boring Machines, questa volta semplicemente con nome e cognome. Adriano, perché tanti anni di silenzio? «In realtà non ho mai smesso, avevo solo cambiato il modo di raccontare le mie piccole storie (Zanni è anche un apprezzato fotografo, ndr), non ho mai trovato molta differenza nel mio approccio verso le varie pratiche e sul come cerco di sviluppare i racconti, immagini o suoni che siano. Queste tre nuove pubblicazioni audio, apparentemente molto diverse fra loro, sono invece legate indissolubilmente da un saldo filo conduttore. Che poi, per la precisione, la narrazione era iniziata sul finire dello scorso anno con la vostra pubblicazione (a cura del nostro editore Reclam Edizioni e Comunicazione, ndr) del libro fotografico Cosa Resta (racconti d’osservazione) e della relativa mostra fotografica ospitata al Mar nell’edizione 2016 del festival Transmissions. Il 45 giri Falling Apart di inizio anno parte da lì, dai resti industriali del post Deserto Rosso, dal disfacimento, dal cadere a pezzi, anche autobiografico, tradotto in ritmi sghembi e dissonanti, dalla pratica dell’esplorazione e dell’osservazione che mi ha portato a scoprire e osservare gli alberi soli e solitari la cui atmosfera simbolica ho cercato di sonorizzare ed è diventata la cassetta Soundtrack For Falling
Trees pubblicata da Bronson Recordings, proseguendo per il racconto autobiografico di questi miei ultimi 10 anni e una specie di previsione dei prossimi che è diventato Disapperarnig, l’Lp uscito per Boring Machines». Il titolo Disappearing è perfetto per descrivere una musica che pare quasi in dissolvimento, con suoni e immagini che sembrano influenzarsi a vicenda… «Non sono sempre consapevole fino in fondo di quello che faccio, certamente sono in molti a farmi notare che trovano le mie foto siano molto “sonore” e le mie musiche molto “fotografiche”. Io ho poche certezze, la principale è quella di essere consapevole di stare facendo sempre la medesima cosa indipendentemente dal media che utilizzo, cioè raccontare piccole storie per lo più autobiografiche, prevalentemente banali e quotidiane, come del resto lo sono tutte le piccole storie in genere. Il nuovo disco, Disappearing, è molto autobiografico. il più di tutti quelli che ho fatto fino a oggi, anche se lo è molto intimamente ed interiormente e poco di questi aspetti trasparirà forse all’ascoltatore. C’è tutto di me in questo disco, i miei luoghi, le mie influenze, la mia vita, la paura, gli ultimi anni e le incognite sul futuro, sì, come dici tu possiamo anche parlare di dissolvimento». Mi pare ci sia anche molto Lynch e il suo Twin Peaks, a partire dagli alberi della copertina… «Per quanto banale, in ogni cosa che facciamo finiscono inevitabilmente tutte le nostre influenze artistiche e non, Lynch è ovviamente una grande passione e influenza, Twin Peaks è sotto traccia, nelle viscere e nella carne di tutta la mia generazione. Nel disco immagino si senta emergere
questa influenza sotto forma di atmosfere cupe e misteriose e anche per la serie di immagini scelte per la grafica, che in tempi non sospetti ribattezzai “Twin Peaks Cadore”. Ma tutto senza che fosse premeditato, immagino siano ricordi che riaffiorano: quando ho registrato il disco la nuova serie ancora non c’era». Che rapporto hai con l’ascoltatore? Mentre componi, pensi a come verrà recepita la tua musica? «Credo nessuno, nella prima fase perlomeno penso solo raccontare le mie storie, a trovare piacere nello svilupparle e a cercare il modo migliore per esporle e a far trasparire il più possibile la mia passione per il suono in generale. La cosa più interessante è invece capire come le cose fatte possano venire recepite. A volte affascinano, a volte disgustano, a volte ancora lasciano totalmente indifferenti, quest’ultimo è il caso peggiore». Ti rende orgoglioso o ti sorprende aver ottenuto anche riscontri internazionali? «Oggi con la rete è decisamente più semplice veicolare le proprie idee in giro per il mondo e trovare ascoltatori e orecchie curiose, ma parliamo pur sempre di nicchie di appassionati, i riscontri veri e propri sono ben altro, ma per fortuna Ravenna spesso sembra che non sia parte di questo mondo, sembra che abbia chiuso i suoi confini, meglio espatriare (sorride, ndr)». Hai in programma di continuare a fare musica con più continuità, adesso che sei tornato? «Ci sarebbe un lungo e articolato discorso che vorrei fare sulla progettualità, su quanto io odio questa parola e tutte le nefaste conseguenze che questa sta causando, ma siccome sarebbe un lungo e noiosissimo discorso, lo evito, Il programma nell’immediato futuro è quello di scomparire, durante questa fase vedremo di prendere appunti, poi vi lascerò detto qualcosa». Luca Manservisi
MUSICA
R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
11 FOLKLORE/1 ALLA
CONSIGLI D’AUTORE
SCOPERTA DI SE STESSI CON I TAMBURI GIAPPONESI
Da Chopin al jazz e alla musica romagnola
Martedì 5 dicembre alle 21.15 al teatro della Regina di Cattolica concerto di tamburi tradizionali giapponesi con i Munedaiko, gruppo di studio dedicato alla pratica del tamburo tradizionale giapponese come strumento per scoprire ed evolvere se stessi.
a cura di Mirco Mariani *
FOLKLORE/2
Riccardo Tesi suona “Bella Ciao” per la Liberazione di Faenza
Mirco Mariani nel suo Labotron
Prima edizione della rassegna musicale “Materiale Resistente 2.0” (organizzata dall’associazione Rumore di Fondo con il supporto del Mei) a Brisighella, Casola Valsenio e Faenza per celebrare la Liberazione e ricordare la figura del partigiano calciatore Bruno Neri, a cui Faenza ha intitolato lo stadio. Si parte sabato 2 dicembre alle 17 al teatro Pedrini di Brisighella con il trio locale dei Bella Ciao, a seguire i musicisti selezionati dagli organizzatori: Mladen, cantautore genovese arrivato alle fasi finali del Premio Lunezia con la canzone “Tetrablu”; la cantautrice barese Laura Pizzarelli con il brano “La libertà”, finalista al Premio Lauzi; e Gasparazzo, ormai storica band folk-rock di Reggio Emilia. Si prosegue a Monte Battaglia di Casola Valsenio domenica 3 con i padroni di casa Quarto Stato, per proseguire con la canzone “Salva” del poeta e cantautore bresciano Jimmy Damasi e “Radioattiva” di Una Giornata Infausta, indie-rock band di Pescara, mentre chiuderà il folkrock dei marchigiani de L’Armata Brancaleone e il loro progetto musicale Gente Resistente su uguaglianza, antifascismo, diritti civili e difesa della natura. Domenica 17 dicembre al teatro Masini di Faenza, a partire dalle 16, nella Giornata della Liberazione di Faenza, giornata conclusiva con il cantautore fiorentino Giulio Wilson, che ha vinto il contest Materiale Resistente 2.0 con il brano “Mia Bella Ciao” e sarà premiato con un’opera realizzata ad hoc per ricordare Bruno Neri. Ospite speciale sarà il rapper Kento, mentre la giornata sarà condotta dal maestro dell’organetto Riccardo Tesi, uno dei più importanti artisti folk della Penisola, che insieme alla sua Banditaliana rielaborerà “Bella Ciao”. Info: 0546 646012 e 338 4691819.
Giulio Wilson, vincitore del contest Materiale Resistente 2.0
AVANGUARDIA
Dal klezmer rivisitato di New York all’improvvisazione, all’Area Sismica All’Area Sismica di Ravaldino in Monte (Forlì) ancora un appuntamento di caratura internazionale nell’ambito della rassegna di musica “Extra-Ordinaria”. Il 3 dicembre (dalle 18) sul palco una formazione protagonista della scena newyorkese, gli Abraxas, progetto di Shanir Ezra Blumenkranz in cui mescola le melodie klezmer a ritmi pieni di energia tra jazz, rock e improvvisazione. Shanir interpreta il Gimbri, un liuto a tre corde, particolarmente comune in Marocco e in Algeria; a completare la formazione le chitarre di Eyal Maoz e Aram Bajakian e le percussioni di Kenny Grohowski. In gennaio si riprende invece domenica 14 gennaio (sempre alle 18) con Spiritual Unity, progetto aperto guidato dal contrabbassista romano Fred Casadei. L’ensemble suona composizioni originali che offrono ampie possibilità di improvvisazione collettiva e solistica. Domenica 28 gennaio alle 18 l’appuntamento è invece con il trio romano K-Mundi che pratica improvvisazione musicale con piglio post-postmodernista, avvalendosi di mezzi acustici, elettrici, elettronici. A comporre il trio Økapi (al secolo Filippo Paolini, nella foto), uno dei più interessanti turntablists e artisti del campionamento italiani, il chitarrista e performer elettronico Adriano Lanzi e il percussionista Marco Ariano, collaboratore anche di Alvin Curran.
ELETTRONICA MARGHERITA BARBIERI
E
BATU
A
RAVENNA
Il 23 dicembre serata dedicata alla musica elettronica e al clubbing a Ravenna. Si parte dalle 21.30 al planetario (nell’ambito della rassegna Paradoxes) con Caterina Barbieri (nella foto), giovane compositrice italiana di base a Berlino, diplomata in elettroacustica al conservatorio di Bologna e poi al lavoro in ambito musicale in Svezia. A seguire, al Club Adriatico dell’Almagià, in darsena, live del progetto italiano Still e dj-set dell’inglese Batu.
Sono legato a certi dischi più che ad altri perché a ogni ascolto si risveglia l’emozione della prima volta. Ecco cinque che voglio consigliare anche ai lettori di R&D Cult. 1. Partirei con il disco che mi porterei sulla luna: 10 Mazurkas · Prélude Op. 45 · Ballade Op.23 · Scherzo Op. 31 di Frederic Chopin eseguite da Arturo Benedetti Michelangeli (anno 1972). È il mio disco per eccellenza, racchiude al suo interno un suono fisico e visivo, morbido e gigante come nessun altro album al mondo per me. Le composizioni geniali di Chopin hanno visto la luce come mai prima né come mai dopo. Un solo pianoforte, un compositore che si è dedicato per un'intera vita solo a questo strumento e un musicista stratosferico che l'ha portato sulla luna. 2. Latin Playboys: il disco omonimo (anno 1994) ha dato vita al suono che preferisco e che tuttora inseguo all'interno del mio Labotron (lo studio bolognese di mellotron di Mariani, vedi bio, ndr). Un quartetto eccezionale guidato dalla coppia del suono per eccellenza, il produttore e arrangiatore Mitchell Froom e il fonico Tchad Blake. Completano il quartetto David Hidalgo e Louie Pérez. Questo disco ha influenzato come nessun altro la mia crescita e ricerca sonora. Proprio in questi giorni, ciliegina sulla torta e regalo inaspettato, una mia canzone cantata proprio da me, sarà inserita nel nuovo disco di Mitchell Froom che uscirà con l’anno nuovo. 3. Secondo Casadei con l'album Riviera Romagnola (anno 1965) rappresenta la musica della mia terra con melodie bellissime e un suono vivo e vero che purtroppo negli anni è andato un po' perduto. Questa è la musica romagnola che la gente dovrebbe conoscere. 4. Charlie Haden, con The Ballad of the Fallen (anno 1983) insieme alla Liberation Music Orchestra ha fuso la musica folkloristica col free jazz con una grazia e originalità insuperate. Spesso uso il mellotron pensando al suono di questo meraviglioso disco. 5. Segments è il disco (del 1989) di un trio straordinario formato da Geri Allen al piano, lo stesso Charlie Haden al contrabbasso e Paul Motian alla batteria: un disco davvero speciale per una fusione di musica d’insieme moderna e antica al tempo stesso, dinamiche e incastri armonici-ritmici unici. Anche se ormai non mi sento più batterista è in assoluto il disco che ha influenzato il mio modo di pensare il jazz e di suonare la batteria sottraendo e ascoltando chi suona con me per lasciare correre la musica in libertà. * Nato a Bagno di Romagna 48 anni fa, Mirco Mariani vive oggi a Bologna (dove ha aperto il Labotron, uno studio dedicato al suo strumento feticcio, il mellotron) pur restando indissolubilmente legato alla Romagna, a partire dal suo ultimo lavoro di riscoperta e rivisitazione del liscio con il progetto Extraliscio. Diplomato in contrabbasso, negli anni novanta ha fondato i Mazapegul e i Daunbailò e poi suonato come batterista con Enrico Rava, Stefano Bollani, Paolo Fresu . Sempre dagli anni novanta collabora (e lo fa tuttora, anche nei tour) con Vinicio Capossela. Noto anche per i suoi Saluti da Saturno, da poco mandati in archivio, è in procinto di partire con la sua nuova band, Jorgensen
R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
MUSICA
12 GOSPEL
JAZZ/1
IL 22 DICEMBRE È NATALE CON I CORI AMERICANI Venerdì 22 dicembre a tutto gospel in Romagna con i concerti natalizi: al teatro Fabbri di Forlì l’originale The Harlem Spirit Of Gospel Choir, con Anthony Morgan; al teatro Petrella di Longiano i “friends” del pianista, cantante, compositore e produttore Micheal Smith; al teatro Corte di Coriano Donnell Eley e gli United Voices (foto), gruppo di artisti indipendenti originari del Nord-Est degli Stati Uniti
PAOLO FRESU E OMAR SOSA AL BONCI Al Bonci di Cesena il 28 gennaio alle 21 la miscela di jazz, musica cubana, Africa e world music sapientemente distillata dal duo internazionale Paolo Fresu e Omar Sosa con il concerto “Eros”
JAZZ/2
Enrico Rava
Da Gatto a Rava per l’Artusi Dal primo al 6 gennaio il festival tra Bertinoro, Forlì, Forlimpopoli e Santa Sofia Torna con il nuovo anno una nuova edizione dell’Artusi Jazz Festival. Si parte proprio il primo giorno del 2018, alle 16.30, alla chiesa di San Pietro, a Corniolo (Santa Sofia), con il solo per sax e clarinetto del friulano Francesco Bearzatti, tra i migliori musicisti del panorama italiano, per un omaggio a Duke Ellington. Lo stesso Bearzatti tornerà sul palco del festival (ma al teatro Verdi di Forlimpopoli, dalle 21.30) il giorno dopo con il Tinissima Quartet (il nome è un omaggio alla fotografa e attivista Tina Modotti) affiancato da Giovanni Falzone alla tromba, Danilo Gallo al basso e Zeno De Rossi alla batteria per un concerto che omaggia i primi dieci anni della formazione che si muove tra classica, jazz, rock, blues e folk. Il 3 gennaio (ore 21.30) ci si sposta invece a Bertinoro (alla cantina Campodelsole di via Cellaimo 850) per il concerto di un duo pugliese composto da uno dei più importanti trombonisti internazionali, Gianluca Petrella, e dal contrabbassista Marco Bardoscia per un evento realizzato appositamente per il festival dal titolo “Bertinoro-Saturno: andata e ritorno”. Il giorno dopo, sempre a Bertinoro (dopo il pranzo alla trattoria dlà Benilde in compagnia di uno dei massimi
esperti mondiali di Miles Davis, Enrico Merlin) all’ex Seminario appuntamento (dalle 21.30) con un altro trombonista, Filippo Vignato, che presenterà dal vivo il suo album Harvesting Minds, accompagnato dal suo nuovo quartetto completamente acustico: Giovanni Guidi al pianoforte, Mattia Magatelli al contrabbasso ed Attila Gyárfás alla batteria. La serata del 4 gennaio terminerà poi dalle 23.30 all’enoteca Bistrot Colonna con una jam collettiva (e aperta a tutti) con i musicisti del festival. Il 5 gennaio (da Calboli Dischi, a Forlì) lo stesso Merlin presenterà alle 17 il suo nuovo libro su Miles Davis (che lo racconta giorno per giorno, in una sorta di catalogo d’artista), mentre alle 21.30 l’appuntamento è allo storico Naima Club di Forlì con il quartetto del grande batterista romano Roberto Gatto (Alessandro Lanzoni al piano, Matteo Bortone al contrabbasso, Alessandro Presti alla tromba) che avrà come ospite d’eccezione il chitarrista americano Kurt Rosenwinkel, protagonista poi a sua volta la mattina dopo (il 6 gennaio alle 11 alla chiesa dei Servi di Forlimpopoli) di un concerto solo. Il festival terminerà poi sempre nella giornata dell’Epifania con la
JAZZ/3 IL
PIANISTA E CANTANTE AMERICANO
conferenza di Enrico Merlin su cinema e jazz delle 16 al centro culturale Pertini di Santa Sofia e con il concerto delle 21.30 al teatro Mentore, sempre a Santa Sofia, con un altro big della scena italiana e internazionale, il trombettista Enrico Rava con il suo New Quartet (Francesco Diodati a chitarra ed elettronica, sezione ritmica affidata a Gabriele Evangelista e al batterista Enrico Morello), impegnati a presentare il loro ultimo progetto, “Wild Dance”. A chiudere la rassegna un’altra jam collettiva, dalle 23.30 alla Fiaschetteria di Santa Sofia. Biglietti da 10 a 20 euro, info su www.artusijazzfestival.com e al numero 340 5395208.
GLI ALTRI EVENTI AL NAIMA
ANCHE
KARIMA, LA MAIDA
AL
BISTROT
Continuano, come sorta di eventi collaterali al festival di cui parliamo nell’articolo principale, anche gli appuntamenti di Artusi Jazz nei club. Il 1 dicembre alle 21.45 al Naima di Forlì live di Karima, una delle più interessanti voci del jazz italiano, che presenta il suo nuovo progetto sugli standard. Il 26 gennaio invece all’enoteca Bistrot di Bertinoro (ore 20.45) concerto dell’organ trio del sassofonista Simone La Maida.
CLASSICA E ROCK JOHNNY O’NEAL
AL
SOCJALE
Tra i concerti del teatro Socjale di Piangipane da segnalare l’appuntamento del 22 dicembre con Johnny O’Neal (nella foto), storico pianista e cantante di jazz neo-bop americano. Jazz protagonista al Socjale anche l’1 dicembre con il celebre attore Moni Ovadia che sarà la voce recitante in un viaggio attraverso le musiche del mitico contrabbassista afroamericano Charlie Mingus, arrangiate per quintetto d’archi. Venerdì 8 infine da segnalare l’Orchestrona di Davide Castiglia per un concerto dedicato alle musiche tradizionali da ballo e non solo: oltre 20 elementi tra organetti, fisarmoniche, violini, cornamuse, flauti, chitarre, arpe e contrabbassi.
LA CANZONE DI IRENE ROBBINS E L’OMAGGIO A CASADEI AL MAMA’S Continua la stagine del Mama’s di Ravenna (eventi tutti i venerdì e i sabati, programma su www.mamasclub.it): da segnalare il 6 gennaio l’appuntamento con una classica formazione jazz (composta da tre musicisti esperti come Daniele Sabatani, Alessandro Gusella e Gianluca Ravaglia) che offre alla vocalist americana Irene Robbins la possibilità di esplorare le atmosfere presenti nel grande repertorio della canzone jazz. Il 13 gennaio appuntamento invece con il progetto ideato dal clarinettista imolese Claudio Zappi come tributo alla musica di Secondo Casadei.
A Rimini l’orchestra suona i Queen Torna la rassegna che punta sulla contaminazione tra generi Al via la quarta edizione di “Contaminando 2018. Tutte le facce della musica”, la rassegna promossa dall'associazione culturale Rimini Classica che punta sulla contaminazione fra generi e sugli originali arrangiamenti per ensemble classici dei brani più famosi. L’appuntamento inaugurale è per il 20 dicembre alle 21 teatro Novelli di Rimini con “We will Rock you!”: in scaletta i successi dei Queen arrangiati da Marco Capicchioni e Aldo Maria Zangheri e riprodotti dall'orchestra Rimini Classica accompagnata dal coro Note in Crescendo di Riccione diretto da Fabio Pecci, dalla Corale di San Marino diretta da Fausto Giacomini e da una rock band (con Riccardo Bertozzini alla chitarra, Max Freschi al basso e Fabio Nobile alla batteria); voci soliste di Sergio Casabianca, Cristina Di Pietro, Ala Ganciu, Marco Giorgi, Giuseppe Righini e Gloria Turrini. Il secondo appuntamento è quello del 6 gennaio (sempre alle 21 al Novelli) con “Italia, un alfabeto di note”,
con Sergio Casabianca che canterà una canzone per ogni autore italiano, in ordine alfabetico, da Angelo Branduardi a Zucchero, accompagnato dai cori del duo Della MarteraGoffi, dalla batteria di Fabio Nobile e dai 25 musicisti dell'orchestra Rimini Classica. Il 14 gennaio (alle 17 al Museo della città di Rimini) il cantautore riminese Filippo Malatesta (accompagnatoda Aldo Maria Zangheri alla viola elettrica, Andrea Bartolini al basso e da Stefano Zambardino a tastiere e cori) si cimenterà invece nel repertorio da brividi degli U2. A chiudere il mese di gennaio, domenica 28 (alle 17) la Sala del Maschio di Castel Sismondo farà da cornice a “Pazze all'Opera”, con la soprano Francesca Lanza, Stella Barbero al flauto e Anna Barbero al pianoforte: la pazzia, declinata sotto diversi aspetti, è la protagonista di arie indimenticabili del repertorio operistico scelte per l’occasione. Info: www.riminiclassica.it.
R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
MUSICA
14
CLASSICA: L’INTERVISTA
CLASSICA A RAVENNA/1
Il maestro dei Giovani Europei
L’ORCHESTRA SENZASPINE
Paolo Olmi tra Young Musicians European Orchestra, lirica e Oriente di Enrico Gramigna
Il gemellaggio è una delle forme che nell’ultimo decennio più si è imposta nella promozione e nella diffusione della cultura musicale. Ciò che lo rende, oltre che intellettualmente interessante, anche commercialmente appetibile, è la grande risonanza che può avere nei luoghi prescelti per le esibizioni. Certamente è ancor più imponente se nel progetto si considera di avere un’orchestra composta non da professionisti navigati, ma da giovani di ottime speranze, magari provenienti da paesi e continenti differenti. In questo solco s’inserisce il progetto della Young Musicians European Orchestra, compagine fondata e diretta dal maestro Paolo Olmi, ternano di nascita, ma da sempre ravennate. Proprio il famoso direttore d’orchestra si è concesso in un’interessante chiacchierata sui temi a lui più cari. Maestro Olmi, la Ymeo sarà impegnata nell’ormai tradizionale concerto natalizio che collega la Romagna con la Terrasanta. Quali sono le novità di questa edizione? «La Ymeo sarà impegnata in dicembre a Gerusalemme il 2, a Betlemme il 3 e a Forlì il 4 e questa è la prima vera novità. Tutti gli anni, infatti, eravamo soliti partire dalla Romagna e proseguire in Terrasanta mentre quest’anno, per la prima volta, si è fatto il percorso inverso. Vi saranno, poi, degli avvicendamenti all’interno dell’orchestra. Uno su tutti, la nostra spalla diventerà il talentuosissimo Gennaro Cardaropoli». EL DETTAGLIO Un’orchestra giovanile con musicisti provenienti da tutta Europa e Asia. Tante culture differenti IL CONCERTO DI NATALE TRA BETLEMME E FORLÌ come riescono a sposarsi? «Con il lavoro, con la quotidianità della vita in comune e L’edizione 2017 del Concerto di Natale Forlì-Betlemme con la creazione d’importanti rapporti umani. Abbiamo con la Young Musicians European Orchestra diretta da tra le nostre fila musicisti provenienti da culture molto lonPaolo Olmi, di cui si parla nell’intervista di questa pagitane che, tuttavia, proprio grazie al lavoro, grazie a un na (organizzato dalla Caritas di Forlì-Bertinoro e dalla obiettivo condiviso, trovano naturalmente una comunione cooperativa Emilia Romagna Concerti di Ravenna), è che si manifesta in maniera virtuosa. Tutto ciò è possibile partita a fine novembre con le prove preliminari in anche grazie ad un aspetto importante, ovvero la responPalestina a cui seguiranno i due concerti di sabilizzazione del singolo orchestrale». Gerusalemme (il 2 dicembre) e Betlemme (il 3), nella Responsabilizzare i giovani. Quindi è questa la Chiesa della Natività. Dopo la serata a Betlemme, registrata e trasmessa dalla Rai durante le festività natalizie, chiave del successo della Ymeo? l'orchestra partirà in nottata per l'Italia e ripeterà il con«Probabilmente è una componente affatto secondaria. certo a Forlì il 4 dicembre, nella Basilica di San Chi suona con noi sa quante prove facciamo per un conMercuriale (alle 21). Il programma prevede brani di certo, proprio per creare un ambiente sonoro famigliare. Vivaldi e Mozart. Quello che non ci si aspetta dalle orchestre giovanili con Il maestro Olmi e la sua giovanissima orchestra da questo genere di pianificazione è di evitare di “studiare” i alcuni anni sono presenti in Medio Oriente per il Natale passi più scomodi. I ragazzi sono contattati mesi prima e con un progetto internazionale al quale contribuiscono vengono loro messe a disposizione, da subito, le parti per lo il ministero degli Esteri, la Regione Emilia-Romagna, studio individuale. Il risultato è che alla prima prova tutto l'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, il Consolato è già molto convincente proprio grazie alla dedizione e d'Italia a Gerusalemme e la Municipalità di Betlemme all’impegno che i ragazzi profondono anche grazie a quest’opera di responsabilizzazione. In fondo è l’Orchestra dei Giovani Europei, e noi pensiamo che loro siano i primi proprietari del gruppo». Quindi giovani musicisti bravi e talentuosi. Tanti ce ne sono nell’orchestra, come fare per valorizzarli tutti? «Questo è un aspetto curioso, perché questi ragazzi sono tutti bravi solisti, tuttavia il lavoro orchestrale differisce alquanto da quello solistico, perciò è interessante cercare di creare delle dinamiche di gruppo integrando l’indole solistica all’interno dell’orchestra. Con ciò, però, non si vuole soffocare il guizzo solistico, tanto che negli appuntamenti di dicembre eseguiremo tre concerti con protagonisti musicisti presi dall’orchestra (Vivaldi, Op.3 N.10 e 11). Per esempio, ascolteremo a Forlì Giulia Panchieri, una giovanissima violista (che eseguirà la Sinfonia Concertante di Mozart) allieva del forlivese Danilo Rossi, prima viola del Teatro alla Scala di Milano che si avvicenderà a Timothy Ridout, che suonerà, invece, in Terrasanta». La sua carriera impone anche altre prospettive: quali sono i suoi orizzonti futuri? «L’Ymeo è una bellissima realtà, ma un altro mio grande interesse è l’oriente. Ritengo sia un polmone essenziale per le nostre orchestre ed esercita un fascino incredibile. Sopra tutto amo moltissimo l’Oman ed avrò la fortuna di essere lì a marzo insieme all’orchestra dell’Opera di Roma per dirigere Pagliacci con la storica regia di Zeffirelli». Dunque l’opera nel futuro? «L’opera sempre. Prossimamente ritornerò a Tokyo con un titolo che amo moltissimo, Così fan tutte. Ho sempre avuto, inoltre, un certo legame con le Città della cultura: nel 2020 sarà Fiume-Rijeka e vorrei portarle Romeo e Juliette di Charles Gounod con un cast di giovanissimi interpreti». Operista convinto, dunque. La domanda finale è d’obbligo: quale titolo preferisce? «Le nozze di Figaro di Mozart. L’opera che forse ho diretto di più: sicuramente più di 120 recite. Mi ha stregato, ce l’ho nel cuore».
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PER NATALE, LA VIOLONCELLISTA ISRAELIANA PER LA MEMORIA
Prosegue a Ravenna la stagione concertistica "Capire la Musica", organizzata dalla Cooperativa Emilia Romagna Concerti. Per il tradizionale Concerto di Natale, previsto il 21 dicembre nella chiesa di San Francesco (alle 21), tornerà l’Orchestra Senzaspine diretta da Matteo Parmeggiani in musiche di Mozart, Johann Strauss, Richard Strauss, Gruber. Come da tradizione, alla fine del Concerto,150 bambini delle scuole ravennati eseguiranno alcuni canti di Natale. Durante la serata saranno raccolti beni di prima necessità, materiale per lo studio e offerte destinate ai bambini i difficoltà nel Comune di Ravenna. La Giornata della Memoria, organizzata in collaborazione con il Governo Israeliano, sarà celebrata domenica 28 gennaio (alle 11 alla sala Corelli del teatro Alighieri) con un Concerto della Orchestra da Camera del Conservatorio Martini di Bologna, diretta da Alberto Caprioli e con la partecipazione di una straordinaria violoncellista Israeliana, Danielle Akta (16 anni), impegnata nel Concerto per violoncello e orchestra in do maggiore di Haydn.
CLASSICA A RAVENNA/2 DALLE “QUATTRO STAGIONI” AL CORO GOSPEL CONCERTI DELLA DOMENICA
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Ultimi Concerti della Domenica a Ravenna. Si avvicenderanno sul palco l’Ensemble Dolce Concento (3 dicembre) che darà vita a una lezione-concerto dedicata a una delle composizioni più amate dal pubblico, Le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi; il duo pianistico composto da Sofia Adinolfi ed Era Caushaj (10 dicembre) che interpreterà musiche di Rachmaninov e Milhaud; infine il 17 dicembre ecco il Coro Gospel Voices of Joy diretto da Daniela Peroni, a cui spetterà il compito di chiudere la rassegna con brani del repertorio gospel e tradizionali natalizi.
CLASSICA A FORLÌ ROBERTA INVERNIZZI CON I MALATESTIANI TRA MONTEVERDI E MOZART Continua l’autunno musicale degli Amici dell’Arte di Forlì, in collaborazione con l’associazione Maderna. Domenica 3 dicembre alle 21 alla sala San Luigi di Forlì appuntamento con Roberta Invernizzi e l’Ensemble da lei fondato “I Musici Malatestiani”, nell’ambito del conservatorio Maderna di Cesena. Soprano, Invernizzi è considerata una delle maggiori interpreti di musica antica a livello internazionale, specializzata in musica barocca e in quella di periodo classico. Sono in programma musiche di Monteverdi, Uccellini, Mozart, Cesti.
CLASSICA A CESENATICO IL COMUNALE RIPARTE E IL TRIO SDIT
CON
GAN EDEN
Primi due appuntamenti (entrambi alle 17) con la stagione di classica al teatro comunale di Cesenatico. Il 14 gennaio concerto barocco a cura dell’associazione Gan Eden, il 28 gennaio sul palco il Trio Sdit (Luca Troiani al clarinetto, Claudia D’Ippolito al pianoforte e la soprano Ginevra Schiassi) con musiche di Schumann, Schubert, Wolf e Spohr.
MUSICA
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A sinistra i Solisti Veneti (attesi a Lugo), a destra Horvath-Bertuccioli, sul palco a Cesena
CLASSICA A RIMINI ANGELA HEWITT CHIUDE LA SAGRA
CLASSICA A LUGO
La Toscanini con Nicoletta Conti, i Solisti Veneti omaggiano Rossini
Termina ufficialmente il 3 dicembre la programmazione della 68esima edizione della prestigiosa Sagra Musicale Malatestiana di Rimini. L’appuntamento è con l’ultimo Concerto della Domenica (alle 17 al teatro degli Atti) con la celebre pianista canadese Angela Hewitt, alle prese con un programma tra Bach e Beethoven. Il 6 dicembre (alle 21 sempre al teatro degli Atti) ci sarà poi tempo per un fuori programma con il giovane pianista riminese Nicola Pantani, secondo classificato al Premio Casella.
Sarà Nicoletta Conti, direttrice d'orchestra fra le più apprezzate nel panorama internazionale, ad aprire la stagione concertistica del teatro Rossini di Lugo, reduce dal successo della seconda edizione di Purtimiro. Conti esibisce un solido curriculum: studi con Ferrara, Hager, Ozawa e Masur, perfezionamento con Leonard Bernstein a Santa Cecilia, un prestigioso premio al Concorso Nikolai Malko di Copenaghen nel 1986. Tante le orchestre da lei dirette in oltre trent'anni di carriera, non ultima la Filarmonica Arturo Toscanini con cui sarà a Lugo. L’appuntamento è per il 21 dicembre alle 20.30. Sui leggii musiche divenute popolari grazie alla loro utilizzazione in alcuni capolavori del cinema, dalla solenne Sarabanda di Händel eternata da Kubrick nella scena del duello in Barry Lindon alla Gazza Ladra di Rossini di C'era una volta in America. Il 2018 al teatro di Lugo che ne porta il nome non poteva non iniziare con un omaggio a Gioachino Rossini, nei 150 anni dalla morte, che a Lugo mosse i suoi primi passi nella musica. Col leggendario gruppo dei Solisti Veneti (quasi 60 anni di attività ininterrotta alle spalle) diretti dal sempre grande Claudio Scimone, ecco quindi il 18 gennaio (sempre alle 20.30) un programma dal titolo inequivoco: “Rossini e la sua epoca”. Dunque di Rossini la terza Sonata a quattro in do maggiore, forse la più bella, delle sei Sonate per archi composte al Conventello di Ravenna, all'età di dodici anni; poi le Variazioni per clarinetto e archi sul Mosè in Egitto e Donna del Lago. Indi un florilegio di opere altrui ispirate a Rossini: le Variazioni su un tema dell'opera Edoardo e Cristina di Girolamo Salieri (il nipote di Antonio), le Variazioni di bravura sulla preghiera “Dal tuo stellato soglio” dal Mosè di Niccolò Paganini, infine le quasi sconosciute Variazioni su un tema della Cenerentola per ottavino e archi di Fryderyk Chopin. In mezzo un mini omaggio a Luigi Boccherini.
RISTORANTE - ALBERGO - CANTINA SALA CONVEGNI - ARTI VISIVE Nella magica atmosfera dell'Albergo Cappello, tante location in una per soddisfare ogni esigenza. Ideale per eventi, pranzi e cene aziendali e di famiglia. L'Albergo Cappello occupa uno dei più interessanti edifici del Rinascimento a Ravenna, il Palazzo Bracci del 1470. Il ristorante propone una cucina del territorio personalizzata dallo chef, menu raffinati di stagione con specialità di carne e pesce. L'osteria offre un ampia selezione di vini locali e nazionali. L’albergo dispone di 7 camere, tutte originali, con affreschi d'epoca.
Ristorante aperto tutti i giorni dalle 12 alle 15 e dalle 17 alle 24 Cucina aperta fino alle 22.30 Via IV Novembre, 41 - Ravenna - Tel. 0544 219813 - Fax 0544 212114 www.albergocappello.it - info@albergocappello.it
CLASSICA A CESENA
Il grande Stefan Milenkovich apre la stagione del Bonci Il cartellone dei concerti del teatro Bonci di Cesena conferma una formula che alterna la musica classica e le contaminazioni crossover. Apre l’Ukrainian Radio Symphony Orchestra con lo straordinario Stefan Milenkovich al violino (9 gennaio, ore 21), in un concerto sinfonico dedicato interamente a composizioni di ispirazione iberica (musiche di Rimskij - Korsakov, de Sarasate, Granados e Glinka). Ladislau Petru Horvath e Susanna Bertuccioli, primo violino e prima arpa dell’Opera di Firenze, propongono invece il 21 gennaio (sempre alle 21) un viaggio nella musica popolare, con composizioni di Bartok, Miyagi, Khatchaturian, Jones, Sant’alfonso De Liguori, Denza, Rizzo, Beaser, Villa-Lobos, Gil, Jobim e De Abreu.
CLASSICA A BAGNACAVALLO
A Natale con Ohbayashi, poi tra Donizetti e Haydn Prosegue al teatro Goldoni di Bagnacavallo la rassegna di Accademia Bizantina che il 22 dicembre sarà di nuovo con l’ensemble al completo sul palco, impegnato nel tradizionale Concerto di Natale, con la partecipazione del soprano Naoka Ohbayashi.
Il 2018 si aprirà invece il 26 gennaio con il Quartetto Delfico che propone un programma incentrato su Hanssens, Donizetti e Haydn, di cui verrà eseguita la Sinfonia 104, facente parte delle 12 sinfonie londinesi, probabilmente la più famosa raccolta di suoi lavori.
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TEATRO
DANZA
Le silfidi/Pulcinella al Rossini di Lugo Al Rossini di Lugo, il 26 gennaio, MM Contemporary Dance Company in scena con Le silfidi/Pulcinella
La bella addormentata all’Alighieri Il 20 e 21 gennaio all’Alighieri di Ravenna il Balletto di Toscana Junior porta in scena La Bella Addormentata di Diego Tortelli
Giovane danza d’autore a Cattolica Il 12 dicembre alle 21.15, al teatro della Regina di Cattolica per il cartellone Salone Snaporaz Danza Gd’a Gala, Danzatori selezionati dalla vetrina della Giovane Danza D’autore
Gennaio contemporaneo al Bonci Il 5 e 6 gennaio al Bonci di Cesena arriva Lo schiacciaonoci del Balletto di Roma con coreografia Massimiliano Volpini, musica P.I. Čajkovskij e scene di Erika Carretta. Il 19 gennaio invece Aterballetto in scena con Bliss di Johan Inger e Words and space di Jiři Pokorny
La Classique a Faenza e Forlì Venerdì 15 dicembre alle 21, al Masini di Faenza, il Balletto di Mosca La Classique porta in scena il classico Giselle con musiche di Adolphe Adam, coreografie di Marius Petipa. La stessa compagnia in scena anche il 14 dicembre con Don Chisciotte al Diego Fabbri di Forlì
Donizetti Rave a Faenza Al Masini di Faenza il 31 gennaio, alle 21 Artemis Danza presenta DONIZETTI®into a RAVE di Monica Casadei, musiche di Gaetano Donizetti, musiche originali di Luca Vianini e collettivo Knobs
Convergenze Hip Hop al Fabbri Giovedì 25 gennaio al Fabbri di Forlì danza, hip hop, contemporaneo, modern, floorwork, breakin’ della Esperimenti Dance Company con Convergenze di Federica Galimberti
TEATRO
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LIRICA/1
Da Leopardi al Don Giovanni La stagione dell’Alighieri di Ravenna parte con il coinvolgimento dei ragazzi L’appuntamento di apertura della stagione d’opera 2017/18 di Ravenna porta al centro dell’impegno dell’Alighieri una nuova produzione originale di teatro musicale, La guerra dei topi e delle rane. Il 18 dicembre alle 20.30 un’operazione che sarebbe riduttivo definire “per ragazzi” (in programma anche due repliche per le scuole, vedi approfondimento a pagina 42 nella sezione Junior): lo spunto è il poemetto satirico di Giacomo Leopardi Paralipomeni della Batracomiomachia, che arriva sul palco dell’Alighieri in veste di favola musicale in un atto in una co-produzione realizzata con il Comunale di Ferrara, occasione per riflettere sulla guerra e le sue cause. La rivisitazione e la riscrittura portano la firma di Giampiero Pizzol, che ha creato il libretto, mentre le musiche sono state commissionate al compositore Alessandro Spazzoli. La regia di Daniela Piccari si avvale delle videoproiezioni di Stefano Bisulli, mentre protagonisti sono tutti ragazzi provenienti da realtà del territorio: il Coro del Verdi di Ravenna diretto da Antonio Greco, i solisti vocali e maestri collaboratori del Liceo Statale di Forlì coordinati da Davide Cavalli, l’Orchestra dei Giovani di Ravenna guidata da Franco Emaldi, diretta per l’occasione da Stefano Pecci. Seguiranno tre coproduzioni con importanti soggetti nazionali dello spettacolo dal vivo su titoli che delineano un percorso fra fine Settecento e Novecento. Si parte il 12 (ore 20.30) e 14 gennaio (ore 15.30) con il Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart che continua il percorso della trilogia Mozart/Da Ponte realizzato in collaborazione con il Festival di Spoleto e il Teatro Coccia di Novara. La produzione partita dal Festival dei Due Mondi con la regia di Giorgio Ferrara, le scene di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo e i costumi di Maurizio Galante, vedrà a Ravenna la direzione di Matteo Beltrami, sul podio dell’Orchestra Giovanile Cherubini; il coro S. Gregorio Magno sarà diretto da Mauro Rolfi.
Don Giovanni
MUSICAL
A Rimini torna “Grease” Al Novelli di Rimini torna la Compagnia della Rancia (16-17 dicembre alle 21 e la domenica anche alle 16) con uno dei musical più amati, Grease, per la regia di Saverio Marconi. Il 27 dicembre (ore 21), invece, per grandi e piccini, un classico dell’operetta, Gigì. Innamorarsi a Parigi viene proposto dalla Compagnia di Corrado Abbati sotto forma di musical.
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DAL FLAMENCO A SATIE (CON RIONDINO) FINO ALL’OPERA SU GUIDARELLO La nuova stagione concertistica faentina che vede la collaborazione tra le rassegne Emilia Romagna Festival e Teatro Masini Musica tocca anche ambiti extra-musicali come la danza e la recitazione. Il 21 dicembre è in programma un viaggio nella Spagna flamenca con un celebre danzatore, Miguelete, accompagnato da Ramon Jaffè al violoncello e da Johannes Hoffman Minera alla chitarra. Il nuovo anno si apre invece il 29 gennaio con la voce recitante di David Riondino (foto) e il suo Piovono Coriandoli, accompagnato dal pianista Sandro De Palma su musiche di Satie e Poulenc. Fuori abbonamento da segnalare il 16 dicembre Fior di patria, fior d’amor (vita e amori di Guidarello Guidarelli) nuova opera in due atti con il testo di Ivano Artioli su musiche originali di Paolo Geminiani. A eseguirla il Modern Sarti Ensemble diretto da Jacopo Rivani.
LIRICA/2
La Geisha di Luca Cori e la Traviata con Raffaella Battistini Al teatro Bonci di Cesena proseguono gli appuntamenti con l’opera, l’operetta e altre forme di teatro musicale. Il 17 dicembre alle 21 Storia della Geisha Butterfly di Luca Cori, compositore italiano apprezzato a livello internazionale che firma un’opera minimale, con un linguaggio musicale scarno ma di grande tensione emotiva, affidata alle voci di un soprano (Butterfly) un baritono (Danna) e una voce recitante (La Madre) e scritta per un organico di orchestra essenziale che rimanda a sonorità orientali nell’uso delle chitarre, delle percussioni e del flauto. Venerdì 8 dicembre alle 21 al Bonci torna protagonista il soprano cesenate Raffaellla Battistini ne La Traviata di Giuseppe Verdi, organizzata dall' associazione la Pomme in collaborazione con il Coro Maria Callas di Cesena, il Comune di Cesena e l'Emilia Romagna Teatri. L’opera in tre atti, composta da Giuseppe Verdi su libretto di di Francesco Maria Piave, è tratta dalla pièce teatrale La signora delle camelie ispirata alla vicenda autobiografica del suo autore Alexander Dumas.
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TEATRO
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L’INTERVISTA
«Il mio teatro, un luogo critico» Parla Stefano Massini, direttore del Piccolo e tra gli autori più rappresentati in Italia di Matteo Cavezzali
I suoi testi sono rappresentati in tutto il mondo. Dal 2015 ha sostituito Luca Ronconi alla guida del Teatro Piccolo di Milano, il più importante teatro d’Italia. Stefano Massini, classe 1975, è oggi l’uomo più influente del teatro italiano. Tra gli spettacoli firmati da lui in questi mesi in Romagna c’è l’adattamento de Il nome della Rosa al Rossini di Lugo dal 12 al 15 dicembre. Come è nata la sua passione per il teatro? C’è stato uno spettacolo o una persona che l’ha fatta innamorare questo mondo? «È molto difficile rispondere. Per me il teatro è come respirare, se non c’è non c’è vita, ma come tutte le cose importanti la dai per scontata. Il teatro, da che ho memoria, ha sempre fatto parte del mio mondo e del mio modo di esprimermi. Il teatro per me non è una attività, ma un modo di comunicare, e io l’ho sempre avuto dentro me stesso. Ho ricordi di me piccolissimo e già avevo un grande fascino verso il palcoscenico». Tra i suoi molti testi ce n'è uno a cui è più legato? «La sensazione che ho sempre è che tutti i testi vanno scritti solo a condizione imprescindibile che tu abbia la necessità di raccontare quella cosa in quel momento. In ogni testo c’è una parte di me, per cui sono per me tutti uguali. In teoria si potrebbe dire che uno si sente più legato a quelli che hanno avuto più successo. Però i testi che hanno raggiunto degli obbiettivi hanno camminato di più con le loro gambe e quindi ti senti di dover accompagnare invece quelli che sono passati con meno successo...» Solo in questo momento dei suoi testi sono in scena Occident express con una straordinaria Ottavia Piccolo, L’ora di ricevimento con Bentivoglio e la regia di Michele Placido, L’odore assordante del bianco, uno dei primi testi che scrisse nel 2005, portato in giro da Alessandro Preziosi, e soprattutto la grande opera Freud o l’interpretazione dei sogni, portato in scena dal Piccolo Teatro a cui seguirà, a novembre, un libro pubblicato da Mondadori oltre, naturalmente, a Il nome della rosa. Riesce a seguire, almeno a distanza, tutti questi allestimenti? «No, non ci riesco e non lo farei nemmeno se riuscissi, perché non avrebbe senso. Non tutti gli spettacoli dove compare il mio nome sono la stessa cosa. Ci sono testi che sono interamente miei e ci sono altri che sono delle operazioni di adattamento di opere che esistevano prima di Stefano Massini. Per esempio con Il nome della rosa io ero molto vincolato dal romanzo, quello è Umberto Eco non Massini. Altre invece mi rappre-
Una scena da Il nome della rosa, drammaturgia di Stefano Massini, dal romanzo di Umberto Eco, in scena a Lugo dal 12 al 15 dicembre. Sotto: Stefano Massini
sentano pienamente perché sono frutto di una mia urgenza di scrittura. In questo momento quello che sto seguendo più da vicino è Freud o l’interpretazione dei sogni, che è l’ultimo testo che ho scritto. Cosa l’ha spinta a fare uno spettacolo ispirato al saggio di Freud, che è un testo non narrativo e quindi molto complesso da tradurre sulla scena? «Ogni epoca ha un paio di libri, non di più, che la riassumono completamente. Al punto tale da esserne una sorta di catalogo. Il Novecento è L’Interpretazione dei sogni di Freud. Noi siamo figli di quel libro. Ecco la necessità e la bellezza di dedicare una produzione di questa importanza a un’opera forse mai portata in scena. È una Bibbia della nostra contemporaneità. È il racconto dell’uomo che, lasciato solo, decide di fare chiarezza guardandosi dentro. Durante lo spettacolo, Freud analizza i sogni, racconta le visite con i suoi pazienti, racconta i propri stessi sogni. Ma il gioco di meccanismi, per cui tutto ciò che nel sogno appare camuffato è in realtà profondamente motivato da metafore, è di una poesia strepitosa». Alla vicenda Lehman, ha dedicato un testo molto importante, Lehman Trilogy, divenuto poi anche un romanzo. Cosa la attraeva di quella vicenda? Come mai, secondo lei, è stato necessario un drammaturgo europeo per questa storia così americana? «Gli americani si erano occupati del caso Lehman con alcuni film, ma concentradosi solo sul crac, mentre io mi sono occupato di questa lunga saga familiare, per capire come si era costruito questo colosso della finanza partendo dalla storia di una famiglia di immigrati ebrei tedeschi alla fine dell’800. Quello che mi interessava
dei Lehman era capire come dal denaro e le merci che servivano a finanziare una impresa si è arrivati a un meccanismo in cui invece il denaro serviva a finanziare altro denaro perdendo la concretezza e diventando finanza. La ragione principare dell’interesse di questa storia è che è una grande epopea di essere umani che declina una cosa che viene ritenuta disumana come la finanza e l’economia in qualcosa di molto umano». I suoi due ultimi spettacoli sono diventati anche romanzi. Qual è la sua relazione con la narrativa? «Il passaggio è stato molto breve. Dopo una fase iniziale di lavoro in teatro in cui cercavo di ricalcare la drammaturgia classica, negli ultimi dieci anni il mio modo di scrivere per il teatro è diventato molto libero. Non uso più nemmeno i nomi dei personaggi. Poi è il regista a scegliere cosa mettere in scena a cosa no. Questo fa
sì che le cose che io scrivo sono sempre molto poco teatrali e vicine alla narrativa, perché sono molto lunghe. La prima versione che fu pubblicata di Lehman Trilogy che uscì nella collana teatro di Einaudi sorprese l’editore perché vendeva molto, cosa strana per un testo teatrale. Il motivo era che non la comprava solo chi aveva visto lo spettacolo, ma chi era interessato alla storia. Da lì nacque l’idea di pubblicare l’edizione estesa, lunga più del doppio, e pubblicarla in una collana di narrativa, facendo saltare lo steccato tra narrativa e drammaturgia. Si tratta semplicemente di storie». Da sempre i suoi testi sono legati profondamente a temi sociali, come mai ha scelto questa direzione? «È una cosa alla quale credo molto. Il teatro essendo uno dei pochi grandi riti laici rimasti all’umanità ha bisogno di ritrovarsi un luogo per la comunità. La definizione “teatro di
impegno civile” è profondamente sbagliata, perché ne presuppone uno di non impegno, invece ogni forma di teatro ha un rilievo civile. Per sonalmente amo il teatro che non ha paura di recepire le paure e le urgenze della società, che vengono da fuori dal teatro e di trasportarle dentro al teatro trasformandolo in un luogo di domande, un luogo critico in cui recepire qualcosa della società che ci sta intorno diventando migliori nell’affrontarla». Da due anni e mezzo è consulente artistico del più prestigioso teatro italiano. Come valuta questo primo periodo? Si aspettava un lavoro così complesso? «Io sono del parere che è sempre una cosa straordinaria poter portare un contributo a un teatro così prestigioso e importante. Per me il Piccolo ha rappresentato moltissimo, da sempre. Oggi, in nome di una finta e sbagliata forma di egualitarismo, si tende ad appiattire le eccellenze, invece occorre, per chiarezza del sistema, essere molto obbiettivi. Non sta tutto sullo stesso piano. Il Piccolo Teatro è il tempio del teatro di prosa italiano, è il primo teatro pubblico nato nel nostro paese e ha una storia ineguagliabile. Questo lo rende un fiore all’occhiello non solo di chi fa teatro, ma di qualunque cittadino italiano. Il Piccolo Teatro di Milano è sullo stesso piano degli Uffizi e dei grandi luoghi archelogici italiani, non è un elemento in più, ma è la ragion d’essere del nostro paese». Che cosa le manca di più di Luca Ronconi? «Difficile rispondere. Credo che chi come me ha avuto modo di lavorare con Ronconi, abbia una forma di rimpianto verso la sua intelligenza critica, il suo modo di ribaltare l’ovvio, di sottrarsi alla prevedibilità e di evitare le furbate. Ci sono molti modi di accattivarsi il pubblico e la critica con scorciatoie e forme di ammiccamento a cui lui si è sempre sottratto con una grande perspicacia, grazie alla sua raffinata lettura dei testi e quella che lui chiamava la “committenza politica” del teatro. Il suo teatro era per la polis, era la risposta a ciò che la società, l’umanità chiede a uno spettacolo in un determinato momento». Come vede la drammaturgia contemporanea? Da che zona del mondo stanno arrivando le novità più interessanti? «Ognuno ha il suo sguardo, personale e legittimo. Io sono sempre stato un cultore della drammaturgia anglosassone e sono molto attento a ciò che accade sui palcoscenici londinesi e americani. La drammaturgia sta vivendo un buon momento perché a differenza del cinema che è si è avvicinato fisicamente alle persone, è arrivato nelle nostre case prima e poi nei nostri smartphone, il teatro, per sua definizione, obbliga lo spettatore ad andare in un luogo e compiere l’ultimo rito laico della nostra società. Il teatro è un genere scomodo, disagevole, ma questa è la sua forza perché lo rende unico. È una forma espressiva antica e oggettivamente forte perché dotato di una sua autonomia indiscutibile».
TEATRO
R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
19 FAENZA
RIMINI, RUSSI E CONSELICE
Una giornata particolare
Quel piccolo borghese
Dal 4 al 6 dicembre al Masini di Faenza Gliulio Scarpati e Valerina Solarino sono protagonista di Una giornata particolare di Ettore Scola e Ruggero Maccari, nell’adattamento di Gigliola Fantoni per la regia di Nora Venturini. La vicenda è nota ed è quella del grande film di Scola: il 6 maggio del 1938, giorno della visita di Hitler a Roma, Antonietta, moglie di un usciere e madredi sei figli e plagiata dal regime, incontra Gabriele, che sta preparando la valigia in attesa di andare al confino in quanto omosessuale. Antonietta e Gabriele si rispecchieranno l’una nell’altro condividendo la solitudine delle loro anime.
Al Novelli di Rimini arriva già il 10 dicembre, mentre a Russi approda il 6 dicembre e a Conselice il 4 gennaio, Massimo Dapporto protagonista di Un borghese piccolo piccolo tratto dall’omonimo romanzo di Cerami con musiche originali di Nicola Piovani per l’adattamento e la regia di Fabrizio Coniglio. Il romanzo, che diverge dal film di Monicelli in alcuni nodi essenziali, è un ritratto di grande attualità. La peculiarità del libro è la tinta grottesca che si cerca di ripercorrere nell’adattamento di Coniglio, con cui Cerami descrive le umili aspirazioni del protagonista. Quella messa in scena è una tragicommedia su come la “scorciatoia” o la raccomandazione sono avvertite nella nostra società come necessarie per sopravvivere.
FAENZA E FORLÌ
CERVIA
L’anatra di Barbareschi
Regalo di Natale in scena
Al Masini di Faenza dal 12 al 14 gennaio e al Fabbri di Forlì dal 18 al 21, Luca Barbareschi e Chiara Noschese portano in scena L’anatra all’arancia, dal testo The Secretary Bird di William Douglas Home, versione francese di Marc Gilbert Sauvajon (traduzione e regia di Luca Barbareschi). «L’anatra all’arancia è una bellissima storia universale di un uomo e di una donna e di come il protagonista si inventi un modo per riconquistare la moglie che lo ha tradito e che amava, architettando un piano per dimostrarle che lui è il suo unico amore anche dopo 25 anni. Un cult del teatro comico» racconta il traduttore, regista e interprete Luca Barbareschi.
Dopo la prima a Bagnacavallo, il 4 e 5 dicembre Regalo di Natale di Pupi Avati, adattamento teatrale (affidato a Sergio Pierattini) dell’omonimo e celeberrimo film del grande regista bolognese, arriva al Comunale di Cervia. Protagonisti dello spettacolo sono Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro e Gennaro Di Biase, mentre la regia è firmata da Marcello Cotugno. Scrive il regista: «Se il poker è lo specchio della vita, il teatro è il luogo dove attori e spettatori si possono rispecchiare gli uni negli altri. E due specchi messi uno di fronte all’altro generano immagini. Infinite».
LUGO
RAVENNA
Dalla Francia, Le prenom
Il servo e la vendetta dei deboli
Dal 12 al 14 gennaio, al Rossini di Lugo va in scena Le Prenom (Cena tra amici) di Matthieu Delaporte e Alexandre de La Pallettière nella versione italiana di Fausto Paravidino per la regia di Antonio Zavatteri. Quarantenni a confronto tra colpi di scena, battute, rancori e legami profondi, uno spettacolo che è il ritratto di una generazione tra piccole meschinità e grandi sentimenti. Rappresentato a Parigi nel 2010, ottenne sei nomination al Prix Molière dell’anno seguente e fu adattato subito per il cinema dagli stessi autori (il film uscì in Italia come Cena tra amici). Tre anni dopo, Francesca Archibugi ne fece un nuovo adattamento cinematografico con il titolo Il nome del figlio.
Dal 31 gennaio all’1 febbraio al teatro Alighieri di Ravenna per “La stagione dei Teatri” va in scena Il servo di di Robin Maugham (traduzione di Lorenzo Pavolini), con Tony Laudadio, Emilia Scarpati Fanetti, Andrea Renzi, Lino Musella, Maria Laila Fernandez, per la regia di Andrea Renzi. Lo spettacolo, con il ribaltamento dei ruoli tra servo e padrone è una metafora di una società che inventa ruoli e classi, il testo racconta la vendetta dei deboli e perfidi “sfortunati”, costretti a servire altri uomini uguali a loro in tutto.
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R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
TEATRO
20 LA RIVISTA IL NUOVO NUMERO DI PALCOSCENICO L’intervista a Michele Placido compare anche nella rivista annuale dedicata ai teatri della provincia di Ravenna edito come ogni anno da Reclam e distribuito gratuitamente in tutta la provincia e oltre. Uno strumento quest’anno ancora più ricco e utile per conoscere e scoprire le stagioni di prosa, danza, ricerca, opera da Ravenna a Conselice introdotta da un’ampia sezione di interviste e approfondimenti con suggerimenti per andare a teatro con i figli adolescenti, una lunga intervista a Elena Bucci (cui è dedicata la copertina), un’intervista doppia a Fanny&Alexander e, ancora, approfondimenti su danza, opera, musica classica ed elettronica e sul teatro Rasi. Tra le curiosità anche un’intervista al light designer Vincent Longuemar. Un’ulteriore conferma della passione dell’editore Reclam per il mondo dello spettacolo che si rinnova ogni mese sulle pagine di R&D Cult.
IL PERSONAGGIO
Michele Placido e i «piccoli crimini coniugali» dopo una carriera tra cinema e palcoscenico Il suo volto e il suo sguardo di regista hanno segnato il cinema italiano degli ultimi quaranta anni, ma la sua passione è sempre rimasta il teatro. Michele Placido torna sulla scena con Piccoli crimini coniugali di Eric-Emmanuel Schmitt, di cui è regista e interprete accanto a Anna Bonaiuto, al teatro Masini di Faenza dal 5 al 7 gennaio, allo spazio Tondelli di Riccione il 27 gennaio e a Russi il 22 febbraio. Cosa l’ha avvicinata a questo testo ironico e dissacrante di Eric-Emmanuel Schmitt? «Amo Schmitt. È un autore brillante pur nella sua drammaticità. È un testo che parla di vita coniugale in maniera veritiera e feroce, ma allo stesso tempo con una leggerezza che solo i francesi riescono a trovare. Non è “il drammone”, come spesso capita di vedere in teatro, ma sa trovare una vena drammatica nell’ironia. L’idea di interpretarlo con Anna Boniauto è nata perché entrambi abbiamo le possibilità di attraversare la vita di una coppia di coniugi, per età e anche per esperienza attoriale. I personaggi infatti sono due persone i cui sentimenti si sono usurati nel tempo. Quindi è un modo di ragionare su un tema comune a molti, ma contemporaneamente divertire». Lo spettacolo parla delle difficoltà di una coppia modello, come a voler sottolineare che anche la coppia più affiatata è formata in realtà da persone estranee l'una all'altra. È questa la lettura che ne voleva darne? «Esatto. Tutte le coppie dopo qualche decennio di sentimenti vanno in un’altra dimensione. Ognuno negli anni si è allontanato dall’altro senza accorgersene e allora si entra in crisi. “A un matrimonio il mio primo pensiero è chi sarà l’assassino dei due?” scrive Schmitt nel testo. Questa frase mi diverte molto e ci ripenso continuamente. Questa battuta la dice lunga sull’ironia feroce di questo autore che racconta il perduto amore e la menzogna che sta nei grandi sentimenti che ci raccontiamo attraverso un certo tipo di letteratura, di teatro e di cinema. Schmitt si diverte a prendere in giro questa bugia chiamata “amore romantico”». Il testo di Schmitt è stato scritto poco più di dieci anni fa. Crede che la drammaturgia contemporanea abbia spunti interessanti? «Alcuni autori contemporanei, soprattutto anglosassoni e francesi, si divertono a pungere i luoghi comuni della borghesia in particolare sui sentimenti. Forse loro sono più illuminati in senso intellettuale rispetto a noi italiani, che abbiamo sempre su di noi il peso della cultura cattolica, che non ci rende capaci di essere così oltraggiosi verso i “buoni sentimenti”». Il teatro per molti attori è una palestra molto faticosa, che viene dimenticata dopo il successo cinematografico. Cos'è il teatro per lei? Perché a più di settanta anni ancora è così legato a questo lavoro? «Io sono nato in teatro. I miei primi otto anni di attore sono stati esclusivamente di teatro, poi ho iniziato con il cinema e la televisione, ma non ho mai smesso. L’amore per il teatro è un amore che resta per tutta la vita. Anche se hai avuto successo nel cinema e nella televisione, poi hai sempre il desiderio di tornare in teatro. Il vero piacere per un attore è sulle tavole del palcoscenico. Lei ha lavorato con grandissimi registi teatrali come Strehler, Orazio Costa, Patroni Griffi, Luca Ronconi. Quando ha iniziato a lavorare come regista a chi ha rubato di più? «Sul gioco attoriale sicuramente da Strehler. Con tutti il rispetto per Luca Ronconi, che mi ha dato tanto, ma con Strehler ho capito cos’è essere a tu per tu con un regista. Lo scontro tra chi guida la messa in scena e l’attore è fondamentale. È un corpo a corpo quotidiano. Strehler, anche se era di grande cultura, era più viscerale che intellettuale. Andava diretto allo stomaco di chi stava in scena nei suoi spettacoli. Gli venivano idee molto colte però quando affrontava certi testi come Shakespeare, emergeva in lui una animalità teatrale che Ronconi non aveva. Luca era più freddo… non freddo, meglio dire più intellettuale».
Anche nel cinema ha lavorato con tutti i più grandi: Comencini, Monicelli, Bellocchio, Lina Wertmüller, Moretti, Tornatore. Quali di questi l’ha segnata di più? «Bellocchio! Mi ha fatto capire che il mestiere di regista non è solo il piacere di una storia o delle immagini, ma qualcosa di più. È un atto politico, nel senso più nobile. È un momento in cui si crea cultura per il popolo. E ci tengo a dire “popolo” proprio per usare un termine caduto in disuso». Parlando di “popolo”. L’impegno civile è stato il fil rouge in molti suoi lavori… «Fare bene e con onestà il proprio lavoro è già un atto politico. Fare bene le cose, avere rispetto per il proprio pubblico è un atto politico. Stare al servizio della cultura sapendo che i film che si fanno entrano a far parte del bagaglio di un popolo, e non è solo un intrattenimento. Per politico non intendo un atto ideologico, ma ideale». Crede che le giovani generazioni sentano il peso di questo atto politico della regia? «Se un regista è appassionato di questo lavoro lo fa con coscienza. Non trovo ci siano divergenze tra le nuove generazioni e la mia. C’è chi lavora con impegno e crede nel valore del proprio lavoro e questo è più che sufficiente. Questa serietà e rigore è un atteggiamento che trovo anche nei più giovani». Che consiglio darebbe a un giovane che sta intraprendendo ora un percorso di attore o di regista? «Oggi un giovane non dovrebbe definirsi attore o regista, ma dovrebbe pensare in termini di passione. Per fare questo lavoro ci vuole una grande sete di cultura. E la cultura non ha specializzazioni. Bisogna conoscere la musica, il cinema, la pittura, leggere i giornali ed essere informati su quello che accade nel mondo. È tutto collegato. Non bisogna concentrarsi solo sul palcoscenico o dietro la macchina da presa, altrimenti si riducono i propri orizzonti. Bisogna essere preparati a tutto campo. Partecipare alla vita civile, seguire le vicende politiche. Il rischio altrimenti è essere esclusivamente “artisti” e pensare all’arte come la sublimazione della vita reale, come diceva Pirandello». A ottobre è uscita Suburra, la serie tv sugli scandali di Roma Capitale da lei diretta. Nel 1984 lei divenne famoso a livello internazionale interpretando la serie La piovra incentrata anch’essa sul crimine organizzato. Come è cambiata l’Italia da allora? E il modo di fare serie televisive? «Un legame c’è. Sono entrambe il racconto di come il bene viene contaminato dal male. Noi ci occupiamo dell’Italia perché viviamo qui, ma lo stesso meccanismo avviene in modo simile in tutto il mondo. Dai tempi de La Piovra l’Italia non è cambiata molto. Anche il modo di fare televisione non è diverso. In una cosa però è migliorata la televisione, c’è più libertà. Suburra attraverso una piattaforma come Netflix si esprime in modo più libero. Non solo nella materia, ma anche nella scelta degli attori, che non devono essere per forza famosi, per cui il regista non è costretto a prendere persone imposte dalla rete. Con una produzione Netlix possiamo trattare il legame tra chiesa, politica e malaffare, cosa che in altre televisioni è difficile da affrontare in modo così esplicito». In una sua recente intervista al “Corriere della Sera” ha dichiarato che il suo «viaggio di attore sta per finire» cosa intendeva? Sta forse pensando di ritirarsi? «Come attore lavorerò sempre meno al cinema. Non voglio più essere protagonista. Il mito dell’immagine mi ha stancato. Non credo di poter aggiungere altro ai film che ho già interpretato. Farò regie e mi dedicherò al teatro. Adesso sto girando con Piccoli crimini coniugali e sto progettando un nuovo Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello per lo Stabile di Catania. Credo che questa, ora debba essere la mia strada. Recitare al cinema mi ha stancato». Matteo Cavezzali
TEATRO
R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
21 CESENA
FORLÌ/1
Pinocchio secondo Latella
Haber è Il padre
Dall’11 al 14 gennaio al Bonci di Cesena va in scena il Pinocchio diretto da Antonio Latella. Una sfida coraggiosa che il neodirettore della Biennale Teatro di Venezia affronta insieme a Federico Bellini e Linda Dalisi con cui condivide il lavoro di scrittura. Nel suo adattamento per la scena, Latella si pone davanti al burattino di legno osservandolo con uno sguardo depurato dalle infinite interpretazioni che si sono stratificate per oltre un secolo, alla ricerca di una lettura inedita, che sveli, se possibile, quello che non si è ancora visto. Una rilettura in cui emerge tutta la drammaticità del rapporto tra Pinocchio e Geppetto.
Dal 7 al 10 dicembre, al Diego Fabbri di Forlì va in scena un testo profondo e delicato che parla del rapporto padre figlia e anche dell’invecchiamento e dello scivolamento di un uomo verso il declino dell’Alzheimer. Si tratta de Il padre di Florian Zeller, per la regia di di Piero Maccarinelli e con Alessandro Haber e Lucrezia Lante Della Rovere come protagonisti. La pièce ha debuttato nel settembre del 2012 al Hébertot Theatre di Parigi con Robert Hirsch, diretto da Ladislao Chollat e ha vinto il prestigioso Prix Molières nel 2014. L’opera è stata adattata per il grande schermo da Philippe Le Guay col titolo Florida.
CESENA E RIMINI
FORLÌ/3
Orsini in Copenaghen
L’albergo del comico scambio
Il 26 e 27 gennaio al Bonci di Cesena e dal 28 al 30 gennaio al Novelli di Rimini va in scena Copenaghen di Michael Frayn per la regia di Mauro Avogadro e l’interpretazione di Umberto Orsini per l’omonima compagnia. A diciotto anni dalla sua prima rappresentazione torna in scena uno spettacolo diventato ormai un classico del teatro. Sul “Corriere della Sera”, Franco Cordelli scrisse di Copenaghen: «È raro che un cronista di cose teatrali si arrischi a tanto; è raro che dica, senza mezzi termini, andate a vedere questo spettacolo, andatelo a vedere tutti, in specie voi che non andate mai a teatro, voi che lo detestate, o credete di detestarlo. Copenaghen è teatro di una semplicità disarmante e di una intensità espressiva senza pari».
Il 23 gennaio al teatro Testori di Forlì, per la rassegna Serale, arriva L’albergo del libero scambio tratta da Georges Feydeau, nella riscrittura di Davide Carnevali per la regia di Marco Lorenzi. Si tratta di uno dei grandi testi del teatro comico. Un affaire famigliare che, dal classico salotto borghese, si sposta ben presto nelle stanze e nei corridoi di un albergo: scambi di persona, situazioni strampalate, personaggi animati da una ridicola pulsione per il piacere e la ricchezza, sono le pedine di un gioco teatrale che si fa beffe della borghesia e delle sue aspirazioni più vanesie.
MELDOLA
FORLÌ E CATTOLICA
Miseria & Nobiltà di Sinisi
Due, o della vita di coppia
Il 6 dicembre alle 21, al Dragoni di Melola, la compagnia Elsinor porta in scena Miseria & Nobiltà, dal testo di Eduardo Scarpetta per la regia di Michele Sinisi. Un testo che rappresenta la festa del teatro, quanto di più “felice” un pubblico possa incontrare. Dalle platee Miseria & Nobiltà è poi migrato nel cinema, grazie al film di Mattioli, e nella tv creando veri e propri simboli e immagini vivide nella memoria collettiva. Totò (il Sciosciammocca più celebre) che mette in tasca gli spaghetti è divenuto una sorta di tatuaggio, materia di imitazione in gruppi di persone davanti al bar nella vita di tutti giorni. Miseria & Nobiltà è un mito, è un collante sociale.
Il 10 gennaio al teatro della Regina di Cattolica e dall’11 al 14 gennaio al Fabbri di Forlì va in scena Due di Luca Miniero e Astutillo Smeriglia. Raul Bova e Chiara Francini sono gli interpreti di una coppia che inizia una convivenza, un momento molto delicato. Che siano sposati o meno, etero oppure omo. Marco è alle prese con il montaggio di un letto matrimoniale, Paola lo interroga sul loro futuro di coppia mentre i due interpretano i personaggi che popolano le loro vite, rappresentati da sagome. Alla fine il palco sarà popolato da tutte queste sagome e dai due attori: l’immagine stilizzata di una vita di coppia reale, faticosa e a volte insensata.
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TEATRO
22
CLASSICI
SAN CLEMENTE
RIMINI/1
DOPO COSENTINO,
Da Shakespeare a Molière, passando da Pirandello
ANCHE LE FESTE IN SCENA
Non mancano i grandi classici sulle scene romagnole tra dicembre e gennaio incluso Shakespeare, da cui si comincia. Fino al 2 dicembre infatti, al Bonci di Cesena sarà in scena Richard II nella traduzione Alessandro Serpieri, per la riduzione e regia Peter Stein in una produzione del Teatro Metastio di Prato venerdì 1alle 17.30, la Compagnia incontra il pubblico e per progetto "Un invito al Teatro No limits": lo spettacolo di domenica 3 sarà audiodescritto per non vedenti e ipovedenti). Dall’Inghilterra alla Francia, Alessandro Benvenuti (foto in alto), dopo il successo de Il malato immaginario, porta in scena il suo L’avaro, al Goldoni di Bagnacavallo, il 12 gennaio. E non manca nemmeno Luigi Pirandello, naturalmente. Al Rossini di Lugo il 30 gennaio, Carlo Cecchi è autore dell’adattamente e interprete dell’Enrico IV, in uno spettacolo che porta in scena i grandi temi dell’autore siciliano come la maschera, l’identità, la follia e il rapporto tra finzione e realtà.
L’Otello di Lia Celi con Marina Massironi C’è Shakespeare nello spettacolo di mercoledì 13 dicembre al Novelli di Rimini, un testo dell’autrice comica riminese Lia Celi e interpretato da Marina Massironi (cone musiche dal vivo), e c’è l’Otello che in questo caso da tragedia e melodramma diventa un’esilarante cavalcata fra passioni e intrighi del Cinquecento e dell’Ottocento, con e pungenti irruzioni e divertenti cortocircuiti con l’attualità.
FAENZA
CONSELICE VENERE
IN PELLICCIA CON
MALOSTI
E IMPACCIATORE
TRE SPETTACOLI
Al Comunale di Conselice, per la stagione diretta da Ivano Marescotti, il 15 dicembre arriva Venere in pelliccia di David Ives, tratto dall’opera erotica di Lopold von Sacher-Masoch, con Sabrina Impacciatore e Valter Malosti. Lo spettacolo arriva per la prima volta in Italia in questo allestimento per la regia di Valter Malosti.
PER IL
“TEATRO
VICINO”
Ancora spettacoli per "Un teatro vicino" rassegna curata dal teatro dei Due Mondi alla Casa del Teatro di Faenza, in via Oberdan. Il 9 dicembre la Compagnia Nervitesi presenta L’ultima madre, viaggio in una Sardegna antica ma non troppo, il 13 gennaio è la volta di teatro Zigoia con La strada di casa, mentre il 20 gennaio i Due Mondi ripropongono Quelle ragazze ribelli, storie di coraggio. Attraverso le storie di Rosa, Teresa, Giulia, Malala, Shymaa, Paula, si parla di discriminazioni di genere e di razza, del dramma della guerra, dei soprusi verso i più deboli, di bullismo e della mancanza di libertà di espressione
BELLARIA
SOGLIANO IL NATALE
SECONDO
Tanti gli appuntamenti al teatro villa di San Clemente, nel riminese, tra cui l’1 dicembre Andrea Cosentino in Koterino riff - esercizi di rianimazione reloaded. Il 15 dicembre invece va in scena Carla e io di AiraudoMonticelli per uno spettacolo tra il comico e il musicale, il 22 dicembre si festeggia il Natale con Natale in Casa di Francesco Gabellini (anche a Sogliano il 23) e dopo Natale, anche lo speciale preCapodanno il 30 dicembre Le mille e una notte in maschera e racconti.
GIBELLINI, PIRANDELLO
INTERPRETATO DA
LO HUMOR NERO E “BRITISH ” DI ALAN BENNET
LO VERSO
A Sogliano sul Rubicone si celebra il Natale a teatro, il 23 dicembre con Natale in casa di Francesco Gabellini, in scena anche a San Clemente il 22. con Francesca Airaudo e Francesco Tonti. Dopo La Custode e Detector (in scena a Cesenatico), monologhi dello stesso autore, la coppia oramai consolidata trova in questo testo il terzo “atto” del personale omaggio allo scrittore riccionese. Dal monologo al dialogo, dunque, i due si confrontano attraverso un testo dai toni comici e dolci, tipici della penna di Gabellini. Il 20 gennaio, invece, andrà in scena un testo di Pirandello scritto però la narrativa: Uno, nessuno, centomila con protagonista Enrico Lo Verso (nella foto) che interpreta Vitangelo Moscarda facendolo diventare uomo di oggi, di ieri, di domani. Ed il testo diventa critica di una società che oggi, come cento anni fa quando fu concepito, tende alla partecipazione di massa a svantaggio della specificità dell’individuo.
SANTA SOFIA
CESENATICO
IL PALLAVOLISTA ZORZI E LOPEZ /SOLENGHI IN SALSA JAZZ
TRE MONOLOGHI PER AL COMUNALE
Due appuntamenti per tre generi diversi di teatro contemporaneo al teatro Mentore di Santa Sofia, a gennaio. Si comincia il 13 gennaio con La leggenda del pallavolista volante di e con Andrea Zorzi per la regia di Nicola Zavagli, una storia in cui si intreccia la carriera dell’atleta con la cronaca di un paese. Il 23 gennaio invece è la volta di Massimo Lopez e Tullio Solenghi in uno show accompagnato dalle musiche live della Jazz Company diretta da Gabriele Corneglio, per una comicità di sketch e imitazioni.
Tre appuntamenti al Comunale di Cesenatico per la rassegna “Naufràgi Teatri, tempeste, allegrie” con originali monologhi d’autore per sorridere e riflettere. Si comincia il 9 dicembre con Il vangelo secondo Antonio di Dario De Luca. Il 29 dicembre è la volta di Barba e capelli di e con Denis Campitelli, mentre il 13 gennaio Francesco Tonti intepreta Detector scritto da Francesco Gabellini.
NAUFRAGI
Il 3 dicembre alle 21.15 al teatro Astra di Bellaria Michela Cescon sarà protagonista dello spettacolo Talking Heads di Alan Bennett, per la regia di Valter Malosti. Michela Cescon, interprete tra le più premiate del panorama italiano, dà voce e corpo ad alcuni irresistibili brani tratti dalla seconda serie di Talking Heads, raccolta di commedie nere scritte da Alan Bennett, autoresimbolo del teatro inglese contemporaneo. Protagoniste di queste irriverenti e caustiche commedie sono quasi sempre donne: tutte a un punto di svolta, tutte alle prese con quel momento della vita in cui le loro esistenze, si squarciano e un’altra vita si rivela possibile.
TEATRO
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23 LETTERATURA/2
LETTERATURA/1A
Il classico di Palazzeschi in scena
La Sirena di Tomasi di Lampedusa con Zingaretti
Martedì 30 gennaio al Teatro della Regina va in scena un classico della letteratura, Sorelle Materassi di Aldo Palazzeschi con Lucia Poli, Milena Vukotic e Marilù Prati nell’adattamento di Ugo Chiti e per la regia di Geppy Gleijeses-
Il 16 gennaio allo Spazio Tondelli di Riccione va in scena, con Luca Zingaretti che ne cura anche la drammaturgia, lo spettacolo tratto dal magnifico racconto di Tomasi di Lampedusa La sirena su musiche di Germano Mazzocchetti, eseguite dal vivo da Fabio Ceccarelli.
MUSICA/1 IN SCENA I 40ENNI CON LA COLONNA SONORA DI Martedì 19 e mercoledì 20 dicembre alle 21, Claudio Tortora è interprete e autore di Nati 80… Amori e non al Comunale di Cervia (regia di Antonello Ronga). Una riflessione su una fascia di età, i 40enni, che per diversi motivi ha subito e subisce le tante evoluzioni in negativo che i nostri tempi hanno avuto sottolineata da una colonna sonora di grandi successi di Mina (tutti cantati live).
MUSICA/2 MINA
MADE IN ROMAGNA, PIANOBAR CON SCRITTORE FAENZA E FORLÌ
A
Al Fabbri di Forlì il 12 dicembre e il 27 gennaio al Masini di Faenza va in scena Made in Romagna, spettacolo che vede in scena lo scrittore casolano Cristiano Cavina (nella foto) insieme al musicista Vittorio Bonetti. Bonetti e Cavina provengono da due mondi diversissimi: il primo è di Alfonsine, in pianura, il secondo di Casola Valsenio, in mezzo agli Appennini, non solo Bonetti è l’alfiere del pianobar, quello suonato e cantato davvero, Cavina racconta storie per iscritto. Insieme raccontano la loro terra e le storie che la popolano usando le passioni di una vita, la musica e le parole. E la serata prevede che il pubblico possa fare richieste sulle canzoni da suonare.
LETTERATURA/3 MANZONI RILETTO DA SILVIO CASTIGLIONI Al teatro della Regina di Cattolica, per la rassegna “Salone Snaporaz”, il 19 dicembre va in scena Silvio Castiglioni con Storia della colonna infame, da Alessandro Manzoni per la regia di Giovanni Guerrieri, appendice ricostruisce la storia della distruzione di una famiglia. Nella scena un Professore recita il Manzoni con un’urgenza misteriosa, quasi a salvare la memoria di due vittime innocenti e scongiurare l’eventualità che si ripresenti lo schema perverso del capro espiatorio.
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TEATRO
24
L’ANNIVERSARIO
Marco Cavalcoli di Fanny&Alexander: «Noi e pochi altri gli ultimi dei Mohicani» Parla l’attore di punta della storica compagnia ravennate che compie 25 anni e fa Fèsta di Iacopo Gardelli
Marco Cavalcoli, classe 1970, è l'attore di punta dei Fanny&Alexander, compagnia ravennate che compie quest'anno i 25 anni di attività. Abbiamo ripercorso con lui un po' di storia e parlato del futuro. Per festeggiare questo anniversario facciamo un po' di amarcord. Come hai conosciuto Chiara Lagani e Luigi De Angelis? «Chiara e Luigi li ho conosciuti prima della fondazione dei Fanny& Alexander, quando ancora frequentavo il Liceo Classico. Poi, dopo la costituzione della compagnia nel '92, non mancarono occasioni d'incontro fra loro, il gruppo con cui lavoravo allora, la Compagnia del Druido, e altre giovani realtà teatrali del territorio, come il Teatrino Clandestino, i Motus e i Masque.» A quando risale il tuo ingresso nella compagnia? «Nell'estate del '97 partecipai alla Sinfonia majakovskijana prodotta dal Ravenna Festival, che vedeva assieme il Teatrino Clandestino e i Fanny& Alexander. Dopo quell'esperienza, mi chiesero di partecipare al loro spettacolo successivo, La felicità di tutti. Non ci siamo più mollati». Il tuo racconto dà l'impressione di una giovane scena teatrale in grande fermento. «Era un momento fertile, stavano nascendo quelli che sarebbero stati conosciuti come i gruppi degli anni '90. Non solo a Ravenna, ma a Rimini, Forlì, Bologna.» E oggi? «I gruppi giovani ci sono. A Ravenna gli ErosAntEros hanno pochi anni di vita, c'è il Teatro Onnivoro. Alcune cose stanno nascendo. Ma mi sembra che sia cambiata una situazione, il modo in cui il mondo, oggi, può accogliere una giovane compagnia.» C'è stata una chiusura degli spazi? «Sì. La chiusura di spazi è oggettiva, sul piano nazionale, ma credo che sia cambiata la prospettiva di chi comincia a fare questo lavoro. Già i gruppi degli anni Duemila, come i Menoventi o i nanou, sono nati con l'idea molto chiara che non ci sarebbe stato un futuro da grandi per loro. Noi forse potevamo ancora illuderci che il nostro percorso potesse essere quello della Valdoca, della Raffaello Sanzio, delle Albe; i più giovani, dopo di noi, hanno capito che quel tipo di carriera non esisteva più. Non c'è più la prospettiva di partire da una piccola compagnia e fondare un centro, un teatro stabile. Gli spazi sono stati più o meno tutti occupati». Come si supera questa difficoltà, secondo te?
Marco Cavalcoli, foto di Enrico Fedrigoli
«La confluenza di vari gruppi nella cooperativa e-production, nel 2012, è in fondo il tentativo di rispondere a questa saturazione unendo le forze. C'è ancora molta strada da fare, però c'è questo seme. In realtà come Ravenna, che ha da sempre investito sullo spettacolo dal vivo, o si ragiona in una logica di rete e di condivisione, oppure sei destinato a sbarrare la strada ad altri artisti.» Quando avete capito che potevate vivere di teatro? «Forse fu nel 1997, quando i Fanny&Alexander presentarono Ponti in core a Milano, durante la rassegna “Teatri 90” curata da Antonio Calbi. Quel festival fu la presentazione in società delle nuove compagnie degli anni '90. Ma i primi guadagni, qualcosa di paragonabile a un piccolo stipendio, arrivarono verso il 2000, quando Veltroni, allora ministro della cultura, decise di aprire una finestra per il finanziamento ministeriale di nuove compagnie di ricerca e innovazione». Una gavetta di quasi 7 anni prima di poter avere una sicurezza. «Che è durata pochissimo! Già dal 2001 c'è stato un riflusso, con costanti tagli ai fondi all'innovazione e alla ricerca. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: i festival chiudono, le stagioni si assottigliano, i linguaggi cambiano. Le giovani compagnie non possono più permettersi un linguaggio troppo radicale, perché non troverebbero spazio. Noi e pochi altri siamo gli ultimi dei mohicani. Stiamo uscendo
IL PROGRAMMA DA WEST ALLE FOTO DI HELIOGABALUS Il programma di Fèsta si apre con la presentazione de I libri di Oz l’1 dicembre alle 17.30, alla Biblioteca Classense di Ravenna. Sabato 2 dicembre alle 19, alla Sala Mandiaye N’Diaye/Teatro Rasi ci sarà la presentazione del libro Lame (Einaudi, 2017) di Gabriele Pedullà. Intervengono l’autore e il giornalista Matteo Cavezzali, alle 21, sempre al Rasi va in scena West di Fanny & Alexander con Francesca Mazza (Premio Ubu 2010 come Miglior Attrice). Sempre sabato 2 (dalle 15 alle 20) e domenica 3 dicembre (dalle 10 alle 15) ad Ardis Hall il laboratorio “Alphabet/Il colore si fa spazio” in cui gruppo nanou incontra Daniele Torcellini. Mercoledì 6 dicembre alle 20.30 al Cinemacity di Ravenna, Him 3D con Marco Cavalcoli. Venerdì 8 dicembre alle 19, all’Osteria del Pancotto Circolo IX Febbraio, Heliogabalus mostra fotografica di Enrico Fedrigoli con cena a buffet + incursioni di Menoventi e presentazione dell'audiodocumentario Là in zò.
«I festival chiudono, le stagioni si assottigliano, le giovani compagnie non possono più permettersi linguaggi troppo radicali
RIMINI IL PROGETTO ISPIRATO ALLA IN SCENA A DICEMBRE
adesso da questa situazione, lentamente. Ma abbiamo avuto lunghi anni di traversata nel deserto.» Quale progetto ricordi con più affetto in questa lunga traversata? «Stranamente il progetto al quale mi sono sentito più vicino, è stato Heliogabalus, in cui io non ero nemmeno in scena». Adesso abiti a Roma; Luigi si divide fra Belgio e Bologna; Chiara è a Ravenna. Questa distanza è una difficoltà? «Dal punto di vista creativo è una sorta di maturazione del percorso. Bisogna fare come le spore dei funghi! Dopo 25 anni di lavoro, ciascuno di noi è portatore di un percorso specifico, che condividiamo, ma che ognuno deve portare avanti autonomamente.» Questo è stato un bell'anno per voi. A settembre è arrivato a Chiara il Premio Speciale Riccione per l'innovazione drammaturgica. «Sì, un bell'anno. Quello è un premio importante, perché in Italia abbiamo un'idea precostituita di drammaturgia: si scrive un testo e lo si mette in scena, Punto. Ma la drammaturgia di Chiara è sempre stata innervata all'interno degli spettacoli, scritta durante le prove, paritetica a tutti gli altri elementi dello spettacolo. Questo riconoscimento è una bella soddisfazione e spero segni un allargamento delle nostre concezioni.» Come festeggerete questo anniversario nella vostra città? «I primi di dicembre, durante Fèsta, presenteremo alcuni nostri vecchi
FERRANTE
Fanny & Alexander sarà in scena a Rimini, al Novelli, il 20 dicembre nella produzione con Ateliersi Da parte loro nessuna domanda imbarazzante, un progetto ispirato a L’amica geniale di Elena Ferrante con Chiara Lagani e Fiorenza Menni, per la regia Luigi De Angelis. Le due attrici, in questa lettura, si fanno fisicamente attraversare dal testo di Elena Ferrante, la storia è “detta” dai loro corpi e lascerà su di loro un’impronta indelebile.
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cavalli di battaglia: il 2 dicembre West con Francesca Mazzi, al Rasi; il 6, Him al Cinemacity, con una proiezione in 3D». Darete veramente gli occhialini al pubblico in sala? Meraviglioso. «Penso proprio di sì! Poi presenteremo I libri di Oz (vedi articolo a pagina 38, ndr), una mostra fotografica di Enrico Fedrigoli all'Osteria del Pancotto di Gambellara; e durante i festeggiamenti ospiteremo un laboratorio di due giorni condotto dal gruppo nanou». Su cosa stai lavorando adesso? «Le novità sono uno spettacolo che ha debuttato al “Garofano Verde”, rassegna di teatro omosessuale curata da Rodolfo di Giammarco al Teatro India di Roma: Santa Rita & The Spiders from Mars, lavoro che accosta le figure di David Bowie e Paolo Poli sul filo conduttore del trasformismo. Poi sto lavorando coi Bluemotion, per la regia di Giorgina Pi, su un testo fondamentale di Caryl Churchill, Settimo Cielo, per la prima volta sulle scene italiane.»
TEATRO
R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
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RAVENNA/1
RAVENNA/2 DON MILANI ALL’ALIGHIERI ELLA E ZARATHUSTRA OLTRE L’ABBONAMENTO
Il nuovo spettacolo del teatro delle Albe contro la corruzione Dopo l’anteprima a Modena, debutta all’Alighieri di Ravenna la nuova produzione del Teatro delle Albe, in scena da giovedì 7 a giovedì 14 dicembre (pausa lunedì 11) e che sarà invece in scena a Cesana al Bonci ai primi di marzo. Lo spettacolo si intitola Va pensiero, è firmato da Marco Martinelli e vede in scena Ermanna Montanari, Luigi Dadina, Alessandro Argnani, Roberto Magnani, Laura Redaelli, Alessandro Renda, Salvatore Caruso, Tonia Garante, Mirella Mastronardi, Ernesto Orrico per una produzione Emilia Romagna Teatro e Teatro delle Albe/Ravenna Teatro. In questo caso, Martinelli si ispira a un fatto di cronaca per raccontare come la corruzione dell’Italia di oggi abbia soppiantato gli ideali risorgimentali inscritti nella musica di Giuseppe Verdi: il vigile urbano di un paesello della Bassa Romagna si fa licenziare pur di mantenere la propria integrità di fronte agli intrecci di mafia, politica e imprenditoria collusa capace di avvelenare il tessuto sociale della regione che ha visto nascere il socialismo e le prime cooperative. Diretto da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, il lavoro prevede, accanto all’ensemble delle Albe, il coro guidato da Stefano Nanni che eseguirà dal vivo arie e corali dalle opere verdiane.
Per la stagione di prosa dell’Alighieri giovedì 25 gennaio (in replica fino 28) va in scena Lorenzo Milani, spettacolo di Stefania Marrone dedicato al grande pedagogo nel rapporto con la madre non credente. Due appuntamenti “oltre l’abbonamento” a Ravenna per la Stagione dei Teatri. A Vulkano (San Bartolo), sabato 16 e domenica 17 dicembre va in scena Ella di Herbert Achternbusch (traduzione Luisa Gazzero Righi) con Maurizio Lupinelli e la regia di Eugenio Sideri (ai due si deve anche l’ideazione) per produzione Nerval Teatro Herbert Achternbusch è pittore, poeta, attore di teatro, sceneggiatore, regista, racconta storie di “ordinaria follia quotidiana” spesso autobiografici. Maurizio Lupinelli porta in scena Ella, madre tenuta ai margini della società. Al Rasi, invece, il 16 gennaio è la volta di Morte di Zarathustra, per la drammaturgia e regia Clemente Tafuri, David Beronio, con Luca Donatiello, Francesca Melis, Alessandro Romi, Felice Siciliano, produzione Teatro Akropolis. Teatro Akropolis nasce dal sodalizio artistico tra artisti interessati alle questioni di matrice filosoficoletteraria. In questo spettacolo l’indagine parte dagli studi di Nietzsche sulla nascita della tragedia e l’abbandono dei riti dionisiaci e di come questo abbia segnato la storia dell’uomo.
Alessandro Argnani in una scena di Va pensiero in uno scatto di Silvia Lolli
EVENTI COLLATERALI TAVOLE
ROTONDE E INCONTRI
A corollario dello spettacolo Va pensiero, il teatro delle Albe ha organizzato una serie di incontri ed eventi collaterali a Ravenna sul tema dell’infiltrazione mafiosa. Martedì 5 dicembre alle 18, alla Fraternità San Damiano “Voci ed esperienze contro le mafie a Ravenna” . Sabato 9 dicembre olle 18, alla sala Corelli del teatro Alighieri, incontro con la Compagnia e presentazione del numero venticinque della rivista “Culture Teatrali“, insieme a Claudio Longhi (regista e direttore di Emilia Romagna Teatro) e Marco de Marinis (docente di Storia del teatro e dello spettacolo al Dams di Bologna). Giovedì 14 dicembre alle 18, alla sala Corelli dell’Alighieri “Istituzioni e cittadini: riflessioni sulla legalità”con Michele de Pascale (Sindaco del Comune di Ravenna), Andrea Giacomini (Comandante della Polizia Municipale di Ravenna), Marco Martinelli, Massimo Mezzetti (Assessore regionale alla Cultura e alle politiche per la Legalità), Ermanna Montanari e Donato Ungaro (ex vigile urbano del Comune di Brescello).
RICCIONE LIVE PAINTING DI GIUSEPPE PALUMBO PER RACCONTARE LA STORIA DI PABLO
ESCOBAR
Uno spettacolo sui temi della legalità è in programma anche allo Spazio Tondelli di Riccione, il 15 dicembre alle 21.30 va in scena Escobar. El Patròn su testo di Guido Piccoli con il live painting di Giuseppe Palumbo e la voce recitante di Dany Greggio, musiche dal vivo degli Amycanbe. A seguire conversazione con Guido Piccoli, Gian Guido Nobili. Don Pablo, il Capo, il Duro, il Mago, lo Zar della cocaina, il Signore del male… La lista dei soprannomi di Pablo Emilio Escobar Gaviria potrebbe continuare all’infinito, come l’elenco dei suoi innumerevoli mandati di cattura. Del resto “El Patrón”, come lo chiamavano i suoi sudditi colombiani, a quasi venticinque anni dalla morte resta ancora il narcotrafficante più famoso del pianeta. Spettacolo promosso dall’Osservatorio sulla criminalità organizzata e per la diffusione di una cultura della legalità della Provincia di Rimini. Iniziativa realizzata con il contributo della legge regionale dell’EmiliaRomagna. Ingresso libero.
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R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
TEATRO
26 SANTA SOFIA E FAENZA
Come nacque la fisica quantistica Il 2 al teatro Mentore di Santa Sofia e il 3 dicembre al Ridotto del Masini di Faenza va in scena 1927 Monologo quantistico di e con Gabriella Greison in cui racconta con foto, musica e video, i fatti più sconvolgenti, misteriosi, divertenti, umani che hanno fatto nascere la Fisica Quantistica, partendo dalla famosa foto, datata 1927, in cui sono ritratti in posa 29 uomini, di cui 17 erano o sarebbero diventati Premi Nobel.
RIMINI E RUSSI
Belle bandiere in scena tra Francia e Germania Doppio appuntamento con la compagnia di base a Russi Le Belle Bandiere con Elena Bucci e Marco Sgrosso. Dal 5 al 7 dicembre al Novelli di Rimini sarà di scena infatti Le relazioni pericolose conto aperto tra la marchesa di Merteuil e il visconte di Valmont ovvero lettere raccolte tra un gruppo di persone e pubblicate a scopo di istruirne alcune altre, tratto dal romanzo di Laclos. Mercoledì 6 dicembre alle 17 gli artisti incontreranno il pubblico nella Sala del Ridotto con Serena Macrelli e Maria Carla Casadei. Martedì 9 gennaio saranno invece nella loro Russi con Prima della pensione, ovvero cospiratori, una commedia di Thomas Bernhard per una produzione Emilia Romagna Teatro.
FORLÌ MONI OVADIA CAMILLERI
BAGNACAVALLO
Il “Cristo dell’Amiata” di Cristicchi Giovedì 14 dicembre alle 21 al Goldoni di Bagnacavallo va in scena Simone Cristicchi con lo spettacolo dal titolo Il secondo figlio di Dio. Vita, morte e miracoli di David Lazzaretti di cui il cosiddetto “cant’attore” è anche autore. La storia narrata è ispirata alla vicenda incredibile, ma realmente accaduta, di David Lazzaretti, detto il “Cristo dell’Amiata”.
LONGIANO
DI
BERGONZONI E SANDRELLI IN ANTEPRIMA AL PETRELLA
Il 31 gennaio al Fabbri di Forlì, Moni Ovadia interpreta il racconto di Andrea Camilleri Il casellante, per la regia di Giuseppe di Pasquale. Si tratta di uno dei più struggentemente divertenti del ciclo cosiddetto mitologico e narra la vicenda di una metamorfosi.
Due prime importanti al teatro Petrella di Longiano. Il 7 dicembre debutta il Tango del Marinaio di Giovanni Clementi con Amanda Sandrelli, storia di un padre, barbiere provetto nel Barrio (quartiere) de La Boca. Venerdì 26 gennaio alle 21 sarà invece la volta dell’anteprima del nuovo spettacolo di Alessandro Bergonzoni
È IL CASELLANTE
RIMINI
CATTOLICA
Dal Mistero Buffo interpretato da Mario Pirovano al dolore del ricordo per Lucia Calamaro
PASCAL RAMBERT AL SALONE SNAPORAZ
Giovedì 25 gennaio alle 21, al Novelli di Rimini, torna in scena il capolavoro di Dario Fo Mistero Buffo, con Mario Pirovano in una Produzione Compagnia Teatrale Fo-Rame diretta da Jacopo Fo. Dario Fo, Premio Nobel per la letteratura del 1997, ha condotto per anni ricerche sulla cultura popolare, indagando su testi in lingua volgare che ha tradotto e riadattato, fino a dare loro una versione teatrale con la forma delle cosiddette “giullarate”. I giullari recitavano nei mercati, nelle piazze, nei cortili e talvolta addirittura nelle chiese. E di giullarate è composto Mistero buffo, lo spettacolo più famoso di Dario Fo, oggi considerato un classico della letteratura teatrale del ‘900. Il narratore-giullare, Mario Pirovano, storico traduttore e interprete dei monologhi di Fo, propone quattro delle più appassionanti giullarate dello spettacolo: La fame dello Zanni, storia di una fame atavica attraverso sproloqui e contorsioni da funambolo, La Resurrezione di Lazzaro, vissuto come grande happening del tempo, Il Primo Miracolo di Gesù Bambino, racconto poetico tratto dai Vangeli apocrifi e Bonifacio VIII. Sempre al Novell il 18 gennaio, in scena uno spettacolo scritto e diretto da Lucia Calamaro: La vita ferma. Sguardi sul dolore del ricordo (dramma di pensiero in tre atti). Tre protagonisti in scena per un dramma di pensiero. Un racconto che accoglie, sviluppa e inquadra il problema della complessa, sporadica e sempre piuttosto colpevolizzante, gestione interiore dei morti, il loro modo di esistenza in noi e fuori di noi. Di Lucia Calamaro ha scritto Christian Raimo: «È la migliore scrittrice italiana vivente; o se non vogliamo essere così apodittici, è una dei migliori autori italiani viventi».
CESENA
Humanoptère, capodanno funambolico Il nuovo lavoro di Dazin con sei giocolieri ispirato a Sisifo Da giovedì 28 a domenica 31 dicembre, ore 21, il Bonci di Cesena celebra la fine dell’anno con uno spettacolo che mescola tecniche circensi e danza. Nella sua nuova creazione, Humanoptère, infatti, Dazin indaga il concetto di lavoro attraverso le tecniche circensi, e lo fa attraverso un linguaggio dal forte impatto emotivo. Per questo lavoro l’artista si ispira al mito di Sisifo, noto per essere, tra quelli mortali, il personaggio della mitologia greca più scaltro e anche il meno scrupoloso. L’assurdità del movimento che si ripete ciclicamente e a vuoto, si traduce sul palco in uno spettacolo ad alto tasso di precisione coreografica e ritmica, che Dazin ha realizzato facendosi accompagnare in scena da sei giocolieri.
Martedì 16 gennaio per “Salone Snaporaz” al teatro della Regina di Cattolica va in scena L’arte del teatro di Pascal Rambert. Regista, drammaturgo e coreografo francese, Rambert è uno degli artisti teatrali più talentuosi e apprezzati della scena contemporanea. In L’arte del teatro un attore spiega al suo cane in cosa consista l’arte dell’essere attori e la sua amarezza per un mestiere in cui non trova più la scintilla, per un teatro che avverte ormai malato, da riscoprire invece nei suoi aspetti più autentici.
TEATRO
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CESENA
COMICO
Beppe Grillo torna sul palco al Vidia con Fake
Horny a Faenza
Il 2 dicembre Antonio Ornano porta in scena al Masini di Faenza Horny, ideale prosecuzione di Crostatina Stand Up
Ricette d’amore a Faenza e Meldola Il 18 gennaio al Dragoni di Meldona e il 19 gennaio al Masini di Faenza e il Maria Pia Timo, Cinzia Berni e Beppe Convertini sono protagonisti della commedia Ricette d’amore per la regia di Diego Ruiz
Vito in scena a Forlì L’1 dicembre Vito e Claudia Penoni sono in scena con Adamo e Deva al Fabbri di Forlì
Ritorna nelle vesti di autore e inteprete comico con lo spettacolo Fake il fondatore del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo. In Romagna sarà al Vidia di Cesena il 27 gennaio, “Fake news” è un’espressione inglese traducibile in italiano con “notizie false”. Beppe Grillo affronterà i temi più caldi di questi mesi, dalle fake news appunto, agli inganni della percezione, in un mondo dove è sempre più difficile distinguere il vero dal falso.
COTIGNOLA Cirilli in scena a Cervia e Forlì 2 donne in fuga a Cervia Il 30 e il 31 gennaio al Comunale di Cervia Marisa Laurito e Iva Zanicchi sono 2 donne in fuga, commedia di Pierre Palmade e Cristophe Duthuron
Al teatro Fabbri di Forlì il 26 gennaio e al Comunale di Cervia il 27 e 28 gennaio alle 21 è di scena Gabriele Cirilli con #TaleEQualeAMe… Again regia di Gabriele Guidi
TRA
CONSUMI E PRECARIETÀ
Il 20 e 21 gennaio al Binario di Cotignola si apre la stagione con Agrodolce di Claudio Batta e Riccardo Pieri per una riflessione ironica sull’attuale società dei consumi. Il 28 gennaio invece alle 17.30 Alessandra Faiella e Francesca Puglisi sono le protagoniste di Ccà nisciuno è fisso, l’era della precarietà.
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ARTE
A destra: New York City, 2000; a sinistra: Prado Musem, Madrid 1995 Sotto: New York City, 1953
LA RECENSIONE
Erwitt, tra attimi fuggevoli e humor La bella mostra del grande fotografo ai Musei di San Domenico di Forlì, fino al 7 gennaio di Serena Simoni
Otto libri fotografici sul tema dei cani, realizzati nel corso di vari decenni di vita professionale: poteva bastare per essere indecisi se andare a vedere la mostra dedicata a Elliott Erwitt a Forlì, uno dei grandi maestri della fotografia che è entrato a far parte della mitica Magnum Photos nel 1953. Motivi sufficienti questi per andare. La sorpresa è che le foto in mostra sono veramente belle, anche quelle dedicate ai cani. Si rende quindi necessaria una breve introduzione sull’artista, oggi novantenne: Erwitt è nato nel 1928 a Parigi da genitori ebrei di origine russa e fino all’età di 10 anni ha vissuto in Italia da cui si trasferisce negli Stati Uniti a causa delle leggi antisemite. A Los Angeles nel ’41 studia fotografia al College ma è a New York alla fine del secondo conflitto mondiale che inizia la sua carriera grazie all’incontro con Edward Steichen, Robert Capa e Roy Stryker che lo sostengono e gli forniscono le prime commissioni. Chiamato alle armi, nel 1951 parte per l’Europa come fotografo al servizio dell’esercito: un colpo di fortuna a sentire Erwitt, che paragona quel periodo alla sfortuna dei commilitoni che devono prestare servizio in Corea. A Verdun conosce la sua prima moglie, fotografata assieme al figlio neonato in un interno spoglio, sopra a un letto: l’immagine risulta tenera, ben tagliata, e le due figure sembrano sorprese nell’attimo di un’imprendibile intimità (New York City, 1953). In questa immagine domestica, inserita senza segnalazione fra le tante in mostra, si condensano le poche e chiare regole della poetica di Erwitt che considera la fotografia «la sintesi di una situazione, l’istante in cui tutto combacia». Nella fotografia si cattura l’ideale fuggevole – il momento ad esempio di tenerezza emozionale fra la madre e il bambino – che, nonostante la casualità del momento, è ciò che l’artista ricerca e vuole fin dall’inizio.
Personae. Elliott Erwitt, fino al 7 gennaio 2018, Forlì, Musei San Domenico; orari: mave 9.30-18.30; sa-do e festivi 10-19; 24 e 31 dicembre: 9.30-13.30; chiuso lunedì, 25 dicembre e 1° gennaio.
L’esecuzione è per questo affidata al bianco e nero che, secondo Erwitt, permette meglio del colore di «arrivare all’essenziale». Per queste ragioni la prima parte della mostra a Forlì è affidata completamente agli scatti in bianco e nero dell’artista, una tecnica difficile da calibrare ma adatta a catturare l’attimo fuggevole. La stessa consapevolezza viene manifestata da Erwitt nell’uso del colore, a cui è affidato più che altro il lavoro e le immagini in cui l’informazione gioca un ruolo più evidente. Le immagini a colori – del tutto inedite fino a poco tempo fa – vengono esposte nella seconda parte della grande retrospettiva di Forlì, selezionata sulla base delle indicazioni date da Erwitt alla curatrice Biba Giacchetti. Tornando alla bella foto della famiglia fatta nel ’53 c’è da notare che appartiene a quella casistica di eventi
che Erwitt giudica «miracolosi» perché possono capitare in qualsiasi momento e luogo, anche nel mezzo di un servizio commerciale. Per quanto frutto di uno di questi rari momenti regalati dal destino, la fotografia in questione non possiede alcune delle caratteristiche del modo di operare di Erwitt come il potente registro ironico che egli usa in numerose altre immagine. Lo humour è invece evidente nelle immagini in cui vengono contrapposti gli stili dei due generi maschile e femminile – còlti mentre guardano in un museo (Prado Museum, 1995) o mentre reagiscono per strada, davanti a un esibizionista (NYC 1989) – o dove gli esseri umani imitano pedissequamente le azioni altrui (Versailles, 1975). Talvolta, a far sorridere sono alcuni espedienti quasi surrealisti come nelle sovrapposizioni di vegetali a parti intime umane (Nicaragua 1957) o nel
cogliere una sorta di dialogo fra un’anziana e un manichino (Las Vegas 1954). Lo stesso sguardo sagace riappare nelle frequenti immagini dedicate agli amici a quattro zampe, che Erwitt dichiara di aver iniziato per caso, quando gli viene commissionato dal New York Times Sunday Magazine un servizio di moda sulle calzature femminili. La decisione è di immortalare le scarpe dal punto di vista canino, quello che appare più professionalmente vicino all’oggetto del servizio. Nel tempo saranno otto i libri di foto dedicati ai cani che fanno comprendere la simpatia del fotografo nei confronti di questi animali giudicati divertenti ma anche ambiguamente antropomorfici, nel senso di quel quid che essi manifestano e condividono con la razza umana. Che portino cappelli buffi sopra a uno sguardo strabico (NYC 1974) o campeggino come
padroni nel salotto di casa davanti ad un caminetto signorile (London 1966), che ansimino davanti ai piedi curati della loro padrona (NYC 1946) o si sostituiscano nelle fattezze al padrone, seduto davanti ai gradini di casa (NYC 2000), i cani di Erwitt attirano la simpatia e la risata degli spettatori non solo per le situazioni in cui sono inseriti ma per il loro essere uno schermo su cui proiettare letture ed emozioni. Catturare il momento è talmente essenziale che molte immagini – ironiche o romantiche, preparate sul set o no – racchiudono una potenza tale da sedimentarsi nell’immaginario collettivo e in qualche modo determinare lo sguardo degli spettatori. Più si guardano le foto, più sembra di averle già viste, più ricordano qualcosa: è ciò che accade guardando le coppie danzanti davanti alla Tour Eiffel (1989), la luna apparentemente sospesa sopra a un monumento a Berlino (1955) o la coppia riflessa in uno specchietto retrovisore di un'auto, mentre si scambia effusioni (Santa Monica, 1955). Più intuibile è la sensazione del déjà vu davanti alle fotografie di alcuni protagonisti del cinema o della storia: Marilyn Monroe, Frank Sinatra insieme ad una bellissima Mia Farrow, Sofia Loren o Jacqueline Onassis, ripresa mentre assiste devastata ai funerali del marito, Andy Warhol o Nixon all'incontro con Khrushchev (1959), Che Guevara o Fidel Castro. Eppure, al di là della fama dei protagonisti di quegli anni – dai ’60 agli ’80 – sono alcuni scatti anonimi a sembrare più indimenticabili. In questo caso, si esce dalla mostra di Forlì ricordando un’elegante figura femminile che si staglia sullo sfondo di New York vista dall’alto in mezzo alla nebbia (1955) o la danza improvvisata di una coppia in una povera cucina di Valencia in Spagna (1952), immagini che nonostante la dimensione dell’attimo conservano un forte potere narrativo. Indimenticabili anche alcune immagini dedicate ai bambini: da quelli impacciati negli abiti da ballo degli adulti (NYC 1977) ad altri di colore, che giocando si puntano una pistola giocattolo alla tempia (Pittsburg 1950), oppure altri del sud, che guardano attraverso il buco frammentato di un vetro di una corriera (Colorado 1955) lasciando allo spettatore il dubbio che quella ragnatela di frantumi sia già una metafora delle loro piccole vite.
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ARTE
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CESENA Dal diario di famiglia alla cartografia sensibile: il gennaio di C31 di Sabina Ghinassi
Un po’ galleria, un po’ laboratorio/officina delle arti, un po’ palestra umanistica neo rinascimentale e insieme contemporanea, Corte Zavattini 31, il cuore stanziale di Calligraphie a Cesena, riserva per i mesi di dicembre e gennaio 2018 una serie di appuntamenti/indizi interessanti da seguire in una prospettiva di pensiero sistemico, rizomatico e liquido, in grado di misurare la temperatura di un orizzonte culturale sempre più allargato in termini di creatività, di promozione degli artisti e di quella costellazione creativa che unisce musica, arti performative, pratica estetica. Si inizia sabato 16 dicembre dalle 17 con il finissage della personale dell’artista Felix Schramm, durante il quale il collettivo marchigiano di musicisti/artisti The Faccions presenta la performance Campane-Concerto per acqua e percussioni. Durante la stessa serata sarà inaugurata la Micro Collezione Permanente di C31 e uno spazio speciale sarà dedicato alla presentazione del nuovo progetto for mativo/esperienziale di C31: Art Factory, il percorso di alternanza scuola/lavoro di progettazione, gestione e comunicazione degli eventi culturali destinato agli studenti del Liceo Classico “V. Monti” di Cesena, realizzato in rete con lo stesso Liceo, con il Comune di Cesena e col Progetto Giovani. Il 13 gennaio 2018 alle 17, sempre a C31, inizia la nuova ricognizione di Cristallino Cantieri. I temi indagati nella nuova edizione sono i Simboli Politici, attraverso una traiettoria divergente rispetto alla consuetudine dell’attualità e destinata a far emergere la reale complessità simbolica del termine politico, privandolo di connotazioni ideologiche e reinserendolo in una declinazione insieme etica ed estetica, attraverso l’opera di alcuni artisti (uno straniero e un italiano) e una ricca serie di iniziative. La prima mostra è Heimat (diari familiari) della rumena Mária Chilf e dello scultore cesenate Maurizio Battaglia. Entrambi gli artisti, molto differenti per linguaggio, operano in direzione di decodificazione della nostra identità (esperienziale e politica) e della nostra genesi, attraverso steli, documenti connotati da distanza storica, affettiva e insieme geopolitica. Chilf espone la serie Tranzitory Objects, nata grazie al ritrovamento fatale di un prezioso abito da gala della nonna materna (che aveva lo stesso nome dell’artista) che diventa il dispositivo di innesco per una riflessione poetica profonda sulla relazione tra storia personale e collettiva. Analogamente Battaglia parte da un’abitazione di famiglia per stabilire, attraverso una serie di sculture ossidate, una sorta di geologia familiare, intreccio tra microstoria e macrostoria. Sulla stessa linea di ritrovamento “politico” di paesaggi, questa volta fisici, si pone il workshop dell’artista romana Roberta Caldaro (20-21 gennaio) che con Cartografia sensibile, propone un’indagine sul paesaggio, una forma di classificazione di spazio e tempo che passa per l’esplorazione dei luoghi attraverso la fotografia, il disegno e la scrittura, per arrivare alla restituzione dell’esperienza in un grande tabloid finale. Lo stesso solco è rintracciato anche dalla presentazione del volume Nuove Immagini, illese del curatore e gallerista Rodolfo Gasparelli che, domenica 18 gennaio alle 18, racconta, insieme a Gianruggero Manzoni e Roberta Bertozzi, il suo lavoro intorno a un’idea di arte che ponga una questione politica rispetto ai propri tempi.
FAENZA
Residenza d’artista in mostra al Mic Le opere di Ornaghi&Prestinari, in collaborazione con il Carlo Zauli
Il 14 gennaio al
Sono esposte al Mic di Faenza fino al 7 gennaio le opere in ceramica di Ornaghi &Prestinari realizzate durante la loro residenza d’artista a Faenza di sei mesi. I due artisti sono i vincitori del Bando “MCZ Residenza d’artista Faenza 2017“, promosso da Museo Carlo Zauli e Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza con il sostegno di SIAE, Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura. In mostra al Mic, oltre all'opera “Cocci” (nella foto) nata dopo le visite ai depositi, saranno presenti tre sculture pensate per dialogare con la collezione dei bianchi di Faenza. «Le opere in mostra riassumono il nostro viaggio all'interno del mondo della ceramica faentina – raccontano gli artisti – e raccolgono una pluralità di visioni sullo stesso materiale, tante anime che non abbiamo voluto condensare in un unico elemento. Restituiscono un insieme frammentario, racconti, micro-cosmi, cose che instaurano relazioni tra loro e con l'uomo, che fanno parte di una teatralità ironica e domestica. Poesie visive, processi combinatori per costruire ritratti. Oggetti creati dalla terra, vasi e contenitori, che raccontano della vita dell'uomo. Residui frammentari, riflessioni e intuizioni che derivano da un vissuto personale, scenari di intimità. Abbiamo lavorato sulla dimensione pittorica della scultura e sulle possibilità offerte dal materiale». Nati a Milano, lavorano insieme dal 2009, e fino ad ora non si sono mai confrontati con la ceramica. Residenza e mostra porteranno ad una pubblicazione che includerà immagini del periodo di residenza, e delle opere, oltre ad una intervista agli artisti di Matteo Zauli, direttore del MCZ e Irene Biolchini, guest curator Mic. Il catalogo verrà presentato al Museo Carlo Zauli il 18 dicembre in presenza di artisti e critici.
via la nuova ricognizione di Cristallino Cantieri con Mária Chilf, Maurizio Battaglia e Roberta Caldaro
Corte Zavattini 31 – Cesena (ingresso via Manara Valgimigli / via Salvatore Quasimodo), Info: www.cristallino.org • www.cortezavattini31.com 339 2783218 • calligraphie@calligraphie.it
FORLÌ
XI comandamento: le opere di Mustafa Sabbagh In corso fino al 14 gennaio, inaugurata in occasione della XIII Giornata del Contemporaneo, ai Musei San Domenico la seconda tappa dell’antologica di Mustafa Sabbagh “XI Comandamento: Non dimenticare”, di cui l’artista firma anche la curatela. In mostra, oltre ad un nucleo iconico di opere fotografiche e video, due percorsi filologicamente distinti all’interno dei Musei. Il primo occupa la Chiesa di San Giacomo, dove prende forma l’installazione ambientale che accoglierà l’inedito ciclo pittorico di Sabbagh. Il secondo, nelle sale dei Musei San Domenico, nasce in seno alle celebrazioni per il bicentenario della creazione dell’Ebe di Canova, simbolo artistico di Forlì. Satelliti e suggelli, la Fondazione Dino Zoli e la Galleria Marcolini accoglieranno infine due installazioni concepite appositamente da Sabbagh assecondando la natura di questi spazi. La mostra sarà visitabile negli orari di apertura dei Musei San Domenico e sarà inclusa nel biglietto d'ingresso dei Musei Civici (San Domenico + Palazzo Romagnoli).
R&DCULT dicembre 2017 gennaio 2018
ARTE
32 BAGNACAVALLO E RAVENNA
Al via la seconda biennale dell’incisione Dedicata a Giuseppe Maestri, presentazione del Repertorio digitale Si aprirà sabato 16 dicembre al Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo, la seconda edizione della Biennale di incisione “Giuseppe Maestri”, manifestazione artistica di portata nazionale dedicata all’incisore e torcoliere Giuseppe Maestri, figura di spicco dell'ambiente culturale ravennate scomparso qualche anno fa. La Biennale, organizzata dai comuni di Bagnacavallo e Ravenna, intende valorizzare un linguaggio artistico di grande tradizione, tecnicamente sofisticato e ricco di grandi potenzialità espressive, come l'incisione. Il calendario di eventi artistici si svolgerà, come nell’edizione precedente, tra Bagnacavallo e Ravenna, unendo così idealmente i due luoghi che sono più strettamente legati all'attività di Maestri, anche in una logica di sinergia e di integrazione delle realtà culturali della provincia. La Biennale prenderà il via sabato 16 dicembre alle 16 con la presentazione pubblica del Repertorio digitale dell’incisione italiana contemporanea (www.repertoriobagnacavallo.it), uno strumento conoscitivo online realizzato in collaborazione tra il Museo Civico delle Cappuccine e l’Ibc Emilia-Romagna che si prefigge lo scopo di offrire al pubblico uno spaccato il più possibile completo dell’incisione contemporanea in Italia. Si tratta di una risorsa digitale di rilevanza nazionale, che presenta le schede di più di 1.500 incisori italiani e più di 11mila schede di opere incisorie, oltre che risorse aggiuntive come la mappatura dei premi artistici in Italia dedicati all’incisione, informazioni sulle tecniche incisorie ed altre informazioni. A seguire, sempre al Museo Civico delle Cappuccine, si svolgerà l’inaugurazione del Premio per giovani incisori | Bagnacavallo #2017, concorso artistico che con l’esposizione di circa cinquanta opere selezionate Contemporaneamente sarà aperta al pubblico la mostra “La donazione Zunica. Opere di Virgilio Guidi, Ernesto
Treccani, Tono Zancanaro e altri maestri del '900”, con più di sessanta preziose opere incisorie recentemente acquisite dal Gabinetto delle Stampe di Bagnacavallo. La sezione ravennate della Biennale si aprirà sabato 20 gennaio alle ore 11.30, alla Biblioteca Classense di Ravenna, con l’inaugurazione della mostra “L’opera grafica di Cristiano Vettore”, in cui saranno esposte le migliori opere grafiche realizzate dal vincitore dell’edizione 2015 del Premio per giovani incisori. Nel pomeriggio, alle 17, la Biennale entrerà nel vivo con l’apertura, al Museo d’Arte della Città di Ravenna (dove fino al 7 gennaio è in corso la grande mostra dedicata alla scultura in mosaico), dell’evento principale, il Premio di incisione «Giuseppe Maestri»2017; nelle sale del museo ravennate saranno presentate le opere realizzate appositamente per questo evento da una trentina di artisti ritenuti tra i più significativi attualmente in attività in Italia. Nell’occasione si svolgerà la cerimonia di assegnazione dei premi e dei riconoscimenti previsti sia dal Premio ravennate che dal Premio bagnacavallese dedicato ai giovani incisori. Il comitato scientifico della Bienntale è composto da Ermes Baioni (incisore e collaboratore del Gabinetto delle Stampe di Bagnacavallo), Marzia Faietti (coordinatrice Dipartimento Educazione e Ricerca e del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi), Diego Galizzi (direttore del Museo Civico delle Cappuccine) e Maurizio Tarantino (direttore dell’Istituzione Biblioteca Classense e del Museo d'Arte della Città di Ravenna). Tutte le mostre previste dalla Biennale, a Bagnacavallo e a Ravenna, rimarranno aperte, secondo i normali orari di apertura delle istituzioni ospitanti, fino a domenica 18 marzo 2018. Info: Museo Civico delle Cappuccine, via Vittorio Veneto 1/a, Bagnacavallo. Tel 0545 280911, gabinettostampe@comune.bagnacavallo.ra.it
CESENA FINISSAGE
RAVENNA IN
MALATESTIANA
PER
FRAGILIS MORTALITAS
AL MUSEO
RENATO SERRA
A Cesena, alla casa museo Renato Serra prosegue Fragilis mortalitas, terza edizione con opere dii Erich Turroni e Mattia Vernocchi e proseguono gli eventi collaterali: sabato 9 dicembre Davide Brullo, presentato da Gianfranco Laureatane, parlerà della plaquette Lettere di Montale a Manara Valgimigli (De Piante editore, 2016) e letture natalizie; domenica 7 gennaio appuntamento musicale con il duo Sebastiano e Michelangelo Severi dedicato alla musica romantica. In conclusione, sabato 27 gennaio nella Sala Lignea della BIblioteca Malatestiana di Cesena, finissage con un reading di poeti legati alla rivista trimestrale di Arte & Letteratura "GRAPHIE" e visita finale alla mostra a casa Museo Serra accompagnati dalla Banda Città di Cesena.
LONGIANO LIBERO D’ARTISTA
A CURA DI
GIUSEPPE APPELLA
A Longiano, alla Fondazione Balestra, fino al 31 gennaio, si svolge la rassegna “Il libro d’artista, ovvero l’arte del libro, nata nel nome di Tito Balestra. L’esposizione 2017 è a cura di Giuseppe Appella e accoglie tra gli altri il capolavoro Ossip Zadkine, “Sept Calligrammes” di Guillaume Apollinaire (1967) con 10 acqueforti, Christophe Czwiklitzer, Parigi – Bâle – Francoforte, 1967. Orari di apertura dal martedì alla domenica e festivi ore 10-12 e 15-19.
BASSA LUGHESE LA
Premio di incisione "Giuseppe Maestri" Ravenna 2015 Angelo Rizzelli, Segni della memoria, 2014, acquaforte, acquatinta e rotella su ferro
PRIMA ANTOLOGICA DEDICATA A
PIERO DOSI
Arriva nei Comuni di Lugo, Fusignano e Cotignola la prima mostra antologica dedicata al pittore lughese Piero Dosi, scomparso lo scorso anno. L’esposizione, dal titolo “Piero Dosi. La pittura dentro”, è a cura di Claudio Musso, sarà inaugurata domenica 3 dicembre nei tre diversi comuni e visitabile fino al 14 gennaio. A Lugo l’inaugurazione è prevista per le 11 alle Pescherie della Rocca, a Fusignano alle 16 nel museo civico “San Rocco”, mentre a Cotignola è alle 18 nel museo civico “Luigi Varoli”. A Lugo la mostra è visitabile alle Pescherie della Rocca, in piazza Garibaldi, il giovedì e il venerdì dalle 15.30 alle 17.30 e il sabato e la domenica dalle 15 alle 18. A Fusignano l’esposizione è al Museo civico “San Rocco”, in via Monti 5, e resta aperta il sabato dalle 15 alle 18 e la domenica e festivi dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18. A Cotignola, infine, il Museo civico “Luigi Varoli”, in corso Sforza 21, ospita la mostra visitabile il venerdì dalle 16.30 alle 18.30, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 12 e dalle 15.30 alle 18.30.
I “CORPI CELESTI” DI ALLA CLASSENSE
DAVIDE BALDRATI
Sarà inaugurata giovedì 7 dicembre alle 17.30 negli spazi espositivi della Manica Lunga della Biblioteca Classense (via Baccarini 3, Ravenna), Corpi Celesti, mostra fotografica di Davide Baldrati. L'esposizione, accompagnata da un testo di Raffaella Cardone, psicologa e psicoterapeuta, propone 40 ritratti fotografici di alcuni ospiti delle strutture della Cooperativa Sociale “La Pieve, realtà attiva nel territorio per assistere e tutelare persone con disabilità o in condizioni di svantaggio. «Ho avuto il piacere di fotografare i ragazzi della cooperativa “La Pieve” – dichiara Baldrati – dando loro l’importanza e la centralità che si meritano. Nella storia della fotografia le persone con problemi psichiatrici o con disabilità sono stati ritratti in bianco e nero, con foto contrastate, sfuocate o mosse. La mia idea è quella di fare l’esatto contrario: attraverso il colore e la nitidezza dare valore ai loro sguardi e al loro modo di essere, sempre unico e speciale». L'iniziativa, inserita nel Progetto EsserCi, omaggia la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità che ricorre il 3 dicembre, appuntamento istituito allo scopo di promuovere una più diffusa conoscenza su questi temi e sostenere la piena inclusione delle persone con disabilità in ogni ambito della vita. L'esposizione Corpi Celesti sarà visibile fino a domenica 17 dicembre. Chiusura venerdì 8 e lunedì 11 dicembre, ingresso libero.
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ARTE
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RIMINI
Gold wears down: le opere di Matteo Lucca al Mag
Matrioska e Common Places: il Natale dei makers indipendenti Silvia Granata ceramics è oggetti d'uso in piccole serie, gioielli e oggetti d'arte: a Matrioska #12 porta le sue ultimissi me creazioni!
Al Mag, Magazzeno Art Gallery, in Darsena di Ravenna, giovedì 7 dicembre dalle 18 si tiene la vernice della mostra personale di Matteo Lucca, artista forlivese classe 1980, Gold wears down. L’opera di Lucca, incredibile nel suo genere, si compone nelle statue di pane a grandezza naturale che l’artista stesso cuoce nel forno che ha costruito. Il fruitore viene subito immerso in un mondo parallelo popolato da individui parzialmente bruciati dove l’unico elemento familiare diventa l’odore del pane appena cotto.La mostra è a cura di Alessandra Carini e sarà visitabile fino al 24 febbraio 2018.
RICCIONE BAMBINI GRATIS FINO AL 31 OTTOBRE ALLA CASA DELLE FARFALLE Prosegue la terza edizione degli incontri “Il classico nel contemporaneo” quest’anno dedicata al tama “Il corpo nell’arte e l’arte del corpo” al Palazzo del Turismo di Riccione (piazzale Ceccarini, 11) alle 16.30 a ingresso libero. Domenica 3 dicembre Demetrio Paparoni parlerà de “La figura di Cristo nell’arte” da Grünewald a Yves Klein, da Rosso Fiorentino a Andy Warhol. Domenica 10 dicembre, invece, Paolo Fabbri terrà la conferenza “Segni indelebili - l’artificazione del tatuaggio”. In occasione della rassegna la libreria Bianca & Volta di Riccione allestirà una postazione in sala a disposizione del pubblico.
Ritornano gli appuntamenti con la creatività nel nostro territorio. Si inizia da Common Places, (sabato 2-12 dalle 15 alle 23:30, domenica 312 dalle 10 alle 20:30 all’ex Mir Mar di San Mauro Pascoli, a cura del Cantiere Artistico), rassegna di hand makers indipendenti, workshop per i più piccoli, performance, musica e cibo. Concept simile è quello di Matrioska, contenitore per la creatività più innovativa, ospitato per la XII edizione a Castel Sismondo a Rimini l’ 8-9-10 dicembre 2017, dalle 10 alle 21 (ingresso 3 Euro, abbonamento per tre giorni 5 euro). L’allestimento suggestivo e super green nasce in collaborazione con l'azienda Fontemaggi e accoglie come un grande scenario settanta artigiani indie provenienti da tutta Italia. Nella programmazione di Matrioska rientrano anche gli eventi di OFF! ( il Fuorisalone sensoriale), i Laboratori dell'Accademia (oltre ai corsi pratici di crafting e making, c’ è anche quello per dj con Francesco Mami DOS) per adulti e bambini e la Fucina del pensiero con le conferenze, in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Rimini, dello Studio di Architettura q-bic di Firenze e dei milanesi ctrlZak Art & Design Studio. Insieme agli espositori no limits tra moda, illustrazione, accessori, interior e light design, c’è anche il Salotto Letterario di Bookstones Edizioni. Novità di quest’edizione è infine il progetto Revolution: venti manufatturieri visionari fra i 14 e i 19 anni, selezionati da una giuria di coetanei, che presentano al pubblico le loro creazioni (oggetti fatti a mano, video, poesie, fotografie, canzoni).
AKOMENA SPAZIO MOSAICO
INFOPROM
La tradizione musiva riletta nel design e architettura d’interni contemporanei Fra qualche mese, nel 2018, Akomena Spazio Mosaico – con nuova sede in viale Baracca 56 a Ravenna – celebrerà l’importante traguardo dei trent’anni di attività. Tutto è nato infatti a Ravenna nel 1988, dall’idea di Francesca Fabbri che – avvalendosi di una personale formazione ed esperienza che avvicina il mosaico con un approccio multidisciplinare – riesce a dare una rilettura della tradizione musiva alla luce della ricerca e della sperimentazione contemporanea nel campo del design e dell’architettura d’interni. «Abbiamo mosso i primi passi come consulenti di progettisti – racconta Fabbri –. Chiunque può fare mosaico ma ogni progetto, per essere tale, deve essere concepito in funzione del mosaico, ossia tenere conto delle sue potenzialità. Essendo una materia dura e fredda, assume “respiro” quando la composizione lo rende caldo, morbido e armonioso, ossia l’esatto contrario di ciò che è. Il risultato finale deve essere una “pelle” morbida senza che alcuna interruzione colpisca l’occhio, altrimenti c’è un errore tecnico». Le parole di Francesca Fabbri trasudano una reale passione per il mosaico e il suo lavoro, da cui ha ricavato grandi soddisfazioni in questi anni. È lei a realizzare, per esempio, la tomba del ballerino Rudolf
Nureyev a Parigi su cui è stato collocato un tappeto caucasico musivo dal corredo cromatico composto da una ventina di tonalità di rosso e circa dodici tipi di oro. E ha realizzato opere per tanti locali, spazi pubblici e case private, in stretta relazione con architetti e progettisti vari. L’80 per cento dei lavori sono di produzione propria. Alcune realizzazioni di grande successo? Gli Stone Carpet, veri e propri tappeti in mosaico morbidi e flessibili; i Pipe-Pipe, tubi di recupero in acciaio spazzolato con piano in mosaico, disponibili con diametri e altezze diversi; e i nuovi Alberi di Luce, ossia tronchi d’albero raccolti sulla spiaggia d’inverno, elaborati, mosaicati, illuminati e dorati a foglia oro e oro bianco. «Il mondo è oggi molto cambiato – rivela Francesca Fabbri –. Siamo quindi passati dai lavori in collaborazione con designer di grande fama per collezioni di pezzi firmati alla realizzazione in studio di nostri oggetti. Oggi si fa un po’ di tutto, per accontentare una clientela molto più diversificata. La crisi ci ha regalato lo spirito della bottega, per questo ci siamo dotati di una vetrina in cui esponiamo oggettistica anche a partire da 6-8 euro. Un lavoro quotidiano che va di pari passo con le numerose richieste di progetti nuovi. Ieri come oggi, fare questo mestiere mi piace e sorprende ancora». Akomena Spazio Mosaico viale Baracca 56 - Ravenna, cell. 333 3397389 www.akomena.com - Pagina FB Akomena Mosaico
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CINEMA
CONTROCINEMA
Controguida ai film in uscita per le feste Dalla commedia “In due sotto il burqa” al perfetto affresco shakespeariano “Tre manifesti a Ebbing” di Albert Bucci*
Mia personale contro-guida ai film di Natale e della Befana, nella quale ovviamente non troverete cinepanettoni. A dicembre vi segnalo il divertente film francese Due sotto il burqa, per la regia della regista francese Sou Abadi, di origine iraniana. Il titolo è volutamente provocatorio e non deve ingannarvi: il film è un Romeo & Giulietta in versione commedia. Siamo a Parigi, protagonisti una coppia di giovani studenti universitari: Leila, di origine arabe, e Armand, figlio di esuli iraniani. I due fidanzati progettano un viaggio insieme negli Stati Uniti, quando però Mahmoud, il fratello di lei, torna da un viaggio nello Yemen, e torna “radicalizzato”, come si usa dire adesso. E qui il film si gioca le sue carte in un mirabile equilibrio: non è per niente anti-musulmano, dato il tono sempre leggero, ma è decisamente anti-oscurantista. Mahmoud vorrebbe infatti che sua sorella Leila fosse devota alla religione e al suo ruolo di donna musulmana, proibendole di uscire di casa e soprattutto di frequentare Armand, che ai suoi occhi è addirittura più pericoloso dell'occidente, in quanto iraniano (e quindi di matrice sciita e non sunnita). E cosa fa Armand per incontrare la sua amata di nascosto, pur se obbligata a rimanere a casa col fratello? Si traveste da donna, e in questo caso da finta musulmana
ultra ortodossa, indossando un burqa integrale proprio per non farsi scoprire da Mahoud, e fingendo di chiamarsi Sherazade. Il fratello, però, scopre l'attrazione fatale per questa novella incantatrice, e vorrebbe chiederla in sposa... Commedia degli equivoci e del travestimento, ma impregnata di nemmeno troppo nascosti riferimenti letterari e cinematografici: il titolo originale Cherchez la femme rimanda al tema del travestimento uomo-donna tipico del teatro classico francese, da Molière in avanti; ma è soprattutto il titolo inglese Some like it veiled (A qualcuno piace velato) che ci porta dritti alla situation comedy americana, al Billy Wilder di A qualcuno piace caldo, al Tony Curtis vestito da donna, e ora sotto il burqa, e a tutte le giocose risate che ci permettono finalmente di ridere delle nostre più recenti paure sociali. Una commedia capace di farci ridere sull'integralismo religioso, facendoci forse anche capire che le risate possono seppellire le nostre paure. Altro film che devo segnalarvi per dicembre è L'insulto del regista libanese Ziad Doueiri, e il cui protagonista maschile Kamel El Basha ha vinto la Coppa Volpi a Venezia 2017 come miglior attore. Nella Beirut odierna, un meccanico cristiano falangista e un operaio palestinese litigano per un banale incidente. Ma riconciliarsi è impossibile, e il caso si trascina in tri-
Una scena dal film Tre manifesti a Ebbing
bunale, diventa nazionale, gli avvocati finiscono per portare la storia del Libano davanti ai giudici, una Storia che rimane emblema delle opposte fazioni politiche e delle lunghe guerre di questo pezzo di mondo, dell'odio e dei rancori incancrenitisi, nell'arco di 40 anni, in un’interminabile faida tra esseri umani. Tra il dramma politico e quello processuale, il film non vuole giudicare chi ha torto e chi ragione nella lunga guerra libanese, e demitizza chi, da una parte e dall'altra,
pretende di possedere il monopolio del dolore e della sofferenza. Pregnante, sofferto, ma bello. Subito dopo è in arrivo Suburbicon, il nuovo film diretto da George Clooney, ma tratto da una storia scritta 35 anni fa dai fratelli Cohen, con Matt Damon e Julianne Moore, presentato a Venezia 2017. A Suburbicon, nel 1957, vive una perfetta comunità periferica di sorridenti, giovani e perfette famiglie, tra
le quali i Lodge. Ma l'idillio viene rovinato per sempre: prima una famiglia di colore “osa” venire ad abitare in questa perfetta comunità bianca; e poi i Lodge vivono la tragedia: una misteriosa gang di malavitosi entra in casa di notte e uccide la moglie. Ma ovviamente c'è qualcosa di diverso sotto questo strano omicidio, solo apparentemente il frutto di una rapina andata male. Perché ora Matt Damon convive con la sorella gemella della moglie assassinata; e un
CINEMA
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A sinistra una scena da Suburbicon, a destra una scena da Due sotto il burqa
detective non è proprio convinto di come sono stati raccontati gli eventi di quella sera... Ispirati da un fatto di cronaca degli anni '80, i Cohen ne avevano tratto una dark comedy cinica e spassosa, con il loro tipico umorismo nero alla Fargo che si diverte a rovistare tra il marcio delle belle famigliole americane per riderne senza pietà. Affascinato da questa storia, George Clooney non si dimentica però di essere più esplicitamente un demo-liberal, e ne smorza il tono sarcastico e irriverente, dirottandosi verso una commedia moraleggiante, pur senza rinunciare al grottesco realismo tipico dei Cohen. Matt Damon è anche protagonista di un altro film che era a Venezia, e cioè Downsizing di Alexander Payne, una commedia di fantascienza disto-
pica. La scienza ha trovato il modo di rimpicciolire gli esseri umani: piccoli lillipuzioani alti 15 cm. Ciò è diventato il miglior rimedio contro la sovrappopolazione della Terra e le crisi economiche, e consente di vivere meglio e con meno denaro. Per cui anche Matt Damon e sua moglie, oberati dai debiti, decidono di fare la piccola grande scelta di miniaturizzare i loro corpi. Peccato che il processo sia irreversibile, e che la moglie ci ripensi all'ultimo momento... Storia gradevole, anche se non geniale. Per quanto tutti i temi affrontati siano lodevoli, e per quanto il genere fantascienza distopica sia tra i miei preferiti, purtroppo il film non riesce a staccarsi da un certo brodo indifferenziato di ovvie critiche alla società dei consumi e della massificazione, senza mai brillare per originalità delle idee e
IL FESTIVAL
I dieci anni di Amarcort L’edizione 2017 dedicata alla figura di Tonino Guerra
Brode pf Framloe (2017, Usa), uno dei corti in concorso
Decimo anno per Amarcort, film festival riminese dedicato appunto ai corsi, iniziato quest’anno con “Il Giro del Mondo in 80 Corti, edizione 2017”, l’evento itinerante che trasporta il pubblico per 10 date mensili, avrà il gran finale a dicembre, dal 10 al 17, con eventi, ospiti e mostre speciali che ripercorreranno la storia della manifestazione. La decima edizione sarà dedicata al poeta, scrittore e sceneggiatore Tonino Guerra. Il concorso si divide in sette sezioni e i nomi scelti richiamano alla memoria dei “ricordi felliniani”: Amarcort, Gradisca, Rex, Fulgor, Aldina, Gironzalon e la recente Cantarel, dedicata a videoclip musicali. Dal 2014 è stata aggiunta una nuova sezione competitiva, dedicata esclusivamente alla sceneggiatura, con il concorso per sceneggiature inedite denominato “Grand Hotel”. Sono oltre cento i corti in concorso selezionati tra i 1400 giunti alla giuria. Novità 2017: Sarà inaugurata un'area dedicata all'industria chiamata AFF-SMI (Amarcort Film Festival Short Movie Industry) e sarà aperta nei giorni 11, 12 e 13 dicembre e sarà riservata ai professionisti (autori, produttori, distributori, buyers...) in possesso di accredito. Per il programma completo: www.amarcort.org.
senza dare al film un tono deciso, mai troppo leggero, mai troppo cupo. A gennaio invece uscirà il mio film preferito di questa prima stagione: il magnifico Tre manifesti a Ebbing, Missouri, di Martin McDonagh, miglior sceneggiatura a Venezia 2017, con Frances McDormand, Woody Harrelson e Sam Rockwell. Mildred è una donna la cui figlia Angela, sette mesi prima, è stata violentata, uccisa e poi bruciata. Dopo tutto questo tempo, la sete di vendetta cresce, e la donna decide di provocare la polizia locale: affitta tre grandi cartelloni pubblicitari sui quali campeggiano, nere su sfondo rosso, tre semplici frasi: «Stuprata mentre moriva. Ancora nessun arresto? Come mai, sceriffo Willoughby?». Come mai? Perché la polizia locale,
sul filo del razzismo strisciante, è più impegnata a picchiare ragazzi di colore che a cercare l'assassino; perché il dolore di Mildred è diventato una rabbia esplosiva non più controllabile; perché adesso la piccola comunità di Ebbing, Missouri, dovrà schierarsi e capire che la morte non si può seppellire e basta; perché nel dramma non mancheranno momenti di comicità nerissima; perché poi capiremo il dramma dello sceriffo che non potrà dare la caccia all'assassino... Perché poi la storia andrà oltre la ricerca del colpevole, ed esplorerà le psicologie di tutti i personaggi, ognuno dei quali irripetibile, a modo suo. È stupefacente come il grande cinema americano trovi la sua massima espressione da parte di un grande regista irlandese come Martin McDonagh. Se il volto di Woody Harrelson ci riporta al cupo
cuore nero americano di True Detective I e alle sue paludi abitate dai mostri della cocienza, Frances McDormand ci ricorda i migliori noir dei fratelli Cohen, un Re Lear al femminile ambientato nell'America profonda, un perfetto affresco shakesperiano tra tragedia assoluta e commedia nera, che agita le viscere umane. *Albert Bucci (Ravenna, 1968) è direttore artistico del Soundscreen Film Festival e consulente alla selezione del Ravenna Nightmare. È stato docente di Sceneggiatura presso l'Università Iulm di Milano, e produttore esecutivo di spot pubblicitari. In una vita parallela, possiede anche una laurea in Fisica Teorica. (Il suo vero nome è Alberto, ma in effetti è meglio noto come Albert).
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LIBRI
L’INTERVISTA
Quanta cultura nel nostro modo di vedere i colori Intervista al visual designer Riccardo Falcinelli autore del best seller “Cromorama” ospite a Rimini e Ravenna di Matteo Cavezzali
«Rosa! Marge, non posso indossare una camicia rosa al lavoro, tutti indossano camicie bianche. Non sono abbastanza popolare per essere diverso!» diceva Homer alla moglie in un episodio dei Simpson. I colori sono simboli, segni e valori per la nostra cultura. Ne parla Riccardo Falcinelli nel suo Cromorama (Einaudi) che presenterà alla rassegna “Il Tempo Ritrovato”, il 17 gennaio alle 18 alla Biblioteca Classense di Ravenna, e il 26 gennaio a Rimini, alla Primo Piano Art Gallery (via Giuseppe Garibaldi 20) alle 18, in un evento quest’ultimo organizzato dall’associazione culturale Ticonzero in collaborazione con Noroof e Primo Piano Art Gallery. Falcinelli è uno dei piú apprezzati visual designer sulla scena della grafica italiana, che ha contribuito a innovare progettando libri e collane per diversi editori tra cui Einaudi e minimum fax. Insegna Psicologia della percezione presso la facoltà di Design Isia di Roma. Ti aspettavi un successo così per un libro di design? «Lo scorso libro, che era un’introduzione al design, aveva venduto bene, ma nel tempo, non così velocemente. Mi ha abbastanza spiazzato…» Oltre a una attenzione al tuo lavoro, credi che l’argomento del colore abbia suscitato un interesse particolare? «Il pubblico sta cambiando. Ci sono giovani con un interesse per ragionamenti sulle immagini un po’ diversi dal solito. Lo dimostrano anche i numeri delle scuole di design e delle accademie, i cui iscritti sono molto cresciuti negli ultimi anni». Quanto i colori sono un fattore sensoriale e quanto invece culturale? «I colori sono una questione culturale. Quando diciamo che un colore va di moda o che significa una cosa, che un colore sta bene addosso a una persona o per un arredamento, stiamo facendo una valutazione culturale: legata alle convenzioni. Se leggiamo le cose che sono state scritte sul colore negli ultimi cinquecento anni, vediamo che la percezione del colore è cambiata di continuo. L’aspetto sensoriale però c’è, perché attraverso i sensi costruiamo questi percorsi culturali». Un rapporto tra colori e emozioni esiste o anche questo è frutto solo della cultura? «C’è. Le neuroscienze dimostrano che i colori sono la prima cosa che viene elaborata dal nostro cervello, prima ancora delle forme. Che sia una scena di un film o una immagine non cambia, per il no-
stro cervello prima c’è il verde e poi c’è la foglia. Questo è importante. Oggi sempre di più il colore è usato, anche nel cinema e nelle serie tv, come elemento emozionale, per coinvolgere il pubblico». Il libro è frutto di un lungo lavoro di ricerca, c’è stato qualcosa che ti ha stupito tra le cose che hai scoperto? «Il periodo di studio è stato di un decennio, legato a quello di preparazione per le lezioni di design che tengo all’università. La maggior parte delle idee con cui abbiamo a che fare quando parliamo di design e di moda è legata al Bauhaus, la scuola di design più importante del ventesimo secolo. Mi ha stupito scoprire come quelle teorie fossero nate all’interno di contesti irrazionali, mistici e magici, laddove invece sono state applicate in mondi di tutto altro tipo, molto razionali e logici, come quelli della pubblicità, del marketing e dell’architettura». Sei stato sorpreso anche da aspetti legati alla cultura quotidiana? «Mi ha stupito scoprire che cento anni fa i bambini maschi venivano vestiti di rosa e le femmine di azzurro. In cento anni si può ribaltare anche quello che per noi è ovvio». E come mai poi si sono invertiti questi colori? «Ha influito molti il successo della Barbie. Era il giocattolo che
ha venduto di più, ha cambiato il modo di fare giocattoli. Era la prima bambola che non era né un peluche, né mimava il corpo di un bambino per giocare a fare da mamma al figlietto. Era una donna adulta, su cui proiettare un’immaginazione del proprio futuro, nel bene e nel male. Ebbe un successo incredibile. Il suo brand era il rosa e tutti i produttori di giocattoli decisero di imitarlo». Da mezzo secolo si parla di “società dell’immagine”, quanto internet e i social hanno cambiato questa definizione? «L’hanno amplificata. Prima c’erano emittenti che ci bombardavano di immagini, oggi tutti le creano, le ripetono e le fanno rimbalzare. Quelle che diventano popolari sono rielaborate come parodia, diventano dei meme deformate e ribaltate, e vengono velocemente svuotate di significato. Gli studiosi di mass media di quarant’anni fa non potevano immaginarlo, perché prima il controllo era dell’emittente, che fosse Rai, Coca Cola o Mondadori. Oggi non è più controllabile». In una società satura di immagini cosa attrae di più lo sguardo? «Nessuna immagine da sola ha la forza di bucare questa mole. Lo può fare solo se è dentro un contesto che fa percepire l’immagine come qualcosa di nuovo e coeren-
«Fino a cento anni fa i
bambini venivano vestiti di rosa e le bambine di azzurro, fino alla rivoluzione portata dalla Barbie
»
te. Questo contesto può essere una serie tv, un fumetto, un libro, qualsiasi cosa, ma senza una didascalia culturale un’immagine non ha alcun valore». Quand’è che un’immagine diventa icona? «Per diventare icona deve essere ripetuta e condivisa. Oggi la differenza tra icona e immagine svuotata di significato è molto labile. Un’icona può perdere ogni significato in un attimo. Le foto di Marilyn Monroe, per esempio, hanno completamente perso il loro senso. Lo riacquistano solo se vediamo un suo film. Marilyn era la prima donna bella a interpretare il ruolo di attrice comica, prima riservato ad attrici goffe o bruttine. Il suo fu un talento rivoluzionario. Solo rivedendo i film la sua immagine torna potente». Come nasce un’idea di un progetto grafico?
«Da un lungo dialogo con il committente. Per un libro con l’editore, l’editor e il traduttore. Si decide se puntare su un’illustrazione o una foto, sul significato del libro. Su quello inizio a sperimentare e si giunge a una scelta condivisa». I sondaggi dicono che la copertina è il fattore più importante per la vendita di un libro. Tu hai realizzato oltre 5000 copertine: una responsabilità notevole… «L’Associazione Italiana Editori dice che se per qualche motivo nei siti che vendono libri online salta la foto della copertina le vendite crollano immediatamente. L’immagine aiuta le persone ßa orientarsi». Cos’è più importante per fare una copertina di un libro? «Deve parlare ai suoi veri lettori. È sbagliato fare una copertina urlata per un libro che parla a mille persone, come è sbagliato fare una copertina di nicchia per un libro che potenzialmente parla a un milione di persone. Bisogna essere onesti e non forzare la mano. Copertine troppo commerciali per libri che non lo sono non ripagano, perché i lettori si sentono fregati. L’editoria premia sui tempi lunghi e i lettori devono fidarsi». Qual è l’errore più comune dei designer? «Parlare con un “tono di voce”, metaforicamente, sbagliato per le persone a cui si rivolge. La grafica serve per orientarci in un mare di immagini. A colpo d’occhio devo capire se un certo libro può riguardare i miei gusti e le mie passioni. Fare una grafica bella, per il gusto di farla, ma che non parla alle persone giuste è un errore». Oggi se una copertina piace viene fotografata in vari contesti e diventa anche virale su Instagram. Come vedi questo fenomeno nuovo per l’editoria? «Mi piace molto perché la copertina prende una vita a sé. Diventa un piccolo totem, che esce dal contesto della libreria e prende una sua presenza di carattere, scenica». Si è parlato molto della nuova grafica di Repubblica, se avessero chiesto a te di progettarla come l’avresti fatta? «Ho molta stima per chi ha fatto il progetto grafico di Repubblica. La grafica di oggetti che frequentiamo tutti i giorni, come una pagina di giornale, ha dei tempi di metabolismo più lunghi, deve decantare. Secondo me è un progetto molto bello. Io certe cose le avrei fatte in maniera diversa, ma è molto coraggioso».
LIBRI
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RAVENNA/1
RAVENNA/2
Aspettando D’Isa, Raimo e Casadio in Classense
UNA RASSEGNA PER “MACINARE PENSIERI E PAROLE” SI COMINCIA A GENNAIO CON STEFANO BON Al via a gennaio un nuovo ciclo di incontri a Ravenna, al Grinder Coffee Lab (via di Roma, 178) curata da Ivano Mazzani e dal titolo “Rassegna che macina pensieri e parole”. Si comincia giovedì 18 gennaio alle 18 con il romanzo del ravennate Stefano Bon La ragazza che andò all’inferno (Castelvecchi Editore, 2017) presenta e dialoga con l’autore, Roberta Bezzi (giornalista). Il secondo appuntamento, giovedì 25 gennaio sempre alle 18, è invece con la fotografia, Alessandra Dragoni presenta infatti “Troppo sole per Antonioni” (una ricerca per immagini di Ravenna nell’inverno del 1963/ 64) mentre giovedì 1 febbraio alle 18, Alberto Giorgio Cassani (docente Accademia di Belle Arti di Venezia) racconta “Sbottonare Ravenna”. Viaggiatori de l Novecento nella nostra città. Ma la rassegna proseguirà poi toccando linguaggi e generi dal teatro al fumetto, dalla narrativa alla saggistica con molti altri incontri, sempre di giovedì alle 18, fino al 26 aprile.
RIMINI E NOVAFELTRIA
Prosegue la rassegna “Il Tempo Ritrovato” curata da Matteo Cavezzali alla biblioteca Classense di Ravenna, che accompagnerà il pubblico fino a primavera. Mercoledì 13 dicembre alle 18, sarà ospite Francesco D’Isa, poliedrico autore fiorentino che unisce filosofia e narrativa. La stanza di Thérèse (Tunué) è un romanzo molto originale che indaga sul concetto di infinito utilizzando stili narrativi diversi tra loro e una raffinata ricerca sull’immagine. D’Isia è anche direttore della rivista “L’indiscreto”. La programmazione del 2018 inizia mercoledì 17 gennaio con Riccardo Falcinelli (vedi pagina 20). Mercoledì 24 gennaio Christian Raimo presenterà Tutti i banchi sono uguali. La scuola e l'uguaglianza che non c'è (Einaudi). Intellettuale e scrittore romano Raimo ragiona in maniera lucida e tagliente sui problemi della scuola italiana. «Spesso si dice che la scuola deve servire per immettere i ragazzi nella società. Non è cosí: serve invece a immaginare una società che ancora non conosciamo». Mercoledì 31 gennaio sarà la volta del ravennate Paolo “Delich” Casadio che presenterà in anteprima il suo nuovo romanzo Il bambino del treno (Piemme) in cui racconta la storia della Romagna durante la Seconda Guerra Mondiale attraverso gli occhi un bambino e di un treno che cambiò la sua vita. La rassegna proseguirà fino a marzo con ospiti Walter Siti, Giuseppe Genna, Giorgio Falco, Chiara Barzini e molti altri. Dettagli su www.iltemporitrovatoravenna.it
Doppio incontro con la ragazza con la Leika Doppia data in Romagna per Helena Janeczek che presenta il suo romanzo La ragazza con la Leika, ispirato alla vicenda di Gerda Taro, la prima fotografa caduta su un campo di battaglia, ad appena 27 anni. Il 16 dicembre l’appuntamento è alle 17.30 al teatro Sociale di Novafeltria, mentre il giorno dopo, sempre alle 17.30, in biblioteca Malatestiana, sempre con Emiliano Visconti.
Per un Natale zero stress... scegli un libro! In libreria trovi regali per tutti, dal romanzo rosa per la zia, al saggio di politica per il papà, al bestseller per l'amica del cuore.
Chi regala un libro ha sempre qualcosa da dire!
Piazza del Popolo, 25 - Cesena - Tel: 0547 077134
Libreria Ubik Cesena
Piazzale della Cooperazione, 2 - Forlì - Tel: 0543 774206
Libreria Ubik Forlì
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LIBRI
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Da destra verso sinistra: “Le tre Dorothy”, “Il leone”, “Il boscaiolo”
L’EDIZIONE
Oz, un reale mondo di doppi La prima edizione completa dei libri di Baum curate da Lagani e illustrate da Cerri di Serena Simoni
Accennando al Mago di Oz credo che per molti siano quasi scontate le immagini di una Judy Garland giovanissima e molto americana, e quelle dei compagni di viaggio nella fantastica Terra di Oz: la figura mite del leone senza coraggio, quella nobile del boscaiolo di latta alla ricerca di un cuore e quella bonaria dello spaventapasseri, il semplice alla ricerca di un cervello. Sono questi i protagonisti del celebre film di Fleming tratto dal primo libro di Lyman Frank Baum e girato nel 1939, a distanza di 20 anni dalla morte del suo autore. Fin dalla pubblicazione all’alba del XX secolo il libro ottenne un successo straordinario negli Stati Uniti nonostante l’accoglienza a dir poco tiepida della critica letteraria e degli ambienti accademici. Il mondo favoloso esplorato da Dorothy si trasformò ben presto in un musical che venne replicato a Broadway per quasi 10 anni, spingendone la fama ben oltre i confini nazionali. Pochi però sanno che Baum continuò per tutta la vita a creare nuove storie che narravano le avventure della protagonista, dei suoi compagni e di altri personaggi in contesti sempre diversi. In totale lo scrittore statunitense pubblicò 14 romanzi sul magico mondo di Oz, obbligato dalla necessità e dalle richieste di migliaia di bambini di
aggiornare le avventure dei vecchi e nuovi personaggi delle terre di Oz. Negli Stati Uniti l’intera saga è riconosciuta come un classico della letteratura dell’infanzia, acquistando estimatori come Gore Vidal che ne hanno utilizzato impianto narrativo e temi come chiavi di lettura della storia passata e contemporanea del paese. Per quanto riguarda l’Italia dove la prima edizione è uscita nel 1944 nessuno ha dato alle stampe questa opera nella sua interezza, lasciando misconosciuto il genio di Baum. Chiara Lagani ha deciso un anno fa di affrontare la traduzione complessiva dell'opera, appena uscita per le edizioni Einaudi nella collana dei Millenni col titolo I libri di Oz. Un passo quasi dovuto per chi, qualche anno fa, aveva fatto nascere insieme alla compagnia Fanny & Alexander una serie di spettacoli teatrali a cui si sono aggiunte installazioni e performance ispirate alla lettura dei testi di Baum. Ma per tradurre il mondo di Oz occorreva ripercorrerne il processo, conoscerne i testi. Ecco allora la scelta antologica operata da Chiara e calibrata attraverso un'alternanza di traduzioni unite da sintesi narrative – divertenti e poco asettiche – che riassumono solo i nessi più funzionali della narrazione. In questo modo non appaiono cesure ma si mantengono intatti la continuità e il piacere della
narrazione mentre un apparato preciso permette di seguire le tracce di un personaggio amato attraverso pagine distanti nel tempo e nello spazio. Nell’introduzione, la curatrice avverte che il mondo di Oz non è inventato come tiene a sottolineare lo stesso Baum che – stanco di sentirsi ostaggio della propria creatura e dei piccoli lettori tiranni che vogliono i seguiti del racconto – dal settimo libro si autoproclama “storico reale” del mondo di Oz. Come a dire che quel mondo, diventato invisibile nella sesta edizione del 1910 – ufficialmente per sottrarsi agli esseri umani, ufficiosamente per concedere all’autore la libertà di chiudere definitivamente la storia – non è frutto di una fervida fantasia ma è un mondo parallelo da interpretare come dato di realtà. Baum utilizza solo espedienti tecnici ripetitivi che la critica ha evidenziato: nonostante questo, le narrazioni sviluppano una ricerca interiore che si nutre degli avvenimenti della propia vita. Ci sono parti più cupe e quasi dantesche – Lagani sottolinea l’avventura nel mondo sotterraneo come uno dei libri più belli –, altre in cui si affrontano temi rovesciati, come nel caso dell’amore rifiutato e dimenticato che si sviluppa in una sorta di antiromanzo romantico. Le tracce si moltiplicano prendendo a piene mani dal vissuto dello scrittore: dall’intrepida suocera femminista
Baum apprende le teorie di una nuova visione del femminile che applica alla storia delle ribelli capeggiate dalla piccola e capricciosa Jinjur. Per quanto i punti di vista si moltiplichino in questo mondo speculare ben oltre la realtà, l’ironia scardina i nuovi valori tramite il trucco di applicare al femminile gli stereotipi maschili. La lotta delle ribelli ha punti scadenti e diventa poco credibile,
Il doppio è uno
dei sistemi narrativi del mondo di Oz e una metafora delle peggiori condanne del reale come analizza la curatrice nella profonda introduzione al testo: il gioco del doppio, in cui a una parte corrisponde sempre il contrario, è l’elemento che mina continuamente progetti, desideri, personaggi e interpretazioni. Avviene allora che il Re Coniglio desideri tornare al suo stato naturale per rimpiangere poi ciò che era, così come il Libro bianco della Storia venga letto dalla maga Glinda come un tragico dato predestinato, sul quale non esiste possibilità di interven-
to. Il doppio – una mina narrativa vagante che sdrucciola ogni apparenza – è in effetti uno dei sistemi narrativi prìncipi del mondo fantastico di Oz e forse una metafora delle peggiori condanne del reale. È questo registro del doppio che amplifica il senso delle immagini di Mara Cerri, una delle migliori illustratrici italiane contemporanee chiamata a collaborare all’edizione con le sue tavole. Il sodalizio professionale e di vita fra Chiara e Mara è partito dal riconoscimento dei rispettivi percorsi e da una sensibilità estrema che deflagra il proprio potenziale nel mondo dell’infanzia. Le due artiste chiudono il cerchio attorno alle ossessioni di Baum facendole risuonare al loro interno tramite un lavoro di rispecchiamento continuo. Nessuna sterotipia nelle immagini scelte per la pubblicazione: nel caso più semplice si tratta di fresche attualizzazioni dell'immagine suscitata dalla lettura ma più spesso le tavole tradiscono la fonte scritta, trattenendo fedelmente il meccanismo ossessivo che le ha dato vita. L’immagine delle scarpette rosse di Dorothy ad esempio si sviluppa nella sovrapposizone di tre figure femminili che realizzano il collasso di una parte oscura che a ogni età si concede il desiderio della fuga o del ritorno. Così, fra questo andare e venire fra i mondi del visibile e del suo contrario, si stabiliscono i termini su cui si stratificano i giochi senza paura dei bambini e le lucide ossessioni degli artisti. Il libro sarà presentato l’1 dicembre alle 17.30 alla Biblioteca Classense alla presenza delle autrici e di Andrea Bajani, all’interno di Fèsta (vedi pagina 24) A seguire l’inaugurazione la mostra delle tavole originali del libro e delle fotografie di Enrico Fedrigoli relative al Progetto Oz di Fanny & Alexander.
INFORMAZIONI: Biglietteria, Informazioni e Accoglienza Turistica: tel. 0533 311316 - comacchio.iat@comune.comacchio.fe.it
Il Natale a Comacchio
I burattini aprono la quinta edizione de I COLORI DEL NATALE
dal 8 dicembre 2017 al 7 gennaio 2018
PRESEPI SOTTO I PONTI le Natività esposte salgono sulle barche, scorrono nei canali e si fermano sotto i ponti più suggestivi della città: esposizione di presepi artistici realizzati dagli abitanti di Comacchio.
La rassegna parte da Volania con un pomeriggio ricco di sorprese Ai nastri di partenza l'edizione 2017 della rassegna itinerante “I colori del Natale”. Anche quest'anno un ricco programma di appuntamenti pre-natalizi attraverserà infatti le frazioni del Comune, fino a raggiungere il centro storico di Comacchio in prossimità del Natale. Il primo appuntamento, rigorosamente ad ingresso GRATUITO, è previsto per domenica 26 novembre a Volania. Lo spettacolo della rassegna sarà ospitato all'interno di un evento ricco e articolato a cura di Volanialand, con mercatini, animazioni e sorprese a partire dalle ore 15:30. Alle ore 17 l'evento entrerà nel vivo con un ospite speciale: sarà infatti protagonista il burattinaio modenese Moreno Pigoni con i suoi Burattini della Commedia dell'Arte, che presenteranno lo spettacolo Le Farse Emiliane. Negli spettacoli ottocenteschi la farsa era la conclusione dello spettacolo dove sia i grandi che i piccini potevano divertirsi, vedendo i loro eroi alle prese con situazioni ridicole e intriganti. In questo spettacolo l'artista modenese propone due pezzi appartenenti a questo antico genere teatrale: troveremo Fagiolino e Sandrone alle prese con la fame e l'amore, due temi tra i più classici e caratterizzanti della commedia dell'arte. Compagni dei nostri eroi saranno Brighella, il re, la regina, il diavolo, Lisetta il capita-
24 dicembre 2017 dalle ore 17:30 UN PRESEPE D’ACQUA “Il sogno di Maria” Rappresentazione teatrale della Natività sotto il Ponte Trepponti attraverso giochi di luce, balletti e musica fino al gran finale con fuochi piro-teatrali.
Capodanno a Comacchio no e un famelico lupo. L'arte dei burattini, di cui Moreno Pigoni è brillante interprete, trasporta lo spettatore in una atmosfera senza tempo, per risate e divertimento assicurati per il pubblico di ogni genere ed età. Domenica 3 dicembre toccherà al Teatrino Parrocchiale di San Giuseppe, ospitare il nuovo evento della rassegna "I colori del Natale". A partire dalle 16 saranno protagonisti i Burattini di Massimiliano Venturi con lo spettacolo Natale in casa Burattini. La rassegna è realizzata per il Comune di Comacchio da Teatro dell’Aglio e Briciole di Teatro, in collaborazione con Bialystok Produzioni e sotto la direzione artistica di Massimiliano Venturi. L’ingresso agli spettacoli è sempre gratuito. Il programma completo è scaricabile sul sito www.comacchioateatro.it. Per informazioni: dott. Massimiliano Venturi 349 0807587.
31 dicembre 2017 dalle ore 21:00 CAPODANNO A COMACCHIO Dalle 21.30 lo show del Atipiko Sinfonik Quartet, con le voci di Leonardo Veronesi, Oscar Nini e Silvia Boreale. Dalle ore 22 diretta su Radio Sound con dj e animatori. Cene e intrattenimento dalle ore 21 al Museo Delta Antico e a Palazzo Bellini. A mezzanotte un grande spettacolo di fuochi piroteatrali sui Trepponti per dare il benvenuto al nuovo anno. Info tel. 0533-81302// 0533-311316. info@podeltatourism.it
6 gennaio 2018 dalle ore 15:00 A VAN LA VACIE Festa della Befana Distribuzione gratuita della calza della befana, mercatino, animazione e gran finale con la Befana che saluta tutti i bambini in un meraviglioso ed esaltante spettacolo piroteatrale nei canali di Comacchio.
Markey Montague & Tne Salem Baptist Mass Choir 15 - 29 DICEMBRE 2017, ESCLUSIVA EUROPEA Formazione: 10 elementi (7 voci, tastiera/voce, basso, batteria) Anania "Markey" Montague è un seguace di Gesù Cristo e un compositore, regista e insegnante di musica gospel. Attualmente è il ministro di Musica e Belle Arti per la Chiesa Battista di Salem a Omaha, Nebraska di cui è direttore musicale del coro. Originario di Chicago, la vita di Markey è stata modellata dal ricco patrimonio musicale gospel della sua città natale. Impara a suonare le percussioni all'età di quattro e poi autodidatta a suonare l'organo e la tastiera. Markey dopo anni in tour sia negli USA che in Italia ed Europa, miscela sapientemente musiche tradizionali e gospel contemporaneo. Il suo talento, sia come compositore che come interprete e solista, gli ha dato l'opportunità di collaborare con diversi artisti di rilievo del panorama gospel internazionale come Lamar Campbell, Rodnie Bryant, Kim McFarland, Vickie Winans e Richard Smallwood. Un virtuo-
so creativo, Ananias Markey Montague ha composto e ha scritto canzoni originali x numerosi artisti di fama internazionale. Dopo il suo ultimo tour europeo del 2015 Markey ritorna in Italia con una formazione a 10 elementi estratta Salem Baptist Mass Choir di cui è direttore e che vanta collaborazioni di prestigio con artisti del calibro di Kirk Carr, Byron Cage ed il Mississippi Mass Choir. Da rimarcare l'organizzazione annuale di "campus estivi" di 6 settimane atti ad educare, formare e ispirare la gioventù di Omaha e i giovani adulti nella musica, nel campo delle arti grafiche, songwriting, danza e canto. http://www.amusac.com/ ttp://salembc.org/ https://www.youtube.com/watch?v=Sp2hcN8_FoQ
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LIBRI
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Il festival del Mondo Antico festeggia i 10 anni della Domus del Chirurgo con Zagrebelsky
Domus del chirurgo
Mercadini legge (e racconta) Moby Dick Domenica 21 gennaio alle 17 primo appuntamento con le tre narrazioni di altrettanti capolavori del poeta, narratore e attore Roberto Mercadini al Teatro degli Atti di Rimini, si comincia con il Moby Dick di Melville.
Ricorre nel 2017 il decimo anniversario dell'apertura al pubblico del sito della Domus del Chirurgo, inaugurato il 7 dicembre 2007 a Rimini. Un tesoro nel cuore antico della città, custode di una storia lunga venti secoli, di vite vissute, di scienza e arte, di cultura e ricchezza, di vicende belliche e morte, di agi e potere riassunto in 700 mq, in una stratificazione che parte dall'età romana repubblicana per giungere a quella medievale. E così Antico/Presente Festival del Mondo Antico, giunto alla XIX edizione, abbraccia la ricorrenza del compleanno della Domus, aggiornando al 7, 8 e 9 dicembre il suo calendario. Fin dalle origini il Festival ha inteso valorizzare Rimini con la sua fascia costiera e l'entroterra nell'originale veste di scenario attendibile per le emergenze dell'antico che lo caratterizzano, quali le testimonianze dell'età romana e le opere di musealizzazione a partire dal complesso archeologico della "Domus del Chirurgo". Un vero e proprio distretto dell'antico che si propone per le sue potenzialità culturali ancora da valorizzare appieno nell'offerta turistica nazionale, un teatro naturale in cui confrontarsi su temi urgenti e talvolta anche specialistici ma resi in un linguaggio accessibile al più largo pubblico. Tema centrale di questa edizione, ispirata alla Domus come bene culturale e alla figura del chirurgo che per
ultimo l'abitò lasciando il suo ricco corredo di ferri, è la cultura del prendersi a cuore. Prendersi a cuore l'uomo e i beni comuni. Un'arte che verrà letta da tanti punti di vista, da quello medico a quello della tutela del patrimonio culturale, dalla cura del corpo a quella dello spirito, da quella della res publica a quella della società nelle sue frange più deboli ed esposte. Temi anche urgenti e portati all'attenzione quotidiana come quelli della prevenzione e della conservazione dei beni culturali, delle emergenze umanitarie e del rispetto del dell'ambiente anche attraverso un'educazione alimentare. Gustavo Zagrebelsky apre il Festival il 7 dicembre, alle 17, con la lectio magistralis “La salute come diritto e dovere” che andrà al cuore della cura trattando del bene più prezioso per l’individuo come per la comunità. Una presenza autorevole cui seguono numerosi studiosi e divulgatori, nomi di prestigio che, in un percorso trasversale fra antico e presente, spaziano dalla scienza all'archeologia, dalla letteratura alla filosofia, dalla storia all'antropologia. Incontri, dialoghi, tavole rotonde, presentazioni di libri insieme a mostre e a percorsi tematici in un ricco programma tutto a ingresso gratuito che si conclude con la presenza del filosofo Remo Bodei e dello storico e autore Alessandro Vanoli.
LUGO ALL’ALA D’ORO PER PARLARE DI LETTERATURA E DEL NUTRIMENTO DATO DAI GRANDI CLASSICI Continua a dicembre la programmazione del Caffè letterario di Lugo, venerdì 1 dicembre, alle 21 all’Hotel Ala d'Oro, Silvio Perrella presenta Insperati incontri, un libro di critica in presa diretta. L'ordine alfabetico rende facile, per chi conosce le letture predilette da Perrella, l'accostamento con i Sillabari di Parise. Anche qui si tratta di un alfabeto a suo modo sentimentale, nonostante alle lettere dell'alfabeto corrispondano nomi di persona. Il 4 dicembre invece, stessa ora e stesso luogo, Alessandro Zaccuri presenta il suo Come non letto (Milano, Ponte alle Grazie, 2017) dove i classici vengono riscoperti come utili per nutrire i corpi o comunque per aiutare a vivere una vita più dignitosa. L’11 dicembre, infine, è la volta di Giorgio Ierano con il suo Demoni, mostri e prodigi (Venezia, Sonzogno, 2017). Oltre agli dei e agli eroi, il mito conosce altri esseri ancora più strani e misteriosi. Creature bizzarre come le Sirene e i Ciclopi, i Centauri e i Satiri, le Sfingi e le Arpie. E poi tutta l'immensa schiera di demoni e draghi, ninfe e giganti, mostri e folletti che si annida nelle selve del mito. In questo libro, Giorgio Ieranò indaga il lato oscuro e irrazionale del mondo antico, raccontando le leggende arcane che sono alla radice dei nostri sogni e dei nostri incubi.
CONSELICE E NOVAFELTRIA
Marescotti tra le parole che hanno cambiato la storia I Have A Dream – le parole che hanno cambiato la storia è un atto unico dedicato ad alcuni dei più significativi discorsi pronunciati da individui che – in epoche diverse – hanno contribuito al corso dell’umanità. Lo porta in scena Ivano Marescotti insieme a Valentina Lodovini, per la regia di Gabriele Guidi al Comunale di Conselice il 21 gennaio. Da Demostene a Martin Luther King, passando per Pericle, Robespierre, Lady Astor, Ghandi, Kennedy, Churchill, Fidel Castro, Mandela e molti altri… fino a Umberto Eco.I Have A Dream – le parole che hanno cambiato la storia torna in scena a quasi 10 anni di distanza dalla sua nascita aggiornato, rivisto e concepito per due interpreti legati tra loro da grandi affinità ma anche dall’ironia derivante dal confronto fra generazioni differenti; due persone che si raffrontano sul valore odierno delle parole. L’attore Ivano Marescotti sarà anche al Sociale di Novafeltria il 28 gennaio con Bestiale... quel giro d’Italia.
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LA VISITA
Montescudo, dove allenare la memoria per il futuro Il museo della Linea Gotica orientale, per ricordare la Battaglia di Rimini, senza fingere un’asettica rappresentazione di Elettra Stamboulis
Allenare la memoria: come se fosse un muscolo, come se fosse una parte di corpo facilmente individuabile. Facile a dirsi, ma complesso come processo, pieno di sgambetti, vuoti, cadute. Può aiutare camminare, andare nei luoghi, rendere presente uno dei due cardini della narrazione storica, lo spazio, visto che il tempo ci sfugge. Si può tentare con la piccola Montescudo e il suo Museo della Linea Gotica orientale. Un luogo che è relitto di memoria, non si pone quindi solo come conservatore, ma è anche rituale, esperienza di uno spazio che è stato come svelato dal conflitto che si fermò come in uno stallo da giocatore di scacchi su un ipotetico confine che attraversava la Romagna. Per 35 giorni, dal 25 agosto al 30 settembre 1944 (ma in realtà fino al 6 gennaio 1945) da una parte tedeschi e fascisti italiani, dall’altra alleati e antifascisti italiani si contesero il futuro in questa parte di Terra. Nella 2a battaglia di Coriano dal 12 al 16 settembre 1944 si confrontano i cacciatori di montagna del 100° reggimento della V divisione di Ernst e gli Hampshire della 128a Brigata della 46a divisione di fanteria britannica: in mezzo i civili, le case, le strade, le chiese. Tra cui anche l’antica chiesa di Trarivi che oggi ospita questo particolare museo, rinnovato nel 2012, che racconta in tre lingue (italiano, inglese, tedesco) questa storia, in cui si incontrarono molti popoli e sicuramente moltissime ipotesi di mondo. Nella canonica di questa chiesa, che si chiama dal 1991 Chiesa della pace e della riconciliazione, Don Mario Molari ha provato a creare una riduzione a uno di questa molteplicità, che andava in direzione della divisione, dello scontro, e ha tentato di riportare questo bivio della storia al comune desiderio, umano e universale, della pace. È quindi un museo che non nasconde la propria vocazione, non finge un asettica rappresentazione di quello che c’è stato, mentendo allo spettatore, che non c’è narrazione storica asettica: la campana della pace, un oggetto simbolico donato dai veterani inglesi, canadesi, italiani e tedeschi, riporta queste parole: “La guerra mai più - War never again - Nie Wieder Krieg. I veterani dei due esercti alla chiesa della pace e della riconciliazione”. Un programma che va oltre la ricostruzione memoriale, guarda sfrontatamente al futuro. La Chiesa, che era dedicata a San Pietro e che era stata costruita su un antico luogo di culto, riporta nel suo sfondamento, nel suo essere rimasta fossilizzata nella forma mutilata seguita ai bombardamenti, la sua funzione di fossile della memoria (nella foto). Diversamente dalla Biblioteca di Sarajevo, che è stata totalmente rinnovata grazie all’impegno del governo turco, ma come accade ad esempio con la Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche a
Berlino, la mancata ricostruzione è un monumento che mette il visitatore nello spazio della memoria, congelata e non restituita in forma rinnovata. Il museo ospita una parte espositiva, puntuale, precisa, e soprattutto senza censure sulle vittime, che furono da entrambe le parti. La raccolta fotografica esposta, che è costituita sostanzialmente da scatti di soldati - fotografi
delle linee britanniche, ricostruisce nel dettaglio i giorni del conflitto sul territorio, ma si estende anche negli avvenimenti successivi. L’intento riconciliatore è evidente nella selezione: si vedono i corpi dei camerati uccisi, dei tedeschi, uno dei pochi casi nei musei di memoria. Difatti, spesso tendono a guardare quel conflitto con la preoccupazione di deumanizzare l’altro.
Come scrisse il generale Leese, la battaglia di Rimini «fu una delle più dure battaglie della 8a Armata. La lotta si può paragonare a quelle di El Alamein, di Mareth e della Linea Gustav (Cassino)». E i segni di questa furia si leggono chiaramente nella ricomposizione visiva e narrativa dei fatti. Forse, riguardando questi straordi-
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nari scatti, straordinari perché fotografano qualcosa che è fuori dall’ordinario come lo è la guerra, ci possiamo rendere conto di quanto le immagini di Montescudo, diventata maceria dal passaggio del fronte, ricordi Aleppo. Di quanto la foto “Italiani senza casa che mangiano” ripeta la scena che purtroppo ancora rivediamo sui confini di un’Europa fortezza, dove uomini, donne e bambini cercano temporaneo rifugio all’aperto, con quello sguardo. È quindi una memoria attiva, con lo sguardo rivolto al domani quella che viene attivata da questa visita. Guardando la meravigliosa vista che si apre ai piedi di questo paese del riminese, che abbraccia nei giorni in cui la Romagna diventa trasparente, dal pesarese al ravennate e giunge anche a cogliere la virgola dei monti dell’Istria, si può veramente immaginare che cosa fu la tenaglia che frenò l’ascesa degli alleati sullo stivale. L’impegno americano a occidente abbandonò il fronte italiano, rendendo vana l’aspettativa di Churchill di arrivare prima dell’Armata Rossa nei Balcani. La camminata può proseguire, che questi sono luoghi speciali per il buon camminatore, sul sentiero dei musei, che porta a Valliano, attraversando un paesaggio disegnato da un pittore del ‘400. Ci si ritrova al Santuario, dove è ospitato il Museo Etnografico, ma dove soprattutto vale la pena di visitare la Chiesa. Se ancora i piedi e il fiato sono dalla vostra parte, potete concludere l’esperienza al bosco di Albereto, un bosco “relitto” come viene definito, perchè anch’esso come un sopravvissuto memoriale, racconta l’archeologia della macchia boschiva di queste zone un tempo: querce, robinie, frassini, prugnolo, ma anche l’albero del paradiso, introdotto da un missionario di ritorno dalla Cina in Inghilterra a metà ‘700, sono presenti in questo piccolo bosco di 25 ettari. A questo punto stanchi, ma ritemprati nel muscolo della memoria, potete concedervi il ristorante all’interno del Castello di Albereto, che vi regalerà anch’esso una vista indimenticabile. Chiesa della Pace Museo della Linea Gotica Orientale, via Ca' Bartolino - Montescudo tel 0541 984366 info@comune.montescudo.rn.it Orari di apertura al pubblico: Il museo storico è aperto il sabato e la domenica, dalle 14 alle 18 Sono consentite aperture su richiesta per scolaresche e gruppi telefonando al numero: 0541 864014 Museo Etnografico Ingresso: gratuito Mercoledì dalle 9 alle 12, venerdì dalle 9 alle 12, domenica dalle 15 alle 18.30, festivi dalle 15 alle 18.30
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JUNIOR
LIRICA
TEATRO
La fiaba musicale sulla guerra “dei topi e delle rane” per riscoprire anche Leopardi
In platea con la famiglia Panoramica tra gli spettacoli in programma in Romagna
Il compositore Alessandro Spazzoli
di Matteo Cavezzali
Leopardi? Fa ridere. La figura del poeta malinconico e solitario non è sufficiente a dipingere un quadro esaustivo su chi fosse realmente Leopardi, uno scrittore eclettico, complesso e con risvolti ancora da riscoprire. Con la fiaba musicale La guerra dei topi e delle rane commissionata dal Teatro Alighieri di Ravenna – in coproduzione col Teatro Comunale di Ferrara – al drammaturgo Giampiero Pizzol e al compositore Alessandro Spazzoli, il pubblico potrà ammirare un aspetto inedito del poeta di Recanati (in scena lunedì 18 e martedì 19 dicembre alle 10.30 per le scuole e lunedì 18 dicembre alle 20.30 per il pubblico - altro articolo a pagina 16). L’opera contemporanea trae spunto dal racconto dal titolo impronunciabile: Paralipomeni della Batracomiomachia, un poemetto satirico che Leopardi inizia nel 1831 a Napoli e finisce nel 1837, dettandolo dal letto di morte. Riprende in chiave ironica il Batracomiomachia che in greco antico significa appunto “Battaglia dei topi e delle rane”, un antico testo che era erroneamente attribuito ad Omero. Leopardi racconta tramite questa divertita riscrittura i tentativi di rivoluzione falliti negli anni ’20 dell’Ottocento. Gli austriaci diventano i granchi, descritti come razza “metallica, occhiterga, impettosguarda, ottipede, bicipite, intrattabile”, i Borbone sono rane e i patrioti liberali italiani sono topi. La trama ricorda una orwelliana “Fattoria degli animali” ante litteram: I liberali-topi, sconfitti dalle rane-pontificie e dai granchi-austriaci, eleggono su base costituzionale il re Rodipane, di cui diventa primo ministro il
conte – dall’evocativo nome – Leccafondi, intellettuale progressista e impegnato in politica; i granchi intervengono per reprimere questo regime, di cui non possono tollerare l'esistenza, mettendo in rovinosa fuga i topi. Il conte Leccafondi allora va in esilio per cercare aiuto per la sua patria oppressa, incontra Dedalo, e scende persino nel regno dei morti a chiedere consiglio ai topi defunti, che però rispondono alle sue domande con una fragorosa risata. Alla fine essi gli consigliano di rientrare in patria e rivolgersi al generale Assaggiatore. Leccafondi riesce a ritornare a Topaia e dopo mille insistenze ad ottenere l'aiuto di Assaggiatore. Il poemetto si interrompe qui, perché come spiega Leopardi, al manoscritto da cui aveva tratto la storia manca la parte finale che è però stata aggiunta in questa edizione da Pizzol. «Le riflessioni dell’autore sulla guerra con le sue futili cause e inaudite violenze, le domande sulla pace e sulla natura dell’uomo, sono attuali e colpiscono anche oggi chi segue lo svolgimento di questa opera che Leopardi, non essendo ormai più in grado di scrivere, dettava addirittura sul letto di morte sorridendo delle vicende di questi piccoli personaggi» spiega Pizzol. «I modelli di riferimento che ho usato per comporre la musica – aggiunge Spazzoli – sono stati tutti quei lavori che nella storia dell’opera hanno segnato un’evoluzione del linguaggio (Mozart o Stravinsky ma se ne possono citare tantissimi altri). Credo che oggi il teatro musicale debba fare un costante riferimento alla tradizione di quattro secoli che ci precede, ma non debba sentirsi legato a nessun genere specifico».
Tante proposte dedicate alle famiglie nei teatri della Romagna in dicembre e gennaio. Partendo da Ravenna entra nel vivo La Stagione dei Piccoli di Drammatico Vegetale. Al teatro Rasi domenica 4 gennaio alle 11 va in scena Doni della compagnia Is Mascareddas (teatro di figura dai 3 ai 10 anni): un racconto di Grazia Deledda, una favola dei fratelli Grimm, una fiaba araba e due leggende della tradizione popolare raccontano il gesto del dono e la magia che lo accompagna. Sempre al Rasi il 20 gennaio (ore 17) una rivisitazione della fiaba classica di Cenerentola raccontata con tanta ironia mescolando danza e teatro di immagine (consigliato dai 6 ai 12 anni) da Factory Compagnia (in scena anche il 21 gennaio alle 16 al Rossini di Lugo). Proseguendo nella stagione ravennate poi il 28 gennaio a Vulkano (San Bartolo) alle 15.30 lo Zoo di Pinocchio di Drammatico Vegetale (dai 3 anni), per un Pinocchio dal punto di vista dei tanti animali che popolano le pagine del libro. All’Almagià di Ravenna continua anche la stagione Le Arti della Marionetta con grande protagonista la compagnia ravennate che organizza la rassegna, il Teatro del Drago, che porterà in scena domenica 10 dicembre alle 11 e alle 17 per i più piccoli, già dai 18 mesi, Teo ha le orecchie curiose, il 6 gennaio i burattini tradizionali, con tanto di orchestra dal vivo per la festa danzante della Befana, e il 21 gennaio Trecce rosse, ispirato a Pippi Calzelunghe. Passando al Goldoni di Bagnacavallo il terzo e ultimo appuntamento in programma sarà il 3 dicembre alle 17 È Natale bambini, una produzione di Pandemonium Teatro scritta e interpretata da Albino Bignamini sul
“Zuppa di sasso” di Tanti Cosi Progetti
tema dell’accoglienza e dell’ascolto. Al Masini di Faenza il 10 dicembre alle 16 sarà la volta dei Fratelli di Taglia con Alice, spettacolo tratto dal celeberrimo racconto di Lewis Carroll. La rassegna proseguirà (il 21 gennaio alle 16) con una nuovissima produzione di Accademia Perduta/Romagna Teatri: Il gatto con gli stivali, uno spettacolo di Marcello Chiarenza con la regia di Claudio Casadio e interpretato da Maurizio Casali e Mariolina Coppola. In dicembre torna per il sesto anno consecutivo la rassegna al teatro Comunale di Cervia, in serale (sempre alle 21), nel periodo prenatalizio: il 2 dicembre l’inaugurazione con Zuppa di sasso, uno spettacolo scritto e interpretato da Danilo Conti della compagnia Tanti Cosi Progetti. Andrea Lugli, sublime narratore della compagnia Il Baule Volante, presenterà poi L’acciarino magico, spettacolo ispirato all’omonima e celeberrima fiaba di Hans Christian Andersen, con l’accompagnamento sonoro dal vivo di Stefano Sardi (9 dicembre); infine il 16 dicembre Sotto la neve, minuetto d’inverno di Accademia Perduta/Romagna Teatri.
Passando al Forlivese, Zuppa di sasso verrà riproposto anche il 28 gennaio (alle 16) al Piccolo di Forlì che invece domenica 14 (sempre alle 16) propone la versione della più classica delle fiabe del Teatro delle Briciole, Rosso Cappuccetto. Sempre a Forlì, al Testori domenica 21 gennaio (ore 16) appuntamento con Lost in translation - How to learn English in 58 minutes, dai 6 anni, con Carlo Maria Rossi e David Remondini, musiche originali di Carlo Cialdo Capelli; produzione testo e regia a cura di Marcello Chiarenza: attraverso una cornice, il pubblico viene introdotto in un’avventura in cui due personaggi rivivono in diretta le concitate fasi della costruzione di uno spettacolo in lingua inglese. Sabato 20 gennaio (alle 21) al teatro Dragoni di Meldola continua la stagione per famiglie con il Teatrino dell'Es e il suo La fiaba di Piumetto viaggiatore nell'arte di Cristina Pellegrini, con animazione di Vittorio Zanella e Rita Pasqualini e regia di Vittorio Zanella: fuori e dentro dalle porte dell’Arte, i piccoli spettatori protagonisti insieme a Piumetto, di avventure all’interno di opere famose, scoprono il rapporto tra arte, storia e fantasia e l’intensa relazione del colore con le emozioni (tecnica utilizzata: teatro d’ombre con bunraku). Passando infine al Riminese da segnalare la stagione del teatro Corte di Coriano (spettacoli alle 16.30): domenica 3 la compagnia La Contrada di Trieste porta in scena La gatta con gli stivali, spettacolo tratto dalla favola originale di Basile e realizzato con la tecnica del teatro d’attore con canto dal vivo, scritto da Livia Amabilino, con Valentino Pugliei, Francesco Godina ed Enza De Rose (regia di Elena Husu). Il 10 dicembre torna in Romagna, a Coriano, la compagnia perugina Fontemaggiore Teatro con il loro suggestivo Il tenace soldatino di stagno con Valerio Amoruso, Mauro Celaia e Nicol Martini (regia Maurizio Bercini). Il 17 dicembre, infine, appuntamento con il Pollicino di Accademia Perduta, con Claudio Casadio: un’occasione per confrontarsi con il sentimento della paura. Allo Spazio Tondelli di Riccione in gennaio due spettacoli consigliati per bambini a partire dai 6 anni. Domenica 14 gennaio alle 16.30 Il vecchio principe, con César Brie (che si occupa anche di testo e regia), Vera Dalla Pasqua, Fabio Magnani: un anziano paziente di un ospedale dice di venire da una stella su cui ha abbandonato un fiore... Il 28 gennaio (sempre alle 16.30) al Tondelli invece uno spettacolo di narrazione con video-ologrammi, L’albero della felicità di e con Giacomo Verde: un giovane non riesce a trovare un lavoro soddisfacente e una vecchia gli predice il futuro... Domenica 21 Gennaio (ore 16.30) invece al Teatro degli Amici di Bordonchio, sempre nel Riminese, Storie da mangiare de Le Strologhe: due cuoche strampalate, stanche di cucinare sempre gli stessi piatti, iniziano a giocare con i cibi; gli ortaggi si trasformano in personaggi fiabeschi e i bambini finiscono per guardare con occhi nuovi a quelle stesse verdure che spesso non amano (dai 4 anni). Concludiamo con il teatro della Regina di Cattolica, domenica 17 dicembre alle 16.30 la Compagnia Bella presenta La notte di Natale - Quell’asino di un bue, spettacolo affidato all' estro clownewsco di Bano Ferrari e giocato nel linguaggio circense fatto di gag e ritmo travolgente; domenica 14 gennaio invece appuntamento con il Pinocchio del Teatro del Drago, spettacolo di teatro di figura in cui immagini, musica e animazione si fondono; la scenografia e i pupazzi sono ispirati alle immagini di Alain Letort.
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L’APPROFONDIMENTO
Il valore simbolico nel “sacrificio” del maiale In Romagna la macellazione era un vero e proprio rito atteso da ogni famiglia contadina di Giorgia Lagosti
La macellazione del maiale, in Romagna, è un rito antico, legato purtroppo a un mondo ormai quasi in via d’estinzione. Era una di quelle consuetudini contadine, strettamente legate alla terra e ai suoi frutti, che seguivano il ritmo naturale del tempo e delle stagioni. Era una prassi che assumeva un valore simbolico e rappresentava un momento di sentita aggregazione sociale. Era un giorno di festa lungamente atteso nel quale, finalmente, si raccoglievano i sospirati frutti di mesi e mesi passati a nutrire amorevolmente il maiale, nella certezza che anche da quelle giornaliere attenzioni, dipendesse la bontà e l’abbondanza delle sue carni. Era un evento che i bambini attendevano con trepidazione e paura, consapevoli che assistere all’uccisione del maiale fosse una sorta di iniziazione. Era il sacrificio di un “personaggio” simpatico e grufolante divenuto, nei mesi, membro della famiglia: il momentaneo dispiacere per la perdita era però presto ricompensato dal valore vitale delle sue carni. Il maiale era un vero simbolo di abbondanza e fertilità tanto che la
Per i bambini
si trattava quasi di un passaggio di iniziazione sua morte, accidentale o per malattia, era vista quale presagio di sventure e carestie. La tradizione voleva che la macellazione trovasse il momento migliore dalla fine di novembre, dal giorno di Sant’Andrea, fino a circa a metà gennaio, al giorno di Sant’Antonio Abate. La scelta di questo periodo dell’anno era dovuta a una semplice ragione: le rigide temperature raffreddavano e asciugavano più velocemente la carne e
di conseguenza favorivano una più veloce lavorazione. Poi c’era anche chi aspettava ancora un po’, fino a febbraio inoltrato perché, con l’uccisione del maiale, si aveva l’impressione che i giorni di festa, dopo quelli del natale, si spingessero un po’ più avanti nel tempo. Chi se lo poteva permettere ne macellava due: uno, il più grosso, prima di Natale e l’altro verso la fine dell’inverno. Quest’ultimo sarebbe tornato utile alla ripresa dei lavori nei
campi, verso la fine di marzo o i primi di aprile, durante la zappatura del grano. Nel giorno prefissato, fin dalle prime luci dell’alba, fervevano i preparativi per il compimento del “rito”: le donne pulivano il luogo del “sacrificio”, di solito un angolo del porticato all’interno della corte, un capannone ricovero degli attrezzi o la “cameraccia”, la stanza della casa, rigorosamente non riscaldata, adibita alle grandi lavorazioni.
Poi arrivava il “norcino”, figura itinerante che viaggiava di casa in casa per offrire la propria esperienza, portando con sè tutti gli strumenti necessari per l’operazione. Ma il maiale era già morto ed era già stato dissanguato: raccolto in un recipiente di terracotta, il sangue ancora caldo, e arricchito con uva passa e pinoli, avrebbe dato vita al sanguinaccio. L’indomani, già solidificato, veniva affettato e gustato con grande piacere.
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45 LA STORIA SIMBOLI,
Tornando alle lavorazioni vere e proprie, si cominciava sezionando le carni, poi si lavoravano quelle per il consumo fresco, quelle che avrebbero sfamato la famiglia nelle prime due o tre settimane: si metteva il fegato nella rete, si tagliava la cotica, si stringevano i ciccioli con le tradizionali ganasce di legno, si preparava la salsiccia da stagionare, quella “matta”, i cotechini, i salami, i “gentili” da mangiare il giorno di Pasqua, il lardo da maturare sotto speziatura, le golette lavorate come il lardo, la coppa di testa, i prosciutti (che non sarebbero stati consumati prima dell’anno successivo), la coppa, lo strutto… si raccoglievano anche il pelo, le unghie e i denti: sarebbero serviti per fare pennelli e bottoni. Una volta che tutta la carne del maiale era stata lavorata e “confezionata”, dopo che erano stati salati i prosciutti, le coppe e le spalle rimanevano solo le ossa: messe inizialmente sotto sale, anche queste avrebbero trovato un loro ruolo. Nei primi giorni dopo la macellazione, nelle cucine della pianura, sulle tavole l’azdora avrebbe portato il cervello saltato in padella con olio o strutto, il trippino preparato in umido, la pancetta fresca rosolata a pezzetti in padella e servita con i radicchi di campo (i tipici “bruciatini”), il cuore o il rognone cotti sulla brace dopo una marinatura in olio e vino bianco, la graticola di salsicce o di braciole di lonza nelle famiglie più abbienti. Poi, finito tutto il “fresco”, una mattina sarebbe andata a dissalare quelle ossa che, assieme alla sola conserva di pomodoro, avrebbero insaporito un intero paiolo di brodo a cui destinare i gratè (i monfettini), il riso o del semplice pane raffermo. Finita la minestra ogni commensale si sarebbe servito la sua parte di ossa per “piluccare” la poca carne rimasta, davvero poca ma saporitissima.
NEL DETTAGLIO L’ALLEVAMENTO DEL MAIALE Siamo agli inizi del secolo scorso, in una delle tante famiglie contadine della pianura romagnola. Ai primi di febbraio si preparava il porcile, lo “stalletto”, lo si disinfettava con la calce viva, dal soffitto al pavimento, fino a che non diventava tutto bianco. Poi si approntava un giaciglio di paglia fresca, quella dell’ultima trebbiatura e si andava a comperare il maialino: entro i 15 chili, un lattonzolo (latèun). Se ci fosse stata la possibilità di scegliere, la schiena a coppo era segno di buon magro e poco lardo, il posteriore tondo avrebbe dato bei prosciutti e la coda riccia avrebbe allontanato il malocchio. Durante i primi mesi si allevava con gli avanzi di cucina poi, da fine settembre, cominciava l’ingrasso: un mese a zuppa di mais, farina di polenta, ghiande e erba medica bollita e il mese successivo a scarti di patate e farina di orzo. Accudire il maiale rappresentava un impegno quotidiano, costante e inderogabile. E il tutto era sulle spalle della donna di casa, l’azdora!
SIGNIFICATI E IMPORTANZA ATTRAVERSO I SECOLI
Zoologicamente parlando, il maiale domestico (sus scrofa domestico) è un mammifero artiodattile appartenente alla famiglia dei Suidi, la stessa famiglia del cinghiale. Di natura onnivora, predilige un ambiente ricco di acqua e vegetazione, e ama nutristi soprattutto di ghiande e faggiole. Si ritiene che l’antenato più prossimo del maiale sia proprio il cinghiale (sus scrofa ferus) diffuso in misura considerevole già 10 milioni di anni fa, sia in Europa che in Asia e Nord d’Africa. La sua origine quindi è antichissima. Le più lontane raffigurazioni dei progenitori del suino, risalenti a 40mila anni fa, sono state rinvenute sulle pareti della grotta d’Altamira in Spagna ma i primi a dar inizio ad una primitiva forma di allevamento, furono i cinesi, oltre 7mila anni fa. In Europa, invece, ne troviamo traccia molto tempo dopo, nel VI sec. a.C., presso le civiltà dell’Antica Grecia, dove il maiale rivestiva un ruolo importante non soltanto nella sacra sfera del rito religioso, in quanto vittima sacrificale offerta agli dei per ingraziarsi il loro favore, ma anche nell’ambito terreno e “profano” della cucina. La carne di maiale, infatti, era consumata in abbondanza: prosciutti, salsicce, braciole e zampetti erano alla base di gustosi piatti, immancabili in lauti banchetti. Una vera prelibatezza poi era il “ciceone”, una bevanda corroborante e molto apprezzata, da consumare nelle grandi occasioni, ottenuta stemperando nel vino, farina d’orzo, formaggio e miele, accompagnata da pezzetti di carne di maiale. Ancora, le popolazioni del passato, a partire dai Romani, avevano un’alta considerazione del maiale, tanto da “impiegarlo” come mezzo di comunicazione tra dei e uomini: per gli aruspici etruschi e latini cercavano segni della volontà divina nelle viscere dell’animale. E ciò valeva anche per Virgilio, che usò una scrofa bianca, da sempre simbolo di fertilità, per indicare ad Enea la spiaggia dove sbarcare. La moltitudine di riferimenti letterari dedicati ai suini dimostra la loro importanza nella vita quotidiana: dall’Odissea di Omero alle citazioni di Plinio, fino ad arrivare alle descrizioni dedicate da Carlo Levi ai “sana scrofe” nel Cristo si è fermato ad Eboli. Anche il cinema ha dato il suo contributo nel rendere eterni le tradizione e gli usi popolari legati al maiale: basta citare le scene della macellazione contenute ne l’Albero degli zoccoli di Olmi e in Novecento di Bernardo Bertolucci, nonché quelle del film che nel 1969 inaugurò una nuova stagione del cinema tedesco, Scene di caccia in bassa Baviera di Peter Fleischmann. Infine, per quanto riguarda la pittura, non c’è secolo e corrente artistica in cui non compaia il suino: dalle prime raffigurazioni dei maiali selvatici del 1100 fino ad Andy Warhol. Ciononostante, con il diffondersi della cristianità, per via della sue frequenti riproduzioni che l’hanno caricato di una simbologia legata alla lussuria e all’impurità, significati negativi si sono sovrapposti all’immagine immacolata del maiale.
LA RICETTA
OSSA
DEL MAIALE CON IL SUGO
Ingredienti 1 kg di ossa di maiale 2 scalogni 80 grammi di guanciale stagionato 500 grammi di pomodori pelati e schiacciati a mano Olio extravergine di oliva Preparazione In un tegame capiente rosolare lo scalogno tritato con l’olio e poi aggiungere il guanciale. Dopo qualche minuto unire anche le ossa e farle rosolare per bene. A questo punto aggiungere i pelati schiacciati e il rosmarino, regolare di sale e lasciare cuocere a lungo, su fiamma bassa, mescolando di tanto in tanto. Se si vede che il sugo tende a restringersi troppo aggiungere qualche cucchiaio di acqua calda. Dopo circa un’ora e mezza il piatto è pronto: si può gustare come un secondo, semmai accostandolo a delle belle fette di pane casereccio, altrimenti il sugo è perfetto per condire una pasta fatta in casa, tipo le tagliatelle.
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46 SANTA LUCIA A FORLÌ LA FIERA DEL TORRONE PER LE DONNE INNAMORATE A Forlì il 13 dicembre Corso della Repubblica e piazza Saffi ospitano dalle 7.30 fino alle 20 la Fiera di Santa Lucia, tradizionale festa del torrone dedicato alle donne innamorate. In prossimità della chiesa dedicata alla Santa saranno allestite delle bancarelle che metteranno in mostra croccanti, torroni, dolcetti, golosità varie e giocattoli. Uno scatto dalle passate edizioni del Paese del Natale di Sant’Agata Feltria
EPIFANIA A FAENZA
SI BEVE IL “BISÒ” DURANTE IL ROGO DEL NIBALLO
LA FESTA DE BAGOIN VILLA TORLONIA
MA LA TORA
A
NATALE
Si mangia tra renne e zampogne a Sant’Agata Feltria A Faenza, la Vigilia dell’Epifania è dedicata alla Nott de’ Bisò, manifestazione conclusiva del Palio che si svolge ogni anno nella quarta domenica di giugno. Il Niballo, grande fantoccio raffigurante Annibale, il guerriero saraceno che simboleggia le avversità, viene bruciato nella serata del 5 gennaio in un enorme falò al centro della piazza, dove giunge, secondo un’antica tradizione, su un carro trainato da buoi. Il Rione vincente del Palio dell’estate (quest’anno il Giallo) ha il diritto a trasportarlo e a bruciarlo. La festa ha il suo apice nel momento in cui il rappresentante del Rione, vestito con tradizionale costume cinquecentesco, dà fuoco al Niballo mentre si beve “bisò” (il caratteristico vin brulè) nei gotti, le ciotole di ceramica faentina.
SUA MAESTÀ IL MAIALE
In dicembre, nei giorni festivi che precedono il Natale (domeniche naturalmente comprese), torna a Sant’Agata Feltria la manifestazione “Il Paese del Natale” che richiama ogni anno migliaia di visitatori. Nella piazza del mercato è allestita la “Casa di Babbo Natale e degli Elfi” attorno alla quale si organizzano eventi legati ai bambini delle scuole. A questa casa fanno da cornice due renne, che trainano una slitta giunta insieme a loro dalla Lapponia e che di recente sono state protagoniste del film “Il mio amico Babbo Natale”.
All'interno della manifestazione si svolgono spettacoli legati ad antiche tradizioni: zampognari, musiche natalizie e band di Babbo Natale. La gastronomia diventa la riscoperta dei piatti caratteristici della nostra tradizione locale. I ristoranti, le trattorie e le locande propongono per l’occasione l'affermato percorso gastronomico “I Piatti dell'Avvento” preparato secondo usi e tradizioni del nostro Natale. I piatti si possono apprezzare anche nell'accogliente atmosfera della "Mangiatoia", un ampio stand coperto e riscaldato all'interno dell'area fieristica.
Da venerdì 19 a domenica 21 gennaio è in programma a Villa Torlonia (San Mauro Pascoli) la tredicesima edizione della “Festa de Bagoin ma la Tora” (la festa del maiale alla torre) in coincidenza di Sant’Antonio Abate. Un appuntamento che ripropone un’antica tradizione della società contadina che si svolgeva proprio alla torre fino a pochi decenni fa. La festa del maiale, infatti, non è solo un momento di degustazione gastronomica ma la riscoperta di un modo di lavorare la carne direttamente sul posto per far riscoprire tradizioni di un tempo ormai scomparse.
A MONTIANO SI LAVORA LA CARNE SOTTO IL TENDONE Giunge alla 13esima edizione la Festa del maiale di Montiano. L’appuntamento è per il 28 gennaio con il clou in piazza Maggiore. Il programma prevede, come negli scorsi anni, la lavorazione delle carni del maiale sotto al tendone della Pro Loco e la possibilità di sentire gruppi di pasquaroli in piazza.
Cucina - Butega - Enodegustazione Prodotti tipici - Goloserie Da noi il Pranzo di Natale è la tradizione con un tocco di magia e la Cena di Capodanno è la festa dei sapori che non finisce mai Scopri i menù sulla nostra pagina Facebook! Ravenna, Via Ravegnana 677- C. 391 4736672 T. 0544 534418 alcircolinora@gmail.com
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Antipasti freddi
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Alici marinate - Insalata di mare con aragostelle - Polipo al vapore con patate Salmone marinato con zucchero e ginepro Pesce spada affumicato Carpaccio di tonno Pinna Gialla Scampi alla mediterranea
Antipasti caldi Seppia e piselli Moscardini con fagioli borlotti Mazzancolle al sale Primi piatti Risotto alla marinara Ravioli al salmone
Antipasti caldi Gamberoni al sale dolce di Cervia Seppia con porcini Moscardini con fagioli borlotti Primi piatti
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