FREEPRESS n.38
APRILE 2018
MUSICA • TEATRO • LIBRI • ARTE • CINEMA • GUSTO • RUBRICHE
Prezzo €AGG 0,08IO PIA OM CO ISSN 2499-0205
ISTANTI ANDANTI A RAVENNA GLI SCATTI DEL FOTOGRAFO ALEX MAJOLI DELL’AGENZIA MAGNUM
Uno degli scatti di Alex Majoli che saranno esposti alla mostra “Andante” del Mar di Ravenna
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MUSICA ROCK GABRIELLI, DAI CALIBRO 35 AL TOUR CON PJ HARVEY
CLASSICA INTERVISTA AL GRANDE VIOLINISTA NORDIO
TEATRO LA COMPAGNIA SPAGNOLA EN VILO TORNA A FORLÌ
CINEMA CINQUE FILM DA NON PERDERE IN APRILE
COPERTINA FOTOGRAFIA: A TU PER TU CON ALEX MAJOLI, IN MOSTRA AL MAR
LIBRI LA PAROLA A MARCELLO SIMONI, AUTORE DI BEST SELLER
BIBLIOTECA LA NOSTRA VISITA ALLA GAMBALUNGA DI RIMINI
GUSTO LA TRADIZIONE DELLE MINESTRE NELLA ROMAGNA CONTADINA
LE STELLE DEL NOUVEAU CIRQUE A RIMINI CON ALIS Fa tappa il 14 e il 15 aprile al palazzetto Rds Stadium di Rimini il tour internazionale di Alis, spettacolo ispirato ad Alice nel paese delle meraviglie de Le Cirque with the World’s Top Performers, compagnia formata da celebri performer del “nouveau cirque” e del rinomato Cirque Du Soleil (nella foto la giovanissima Asia Tromler). Le coreografie sono firmate da Ugo Nespolo e le musiche sono composte dall’ensemble torinese La Femme Piege.
R&D Cult nr. 38 - aprile 2018
Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1427 del 9 febbraio 2016 Editore: Edizioni e Comunicazione srl Via della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Direttore Generale: Claudia Cuppi Pubblicità: direzione@reclam.ra.it tel. 0544 408312 Area clienti: Denise Cavina tel. 335 7259872
Amministrazione: Alice Baldassarri, amministrazione@reclam.ra.it Stampa: Centro Servizi Editoriali srl Stabilimento di Imola - Via Selice 187/189 - 40026 Imola (Bo) Direttore responsabile: Fausto Piazza Redazione: Federica Angelini (coordinamento redazionale), Luca Manservisi, Serena Garzanti (segreteria), Maria Cristina Giovannini, Gianluca Achilli (grafica). Collaboratori: Erika Baldini, Roberta Bezzi, Alberto Bucci, Matteo Cavezzali, Bruno Dorella, Francesco Farabegoli, Iacopo
Gardelli, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Filippo Papetti, Guido Sani, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA
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LA ROMAGNA IN CUFFIA
Ravaglioli, un segreto da confidare
aprile 2018
l’intervista
Dal liscio romagnolo al tour con PJ Harvey, «E ora un romanzo...» Parla Gabrielli dei Calibro 35, atteso a Savignano
a cura di Luca Manservisi
Piuttosto in sordina e praticamente senza particolari annunci social, come va invece molto di moda in questi anni, il 18 marzo è uscito (in collaborazione nientemeno che con la Warner Chappell Music) Ti confido un segreto, nuovo album del compositore e polistrumentista ravennate Christian Ravaglioli. Un nome che potrebbe rischiare di rimanere nell’anonimato, nonostante le collaborazioni illustri del passato (ha scritto musica per il cinema, la Rai e il teatro – anche con Alessandro Bergonzoni –, suonato con e per John De Leo, Jovanotti, Vinicio Capossela, Marc Ribot e Trilok Gurtu) e un altro lavoro dall’evidente respiro internazionale. Un album che arriva quasi quattro anni dopo (senza considerare l’omaggio al liscio romagnolo dell’anno scorso de Il respiro della mia gente), un gioiellino di cui avevamo già parlato su queste pagine, Il giovane valzer. La disomogeneità di allora, però, oggi si risolve in un album più stringato (34 minuti in tutto) e probabilmente riuscito rispetto al precedente. A questo giro Ravaglioli, pur non cantando (a parte l’originale, inquietante e allo stesso tempo divertente “Claustrofobic song”), si concentra più sulla forma canzone (a partire dalla dichiarazione d’intenti del pezzo di apertura con Sarah Jane Morris alla voce), alternando equamente “song” a pezzi più brevi interamente strumentali (sei su dodici). I rimandi vanno da Yann Tiersen alla neoclassica, dal jazz ai Sacri Cuori (tra i tanti ospiti che arricchiscono il lavoro) fino alle atmosfere desertiche dell’Arizona (ci sono anche membri dei Giant Sand e i fiati dei Calexico, senza contare che un pezzo è pure registrato da Craig Schumacher nel suo studio di Tucson). A rendere il disco ancora più internazionale poi le voci, oltre che della Morris, di Marianne Dissard, Carla Lippis e Dan Stuart dei Green on Red (in uno dei pezzi migliori del lotto). Il tutto sotto la supervisione di Ravaglioli che suona (bene) di tutto (andando a memoria almeno piano, synth, organi, clarinetti, oboe, sax, fisarmonica, corno inglese) ma soprattutto arrangia con gusto sopraffino, rendendo interessanti anche ballate forse fin troppo tradizionali.
di Luca Manservisi
Nome probabilmente sconosciuto al grande pubblico, il toscano Enrico Gabrielli, 42 anni in ottobre, è una delle figure più importanti della scena musicale italiana, rock o contemporanea che sia. Polistrumentista (suona in particolare clarinetti, flauti, sassofoni, tastiere e percussioni) e compositore, dieci anni fa ha fondato i Calibro 35, tra i gruppi italiani più internazionali di sempre, e n el corso della sua carriera ha partecipato a svariati progetti e collaborazioni, anche con mostri sacri come Damo Suzuki dei Can, Mike Patton dei Faith No More o Steve Wynn dei Dream Syndicate, ha collaborato con Vinicio Capossela, ha suonato con i Gong, è stato uno degli Afterhours, ha fatto parte delle band di Daniel Johnston e, più recentemente, PJ Harvey ma anche tanto, davvero tanto altro. Per ese mpio, sarà in Romagna in veste di scrittore, ospite dell’ultimo appuntamento di “Lettori musicali”, il 5 aprile (dalle 21.30) alla Vecchia Pescheria di Savignano, rassegna di “musicisti che leggono ad alta voce”. Nel suo caso, leggerà (oltre a proiettare video che ha creato appositamente) il suo primo vero e proprio libro, Le piscine termali, una raccolta di diciassette racconti fantascientifici supportata dallo staff del magazine “Parallaxis” e pubblicato da EKT - Edikit, «tutte cose piccole ma fatte con anima, testa ed entusiasmo». Come è nato il libro? Quali sono i tuoi riferimenti letterari e quanto ti ha influenzato il fatto di essere un musicista? «Il lavoro a Le Piscine Terminali è stato lungo circa un anno e mezzo durante il quale ho collezionato una ventina di racconti di durata breve, in alcuni casi brevissima. Li ho chiamati con la qualifica di “fantascienza nera e dell’imprevisto” che assieme alla quarta di copertina di Valerio Evangelisti (che lo ha spronato a pubblicare, ndr) danno una chiara idea di cosa stiamo parlando. Scrivo da molto tempo, soprattutto per appuntare elementi narrativi durante i lunghi periodi di tour degli scorsi anni, e forse è proprio in questo che si vede il mio essere musicista. Scrivere per me non è un diletto, ma si pone al centro della mia vita privata, ovvero la fucina di tutte le mie intenzioni creative esterne. Attualmente sto lavorando a un primo romanzo e ad alcuni racconti lunghi. Ne ho già un bel po’. Le Piscine Terminali è nata dopo un periodo di ritorno alla mia forte passione per la narrativa paradossale, come quella di Dino Buzzati e di Roal Dahl». Passando alla musica, l’ultimo album dei tuoi Calibro 35, Decade, uscito in febbraio a dieci anni dalla nascita, pare una sorta di manifesto del vostro lavoro. Nonostante la grande varietà, credi che la formula dei Calibro possa iniziare a farsi ripetitiva, come dice qualcuno? Credi ci saranno cambi di rotta dal punto di vista musicale in futuro? «I Calibro 35 non sono band da fare manifesti e non sono un progetto che ha bisogno di cristallizzare qualcosa: sono una grande equipe di lavoro che fa al meglio quello che c'è da fare “ora”. Un approccio molto concreto, poco concettuale ed elucubrativo. Non ho idea del futuro. Soprattutto perchè il presente, essendo Decade uscito da pochissimo, è già abbastanza futuro». I Calibro sono anche tra i gruppi sicuramente più esportabili (ed esportati) della scena italiana e tu stesso hai svariate collaborazioni in giro per il mondo. Come riesce a uscire dai confini, da musicista italiano? «Provo grande imbarazzo in generale di fronte a una domanda su “come si fa a fare qualcosa”, piu che altro perchè se rispondessi con una certa sicumera potrebbe sembrare che esistano ricette o metodi. Purtroppo, per mia esperienza personale, non ce ne sono e tutto è un groviglio di casi, coincidenze, eventi fortuiti e anche (perchè no?) casi sfortunati. Come
«Da musicista italiano all’estero nessun problema: smettiamola con il disfattismo da manuale»
italiano non ho percepito nessun tipo di declassamento dovuto alla mia provenienza. Anzi credo sia un po' una fissazione quella che siamo una nazione involuta, arretrata e fanalino di coda di chissà quale macrosistema: è il caso di smetterla con certo disfattismo da manuale e meglio sarebbe restare nel filo del realismo socioeconomico, ovvero che siamo una nazione europea, dunque più ricca del Laos, più integrata culturalmente dell'Austria, più vicina all'epicentro delle cose della Nuova Zelanda. In questo quadro noi potremmo scoprire di non essere così alieni, che l'Europa è il necessario continente da cui partire e che ormai l'inglese lo parlano tutti i bambini da Reggio Calabria a Bolzano. E quindi le differenze tra l'Italia e il resto del mondo sono troppo poche per essere sensibili. Tolto che la gente del cavolo è parte di una sola bandiera internazionale». Come si riesce a mettere in piedi così tante collaborazioni e progetti diversi? Si rischia di perdere la propria strada? Cosa credi di portare di tuo nelle collaborazioni con altri musicisti? «Rispondo in breve: è tutto semplice se si fanno le cose con l’unico interesse di farle. Qualsiasi impalcatura mentale, qualsiasi desiderio di perfezione o di mantenimento di un se stesso idealizzato è fonte di rallentamento. C'è a chi piace andare in discesa col freno e chi va in folle. Lascio ad altri la scelta; io personalmente vado e basta». Tra le tante collaborazioni voglio chiederti di più sull’ultimo album e tour con Pj Harvey, secondo me uno dei progetti più emozionanti, ambiziosi e riusciti degli ultimi anni in ambito rock al mondo… Hai qualche aneddoto sulla nascita del disco e il successivo tour a cui hai preso parte? «L'aneddoto degli aneddoti è che non ci sono aneddoti: e questo stupisce più di ogni altra cosa perchè so che una persona esterna potrebbe immaginarsi chissà quale delirio rock'n'roll nel dietro le quinte di un tour del genere. Polly è la persona più tranquilla, metodica e pacata del mondo e tutto il tour è stato un susseguirsi di giornate preorganizzate, viaggi lunghi ed estenuanti e tempistiche precise come un orologio svizzero. Anzi inglese». Nella tua carriera con L’Orchestrina di Molto Agevole hai pure omaggiato il liscio romagnolo. È davvero il nostro jazz? «Il liscio è la musica della “simpatia”, nel senso scientifico del termine ovvero nel mettere in vibrazione le cose. Non è un caso che il maestro dei maestri del liscio, Secondo Casadei, era un violinista, e il violino mette in simpatia le corde. Poi è diventato quasi un identità romagnola l'essere simpatici e mica è poco! L'Orchestrina di Molto Agevole è stata l'occasione di approfondimento di molto del repertorio tradizionale, che è quello più bello, niente a che vedere con la versione pecoreccia del post Raoul. Per me, il liscio, andrebbe insegnato nelle scuole come massimo esempio di musica popolare peninsulare». Sei da poco stato ospite del programma di Manuel Agnelli sulla Rai, raro esempio di un servizio pubblico che si occupa davvero di musica. Ti è piaciuto “Ossigeno”? È vero che in passato ti è stato chiesto di partecipare nello staff di X Factor? «Mi è piaciuto “Ossigeno”, sì. È anche vero che mi chiesero anni fa di fare il producer a quel talent. Ma non è proprio cosa per me. Potrei patire le pene dell'inferno».
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aprile 2018
“punk sconvolto”
Il rock è finito nel 2015 Ora l’importante è crederci davvero Sui Protomartyr e «l’indie ormai standardizzato»: la solita roba, ma che dal vivo spacca, ad uso e consumo di trentenni e ultratrentenni I Protomartyr, attesi al Bronson il 18 aprile
POPPONI Il Decameron del pop, limitatamente a quel che succede il mese prossimo in un raggio di 30 km di Francesco Farabegoli
“Una sorta di Azealia Banks dei poveri senza un decimo del talento di cui già l’Azealia originale è priva”
neranno finalmente di moda i Janitor Joe? Ho fatto dieci o quindici anni di giornalismo musicale duPoi purtroppo il rock è finito. Parliamo del 2015 o qualcoro e puro utilizzando tutto il gergo classico del giornalista sa del genere. La stampa ha deciso, per la maggior parte, musicale italiano. Presente? Se ci fossi ancora dentro inizieche suonare la chitarra non è più cool, che il futuro è dei rei questo pezzo dicendo “le prime avvisaglie di ciò che in macomputer, che ogni disco in uscita con dei musicisti tradizioniera forse impropria andremo in questa sede a definire punk nali sia una puttanata celebrativa con un senso d’esistere sconvolto possono essere ragionevolmente fatte risalire all’esmolto limitato. Fanno salvo, paradossalmente, alcuni grupsenza ideologica stessa del movimento punk, alla sua ricerca copi di cui potreste aver letto in giro se vi piace leggere le classciente di chaos ed anarchia, e alle tendenze autodistruttive di sifiche di fine anno. In un periodo stradominato dall’hip molti eroi del genere. Queste tendenze autodistruttive sono state hop gente tipo Cloud Nothings, Algiers, Parquet Courts e per lungo tempo imbrigliate all’interno di un format osservante appunto Protomartyr: ogni tanto fanno un disco nuovo che e mercificato, ma alla fine degli anni novanta un manipolo di viviene ospitato nella playlist di fine anno di Pitchfork, e le desionari lavorava ai margini della scena underground per reintroscrizioni sono quasi sempre le stesse. All’interno di un indiedurre elementi di geniale follia all’interno del post-hardcore. In rock ormai standardizzato, finalmente un’interpretazione origiquel momento realtà periferiche del sottobosco statunitense hannale e intensa. Tendenzialmente sono cazzate, nel senso che no gettato le basi per la costruzione di un suono sbilenco e dispapoi uno si mette su il disco ed è la solita roba che funziona in ri che avrebbe fortemente influenzato molte delle interpretazioni quei contesti: recuperi più o meno wave, casse più o meno più esposte del disco-punk”. dritte, vocals più o meno eccitate. La ragione per cui stanno Nello scrivere di musica ci sono tre regole: la prima è che lì è che questa gente sembra crederci davvero, che ha un atdevi farti delle basi solide, la seconda è che a un certo punto devi smettere con le basi solide e iniziare a scrivere roba legteggiamento piuttosto sobrio e poco sputtanato, e che gibile, la terza è che a un certo punto devi smettere e iniziaquando li vedi dal vivo spaccano i culi. Anche qui, è gente partito per via di certi gruppi/etichette ultrapunk, e funre a fare roba seria. Io personalmente mi sento tra la fase 1 che spacca i culi ad uso e consumo di trentenni e ultratrenzionò talmente bene che dopo 4-5 anni di esperimenti ci si e la fase 2. La mia cosa preferita è scrivere CHAOS con l’actenni – che non è la prima cosa che pensi ascoltando un buttarono tutti quanti. Erano i primi anni del ventunesimo gruppo il cui ultimo disco è cantato da uno che sembra aver ca, non so perché mi prenda bene, probabilmente perché registrato le parti vocali dentro una caverna nel 2017 secolo. Da lì in poi qualunque gruppo indie abbia funzionato nella mia testa è una citazione dei Sepultura. Comunque avanti cristo. Io personalmente sono contento che i Protodal punto di vista giornalistico e/o di pubblico era impostal’argomento di oggi sarebbe un gruppo di Detroit che si to sugli stessi criteri: recuperi più o meno wave (oltre al danchiama Protomartyr, il quale nella mia testa suona punk martyr vengano a suonare a Ravenna: non solo mi fa piacecepunk andava molto anche la roba tipo Jesus and Mary sconvolto ma in altre teste è descritto come una delle poche re entrare in un locale da concerti e non sembrare un poliChain), casse più o meno dritte, parti vocali più o meno ecespressioni di vitalità all’interno del rock contemporaneo e/o la ziotto per ragioni anagrafiche, ma non li ho mai visti dal vicitate. Verso il 2010, epoca in cui smisi anche il gergo del testimonianza che chitarra basso e batteria hanno ancora notevo e mi fa piacere ci sia modo di recuperare, che sia di fianco a casa mia e che si possa andare a dormire a un orario degiornalista musicale, ne ebbi abbastanza anche io: come è voli potenzialità espressive. cente. Sempre viva il punk sconvolto. possibile che questa roba continui a far gente? Quando torPasso indietro. I Protomartyr esistono dai primi anni dieci e fanno dischi che nel giro sono molto considerati. La mia uscita preferita dei Protomartyr è un 7” di 4 canzoni (tipo 8 minuti di musica in totaAl Bronson anche le) intitolato COLPI PROIBITI, e ovviamente lo preferisco perché il titolo è in italiano ed è eviWilson e Carla Dal Forno dentemente una citazione del mitico film con Van Damme in cui lui si fa rinchiudere in carceI Protomartyr re e inizia a fare a botte con tutti per sgominare di cui si parla una banda di trafficanti di organi umani (titolo nell’articolo originale Death Warrant, del film ovviamente – il principale sadisco è intitolato Colpi Proibiti, appunto). ranno in concerto mercoInciso: c’è tutta una sottocultura di punk che ledì 18 al Broncitano il cinema trash con nomi di gruppi, etison di Ravenchette e titoli di dischi. Ad esempio nomi di etina che in aprichette come Dim Mak, l’etichetta di Steve Aoki le ospita an(da Senza esclusione di colpi, sempre con Van che una delle % !"' '(" #"&'" % ! .(! " #"%'" Damme) o Gern Blandsten, gruppi come Yaphet due date italiane del cantautore Kotto – è un legame a doppio filo che non è stato " ! - !'%" ''+ americano Jonathan Wilson, chitarmai davvero esplorato fino in fondo, ci farei una '%") . " '(% " &'"% " "%'" ! rista di Roger Waters e produttore tesi di laurea ma dovrei iscrivermi al Dams e ho di Father John Misty, impegnato a paura che mi prendano per un fricchettone. - #" !(' !"' !" % '' promuovere il nuovo album "Rare Tornando all’argomento, il “giro” in cui i Birds". Il 26 l’appuntamento è inveProtomartyr sono considerati è quello diciamo ce con l’artista australiana, di stanza così indie rock, o meglio, il giro di persone che a Londra, Carla Dal Forno (nella foseguivano l’indie rock vent’anni fa e hanno to), tra elettronica, pop e folk. L’alcontinuato ad ascoltarlo e vedere i concerti tro nome internazionale del mese nonostante l’uso per loro improprio della padel Bronson è quello in programma rola “indie”. Quando parlo di “uso improprio” . !' %!" "%'" (% &' " .,!' % venerdì 6: ancora dagli Stati Uniti, mi riferisco ad una corrente di gruppi vagatornano gli A Hawk And A Hack(' " %) % "! " '% !! &# % !* mente legati a certe dinamiche del fashion desaw, duo folk del fisarmonicista e # % $( & & ' #" )"%" !(' !* "! sign che nei primissimi anni duemila diventabatterista Jeremy Barnes e della rono di gran moda. The Rapture e cose così: "& " !" # %&"! ** * "! !' %! violinista Heather Trost. Da segnalacasse a quattro quarti, influenze new wave e re anche il 7 il concerto del cantauroba simile. Artisticamente era un ripescaggio tore siciliano Colapesce e il 14 i Madi tutto il discorso punk-funk dei vari Fall, Joy (! " % . !!(!* " %) muthones, tra i pionieri della “psiDivision, Gang Of Four: ritmi scheletrici, chichedelia occulta” italiana. tarrine affilate e parti vocali più o meno eccitate. Era un ripescaggio che a ragion veduta era
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suoni Flavio Giurato, al Cisim il 27 aprile
rock club ravenna
GIURATO E VERARDI, CANTAUTORI DI CULTO Attesi al Cisim e al Moog Al Clan garage messicano Detto dei due principali rock club, Bronson (a pagina 5) e Rock Planet (a pagina 7), sono diversi altri gli appuntamenti dal vivo di caratura anche internazionale nei locali della provincia di Ravenna. Al Fargo (il bar dello staff Bronson in centro a Ravenna) il 5 aprile live di Veda Black, giovane cantautrice e producer londinese tra R&B e alternative soul, e il 14 appuntamento invece all’ora dell’aperitivo con Jerry Springle, cantante/scrittrice ucraina che si accompagna con l’ukulele. Lo stesso giorno (ma più tardi) al Cisim di Lido Adriano il 14 aprile appuntamento con la folle “narco-samba” dei riminesi Ponzio Pilates che presentano in concerto il loro nuovo disco, Sukate. Ma l’appuntamento più atteso al Cisim è senza dubbio quello del 27 con Flavio Giurato, cantautore di culto per addetti ai lavori e appassionati, Giurato sarà al Cisim per presentare il nuovo album Le promesse del mondo con band al completo. Altro nome di culto tra i cantautori italiani è il brindisino Amerigo Verardi, atteso invece al Moog di Ravenna (il 5 aprile con “band psichedelica”), che poi ospita invece il 25 lo schoegaze dei Pinkshinyultrablast, addirittura da San
hip hop
aprile 2018
Pietroburgo. Arrivano dagli Stati Uniti invece i Dry Faser (pop-rock psichedelico), con tra i membri anche la piccola icona rock Thalia Zedek, attesi il 20 aprile all’Abajur, sempre a Ravenna, che ha in programma (tra gli altri) anche i concerti del trio mantovano (garagepunk) Bee Bee Sea del cantautore romano Emiliano Angelelli in arte Hugomorales (il 19) e il rock psichedelico dei Beat Degeneration, fondati da Guido Giorgi (Jennifer Gentle, Sub Pop). Passando al Kinotto (a Borgo Masotti, pochi chilometri fuori Ravenna), l’8 aprile appuntamento con il compositore salentino Marco Rollo per proseguire (tra le altre cose) poi il 15 con l’etnojazz del bolognese Trio Mezcal e il 22 con il cantautore, chitarrista (e liutaio) meldolese Giulio Cantore. Arrivano invece dal Messico i Los Explosivos (garage-punk) dal vivo il 5 aprile al Clandestino di Faenza che poi, tra gli altri, propone i concerti degli svizzeri Blind Butcher (wave-punkdisco-rock'n'roll) il 14 e l'alt-rap dei canadesi Random Recipe il 30. Sempre a Faenza, l’8 aprile al circolo Prometeo doppio concerto nell'ambito del tour intrapreso in tutta Europa di Stereochemistry, progetto solista della croata Karla Hajman, e del cantautore svedese Gus Ring. Infine, riapre, al mare, il Boca Barranca di Marina Romea. Tra alternative country e rock americano sul palco due cantautori a stelle e strisce: il 7 Trapper Schoepp e il 14 Don Dilego. Karla “Stereochemistry” Hajma, l’8 al Prometeo
WILLIE PEYOTE AL VERDI Venerdì 6 aprile fa tappa al Teatro Verdi di Cesena il tour di Willie Peyote, rapper torinese tra i più interessanti e innovativi della scena hip-hop italiana. Il suo stile va “da Battisti a Bruno Martino”, passando dal nuovo cantautorato pop e prendendo spunto dalla narrazione tipica della stand-up comedy e della satira.
Coma Cose, il 14 al Vidia
a quella orchestrale, con il supporto di apparecchiature elettroniche. Da segnalare nel cesenate (alle Cantine di Villa Nellcôte, tra San Carlo e Roversano) anche il concerto del 6 aprile della cantautrice tedesca Manel Rodriguez. Infine, al Sidro di Savignano, solita carrellata di concerti di importanti band italiane in particolare nel campo del garage, del punk e del rock psichedelico. Da segnalare tra gli altri i veneti The Sade (il 7) e Universal Sex Arena (il 14), il 19 la storica band torinese The Sick Rose, accompagnati dal produttore (anche dei Rem) e cantautore americano Ken Stringfellow, e il 21 aprile la cantautrice umbra Vespertina e i torinesi Haram (sludgenoise).
rock club rimini rock club forlì-cesena
E AL SIDRO ARRIVA IL PRODUTTORE DEI REM In provincia anche Torso Virile e Bud Spencer Blues Explosion In provincia di Forlì-Cesena i due principali club sono il Vidia e il Diagonal. Il primo, a San Vittore di Cesena, in aprile parte già domenica 1 con la Pasqua rock dei romani Bud Spencer Blues Explosion (punk- blues) per poi proseguire sabato 7 con una serata dedicata ai suoni pesanti, un minifestival con (tra gli altri) i cesenati Next Time Mr. Fox (metalcore), i pesaresi Edward in Venice (punk-hardcore) e i bolognesi Damn City (hardcore). Si cambia decisamente genere al Vidia il 14 con il duo milanese Coma Cose, tra rap, elettronica e pop. Al Diagonal di Forlì invece l’appuntamento è per mercoledì 4 con gli inglesi Patch & The Giant, nome nuovo della scena alt-folk britannica che si basa su un'unione ricca e insolita di strumenti tra cui violoncello, flicorno, violino e fisarmonica. In apertura gli Ant Antic, duo electro composto dal produttore Tobias Koett e dal polistrumentista Marco Kleebauer, attivo tra Vienna e Berlino. Tornando a Cesena, al Magazzino Parallelo il 4 aprile l’hammond di Sam Paglia e il 13 sul palco un pezzo di storia dell’underground, del rock e del punk italiano, direttamente da Bologna: Fabio Testoni alias “Dandy Bestia”, chitarrista e fondatore, insieme al compianto Roberto “Freak” Antoni, degli Skiantos. Sempre a Cesena, domenica 15 aprile alla Cantera all’ora dell’aperitivo live Torso Virile Colossale, nuovo bizzarro progetto del cantautore Alessandro Grazian che prende spunto dal cinema italiano ispirato alla mitologia classica. Al Treesessanta di Gambettola spazio (il 7 aprile) al folk e alle musiche tradizionali con i romagnoli Bevano Est mentre il 14 sul palco ci sarà la chitarrista e compositrice napoletana Anna Mancini con i suoi brani strumentali che variano dalla sperimentazione rock e contemporanea
A MISANO UN FESTIVAL DEDICATO ALLA WAVE Al Bradipop ultimi concerti con Voina e Bianco A Rimini ultimi concerti del sabato al Bradipop, con esponenti della scena indie italiana. Il 7 aprile l’appuntamento è con i Voina, band abruzzese in tour per presentare l’ultimo disco “Alcol, schifo e nostalgia” mentre il 14 sul palco salirà il cantautore torinese Alberto Bianco, noto semplicemente come Bianco. Al Wave di Misano Adriatico due appuntamenti con suoni “scuri” e pesanti. Il 7 aprile i riminesi Deadly Carnage presentano il loro nuovo album (post black-doom metal) mentre il 14 l’attesa per gli appassionati è per la band metalcore toscana Let Them Fall. Si cambia genere invece il 21 aprile al Wave con il mini-festival Cold Fest dedicato alla wave anni ottanta (e contemporanea). Sul palco quattro band italiane postpunk: i bolognesi European Ghost, i marchigiani Secret Sight, i toscani Tanks And Tears e gli umbri Japan Suicide. Infine, da segnalare al circolo Milleluci di Rimini il 14 aprile il concerto folk-jazz della cantautrice emiliana Eloisa Atti. Eloisa Atti, il 14 al Milleluci
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aprile 2018
eventi
CONSIGLI D’AUTORE
Dischi per la colazione della domenica
Lodovica Comello, attesa in piazza a Ravenna il 21 aprile
a cura di Andrea Amati *
A 30 anni suonati, dovendo scegliere una serie di album da presentarvi, mi sono reso conto della cura quasi maniacale che metto in campo nello scegliere quale disco ascoltare appena sveglio, in particolar modo la domenica mattina. Di conseguenza mi è sembrato abbastanza naturale optare per una serie di opere che hanno caratterizzato alcuni dei miei risvegli, delle mie colazioni e delle mie mattine delle domeniche di questi anni… Mi piace ascoltare musica appena sveglio, mi piace svegliarmi e scegliere una colonna sonora che assecondi il mio stato d’animo mentre preparo il mio pasto preferito, la colazione! “In the (Sunday) morning”, dunque… Danger Mouse & Daniele Luppi - Rome Il musicista e produttore americano Danger Mouse oltre alle produzioni stellari di album di gente come U2, Black Keys, RHCP, Beck & co e all’interssante progetto Gnarls Barkley (ricordate che pezzo figo, “Crazy”?), pubblica dischi molto diversi tra loro con collaboratori di prim’ordine. Io amo il suo Rome, scritto con il nostro Daniele Luppi, registrato proprio nella Capitale alcuni anni fa e suonato quasi interamente da musicisti italiani con due pazzesche voci ad alternarsi in quasi tutto il lavoro, nientemeno che Norah Jones e Jack White. Rome è un omaggio chiaro, almeno ai miei occhi, al mondo musicale di Morricone, a quell’epica western e spaghetti western molto anni ’60. È un disco caldo che ho amato sin da subito, ostinatamente vintage nei suoni, nelle scelte produttive e nella confezione (bellissima la copertina!); un disco fatto di suoni, di atmosfere ma anche di alcune grandi canzoni, su tutte “Two against one” e la morriconianissima “Black”. Una colazione tutto sommato dolce con un tocco in più, magari un uovo sodo o semplicemente un caffè particolarmente forte. Beck - Sea Change Sostanzialmente amo Beck in tutto quello che fa. E fa un sacco di cose saltellando, di disco in disco, dal lo-fi al funk, dall’acustica al synth plasticoso. Sea change è un capolavoro! Un disco lineare anche musicalmente, arrivato dopo anni di sperimentazioni e colori a tinte forti; qui il genietto di L.A. imbraccia una chitarra acustica, ascolta vagante di Neil Young, Nick Drake eccetera eccetera e confeziona un lavoro rilassato, semiacustico perfetto per la mia colazione. Il grande Nigel Godrich (un top player della produzione, dai Radiohead a sir Paul Mc Cartney) produce in modo magistrale, asciuga, crea la commistione perfetta tra i classici suoni acustici americani, un’elettronica quasi impercettibile e gli archi donando una grande forza ai brani, cantati come sempre in modo splendidamente indolente dal nostro. Un buon estratto di frutta, dei cereali, yogurt e una bella domenica mattina di sole! Non c’è disco migliore di questo, ragazzi. E se proprio vi piace, ascoltate anche “Morning Phase”… identico artista, identiche caratteristiche, uscito circa 10 anni dopo. Eels - Hombre Lobo Ho saputo che gli Eels
Andrea Amati presenta il suo nuovo album dal vivo il 18 aprile al teatro degli Atti di Rimini
suoneranno a Cesena in Estate e la cosa mi riempie di gioia perché erano anni che sognavo di vederli live, perché sono un gruppo che spacca e Mr. Everett è un vero figo! Sulle colline riminesi c’era una locanda che si chiamava Harissa e che, oltre a ospitare concerti di tutti noi, la domenica mattina organizzava una colazione salata, anzi un vero e proprio brunch. Ci sono stato qualche volta e nella mezz’ora abbondante che separa casa mia dalla locanda mi ascoltavo sempre questo disco a tutto volume! Chitarre elettriche, voce spesso distorta, pezzi tirati e ballate come sempre struggenti. Un disco ruvido, schietto che non riesci a classificare temporalmente, come altri lavori della band americana, che spazia tanto e che, in questo episodio, propone “12 songs of desire”. Con brani come “Lilac Breeze” e “Tremendous Dinamite” non si può non pensare al sapore del bacon croccante e del brunch super calorico, “In my dreams” è perfetta per lo sciroppo d’acero sui pancakes, dolce e rarefatta… Consigliatissimo, ma scordatevi cappuccio e croissant. Bianco - Guardare per Aria Volevo ovviamente inserire un cantautore italiano, possibilmente pescando nella (eterna) nuova leva e ho scelto il cantautore torinese che ho scoperto e iniziato a seguire proprio con questo bellissimo disco, un lavoro rilassato, profondo e semplice. La semplicità è molto complessa da ottenere e soprattutto è molto complessa da proporre perché, in un mondo musicale indipendente pieno di ghetti e di giardinetti ben recintati, spesso viene immediatamente scambiata per retorica se non per infantilismo. Bianco riesce ad essere molto credibile qui, scrive e suona canzoni belle e sembra credere molto a quel che canta. L’eco dei grandi cantautori è lì, e anche di Niccolò Fabi con cui il nostro ha già suonato in diversi tour, ma il disco mantiene una sua personalità precisa sia nei pezzi più intimi che in quelli un po’ più veloci (bello il duetto con Levante in “Corri, corri”). Brani come “Volume”, “Drago”, “Aeroplano” mi hanno conquistato subito e mi hanno fatto compagnia in tantissime colazioni alla domenica mattina… Caffè, un pochino di latte, marmellata e “guardare per aria” on air. * Andrea Amati è un cantautore di Santarcangelo di Romagna. Il 2 marzo è uscito il suo secondo album, Bagaglio a Mano
ROCK ITALIANO Punkreas e Bandabardò: nostalgia a Pinarella Due concerti al Rock Planet di Pinarella di Cervia per chi ha nostalgia degli anni novanta del rock italiano. Il 14 aprile l’appuntamento è con i Punkreas, probabilmente la band punk più nota d’Italia, con alle spalle quasi trent’anni di carriera. Dieci giorni più tardi, il 24 aprile, al
Una notte d’oro di primavera Comello e Caccamo live in piazza a Ravenna
Rock Planet arrivano invece i Bandabardò (nella foto il leader Enrico Greppi), band toscana di folk-rock prevalentemente acustico nata invece agli inizi degli anni novanta.
In attesa del consueto appuntamento con la Notte d’Oro di ottobre, Ravenna si appresta a vivere un’altra notte bianca, il 21 aprile, all’insegna del tema della fotografia, sull’onda anche della mostra al Mar di Alex Majoli (vedi pagina 22). Non mancherà la musica: alle 22.45 piazza del Popolo ospiterà il concerto gratuito di Lodovica Comello (cantante che ha partecipato al Sanremo del 2017 e attrice nota anche al pubblico più giovane per il telefilm Violetta) e Giovanni Caccamo, preceduto, dalle 18, da un dj set e dai videoclip de Il Pescatore di De Andrè e Mastro Geppetto di Bennato.
La buona cucina romana! Cucina tradizionale romana con prodotti autoctoni e di stagione Dolci esclusivamente fatti dallo chef RAVENNA via Cesarea, 148 - tel. 0544.66634 - cell. 333.6811616 trattoriadelbuongusto@gmail.com
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JAZZ I Dobbie Drummers al Fabbri di Forlì
aprile 2018
jazz d’avanguardia
non solo jazz
A “CROSSROADS” ANCHE IL BACH RIVISITATO A QUATTRO MANI DA BAHRAMI E REA
Serata jazz lunedì 9 aprile al teatro Fabbri di Forlì con i Doobie Drummers, quartetto con Alberto Marsico all’organo Hammond, Diego Borotti al sassofono e Maxx Furian e Ellade Bandini alle percussioni. Marsico (nella foto), torinese, calca le scene da un trentennio, suonando in ogni parte del mondo. La particolarità del concerto sono le due batterie sul palco suonate da due tra i più importanti batteristi italiani, Furian e Bandini, con alle spalle collaborazioni con i più importanti artisti internazionali.
Il festival itinerante in aprile tocca Gambettola, Fusignano e Russi. Attesi Bosso, Rava e l’americana Horn
Jazzmeia Horn sarà in concerto il 12 aprile al teatro di Gambettola
CROSSOVER La sinfonica incontra i classici del pop Omaggio alla canzone italiana domenica 15 aprile dalle 18 al teatro comunale di Cervia con l’Ensemble Tempo Primo (formato dalle prime parti dell'Orchestra Corelli) sul palco con la Chorus Fantasy, compagine vocale giovane, ma già affermata sulla scena musicale romagnola. Un viaggio tra i più celebri pezzi pop del nostro panorama musicale su arrangiamenti di Nicola Nieddu e con la voce solista di Cecilia Ottaviani.
JOHN DE LEO AL PETRELLA “SENTE DOPPIO” CON PUGLISI Lunedì 30 aprile al teatro Petrella di Longiano il celebre cantante e compositore lughese John De Leo presenta in concerto il suo ultimo progetto, in coppia con il pianista siciliano Fabrizio Puglisi. Insieme hanno pubblicato l’ottobre scorso su Carosello Records l’album Sento doppio (sottotitolato “Musiche dell'errore e altri fonosimbolismi antiregime”), sorta di jazz d’avanguardia che sperimenta le possibilità di pianoforte e voce.
Il festival itinerante di jazz e dintorni Crossroads nel mese di aprile ha in programma cinque tappe nelle tre province romagnole. Si parte giovedì 12 al teatro comunale di Gambettola con Jazzmeia Horn, cantante nata a Dallas nel 1991. Cresciuta in una famiglia molto religiosa, il suo primo approccio al canto è legato alla Chiesa, con il gospel; la scoperta del jazz arriva solamente negli anni della high school. Trasferitasi a New York nel 2009, sviluppa una vocalità che attira presto l’attenzione: sembra la perfetta incarnazione moderna delle grandi dive che hanno stabilito il canone della jazz song. A Gambettola sarà accompagnata da Kirk Lightsey al pianoforte, Géraud Portal al contrabbasso ed Henry Conerway alla batteria. Giovedì 19 aprile all’Auditorium di Fusignano appuntamento con uno degli artisti in “residenza” a Crossroads, il celebre trombettista Fabrizio Bosso con il suo Spiritual Trio. Il trio tutto piemontese pesca a piene mani nel repertorio gospel e spiritual, servendolo con una saporita aggiunta di swing e rinvigorendolo con iniezioni di hard bop. A Fusignano la band (completata da Alberto Marsico all’organo Hammond e Alessandro Minetto alla batteria) ospita lo special guest Walter Ricci, cantante classe 1989 invitato già a vent’anni da Pippo Baudo a Domenica In come vocalist dell’orchestra diretta da Pippo Caruso. Sabato 21 aprile si passa a Russi, al teatro comunale, con “Bach is in the Air”, titolo con il quale il pianista iraniano Ramin Bahrami (nato a Teheran nel 1976, rifugiatosi prima in Italia e poi in Germania dopo essere fuggito con la famiglia in seguito alla rivoluzione islamica) organizza una sortita a cavallo tra i generi per cui ha trovato il partner ideale in Danilo Rea, i cui studi classici non possono sfuggire a un orecchio attento, pur ascoltandolo nei suoi personali percorsi jazzistici. Così ecco Bahrami a una tastiera a interpretare lo spartito bachiano e al suo fianco Rea, che si impossessa delle note del collega per usarle come materiale per una libera reinterpretazione. Ancora a Russi, lunedì 30 aprile, per una serata dedicata a Gershwin, con il trio che allinea Giovanni Tommaso, Rita Marcotulli e Alessandro Paternesi per un interplay che è vero e proprio dialogo tra generazioni. Il batterista Paternesi (1983) rappresenta lo slancio della nuova leva del jazz italiano, energia cinetica sulla quale si appoggiano le linee della pianista Marcotulli (1959) e quelle del contrabbasso di Tommaso (1941), figura imprescindibile nella definizione della fisionomia del jazz italiano moderno. Per l’occasione sarà sul palco uno special guest come il trombettista Enrico Rava (1939) altro artista in “residenza” a Crossroads.
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aprile 2018
elettronica
UN DISCO AL MESE
Quel 17enne che avrebbe scritto la storia della musica industriale italiana AVANGUARDIA ALL’AREA SISMICA L’elettronica sperimentale e d’avanguardai di Elio Martusciello (nella foto di Pietro Previti) all’Area Sismica di Ravaldino (Forlì) il 29 aprile alle 18. Sarà accompagnato dal compositore Francesco Giomi (elettroniche) e alle percussioni da Stefano Costanzo
SPERIMENTAZIONE MUSICALE PER L’ANTEPRIMA DI MAGMA Domenica 1 aprile (dalle 20.30) al Magazzino Darsena di Cervia anteprima del Modulo Fest, festival che nasce con l'obiettivo di promuovere la sperimentazione musicale e l’arte contemporanea all’interno di luoghi emblematici della riviera. In programma i live di TenGrams (progetto che vede riuniti praticamente quarant’anni di musica elettronica italiana, Davide e Alessandro Piatto) e Kyoka (nella foto), musicista e compositrice di musica elettronica attiva tra Tokyo e Berlino
di Bruno Dorella *
Simon Balestrazzi - Early Recordings (Azoth Recordings, 2016) Siamo abituati ad associare la cosiddetta “cultura industriale” con la Londra degli squat e del post punk area Throbbing Gristle, seguito dal power electronics dei Whitehouse, o in seguito con la Berlino degli Einstürzende Neubauten, poi ancora con la Tokyo del “japanoizu”. Al limite c’è chi la fa partire dalla New York dei Suicide. Eppure anche in Italia abbiamo avuto pionieri come Eraldo Bernocchi e Paolo Bandera (Sigillum S) da Milano, la Torino di Marco Milanesio e dei suoi DsorDNE, una fervida scena romana. A Parma nel 1979 un diciassettenne di nome Simon Balestrazzi, invece di pensare al pallone, alle ragazze, o di far parte della generazione perduta dell’eroina, comincia a pasticciare con nastri analogici, onde radio e registratori a cassette. Non possiede sintetizzatori, ma se li fa prestare, e produce della musica sorprendentemente matura. Probabilmente all'epoca lo affascina solo la violenza cacofonica, la furia nichilista. Ma, riscoprendo alcune cassette perfettamente conservate, si rende conto che questa “musica” così ingenuamente incompromissoria è invecchiata piuttosto bene. Forse
meglio di quanto avesse sperato. Recupera il materiale dell’Album Nero, e una manciata di altre registrazioni effettuate tra il 1979 e il 1982. Immaginatevi quegli anni. In Italia davi ancora scandalo se portavi i capelli lunghi ed ascoltavi i Clash. Figurarsi fare rumorismo, una cosa che non era mai andata oltre i salotti dei futuristi. Questo diciassettenne lo fa già con una maturità che gli anni non hanno incrinato, come spesso capita ai veri talentuosi (a me piace molto spulciare tra i primi vagiti dei grandi; mi viene in mente il bel libro in cui Ericailcane paragona sue opere contemporanee ai disegni di bambino; o quel disco registrato a 13 anni da Kawabata Makoto degli Acid Mothers Temple, pubblicato qualche anno fa in vinile da Qbico Records...). Di lì a poco Simon comincerà a scrivere la storia della musica industriale italiana coi suoi T.A.C., e non smetterà mai di portare del sano caos e ricordarci che non bisogna mai adagiarsi, se si vuole restare vivi davvero.
* Batterista di Bachi Da Pietra e OvO, chitarrista di Ronin e Tiresia, factotum come Jack Cannon, membro della Byzantium Experimental Orchestra e dei Sigillum S, ex discografico, orgoglioso ravennate d'adozione.
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ROMAGNA &DINTORNI CULTURA
MAINSTREAM: KALKBRENNER ALL’ONYX, LIEBING AL COCORICÒ Ospiti di caratura mondiale anche per gli appassionati del mainstream e del clubbing. Il 20 aprile all’Onyx di Godo (Ravenna) suona (house) il tedesco Fritz Kalkbrenner (nel riquadro in alto) nell’ambito del tour di presentazione del suo nuovo album. Al Cocoricò di Riccione, invece, il 24 aprile un altro artista tedesco, Chris Liebing (techno).
Testata del portale
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non solo classica
aprile 2018
musica classica/1
DA MOZART ALLE COLONNE SONORE, PASSANDO PER IL SUDAMERICA Alla rassegna della Mariani l’Orchestra Mitteleuropea, la Corelli e quella da Camera di Mantova Prosegue al teatro Alighieri la stagione “Ravenna Musica” dell’associazione musicale Mariani. Il 16 aprile “Il grande repertorio” sarà il titolo del concerto che vedrà protagonista l’Orchestra Mitteleuropea, definita il biglietto da visita nel mondo della Regione Friuli Venezia Giulia. Diretta da Marco Guidarini e con la partecipazione del violoncello solista Alain Meunier, uno degli ultimi eredi della grande scuola violoncellistica francese, proporrà musiche di Mozart, Haydn e Beethoven. Il 19 aprile un viaggio musicale attraverso le sonorità francesi del ‘900 e i ritmi sud-americani sarà compiuto dal sossofonista Marco Albonetti e l'Orchestra da Camera di Mantova, diretta da Andrea Dindo (nella foto), mentre il 23 il concerto sarà dedicato alle colonne sonore dei grandi film americani, che la giovane compagine ravennate Corelli eseguirà affidandosi alla bacchetta di Jacopo Rivani.
MUSICA CLASSICA/2 Per la Mikrokosmos il violinista Emmanuele Baldini Rossi e Bezziccheri festeggiano i 30 anni di musica insieme Ultimi due appuntamenti della domenica mattina alla sala Corelli del teatro Alighieri di Ravenna con la rassegna della scuola di musica Mikrokosmos. Il 15 aprile appuntamento con il duo triestino composto dal violinista Emanuele Baldini, precocissimo e riconosciuto talento concertistico internazionale e da alcuni anni Koncertmeister al Teatro di San Paolo in Brasile, e il pianista Luca Delle Donne. Il 22 aprile la prima viola del Teatro alla Scala Danilo Rossi con il pianista Stefano Bezziccheri per festeggiare i trent’anni di musica insieme.
LA CAMERATA ROYAL
DANTONE-ANTONINI Ultimo appuntamento il 27 aprile alle 21 alla chiesa di San Girolamo con la rassegna di musica sacra di Accademia Bizantina, a Bagnacavallo. Protagonista al clavicembalo Ottavio Dantone della stessa Accademia e al flauto il celebre Giovanni Antonini (nella foto).
Sabato 21 aprile al teatro Rossini di Lugo appuntamento con la Camerata Rco, la formazione da camera che prospera da otto anni all'interno di una delle più grandi e celebrate orchestre al mondo, la Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam. Un progetto nato dalla precisa volontà dei suoi componenti di suonare il grande repertorio da camera. A Lugo in programma brani di Bach, Bottesini, Brahms e Mozart.
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l’intervista AGENDA MUSICA CLASSICA Al Bonci anche il pianista Gamba tra Debussy e Beethoven
Al Bonci di Cesena oltre al concerto di Nordio di cui parliamo nell’intervista qui a fianco, sabato 7 aprile alle 21, l’appuntamento è con il veronese Filippo Gamba. Pianista pluripremiato, dalla carriera fulminante, ha inciso per Decca e suonato con prestigiose orchestre come la Berliner Sinfoniker, la Wiener Kammerorchester, la Staatskappelle di Weimar, la Camerata Academica Salzburg, l’Orchestra della Tonhalle di Zurigo e della City of Birmingham, sotto la bacchetta, tra gli altri, di Simon Rattle, James Conlon, Armin Jordan e Vladimir Ashkenazy. Gamba propone un’idea intima dell’esecuzione pianistica che lo porta ad eseguire tutti i classici, anche contemporanei, e lo avvicina al repertorio cameristico. Ha una predilezione particolare per Debussy, di cui a Cesena ricorda il centenario con un programma non esclusivo in cui lo accosta all’amato Beethoven, di cui è uno specialista assoluto (dal 2015 è impegnato nell’esecuzione integrale delle 32 Sonate al Teatro Comunale di Vicenza, al Teatro Civico di Vercelli e per la Società dei Concerti di Trieste).
A Forlì i Fiati Solisti dei Berliner Philharmoniker
Alla Chiesa di Ravaldino di Forlì sabato 21 aprile alle 21 l’appuntamento è con i Fiati Solisti dei Berliner Philharmoniker. Fondato nel 1988, con il patrocinio di Herbert von Karajan, fu il primo quintetto di fiati stabile all’interno della ricca tradizione di musica da camera della famosa orchestra tedesca. In qualità di musicisti della Filarmonica di Berlino hanno collaborato con i più grandi direttori, da Leonard Bernstein a Riccardo Muti, da Pièrre Boulez a Claudio Abbado. Il quintetto continua a stupire gli ascoltatori per l’ampiezza dell’espressione, per la gamma dei toni e l’unità concettuale. Il loro repertorio include tutta la letteratura musicale dedicata al quintetto di fiati e persino lavori per ensemble più grandi. Dal 1991 incide esclusivamente per la casa discografica svedese BIS Records. A Forlì sono in programma in particolare brani del repertorio di Mozart e Schubert e ad accompagnare i Berliner sarà la locale Orchestra Maderna.
Domenico Nordio, il violino e un Beethoven «novecentesco» A colloquio con il grande musicista, atteso a Cesena il 21 aprile Il 21 aprile sarà protagonista, insieme al pianista Orazio Sciortino, in una tappa romagnola del suo tour musicale che lo vedrà sul palco del teatro Alessandro Bonci di Cesena. Si tratta di Domenico Nordio, uno degli astri più splendenti del violinismo italiano. La sua carriera, sbocciata come enfant prodige, è costellata di successi tanto che leggere i luoghi dove il musicista veneziano si è esibito è come scorrere la lista dei teatri più prestigiosi del mondo. Maestro, il repertorio che lei e Sciortino proporrete a Cesena è un’interessante sintesi del virtuosismo violinistico: impossibile non notare che, nonostante l’impronta novecentesca, sia presente anche una sonata di Beethoven. «Verissimo. Il mio repertorio di elezione è certamente quello novecentesco, nel quale mi sento come a casa. La Kreutzer (Sonata n.9 op.47, ndr) è uno degli esempi più lampanti di quanto Beethoven sapesse essere novecentesco. Dirò di più, lo è certamente più della successiva Sonata op.96, ultima nata dalla penna del compositore tedesco. Le differenze sono molteplici. La Kreutzer è una sonata nella quale vi è egual importanza tra i due strumenti, difatti è, al contrario di tutte le altre sonate, un duo concertante. Inoltre è il carattere che fa la differenza: essa ha la particolarità di essere molto cangiante e piena di contrasti». Una lettura della pagina beethoveniana alla luce della produzione successiva dunque. Il ‘900 è quindi il suo repertorio prediletto, ma si può immaginare che non ci si fermi certamente solo a questo, giusto? «Ovviamente no: sebbene io ami suonare soprattutto la musica da Brahms in avanti, non posso celare l’amore per Bach! Trovo che queste due figure siano legate, musicalmente, dalla grande perfezione formale. In Bach si trovano le radici di tutto, il repertorio novecentesco gli deve molto: nella musica del compositore tedesco si ritrovano quei contrasti, quella violenza, espressione tipica del repertorio a noi coevo o quasi della quale forse nemmeno lui si rendeva conto». Bach è, per certi versi, il primo avanguardista. La sua produzione non ha dimenticato nessuno strumento e certamente ha trattato il violino con grande considerazione: oltre ai concerti, infatti, banco di prova per tutti i violinisti sono le 6 Sonate e Partite.
«Proprio così. Le Sonate e Partite sono musica eccezionale e per la quale provo un profondo rispetto. In esse si trova tutto ciò che dicevo, contrasti, forma. Questa è musica così alta, così densa di significati che ho scelto da tempo di non eseguirla più a memoria, per non perdere nessuno dei dettagli che ad ogni lettura emergono». Lei è uno degli artisti più giramondo. La vedremo anche in Italia con più frequenza? «Finalmente sì. Certo qualche tappa italiana non me la sono mai fatta mancare, ma quest’anno andrò a vedere tanta bella provincia. Sono tantissimi i teatri di tradizione in Italia e vi sono stagioni importanti e interessanti sparse su tutto lo Stivale, che girerò nella sua totalità: tra le tappe italiane sarò a Mantova, Messina, Lodi, Pinerolo, Lecce. Oltre a Roma e Milano, con la Verdi. Quest’orchestra, peraltro, è quella che tra le italiane ha il maggior rapporto concerti/biglietti: è una bellissima realtà italiana con la quale sono felicissimo di collaborare». È noto anche il suo amore per l’America latina. Tornerà anche quest’anno? «Certamente, non posso mancare! Sarò in molte tra le capitali dell’America centromeridionale, ma soprattutto sarò a Lima, in Perù. Proprio in questa città si tiene la più importante stagione di musica da camera di tutto il latino-americano. Un pubblico educatissimo e un teatro magnifico». Quanti sono i paesi che ha visitato? «Ho suonato in 93 paesi in tutto il mondo. Quando si viaggia così tanto si cominciano a fare delle valutazioni. Il cibo è una di quelle cose che si considerano, ma prima di tutto, appena arrivati in albergo, si valutano i cuscini, discriminante fondamentale tra il suonare bene o con le ossa rotte. Posso senza dubbio dire che in almeno 60 Paesi i cuscini degli alberghi sono indecenti». Qual è lo stato di salute del futuro musicale italiano? «Molto buono, direi. Vi è, tuttavia, da notare che la stragrande maggioranza dei giovani solisti italiani non proviene da una scuola italiana semplicemente perché non c’è una scuola italiana. Finché i concertisti non decideranno di insegnare strumento, e di questi sono io il primo a non farlo (Nordio insegna musica da camera, ndr), non si potrà ricominciare a parlare di scuola italiana». Enrico Gramigna
«Ho suonato in 93 Paesi in tutto il mondo: discriminante fondamentale sono i cuscini...»
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aprile 2018
l’intervista
Il “one woman show” del Teatro En Vilo, da Madrid al Testori Intervista alla fondatrice Andrea Jiménez: «A Forlì torniamo per la terza volta e adoriamo il pubblico, c’è sempre anche tanta gente giovane e questa è una cosa molto positiva» di Erika Baldini
Premi, collaborazioni e partecipazioni
Una commedia tragica, un canto ai perdenti, a quelli che non smettono mai di aspettare il loro momento. Un’unica attrice, una giovane donna oppressa dalla grandezza dei propri sogni e ambizioni, ossessionata dall’idea di successo, in perenne lotta tra il trionfo e la disfatta, tra il dover essere e la felicità vera. Attraverso questa implacabile critica di se stessa e del mondo che la circonda, rivive un pezzo della nostra storia più recente. Questa è la presentazione ufficiale di Hoy puede ser mi gran noche, lo spettacolo teatrale portato sul palco del Teatro Testori di Forlì – in lingua originale, martedì 24 aprile – dalla compagnia madrilena Teatro En Vilo, a culmine di un'intera giornata di attività dedicate alla creatività e alla tecnologia, che il centro produttivo teatrale Elsinor ha organizzato per festeggiare l’avvenuta acquisizione, dopo anni di gestione del cartellone, del teatro forlivese come terza sede accreditata, dopo i teatri Fontana di Milano e Cantiere di Firenze. Elsinor intende continuare a ospitare iniziative proposte da altre realtà del territtorio ma punta molto sul respiro internazionale delle rappresentazioni, rapportandosi soprattutto con altri paesi d'Europa. Quale miglior esempio di Teatro En Vilo: fondato nel 2012, il gruppo funziona come un collettivo itinerante che fa da piattaforma per collaborazioni artistiche internazionali ed interdisciplinari. La compagnia conta tra i suoi interpreti ed autori, tecnici e collaboratori donne e uomini di nazionalità spagnola, inglese, venezuelana, italiana, francese, malese... En Vilo è in stretto contatto col suo intorno sociale, politico e personale, e rinnova costantemente il suo linguaggio scenico. L’obiettivo è situarsi nella fragile linea di demarcazione tra vita e teatro, realtà e finzione, eviscerare i tempi in cui viviamo, combinando improvvisazione, teatro fisico, coreografie, grottesco e autobiografico, humor, gestualità, tenerezza e irriverenza. Abbiamo scambiato due chiacchiere con la gentilissima Andrea Jiménez, co-fondatrice assieme a Noemi Rodríguez. Teatro En Vilo viene fondata a Londra ed è di stanza a Madrid. Perché? Come hai conosciuto Noemi e come è nata l'idea di creare una compagnia? «Ci siamo conosciute a Londra, quando studiavamo per un dottorato alla London International School of Performing Arts. Lì abbiamo forgiato la nostra amicizia e la collaborazione tra di noi, lì abbiamo incontrato Blanca Solé e Fiona Clift con cui poi abbiamo creato il nostro primo spettacolo Interrupted. Più tardi abbiamo deciso di tornare in Spagna e abbiamo pensato che Madrid era la città spagnola con più attività culturale, per questo ci siamo installate qui». Avete in programma un piccolo tour italiano, il 24 aprile a Forlì, poi Bologna e Torino, infine Palermo. Non è la vostra prima volta in Italia, come è andata in passato? «Con altri due nostri spettacoli siamo stati già al Teatro Testori, nel 2016 e nel 2017. Per noi Forlì e il Testori sono come una seconda casa, e siamo molto riconoscenti verso la direttrice Giuditta (Mengucci, alla direzione artistica del teatro, ndr) per la fiducia che ci riserva fin dal principio. Adoriamo anche il pubblico di Forlì,
La compagnia En Vilo ha partecipato a diversi festival internazionali, ottenendo prestigiosi riconoscimenti come il premio alla Miglior Compagnia Emergente al Mimetic Festival di Londra. Vanno sottolineate poi le importanti collaborazioni con istituti culturali come il Lavoir Moderne Parisien, l'Arts Council o il Centre d´Art La Rectoria, così come il lavoro pe dagogico sviluppato attraverso corsi e laboratori in centri culturali o università come quella di Oxford, di Bologna, di Puna e Calcutta.
Nella foto, una scena di Hoy puede ser mi gran noche Sotto, una scena da Generaciòn Why
abbiamo notato che viene molta gente giovane a teatro e questo è sempre un buon segnale!» Conoscete la nostra realtà teatrale? C'è qualche attore o compagnia italiana con cui vorreste collaborare? «Per il poco che conosciamo, ci sembra non molto differente da quella spagnola in quanto alle difficoltà che incontrano gli autori nel trovare appoggio dalle istituzioni. Siamo grandi ammiratrici di Silvia Gallerano e Cristian Ceresolli, creatori di La merda. Abbiamo visto lo spettacolo a Madrid e lo adoriamo». Parliamo di Hoy puede ser mi gran noche interpretato e scritto interamente da Noemi... «È un One Woman Show che parla delle ambizioni di potere e successo di una giovane donna che ancora non ha ottenuto quello che voleva dalla vita. È ossessionata dai modelli, dai referenti culturali di successo degli anni '90, ma infondo sa che, per quanto ci provi, non potrà mai essere come loro».
La compagnia conta tra i suoi interpreti autori, tecnici e collaboratori donne e uomini da Venezuela, Francia, Italia, Spagna, Mali e Regno unito
A Bologna, in collaborazione con l'Università, terrete un “Seminario de teatro físico y creacíon colectiva”, di cosa tratta? «Il seminario cerca di condividere coi partecipanti il nostro proprio processo creativo: a differenza di altre compagnie che lavorano a partire da un testo prescritto, noi lavoriamo editando e componendo a partire dalle improvvisazioni degli attori sul palco. È un lavoro che richiede molto ascolto, molta volontà di darsi, tanto tempo da parte di tutti i coinvolti». E Generacion Why che presenterete a Palermo e Torino? «Generación Why è uno spettacolo nel quale tre attrici - una italiana, una irlandese e una spagnola - si confrontano sul palcoscenico con la domanda: Cosa vuoi per il tuo futuro? È una commedia esistenzialista sulla paura del futuro e sul caos dei tempi in cui viviamo». Il futuro di En Vilo è quasi sempre il viaggio, essendo il gruppo spesso in tour, ma a giugno si fermerà a Madrid per presentare in anteprima il quarto spettacolo, Locos de amor, dove 16 persone con infermità mentale grave raccontano le loro visioni, i loro desideri, fantasie e dubbi attorno all'amore romantico. Per info: www.teatroenvilo.com – www.teatrotestori.it
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comico/1
aprile 2018
BAEDEKER
Guida teatrale per spettatori nomadi
Viaggio tra Buchettino e Ifigenia in un aprile non entusiasmante di Iacopo Gardelli
LA BIBBIA SECONDO PAOLO CEVOLI Giovedì 5 aprile, alle 21, un fuori abbonamento con la comicità al teatro Bonci di Cesena dove arriva Paolo Cevoli con il suo spettacolo comico ispirato al libro dei libri: La Bibbia, in questo caso raccontata appunto alla sua maniera. La regia è firmata da Daniele Sala. Cevoli rileggerà in scena le storie bibliche come una grande rappresentazione teatrale dove Dio è il “capocomico” che si vuole far conoscere sul palcoscenico dell’universo e convoca come interpreti i grandi personaggi della Bibbia.
comico/2 “Buchettino” della Socìetas Raffaello Sanzio
VERNIA SVELA I SEGRETI DEI SUOI PERSONAGGI Venerdì 20 aprile alle 21 al teatro Alighieri di Ravenna, per la stagione del comico, va in scena Giovanni Vernia con Sotto il vestito: Vernia. Lo show è fatto di monologhi, aneddoti, parodie e musica e racconta i disagi di un “famoso per caso” svelando chi c’è veramente sotto tutte le maschere cult a cui ha abituato il pubblico, da Jonny Groove a Fabrizio Corona, da Mika a Jovanotti, da Pif a Fedez o Gianluca Vacchi. Una persona normale con le manie, i tic e i vizi di tutti.
comico/3
L’ IN... TOLLERANZA ZERO DI PUCCI AL CARISPORT DI CESENA Sabato 21 aprile alle 21, al Carisport di Cesena, il comico televisivo Andrea Pucci, cabarettista e monologhista, esordisce con il suo nuovo spettacolo dal titolo In...Tolleranza Zero!. Andrea Baccan, in arte Andrea Pucci o solo Pucci è un volto noto della comicità in tv e nella sua lunga carriera ha preso parte a trasmissioni come “La sai l’ultima?”, “Colorado” e “Costanzo Show”. In teatro ha portato nel 2014 Palco Doppio Palco.
In teoria la primavera è alle porte. In pratica, un giorno sì e l'altro pure, i giornali strillano allerte meteo. Niente più sweet showers d'aprile, ma pioggia torrentizia, gelicidio, mareggiate, frane, corsi d'acqua incarogniti che ci promettono vendetta e tracimazione. Per placare il cambiamento climatico, andiamoci a piedi a teatro. Teniamoci stretta almeno l'estate. Prima tappa suggerita al viaggiatore nomade in questo aprile invero non entusiasmante dal punto di vista della programmazione, il Masini di Faenza. Mercoledì 4 aprile la giovane compagnia Kepler-452 del bolognese Nicola Borghesi presenta uno studio liberamente tratto da Il giardino dei ciliegi di Čechov. Ho incrociato lo stralunato Borghesi qualche anno fa, all'interno della rassegna Giovani Artisti per Dante indetta da Ravenna Festival. Assieme a una folta compagnia di “cinni” aveva messo in scena, nei Chiostri Francescani, un interessante adattamento “esistenzialista” dell'Inferno dantesco. A quanto pare, anche stavolta la cifra è quella dell'attualizzazione: usare un classico per decrittare un presente sempre più bisognoso di nuove ermeneutiche. Così almeno mi viene da spiegare il sottotitolo, “Trent'anni di felicità in comodato d'uso”; nonché il fatto che l'adattamento di Borghesi ospiti la storia vera di una coppia che sarà presente in scena. Giuliano Bianchi e Annalisa Lenzi racconteranno di uno sfratto subìto dal Comune di Bologna: il candore della provincia russa trova una curiosa rispondenza nell'umidore emiliano. Scendendo per la via Emilia, troviamo due appuntamenti curiosi firmati dalla Socìetas Raffaello Sanzio. Il primo, dal 20 al 22 aprile in scena al Diego Fabbri di Forlì, è Buchettino, un fortunato spettacolo per bambini che continua a girare i palchi dal lontano '95 (nella foto). Intabarrati fra le lenzuola di veri e propri letti sistemati sul palco (le scene sono state curate da Romeo Castellucci) i picco-
li spettatori ascolteranno la storia del Pollicino di Perrault narrata da attrici di vaglia come Chiara Guidi, Silvia Pasello e Monica Demuru. Il secondo appuntamento è in programma al Bonci di Cesena il 29 aprile. In Lettere dalla notte la Guidi affronterà la poesia di Nelly Sachs in una lettura concerto, accompagnata dalla musica originale dal vivo di Natàn Santiago Lazala. Una bella occasione per riscoprire una voce poco letta della poesia tedesca del secondo Novecento, troppo spesso rubricata come controcanto femminile di Paul Celan. Sempre al Bonci, il 14 aprile sarà di scena Sonia Bergamasco accompagnata dall'ensemble cameristico Estrio nello spettacolo dal titolo (alquanto infelice) Pochi avvenimenti, felicità assoluta. Scena da un matrimonio. Musica e voce si intrecceranno per raccontare la storia d'amore fra Robert e Clara Schumann, coppia simbolo del romanticismo musicale tedesco, segnata dalla tragedia della malattia mentale del compositore. Concludo il Baedeker a Ravenna. Dal 27 al 28 aprile sarà in scena all'Alighieri l'Ifigenia, liberata (così, con la virgola) di Angela Demattè e Carmelo Rifici. Dando una scorsa alla locandina si rimane schiacciati dai nomi che hanno “collaborato” alla drammaturgia (si va da Eraclito a Sofocle, da Euripide a Nietzsche, dal Nuovo Testamento a Girard). Ma l'ansia da mattone filosofico sesquipedale è controbilanciata dalla curiosità di vedere come un regista di grande talento come Rifici (di cui il pubblico ravennate, nella scorsa stagione, aveva già potuto ammirare un bell'adattamento de Il gabbiano di Čechov), abbia tenuto le redini di uno spettacolo così complesso, che pone al centro della sua riflessione un tema infinito: la scellerata giustificazione della violenza sugli altri e su di sé (aleggia lo spettro del terrorismo contemporaneo) attraverso la maschera del sacro e del sacrificio.
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scene
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teatro&letteratura
DALLA RUSSIA A ITACA, TESTI SUL PALCOSCENICO Recital da Landolfi, Murgia in scena per Deledda
Marina Massironi, il 14 aprile a Sogliano
donne&commedia
IRONIA TRA CLASSICI E CONTEMPORANEI Attese Maria Amelia Monti, Marina Massironi e Bovoli Martedì 3 aprile al Comunale di Russi, va in scena un vero e proprio giallo. Miss Marple – la più famosa detective di Agatha Christie – sale infatti per la prima volta su un palcoscenico in Italia. E lo fa grazie a Maria Amelia Monti. Con lei, due attori di originale talento come Roberto Citran e Sabrina Scuccimarra, e un gruppo di giovani. Siamo negli anni ‘40, in una casa vittoriana della campagna inglese. Miss Marple è andata a trovare la sua vecchia amica Caroline, una filantropa che vive lì col terzo marito, Lewis, e vari figli e figliastri dei matrimoni precedenti. Di questa famiglia allargata fa parte anche uno strano giovane, Edgard, che aiuta Lewis a dirigere le attività filantropiche. Il gruppo è attraversato da malumori e odi sotterranei, di cui Miss Marple si accorge ben presto. Durante un tranquillo dopocena, improvvisamente Edgard perde i nervi: pistola in pugno, minaccia Lewis e lo costringe a entrare nel suo studio. Il delitto avviene sotto gli occhi terrorizzati di tutti. Ma le cose non sono come sembrano. Toccherà a Miss Marple, in attesa dell'arrivo della polizia, capire che ciò che è successo non è quello che tutti credono di aver visto. Adattando il romanzo, Edoardo Erba crea una commedia contemporanea, per la regia di Pierpaolo Sepe. Ancora una donna protagonista, per un testo tra il comico e l’ironico a Cotignola, al teatro Binario, il 13 aprile, con Barbara Bovoli autrice e interprete di Arianni ha perso il filo, dove Arianna è una donna smarrita in un mondo senza più punti di riferimento. Un testo che spazia intelligentemente dalla comicità alla satira, ai toni epici propri della tragedia greca, all’utilizzo sapiente del corpo e dello spazio per poi tornare all’amarezza disincantata di una vita che non è proprio quella immaginata. E un’altra interprete femminile che gioca tra tragedia e ironia è Marina Massironi che al teatro Turroni di Sogliano, il 14 aprile, porta Ma che razza di Otello sei? con i testi di Lia Celi, la regia di Massimo Navone e la musica dal vivo di Fabio Battistelli (clarinetto), Augusto Vismara (violino), Neruda (pianoforte).
Il mese si apre con un appuntamento allo spazio Tondelli di Riccione con uno dei testi fondamentali della letteratura moderna: Delitto e castigo nell’adattamento teatrale di Sergio Rubini (che ne è anche regista e interprete) e Carla Cavalluzzi, in scena il 3 aprile. Insieme a Rubini sul palco anche Luigi Lo Cascio. Si tratta del secondo progetto di Rubini di “teatro non teatro” e i due, con l’ausilio di un rumorista e una cantante, propongono la rilettura del grande romanzo russo. Torna invece in scena, mercoledì 18 aprile al teatro Astra di Bellaria, la nota scrittrice Michela Murgia nelle veste di interprete di un testo dedicato a Grazia Deledda e scritto da Marcello Fois, Quasi grazia. Tris di sardi per uno spettacolo diretto da Veronica Cruciani che racconta la vicenda dell’unica donna italiana a vincere il Nobel per la letteratura. «Il potenziale rivoluzionario della sua figura mi ha convinta ad accettare senza riserve. La sua storia di determinazione personale è un paradigma non solo per le donne di tutti i tempi, ma per chiunque voglia realizzare un sogno partendo da una condizione di minorizzazione sociale», ha spiegato Murgia. Ed è invece un vero e proprio recital quello in programma al teatro di Verucchio con Maria Paiato che interpreta il testo di Tommaso Landolfi Le due zitelle. In scena il 14 aprile. E sempre al teatro di Verucchio è in programma anche un altro recital, questa volta con Moni Ovadia e il suo Signornò con testi e canzoni contro le guerre. Altro monologo dalla grande ispirazione letteraria è sicuramente quello messo in scena al teatro della Regina di Cattolica il 28 aprile con il volto noto di tante fiction televisive
Luigi Lo Cascio, il 3 aprile a Riccione
che torna alla sua passione, il teatro, dopo aver interpretato di recente anche l’adattamento de La classe operaia va in paradiso. In questo caso Lino Guanciale è interprete di Itaca, isola da cui parte e ritorna Odisseo nel racconto epico di Omero e che qui è punto di partenza per un viaggio immaginario. «Un viaggio che parte da Itaca e dalla figura di Ulisse, che è l’eroe di Omero ma anche di Dante, Pascoli, D’Annunzio, Joyce e di altri ancora» racconta il regista Davide Cavuti. «Nel testo scorrono le storie di vari personaggi in una sorta di fusione e scambio di emozioni, immagini, pensieri.
teatro civile
DIECI STORIE VERE PER PARLARE DI MAFIA Al Bonci uno spettacolo che racconta le vittime Al Bonci di Cesena, il 17 aprile alle 21, un fuori abbonamento con Dieci storie proprio così - terzo atto: storie raccontate dai parenti delle vittime della mafia, raccontate dai volontari e da chi senza paura si attiva per creare alternative al degrado che produce la criminalità organizzata. Arricchito di nuovi interventi musicali e narrativi, grazie alle testimonianze raccolte, elaborate e messe in scena nella città in cui lo spettacolo viene rappresentato, lo spettacolo è il ritratto di un’Italia spesso ai margini della cronaca. «Con questo Terzo atto – spiegano le autrici Emanuela Giordano e Giulia Minoli – vogliamo proiettarci in avanti, per capire come l’infiltrazione delle mafie, anche al Nord, stia cambiando il nostro Paese e il nostro destino».
teatro musicale
DAL BALLO IN MASCHERA AL BARBIERE DI SIVIGLIA Lirica a Cesena e al Rossini di Lugo Lino Guanciale, il 28 aprile a Cattolica
residenze artistiche
TRA BLACK LIGHTS E LIBERAZIONE Spettacoli a Faenza e al comunale di Gambettola Nella Casa del teatro di Faenza, del Teatro dei due mondi, sabato 7 aprile alle 21 vanno in scena Andrea Baldassarri e Tommaso Monza con Black Lights, progetto Interregionale di Residenze Artistiche realizzato con il contributo di Mibact e Regione Emilia Romagna I due protagonisti disegnano coi movimenti una composizione grafica che ricorda un’incisione a puntasecca fatta di grigi e fragili rilievi bidimensionali. Sabato 21 aprile al teatro comunale di Gambettola, alle 21, per l’annniversario della Liberazione sarà in scena la Compagnia Briacabanda con lo spettacolo Silenzio in trincea, esito anche questo di una residenza artistica. Lo spettacolo è ambientato sul Monte Asolone, nel 1918, quattro alpini del 7° Reggimento Battaglione Feltre stanno lasciando la trincea che per molti giorni è stata scena di dure battaglie. La guerra è ormai finita, l'esercito austro-ungarico è in ritirata, ma... L’ingresso è gratuito.
Al Bonci, per la stagione di teatro musicale il 25 aprile ci sarà Un ballo in maschera su musiche di Giuseppe Verdi con Angelo Villari, Giulio Boschetti, Raffaella Battistini, Laura Brioli, Scilla Cristiano, Lorenzo Barbieri, Dante Roberto Muro, Munkiu Park, Guido Bernoni, l’Orchestra Città di Ferrara diretta da Filippo Arlia con il coro "San Rocco" Bologna e “M. Callas” di Cesena per la regia di Gianmaria Romagnoli. E un’altra opera della tradizione, il Barbiere di Siviglia, è quella portata invece in scena da LaCorelli il 5 aprile nel teatro che porta il nome dell’autore: Rossini (a Lugo), una versione snella ed essenziale che vede in scena l’ensemble Tempo Primo.
Il soprano Raffaella Battistini il 25 al Bonci
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teatro&musica
CONCERTO SPETTACOLO CON SONIA BERGAMASCO Pochi avvenimenti, felicità assoluta - scene da un matrimonio è il concerto spettacolo che vede in scena l’attrice Sonia Bergamasco e l’ensemble Estrio – Laura Gorna violino, Cecilia Radic violoncello, Laura Manzini pianoforte – (nella foto di Marcella Cistola) con la drammaturgia originale di Maria Grazia Calandrone, su musiche di Clara e Robert Schumann. In scena al teatro Bonci di Cesena sabato 14 aprile alle 21.
prosa
hip hop/2 classici/1
classici/2
IAGO MANIPOLATORE NELL’OTELLO DELL’ELFO
RIFICI INDAGA LA VIOLENZA UMANA
Dal 13 al 15 aprile in scena all’Alighieri di Ravenna
Ifigenia, liberata, testo ispirato da Omero alla Bibbia
QUESTI FANTASMI CON IMPARATO Dal 5 all’8 aprile al Fabbri di Forlì sarà in scena Questi fantasmi! di Eduardo De Filippo, per la regia di Marco Tullio Giordana. Dopo l’applaudito Non ti pago, Gianfelice Imparato con Carolina Rosi e la Compagnia di Luca De Filippo, affronta uno dei testi cardine di Eduardo. Una storia che racconta la necessità di essere ciechi, di credere senza riserve a una realtà inverosimile, per tutelare se stessi e un ideale di famiglia.
LA REPLICA E’ bal delle Albe in scena all’Area sismica Va in scena all’Area Sismica il 15 aprile alle 18 lo spettacolo del teatro delle Albe di e con Roberto Magnani e Simone Marzocchi, il fortunato E’bal, testo di Nevio Spadoni, musica di Simone Marzocchi. È la storia di Ezia, donna emarginata di un paese della campagna romagnola, vittima delle dicerie della gente, continuamente in cammino alla ricerca di un uomo da sposare. Questo suo andare in cerca, assomiglia a un ballo, un continuo sgambettare che smuove tutto il corpo della giovane donna.
Va in scena all’Alighieri di Ravenna dal 13 al 15 aprile l’Otello del Teatro dell’Elfo. Elio de Capitani prosegue il lavoro registico su Shakespeare iniziato con il Sogno e proseguito con Amleto e il Mercante di Venezia, che per questo spettacolo in particolare è stato totalmente condiviso con Lisa Ferlazzo Natoli. «Mettere in scena Otello oggi – dicono i registi – è un modo per fare i conti con la singolare attrazione che la vicenda del Moro esercita in tutti noi, come un congegno misterioso messo lì per “innescare” una risposta emotiva sui presupposti ideologici e i fantasmi dell’inconscio collettivo con cui una società costruisce i propri parametri proiettando “fuori di sé”, sullo straniero, tutto ciò che ha di inconfessabile: moralismo puritano, voyerismo sessuale e sessuofobia, per dare fondamento e giustificazione alla propria xenofobia».
Dopo aver affrontato nella stagione scorsa, le ossessioni di Treplev e Nina nel Gabbiano di Čechov, il regista Carmelo Rifici sceglie ora un affondo nel mito. Ifigenia, liberata è solo l’inizio dell’indagine che Rifici propone allo spettatore, chiamando Eraclito, Omero, Eschilo, Sofocle, Euripide, René Girard, Antico e Nuovo Testamento a fornire storie e riflessioni sulla vera protagonista del lavoro: la violenza dell’uomo come realtà inestirpabile e mistero senza fine. «Lo spettacolo – racconta Rifici – nasce dall’esigenza di indagare, ancora una volta, l’uso della violenza, sia a livello macroscopico sia nel microcosmo familiare. Ciò che mi inquieta fortemente è questa ineliminabile caratteristica dell’essere umano di distruggere, di chiudere». All’Alighieri di Ravenna il 27 e 28 aprile.
ragazzi
FIABE, LETTERE E INCONTRO FILOSOFICO PER “PUERILIA” DELLA SOCÌETAS A CESENA
ARREDO E OGGETTISTICA PER LA CASA
Appuntamenti al Comandini e al Bonci Mese particolarmente intenso, quello di aprile, per “Puerilia”, la rassegna pensata per i più giovani dalla Socìetas Raffaello Sanzio, e in particolare da Chiara Guidi (nella foto), a Cesena. Il primo appuntamento è al Teatro Comandini sabato 7 aprile alle 17.30 con un incontro aperto a tutti con il filosofo Umberto Curi e le domande di alcuni studenti delle superiori. Sempre al Comandini, ma per un pubblico più giovane, dal 16 al 20 aprile e poi il 23 e 24 aprile alle 10 andrà in scena Fiabe giapponesi diretto da Chiara Guidi e Vito Matera con Chiara Guidi e con Francesco Maria Dell’Accio. Infine, questa volta invece al teatro Bonci, ecco Lettere dalla Notte, liberamente tratto dai testi di Nelly Sachs con Chiara Guidi e i partecipanti al corso per insegnanti Interrogare e lèggere e e al laboratorio per adolescenti La lettura e con un coro di cittadini; musica eseguita dal vivo dall’autore Natàn Santiago Lazala. Appuntamento il 29 aprile alle 21. Si dà voce al carteggio che Nelly Sachs ebbe tra il 1954 e il 1969 con Paul Celan. La raccolta Lettere dalla notte è edita da Giuntina nella traduzione di Anna Ruchat. “Puerilia“ chiude a maggio con (tuffo) sempre di Guidi e Matera, azione scenica che coinvolge, ogni volta, non più di 20 bambini, e preclude la partecipazione agli adulti: il 6 e il 20 maggio alle 16, dai 6 agli 8 anni e alle 17.30 dai 9 ai 10 anni.
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danza
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PASSI URBANI “IN THE KITCHEN” Spettacolo di danza urbana al Masini di Faenza l’8 aprile con Dacru Dance Company che porta il suo theKITCHENtheory, coreografia e regia di Marisa Ragazzo
TRA CIRCO E TEATRO FISICO Stefan Sing e Cristiana Casadio sono autori e protagonista dello spettacolo Tamgram tra danza, nouveau cirque e teatro. Il 7 aprile al teatro Mentore di Santa Sofia
IL TANGO DI ROMEO E GIULIETTA A LUGO Al Rossini di Lugo il 13 aprile in scena la compagnia Naturalis Labor con Romeo y Julieta Tango
TRITTICO DI COREOGRAFIE A RIMINI Giovedì 5 aprile alle 21, trittico di spettacoli al Teatro degli Atti e nell’attigua Sala Pamphili di Rimini. Inizia la Compagnia Simona Bucci con Frammenti di Lady Macbeth (durata 18’) interpretato da Sara Orselli che sarà protagonista anche di Still There. Chiuderà MK, con il suo Giuda (nella foto).
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IL GIARDINO DEI CILIEGI RILETTO DA KEPLER-452
LE ILLUSIONI DI VYRYPAEV, SECONDO TEODORO BONCI DEL BENE
Mercoledì 4 aprile alle 21, al Ridotto del Masini di Faenza, va in scena la compagnia KEPLER452 con uno spettacolo ispirato da Cechov: Il giardino dei ciliegi (Trent’anni di felicità in comodato d’uso) di Nicola Borghesi (musiche di Bebo Guidetti de Lo Stato Sociale). Lo spettacolo incrocia i temi del nostro tempo con le storie di persone comuni, portandole sul palco insieme agli stessi protagonisti che le hanno vissute.
Venerdì 20 aprile alle 21, al teatro Rasi di Ravenna, sarà interpretato Illusioni di Ivan Vyrypaev, per la traduzione e la regia di Teodoro Bonci del Bene. Due coppie di sposi scoprono di non conoscere chi sia la persona con la quale hanno trascorso tutta la vita. Drammaturgo, regista e sceneggiatore russo, tra i più premiati in Europa, Ivan Vyrypaev ha firmato la regia di film presentati ai più prestigiosi festival.
STANZE, UN RACCONTO PER CAMERA
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Stanze. Racconto per camera preparata sarà di casa al teatro Rasi di Ravenna dal 16 al 21 aprile (appuntamenti alle 19 e alle 21). Il progetto è tratto da The bells will sound forever di Thomas Ligotti e vede in scena Massimiliano Rassu e Muna Mussie, per la regia di Alessandro Panzavolta, produzione Orthographe con il sostegno di Villa Nappi/ Marche Teatro nell’ambito del Progetto Residenze. Orthographe è una compagnia fondata a Ravenna da Angela Longo e Alessandro Panzavolta, fin dall’inizio impegnata nella creazione di lavori che combinano arti visive, performative e teatrali. Al Rasi presenteranno spettacoli e laboratori.
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I GIORNI FELICI DI BRASCHI E RENZI A SOGLIANO Uno dei testi più noti di Samuel Beckett, Giorni felici, arriva in scena interpretato da Nicoletta Braschi e Andrea Renzi (che ne è anche regista) al teatro Turroni di Sogliano, il 21 aprile. Nicoletta Braschi è naturalmente Winnie, donna assoluta e minimale, in scena sepolta fino alla vita in un cumulo di sabbia, con Willie, il marito. Dice Renzi: «Abbiamo cercato di non dimenticare mai che si tratta di un testo a due che richiede la tessitura di una relazione continua tra Winnie e Willie. Sono numerosi all’interno del testo i riferimenti al mondo del teatro: “strana sensazione che qualcuno mi stia guardando” dice la protagonista, interrogandosi anche sul parasole che ritorna sempre nella stessa posizione, il campanello interpretabile anche come segnale del chi è di scena, l’operetta come memoria condivisa della coppia Winnie e Willie, i vuoti di memoria e i trucchi».
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EUFORIA CON HABILLÉ D’EAU Al teatro Diego Fabbri di Forlì, sabato 14 aprile alle 21, tra danza e ricerca, è la volta dello spettacolo Euforia, della compagnia Habillé d’eau, per l’ideazione e la regia di Silvia Rampelli. La danza è di Alessandra Cristiani, Eleonora Chiocchini, Valerio Sirna Luce Gianni Staropoli, la musica è di Tiago Felicetti, voce di Charlie Pitts e Julia Bozzo Magrini. Quadrifonia e ottimizzazione del suono Daniel Bacalov. Scrive l’autrice: «Il tema della situatività, dell’essere gettati, della caduta nel tempo trova un rudimentale parallelo nel dispositivo teatrale, artificio volto a ricreare – attraverso l’ordigno dell’esposizione al Mondo – la condizione di apertura, fondamento di ogni sentire».
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CONTROCINEMA Esplorazioni atipiche dentro le nuove forme del cinema
Dalla Francia alla Corea, cinque titoli da non perdere
di Albert Bucci
Arrivano ad aprile al cinema il nuovo film di Kim Ki-Duk sui confini, quello di Guédiguian ambientato a Marsiglia e la versione restaurata di Novecento
Direttore artistico del Soundscreen Film Festival e consulente alla selezione del Ravenna Nightmare, è stato docente di Sceneggiatura alla Iulm di Milano, e produttore esecutivo di spot pubblicitari.
Da in alto a sinistra fotogrammi di: Charley Thompson, Il prigioniero coreano, La casa sul mare, Ex Libris, Novecento.
Tra le molte uscite di aprile, vi propongo alcuni tra i film più interessanti e meno pubblicizzati. Partiamo da Charley Thompson film americano ma con la regia dell’inglese Andrew Haigh, in concorso a Venezia. Il giovane 15enne Charlie è stato abbandonato dalla madre alla nascita e abita con un padre disadattato e per nulla attento. In una vita scandita da insuccessi, delusioni e impossibilità a credere in un futuro migliore, Charley inizia a lavorare per Steve Buscemi, proprietario di cavalli da corsa, affezionandosi sempre più al vecchio cavallo da corsa Pete, la cui fantina è Chloë Sevigny. Ma la sua vita precipita di fronte alle prime e durissime scelte della sua vita… Un film che parla dell’America odierna come la avrebbe descritta Steinbeck, tra immensi spazi liberi e drammatici, e la lotta come cifra perenne dell'esistenza.
Kim Ki-duk, ma anche delle reti che le ideologie creano nei rapporti umani, ridotti a riflessi meccanici di pulsioni psichiche primarie e ancestrali, il cui unico risultato, come in tutto il cinema di Kim ki-duk, è la violenta impossibilità di essere felici nella società. Dalla Francia invece segnalo La casa sul mare, di Robert Guédiguian, racconta di tre fratelli che si ritrovano in una pittoresca villa affacciata sul mare di Marsiglia per accudire l'anziano padre morente. È l'incontro metaforico di un'intera generazione, quella dei 50enni, dei loro bilanci di vita e dei sogni mai realizzati, delle reciproche accuse, finché dal mare non giunge un arrivo imprevisto: tre bambini profughi, sbarcati di notte da uno dei troppi barconi che solcano il mediterraneo di questi anni. Ed è qui il senso di un film solo apparentemente dolce e malinconico, di come l'urgenza della vita riesce a scuotere ogni apatia e disillusione, di fronte alle cose da fare per aiutare il prossimo.
Charley Thompson parla dell’America odierna come l’avrebbe descritta Steinbeck
Il maestro coreano Kim Ki-duk torna con una cupa storia, Il prigioniero coreano. Nam è un umile pescatore della Corea del Nord, abituato a pescare nel lago che segna il confine tra le due Coree. Un giorno il motore si rompe, la barca va alla deriva e arriva in Corea del Sud. Le guardie nord coreane gli hanno sparato credendolo un fuggiasco; la polizia sud coreana lo arresta credendolo una spia. Nessuna delle due Coree crederà che si è trattato solo di un semplice guasto... Il tema della separazione e del muro nel film più esplicitamente politico di
scrivere l'enorme corpo del sistema bibliotecario pubblico di New York, ma soprattutto mostra il perché di ogni scelta fatta a monte. Il concetto chiave è quello di accesso gratuito alla cultura e alle informazioni. Una lezione mirabile di democrazia della cultura, di apertura e servizio alla cittadinanza, e di come deve essere concepito ogni servizio pubblico. Uscirà poi la versione restaurata di Novecento di Bernardo Bertolucci. Film epocale su un'intera epoca, dal 1900 al 1945, tra lotta di classe e amicizia, sui due protagonisti Olmo (Gerard Depardieu, il figlio dei contadini), e Alfredo (Robert De Niro, il figlio del padrone). Imperdibile.
Wiseman nel suo Ex libris offre una lezione di democrazia della cultura
Ex Libris, del famoso documentarista americano Frederick Wiseman, è la sua nuova opera fiume sulla New York Public Library. Ma cosa potrebbe giustificare oltre 3 ore di documentario su una biblioteca? Molte cose che in realtà non conosciamo. Wiseman non si limita a de-
Infine, mi piace poi segnalare l'apertura a Ravenna, da qualche mese, di un nuovo cineclub, e cioè l'Abajur, dentro l'omonimo circolo. Tutti i mercoledì si proiettano film, da grandi classici a novità da riscoprire, nello spirito di quello che deve essere un cineclub, e cioè un luogo dove gli amanti del cinema possono incontrarsi. In aprile potrete scegliere tra grandi classici come Il delitto perfetto di Alfred Hitchcock; capolavori passati di moda come Shock Corridor di Samuel Fuller e Ciao Maschio di Marco Ferreri; o il più recente e meraviglioso Cave of forgotten dreams di Werner Herzog.
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Dal Guercino a Picasso (erotico): 33 mostre e 2mila opere alla Biennale del Disegno di Rimini
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“CARAVAGGIO EXPERIENCE”: 50 MINUTI ALLO SCOPERTA DEL GRANDE ARTISTA La videoinstallazione della durata di 50 minuti visitabile nella Sala dell’Arengo fino a luglio
Il 28 aprile al via la terza edizione che si estende anche al rinnovato cinema Fulgor Tra gli eventi principali la mostra di Vanessa Beecroft alla Far
Vanessa Beecroft, Pablo Picasso, Federico Fellini, ma anche il Guercino e il suo falsario, Giorgio Morandi, De Carolis, Felice Giani, Ubaldo e Gaetano Gandolfi, Fortunato Duranti, Sergio Toppi, Kolár, Davide Benati. Sono alcuni dei nomi a cui sono dedicate le 33 mostre (per oltre 2mila opere) che animeranno Rimini dal 28 aprile al 15 luglio, per la terza Biennale del Disegno dal titolo “Visibile e invisibile, desiderio e passione”. In particolare, tra le mostre spicca l’esposizione di Vanessa Beecroft ospitata alla Far (Fabbrica Arte Rimini) in piazza Cavour. Dopo aver individuato e reinterpretato il mondo delle donne attraverso i suoi celebri tableau vivant, Vanessa Beecroft ha ripreso a disegnare, a dipingere, e ha scelto la Biennale dei Disegno di Rimini per esporre una serie di opere nella mostra dal titolo “Disegni americani”. Un altro evento di rilievo è a Castel Sismondo dove sono messi a confronto, attraverso due mostre dalla traccia erotica, i due maestri del Novecento: Federico Fellini (1920-1993) e Pablo Picasso (1881-1973). Del pittore spagnolo sono esposte 66 incisioni – acqueforti, acquetinte e puntesecche – eseguite nel 1968 per illustrare “La Célestine” di Fernando de Rojas e saranno Uno dei messi accanto ai personaggi disincantati del redisegni di gista italiano nei disegni dal Libro dei sogni dove Picasso in Fellini annotava il suo mondo onirico e in cui Pamostra a blo Picasso compare per ben tre volte. Castel Al Museo della Città un’altra grande mostra Sismondo dal titolo “Delineavit. Guercino e il caso del Falsario” riunisce un unicum con più di 100 opere, prevalentemente paesaggi, realizzati sia dal Guercino (1591-1666), che dall’artista che fu conosciuto come il suo celebre falsario, vissuto intorno alla metà del Settecento. In occasione della Biennale del Disegno viene presentata per la prima volta l’opera dell’artista per secoli anonimo e indicato come il precoce falsario di Guercino e svelata l’identità dello stesso, rivelata ai curatori durante le ricerche preparatorie alla mostra e corrispondente a Francesco Novelli, abile incisore del tempo. Accanto a Guercino i disegni inediti di Fortunato Duranti (1787-1863): “Le Carte della Follia dalla Biblioteca di Fermo”: 90 sono le opere in mostra al Museo della Città, prodotte dall’artista marchigiano negli anni bui del suo malessere. Sempre al Museo Civico vi sono le incisioni di Stefano Della Bella (1610-1664) artista che primeggiò nel raccontare la Firenze del Seicento per mezzo della stampa incisa. È la grafia a diventare dipinto, invece, nelle opere di 16 calligrafi esposte nella mostra “Calligrafia Venezia. Caratteri al Femminile” e ispirate alla disciplina che sta alla base del bel tratto nella scrittura. Una mostra collettiva sotto il titolo “Ospiti al Museo” riunisce inoltre le mostre di: “Giovanni Manfredini, MAD MEG, Del Bianco e Lombardelli, la disegneria di Tinin Mantegazza, le xilografie di Giancarlo De Carolis, Luca Piovaccari, Silvio Canini, Umberto Giovannini, Luciano Baldacci e Anna Girolomini. Tornando a Castel Sismondo, nella mostra “L’Eco del Tempo” vi sono i disegni di Adolfo De Carolis (1874-1928) dal Fondo del Museo San Francesco di Montefiore dell’Aso, città di origine dell’artista. Accanto la mostra “Fogli barocchi” espone opere di Guercino, Felice Giani, Guido Cagnacci, Donato Creti, Ubaldo e Gaetano Gandolfi. Nell'Ala di Isotta della Rocca espone invece Jiří Kolář (1914-2002), artista e scrittore mondialmente conosciuto per i collage, in mostra a Rimini con una personale dal titolo “JK: l’Acronimo della Bellezza”. E ancora, accanto, la mostra “Cartoni per vetrate” del pittore di fine Ottocento Giovanni Buffa. Tornando alla FAR l’omaggio al moderno parte da 11 opere di grandi dimensioni di Davide Benati. Infine la mostra dedicata al riminese Davide Arcangeli dal titolo “Più avanti del suo tempo”. Del designer di automobili sono in mostra i prototipi straordinari realizzati per i più grandi brand motoristici. Nell’Ala nuova del Museo sono 50 gli artisti chiamati a tradurre la realtà sfaccettata e ibrida del disegno contemporaneo nella sezione “Cantiere Disegno”. La Casa el Cinema Fulgor, appena riaperta accoglie i fumetti di Sergio Toppi (1932-2912). A Palazzo Gambalunga èallestita la mostra “Il tempo sulle cose”, che espone incisioni e disegni di Giorgio Morandi (1890-1964). Alla Domus del Chirurgo espongono Marotta & Russo mentre all’Istituto Lettimi la mostra La musica visibile espone le copertine di spartiti musicali illustrati del XIX e XX secolo.
Fino al 22 luglio, anche a Rimini, nella Sala dell'Arengo, in piazza Cavour, si potrà vivere la “Caravaggio Experience”, videoinstallazione dedicata a vita e opere di Michelangelo Merisi, coprodotta da Medialart e Maggioli Musei, realizzata dai video artisti di The Fake Factory, che usa il sistema di multiproiezione Infinity Dimensions Technology. Le musiche originali sono di Stefano Saletti. Il pubblico viene immerso in uno spettacolo di proiezioni e musiche della durata di quasi 50 minuti, in onda contemporaneamente lungo tutto il percorso, senza interruzioni e a ciclo continuo. Sono 57 i capolavori in cui si potranno immergere i visitatori, riprodotti con l’uso di 17 proiettori. Ogni sezione è legata ad un tema “caravaggesco”: dalla ricostruzione dei suoi studi sulla luce all’analisi dei processi compositivi di un artista che ritraeva solamente dal vero, passando per la rappresentazione della natura e della violenza fino ad arrivare ad un tour virtuale nei luoghi dove visse.
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l’intervista
Alex Majoli, il fotografo «Andante» torna nella sua città natale Dal 15 aprile la mostra al Mar di Ravenna: «Mai avrei pensato a un progetto come questo in un altro posto del mondo Diciamo che l’ho presa di petto questa volta: nudo e folle, nel senso che gli antichi greci davano a questa parola» di Linda Landi
Alex Majoli è in procinto di tornare a Ravenna con un progetto che tocca più di trent’anni di grande fotografia e indagine sulla condizione umana: Andante – al Mar di Ravenna dal 15 aprile al 17 giugno – celebra infatti il percorso di uno dei più importanti fotografi viventi, legato a doppio filo alla città bizantina per origine e prima formazione. Un progetto che sarà in buona parte portato a Parigi nel febbraio 2019. Andante trasmette un senso di movimento, una transizione: perché è stato scelto e qual è il significato pieno di questo titolo, oltre la mostra, nel tuo lavoro in generale? «All’inizio pensavo al motivo in musica e a come avrei editato il percorso nei tre piani del museo. Andante significa anche qualcosa di “fatto un po’ male, ma pur sempre fatto”, come la vita della maggioranza delle persone che ho fotografato negli anni, e forse anche la mia. Andante è poi lo specchio di me stesso che da Ravenna dovevo andare, sempre. Il numero di fotografie è consistente e l’editing della mostra è molto intenso e personale proprio perché destinato a Ravenna: mai avrei pensato a un progetto come questo in un altro posto al mondo. Diciamo che l’ho presa di petto questa volta, nudo e folle. Folle nel senso che i greci antichi davano alla follia. Eraclito diceva, parlandone come mezzo per esplorare i confini: per quanto tu possa camminare per ogni via, i confini dell’anima non li troverai mai». Quali sono a tuo parere gli elementi che rendono una fotografia “parlante”? «Tante cose. L’immagine è innanzitutto una questione culturale: guardiamo, reagiamo, creiamo immagini che sono echi delle nostre esperienze. Quindi sono probabilmente solo percezioni. Estetica ed etica hanno sempre lottato den-
Alcune opere in mostra e, qui a destra, un ritratto di Alex Majoli L’esposizione al Mar sarà anche al centro della Notte d’oro di primavera di Ravenna, il 21 aprile, con un’apertura serale straordinaria ed eventi collaterali realizzati anche in collaborazione con il “Sì Fest“ di Savignano
tro di me: la superficie, la bellezza, la luce, la geometria, il magnifico… Tutti questi elementi contro il contenuto. Credo che a lungo andare il contenuto sarà sempre quello che rimane, mentre l’estetica resterà incatenata al tempo in cui è vissuta». La guerra, la sofferenza, l'umanità al centro di
un’indagine: dal Kosovo al Congo passando dai luoghi di cura e dolore, fino ai porti: cosa significa per te “vivere un luogo” e cosa tocca in particolare le tue corde al punto tale da decidere di intraprendere una nuova ricerca? «La guerra, il dolore – e aggiungo la pazzia di prima – so-
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Note biografiche Alex Majoli (Ravenna, 1971) durante gli studi di indirizzo artistico, comincia a fotografare giovanissimo seguendo gli insegnamenti di Daniele Casadio. A diciotto anni parte per la Jugoslavia per riprendere la guerra civile; seguiranno altri reportage in Kosovo e Albania negli Anni ’90, per poi approdare nell’isola di Leros, dove i pazienti del manicomio divengono i soggetti del primo libro. Tra il 1995 e il ’98 dopo aver toccato il Sud America, si concentra sul tema della vita nei porti, sperimentando anche il cortometraggio. Nel 2001 diviene socio dell’agenzia Magnum Photos, di cui sarà anche presidente. Dopo aver documentato l’Afghanistan dei Talebani e l’Iraq, diviene uno dei più importanti fotoreporter viventi, pubblicando su riviste come “New York Times Magazine” e “National Geographic”. Successivamente abbandonerà il reportage per concentrarsi sempre di più sull’indagine della condizione umana. Tra i tanti premi ricevuti, anche il “World Press Photo” del 2012.
le mie mostre, ma è una guerra persa: le maledette didascalie devono sempre entrare nel compromesso. Sono un convinto sostenitore delle teorie di Pirandello e di Guy Debord, che scrive ne La società dello spettacolo: “Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra le persone, mediato dalle immagini. Dopo essere stato per tanti anni un “fotogiornalista” ho visto con i miei occhi il teatro della vita, così nel 2003 ho iniziato a sperimentare con questo. A Ravenna ci sarà un piano dedicato». Alex negli Anni ’80 e Alex nel 2018: cos’è cambiato e cosa è immutato da quando hai cominciato? Qual è la tua direzione oggi come persona e come fotografo? «Sono tornato dove tutto iniziò, almeno per quanto riguarda il teatro. Al Mar ci sarà un’immagine della serie “maschere in nero”: inconsapevolmente mi affascinava come i soggetti cambiassero atteggiamento quando spegnevo le luci, illuminandoli con solo un faretto, protagonisti. Ci sarà anche una serie di fotografie scattate ai miei amici quando facevamo skate, quando avevo quindici anni, e che con la consapevolezza di trent’anni di lavoro si affiancano dignitosamente a foto di ragazzi in Medio Oriente che combattono l’oppressione. Come persona …vivo Andante? Proprio come se mi si accumulassero cose. Viaggio un po’ meno e mi concentro molto di più su progetti e idee personali, sulla mia famiglia».
«Vorrei lasciare in tutte le mie mostre la frase di Pirandello “Così è se vi pare” ma è una guerra persa»
no anche forme estetiche, purtroppo. La tragedia greca è stata la prima a occuparsene; l’opera più importante di Picasso rappresenta la guerra. Addentrarsi nelle tragedie umane è anche una questione personale. Riguardo a me, credo di non vivere un luogo, piuttosto che viverlo: questa è la forza trainante per affrontare “le vite d’altri”».
Qual è il rapporto tra teatralità e realtà nel tuo lavoro? C'è una sorta di fusione o ritieni che il confine debba essere sempre in qualche modo “dichiarato”, riconoscibile? «Assolutamente non dichiarato. Ripeto sempre la frase di Pirandello: “così è se vi pare“. Quasi vorrei lasciarla in tutte
RISTORANTE - ALBERGO - CANTINA SALA CONVEGNI - ARTI VISIVE L'Albergo Cappello occupa uno dei più interessanti edifici del Rinascimento a Ravenna, il Palazzo Bracci del 1470. Il ristorante propone una cucina del territorio personalizzata dallo chef, menu raffinati di stagione con specialità di carne e pesce. L'osteria offre un ampia selezione di vini locali e nazionali.L’albergo dispone di 7 camere, tutte originali, con affreschi d'epoca.
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Se Eron e Andreco si mimetizzano con l’archeologia di Linda Landi
Qualcuno a Ravenna lo ricorderà ancora per – perdonate l’involontaria assonanza con il non fine adagio – il “buco del muro del Mar” stuccato da un incauto operaio del museo che, grazie all’incredibile realismo, lo prese per un difetto della parete, non cogliendo l’insieme dell’effetto mimetico che lo collegava allo “specchio rotto” caduto da un immaginario chiodo. Ma lui è un artista internazionale di preclara fama, oltre che – tutt’altro che scontato – dalla mano squisitamente rivelatrice d’accademia: il riminese virtuoso della bomboletta Eron, anima cresciuta a pane e writing già negli Anni’80, in Italia, che armato di spray riesce a ricreare pura e fantasmatica evanescenza. Le sue immagini trasudano dai muri come muffe umide di macabro e poesia, quasi fossero ombre polverizzate dall’atomica (come in “Soul of the wall” del 2014). Ritenuto tra i migliori street artist italiani, presente tra gli altri alla Biennale veneziana e all’Italian Cultural Institute di New York, tra le sue prodezze ricordiamo in particolare l’aver creato un affre-sco a spray dentro una chiesa (San Marino di Riparotta a Rimini) e per l’opera “Soul of the sea” (2016) che, dipinta su un relitto navale con immagini di migranti, divenne virale. Ora lo ritroviamo in un interessante progetto in progress al Musas, Museo Storico Archeologico di Santarcangelo, dove insieme all’artista Andreco, ha letteralmente mimetizzato opere contemporanee nella variegata collezione permanente del museo, che include dipinti antichi e reperti archeologici. Progetto che, inaugurato a dicembre 2017 corredato dei testi critici di Helga Marsala, ora in aprile giunge a metà della sua storia, dato che la conclusione è prevista per il 30 settembre di quest’anno. “Unearth. Portare alla luce” aggiunge a sorpresa sempre nuovi elementi nel corso dei mesi, portando i visitatori a indagare e scoprire dove si possano nascondere: «L’assenza di una reale separazione tra il piano storico e quello contemporaneo consente un approccio non razionale, di disorientamento e inabissamento, fondato sulla seduzione, sull’attenzione e su un tempo aperto». È chiaro che lo spettatore perde così definitivamente ogni traccia di passività nel suo ruolo, rincorrendo visivamente le opere per trovarle nel vero senso della parola, e per indagarne poi il senso di magico, il misterioso. Un efficace bilanciamento, quello tra i due artisti e il museo che si pone qui come una terza personalità di uguale peso specifico, in cui il romano Andreco – artista instancabile, ma anche ingegnere ricercatore specializzato in sostenibilità ambientale – trova il contesto per quel mix di rigore e libertà ben espresso da Marsala nel definire il suo percorso: prolifico autore di opere d’arte pubblica, attingendo alle potenzialità espressive del murale, come della performance (esemplificative sono le Parate, rappresentazioni tra arte visiva, teatro e danza rituale) Andreco nelle sue sculture in bronzo riporta la mente ad antiche selci scheggiate che sembrano provenire da una stratigrafia sepolta.
LA COLLEZIONE “LENCI” IN MOSTRA AL MIC Fino al 3 giugno al Mic di Faenza sarà possibile ammirare 150 sculture in ceramica dalla collezione Gabriella e Giuseppe Ferrero. Alla gloriosa Manifattura Lenci di Torino è infatti dedicata la mostra in corso, a cura di Valerio Terraroli e Claudia Casali, con la collaborazione di Stefania Cretella e Maria Grazia Gargiulo. Si tratta di piccole plastiche e sculture d’arredo che hanno fatto la fortuna della storica manifattura, attiva prima nel settore dei panni e delle bambole e, dal 1927, nel settore ceramico. Le ceramiche traggono ispirazione dalle riviste di moda del momento e scene di costume, accattivanti e maliziose, raccontano il gusto di una società, quella borghese.
AGENDA ARTE Al Mag di Ravenna tra artisti forlivesi e street art Lunedì 2 aprile dalle 18 alle 21 al Magazzeno Art Gallery di Ravenna incontro pubblico con gli artisti forlivesi Alessandro Turoni e il giovanissimo Gian Marco Battistini. Giovedì 5 invece sempre al Mag si chiacchiera con Daniele Torcellini e Marco Miccoli sulla street art, in particolare di Invader e di Blu e dei loro volumi, rispettivamente sui lavori prodotti a Ravenna e una raccolta complessiva dei muri fatti finora.
A Forlì arriva Millo, anteprima del festival “Murali” Dal 3 all’8 aprile a Forlì va in scena l’anteprima del festival di street art “Murali”, in programma dall’11 al 20 maggio. Tra i primi nomi annunciato quelli di Millo, street artist pugliese noto a livello internazionale, atteso a Forlì dal 4 aprile.
Alla Maccolini di Forlì, collettiva Mottenwelt Alla galleria Maccolini di Forlì è in corso la mostra Mottenwelt con opere di Luca Caccioni, Barbara De Vivi , Silvia Giambrone, Mustafa Sabbagh, CJ Taylor. La mostra, visitabile fino al 28 aprile.
Verlicchi a Palazzo Rasponi delle Teste a Ravenna A Palazzo Rasponi delle teste, in piazza Kennedy a Ravenna, è visitabile la retrospettiva dedicata a Francesco Verlicchi (1915-2008), protagonista indiscusso della scena artistica cittadina e romagnola. Aperta fino al 25 aprile.
Sacro e profano con Reni e Rembrandt a Castrocaro
Eron, “You”
“Sacro e Profano - Le Arti tra '500 e '600” è la mostra allestita al Padiglione delle Feste Castrocaro Terme che riprende il tema della grande esposizione “L’Eterno e il Tempo, tra Michelangelo a Caravaggio” in corso ai Musei San Domenico e Musei Civici di Forlì. In mostra opere di grafica, pittura e oreficerie sacre, tele, argenteria sacra. Spiccano autori come Guido Reni, Agostino Carracci e Rembrandt, Giovan Battista Crespi, Girolamo Troppa, Francesco Albani e due piccole opere di cerchia Bassanesca ed altre importanti tele. Fino al 17 giugno.
Finisssage per Giacomo Cossio con Edel a Cesena Fino a domenica 15 aprile gli spazi della galleria C31 a Cesena ospitano la personale di Giacomo Cossio e in occasione del finissage sarà presentato al pubblico il nuovo numero della rivista “Edel”, semestrale di arti e letterature contemporanee. Da domenica 29 aprile fino a domenica 3 giugno gli spazi di Corte Zavattini ospiteranno invece la mostra “La linea d’ombra” a cura di Roberta Bertozzi e Stefano Franceschetti, realizzata in rete con la Biennale del Disegno di Rimini. Si tratta del terzo e ultimo progetto espositivo dei Cantieri Cristallino.
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l’intervista
L’autore di best seller Marcello Simoni: «Il thriller storico? il genere che fa tornare gli adulti bambini» L’autore di Comacchio sarà ospite alla Malatestiana di Cesena il 13 aprile per un ciclo di incontri dedicati al giallo di Federica Angelini
Non ci poteva forse essere ospite più adatto per l’inmo, è anche una questione personale». contro del 13 aprile alla Malatestiana di Cesena dal titoDi certo il thriller storico, quando ben fatto, è lo “L’immaginario e il mistero nel thriller di ambientauna lettura appassionante e che riporta a essere zione storica”. Alle 18 infatti il protagonista sarà Marbambini, ma ha invece bisogno di un grande lavocello Simoni, ex archeologo, classe 1975, autore di una ro da parte di chi lo scrive, è esatto? lunga serie di best seller per Newton Compton, ora pas«Sì, l’operazione di scrittura è molto difficile. Per ogni sato a Einaudi con gli ultimi due libri, tradotto in tutta romanzo svolgo prima un enorme lavoro di documentazione, adesso per esempio ho ricostruito, tramite i docuEuropa, dalla Francia alla Germania. Ne approfittiamo menti d’epoca, una mappa di Alghero nel 1400 che di per farci raccontare qualcosa della sua straordinaria carriera e del suo lavoro. Cominciando però dai confini... fatto non esiste. Ma poi non devo far sentire il peso di Lei è nato a Comacchio e oggi vive a Porto Gariquesto lavoro a chi legge, perché voglio offrire un intratbaldi. Era tra coloro che qualche anno fa avrebbetenimento leggero ma non banale, non bisogna mai ro voluto aderire alla provincia di Ravenna e diprendere i lettori per babbei». ventare quindi a tutti gli effetti “romagnoli”? Qual è il lettore che ha in mente mentre scrive? «Per la verità no, sono stato contrario all’ipotesi per«In realtà una fascia molto ampia, che va dal lettore di saggi a quello di fumetto, anche per questo è molto imché storicamente Comacchio è stata legata a Ferrara, fin portante l’equilibrio del linguaggio». del medioevo, per quanto non manchino legami con Ravenna. Penso per esempio una figura come San RomualResta vera la lezione manzoniana sul romanzo do di Ravenna che ha visitato ed è stato eremita nelle nostorico per il verosimile? stre zone. E la stessa città di Ravenna mi ha sempre at«Certo, dobbiamo essere accurati e dare al lettore una tratto per la sua antichità, un abitato di epoca romana, suggestione verosimile anche nella scelta della parole. di frequentazione etrusca. Per le sue vie si ha una perceStare attenti a usare il voi invece del lei, per esempio, o a non impiegare parole che ancora non esistevano nell’ezione impareggiabile di antico, quasi di arcaico. Molto poca, evitando anacronismi letterari». probabilmente il mio orientamento a scriver romanzi Ma esiste un modello? Il nome della Rosa di Umstorici deriva anche dalla mia assidua frequentazione della zona fin da ragazzo». berto Eco lo è ancora? Quindi potremo sperare in un romanzo ambien«Umberto Eco naturalmente è stato un padre per tutti tato nella città dei mosaici, prima o poi? quelli che scrivono gialli storici perché ci ha insegnato «Assolutamente sì. Chissà, magari l’inquisitore Svamche si poteva fare un giallo alla Sherlock Holmes ampa (personaggio inventato da Simoni, ndr) potrebbe incapbientandolo nel Medioevo, ma lui scriveva per parole, io pare casualmente in un caso da risolvere o forse tra i moscrivo per immagini, voglio che il mio lettore veda le scene nel modo più semplice e diretto. In realtà, dato che i saici o i sarcofagi ravennati potrebbe essere rivelata qualche verità...» Ma oggi a cosa serve scrivere gialli storici? Ci parlano del presente e di noi o è solo intrattenimento? «I thriller sono favole per adulti. Le favole iniziano con “c’era una volta”. Il giallo storico ha tutto ciò di cui abbiamo bisogno per fantasticare, per dimenticarci di essere adulti e dimenticare il rumore delle auto o lo squillare dei telefoni. Più nello specifico, ci permettono di ritrovare qualcosa di cui abbiamo perduto la memoria, ossia la facilità di emozionarci e meravigliarci, di sentirci; veniamo affetti dal morbo di Peter Pan e ritorniamo bambini. E questo ci fa bene. Credo che tra tutti i generi il thriller storico sia tra i più adatti a indurci in questo stato». Dal successo che ha, sembra aver trovato la formula vincente. Lei vende tanJacopo de Michelis tissime copie nonostante la cronica difficoltà dell’editoria italiana... sul giallo nordico «Credo che la crisi dell’editoria sia anche una crisi creativa che peraltro non riguarda Sempre alla Malatestiana per il solo la narrativa ma, per esempio, anche il ciclo di incontri dedicati al gecinema. Mi sembra che si faccia sempre più nere thriller, dopo Marcello Sifatica a inventare storie originali. Inoltre, in moni, venerdì 20 aprile alle 17, nella sala lignea della bibliotelibreria continuano ad arrivare tante cose ca di Cesena, si parlerà di buone, per esempio noi giallisti italiani ab“Giallo nordico. L’architettura biamo tutti una cifra molto riconoscibile andi un genere letterario” insieche all’estero, ma in libreria arriva un mare me a Jacopo de Michelis, della magnum di roba, spesso nata proprio per casa editrice, Marsilio, che per imitazione di qualche successo, che rende prima ha portato in Italia quesempre più difficile scegliere bene. Consiglio sto genere con i romanzi del sempre ai miei lettori di non comprare in maestro Henning Mankell e il modo compulsivo o sulla base della fascetta suo Wallander (in collaborazioo della copertina, ma di provare a leggere alne con la libreria Ubik). meno qualche riga. È quello che faccio io, un libro deve essere come un abito o un profu-
«Chissà, non escludo affatto che un prossimo libro non potrà essere ambientato nell’antica Ravenna che tanto ho frequentato»
Marcello Simoni
miei libri sono sì gialli ma anche libri d’avventura, mi sento forse più debitore a Salgari o Dumas. Apprezzo moltissimo Jo Nesbo e trovo Fred Vargas eccezionale, e mi piace, anche se a tratti lo trovo un po’ pedante, Arturo Perez Reverte. Un grande insegnamento l’ho tratto da dua autori horror come Clive Barker e Jim Harrison, e ancora, leggo Grangé e alcuni romanzi di Patterson. Leggo moltissimo, anche perché leggere mi aiuta a schiarirmi le idee, e mentre scrivo mi serve anche a recuperare quello che davvero vorrei mettere nel libro».
Per info e prenotazioni: Tel. 349.2405828 - 349.2856554 - 348.8745137 www.prolocoranchio.it - prolocoranchio@libero.it
Pro Loco Ranchio
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il personaggio
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l’idea editoriale
Pellegrino Artusi diventa detective La raccolta Misteri e manicaretti mette in scena il critico di Forlimpopoli in quindici racconti
IL CAMPIONE DEL MONDO THURAM, SCRITTORE CONTRO IL RAZZISMO Campione del mondo nel 1998 con la nazionale francese, Lilian Thuram è stato uno dei più forti difensori della storia recente del calcio europeo. Classe 1972, nato in Guadalupa, ex colonia francese, dal 2010 è ambasciatore Unicef. Dopo il suo ritiro dalla vita sportiva, nel 2008 nasce la fondazione che porta il suo nome il cui impegno è quello di combattere il razzismo e di educare le nuove generazioni a una società multietnica. Ha scritto due libri sull’argomento: Le mie stelle nere - Da Lucy a Barack Obama (Add editore) e Per l'uguaglianza. Come cambiare i nostri immaginari. Martedì 10 aprile sarà al Carisport di Cesena per incontrare la cittadinanza alle 21.30.
AGENDA NARRATIVA Chiara Barzini, che con il suo Terremoto ha già conquistato gli Usa A conclusione del ciclo “Scritture di frontiera” alla biblioteca Classense di Ravenna ci sarà Chiara Barzini con il suo Terremoto (Mondadori), presentata da Stefano Bon e Matteo Cavezzali il 4 aprile alle 18. Si tratta di un esordio letterario in cui l’autrice racconta l’esperienza dell’emigrazione della sua famiglia da Roma a Los Angeles negli anni Novanta e che negli Usa è stato accolto con entusiasmo. Il primo ad accorgersi di questo libro è stato Gerry Howard, l'editore americano di David Forster Wallace.
Cristiano Cavina presenta i suoi Fratelli nella notte Giovedì 12 aprile alle 21, alla biblioteca di Santarcangelo, Emiliano Visconti di Rapsodia intervista lo scrittore casolano Cristiano Cavina sul suo ultimo libro, dedicato al periodo della resistenza proprio in quella parte di Romagna dal titolo Fratelli della Notte (Feltrinelli).
Pellegrino Artusi, raffinato gourmand e primo divulgatore della cucina italiana, diventa detective d’azione. È la sfida lanciata da “Brividi a Cena”, collana delle Edizioni del Loggione, a 21 autori di Bottega Finzioni, la scuola di scrittura fondata da Carlo Lucarelli. Misteri e manicaretti con Pellegrino Artusi, con la prefazione dello stesso Lucarelli, è una raccolta con quindici gialli ambientati dal 1838 al 1906 in varie città tra cui, per esempio, Bologna all’osteria dei Tre Re, la natia Romagna nei dintorni di Forlimpopoli o Prato nel rinomato biscottificio Mattei. Per tutti un mistero da svelare attorno al racconto di come il critico forlivese ha potuto assaggiare per la prima volta piatti poi diventati storici. Dietro ogni manicaretto un omicidio con un colpevole da scoprire. A fronte di ogni racconto, la ricetta originale direttamente dal libro di Artusi. «Noi italiani – ha scritto Carlo Lucarelli nella prefazione – quando si tratta di cucina non amiamo scherzare. Se poi sui fornelli c’è un piatto che preparava nostra nonna o nostra madre, qualcosa con cui siamo cresciuti, allora la questione diventa davvero seria. Non stupisce quindi che La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi sia molto di più di un libro di ricette. Pellegrino Artusi è stato un intellettuale, un filosofo della cucina, un narratore. Il suo nome risuona da più di un secolo nelle cucine italiane. Attraverso le 790 ricette che appaiono ne La scienza in cucina, Artusi ha raccontato l’evolversi del giovane Regno d’Italia, le usanze e i valori di quell’epoca».
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GRANDI NARRATORI PER PARLARE DI STORIA DA ORECCHIO A JANECZEK Quattro incontri alla biblioteca Oriani su Rivoluzione russa, Caporetto, la guerra civile spagnola e gli anni di piombo
Presso lo stand gastronomico Menù ricco di piatti a base di tartufo fresco di pineta alias “Tuber borchi” Bianchetto Durante la manifestazione saranno previste simulazioni di caccia al cinghiale con l’arco antico Per informazioni: Sagra del Tartufo: Ass. Tartufai Ravenna - Luigi Pelliconi tel. 339 3546640 Gare canine: Fabio Marocchi tel. 3485554767 Mercatino prodotti tipici: Servizio Ambiente del Comune di Ravenna tel. 0544 482233 In caso di maltempo ricordiamo che lo stand gastronomico è coperto e parzialmente riscaldato
Nel mese di aprile, a Ravenna, la Biblioteca di Storia contemporanea e l’associazione Oriani organizzano una serie di incontri dal titolo “Riscrivere la Storia – incontri tra letteratura e storia alla biblioteca Oriani”, pensati sopratutto per i ragazzi delle superiori che spesso hanno grandi lacune nella storia contemporanea. Come raccontare ai giovani periodi difficili e complessi, ma molto importanti, come il terrorismo degli anni di piombo? Come fargli comprendere cos’è stata la violenza durante le guerre del secolo scorso? L’idea è quella di farsi aiutare da narratori. I personaggi, le vite, i luoghi che hanno fatto la storia, raccontati dai grandi autori contemporanei. Il primo appuntamento è allora per sabato 14 aprile alle 11 con la Rivoluzione d’ottobre attraverso il libro Mio padre la rivoluzione (Minimumfax) di Davide Orecchio, mentre lunedì 16 aprile alle 18 (la mattina con le scuole) il tema affrontato sarà quello della sconfitta di Caporetto grazie al libro Prima dell'alba (Neri Pozza) di Paolo Malaguti, Mercoledì 18 aprile alle 18 (giovedì 19 mattina con le scuole) sarà invece la volta della scrittrice Helena Janeczek che con la sua storia di Gerda Tarone La ragazza con la Leica (Guanda) aiuterà a capire meglio la guerra civile di Spagna. Si chiude sabato 21 aprile alle 11 sugli anni di piombo con Il segreto (Chiarelettere) di Antonio Ferrari,
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l’evento
“PARLAMENTI D’APRILE” TRA TEATRO, FILOSOFIA, FOTO Dal 5 al 7 il Teatro delle Albe chiama a confronto studiosi e artisti Il Teatro delle Albe organizza “Parlamenti di aprile”, a cura di Marco Martinelli e Ermanna Montanari, dal 5 al 7 aprile, tra il teatro Rasi e la biblioteca Classense, a Ravenna. Si tratta di seminari che riuniscono annualmente filosofi, artisti, studiosi intorno a nodi di pensiero e di azione che il Teatro delle Albe propone di condividere a partire dal proprio percorso artistico ed esistenziale. Il programma di questa edizione prende il via appunto giovedì 5 alle 16 al teatro Rasi intorno al tema “Immagini e parole del contemporaneo” di cui parleranno Marco Belpoliti, Wlodek Goldkorn e Tahar Lamri. Il giorno successivo, stessa ora e stesso luogo, per discutere invece di “Teatro e filosofia” con Andrea Tagliapietra, Caterina Piccione, Helmut Schäfer. Si chiude il sabato 7 aprile alle 16, ma alla biblioteca Classense, con “Tappeti volanti” con Cesare Fabbri, Silvia Loddo, Jean-Paul Deridder, Charlotte Schepke, mentre alle 21 al Rasi andrà in scena White rabbit red rabbit di Nassim Soleimanpour, con Laura Redaelli, produzione 369gradi. Un’interpretazione unica, senza regia e senza prove: l’artista apre la busta sigillata che contiene il testo già sul palco e condividendone il contenuto con il pubblico. Per tutto le giornate di Parlamenti e fino al 30 aprile al Rasi sarà inoltre visitabile la mostra fotografica “Orlando”, dello Laura Redaelli stesso Cesare Fabbri.
IN SCENA Fino a 100, Checco Tonti parla dal palco Sabato 21 aprile alle 21, al teatro degli Atti di Rimini, va in scena Francesco Checco Tonti con uno spettacolo scritto da lui, ma immaginato e realizzato grazie a Mila Lenisa. Si tratta di un racconto intitolato Fino a 100 ed è un flusso di parole. Dal 2008 infatti un flusso inarrestabile di parole accompagna l’autore nelle sue giornate. “Parole che chiedono di essere scritte e rilette, oggi pretendono di salire sul palco”, si legge nella nota stampa. Racconti, poesie, monologhi, pagine di romanzi e pensieri. Con stili differenti e un’alternanza di linguaggi, Francesco Tonti s’immerge in modo caotico, disordinato e naïf nelle sue gioie, paure e follie.
Dalla bibbia al cibo, passando per i migranti: l’aprile di Mercadini Intenso l’aprile di Roberto Mercadini, autore e inteprete di monologhi, poesie, testi sui più disparati argomenti. Il 7 aprile alle 21, a Budrio di Longiano (Chiesa di Santa Maria Cleofa) porta il suo viaggio nella bibbia ebraica Fuoco nero su fuoco bianco, l’8 aprile alle 17 sarà invece a Poggio Berni (centro sociale di Poggio Torriana) con Sogghigni, un’antologia cabarettistica. Il 12 aprile (ore 21), alla biblioteca comunale di Gatteo si parlerà di scrittura come autoritratto, mentre venerdì 13 tornerà al Mama’s di Ravenna alle 21 con Odissee anonime, sui migranti e l’integrazione che proporrà anche ad Alfonsine il 15 aprile per l’iniziativa “Sentiero di pace“ al Museo della Resistenza del Senio. Il giorno dopo sarà al teatro comunale di Cesenatico (alle 21) con Uomo a vapore, con Fiorenzo Mingozzi (che ne è anche l’autore), mentre il 22 aprile alle 17 alla Rocca malatestiana di Cesena il tema sarà il cibo in Come cavolo mangi? (all'interno della "Festa della Terra" organizzata da Alimos Società Cooperativa).
AGENDA INCONTRI L’amicizia femminile, il genere e un duo musicale al Bar Lento Continuano gli appuntamenti mensili con i talk sui temi di genere e migranti in un vero e proprio show dai ritmi serrati e con ospiti ogni volta diversi. Ad aprile l’appuntamento è per giovedì 12, sempre alle 20 sempre al Bar Lento di Rimini per una serata dal titolo “L’amicizia femminile è davvero contro natura?” con Io e la Tigre, duo musicale cesenate.
Fuori e dentro la stanza dello psicoterapeuta, Costanza Jesurum alla Classense A chiudere il ciclo “Forti delle fragilità” organizzato da Engim e Centro Liberamente alla Classense di Ravenna arriva venerdì 20 aprile alle 17 la psicoterapeuta Costanza Jesurum con il suo ultimo libro, uscito per Minimum Fax, intitolato Fuori e dentro la stanza.
Dal fumetto alla critica letteraria al Grinder Coffee Lab Per i giovedì del Grinder Coffee Lab (via di Roma, a Ravenna) ad aprile sono in programma anche gli incontri con il fumettista di fama internazionale Davide Reviati (autore tra l’altro di Sputa tre volte) e Matteo Marchesini, critico letterario, di recente al centro di una querelle per la mancata uscita del suo volume Casa di carta, sul meccanismo editoriale in Italia. Qui presenterà il suo ultimo volume False coscienze, tre parabole degli anni Zero.
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parole
aprile 2018
LA ROMAGNA IN PAGINA
Bassa risoluzione, la chiave di Mantellini per leggere la contemporaneità di Federica Angelini
È come se riuscisse a unire i puntini sparsi per trovare finalmente un filo logico, un minimo comune denominatore alla realtà che sta cambiando intorno a noi, e non sempre per il meglio, ma nemmeno necessariamente per il peggio. Spesso, sta semplicemente cambiando come non ci saremmo mai aspettati e questa imprevedibilità rende il puzzle ancora più difficile da ricomporre. Il forlivese Massimo Mantellini, invece, ci riesce con grazia e leggerezza calviniana (che come lui stesso ci ricorda è fatta di precisione ed è l'opposto della superficialità) in un libretto di 130 pagine pubblicato da Einaudi in cui il titolo è la chiave interpretativa della contemporaneità: Bassa risoluzione. E se il riferimento ovviamente esplicito e non casuale è all’evoluzione tecnologica che ci – Mantellini usa sempre il noi, non si chiama mai fuori, non giudica mai con il dito alzato e fare moralista, pur quando mette in evidenza rischi e pericoli – accompagna e ci ha offerto un numero vastissimo di possibilità, tra cui noi ne abbiamo però scelte alcune, quelle good enough, in un compromesso spesso al ribasso dal punto di vista qualitativo ma sufficiente e che ha dato vita all'inaspettato. Basti pensare alla qualità delle riproduzioni musicali, a quella delle foto che scattiamo e condividiamo, al calo di vendite dei pc a favore di tablet, perché è passato il mobile first (una delle scelte più deprimenti, dice l'autore che da anni si occupa di internet e tecnologia su carta e in rete per varie testate). Ma accanto a questo c'è una bassa risoluzione che sembra accompagnare ogni aspetto della nostra vita, ne sono esempi gli street artist come Banksy di cui oggi per Londra restano poche opere, ma restano le foto scattate con i cellulari e poi condivise di quelle opere in una sorta di altrove che è oggi internet,
che può essere non luogo per eccellenza che forse Augé non aveva previsto. La bassa risoluzione riguarda sicuramente il giornalismo dove il giudizio di Mantellini è drastico: i giornali di carta non vendono più (ma l'autore sembra rammaricarsene il giusto, visto il giudizio drastico dato comunque della loro qualità), le persone al massimo leggono free press e nei siti internet per cercare i clic i “boxini” laterali sugli squali o i gattini hanno di fatto invaso ogni spazio in una spirale molto italiana e senza apparente via di uscita. Analfabetismo funzionale, comunicazione politica secondo lo schema di un duello di scherma (in guardia-attacco-parata-contrattacco) alimentata dalla “vaporosità” della comunicazione in rete, ma anche la post-verità e i voli low cost. Tutto, o tantissimo, può essere letto come una scelta magari inconsapevole e di comodo di fronte a una gamma di opzioni sempre più vasta che ha aperto anche soluzioni inaspettate, come accade con gli sms nel secolo scorso, successo non calcolato da chi li aveva inventati. Ed ecco allora che Mantellini sceglie una metafora efficacissima quella della pratica giapponese kintsugi, ossia l’uso di riparare con l’oro le crepe di un vaso di ceramica che si fosse rotto. In questo modo il risultato era ogni volta diverso, bellissimo, ma imprevedibile. Così sono andate certe evoluzioni tecnologiche e non solo. Perché la bassa risoluzione di oggi è figlia di un’altra bassa risoluzione, precedente la tecnologia, che l’autore ci fa solo scorgere ma che non ci è difficile da individuare, se ci fermiamo a riflettere. Un testo che sta tra la sociologia, la società dei consumi, l’antropologia e che forse può dirci anche qualcosa di psicologia. Utile per capire dove siamo, da dove veniamo e magari dove stiamo andando, più o meno consapevolmente.
IN LIBRERIA Come il clima ha condizionato la vita di Romagna nei secoli È appena uscito il libro di Eraldo Baldini e Aurora Bedeschi dal titolo Il fango, la fame, la peste - Clima, carestie ed epidemie in Romagna nel Medioevo e in Età moderna per il Ponte Vecchio di Cesena. «Dedicare una ricerca e un libro a clima, carestie ed epidemie relativamente a un territorio e alla sua popolazione su un lungo periodo significa delineare il complesso rapporto di quella popolazione con l’ambiente, con le sue risorse e con le sue espressioni più problematiche o catastrofiche», spiegano gli autori. «Significa occuparsi della storia della vita quotidiana come di quella degli eventi eccezionali ma non per questo unici o rari. Individuare, ove possibile, i meccanismi delle ciclicità, dei mutamenti e delle loro fasi. Significa ipotizzare e tratteggiare una relazione. E che fra clima, disponibilità alimentari e malattie una relazione ci sia è indubbio, anche se è impresa ardua stabilirne le modalità, le caratteristiche, il peso, mentre più agevole è ricostruire la storia degli eventi». Come sempre, con il Baldini studioso, il volume nasce da un lavoro di studio di un’enorme mole di fonti su dati storici, testimoniali, archivistici, demografici, archeologici, ambientali, epidemiologici, e anche le vare cronache locali di ogni epoca, preziose quanto a volte incerte, non di rado improntate all’iperbole. Nel libro dunque si disegna, relativamente alla terra e alla gente di Romagna, la storia di quasi milleduecento anni di vicende del clima, dell’alimentazione, della situazione sanitaria e delle epidemie. Eraldo Baldini presenterà il volume giovedì 5 aprile alle 20.45 nella sede della circoscrizione di San Pietro in Vincoli (Ravenna).
parole / 29
aprile 2018
la visita
Quel lascito davvero nobile da cui nacque la biblioteca Gambalunga Fu una delle prime pubbliche e laiche, fondata nel 1617 a Rimini. Oggi è un luogo di conservazione, ma anche di formazione per adulti, worskshop di filosofia per ragazzini, incontri con gli autori di Elettra Stamboulis
Non avere figli può essere un bene per la comunità: questo può essere l’epilogo ricavabile dal testamento di Alessandro Gambalunga, il quasi nobile che donò la propria dimora e il proprio materiale librario alla città di Rimini nel 1617, permettendo così l’apertura di una delle prime biblioteche pubbliche e laiche dell’Europa controriformistica. Fu quindi in una delle città della periferia, che tale era Rimini all’inizio del XVII secolo, parte da poco della periferica Legazione pontificia di Ravenna. Qui nacque questa bibliot eca civica che, dopo 400 anni, vede ogni giorno circa 500 persone al giorno entrare e uscire dalle sue porte per leggere, vedere, ascoltare. Gambalunga era un arrivé, il figlio di un commerciante di ferro che si era arricchito grazie alle doti delle quattro mogli e che grazie a questo patrimonio aveva comprato il titolo nobiliare: non gli era bastato per essere ammesso nel cerchio dorato del Consig lio dei Cento, anche se aveva sposato una Diotallevi, ovvero una erede di casata pluristemmata. Ma si sa, non basta la fede per rifarsi il pedigree, in particolare nella piccola provincia che tutto ricorda. Ma Gambalunga si è fatto ricordare molto più a lungo dei suoi concittadini sprezzanti. Amava le lettere e si faceva mandare dalla bisbetica Venezia, che aveva ignorato il dispotico Papa Paolo V, libri a stampa pregiati che costituiranno il nucleo della sua donazione. Non aveva avuto figli. E i suoi amati libri, e anche i manoscritti dei quali rimane il codice con le Metamorfosi di Ovidio, sono lasciati insieme all’edificio alla città che non l’aveva voluto nel consesso dei consiglieri. «È sotto la protezione del cielo chi costruisce la casa», dice la scritta in latino all’ingresso: potremmo parafrasare che è sotto la protezione del cielo chi costruisce la casa con i libri e la dona. Che oggi nessuno si ricorda degli altri nobilotti dell’epoca, ma il cuore della città pulsa nel cantiere della Biblioteca Gambalunga, che sicuramente fu anche un prerequisito della stagione visiva del Seicento riminese. Un altro esempio di fulgente energia della periferia del potere. E oggi? L’anatema del donatore verso coloro che sottraggono libri non sembra turbare i 148.324 adulti e 32.400 ragazzi che l’hanno frequentata nel 2017. Il pubblico è nettamente giovane, anche nelle indagini degli anni precedenti: il 53% è tra i 16 e 25 anni e, come succede in moltissimi casi, il 60% è donna. Nel corso di questi quattro secoli lo spazio si è modificato, lasciando però intatte le sale del Seicento, allestite subito dopo la morte del proprietario, in cui si possono ammirare gli originali scaffali: fate attenzione a quelli chiusi da una grata metallica. Erano quelli per i libri “proibiti”, non pochi durante gli anni dell’Indice. Nel testamento era stato espressamente chiesto di: «far fare un armario appartato... et ivi rinchiuderli sotto chiave». Nelle tre sale di questo periodo c’è anche una porticina segreta, proprio come si vede in tanti film d’ambientazione storica. La sala del Settecento, in elegante abete e decorata in colori chiari, custodiva un’altra opera proibitissima, l'Encyclopédie, che poteva essere consultata da chi avesse il permesso di lettura, ma doveva essere comunque preservata da mani e sguardi indiscreti… Diciamo che l’accesso al proibito aveva coloriture diverse in questi secoli. Infine, nella Sala del Vergers, siamo catapultati nel mondo e immaginario librario di un ricercatore dell’Ottocento, un eclettico studioso e viaggiatore affascinato dalla enigmatica etruscologia. Il nobile parigino aveva acquisito la villa dei Diotallevi a San Lorenzo a Correggiano sulle colline riminesi, che ancor oggi porta però il suo nome. La villa, una piccola Versailles, oggi è sostanzialmente un luogo per cerimonie nuziali, ma se si vuole odorare per un momento l’humus intellettuale che alimentò il grande etruscologo (contribuì agli scavi di Populonia e Vulci) e arabista, è in questa sala che dovete cercare la sua anima. Certo, oggi la biblioteca ha un respiro molto più vasto: è anche il luogo in cui si fa formazione per gli adulti, presentazione di libri e ricerche di alto profilo, ma anche workshop di filosofia per ragazzini … “Qui le persone cambiano” scrivono provocatoriamente nella nota stampa i curatori delle rassegne della più antica biblioteca pubblica italiana. È un rischio che si deve correre, quello del cambiamento. Un luogo aperto al pubblico è un luogo di incrocio e contatto. E come i fondi hanno alimentato e ancora alimentano il cambiamento è sostanzialmente la traccia degli incontri che cominciano in aprile, con Piero Meldini, lo scrittore e saggista che è stato direttore della biblioteca dal 1972 al 1998. Esisteva un tempo in cui si poteva diventare direttore di un’istituzione culturale e avere trent’anni… Ma non è questo il nostro tema, piuttosto si può scoprire guidati dallo storico direttore come nei cataloghi, nelle memorie, nei trattati ci siano i semi con cui preparare il romanzo. La rassegna, “Voci dai fondi”, proseguirà fino a giugno e fa parte delle numerose azioni che per questo compleanno – che in realtà dura tre anni – ha programmato la biblioteca Gambalunga, un luogo che se si vuole scoprire Rimini e la storia della conoscenza nel nostro paese non si può tralasciare.
Nel corso del 2017 l’hanno visitata 148.324 adulti e 32.400 ragazzi
http://www.bibliotecagambalunga.it
La sala Settecentesca
Piazzetta Gregorio, 9 - Rimini - Tel. 0541 709930
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sapori
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tradizioni
Nel sacchetto o lorda, la “minestra” di Romagna che viene dal passato Antiche ricette per piatti fatti in casa, figli della cultura contadina
di Giorgia Lagosti
In questa pagina: spoja lorda, nel piatto e durante la preparazione. Nella pagina accanto, la minestra “nel sacchetto”
“La vita è una combinazione di magia e pasta” (Federico Fellini) Considerata la buona disponibilità di cereali da parte delle famiglie contadine di un tempo, tra i piatti di riferimento della tradizione gastronomica della Romagna troviamo senza dubbio la pasta fatta in casa, quella che in passato costituiva un’importante fonte giornaliera di carboidrati e proteine per coloro che dovevano affrontare il duro lavoro quotidiano dei campi. Ma attenzione! Da sempre qui da noi si chiama “minestra”, sia essa asciutta che in brodo. Tante sono infatti le minestre che hanno reso famosa la nostra cultura nel mondo ma ce ne sono altre che, forse per a loro estrema povertà, si sono quasi completamente perse, dimenticate nei quadernini scritti a mano dalle nostre nonne o nella tradizione tramandata oralmente. Oggi proveremo a ricordarne alcune, a ripercorrere la ritualità di una paio di piatti che sono certa meriterebbero di essere riportati in auge. E cominciamo dalla minestra nel sacchetto (minestra nel sacco o semplicemente minestra al sacco). Questa è una ricetta davvero molto antica, tipica delle colline che separano la Romagna dall’Emilia. Vi dirò di più, con molte varianti, è presente anche nelle lontane consuetudini contadine di
Tra le preparazioni di una volta i Giugetti (giugèt), minestra tipica di fine inverno, quando le provviste iniziavano a scarseggiare
tutto il nord e non solo: anche nella tradizione partenopea si può trovare qualcosa di simile. Si tratta di una preparazione molto vicina alla zuppa imperiale tanto che molti autori pensano che questa sia la sua versione originaria e che si sia modificata nel tempo fino a quella odierna. Nello specifico si tratta di una zuppa composta da brodo di carne nel quale si cuoce un impasto simile a quello dei passatelli ma più ricco di uova e quindi più morbido. E proprio perché così morbido, l’unico modo di metterlo nel brodo era quello di contenerlo in un sacchetto di stoffa (solitamente tela fatta
in casa o lino) in modo da bloccarne la fuoriuscita durante l’ebollizione. Una volta cotto si ottiene un simil polpettone che viene poi tagliato a cubetti e servito nel suo brodo. Solo un’ultima cosa: ricordo che la mia nonna ne preparava in quantità e poi seccava i piccoli cubetti di minestra all’aria. Nei giorni a venire era sufficiente farli rinvenire nel brodo. Veniamo ora alla spoja lorda che si dice essere nata sulle prime colline del faentino, nei pressi di Brisighella ma di questo non ci sono conferme inconfutabili. Una cosa che invece è certa è che sia una minestra romagnola doc! In pas-
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La ricetta della Minestra nel sacchetto Ingredienti per 4 porzioni abbondanti (versione romagnola): 4 uova di medie dimensioni, 100 grammi di farina 0 (o anche 1), 60 grammi di burro (possibilmente di centrifuga) sciolto a bagnomaria, 120 grammi di Parmigiano Reggiano grattugiato, una bella grattata di noce moscata, 4 prese di sale marino integrale, un bel tegamone di brodo della domenica. Preparazione: Per il brodo si rimanda alla ricetta sottoscritta. Per la minestra nel sacchetto invece, far sciogliere a bagnomaria il burro, ponendolo in una terrina, quindi unire, sempre mescolando, la farina, il formaggio grattugiato, le uova, una alla volta, una bella spolverata di noce moscata e il sale. Quando gli ingredienti si saranno bene amalgamati, versare il composto in un sacchetto di lino o cotone (rigorosamente non colorato e non lavato con detersivi), chiuderlo (con dello spago) e porlo in piedi nella pentola insieme al brodo in ebollizione. Attenzione, il sacchetto deve essere completamente immerso nel brodo ma non deve toccare il fondo della pentola. Solitamente la mia nonna legava il sacchetto ad un cucchiaio di legno sospeso sulla pentola. Lasciar cuocere insieme al brodo per un’ora e mezza. Togliere il sacchetto dal brodo, lasciarlo raffreddare e rovesciare il composto sul tagliere. Ricavarne dei dadini di circa 1,5 cm di lato. Unirli infine al brodo in ebollizione e lasciarli cuocere a fuoco basso per un minuto prima di servirli accompagnati con il Parmigiano grattugiato. E QUESTA È LA VERSIONE DELLA COLLINA BOLOGNESE Ingredienti: 50 grammi di mortadella, 50 grammi prosciutto crudo dolce e molto magro, 50 grammi Parmigiano Reggiano grattugiato, 1 noce burro sciolto a bagnomaria (di centrifuga), 4 uova intere di medie dimensioni, 80/100 grammi di farina 0, sale marino integrale, pepe macinato al momento, noce moscata Preparazione: Tritare finemente la mortadella e il prosciutto e impastare con tutti gli altri ingredienti. Ora inserire il composto in un sacchetto di stoffa, chiuderlo ed immergerlo nel brodo bollente. Protrarre la cottura per un paio di ore. Al termine, estrarre il sacchetto dal brodo e farlo raffreddare. Tagliarle la massa in cubetti di 1x1 cm e servirla in una bella e fumante scodella del brodo. Varianti e curiosità: Nelle famiglie più povere, spesso, si usava, in assenza del sacchetto apposito, una calza di cotone (Ma sempre nuova e pulita!!), in alcune famiglie la farina veniva sostituita dal semolino, anche il pane grattugiato poteva sostituire la farina, ho trovato tracce anche di consuetudini familiari che inserivano nell’impasto le cervella di vitello: queste venivano passate al setaccio e cotte nel burro.
sato era preparata soprattutto per recuperare la pasta (sempre tanta rispetto al compenso, il ripieno) che rimaneva dopo la preparazione dei cappelletti di magro. Ecco allora che si allungava con il latte quel poco di ripieno che c’era e si spalmava, quasi a sporcarla, la tanta sfoglia oramai tirata a matterello. Quindi la si ripiegava su se stessa a coprire completamente il compenso, eventualmente si pareggiava con il matterello o con le mani ma senza premere troppo per non fare uscire il ripieno, quasi solo per disporlo equamente su tutta la superficie e per far uscire even-
tuale aria. Poi si chiudevano i bordi esterni e con la rotellina della minestra (la sprunella) si ricavavano piccoli quadrati di circa un centimetro e mezzo di lato. Infine li si cala nel brodo bollente. Certamente qualcuno si apriva e sporcava il brodo con un po’ di compenso ma … è questo un altro motivo del perché si chiamava spoja lorda: “lordava” il brodo. Un’ultima considerazione: dal momento che mille, in Romagna, sono le versioni del compenso dei cappelletti, mille sono di conseguenza quelli della spoja lorda: per certo serve del formaggio fresco tipo ricotta, ra-
viggiolo o squacquerone, poi formaggio stagionato grattugiato, uova e noce moscata, il tutto allungato con latte fino a renderlo una crema. Concludiamo con i giugetti (giugèt), una minestra contadina tipica della fine dell’inverno quando le provviste iniziavano a scarseggiare. Si tratta di quadratini di pasta ottenuta impastando con l’acqua (rigorosamente senza uova) una miscela di farina di mais e di grano tenero. Tradizionalmente venivano cotti in un brodo vegetale arricchito di fagioli e patate.
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