FREEPRESS n. 56
NOVEMBRE 2019
MUSICA • TEATRO • LIBRI • ARTE • CINEMA • GUSTO • RUBRICHE
Prezzo €AGG 0,08IO PIA OM CO ISSN 2499-0205
SUL PALCO AL VIA LE STAGIONI NEI TEATRI
Uno scatto da “Io sono. Solo. Amleto”, una delle riscritture di Shakespeare in scena in novembre, di cui parliamo a pagina 15
Nuova edizione 2019/2020 L a r i v i s t a d e i t e a t r i d i R av e n n a e p r ov i n c i a
La rivista dei teatri di Ravenna e provincia Nuova edizione 2019/2020 In distribuzione gratuita in tutti i teatri, nelle edicole e nelle attivitĂ dei centri storici
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MUSICA THE GOOD FELLAS, TRA SWING REVIVAL E ANNI ‘50
LIRICA LA TRILOGIA CHE CHIUDE IL RAVENNA FESTIVAL
TEATRO IL CASO RUSSI, PARLA IL DIRETTORE DI ATER
CINEMA I FILM DEL MESE DA NON PERDERE
ARTE LA RECENSIONE DELLA MOSTRA DI DURER A BAGNACAVALLO
CERAMICA LE OPERE DI PICASSO AL MIC DI FAENZA
L’INTERVISTA LA COMPLESSITÀ DELLA LIBIA NEI DISEGNI DI COSTANTINI
SAPORI QUEI FRUTTI (NON ANCORA) DIMENTICATI
E IN ROMAGNA NASCONO DUE NUOVE STAGIONI TEATRALI Prende il via venerdì 15 novembre la prima stagione del Teatro Félix Guattari di Forlì (nella foto), negli spazi dell’Ex Filanda Maiani, nel quartiere di Schiavonia in via Orto del Fuoco, 3. Un nuovo cartellone, dal titolo “Corpo:Pathos” dedicata alle “arti dinamiche del presente”, a cura di Masque Teatro, dedicato al teatro di ricerca e sperimentazione, va ad arricchire la proposta culturale forlivese. Il sipario si alza venerdì 15 novembre con Teatro i, con lo spettacolo liberamente ispirato a Lo Straniero di Albert Camus. La serata prosegue alle 22.30 con il concerto tributo a Violeta Parra con Matteo Ramon Arevalos e Camilla Lopez. E in novembre – in particolare sabato 30 con Nostalgia delle cose impossibili, “rito sonoro” di Mariangela Gualtieri – parte anche la prima stagione teatrale di Villa Torlonia di San Mauro Pascoli, dove nell’ambito della recente riqualificazione è stata realizzata una sala teatrale da 200 posti alla Torre nel neonato, la cui programmazione è stata affidata all’associazione Mikrà di Roberto Mercadini.
R&D Cult nr. 56 - novembre 2019
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Gardelli, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Filippo Papetti, Guido Sani, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA
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divagazioni
The Silence of the Lambs Manuel Agnelli è il capo della cultura alternative italiana grazie a una serie abbastanza incredibile di circostanze casuali
POPPONI Il Decameron del pop, limitatamente a quel che succede il mese prossimo in un raggio di 30 km di Francesco Farabegoli
“Una sorta di Azealia Banks dei poveri senza un decimo del talento di cui già l’Azealia originale è priva”
Nella foto Manuel Agnelli a X Factor
IL 26 NOVEMBRE AL TEATRO ALIGHIERI Fa tappa (unica in Romagna) il 26 novembre al teatro Alighieri di Ravenna il tour autunnale (dopo il successo delle date primaverili) di “An Evening With Manuel Agnelli”. Si tratta di uno spettacolo che vede insieme musica, talk e letture, in costante cambiamento. Biglietti da 40 euro in platea o palchi.
Per farvi capire il motivo per cui detesto Manuel Agnelli vi racconto una storia priva di significato. A un certo punto, era il 2001, Xabier Iriondo era uscito dagli Afterhours e si era rimesso a cazzeggiare pesantemente con il rock sperimentale. L’anno dopo la sua uscita il gruppo fece uscire Quello che non c’è, uno dei dischi migliori degli Afterhours. Mi capitò di avere una discussione con un giornalista musicale, non ricordo chi, il quale aveva scritto che il nuovo disco degli Afterhours era molto più sperimentale dei lavori di Iriondo fuori dal gruppo. Mi incazzai come una pantera, voglio dire, un disco bello è un disco bello e bravi tutti, ma più sperimentale di uno che ha lavorato a 29 dischi Wallace? Dai, su. Il giornalista mi rispose che gli Afterhours avevano sperimentato con cognizione di causa, testando i limiti della loro musica così da accrescere le loro possibilità, e che questa nuova forma musicale avrebbe avuto tantissime ripercussioni nel modo di suonare musica rock in Italia; le sperimentazioni fini a se stesse di Iriondo, invece, non erano altro che una serie interminabile di masturbazioni intellettuali destinate a non dare alcun frutto fuori del solito giro di scoppiati che si compravano quei dischi. Ora, è possibile che chi legge queste righe non abbia mai ascoltato le cose tipo A Short Apnea, POLVERE o Uncode Duello – si può vivere senza, va detto. Ma vi assicuro che gli Afterhours del 2002 sono molto meno radicali di quei dischi. La tesi di quel giornalista sugli Afterhours, però, ha contribuito in maniera determinante a far sì che io formulassi la mia tesi sugli Afterhours, che oggi mi sento di condividere pubblicamente. In poche parole, la cultura alternative italiana ha bisogno di un capo. Di una persona la cui influenza sia così potente e pervasiva da gettare un’ombra su tutto quel che succede nel giro, su tutto quel che succede nella musica indipendente italiana. Una persona con meriti artistici talmente grandi ed inscalfibili che tutti quanti si sentiranno in obbligo di ringraziarlo e pagargli tributo, eleggendolo a signore e padrone di una scena intera, chiedendogli informale benedizione a ogni loro uscita pubblica e lavorando attivamente per farlo
[...] L’aria era cambiata e serviva un’ammiraglia, una Amerigo Vespucci dell’alt-rock italiano, una cosa da mettere in mostra per vendere il brand La domanda è: come fai a trasformare un disco *molto carino* in un’opera immortale? La risposta è probabilmente il modo in cui il tempo si comprime e si espande attorno al cantante e chitarrista degli Afterhours [...]
prosperare, così da prosperare insieme a lui. Questa figura dovrebbe unire una capacità artistica immensa a un carisma sterminato e alla naturale simpatia che porta gli altri artisti a darti credito; non essendo possibile trovarla, per adesso il capo è Manuel Agnelli. Una volta deciso che questo è vero, e secondo me lo è, mi sono trovato a ripercorrere all’indietro la carriera del suo gruppo e cercare di capire quante cose vengono date per scontate e in realtà non lo sono. La prospettiva storica mi aiuta nella misura in cui il fanatismo nei suoi confronti non l’ha distorta. La questione è questa: io non credo che Hai Paura Del Buio? sia un gran disco. Non è che sia brutto, è un disco molto carino e molto figlio dei suoi tempi. Ma credo che considerarlo il miglior disco rock italiano degli ultimi 25 anni sia eccessivo, e che questa cosa avvenga per via di una specie di equivoco. Oddio, non proprio un equivoco, diciamo di una serie abbastanza incredibile di circostanze casuali che si sono verificate tutte al momento giusto e hanno finito per cristallizzare nell’eternità il secondo disco in italiano degli Afterhours, il mese stesso dell’uscita. Pensateci: in quel periodo il “nuovo rock italiano” era sul punto di legittimarsi definitivamente, gente come i Litfiba mostrava avvisaglie di crisi, MTV Italia iniziava le trasmissioni e cercava qualcuno da legare al suo brand, nasceva il MEI, i CSI erano andati primi in classifica per una settimana. L’aria era cambiata e serviva un’ammiraglia, una Amerigo Vespucci dell’alt-rock italiano, una cosa da mettere in mostra per vendere il brand. La domanda è: come fai a trasformare un disco *molto carino* in un’opera immortale? La risposta è probabilmente il modo in cui il tempo si comprime e si espande attorno al cantante e chitarrista degli Afterhours, creando dei paradossi su cui la band ha imparato a surfare. È possibile identificare IL disco italiano del ventennio? Certo che no. Ma se fosse possibile quale sarebbe? Boh, tipo Hai paura del buio? o qualcosa di simile. Taac. Non lo so, è complicato. Io detesto Manuel Agnelli. Dico davvero. Qualunque cosa su cui metta il becco mi fa incazzare a morte, è più forte di me, non riesco a non arrabbiarmi ogni volta che lo sento parlare o dichiarare qualcosa eccetera. Per qualche strano accadimento della vita, non mi perdo un’esternazione di Manuel Agnelli che sia una. È dovuto a una serie di circostanze che possiamo far risalire tranquillamente a vent’anni fa, e che si sono amplificate con l’avvento dei social network e di tutta quella roba. Il fatto di avere criticato più volte lui e il suo gruppo sul mio blog ha contribuito senz’altro a peggiorare le cose. Ancora adesso, due anni dopo aver chiuso, qualcuno mi manda in privato il link a qualche intervista in cui Agnelli dichiara qualcosa di brutto, e mi dice che “dovresti fare un articolo contro Manuel Agnelli”. Ho una claque di 20 o 30 stronzi che mi mandano queste cose perché sono convinti che lo stronzo sia io. È complicato, dicevo. Nel corso del tempo ho imparato una cosa: non è colpa di Manuel Agnelli. Il suo modo di stare al mondo è assolutamente rispettabile, e penso che creda davvero nelle cose in cui dice. Lui ha idea che esistano due tipi di musica: quella insignificante e quella significativa. La sua opinione è che quella significativa debba prendersi tutti gli spazi possibili, e ha lavorato per tutta la vita perché succedesse. Questo l’ha portato in posti che io ho sempre trovato odiosi, ma posso capire che per uno come lui, se dev’esserci un giudice di X Factor, tanto vale che sia lui. Credo fermamente che la sua visione della musica sia sbagliata, ma non è l’unico ad averla – se devo scegliere tra Agnelli e le sue copie sbiadite, forse scelgo Agnelli. Credo che attorno a lui si sia costruito spontaneamente un gruppo di attori (stampa specializzata, media generici, pubblico) che ha fornito le premesse in base a cui gli sono stati appioppati meriti che non aveva, e che questo abbia portato ad accettare come veri alcuni assunti che secondo me non lo sono (tipo quelli su HPDB o Quello che non c’è). Non credo che ci abbia marciato più di tanto: la musica degli Afterhours è rimasta roba onesta. Credo che abbia continuato a lavorare con passione e impegno in numerose situazioni nelle quali avrebbe potuto limitarsi a vivacchiare e incassare soldi. La somma delle piccole esperienze di vita, mie e sue, ci ha portato in un presente nel quale non riesco ancora a leggere una sua intervista senza incazzarmi a morte per qualcosa che dice. Ho imparato, nel corso del tempo, che è colpa mia. Voglio dire, lui con me mica ci ha mai parlato.
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novembre 2019
musica italiana SILVESTRI E RAMAZZOTTI AL PALAZZETTO DI RIMINI Fa tappa il 9 novembre all’Rds Stadium di Rimini il tour con cui Daniele Silvestri sta celebrando 25 anni di carriera, con una band allargata su un non-palco e tanti ospiti, tra cui quello fisso Rancore. Il palazzetto di Rimini in novembre ospiterà anche – venerdì 29 – una tappa del tour mondiale di Eros Ramazzotti.
RENGA E MORO AL CARISPORT Tornano i concertoni in novembre anche al Carisport di Cesena. Martedì 5 l’appuntamento è con Francesco Renga nell’ambito del suo “L’altra metà Tour”, con cui sta presentando dal vivo il nuovo album di inediti. Venerdì 29 invece sarà la volta di Fabrizio Moro (foto qui sotto) con il nuovo disco “Figli di nessuno”.
VECCHIONI A FORLÌ Roberto Vecchioni in concerto il 14 novembre al teatro Fabbri di Forlì nell’ambito del tour di presentazione del suo ultimo disco, “L’Infinito”.
DUE SERATE CON MARIELLA NAVA Mariella Nava, storica voce della musica italiana, sarà in concerto in Romagna in novembre il 23 al teatro Corte di Coriano per presentare il suo ultimo album “Epoca” e il giorno dopo al Pazzini di Verucchio per un viaggio nella canzone d’autore con Chiara Raggi e Sasà Calabrese.
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novembre 2019
il personaggio/1
il personaggio/2
ROCK CLUB/1 Al Diagonal anche l’americana Moen
LE INVETTIVE ALLA CATANESE DI CESARE BASILE
IL “PROF” CHE HA UNITO IL RAP ALLA NARRATIVA
Domenica 3 novembre alle 18 al Cisim di Lido Adriano concerto di Cesare Basile. Il cantautore siciliano, tra i più apprezzati dalla critica italiana, presenta l’ultimo album “Cummeddia”, una nuova raccolta di canzoni rock blues in dialetto siciliano, come è ormai abituato a cantare in questa fase di carriera. Un artista che ha preso spesso posizioni forti, anche politicamente (da segnalare il video anti-Salvini di "Capitano", descritto come “un'invettiva alla catanese, schietta e amara, senza mezzi termini”), tra i pochi a non “cedere” i diritti alla Siae, autogestendo tutto il processo di produzione e promozione delle canzoni.
Sabato 30 novembre al Rock Planet di Pinarella di Cervia concerto di Murubutu, al secolo Alessio Mariani, tra i protagonisti della scena hip hop italiana. Insegnante di Reggio Emilia, si avvicina all’hip hop all’inizio degli anni ’90 con l’obiettivo di fare del rap un mezzo espressivo per trasmettere contenuti di ordine culturale senza perdere l’attenzione verso la cura stilistica. Il risultato è un nuovo sottogenere musicale: il rap didattico, concretizzato nel 2006 dall’uscita dell’album “Dove vola l’avvoltoio” con il collettivo La Kattiveria. A Pinarella presenterà l’ultimo album, Tenebra è la notte e altri racconti di buio e crepuscoli.
il personaggio/3
TITTA TORNA SUL PALCO DOPO LA MALATTIA Un concerto che è molto di più di un concerto, quello dell’8 novembre al Bronson, dove tornerà a esibirsi Titta, cantante di rock demenziale noto in tutta la Romagna, e in particolare nella sua Ravenna. L’ex leader delle Fecce Tricolori, infatti, torna su un palco a distanza di tempo, dopo essere guarito da un tumore. Titta, al secolo Giuseppe Tittarelli, ha annunciato anche di voler realizzare un docufilm su quello che gli è successo. Il cantante ha curato con diversi mesi di chemioterapia il linfoma di Hodgkin, una neoplasia che interessa i tessuti linfoidi secondari come ilinfonodi.
Entra nel vivo la programmazione autunnale dello storico Diagonal Loft Club di Forlì. Mercoledì 6 novembre l’appuntamento è con il rapper ravennate Max Penombra e il gruppo indie-rock di San Piero In Bagno, Visioni di Cody, che presentano l’album realizzato in collaborazione, che unisce appunto due mondi musicali. Spazio poi ad artisti internazionali: il 13 novembre sul palco la cantautrice americana Elizabeth Moen; il 20 il duo canadese di synth-pop Booty EP. Ancora una commistione tra rock ed elettronica il 27 con Drovag, nuovo progetto solista di Alessandro Vagnoni, batterista di Ronin e Bologna Violenta.
Al Bradipop tra Camillas, funk, indie e reggae Con l’autunno sono tornati i concerti anche al Bradipop, rock club di punta del Riminese dopo la chiusura dello storico Velvet. Il 2 novembre sul palco i francesi Lehmanns Brothers, funk band emergente del panorama europeo; il 9 musica latina con il Trio Puyol; il 16 il pop surreale dei Camillas; il 23 l’indie-pop del duo grossetano Benelli e il 30 novembre ultima data del mese all’insegna del reggae e della world music con la cantante italo-senegalese Awa Fall e The Smoke Orchestra.
MARE D’INVERNO L’americano Grayson Capps alla festa del Peter Pan e al brunch in spiaggia del bagno Oasi
MOSTRE D'ARTE Ogni mese una nuova
mostra
Punta Marina Terme - Via Sinistra Canale Molinetto 139/B - Tel. 0544 430248
www.ristorantemolinetto.it
Al Cisim di Lido Adriano il 9 novembre è in programma una festa di fine stagione con lo staff del bagno Peter Pan di Marina di Ravenna. Per l’occasione alle 22 è in programma il concerto di Grayson Capps (nella foto), dall’Alabama, esponente di spicco della scena musicale blues e cosiddetta Americana degli Stati Uniti, tra folk e rock. Lo stesso Capps sarà protagonista il giorno dopo, a mezzogiorno, di uno dei brunch del bagno Oasi, a Marina di Ravenna, che ogni domenica propone un concerto a cura dello staff di Spiagge Soul, con tanto di buffet, visto l’orario. Il programma dell’Oasi proseguirà il 17 con il bluesman americano Lamar Chase; il 24 novembre con il cantante Fabio Curto e l’1 dicembre con il chitarrista e armonicista Tolo Marton accompagnato dalla cantautrice Rita Girelli.
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novembre 2019
rock club/2
Micah P. Hinson e i Jennifer Gentle al Bronson
LA ROMAGNA IN CUFFIA
ROCK CLUB/3 Anche Simon Joyner al Moog
I nuovi Ronin, sempre da non perdere
Entra nel vivo il programma del locale ravennate
di Luca Manservisi Concerti di caratura internazionale in novembre al Moog, piccolo locale in centro a Ravenna (sempre a ingresso gratuito, concerti dalle 21.30). MartedÏ 5 novembre l’appuntamento è con l’unica data italiana degli americani Olden Yolk (psych-folk); mercoledÏ 20 al Moog invece un nome storico, di culto, sempre nell’ambito della scena folk-rock americana, il cantautore Simon Joyner (foto), in una delle sue quattro date italiane. Da segnalare anche il 25 novembre il concerto dei russi Gnoomes (tra psichedelia, kraut-rock, elettronica e shoegaze).
Il canadese Shabason all’Abajur Entra nel vivo anche la programmazione del rock club ormai di riferimento di tutta la Romagna, sicuramente il piĂš internazionale, il Bronson di Ravenna. In novembre si parte sabato 2 novembre con gli americani Drab Majesty, protagonisti della scena dark synth-pop internazionale (in apertura i connazionali Body of Light). Sabato 9 novembre (dopo l’appuntamento con Titta, vedi pagina a fianco) sul palco i veneti Jennifer Gentle, band di culto di rock psichedelico, tornata con un nuovo disco dopo un decennio. Il 13 novembre si rinnova quello che è diventato quasi un gemellaggio tra lo staff del Bronson e Micah P. Hinson, cantatuore americano tra i piĂš apprezzati della sua generzione, sempre in bilico tra folk, rock e Americana, e una voce inconfondibile. Il 15 novembre altro appuntamento speciale, il concerto che celebra i 20 anni di attivitĂ dei piemontesi Ufomammut, tra doom metal e psichedelia, annunciati come “una delle esperienze sensoriali audio/visive piĂš cerebrali nei regni dell'attuale scena musicale estremaâ€?. Sabato 16 novembre sarĂ la volta infine del musicista turco Umut Adan, protagonista quest’estate al Beaches Brew di Marina di Ravenna, tra rock psichedelico, funky e influenze della Istanbul multuculturale. La settimana successiva ci si trasferisce all’AlmagiĂ per Transmissions (vedi p. 8).
Il 20 novembre alle 21.30 al circolo Abajur di Ravenna concerto (a ingresso gratuito) di Joseph Shabason, polistrumentista e compositore canadese, sassofonista sia su disco che in tour di The War On Drugs e Destroyer. PresenterĂ il suo nuovo lavoro, ispirato dal minimalismo storico americano tra elettronica, ambient ed il jazz meno accademico.
SarĂ forse solo una mia impressione, ma questo Bruto minore (fuori dal 16 settembre per Black Candy Produzioni) suona alle mie orecchie come l’album piĂš divertente dei Ronin, nonostante sia stato ispirato da Giacomo Leopardi e l’idea di fondo sia legata al tema del suicidio. Un album suonato in maniera essenziale, per cosĂŹ dire artigianale, diretto, senza l’ausilio di computer, musicalmente fin quasi giocoso, con le sue marcette, le chitarre gentili, i (soliti) richiami cinematografici. E, credo, una buona dose di autoironia, come quando si cita “scherzosamenteâ€? (espressione utilizzata in pratica anche nella scaletta) la musica classica, per poi andare a parare da tutt’altra parte. Bruto minore è il sesto lavoro sulla lunga distanza dei Ronin, ossia il “nostroâ€? (vedi per esempio pagina 8) Bruno Dorella, ravennate d’adozione, che continua a cambiare totalmente formazione alla sua creatura piĂš personale, quella dove smette i panni del batterista (come lo conoscono i fan di OvO e Bachi da Pietra) per imbracciare la chitarra, senza però cambiare formula, sempre molto riconoscibile. CosĂŹ ci sono le atmosfere western (l’irresistibile “Oregonâ€?), il blues desertico (la minimale “Wickedâ€?, impreziosita dal clarinetto del nuovo bassista Roberto Villa, tra gli apici del disco insieme alla “Brysonâ€? che lo chiude all’insegna di una sorta di post-rock umanizzato), le colonne sonore (durante la parte centrale di “Ambushâ€? par di vedere un Tom Waits vagare per le strade in bianco e nero di un film di Jarmusch), il folklore (alla maniera dei Ronin, nella cover dell’inno comunista “Tuvan Internationaleâ€? degli Huun-Huur-tu). A completare la nuova formazione ci sono in pratica i Bologna Violenta: il chitarrista e violinista Nicola Manzan e alla batteria Alessandro Vagnoni. I Ronin sono impegnati in un tour di presentazione del disco che passerĂ da queste parti il 21 novembre (al Covo di Bologna) e il 22 dicembre (al Bronson di Ravenna). Non perdeteveli.
Colazioni, pranzi, aperitivi
dark
A GAMBETTOLA SERATA GOTHIC ROCK Fa tappa anche in Romagna – il 22 novembre al Treesessanta di Gambettola – il tour all’insegna del gothic rock di protagonisti della scena dark internazionale. Si tratta dei piemontesi Burning Gates, nati piÚ di vent’anni fa e tornati da qualche anno sulle scene dopo lo scioglimento, e degli inglesi Siberia (foto), con membri fondatori dei Vendemmian, band britannica attiva negli anni novanta. A seguire dj-set a tema, dark-wave.
Piazza Mazzini, 35
LUGO
LOGGE DEL PAVAGLIONE
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UN DISCO AL MESE
novembre 2019
il festival
La storica band newyorkese Live Skull, tra i protagonisti del festival Transmissions
Musica senza confini Nonostante Gerusalemme... di Bruno Dorella *
Jerusalem In My Heart - Daqa'iq Tudaiq (2018) Gerusalemme è uno dei posti al mondo che più mi dà sui nervi. Un supermercato delle religioni, un posto in nome del quale sono stati versati oceani di sangue. La città vecchia è una specie di teatro in cui poter ammirare ogni giorno i tic e le psicosi nevrotiche di ogni fede e credo: gente che prega con la faccia contro un muro protetta da sistemi militari che impediscono a terroristi-turisti di disturbarli, moschee inaccessibili agli infedeli, chiese di ogni tipo in cui donne invasate puliscono e baciano pavimenti e piedi di statue, uomini incappucciati che farebbero impallidire i Sunn O))). Insomma, l’Abc della superstizione, l'anticamera del fanatismo. A lungo per questo motivo non sono riuscito ad approcciarmi serenamente al lavoro di Radwan Ghazi Moumneh, noto come Jerusalem In My Heart. Sapevo delle sue origini libanesi, della sua rispettatissima attività di musicista e produttore a Montreal, ma ho dovuto vederlo in concerto (la prima volta insieme ai Suuns) per rendermi conto che mi stavo perdendo qualcosa. Da quel momento radar puntato su questo personaggio che sta facendo un lavoro di qualità straordinaria, che posso definire solo come “sincretico”, perché davvero unisce culture (orientale e occidentale, araba e nordamericana, con quel riferimento a Gerusalemme che resta sempre lì a creare dubbi, domande, curiosità), stili (elettronica, colta, popolare, etnica), forme d'arte (il progetto è audiovisivo, e le immagini non sono affatto secondarie). Un percorso artistico ideale in questa epoca post-post moderna. Tutti elementi che ritroviamo in questo Daqa'iq Tudaiq, lavoro compiutissimo, di sconvolgente maturità abbinata a una visione avanzatissima dello stato della musica contemporanea, in cui i confini (mentali, fisici, artistici) sono un ricordo medioevale, e il meglio della tradizione e dell'avanguardia si incontrano per creare qualcosa di assolutamente unico. “Altro” nell’accezione più alta del termine. Il concerto dello scorso anno a Transmissions è stato semplicemente pazzesco, col palco occupato dalla sapiente autorevolezza di Radwan e dalle immagini straordinarie del sodale CharlesAndrè Coderre, che occupava metà dell'Almagià con la struttura necessaria al suo lavoro più che analogico e rigorosamente live. Quest'anno Radwan sarà uno dei due curatori di Transmissions, e siccome l'altro sarà Martin Bisi (di cui ho già scritto in questa sede), mi sembra giusto dedicargli questo mio spazio di novembre, mese infausto che porta il freddo e le giornate brevi, e ha il solo pregio di ospitare a Ravenna il festival più interessante dell'anno. * Batterista di Bachi Da Pietra e OvO, chitarrista di Ronin e Tiresia, factotum in Jack Cannon, membro di Byzantium Experimental Orchestra, GDG Modern Trio e Sigillum S, ex discografico, orgoglioso ravennate d'adozione
Dalla New York d’avanguardia fino alle sonorità meticce contemporanee al nuovo “Transmissions” Artisti da tutto il mondo a Ravenna dal 21 al 23 novembre sotto la direzione artistica condivisa di Martin Bisi e Radwan Ghazi Moumneh Torna in Romagna uno dei festival più prestigiosi del panorama internazionale nell’ambito della musica contemporanea, quella che unisce il rock all’avanguardia, passando per elettronica e suoni world. Transmissions, a cura di Bronson Produzioni, compie dodici anni e ritorna alla formula della direzione artistica “esterna” coinvolgendo per l’occasione in questo ruolo due figure di riferimento della produzione mondiale, già ospiti in passato della manifestazione. Si tratta di Martin Bisi, guru della scena alternativa e noise newyorkese (fondatore dello storico BC Studio e produttore, tra gli altri, di Sonic Youth, Swans, Unsane, Cop Shoot Cop) e Radwan Ghazi Moumneh, sound engineer, produttore e musicista canadese di origini libanesi, anima – insieme al regista Charles-André Coderre – del progetto di culto Jersualem in My Heart (di cui parla Bruno Dorella nella rubrica qui a fianco). L’appuntamento è a Ravenna dal 21 al 23 novembre con artisti provenienti da tutto il mondo (Stati Uniti, Inghilterra, Egitto, Francia, Canada, Australia, Libano, Iran, Grecia, Germania), in rappresentanaza delle due differenti anime che percorrono le rispettive linee curatoriali. Partendo dal cartellone di Martin Bisi, ecco alcune autentiche icone della musica alternativa americana quali i White Hills, alfieri del movimento space/psych-rock ispirato alla scena dei club della Big Apple di fine Anni ’70 e primi Anni ’80, e soprattutto i leggendari Live Skull di Mark C. e Tom Paine – parte della stessa scena avant-noisy newyorkese dai quali emersero Sonic Youth, Lydia Lunch e Swans – accanto al jazz distopico dei newyorkesi Parlor Walls, guidati della carismatica Alyse Lamb e al noise post-pop dei concittadini Tidal Channel. Lo stesso Martin Bisi sarà protagonista in una doppia veste live: con l’omonima band, una nuova formazione sperimentale insieme a Diego Ferri, Oliver Rivera-Drew e Genevieve Fernworthy, e con BC35 Collective Set, formazione mobile che presenterà i brani dell’omonimo disco inciso per Bronson Recordings in occasione del trentacinquesimo anniversario degli storici studi di Brooklin. A impreziosire la line-up firmata da Bisi, gli unici due act italiani in programma, entrambi provenienti dall’area romagnola: la ravennate Francesca Morello, aka. R.Y.F., con il suo mix ruvido e poetico di neofolk, doom e punk blues (nella pagina a fianco i suoi “consigli
d’autore), e i Solaris, da Cesena con un’originale miscela di noise rock e stoner. Perfetto contraltare di quella di Bisi, la proposta di Radwan Ghazi Moumneh coprirà invece un ampio spettro di latitudini geografiche e artistiche: l’elettronica tra glitch e spoken poetry della producer colombiana (oggi di base a Berlino) Lucrecia Dalt, l’alfiera della “Cairo New Wave” (movimento che sta cambiando la fisionomia artistica e culturale della capitale egiziana) Nadah El Shazly; Xylouris White, collaborazione musicaIl programma: le fondata nel 2013 dal cantante e suonatore di laouto greco George dalle 20 all’Almagià Xylouris e dal batterista australiano Jim White (noto per il suo lavoIl programma giorno per ro con Dirty Three); il compositore giorno di Transmissions, Maurice Louca, altra figura con live a partire dalle 20, chiave dell’effervescente scena sempre all’Almagià. musicale del Cairo, Ata Ebtekar Giovedì 21 novembre: aka Sote, compositore e sound arWhite Hills - Oren Ambartist nato ad Amburgo ma di base a chi - Martin Bisi [band] Teheran, figura di culto del panoParlor Walls - BC35 Collecrama elettronico contemporaneo, tive Set - Solaris. e l’eclettica Alexei Perry Cox, Venerdì 22 novembre: Liscrittrice e musicista canadese. Inve Skull - Oiseaux-Tempête sieme a loro, l’elettroacustica - Sote - Tidal Channel d’autore del polistrumentista e Bc35 Collective Set Pt. 2 sperimentatore sonoro australiaRYF. no Oren Ambarchi (cui il prestiSabato 23 novembre: Lugioso magazine britannico d’avancrecia Dalt - Xylouris White guardia ha dedicato la copertina - Maurice Louca - Nadah El del numero di agosto), i parigini Shazly - Alexei Perry Cox Oiseaux-Tempête, progetto “alTwo or The Dragon. truista, poetico e implicitamente militante” e le contaminazioni triIn via di definizione un probali e rumoristiche del duo libanegramma off in varie locase Two or the Dragon, con il loro tion fra cui Darsena Pop lavoro che si intreccia profondaUp, Mar e Fargo. mente con le performing art e il teatro.
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novembre 2019
CONSIGLI D’AUTORE
rock alternativo AVANGUARDIE I concerti dell’Area Sismica
Quei dischi che fanno parte di te a cura di Francesca Morello *
Matt Elliott
Continuano i concerti all’Area Sismica di Ravaldino in Monte che il 3 novembre (alle 18) ospita l’unica data italiana di The Young Mothers, sestetto nato tra Usa e Norvegia e che si muove tra hardcore e free jazz, rock, hip hop e funk. Il 17 novembre, sempre alle 18, un pilastro della scena jazz di Chicago, la trombettista Jaimie Branch, che presenta il su album Fly or Die, accompagnata anche dal grande batterista Chad Taylor.
A Rimini il leader dei dEUS e Matt Elliott (con Valli) Francesca Morello, in arte Ryf, presenterà il suo nuovo album Shameful Tomboy in Romagna il 22 novembre al Bronson nell’ambito di Transmissions (vedi p. 8) e il 13 dicembre al Bar Lento di Rimini
La maggior parte di questi album fa parte degli ascolti della mia adolescenza, sono quei dischi indimenticabili che ormai fanno parte di te, come le cellule del tuo corpo. Sono tanti e non li posso citare tutti, darò ascolto al mio cuore e alle ultime ossessioni. In Utero - Nirvana (1993) Ci sono arrivata un paio di anni dopo, ma poi non l’ho mollato per almeno altri cinque, con ascolto quotidiano sul walkman nel tragitto dell’autobus casa-scuola e viceversa. È stata una scoperta illuminante. Io ero un'adolescente che si sentiva fuori posto e incompresa e quindi mi calzava a pennello. Stoosh - Skunk Anansie (1996) Quando ho visto Skin per la prima volta ho pensato: Wow! E che voce pazzesca! Lei stata un grande amore, non sono musicale... La prima cantante donna abbastanza incazzata da seguire, androgina e affascinante, che mi ha poi indirizzato verso tutte le altre artiste a cui ho affidato il mio cuore. Ænima - Tool (1996) Un viaggio super oscuro, bellissimo e complesso. Dei video altrettanto impressionanti che continuo ad adorare. Mi sono persa subito e non sono più tornata indietro. Post - Björk (1995) Il mio primo approccio alla musica “elettronica”. Ho ascoltato anche Post con un paio d’anni di ritardo. Sta di fatto che fino a quel momento, non avevo dato spazio nemmeno per un secondo a qualcosa che non tenesse in considerazione una chitarra e un distorsore. Una volta acquistato è stata una continua scoperta e un altro amore era sbocciato. To Bring You my Love - PJ Harvey (1994) Ho scoperto in ritardo anche Pj Harvey. È stato un incontro magico. Racchiudeva nella sua musica un sacco di cose che mi piacevano: intimismo, chitarre distorte, la quiete e la tempesta. E la sua voce era sensualissima e potente ma anche delirante. Non avevo mai sentito niente di simile, mi sono buttata a capofitto su tutta la discografia. Disintegration - Cure (1989) I Cure mi piaccio un sacco. Sono perfetti per qualsiasi occasione, perché sono felicemente malinconici. In an expression of the Inexpressible - Blonde Redhead (1998) L’ho scoltato mille volte e mi piacciono tutti i loro dischi, mi piace il loro modo essere storti e pop, melodici e rumoristici. Under the Pink - Tori Amos (1994) Ho sempre adorato il pianoforte, è uno strumento che mi arriva dritto allo stomaco. Può essere sfiorato o percosso ed essere molto imponente. Tori Amos con il pianoforte ti culla, poi riduce a brandelli e ti perfora con la voce. Dopo che l'ho vista dal vivo ero certa che si era conquistata uno spazio tra le mie cantanti preferite. Happy songs for Happy People - Mogwai (2003) Il post-rock mi piace tantissimo e l'ho ascoltato molto ma questo album dei Mogwai in particolare. Contiene uno dei miei pezzi preferiti di sempre “Killing All the Flies”. Mass VI - Amenra (2017) Uno dei dischi che ho ascoltato di più ultimamente, mi piace tutto. Le chitarre pesanti e i tristi arpeggi, e poi Colin con la sua voce leggera e le sue urla disperate. From When I Wake Up the Want Is - Kathryn Joseph (2018) Ho scoperto Kathryn durante l'ultimo anno di curatela del programma musicale di Santarcangelo Festival con Stefania Pedretti. Le direttrici artistiche Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino ci hanno espresso il desiderio di avere tra le proposte un solo di piano e voce e la nostra ricerca ci ha portato a questa meraviglia. Kathryn è intensa, oscura, ipnotica, dal vivo ti rapisce e ti porta via con sé, ti dà tutto quello che ha dentro. Ho avuto la fortuna di conoscerla e mi sento una persona fortunata. * Francesca Morello, in arte R.Y.F., ravennate di origini venete, è una cantautrice queer folkrock. Il 18 ottobre è uscito il suo secondo album, Shameful Tomboy, per l’etichetta Dio Drone.
“Solo per un giorno” con i TaxiWars e il cantautore inglese “JustFor1Day” è la rassegna itinerante di musica e arti nel territorio riminese creata da Smiting Festival e Musincanta. Ogni appuntamento è unico, combinando progetti internazionali, nazionali e locali alla conoscenza di nuove location “solo per un giorno”. In novembre sono in programma due concerti. Domenica 3 al Satellite Music Club di Rimini sul palco i TaxiWars, ecclettico progetto jazz-rock di Tom Barman, leader e frontman della rock band dEUS, e del sassofonista belga-newyorkese Robin Verheyen. In formazione completa presenteranno l’album “Artificial Horizon”. Inizio live ore 20 con apertura dell’innovati-
vo live di AGA (Alessandro Antolini e Gianni Giovanni Margotto), tra rock ed elettronica. Domenica 24 novembre l’appuntamento sarà all’Admiral Art Hotel di Rimini, dove sarà possibile visitare l’esposizione Rosini Gutman con opere d’arte di Wahrol, Modigliani, Indiana, Schifani e molti altri. Dalle 12 fino alle 14.15 brunch al “Cage Club” al primo piano dell’hotel, e alle 15 il live di Matt Elliott, ricercatissimo cantautore di Bristol, noto anche per il suo progetto elettronico “Third Eye Foundation”. Elliott sarà introdotto da Pieralberto Valli, sofisticato cantautore romagnolo, con il suo ultimo lavoro “Numen”.
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Largo ai giovani a Forlì, con un occhio ai talenti di New York Tra i protagonisti della rassegna targata Artusi anche Fabrizio Bosso L’associazione Artusi Jazz ripropone alla Fabbrica delle Candele di Forlì la rassegna “Largo ai Giovani”, sempre con l’obiettivo di valorizzare i giovani jazzisti locali. L’appuntamento è nelle serate del 4 e 5 novembre con protagonisti Tense Quartet, Nawa Jazz Trio, Ear Trio e Anna Ghetti Quartet. La due giorni fa parte della rassegna “Jazz a Forlì” che proseguirà poi l’8 novembre (ore 21.15 all’Istituto Musicale Masini) con il concerto, omaggio al “songbook” americano, del duo composto dal sassofonista Stefano Bedetti e dal pianista Fabrizio Puglisi, che dalle 18 incontreranno gli studenti dell’Istituto in un incontro aperto al pubblico a ingresso gratuito. Domenica 10 novembre l’ultima giornata della rassegna si apre con il brunch all’osteria Dalla Maria dove si esibirà (dalle 12.30) la cantante Laura Avanzolini, accompagnata al pianoforte da Michele Francesconi, in una raccolta di brani diventati standard per i jazzisti di tutto il mondo. Il finale è in programma nella serata di domenica, con l’appuntamento clou, in collaborazione con Bologna Jazz Festival: alle 18 all’Auditorium San Giacomo “Revolutionary Brotherhood”, progetto del trombettista Fabrizio Bosso e del pianista Giovanni Guidi, a capo di un quintetto che, per andare oltre i loro abituali percorsi, coinvolge tra i più interessanti giovani talenti emersi dall'inesauribile scena jazz newyorchese.
JAZZ/2 A Cesenatico l’omaggio a Chet Baker
jazz/3
Fa tappa anche al teatro comunale di Cesenatico, il 28 novembre, il tour dello spettacolo con cui il trombettista Fabrizio Bosso omaggia il mito Chet Baker. Si chiama “Chet to Chet” e ad affiancare Bosso sarà una squadra di talentuosi musicisti composta da Alessandro Fariselli al sax tenore, Alessandro Altarocca al pianoforte, Stefano Senni al contrabbasso e Fabio Nobile alla batteria.
MUSICA ETNICA Sconfinando, altri tre giorni tra Vietnam, Albania e Cuba Partito il 31 ottobre, entra nel vivo in novembre alla sala San Luigi di Forlì il festival Sconfinando, quatto giorni (sempre dalle 21.30) dedicati ai temi della contaminazione musicale, dell'inclusione e della lotta alla discriminazione sociale e razziale con gruppi musicali e di danza di etnie diverse provenienti da ogni parte del mondo. Venerdì 1 novembre sono in programma musica e canti da Vietnam, Tailandia e Filippine. Sabato 2 novembre spazio all'Albania (con la Famiglia Iljazi Group) e domenica 3 gran finale con Cuba e il concerto della musicista Leydis Mendez, con band.
ANCHE MUSICA NUDA A SANTA SOFIA Sarà l'Emilia Romagna Jazz Orchestra diretta da Roberto Rossi e Piero Odorici, con un programma dedicato al compianto pianista e compositore americano Cedar Walton, ad aprire il 16 novembre la stagione di concerti del teatro Mentore di Santa Sofia, a cura di Elena Indellicati e Vanni Crociani dell'Associazione Musicale Roveroni. Impegnati pochi giorni prima in in un tour in America, Petra Magoni e Ferruccio Spinetti – in arte Musica Nuda (nella foto) – saranno invece al Mentore il 30 novembre. Un progetto, il loro, che va avanti da oltre 15 anni (con alle spalle 1.300 concerti, otto dischi in studio, tre live e diversi premi prestigiosi) e che vede la cantante e il contrabbassista (già negli Avion Travel) proporre un “voice’n’bass” che parte dal mondo del jazz per esplorare sempre nuovi territori.
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l’intervista
The Good Fellas: «Regaliamo leggerezza ma per noi la musica è una cosa seria» Parla il fondatore della celebre swing band: «Gli anni cinquanta sono rassicuranti. Dal liscio abbiamo imparato tanto» di Luca Manservisi
«Abbiamo suonato con James Burton, che è stato il chitarrista di Elvis Presley; ricordo ancora quando Ben E. King si è girato verso di me sul palco e mi ha chiesto di attaccare “Stand by me”, uno dei due riff più famosi della storia dell’R&B, che avrà anche solo tre note, ma se ne sbagli una davanti a chi l’ha scritta... E poi gli spettacoli con Aldo Giovanni e Giacomo, a fine anni novanta e tre anni fa per il loro “Best of ”, tour da 300mila biglietti venduti, che ti fanno sentire di aver raggiunto il massimo. E ancora, il Festivalbar con gli Articolo 31, dove siamo stati gli unici a suonare dal vivo su richiesta di J-Ax, che insisteva a dire agli organizzatori che sapevamo suonare da dio. Poi tutti in pizzeria con Alessia Marcuzzi e Fiorello...». Non può che essere sterminato l’album dei ricordi del forlivese Stelio Lacchini, in arte Mr. Lucky Luciano, da trent’anni nel mondo della musica, dal 1993 alla guida dei The Good Fellas, unanimamente considerati “la” swing band italiana, con radici ben salde in Romagna. L’8 novembre apriranno la stagione dello storico Teatro Socjale di Piangipane (programma nel box) e due giorni dopo, domenica 10 (al pomeriggio) saranno all’America Graffiti di Forlimpopoli ad accompagnare il cantante inglese Danny Fisher. «Al Socjale torniamo sempre con grande piacere, è uno di quei luoghi che chiamiamo “casa” – dice Lacchini –, uno dei circoli che resistono in quest’epoca in cui stiamo vivendo una grossa disaffezione verso la musica dal vivo, a eccezione forse solo dei grandi eventi». Avete in programma un concerto speciale per l’occasione? «No, niente di particolare: abbiamo quasi trent’anni di esperienza e non ci sono nuove registrazioni in vista. Abbiamo appena finito l'ennesima estate impegnativa al Summer Jamboree (il grande festival internazionale dedicato agli anni cinquanta di Senigallia, dove i Good Fellas sono house band, ndr) con nove concerti in dodici giorni, abbiamo voglia di rilassarci e di goderci questo momento...». Come si spiega il revival degli anni cinquanta? «L’iconografia generale è molto pulita, anche i ribelli alla Marlon Brando avevano una bella giacca, i jeans non erano stracciati, le automobili erano brillanti dopo la guerra, non c’era la droga che girerà poi a Woodstock e negli anni sessanta e settanta. I cinquanta hanno un’immagine rassicurante ed è una delle ragioni per cui continuano a tornare, anche se c’è grande confusione, molti non sanno di cosa si parla realmente». Una moda molto legata anche al ballo... «Il vero swing revival è dell’inizio degli anni novanta, adesso più che altro infatti il revival è ad opera delle scuole di ballo, che si concentrano poco sulla musica. A volte siamo costretti ad accettare serate su misura dei ballerini, con un repertorio “calmierato”. Ma noi non siamo un juke box, noi pensiamo ancora a uno spettacolo come quello di Louis Prima, di Frank Sinatra e del Rat Pack, a una musica indirizzata a tutti, non solo ai ballerini. Come nel caso del concerto del Socjale...». Una forma di intrattenimento. «Noi facciamo orgogliosamente intrattenimento, vogliamo regalare un paio d’ore leggere, prendendo comunque la musica molto seriamente. Solo su noi stessi ci piace scherzare durante le serate...». Qual è il vostro pubblico? C’è stato un ricambio generazionale? «Fortunatamente ci sono persone che ci accompagnano dall’inizio della nostra avventura. E poi è chiaro che ci sono anche nuove generazioni. Mi ricorderò sempre un concerto a Bertinoro con una delle formazioni più piccole che porto avanti parallelamente ai Good Fellas (King Lion & the Braves e The Lucky Lucianos, ndr), con un repertorio sempre di musica che indicativamente va dal 1945 al ‘64, in cui ci siamo trovati centinaia di ragazzini sotto il palco a ballare. Alla fine del concerto sono venuti a farci i complimenti dei 15enni, 16enni. Ecco, quando tu riesci a far scoprire un certo repertorio a dei ragazzini, magari spingendoli ad approfondirlo, a far loro capire che certa musica è nata sull’onda della ribellione al razzismo, alle diseguaglianze sociali, vuol dire che hai fatto il tuo lavoro». Per certi versi potete ricordare le orchestre di liscio, che rapporto avete con la musica folkloristica romagnola, vi ha influenzato? «Beh, intanto va detto che siamo in grado di “girare” valzer e polka senza problemi. Abbiamo un grande rispetto per quello che è stato il liscio in questa terra, uno dei nostri maestri è stato Germano Montefiori. Abbiamo imparato a essere orchestrali da quella gente lì. Abbiamo imparato il rispetto per il pubblico, a vestirci in un certo modo, a non fare gli spacconi, dare importanza al mestiere del musicista. Quindi sì, la Romagna ci ha dato molto».
Al Socjale di Piangipane anche la musa di David Lynch e il jazz con il quartetto di Eric Reed I Good Fellas (vedi intervista) aprono la stagione del Teatro Socjale di Piangipane con il concerto swing in programma venerdì 8 novembre delle 22 con un repertorio che va da Fred Buscaglione e Frank Sinatra. La stagione prosegue il 15 novembre all’insegna del pop-blues con un’ospite internazionale, Chrysta Bell, musa di David Lynch, attrice nella serie cult Twin Peaks, modella e cantante dalla voce ipnotica. Venerdì 22 novembre serata soul e funk con il quintetto della cantante Sara Zaccarelli mentre il 29 al Socjale torna il jazz con il quartetto del pianista Eric Reed (con Piero Odorici, Dezron Douglas e Roberto Gatto).
POPOLARE Al Mama’s suoni dal Mediterraneo e dall’Irlanda In novembre a Ravenna entra nel vivo anche la stagione del Mama’s. Tra i concerti in programma da segnalare il jazz del quintetto di Stefano Bedetti il 2 novembre, la musica mediterranea delle Lame da Barba il 16 e la musica irlandese della storica band ravennate Morrigan’s Wake. Programma completo su www.mamasclub.it.
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musica classica/1
Grandi pianisti al Masini tra Chopin e Ravel E l’Emilia Romagna Festival arriva anche al Museo delle Ceramiche
MUSICA CLASSICA/2
musica classica/3
I Concerti della Domenica dell’associazione Mariani
DA DVORAK A GERSHWIN ALLA SAGRA MALATESTIANA
Inaugurata a fine ottobre, prosegue in novembre la rassegna dei Concerti della Domenica dell’associazione Mariani, alla sala Corelli del teatro Alighieri di Ravenna. Si va dal vincitore del Primo Premio al Concorso di Bonn “Telekom-Beethoven 2017” Alberto Ferro, che siederà al pianoforte il 3 novembre, al duo Filippo Mazzoli (flauto) e Denis Zardi (pianoforte) del 17 novembre, entrambi singolarmente attivi da anni sulla scena internazionale; dai componenti il Quartetto Felix, tre archi e pianoforte – Vincenzo Meriani violino, Francesco Venga viola, Matteo Parisi violoncello, Marina Pellegrino pianoforte - pronti a prendere posto sul palco il 24 novembre, fino al duo oboe-pianoforte (1 dicembre) formato da Luciano Franca, già primo oboe dell’Orchestra del Teatro alla Scala, e Simona Santini, una delle più note pianiste e insegnanti di pianoforte di Ravenna che come fiore all’occhiello vanta il primo premio assoluto come solista al IV° Concorso Pianistico Internazionale “Chopin” di Roma.
Tra fado e Beethoven al teatro di Russi
Prosegue la stagione concertistica di Emilia Romagna Festival a Faenza, a cura di Massimo Mercelli e Donato D’Antonio. Dopo l’inaugurazione di ottobre con i Solisti Veneti, il secondo concerto si terrà lunedì 11 novembre (ore 21) sempre al Teatro Masini, e vedrà un’esibizione al pianoforte di Michel Dalberto, secondo Le Monde “uno dei più grandi interpreti che la Francia ci ha donato dopo Alfred Cortot”. Affermato sulla scena internazionale fin dal 1975, è l’unico pianista vivente ad aver inciso tutta l’opera di Schubert. Dopo essersi esibito con le più prestigiose orchestre e direttori quali Sir Colin Davis e Yuri Temirkanov, quest’anno Dalberto porterà all’ERF Schumann, Beethoven e Ravel, tre compositori imprescindibili per il pianoforte. Sabato 23 novembre il festival cambierà location, spostandosi al Museo Internazionale delle Ceramiche – fiore all’occhiello della città di Faenza: dopo una visita guidata al Museo stesso (ore 17), in scena (ore 18.30) il concerto dal titolo Accademia Musicale in Faenza. Ne sono protagonisti l’Ensemble di archi “Giuseppe Sarti”, formazione nata all’interno dell’omonima Scuola con l’obiettivo di riscoprire il repertorio barocco caratteristico della città, diretto dal musicista faentino Paolo Zinzani, qui in veste anche di violino solista; Marco Farolfi al fortepiano, perfezionatosi con alcuni illustri maestri e particolarmente apprezzato per il repertorio antico per tastiere, e il giovane e talentuoso Carlo Vistoli, uno specialista mondiale in canto barocco, noto ed apprezzato in ambito internazionale. Il programma vocale-strumentale sarà dedicato in buona parte ai compositori locali del XVIII secolo e, grazie alla presenza di Carlo Vistoli, saranno riproposte alcune pagine operistiche di grande valore, alcune delle quali di rarissimo ascolto o presentate per la prima volta al pubblico. In programma anche, in anteprima, un concerto di Paolo Alberghi. Venerdì 29 novembre (ore 21) il festival torna al Teatro Masini con un altro grande concerto al pianoforte, questa volta di Ivo Pogorelich. La celebre pianista Martha Argerich, parlando di lui, non ha potuto fare altro che sintetizzare il giudizio nella parola “genio”; mentre il New York Times lo paragona a Horowitz. Capace di far risuonare il pianoforte con la stessa esattezza e varietà di espressioni che avrebbe un’orchestra intera, Pogorelich si distinse fin dagli inizi della carriera per il raro talento. Arrivato a esibirsi in tutto il mondo, dal 1982, dopo aver firmato un contratto con la Deutsche Grammophon, ha inciso le opere dei più grandi compositori di sempre. A Faenza porterà Bach, Beethoven, Chopin e Ravel, in un’ideale evoluzione storica del pianoforte.
Entra nel vivo la stagione concertistica del teatro comunale di Russi. Il 6 novembre spazio al fado portoghese con Pasion Y Saudade, con fisarmonica, pianoforte e testi di Pessoa e Borges interpretati da Silvia Testoni. Il 22 novembre musiche di Beethoven con l’Orchestra Cupiditas, composta da più di settanta ragazzi dell’orchestra di Fiesole, giovanissimi musicisti dai 14 ai 25 anni.
Giovani star per “Capire la musica” Al via la stagione “Capire la Musica 20192020” organizzata dalla cooperativa ravennate Emilia Romagna Concerti, con alcuni tra i migliori giovani del concertismo mondiale. A inaugurare la rassegna al Ridotto del teatro Alighieri di Ravenna il 12 novembre il diciottenne violinista Giuseppe Gibboni, uno degli allievi prediletti del grande Salvatore Accardo, che presenta musiche di Beethoven oltre all'amato Paganini e a Ciaikowsky. Per il Concerto di Santa Cecilia torna a Ravenna (sempre alla sala Corelli dell’Alighieri) dopo il debutto di tre anni fa il pianista Gabriele Strata, vincitore del Premio Venezia 2018, che eseguirà musiche di Beethoven, Bach, Bartok per finire con il Carnaval op. 9 di Schumann.
Tra i protagonisti il Trio di Parma e Sollima con l’israeliano Avi Avital
In novembre entra nel vivo la programmazione di musica da camera della 70esima edizione della Sagra Musicale Malatestiana, al teatro Galli di Rimini. Con la presenza di Simonide Braconi alla viola, il rinomato Trio di Parma (9 novembre) presenterà un programma dedicato alla musica cameristica di Johannes Brahms e Antonin Dvorak. Versatile il programma con cui la poliedrica Wunderkammer Orchestra debutta al Teatro Galli (17 novembre) con Carlo Tenan sul podio e con il compositore Paolo Marzocchi al pianoforte in un programma che muove da Gershwin a inediti orizzonti contemporanei. Più che un concerto (21 novembre) l’incontro tra due grandi solisti quali il violoncellista Giovanni Sollima e il mandolinista Avi Avital (foto), sarà l’occasione per un appassionante viaggio nella storia della musica, dal barocco all’epoca attuale. A completare il proramma del mese, l’11 novembre musica per banda e percussioni, un omaggio a Gabriele Bianchi, con I Percussionisti del Teatro alla Scala di Milano (Loris Francesco Lenti direttore) e la Banda Città di Rimini (Jader Abbondanza direttore).
lo spettacolo
A Forlì due concerti alla Chiesa di San Giacomo Doppio appuntamento con la musica classica alla Chiesa di San Giacomo di Forlì. Il 19 novembre alle 21 l’appuntamento è con l’Orchestra Giovanile “orcreiamo”, formata dai vincitori dell’omonimo concorso bandito dall’associazione Bruno Maderna per giovani musicisti e compositori. In programma brani di Hayden, Takemitsu, Schubert. Sul podio Filippo Maria Bressan, considerato uno dei più innovativi ed interessanti direttori della nuova scuola italiana. Al violoncello solista il giovane Luca Giovannini. Ingresso a 5 euro. Il 24 novembre, sempre alle 21, l’appuntamento è con il duo pianistico romagnolo composto da Mauro Landi e Stefano Orioli, con un programma che unisce brani di Beethoven e Liszt.
TUTTA LA “MALINCONIA” DI BAHRAMI, ALL’ALMAGIÀ Nell’ambito di Fèsta, la rassegna di arti performative di E Productione, il 4 novembre alle 20.30 all’Almagià di Ravenna va in scena “Melancholia”, concerto di piano solo di Ramin Bahrami (nella foto), con la complicità del giornalista e produttore Alberto Spano. Un vero e proprio dialogo a due sul palco che aiuterà il pubblico ad ascoltare con maggiore consapevolezza le pagine scelte fra quelle dei più grandi compositori “melanconici”, da Scarlatti a Berio, attraverso Bach, Chopin, Tchaikovsky, Grieg, Ravel e tanti altri.
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lirica La Norma in scena anche al Galli di Rimini
Alcuni scatti dalle prove della Trilogia: a sinistra “Carmen”, a destra “Aida”
Norma, Aida, Carmen: le donne della Trilogia d’Autunno dell’Alighieri
Dopo La Traviata di Giuseppe Verdi in scena nel marzo scorso, il secondo titolo di opera del rinato teatro Galli di Rimini è un altro capolavoro della tradizione italiana, la Norma di Vincenzo Bellini, in scena venerdì 29 novembre (ore 20) e domenica 1° dicembre (ore 15.30). L’opera vedrà il ritorno al Teatro Galli delll’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, già protagonista il 3 agosto nell’eccezionale appuntamento che ha segnato l’inaugurazione della Sagra Musicale Malatestiana, con Riccardo Muti sul podio e la presenza del Presidente della Repubblica Mattarella. Questo nuovo allestimento, coproduzione che vede il Teatro Galli affiancare Ravenna Festival e il Teatro Alighieri, è affidato alla regia di Cristina Mazzavillani Muti. “Norma di Bellini: dive non sempre caste” è invece il titolo dell’incontro di preparazione all’ascolto dell’opera condotto da Fabio Sartorelli. L’appuntamento è per sabato 23 novembre alle ore 17 al Galli a ingresso libero.
Le nuove produzioni delle celebri opere chiudono il 30esimo Ravenna Festival Dall’1 al 10 novembre al Teatro Alighieri “Dal belcanto agli albori del verismo”, appuntamento per gli appassionati di opera lirica con l’ormai tradizionale Trilogia d’Autunno, ultimo appuntamento della XXX edizione di Ravenna Festival. Norma è il primo dei titoli (1, 5 e 8 novembre) e la prima delle tre grandi figure femminili che segnano il trittico, che si completa con Aida e Carmen, e sarà in scena dall’1 al 10 novembre. Il format della Trilogia, ormai pienamente collaudato, prevede il susseguirsi delle tre opere una sera dopo l’altra sullo stesso palcoscenico, grazie a una macchina teatrale che, con l’utilizzo di moderne tecnologie, scompone e ricompone la scena, dando vita per ognuno dei titoli a impianti visivi diversi e completamente nuovi. Nel caso di Norma – opera composta da Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani per il Teatro alla Scala nel 1831 – il dramma, affidato alla regia di Cristina Mazzavillani Muti, sarà immerso in una di-
mensione “naturale”: il progetto scenico e visuale – pensato, anche per questa Trilogia, da Ezio Antonelli, elaborato dal video programmer Davide Broccoli, illuminato da Vincent Longuemare e completato dai costumi di Alessandro Lai – raccoglie gli elementi di una natura misteriosa e li fonde in un impianto emozionale. A dirigere la partitura belliniana sul podio dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini è chiamato Alessandro Benigni, già lo scorso anno impegnato per Nabucco, mentre maestro del coro sarà Antonio Greco a capo del Coro Lirico Marchigiano Vincenzo Bellini unito al Coro Luigi Cherubini. Cristina Mazzavillani Muti sarà alla regia anche della nuova produzione di Aida – in programma il 2, 6 e 9 novembre – che vedrà invece sul podio dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Nicola Paszkowski. Sarà una Carmen dal sapore noir, infine, quella che debut-
terà all’Alighieri il 3 novembre (repliche 7 e 10) e che vede alla regia Luca Micheletti, a cui Cristina Mazzavillani Muti, ideatrice e curatrice dell’intero progetto, ha affidato l’opera di Bizet. Approdato alla lirica dopo un lungo percorso come attore e regista nel teatro di prosa e musicale da camera, Micheletti aveva già partecipato alla Trilogia 2018, come Iago nell’Otello, ma per la sfida di portare in scena Carmen (dove interpreta anche il ruolo di Escamillo) ha potuto contare sul proprio background teatrale, ricco di collaborazioni con registi quali Luca Ronconi e Marco Bellocchio e riconoscimenti del calibro del Premio Ubu. Sul podio dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini salirà Nicola Paszkowski. Il versante vocale, come da sempre obiettivo della trilogia, vedrà esibirsi ogni sera un giovane cast di cantanti internazionali. Biglietti da 20 a 77 euro. Info: 0544249244 e ravennafestival.org.
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l’intervista
«Dove c’è un solo teatro, come a Russi, dobbiamo pensare a una stagione per tutti» Pasquale Vita di Ater spiega la collaborazione con il piccolo Comune che fa quasi il tutto esaurito a ogni replica tra prosa, comico, drammatico di Iacopo Gardelli
Da quattro anni il cartellone del teatro Comunale di Russi è organizzato in collaborazione con Ater, colosso regionale che gestisce direttamente dodici teatri e collabora alle stagioni di altri 40 soci. Grazie a questa gestione, il pubblico di Russi ha potuto fruire di spettacoli di giro, spesso di grande qualità – e i numeri sembrano dare riscontri positivi. Quest'anno sarà l'ultimo della convezione, in attesa di un probabile rinnovo prima dell'estate. Ne ho parlato con Pasquale Vita, direttore del circuito regionale multidisciplinare di Ater, ovvero costruttore di tante stagioni teatrali delle città emiliano-romagnole, da Fidenza a Cattolica, passando naturalmente per Russi. Come ha lavorato con l'amministrazione russiana? «Il teatro di Russi funzionava già molto bene prima del nostro arrivo. Il pubblico è affezionato, ha una certa competenza teatrale. Elena Bucci e Marco Sgrosso hanno svolto un grande lavoro sul territorio, promuovendo la fruizione di un certo tipo di teatro. Il Comune si è affidato alla nostra gestione per alzare ulteriormente la qualità dell'offerta. Poi c'è anche da considerare che si tratta dell'unico teatro del comune: la stagione deve accontentare più pubblici». In che senso? «A Bologna ci sono 10 teatri, e ognuno specializza un'offerta. Se in un paese c'è un solo teatro, allora bisogna accontentare tutti, altrimenti diventerebbe il teatro di un solo gruppo sociale. Noi vogliamo parlare a tutta la città; da qui la grande varietà della stagione: comico, drammatico, classico, musica». Come interviene il Comune nella creazione della Stagione? «Si ragiona assieme. I responsabili culturali dei vari Comuni si confrontano con noi su come strutturare la stagione. Io per lavoro vedo tanto teatro, e di volta in volta propongo i lavori che ritengo più interessanti. A sua volta, il Comune ne propone altri. Quindi vediamo se questa integrazione è funzionale e sostenibile, cercando di fare il meglio possibile dal punto di vista qualitativo, a fronte delle risorse disponibili». Immagino che anche quest'anno la scelta degli spettacoli si sia affidata a questo criterio. «Esatto, ma sempre tenendo alta la qualità degli spettacoli. Questo è l'obiettivo di Ater e del Comune. Ci possono essere commedie, concerti, prose contemporanee, ma la qualità deve sempre rimanere alta. Il che non vuol dire per forza fare spettacoli “complicati”, vuol dire fare le scelte giuste». Nella stagione ho notato un debutto interessante de Le belle bandiere, Ottocento. «Le Belle Bandiere ogni anno debuttano a Russi con spettacoli nuovi. Il legame con il territorio è forte, ed è motivo d'orgoglio della comunità ospitare due artisti così importanti. Quest'anno saranno in scena con Ottocento, un racconto fra letteratura e musica, un bellissimo gioco di citazioni di grandi classici, da Čechov a Dostoevskij, dalla Dickinson alla Brontë». Negli ultimi anni la programmazione
«Noi siamo arrivati quattro anni fa e abbiamo trovato una situazione già molto positiva: Elena Bucci e Marco Sgrosso hanno fatto un grande lavoro sul territorio e ogni anno debuttano qui» IN SCENA/1 La stagione apre con Leo Gullotta inteprete di Pirandello (anche a Cattolica e Meldola) La stagione 2019/2020 del Comunale di Russi si apre il 14 novembre con Pensaci, Giacomino, il testo di Luigi Pirandello, diretto da Fabio Grossi e interpretato da Leo Gullotta. Si tratta di un testo che nacque in veste di novella del 1915 per poi avere la sua prima edizione teatrale nel 1917. La storia racconta di una fanciulla che, rimasta incinta del suo giovane fidanzato, non sa come poter portare avanti questa gravidanza: il professore Toti pensa di poterla aiutare chiedendola in moglie e potendola poi così autorizzare a vivere della sua pensione, “per almeno cinquanta anni”, ma la società civile si rivolterà contro questa decisione. Lo stesso spettacolo sarà in scena anche al Teatro della Regina di Cattolica il 15 novembre e al Dragoni di Meldola il 26 novembre.
IN SCENA/2 Il dramma familiare dello Zoo di vetro di Tennessee Williams A Russi a novembre, il 28, arriva anche il testo di un altro grande autore mondiale del teatro: Lo zoo di vetro di Tennessee Williams, nell’adattamento adattamento e regia di Leonardo Lidi. Dramma familiare che presenta numerosi tratti autobiografici ricorrenti nell’opera dello scrittore statunitense: il desiderio di allontanarsi dalla casa natale, il rapporto tormentato con un padre ostile, è il lavoro con il quale Williams iniziò a farsi conoscere dal grande pubblico.
ha lasciato molto spazio anche per spettacoli musicali. «Sì, un altro aspetto su cui continuiamo a insistere è la stagione concertistica, che fa da prologo alla stagione e che sta avendo grande successo. Sta diventando davvero bella, quasi eguagliando i numeri della prosa. Lo scorso concerto, “Lirico ma non troppo”, ha avuto una bellissima risposta. Continueremo con un concerto di fado, Pasion y saudade, il 6 novembre e con l'Orchestra Cupiditas il 26. Siamo riusciti a portare un'orchestra intera sul palco di Russi: è una grande vittoria per noi!». Ci sono mai stati problemi legati alla ristrettezza del palco? «La maggior parte delle compagnie hanno allestimenti modulari, ovvero montano a seconda di quanto è grande il palco. È ovvio che certe produzioni da teatro nazionale, non molto elastiche e che non fanno recite singole, non riescono a replicare a Russi. Ma per quanto riguarda tutte le altre produzioni, non mi è quasi mai stata rifiutata una replica per la grandezza del palco. Forse due volte in quattro anni». Questo è il quarto anno di cura Ater. Come si è evoluta la collaborazione? E come è stata la risposta del pubblico? «I numeri sono aumentati tutti gli anni e abbiamo registrato un aumento del pubblico. È vero, non partivamo da una situazione emergenziale. Il teatro tiene 280 posti; da 230 paganti per sera siamo passati a 260 circa. Una situazione già positiva che, nel nostro piccolo, abbiamo contribuito a migliorare ancora. Se ci hanno chiamato era soprattutto per avere la possibilità di ospitare a Russi spettacoli più grandi e importanti, grazie alla circuitazione di Ater. Ma questo non vuol dire affatto standardizzare l'offerta per ogni spazio». Come si evita questo pericolo? «Ogni luogo ha la sua peculiarità. Le stagioni vengono costruite pensando a quella peculiarità: ci prendiamo cura di ogni spazio assieme alle amministrazioni, analizzando di volta in volta cosa funziona bene e cosa no, per capire ciò che vuole il pubblico e per proporre ciò che ancora non sa di volere. L'anno scorso abbiamo portato a Russi il teatro delle marionette di Obraszov, che ha avuto un grande successo. Due anni fa c'è stata la compagnia di balletto di Leonid Yacobson di San Pietroburgo. Quest'anno porteremo Lo zoo di vetro con Tindaro Granata, una produzione del LAC di Lugano per la regìa di Leonardo Lidi: un lavoro molto originale, diverso dagli adattamenti classici dell'opera di Williams». Si aspetta un rinnovo della convenzione? «La convenzione scadrà alla fine di questa stagione. Stiamo lavorando al rinnovo, ma non spetta di certo a noi decidere. Io mi auguro di portare avanti le attività, che stanno venendo bene. Abbiamo un bel rapporto con il Comune, c'è confronto e l'amministrazione è di stimolo alla stagione». Il Bardo inglese continua a essere fonte infinita di ispirazioni per riscritture drammatiche, comiche, classiche, sperimentali e non c’è stagione teatrale che non ne proponga quasi ogni
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shakespeare BRECHT
Tutte le riscritture del Bardo tra commedia e tragedia, tradizione e sperimentazione
Monica Guerritore dirige e interpreta L’anima buona di Sezuan
Ale e Franz alle prese con Romeo e Giulietta, Branciaroli è Falstaff e al Testori l’Amleto di Cacciola Il più grande autore teatrale inglese vanta ogni mese nuove interpretazioni. Così siamo andati a vedere cosa accade in giro per la Romagna e si comincia già l’1 e il 2 novembre al Fabbri di Forlì con Ale e Franz e il loro Romeo & Giulietta. Nati sotto contraria stella. I veri protagonisti dello spettacolo non sono i personaggi della tragedia shakespeariana, ma dei comici girovaghi che si presentano al pubblico per interpretare La dolorosa storia di Giulietta e del suo Romeo. Sanno bene che è una storia che già tutti conoscono, ma loro vogliono raccontarla osservando il più autentico spirito elisabettiano. Sono tutti uomini e ognuno di loro interpreta più personaggi, anche quelli femminili. Lo spettacolo sarà anche il 4 novembre al Goldoni di Bagnacavallo. Dal 7 al 9 novembre, al Bonci di Cesena è invece in scena Falstaff e il suo servo (nella foto) con Franco Branciaroli per la regia di Antonio Calenda. Falstaff, uomo di disperata vitalità, è uno dei personaggi più popolari del canone shakespeariano, benché l’autore gli abbia dedicato, in modo univoco, uno solo dei suoi copioni, Le allegre comari di Windsor. Ma giganteggia nelle due parti di Enrico IV e la sua presenza ingombrante, anzi la sua assenza ingombrante, segna profondamente l’Enrico V. Con il suo ossessivo ottimismo, Falstaff sconvolge il conflitto tra volontà e destino che permea tutti i testi di Shakespeare: è l’alter ego di ogni protagonista del suo teatro. Al teatro Testori di Forlì, il 29 novembre, va invece in scena il testo di e con Marco Cacciola Io sono. Solo. Amleto. Il progetto parte dal testo shakespeariano per attraversare i dubbi che fondano il nostro tempo: dal rapporto tra padri e figli alla relazione tra leader e società, dalle dinamiche di potere, sia nella dimensione pubblica che in quella privata, alla ricerca di una giustizia che si specchia nella vendetta. Il mito di Amleto incarna perfettamente il travaglio della crisi di conoscenza contemporanea. Siamo noi a essere Amleto: sopraffatti dal Pensiero, impossibilitati all’Azione.
Dal 15 al 17 novembre al Masini di Faenza ecco in scena L'anima buona di Sezuan di Brecht, interpretato e diretto da Monica Guerritore (nella traduzione di Roberto Menin). La Guerritore si ispira all’edizione di Giorgio Strehler del 1981 per raccontare una vicenda ambientata nell’antica Cina dove si affrontano i grandi temi dell’onestà, della sincerità, dell’amore.
Maria Paiato diventa Madre Courage diretta da Coletta Dal 5 al 7 novembre in scena al Galli di Rimini arriva Madre Courage e i suoi figli di Brecht, un’opera di denuncia degli orrori della Guerra dei Trent'anni. Il dramma si sviluppa tra contraddizioni e antinomie, attraverso il personaggio principale, Anna Fierling, vivandiera al seguito dell'esercito e madre di tre figli che cerca a suo modo di proteggere, pur occupandosi con scaltrezza di fare affari coi soldati vendendo le sue mercanzie. Anna perderà i suoi figli inesorabilmente uno dopo l’altro, ma nonostante il dolore per questo lutto, continuerà ostinatamente a maledire la pace e a credere che non tutto sia perduto per il suo commercio e la sua sopravvivenza economica. Paolo Coletta dirige Maria Paiato in una nuova versione del capolavoro brechtiano, dando vita a uno spettacolo visionario in cui parola, corpo e musica si fondono per ritrarre un’umanità dolente che assomiglia molto a quella che abita il nostro presente.
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CLASSICI/2 Tennessee Williams a Predappio
lo spettacolo/1
Ispirato all’immortale classico di Tennessee Williams Un tram che si chiama desiderio, al teatro comunale di Predappio il 23 novembre va in scena la versione diretta da Massimiliano Bolcioni.
NATALINO BALASSO NE LA BANCAROTTA DI GOLDONI Tratto da un testo di Carlo Goldoni, La bancarotta di Vitaliano Trevisan vede in scena, tra gli altri, il noto attore Natalino Balasso per la regia di Serena Sinigaglia. Con il suo stile pungente e sincopato, implacabile e sarcastico, Trevisan riscrive un lavoro poco frequentato di Goldoni calandolo nell’Italia dei nostri giorni. Oltre a non essere affatto lontano dall’attualità, La bancarotta di Goldoni ha segnato una svolta epocale nella storia del teatro; a partire da un canovaccio della commedia dell’arte, infatti, gradualmente le maschere cadono in disuso e inizia a delinearsi un’idea di testo più determinato. In scena allo Spazio Tondelli di Riccione il 22 e 23 novembre.
FUORI ABBONAMENTO Flow, uno spettacolo per ragionare su come funziona davvero la nostra mente Sabato 9 novembre al teatro della Regina e il 30 novembre all’Alighieri di Ravenna va in scena (in entrambi i casi fuori abbonamento) lo spettacolo Flow. La mente latente con Michele Cassetta, Gianluca Petrella, Gene Gnocchi per la regia di Antonio Lovato. Si tratta di uno spettacolo sui generis incentrato sul funzionamento della mente, sempre sul sottile equilibrio tra istinto e ragione, e di come le convinzioni influenzano la nostra vita e quella degli altri. Le parole, la musica e le immagini permettono di stimolare tutti i canali sensoriali facilitando il ricordo e la riflessione anche dopo lo spettacolo.
lo spettacolo/4
LO SPETTACOLO/2 Il bisogno di “sorellanza” In scena a Coriano il 7 novembre ci sarà lo spettacolo firmato da Lidia Ravera La somma di due, con Marina Massironi e Nicoletta Fabbri. Due sorelle adolescenti, Angelica e Carlotta, vengono separate dal divorzio dei genitori. Una con la madre, l’altra con il padre in un’altra città. Si mancano, si accusano, si scrivono, si rincorrono per non perdersi. La nota scrittrice Lidia Ravera disegna, nel testo, con linguaggio fresco, ironico e fortemente critico, quel legame naturale eppure misterioso che unisce due esseri umani dalla nascita, e spienge lo spettatore a indagare il profondo e umano bisogno di “sorellanza”.
FARE UN’ANIMA SECONDO GIACOMO Dal 14 al 17 novembre al teatro Alighieri di Ravenna va in scena lo spettacolo di e con Giacomo Poretti (lo stesso di Aldo, Giovanni e Giacomo) dal titolo Fare un’anima, scritto con la collaborazione di Luca Doninelli per la regia Andrea Chiodi, produzione Agidi. «Come nasce l’anima?» si chiede Poretti: «Spunta coi dentini da latte? Quanto incide una corretta alimentazione a farla crescere? Ma l’anima esiste davvero o è una nostra invenzione? E ancora: è una parola da mandare in pensione o i tempi complicati che stiamo attraversando la rendono ineludibile?».
LO SPETTACOLO/3 Ottavia Piccolo è una “Donna non rieducabile” Al teatro comunale di Cesenatico prende il via il 12 novembre una stagione con due nomi di eccezione del panorama italiano. Ottavia Piccolo sarà infatti l’interprete del testo di Stefano Massini dal titolo Donna non rieducabile.
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AGENDA Animali da bar a Morciano A Morciano prosegue la rassegna “Teatro e persone”. Il 16 novembre va in scena lo spettacolo de La carrozzeria Orfeo - su una drammaturgia di Gabriele De Luca Animali da bar. La voce fuori campo che accompagna i personaggi appoggiati appunto al bancone del bar è di Alessandro Haber.
Un buen morir alla Casa del Teatro
PICCOLO E PIF AL BONCI PER MOMENTI DI TRASCURABILE (IN)FELICITÀ
A LEZIONI DI TEATRO CON SERVILLO
Momenti di trascurabile (in)felicità (in scena al Bonci di Cesena il 30 novembre) rappresenta un’occasione per far “parlare” due libri di grande successo Momenti di trascurabile felicità (2010) e Momenti di trascurabile infelicità (2015) attraverso la viva voce del loro autore Francesco Piccolo, scrittore, sceneggiatore e autore televisivo tra i più poliedrici del panorama italiano. Lo spettacolo è un monologo con il quale si dà importanza e valore a quei momenti felici ed infelici dell’esistenza quotidiana sui quali non abbiamo il tempo o la pazienza di soffermarci. Sul palco Francesco Piccolo sarà accompagnato da Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, già protagonista dell’omonimo film diretto da Daniele Luchetti e scritto a quattro mani da Luchetti e Piccolo, che prenderà parte allo spettacolo in maniera sorprendente.
Dal 26 novembre al 2 dicembre al Rasi di Ravenna Toni Servillo porta in scena Elvira (Elvire Jouvet 40). Nel ruolo del grande attore, regista e teorico del teatro Louis Jouvet durante le lezioni sul monologo di Donna Elvira nel quarto atto del Don Giovanni di Molière realmente svoltesi al Conservatoire National d’Art Dramatique di Parigi nei mesi dell’occupazione nazista. Toni Servillo inaugura il percorso ideato da Marco Martinelli e Ermanna Montanari in occasione delle celebrazioni del VII Centenario della Morte di Dante, che coinvolgerà diverse figure di eccellenza del teatro europeo.
Alla Casa del Teatro di Faenza, l’1 e il 2 novembre va in scena lo spettacolo della compagnia boliviana Teatro de los Andes dal titolo Un buen morir, storia di una coppia di attori che condividono un’ultima colazione prima dell'alba. Ma non si tratta di una coppia qualunque. Lui è morto e lei ha poco tempo per concludere un patto irrevocabile.
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Valter Malosti porta in scena Primo Levi Al Galli di Rimini il 2 e 3 novembre Se questo è un uomo
In un fuori abbonamento per il Galli di Rimini, Valter Malosti porta in scena Primo Levi. Se questo è un uomo (condensazione scenica a cura di Domenico Scarpa e Valter Malosti). Nel centenario della nascita di Levi, Malosti, direttore del TPE - Teatro Piemonte Europa, firma la regia e l’interpretazione di Se questo è un uomo portando per la prima volta in scena direttamente la voce di questa straordinaria opera memorialistica che Primo Levi scrisse nel corso del 1946, ispirandosi alla sua tragica esperienza di prigioniero ebreo nell'inferno di Auschwitz. In scena il 2 e il 3 novembre.
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GIUSEPPE BATTISTON DIVENTA CHURCHILL Al Bonci di Cesena in arrivo, dal 21 al 24 novembre, il monologo scritto da Carlo Gabardini per Giuseppe Battiston che interpreta uno straordinario Churchill alla fine della sua vita. Lo spettacolo Winston vs Churchill è infatti una riflessione sul potere, sulla vita, con largo spazio per quello humor per cui il personaggio politico è noto.
STORIA/3 Al Binario di Cotignola rivivono le sorelle Mirabal Al Binario di Cotignola, il 23 novembre va in scena Farfalle. Storia delle sorelle Mirabal. Scritto e diretto da Ilaria Cangialosi, racconta la storia delle sorelle Mirabal di Ojo de Agua (Repubblica Dominicana) che lottarono contro il regime del generale Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961) in cui persero la vita 30mila haitiani a causa di una politica xenofoba. Le Mirabal fondarono il Movimento 14 giugno: “Farfalle” era la loro parola d’ordine.
STORIA/4 La tragedia dei coniugi Ceausescu al teatro degli Atti
STORIA/5 Oriana Fallaci, protagonista del Novecento
Mercoledì 20 novembre al Teatro degli Atti di Rimini va in scena Gli Sposi, romanian tragedy, la storia di un'ordinaria coppia di potere. Nicolae Ceausescu ed Elena Petrescu. Entrambi vengono dalla campagna. Si ritrovano a militare nel Partito Comunista. Niente sembra distinguerli dai loro compagni, tranne il fatto che sono un po' meno dotati della media: creature senza smalto in un mondo senza orizzonte. Diventati dittatori capricciosi e sanguinari, questi Macbeth e Lady Macbeth dei Balcani hanno seminato la paura nel popolo rumeno per poi finire sommariamente giustiziati davanti alle telecamere, sotto gli occhi del mondo, il 25 dicembre 1989. Una tragedia romena. Elvira Frosini e Daniele Timpano, autori, registi e attori, portano sul palcoscenico i loro corpi che disinnescano, decostruiscono e incarnano le narrazioni della Storia.
Al comunale di Conselice lo spettacolo Le parole di Oriana - omaggio a Fallaci di e con Maria Rosaria offre un’occasione per capire meglio non solo cosa ha veramente detto Oriana Fallaci, ma anche chi è stata e come ha letto la seconda parte del secolo scorso in quanto giornalista. In scena il 30 novembre.
STORIA/6 Vita di Leonardo con Roberto Mercadini
STORIA/7 Giustiniano e Massimiano sul palco del Rasi
Al Galli di Rimini un fuori abbonamento per scoprire la Vita di Leonardo l’avventura di vedere davvero domenica 10 e lunedì 11 novembre grazie al nuovo spettacolo dell’attore e autore Roberto Mercadini, una produzione del Teatro Stabile d’Abruzzo diretto da Alessandro Maggi.
Seconda puntata per la seconda edizione del ciclo “Storie di Ravenna” al teatro Rasi. Un progetto nato da un’idea di RavennaTeatro che vede in scena storici e studiosi a raccontare un episodio della storia della città in modo rigoroso, ma non convenzionale. L’11 novembre alle 18 il tema è «Cesare fui e son Iustiniano». L’imperatore Giustiniano e l’arcivescovo Massimiano.
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commedia/1
COMMEDIA/2
STAND-UP COMEDY Il Riding tristocomico di Arianna Porcelli
Le opere di Dario Fo e Franca Rame ancora in scena
Al teatro Socjale di Piangipane, il 23 novembre è la serata della stand-up comedy di Arianna Porcelli, con il suo Riding tristocomico. Il lavoro comico di Arianna si distingue per la satira sociale inserita in un testo ricco di cinismo, di quotidianità ma anche di ottimo gusto grammaticale.
A Bellaria anche Jacopo con il nuovo spettacolo da “figlio”
circo contemporaneo DOPPIA DATA PER MONTAGNE RUSSE Doppia data in Romagna per Corrado Tedeschi e Martina Colombari protagonisti della commedia Montagne Russe di Eric Assous per la regia di Marco Rampoldi. Un faccia a faccia da vivere direttamente, come spettatori che guardano nella finestra del dirimpettaio. Un testo che fa riflettere il pubblico in modo diretto sul tema dei legami familiari e sul valore del rapporto col prossimo. Al Walter Chiari di Cervia il 9 e 10 novembre in prima nazionale e poi a Coriano il 29 novembre.
L’eredità di Dario Fo e Franca Rame continua a caratterizzare le stagioni teatrali. Allo Spazio Tondelli di Riccione, l’8 novembre prima assoluta per l’allestimento, al termine di una residenza, del classico: Coppia aperta, quasi spalancata con Chiara Francini e Alessandro Federico per la regia di Alessandro Tedeschi. Riallestimento anche per il celeberrimo Mistero Buffo con Lucia Vasini, una nuova produzione della Compagnia Teatrale Fo Rame srl il 29 novembre alle 21 al teatro Astra di Bellaria. Stesso palcoscenico anche per il figlio della coppia, Jacopo Fo, il 9 novembre, quando sarà in scena con Com’è essere figlio di Dario Fo e Franca Rame (sempre una produzione della compagnia che porta il nome dei due artisti) per la regia di Felice Cappa.
COMICO/1 La famiglia secondo Paolo Cevoli
COMICO/2 Pintus al Carisport con Destinati all’estinzione
Va in scena al teatro di Cervia il 23 novembre il nuovo spettacolo di Paolo Cevoli (regia di Daniele Sala) La sagra famiglia. Il testo è dedicato alla famiglia, un sorta di comico excursus storico dai cavernicoli a oggi, passando per personaggi mitologici e biblici. Cevoli racconta la sua storia personale di padre e di figlio paragonata con ironia e leggerezza ai grandi classici.
C’è chi parla con il cane e lo fa mentre lo veste, c’è chi guida mentre manda messaggi con il cellulare e c’è chi vuole fare la rivoluzione ma la fa solo su Facebook, c’è chi parcheggia la macchina nel posto riservati ai disabili “tanto sono 5 solo minuti”. Da queste e altre considerazioni Pintus conclude che siamo di fatto Destinati all’estinzione, questo il titolo infatti del suo ultimo spettacolo che va in scena al Carisport di Cesena il 9 novembre.
THE YORICKS A FAENZA TRA SCHELETRI E CLOWN Il 30 novembre alle 21, alla Casa del Teatro di via Oberdan a Faenza, serata di circo comico con il Teatro Tascabile di Bergamo che porta il suo The Yoricks: sei clown, sei monaci scheletro si riuniscono con angeli, leoni e cavalli per fare della morte uno spettacolo surreale.
CHRYSTA BELL
ANA POPOVIC Rock/Blues
TEATRO
ARIANNA PORCELLI
Musica d’autore
READING TRISTOCOMICO
Programma ottobre
GIO
VEN
SAB
31
15
23
OTT
NOV
NOV
THE GOOD FELLAS
SARA ZACCARELLI
ERIC REED 4et
GANGSTERS OF SWING
& THE DYNAMITE POWER SOUL FUNK CLASSICS
Jazz
VEN
VEN
VEN
8
22
29
NOV
NOV
NOV
NOVEMBRE Per Info: www.teatrosocjale.it - Cell. 327 6719681 - Facebook Teatro Socjale
Come da tradizione, ad ogni evento i “MITICI” CAPPELLETTI DEL SOCJALE Via Piangipane, 153 - PIANGIPANE (RA) Circolo ARCI - Ingresso Riservato ai Soci
MUSICA Inizio spettacoli ore 22 TEATRO Inizio spettacoli ore 21
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novembre 2019
muscica e parole/1 MUSICA E PAROLE/2 Luigi Lo Cascio racconta il mistero degli spartiti di Vivaldi
ELIO DÀ VOCE A GABER
VEDOVA ALLEGRA
Elio dà voce al testo di Giorgio Gaber Il grigio per la regia di Giorgio Gallione e con gli arrangiamenti musicali di Paolo Silvestri. In scena al Masini di Faenza il 20 novembre e al Goldoni di Bagnacavallo il 18.
Gennaro Cannavacciuolo è l’interprete di Allegra era la vedova, one man show per una miliardaria ispirato alla celebre operetta “La vedova allegra”. In scena al Testori di Forlì 22 novembre.
Dal 7 al 9 novembre, concerto reading al Bonci di Cesena con L’Affare Vivaldi, l’avvincente storia dei manoscritti di Vivaldi e di come rischiarono di andare perduti. Luigi Lo Cascio riscrive e interpreta il libro di Federico Maria Sardelli (edito da Sellerio, vincitore del premio Comisso 2015 per la narrativa) dialogando con le musiche inedite del giovane musicista, eseguite dall’Ensemble barocco Modo Antiquo. I molti appassionati di Vivaldi non sanno che grandissima parte dell’opus vivaldiana è rimasta per secoli sepolta nella biblioteca di famiglie aristocratiche più o meno decadute, e che ha rischiato di non veder mai la luce: una vicenda storiografica e musicologica che Lo Cascio riesce a trattare con leggerezza e fine senso dell’umorismo.
MUSICA E PAROLE/3 La lucina di Moresco con quartetto a Cattolica
MONI OVADIA IN CABARET YIDDISH Il teatro Mentore di Santa Sofia apre la stagione il 9 novembre con Moni Ovadia e il suo spettacolo di musica, cultura e lingua ebraica dal titolo Cabaret Yiddish.
Martedì 26 novembre al Salone Snaporaz del teatro della Regina di Cattolica va in scena La lucina di Silvio Castiglio (tratto dal libro di Antonio Moresco) con la musica dal vivo del quartetto di Marco Capicchioni. La vicenda ha l’andamento di una fiaba dal finale inatteso. Composto intorno a un piccolo enigma capace di suscitare domande profonde, che parlano al cuore di piccoli e grandi, il racconto si dipana in uno stile semplice, che pure alimenta una tensione crescente.
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DANZA Deserto digitale, composizione coreografica dedicata alla rivoluzionaria ricerca musicale di Edgard Varèse
novembre 2019
BAEDEKER
Guida teatrale per spettatori nomadi
Ritornano le stagioni, spazio dal potere terapeutico di Iacopo Gardelli
Deserto digitale, in scena al Petrella di Longiano il 15 novembre, è una creazione dedicata alla ricerca musicale di Edgard Varèse per la regia e coreografia di Nicola Galli con testi liberamente ispirati agli scritti di: Edgard Varèse, Alice Miller, Gilles Clément, Marcel Proust. Frutto di svariate collaborazioni per quanto riguarda la produzione, è stato il vincitore del Premio Equilibrio 2018. «Deserto digitale – spiega Nicola Galli – è una composizione coreografica dedicata alla rivoluzionaria ricerca musicale di Edgard Varèse e ispirata alla composizione Déserts. Il percorso sperimentale del compositore, basato sulla spazializzazione e inclusione dei suoni, diviene il cuore pulsante della creazione, immaginata come un rituale visivo e onirico conteso tra sospensione, violenza e catarsi». Spettacolo sostenuto in fase di produzione da “Vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi – Progetto di accoglienza e residenza per creazioni coreografiche” condiviso da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino e Teatro Petrella di Longiano.
INCONTRI Al ridotto del teatro Fabbri Iva Zanicchi e Monica Guerritore in veste di scrittrici Al via una rassegna di incontri con l’autore organizzate dalla Libreria Ubik di Forlì che si svolgeranno al Ridotto del Teatro Diego Fabbri. Sabato 9 novembre Iva Zanicchi, alle 18, presenta la sua autobiografia Nata di buona luna (pubblicato da Rizzoli). Domenica 17 novembre, alle 17, sarà invece protagonista l’attrice Monica Guerritore in veste invece di narratrice con il suo libro Quel che so di lei (Longanesi), dieci personaggi femminili, da Oriana Fallaci a Giovanna d’Arco, da Giulia Trigona a Emma Bovary fino alla Carmen, che la Guerritore ha portato in scena nella sua carriera tra palco, cinema e tv. Gli incontri saranno condotti da Marco Viroli.
Gli sposi, foto di Franco Rabino Il teatro come luogo di cittadinanza attiva; come presidio di resistenza culturale; come tempio di conservazione per opere altrimenti destinate all'oblio; come spazio per l'esercizio di una mentalità critica. Ne ho sentite tante negli ultimi mesi, e devo dire che non lo so. In tempi di granitiche certezze (sono i tempi più confusi a sviluppare i dogmatismi più forti), io devo dire che: non lo so. Non credo che andare a teatro renda migliori; non credo che farlo significhi essere più integri o al limite più intelligenti. Io credo (perché lo provo) solo al potere terapeutico del teatro, del suo buio, del suo odore, della sua scomodità. Della sua noia mortale, a volte. Allora forse il teatro come spazio di sospensione, dove poter essere soli-in-compagnia (perfetto connubio per misantropi autofobici), dove poter silenziare, per qualche ora, quel fastidioso acufene che si chiama mondo. Dunque isoliamoci insieme questo novembre. I teatri romagnoli offrono alcuni appuntamenti ghiotti. Il Bonci di Cesena propone due spettacoli degni di nota. Dal 7 al 10 novembre è in cartellone Falstaff e il suo servo, per la regìa di Antonio Calenda. Lo spettacolo vede impegnati due giganti come Franco Branciaroli e Roberto Herlitzka in omaggio ad uno dei personaggi più indimenticabili di Shakespeare, quell'irresistibile ciccione di Falstaff, appunto. (Una ripassata del classico di Orson Welles, Chimes at Midnight, è sicuramente consigliata). Dal 21 al 24 torna in scena Winston vs Churchill, ottimo spettacolo scritto da Carlo Gabardini, per la regìa di Paola Rota, sostenuto dalla buona interpretazione di Giuseppe Battiston. L'irascibile primo ministro inglese, celebre per i suoi aforismi taglienti e per la sua vita sregolata, affronta col consueto humour una schermaglia dialettica contro la sua infermiera, interpretata da Maria Roveran. Spostiamoci agli Atti di Rimini, dove il 20 novembre arriva quello che, probabilmente, è il più interessante appuntamento del mese. Parlo de Gli sposi, romanian tragedy, di Frosini/Timpano. La coppia romana continua il suo serrato confronto con la decostruzione della Storia e della sua narrazione, questa volta per raccontare la triste fine di Ceauşescu e della sua consorte, Elena Petrescu, senza lesinare echi grotteschi, umor nero, ricordi dell'Ubu di Jarry. Lo spettacolo è basato su un testo di David Lescot, drammaturgo francese. E infine arriviamo il 26 novembre a Ravenna, per uno spettacolo che è già diventato un classico grazie al suo grande interprete. Parlo di Elvira, omaggio di Toni Servillo al grande attore francese Louis Jouvet, traduzione di un testo di Brigitte Jacques del 1986. Assieme a Petra Valentini, Francesco Marino e Davide Cirri, Servillo riporterà in vita una grande lezione di teatro e di recitazione, realmente tratta dalle lezioni di Jouvet, che nella Parigi del 1940, occupata dai nazisti, insegnava alla sua allieva Claudia come interpretare la famosa scena dell'addio di Donna Elvira nel Dom Juan di Molière.
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novembre 2019
i film da non perdere
Dalla malinconia di Scorsese al rigore del J’accuse di Polanski In sala anche il vincitore di Cannes Parasite e il politicamente scorretto Zombieland
CONTROCINEMA Esplorazioni atipiche dentro le nuove forme del cinema di Albert Bucci
Albert Bucci è direttore artistico del Soundscreen Film Festival. È stato docente di Sceneggiatura allo Iulm di Milano. In una vita parallela, possiede anche una laurea in Fisica Teorica.
Subito in sala, e non perdetelo, il vincitore dell'ultimo festival di Cannes: il coreano Parasite di Bong Joon-ho, che ricorderete per ottimi film di fantascienza distopica quali Snowpiercer del 2013 e Okja del 2017, nei quali dietro la distorsione del genere fantastico si esprimeva molto evidente una visione politica del mondo, una perenne lotta di classe tra poveri e ricchi (la terza classe del treno in Snowpiercer e i maiali in Okja). In questo suo nuovo film non troverete però nessun elemento di sci-fi, nessuna lettura fantastica: è la semplice storia di due famiglie che vengono in contatto, una povera e l'altra ricchissima, per raccontare con la raffinata e brutale precisione tipica del cinema coreano le spietate disuguaglianze di classe nella società sudcoreana. Per chi amasse il cinema sul grande schermo e non volesse aspettarne l'uscita su Netflix, per pochi giorni uscirà poi il nuovo Martin Scorsese con Robert De Niro, Al Pacino e Joe Pesci: The Irishman, nuova rilettura del gangster movie tra cattolici italiani e irlandesi nell'America del secondo dopoguerra. Film più malinconico che violento, più tragico nell'intimità dei suoi personaggi, nel loro destino al quale non possono sfuggire; e nel quale Scorsese rappresenta la sua visione ultima del genere noir. Più vicino a C'era una volta in America che a Goodfellas, perché tutto proiettato nel passato, quasi sepolcrale, dove si è compiuto il Male perché “così è stato”, con le “maschere” degli attori inevitabilmente corrose dagli anni. Altro grande maestro in arrivo, l'ultimo Roman Polanski dal Festival di Venezia: il magistrale J'Accuse, rilettura del caso Dreyfus di fine '800 in Francia, il cui terrificante titolo italiano L'Ufficiale e la Spia non solo fa ovviamente perdere
A sinistra una scena da The Irishman, a destra da J’accuse.
ogni riferimento storico e letterario, con buona pace di Émile Zola, ma farebbe pensare a qualche tipo di relazione amicale tra la vittima “spia” Alfred Dreyfus e l'”ufficiale” Marie-Georges Picquart che riaprì il caso e contribuì alla sua riabilitazione. Perché Polanski non snatura le vicende storiche, ma le riporta e le analizza secondo i criteri del più rigoroso film-inchiesta, struttura solo in apparenza semplice che Polanski mette in scena con grandissimo rigore e altissima arte, non nascondendo né inventando nulla della storia e del suo sviluppo, se non l'asciutta visione di un mondo a caccia di capri espiatori, già allora in balia di fake-news e post-verità.
E infine, per gli amanti del genere horror, segnalo un fantastico sequel: dopo 10 anni, in arrivo il nuovissimo Zombieland – Doppio Colpo di Ruben Fleischer, sempre con Woody Harrelson, Jesse Eisenberg, Abigail Breslin ed Emma Stone. Film che promette di ripetere il grande successo di critica e di pubblico del primo, nella sua fresca e divertente formula di zombie-comedy politicamente scorretto. Se non volete aspettarne l'uscita in sala a metà mese, durante il weekend di Halloween potrete vederlo in anteprima al Trieste Science+Fiction, Festival di fantascienza e Horror.ì
L’EVENTO Il Premio Riccione per il Teatro con omaggio ad Antonioni Tra gli appuntamenti anche il concerto di Scanner Al via il 55° Premio Riccione per il Teatro venerdì 1 novembre alle 10, al Cinepalace, con il docufilm Pina Bausch a Roma. Alle 11.30, da Villa Franceschi, avrà inizio la performance di danza itinerante A[1]Bit. Alle 17 verrà poi presentato il libro di Lorenzo Conti, Maddalena Giovannelli e Francesca Serrazanetti Il pubblico in danza. Comunità, memorie, dispositivi, ricognizione delle nuove e più originali esperienze italiane legate al mondo della danza. La serata (Spazio Tondelli, ore 21) sarà infine nel segno della musica elettronica con Digital Desert, live set di Federico Fusaglia, Marco Catapano e Gian Marco Ricci su immagini del film di Michelangelo Antonioni Il deserto rosso; a seguire vernissage della mostra Analogo digitale (vedi p. 20). Sabato 2 novembre ci sarà un focus su una nazione ospite, la Polonia. Ospiti due delle autrici più interessanti della nuova scena polacca, Anna Wakulik e Elżbieta Chowaniec. A quest’ultima sarà dedicata anche la serata (Spazio Tondelli, ore 21) con la prima mise en espace italiana del suo testo di maggior successo, Le gardenie, qui letto da Valentina Cenni, Leda Kreider, Lidiya Liberman e Laura Palmeri. A seguire (ore 22), lo Spazio Tondelli ospiterà un inedito tributo al cinema di Krzysztof Kieślowski: la proiezione di Decalogo I (1988, 55') con una nuova colonna sonora composta ed eseguita dal vivo dai musicisti Inserire Floppino e Alice Berni. La cerimonia di premiazione del 55° Premio Riccione per il Teatro si svolgerà allo Spazio Tondelli domenica 3 novembre, dalle 17. Il concorso biennale organizzato da Riccione Teatro attribuirà anche il 13° Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli” al miglior testo di un autore under 30. Per l’occasione Deflorian e Tagliarani proporranno una lettura tratta da Quasi niente, recente spettacolo ispirato al film di Michelangelo Antonioni Il deserto rosso. Al regista ferrarese sarà dedicato anche l’appuntamento finale del weekend, un evento speciale a cavallo tra musica e cinema dal titolo Scanner plays Michelangelo Antonioni (Spazio Tondelli, ore 18.30). Protagonista sul palco sarà un’icona dell’elettronica internazionale, Scanner. Già attivo con Bryan Ferry, Laurie Anderson e Merce Cunningham, il musicista britannico sonorizzerà dal vivo uno dei capolavori assoluti di Antonioni, L’eclisse.
Con il Patrocinio del Comune di Cotignola
CENTRO SOCIALE “IL COTOGNO”
SAGRA de PÖRC Ö 16 - 17 - 18 NOVEMBRE 2019 Tagliere di affettati misti con focaccia ai ciccioli Radicchio e bruciatini all’aceto balsamico
Cappelletti caserecci con ragù di salsiccia Pasta e fagioli con le cotiche Tagliatelle con pancetta e funghi porcini
Costine di maiale e patate fritte Cotechino con purè Fegato con rete alla griglia Porchetta e patate fritte Stinco al forno
Patate fritte Pomodori al forno Mousse di ricotta al torroncino Semifreddo all’amaretto
TUTTE LE SERE È ATTIVA LA PIZZERIA Iniziativa di autofinanziamento organizzata dal Centro Sociale “Il Cotogno” - via Pertini 2 - Cotignola (RA)
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la recensione
Dürer, l’artista capace di dare espressione al mondo del visibile e dell’invisible con l’incisione Al Museo delle Cappuccine di Bagnacavallo in mostra 120 opere del genio di Norimberga che per Erasmo da Rotterdam «valeva più di un maestro antico» di Serena Simoni
Oltre 120 opere grafiche sono state raccolte al Museo delle Capuccine di Bagnacavallo per la mostra inaugurata il 21 settembre dal titolo “Albrecht Dürer. Il privilegio dell'inquietudine” a cura di Diego Galizzi e Patrizia Foglia. In attesa dell'arrivo della Madonna del Patrocinio - una tavola che rappresenterà l'unico capolavoro pittorico della esposizione che ritorna alla sede per cui era nata nel '500 ovvero il Monastero delle Clarisse Capuccine di Bagnacavallo (oggi il Museo che ospita questa mostra) - la visita permette di vedere un gran numero di incisioni di Dürer provenienti da varie collezioni provate e pubbliche italiane. Per quanto la mostra appaia legata a tecniche meno conosciute al grande pubblico bulini e xilografie - è proprio su questa grande esperienza dell’artista, nato il 21 maggio 1471 a Norimberga, che si basa il giudizio Erasmo da Rotterdam: per il grande umanista Dürer di Norimberga valeva più di un grande maestro antico come Apelle perché con semplici linee, senza usare nessun colore, riusciva a dare espressione al mondo del visibile e dell'invisibile. Il concetto potrebbe apparire criptico ma guadando bene le incisioni non si può che rimanere abbagliati dalla sapienza in cui l’artista tedesco riesce a rielaborare le forme naturali del mondo, superando le freddezze nordiche di cui si era nutrito nella prima formazione, per dare
volto a un capolavoro come le immagini dell’Apocalisse di San Giovanni, il testo più difficile e spirituale dell’intera Bibbia. Al di là dell'attesa dell'opera pittorica sopra accennata che arriverà da Parma a Bagnacavallo a metà dicembre, è il linguaggio grafico che costituisce la centralità del lavoro di Dürer, che esprimerà compiutamente il proprio genio rendendo questa tecnica com-
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pletamente autonoma dagli altri linguaggi, innanzandola al livello della pittura. Non è forse un caso che il primo processo per i diritti d'autore venne intentato da Dürer contro un collega italiano, Marcantonio Raimondi, che aveva copiato le sue xilografie traducendole su rame rubando il monogramma "AD". Il primo processo a difesa del copyright avvenne proprio a Venezia, nella città in cui l'artista si era recato per studiare meglio il Rinascimento italiano. La permanenza in Italia, dove Dürer soggiornò due volte - la prima poco più che ventenne e la seconda già artista maturo - era stata stimolata dalle frequentazioni più care: fu l'amico umanista Willibald Pirckheimer a illustrargli le basilari scoperte del nuovo linguaggio italiano - dalla centralità dell'uomo al recupero della classicità, dalla prospettiva agli influssi della filosofia neoplatonica - spingendolo a superare il linguaggio ancora gotico che aveva imparato dal padre e dai primi maestri Michael Wolgemut e Wilhelm Pleydenwurff. In patria raffina l'arte xilografica, ovvero l’intaglio del disegno a rovescio su una matrice di legno che inchiostrata permette di realizzare numerose copie dal prototipo, ma l'indole curiosa dell'artista lo spinge a viaggiare attraverso la Germania del nord e l'Olanda. Vuole studiare presso il principe del bulino, Martin Schongauer, ma a causa della sua morte Dü-
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Un particolare della Madonna che tornerà a Bagnacavallo a metà dicembre
rer si metterà in contatto con i suoi allievi e a Basilea andrà a bottega da Georg Schongauer come illustratore. Nella prima sala della mostra di Bagnacavallo si possono vedere queste opere degli esordi fra cui alcune tavole incise per La nave dei folli scritta dall'umanista Sebastian Brant. Pubblicato nel 1493, il testo, che narra vari esempi della follia umana, presenta le illustrazioni di vari artisti: a Dürer appartengono alcune tavole che illustrano il gioco a carte in cui sono manifesti lo spirito moraleggiante dell’epoca, una grande capacità tecnica e una totale assenza di conoscenze prospettiche di cui l’artista non aveva ancora mai sentito parlare. Di questo periodo affascina l'utilizzo tutto nordico di figure fantastiche e grottesche - si vedano ad esempio le figure umane e diaboliche che affollano le scene delle “Cronache di Norimberga” precedenti al 1493 - debitrici dell'universo figurativo nordico ancora del tutto medievale. Di queste figure - di cui un buon pittore deve essere ricco "dentro", come afferma l'artista - Dürer non farà mai a meno: nati sotto Saturno, gli artisti hanno questa prolificità di immaginazione che va tenuta a bada grazie alla tecnica, al lavoro, a un solido regime alimentare, altrimenti il rischio è quello di finire in preda ai propri fantasmi, come sosteneva il medico neoplatonico Marsilio Ficino. Sarà dopo un primo viaggio in Italia nel 1495 che il maestro tedesco approfondirà alcuni fondamenti del Rinascimento come lo spazio prospettico. Al ritorno, aperta la sua bottega a Norimberga, Dürer dimostra di essere a conoscenza delle regole brunelleschiane e dell'antropocentrismo che applica nel mezzo grafico, tecnica prediletta perchè libera dai vincoli imposti dalla committenza ed estremamente renumerativa. Tra le prime incisioni di questo periodo compare la Sacra Famiglia con la libellula in mostra, in cui il ricchissimo panneggio della veste della Vergine tradisce l'osservanza alla tradizione gotica tedesca. Apparentemente non c'è nulla di italiano in questo piccolo e delizioso bulino anche se il collegamento fra figure in primo piano e il paesaggio - l'elemento che più sbalordiva i colleghi del nord - è in effetti uno dei motivi principali proposti dalla pittura veneta da Bellini in poi. A questo stesso periodo appartengono le xilografie della serie dell'Apocalisse e della Grande Passione che rappresentano fra le sue più alte creazioni grafiche dell'artista. Scelto il formato verticale per raccontare le visioni di San Giovanni, Dürer impone un registro drammatico al testo religioso senza svincolare le figure da una corporeità visibile affidata ad un chiaroscuro plastico ottenuto tramite un tratteggio parallelo. La scelta tecnica apparentemente facile pretende invece una rea-
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lizzazione complessa, che fino a questa opera era stata impiegata solo nell'incisione su rame. Questa tecnica, che comprende bulini e acquaforti, dava la possibilità di correggere gli eventuali errori, di dettagliare fin nei minimi particolari una scena e di operare sulla matrice con uno strumento più sottile e adatto ad evidenziare i chiaroscuri. Sarà proprio la serie xilografica dell'Apocalisse a decretare la fama di Dürer che saccheggiando il serbatoio fantastico interiore riesce a tradurre in scene reali le descrizioni spirituali del santo. La capacità dell'artista sta anche in questo dar vita all'invisibile, un'operazione che fino ad ora sembrava esser stata realizzata solo dalla visionarietà poetica di Dante. Non ha ancora terminato il lavoro dell'Apocalisse che il maestro si accinge a realizzare la Grande Passione, un'opera che può dirsi conclusa solo più di dieci anni dopo con la realizzazione del frontespizio. Gli influssi italiani sono evidenti in questa serie in cui i corpi risultano debitori delle conoscenze anatomiche rinascimentali e la fisicità plastica e monumentale è tutta italiana; di tutt'altro segno è invece la presenza di panneggi contorti gotici, dell'espressività irrinunciabile del mondo nordico, accentuata proprio grazie al mezzo calcografico. Lo stile di Dürer unisce qui due mondi in modo perfetto e armonico creando uno stile personalissimo, che prende il meglio da due interpretazioni
Nella pagina accanto: “Insegne della morte”. In questa pagina: “Natività”
artistiche diametralmente opposte. Nella tarda estate o nell'autunno del 1505 Dürer riapproda in Italia: Venezia e Bologna, Firenze e Roma rappresentano alcune delle mete di un viaggio durato un paio di anni al-
lo scopo di approfondire l'universo rinascimentale e in particolare lo studio prospettico che continuerà ad interessarlo per anni una volta rientrato in patria. Ancora lontano dalla crisi religiosa che
modificherà la sua visione interiore con l'avvicinamento alla predicazione luterana, le opere realizzate dall'artista dopo il viaggio in Italia e prima del 1519 - quando abbandonerà i soggetti umanistici per dedicarsi a scene religiose, al ritratto e all'illustrazione scientifica - rappresentano una summa magistrale del mondo umanistico dell'Europa del tempo. Senza disturbare la famossima Melencolia I su cui hanno speso pagine superbe studiosi come Warburg e Panofskij, basta osservare il San Girolamo nello studio eseguito nello stesso anno per rendersene conto: non solo il santo era il prediletto dagli umanisti del tempo ma lo spazio esattamente prospettico dimostrava la totale comprensione dell'antropocentrismo mentre lo studio della luce che entra dalle finestre e si riflette negli stipiti e nel soffitto è una delle traduzioni più affascinanti da quando il mondo fiammingo si era espresso per la verità della luce e quello veneziano se ne era fatto il diretto erede. La centralità dell'uomo è la chiave simbolica di questo universo destinato a scomparire poco dopo la morte di Dürer, in breve tempo. Albrecht Dürer. Il privilegio dell'inquietudine, fino al 19 gennaio 2020, Bagnacavallo Museo delle Cappuccine; orari: MA-ME 15-18; GIO 10-12, 15-18; VE-DO 10-12 e 15-19 (chiuso LU e postfestivi), ingresso libero.
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MATERIA OSCURA
RIMINI Una mostra per celebrare i 400 anni della biblitoeca Gambalunga «Rimini cos’è». Si apre con le parole di Federico Fellini, in bella evidenza su una parete della Galleria dell’Immagine, al piano terra della Biblioteca Gambalunga, la mostra “Per documento e meraviglia. Una storia lunga 400 anni”, curata dalla direttrice della Gambalunga Oriana Maroni, con la collaborazione dello scrittore Piero Meldini e il contributo di Maria Cecilia Antoni e Nadia Bizzocchi. Una mostra che rappresenta il culmine delle celebrazioni per i 400 anni dell’istituzione fondata per volere del giureconsulto Alessandro Gambalunga alla sua morte, avvenuta il 14 agosto 1619. Tra i pezzi da non perdere nel percorso secolare c’è l’Astronomicon di Basinio “un poema sulla volta celeste, scritto in un’epoca quando il rapporto con il cielo stellato era intenso e certamente diverso da oggi” per la prima volta esposto al pubblico. Non poteva mancare il libello Ariminensis Rubicon in Caesenam Claramonti (1641), sulla la localizzazione del fiume attraversato da Cesare. Tutta da scoprire anche la sezione Settecentesca, dove domina la figura di Jano Planco (Giovanni Bianchi). Il percorso nelle sale antiche propone anche l’installazione Ex libris per luci cangianti, a cura di Annamaria Bernucci, realizzata dall’artista visivo Daniele Torcellini che costruisce una sinestesia di segni e forme e colori di luce. La mostra sarà visitabile da martedì a domenica: ore 16-19 (chiusura 1° novembre, 25 dicembre) fino al 26 gennaio.
Biennale del mosaico: gli allievi del liceo si misurano con la tradizione di Linda Landi
Fino a gennaio la mostra Transfashional, sperimentazione tra arte e moda Come possono la moda e l’arte riflettere le attuali urgenze ambientali, sociali, culturali ed economiche e come possono contribuire a delineare nuovi modelli paradigmatici? Transfashional esplora i modi in cui artisti e stilisti di moda affrontano questi temi. Iniziato nel 2016, Transfashional si è sviluppato come una piattaforma di ricerca che ha coinvolto figure come Hussein Chalayan, Lucy Orta, Naomi Filmer, Clemens Thornquist, José Teunissen e altri ricercatori, insieme ad un gruppo di giovani artisti e designers tra cui Anna-Sophie Berger, Martin Bergström, Minna Palmqvist, Ana Rajčević, Lara Torres. Come ospite speciale di questa edizione si aggiunge la stilista Olandese Aliki van der Kruijs, edizione che vede come protagonisti anche i noti ricercatori Sonja Bäumel, Barbara Graf, Saina Koohnavard, Ulrik Martin Larsen, Robert Pludra e altri. Con la mostra nell’Ala Moderna del Museo della Città di Rimini, in corso fino al 6 gennaio si conclude un lungo percorso espositivo, che ha attraversato diverse città, come Londra, Varsavia, Vienna, Kalmar. Transfashional si conclude non solo con una esibizione ma anche una pubblicazione che Orario d’apertura: da martedì a sabato 9.30-13/16-19; domenica e festivi 10-19. Photo credit: Linnea Bågander in collaboration with choreographer Nicole Neidert, “Skinning/True Mesh/16:9/full time texture”, 2019
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“Paolo e Francesca” parte del progetto Mosaico e Dante
Più di centocinquanta allievi coinvolti alle prese con l’eredità di alcuni tra i più grandi mosaicisti della bottega ravennate: ispirazioni, riflessioni e creatività di menti duttili e fresche che tornano nel passato per catturare la scintilla sempre viva di una tradizione millenaria. La Biennale del Mosaico Contemporaneo di Ravenna è anche questo: formazione e sguardo verso il futuro, quella particolare inclinazione al concretizzare in prospettiva che solo chi è destinato ad ereditare il tempo può avere. Stiamo parlando dei progetti del Liceo Artistico Nervi - Severini. «Tutto comincia quando un gruppo di mosaicisti, approfittando delle impalcature per il restauro dei mosaici parietali delle Basiliche ravennati, ora Patrimonio Unesco, compiuti tra gli Anni ‘20 e gli Anni ‘50 dagli stessi restauratori, artisti come Alessandro Azzaroni, Giuseppe Zampiga, Libera Musiani, Sergio Cicognani, Ines Morigi Berti e Zelo Molducci pensano di “catturare” frammenti di mosaici da utilizzare per scopi commerciali – racconta Maria Teresa Buglione, preside del Liceo. – Successivamente, siamo verso la fine degli Anni ’50, l’idea di fondare una scuola comincia a prendere corpo e a consolidarsi con l’opera di promozione di Teodoro Orselli, Antonio Rocchi e Giovanni Guerrini. In data 1 agosto 1959 fu definitivamente sancita la costituzione dell’Istituto d’Arte per il Mosaico a Ravenna». Le fa eco Elena Pagani, coordinatrice dei progetti per la Biennale: «I progetti sono nati coinvolgendo gli allievi con l’idea di “far esplodere” il liceo nei luoghi significativi della città, riprendendo l’origine del mosaico contemporaneo “a cavalletto” - nato realizzando copie dall’antico, partendo dai cartoni creati dai mosaicisti durante i restauri, ovvero modelli da seguire per la loro riproduzione, una pratica didattica tuttora in auge - e il collegamento quotidiano con i monumenti. Tra le attività che ci hanno dato più soddisfazione, sicuramente i laboratori: i turisti sono letteralmente impazziti vedendo i ragazzi al lavoro». I ragazzi che studiano il mosaico di ieri e di oggi, con applicazioni nell’architettura, nelle arti figurative, fino all grafica e al multimediale, hanno quindi contribuito attivamente con le loro proposte a una rassegna che esplora i luoghi di origine del mosaico bizantino ravennate, realizzando installazioni e laboratori dimostrativi nelle Basiliche di San Vitale, Sant’Apollinare Nuovo e Cattedrale Metropolitana: cartoni, copie e mosaici work in progress in relazione ai rispettivi monumenti, che raccontano la storia della scuola, insieme alle tecniche che stanno apprendendo. Fino al 24 novembre sarà possibile passeggiare per il centro di Ravenna e visitare, per il progetto “Artifex mosaico - Dall’Antico al Contemporaneo” curato da Pagani, le installazioni “Aironi” a San Vitale, “Caifa” a Sant’Apollinare Nuovo e “Vergine orante” alla Cattedrale Metropolitana; mentre “Mosaico e Dante” a cura di Enrico Roda e Federico Zanzi e “La stanza di Mandy” a cura di Silvia Colizzi ci attendono rispettivamente agli Antichi Chiostri Francescani e a Palazzo Rasponi in Piazza Kennedy.
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l’evento
Cinquanta opere di Picasso in mostra al Mic di Faenza Dall’1 novembre al 13 aprile sarà possibile visitare l’esposizione di lavori in ceramica provenienti dall’omonimo museo di Parigi
Inaugura l’1 novembre al Mic di Faenza a mostra “Picasso. La sfida della ceramica”, a cura di Harald Theil e Salvador Haro con la collaborazione di Claudia Casali. L’espoeizione prevede il prestito eccezionale di 50 pezzi unici provenienti dalle collezioni del Musée National Picasso-Paris. Un nucleo di inestimabile valore che affronta tutto il percorso creativo dell’artista spagnolo nei confronti dell’argilla. La mostra di Faenza analizza le fonti di ispirazione di Picasso, proprio a partire dai manufatti presenti nelle collezioni faentine. La ceramica classica (con le figure nere e rosse), i buccheri etruschi, la ceramica popolare spagnola e italiana, il graffito italiano quattrocentesco, l’iconografia dell’area mediterranea (pesci, animali fantastici, gufi e uccelli) e le terrecotte delle culture mesoamericane: questi saranno i protagonisti di un dialogo fertile, unico ed inedito. Una sezione speciale è dedicata al rapporto tra Picasso e Faenza, con l’esposizione di documenti e fotografie, mai esposti, ed appartenenti all’archivio storico del MIC. Completerà il ricco apparato didattico e fotografico un video storico di Luciano Emmer del 1954 (Picasso a Vallauris). La mostra sarà visitabile fino al 13 aprile.
ANTICO/CONTEMPORANEO La forlivese Marisa Zattini espone al Museo nazionale di Ravenna Fino al 16 febbraio, al Museo Nazionale di Ravenna, sarà visitabile la mostra “Alchemica – Trasmutazioni fra Arte e Natura”, con opere dell’artista forlivese Marisa Zattini curata da Emanuela Fiori. «Il progetto – spiegano artista e curatrice – nasce dal desiderio di ripercorrere artisticamente le energie e i segreti della Natura creando relazioni e innesti fra luoghi storici e museali altamente connotati quali l’Antica Farmacia del Muse e opere di arte contemporanea. Una sorta di ouroboros fatto di osmosi e di rimandi emozionali fra antico e contemporaneo. La mostra è suddivisa in tre sezioni. Essa prosegue idealmente nel solco degli erbari metamorfici, delle “piante dell’anima” e nella rivisitazione di forme antiche ceramiche rinnovate realizzate ad hoc per questa occasione».
AGENDA D’ARTE Le Ombre di Roberto Paci Dalò a Cristallino Per il festival Cristallino, sabato 2 novembre alle 18 alla galleria Corte Zavattini 31, a Cesena, Roberto Paci Dalò presenta il suo libro Ombre (Quodlibet 2019). Partecipa all’incontro anche Guido Guidi.
La street art secondo Miccoli e Carini Sabato 2 novembre, alle 18, la rassegna di incontri curata da Ivano Mazzani negli spazi del Moog in vicolo Padenna 5 a Ravenna, si occupa di street art con due esperti: la direttrice di Magazzeno Art Gallery Alessandra Carini e il direttore del festival Subsidenze Marco Miccoli. Insieme i due ospiti dialogano su "Come il mercato dell'arte modifica la street art".
Il catalogo di “Chuck Close Mosaics” Il Centro Relazioni Culturali organizza, alla Sala D'Attorre di Casa Melandri a Ravenna, martedì 5 novembre alle 18 l’incontro con il direttore del Mar Museo d’Arte, Maurizio Tarantino, che presenta il in catalogo della mostra attualmente in corso nell’ambito della biennale del mosaico “Chuck Close Mosaics” (Silvana Editoriale S.p.a.).
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l’intervista
Costantini: «Libia è un libro di facce Spero serva a raccontare la verità» L’artista ravennate ha firmato il volume appena uscito per Mondadori scritto con la giornalista Francesca Mannocchi: «La cosa più difficile è stata rendere la complessità della storia di quel paese» di Federica Angelini
Un lavoro durato oltre due anni e che è arrivato in libreria a fine ottobre, finalmente. Libia, per Mondadori, vede la firma della giornalista di inchiesta Francesca Mannocchi e del disegnatore Gianluca Costantini. Ravennate, docente all’Accademia di Belle Arti, collaboratore negli anni di testate nazionali e internazionali, Costantini è anche un noto attivista per i diritti umani e le sue immagini hanno accompagnato, nel mondo, battaglie per la giustizia come, solo per citarne una, quella per Giulio Regeni. Si tratta di un libro sorprendente per le immagini e che riesce a unire narrazione e informazione. Gianluca, hai detto che è il “libro a fumetti” più complesso a cui hai mai lavorato. In effetti è un reportage, una testimonianza, che alterna narrazioni a pagine più didascaliche sulla Libia. È questo che lo ha reso così complesso da realizzare per te? «Prima c'è stato un lungo periodo di prove ed esperimenti con Francesa sul tipo di narrazione da dare al fumetto. Pensa che le prime cinquanta pagine sono state buttate e ho dovuto riiniziare dalla prima, non eravamo soddisfatti. Il lavoro è diventato molto difficile soprattutto per la ricerca iconografica della Libia e poi per la difficoltà delle immagine create. La cosa più difficile è stato rendere in una storia la complessità della Libia, al punto che anche gli esperti fanno fatica quando la spiegano. Ed è veramente assurdo che in Italia si studi e si parli così poco di questo paese, visto che è proprio davanti a noi». Come avete lavorato tu e Francesca Mannocchi, come è stato costruito il libro? «Francesca ha scritto racconti e interviste su persone incontrate in Libia e le ha consegnate a Daniele Brolli che è stato l'editor della Mondadori che ci ha seguito, dopo di che io e lui abbiamo creato la sceneggiatura e il filo che tenesse insieme questa complessità. Il lavoro di Daniele è stato fondamentale. La cosa più difficile della realizzazione di queste immagini è che non esiste un immaginario Libia e nonostante Francesca mi avesse dato molte foto e video non bastavano. Non esiste una cinematografia, non esistono foto quotidiane della vita in Libia, anche Google Maps non mappa dettagliatamente le città, neanche Tripoli. Ho raccolto migliaia di foto più che altro delle grandi agenzie, come Magnum e Getty fino alle foto dei pochi turisti. Mi sono creato le mappe dei luoghi, alcune delle quali si possono vedere all'inizio dei capitoli, mi sono trasformato in una sorta di Salgari e ho espanso l’anima da orientalista che ho sempre avuto». A volte sembra quasi che il tuo disegno diventi una telecamera che segue Francesca, ma naturalmente una telecamere non è. Come nascono i disegni di quei luoghi terribili, come i lager in cui sono trattenuti i migranti? Da che tipo di documentazione tua? «La ricostruzione dei lager e delle prigioni è stata molto complessa, soprattutto quella del carcere di Abu Salim che si vede nella prima storia. In Libia è vietato riprendere oppure fotografare ed è quindi molto difficile trovare qualcosa on-line. Per fortuna grazie ai miei contatti su Twitter mi sono arrivate alcune foto e anche dei video del posto. Ma di come è adesso, non di com’era durante i fatti narrati. Sì, c'è una sorta di telecamera che segue Francesca perchè la cosa più importante era dare più dettagli e particolari in modo da fare un ritratto della Libia, che non c'è. Un ritratto come se fosse una persona».
Nei disegni colpiscono tantissimo i volti, così caratterizzati, così in grado di dirci che quella che spesso percepiamo come una massa indistinta di persone è fatta da singoli individui… Di chi sono i volti che hai disegnato? «Ci sono moltissimi volti, è un libro di facce. Volevo dare un’anima a tutte queste facce, un amore per ogni disegno, volevo rispettarli. Per quanto mi riguarda, queste persone sono eroi, guerrieri... Io che non so neanche nuotare non potrei mai prendere una barca e attraversare il Mediterraneo, sicuramente diventerei uno dei cattivi. Solitamente sono una massa di persone, volevo dargli un'idividualità. Dalla donna che attraversa il deserto, allo scafista, al politico, a volte sembra siano solo pedine di un gioco. Ma sono persone vere. Se prendi una foto e ingrandisci ogni faccia e la guardi, tutto cambia, non sono più solo una macchia informe, sono occhi che guardano». Un tema molto forte è quello della rassegnazione della popolazione libica, incapace di ribellarsi, anestetizzata da tanti anni di dittatura di Gheddafi. Questo libro è un atto di rivolta alla rassegnazione e al-
l’indifferenza di questa parte del Mediterraneo? «No, non è un libro di rivolta, è un libro che spero riesca a raccontare la verità in maniera semplice. Certo, c'è chi rimpiange Gheddafi, ma non è rassegnazione, è sopravvivenza. Sono persone che cercano di vivere e far crescere le loro famiglie nell'indifferenza della comunità internazionale. Ma questi sono temi che solo Francesca può spiegare perchè è lei che ha parlato con le persone ed è stata nei luoghi». Perché, secondo te, queste denunce ormai ripetute da anni anche da tante organizzazioni non governative e stampa internazionale sembrano non sortire alcun effetto reale? Come possiamo in particolare noi europei che viviamo in democrazie “mature”, come si suol dire, sopportare che i nostri governi siano in qualche modo complici di sistematiche e terribili violazioni dei diritti umani? «Io credo che le persone non sappiano quasi nulla della Libia, conoscono la figura di Gheddafi ma solo per le sfilate che faceva con Berlusconi oppure per il suo strano modo di vestirsi. Eppure la Libia è stata una colonia dell'Italia, ma gl italiani non hanno memoria del passato, in fondo cosa ne sanno dell'Eritrea? Perchè gli eritrei scappano dalla loro nazione? Nessuno se ne interessa. Forse gli unici libici che si conoscono sono i terroristi di Ritorno al futuro. Il nostro governo da Minniti in poi ha eretto un muro nel Mediterraneo, e durante il periodo del governo Lega5stelle l’odio per le Ong per i migranti è salito alle stelle. Eppure abbiamo tanti affari in Libia, io ho delle foto di un mio zio veneto che ci lavorava negli anni '70. I governi sono complici anche quando non fanno nulla, complici della Francia che ha bombardato la Libia, complici di non aver detto niente, tutto per affari per gas e petrolio». Qualche anno fa sei stato “bannato” e censurato da Erdogan per un suo ritratto in cui il volto era ricoperto di sangue. Oggi il mondo intero sembra aver improvvisamente scoperto ciò che tu già denunciavi anni fa. Ma intanto in questi anni l'Europa gli ha appaltato i campi profughi per i siriani in fuga. Ci sono analogie con la situazione della Libia? «L'unica analogia può essere che Erdogan è un dittatore proprio come Gheddafi, che se ne frega dei diritti umani e che fa soldi. Abbiamo rischiato la stessa cosa con Salvini qui in Italia. Quando venni censurato da Erdogan in alcune interviste dissi che non c'era niente da stupirsi e che sarebbe potuto succedere anche in Italia da un giorno all'altro, per ora è solo rimandato. Ma chi vuole pieni poteri, proprio come Erdogan, è un pericolo per la democrazia. Alla fine del 2015 l'esercito turco, nella totale indifferenza, attaccò la città curda di Cizre. In pochi se ne lamentarono. Ma la maggior parte delle proteste che si sentono adesso, l'indignazione, è purtroppo anche una moda social. Tra pochi giorni l'indignazione si spostera su qualcos’altro, abbandondando i curdi alla loro disperazione. Come nella guerra in Siria ogni tanto ci si indigna ma poi si ha paura che Erdogan ci mandi i milioni di profughi che sono in Turchia. Io credo che in Italia ci sia molta ignoranza di politica estera, anche sui paesi che ci stanno vicino». Chi speri che legga questo libro? «Non ho preferenze, credo che possa essere un libro che può leggere un ragazzino come un esperto di Libia. Io spero che leggendolo la gente riesca a conoscere un po’ di più questi nostri fratelli».
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misano adriatico
Filosofia, teologia lettere antiche: i “J’accuse” di oggi Ospiti della rassegna al teatro Astra Sini, Mancuso e Dionigi
Prosegue a Misano la rassegna di filosofia che quest’anno chiede ai partecipanti di esprimere il proprio “J’accuse”. L’8 novembre il filosofo Carlo Sini pronuncerà “J’accuse: nessuno è innocente”. Venerdì 15 novembre il filosofo Salvatore Natoli rifletterà il presente nel passato con la lezione “Socrate, il tafano: contro la pigrizia dell’intelligenza e la decadenza della Polis”. Il 21 novembre, invece, il teologo Vito Mancuso (nella foto) intitola il suo intervento “J’accuse me stesso”. L’oggetto della requisitoria sarà proprio il sé, nella convinzione che ogni reale miglioramento del mondo esterno parte dalla propria interiorità, ovvero che la vera rivoluzione è sempre quella che cambia la mente e il cuore di chi la vive. Chiuderà la rassegna venerdì 29 novembre il latinista Ivano Dionigi con la serata “Osa sapere: contro la paura e l’ignoranza”. Tutti gli incontri si terranno presso il Cinema Teatro Astra di Misano Adriatico con inizio alle 21. L’ingresso è libero sino a esaurimento posti, non è prevista prenotazione.
CESENA Autori in Malatestiana
RIMINI Alla Gambalunga tra biblioterapia (con Stassi, Missiroli, Sinibaldi) e fisica
Numerosi gli appuntamenti alla biblioteca Malatestiana di Cesena. Domenica 3 novembre, alle 17, alla Sala Lignea, il libro Il nero e il bianco di Franco Spazzoli. Introduce e dialoga con l'autore Enzo Lattuca, sindaco di Cesena. Venerdì 22 novembre alle 17.30 Marta Perego presenta Grandi Donne del Cinema, il suo libro dedicato ai personaggi femminili del mondo della celluloide. Sabato 23 novembre Sergio Spada presenta il libro “Condottieri di Romagna II. Il Quattrocento e il CInquecento” edito da Il Ponte Vecchio. Il 30 novembre Eraldo Baldini sarà ospite della biblioteca con il suo ultimo saggio L'«Orribile flagello». I terremoti in Romagna nel Medioevo e in Età moderna alle 17.
Fino al 7 dicembre prosegue alla Gambalunga di Rimini la rassegna "Biblioterapia. Come curarsi (o ammalarsi) con i libri". "Leggere il mondo" è il titolo di questa speciale XI edizione, che prosegue i festeggiamenti per i 400 anni della biblioteca. Tra i prossimi appuntamenti c’è quello con lo scrittore e bibliotecario Fabio Stassi che tesserà un “autentico inno alla lettura e alla letteratura”, insieme allo scrittore Marco Missiroli (nella foto), il 10 novembre, mentre il 16 novembre sarà la volta di Marino Sinibaldi, direttore di Radio 3 Rai, che si misurerà con il libro della sua vita, Don Chisciotte della Mancia di Miguel De Cervantes. Per chiudere con Lina Bolzoni, critica letteraria, storica della letteratura e accademica italiana, in un percorso da Petrarca, a Tasso, a Montaigne, seguendo il tema della lettura come incontro personale, in dialogo con Piero Meldini, scrittore ed ex bibliotecario gambalunghiano. Sempre alla Gambalunga, la fisica sarà invece protagonista di "In scienza e coscienza". Il primo appuntamento, un focus sulla ricerca in corso sulla natura della materia oscura, è affidato a Cristiano Galbiati, docente di Fisica a Princeton e coordinatore dell’esperimento DarkSide nei laboratori del Gran Sasso, introdotto da Giulia Vannoni, divulgatrice scientifica (23 novembre). A seguire, Vincenzo Barone, docente di Fisica teorica all’Università del Piemonte Orientale, introdotto da Marco Pivato, giornalista scientifico della Stampa, indagherà la formula di Einstein che lega la massa all’energia, una delle più iconiche della storia del pensiero (30 novembre).
L’AUTORE Eraldo Baldini in tour tra saggi e il nuovo romanzo Oltre agli appuntamenti di Ravenna e Lugo (vedi p. 26) e in Malatestiana (vedi sopra), sono numerosi gli appuntamenti di Eraldo Baldini in Romagna tra saggistica e narrativa. Domenica 3 novembre presenta infatti alla Biblioteca comunale di Saludecio i suoi due libri L'«Orribile flagello». I terremoti in Romagna nel Medioevo e in Età moderna e Romagna Misteriosa. Storie e leggende di mare di e di costa. L’8 novembre alle 21 sarà a Ragone nelle Ex scole elementari per parlare di “Misteri della Romagna”. Il 10 novembre, alle 15.30, torna a parlare di terremoti al museo Mambrini di Pianetto di Galeata, mentre il 14 novembre, alle 20.45 nella Sala della Pace di Calisese di Cesena interverrà su Halloween e San Martino con Giuseppe Bellosi. Il 29 novembre alle 18 sarà invece al Museo della Marineria di Cesenatico con il suo ultimo romanzo La palude dei fuochi erranti.
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il festival
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LA ROMAGNA IN PAGINA
TORNA GIALLOLUNA NERONOTTE TRA GLI OSPITI SIMI, PULIXI E SIMONI Novità alla biblioteca Oriani dove nei primi giorni di novembre sarà allestita una fiera di editori indipendenti Torna a Ravenna “GialloLuna NeroNotte”, il festival dedicato ai generi del giallo e del noir diretto da Nevio Galeati e organizzato dall’associazione Pa.Gi.Ne. La rassegna letteraria, giunta alla XVII edizione, si arricchisce quest’anno di due novità: una fiera interamente dedicata agli editori indipendenti e una programmazione “fluida”, non più limitata al ponte dei morti. Nel mezzo, si confermano gli incontri con gli scrittori del genere, il concorso per racconti e quello per romanzi inediti. Massima concentrazione di eventi per i primi tre giorni di novembre. Il giorno di Ognissanti la città accoglie la prima edizione di “Una città in giallo”, la fiera che raduna editori indipendenti di giallo, thriller, noir e spionaggio. Gli stand saranno allestiti nella Sala Mostre della Biblioteca Oriani, dove rimarranno fino al 3 novembre. Nel corso della stessa giornata prenderanno il via i tradizionali incontri con gli autori alla Sala Spadolini della Biblioteca Oriani. Si segnala alle 17 la presentazione del nuovo libro di Giampaolo Simi, I giorni del giudizio (Sellerio) uno tra i più interessanti scrittori di genere italiani (Simi sarà anche sabato 2 alla libreria Ubik di Cesena alle 18). Sabato 2 novembre si terrà la premiazione dei concorsi per racconti e romanzi inediti. Il concorso per racconti è in collaborazione con “Il Giallo Mondadori”, che si impegna anche quest’anno a pubblicare il racconto Marcello Simoni vincitore. Per l’occasione, torneranno come ospiti l’editore del Giallo Franco Forte e la scrittice Annamaria Fassio. Il festival riserva uno spazio anche ai giovani lettori: domenica 3 alle 17, sempre alla Sala Spadolini, gli autori Ferdinando Albertazzi e Paolo Foschi esporranno sul tema “gialli e neri per ragazzi”. Ma, come anticipato, “GialloLuna NeroNotte” non finisce qui. Sono infatti previsti altri due incontri nel mese di novembre, il primo venerdì 15 alle 18.30 alla libreria Liberamente Libri di viale Alberti con l’autore Piergiorgio Pulixi, scrittore di gialli e fondatore lui stesso di un festival letterario a Rieti, il secondo il 22 novembre, alla Sala Dantesca della Classense: protagonista dell’evento sarà Marcello Simoni, amatissimo autore di romanzi storici di successo come Il mercante di libri maledetti e L’abbazia del cento delitti.
RAVENNA E LUGO Baldini, Valerio, Geda e il “caso” Auci: appuntamenti tra Tempo ritrovato e Caffé letterario Prosegue a Ravenna la rassegna “Il tempo ritrovato” alla biblioteca Classense alle 18. Il 6 novembre ci sarà il ritorno di Eraldo Baldini con il suo nuovo romanzo La palude dei fuochi erranti (Rizzoli): anno del Signore 1630, al villaggio padano di Lancimago, ai margini di grandi plaghe acquitrinose, vengono alla luce numerosi scheletri che recano segni di brutale violenza. Baldini sarà anche all’Ala d’oro di Lugo per il caffé letterario l’11 novembre alle 21 e alla libreria Liberamente di viale Alberti a Ravenna il 16 novembre alle 18. Il 13, alla Classense, sarà la volta di Matteo Cavezzali (vedi rubrica accanto). Il 20 novembre la scrittrice e raffinata intellettuale Chiara Valerio presenterà Il cuore non si vede (Einaudi). Andrea Dileva, quarantenne, studioso, curioso, professore di greco, si sveglia un giorno senza il cuore. Il 23 novembre sarà la volta di Valerio Massimo Manfredi al palazzo dei Congressi alle 11 per parlare, naturalmente, di storia. Il 27 novembre si torna alla Classense alle 18 per Fabio Geda, autore del best seller Nel mare ci sono i coccodrilli, presenterà la sua ultima fatica Una domenica (Einaudi): quando raggiungi l'età che avevano i tuoi genitori al tempo in cui eri un bambino, capisci quanto fossero giovani, e quanto inquieti fossero i loro cuori. Sabato 30 novembre alle 11 alla biblioteca Oriani arriverà poi Stefania Auci, autrice di uno dei casi letterari dell’anno: I leoni di Sicilia – La saga dei Florio. Auci sarà anche al caffé letterario di Lugo, sempre all’Hotel Ala d’oro venerdì 29 alle 21. Tra gli appuntamenti nella città di Baracca anche quello con Ivano Marescotti il 4 novembre (anche al 360 di Gambettola il 9 novembre alle 21.30).
Nero d’inferno di Cavezzali: urticante, fastidioso, coraggioso, da non perdere di Federica Angelini
Forse c’è più di un motivo per cui tutti l'abbiamo dimenticato, quel romagnolo lì, Mario Buda, alias Mike Boda. Fu l’autore, rimasto impunito, della prima strage terroristica negli Usa. Wall Street, 1920: 38 morti, decine di feriti. A esplodere fu un carretto carico di esplosivo. Mai prima nessuno aveva fatto niente di simile. Attentati ce n’erano stati, ma con bombe di dimensioni ridotte e soprattutto mirate a personalità individuate come nemiche dell’Idea. Dove l’Idea è quella anarchica. A costringerci a ricordarlo è Matteo Cavezzali, ravennate (nostro collaboratore, direttore artistico di “ScrittuRa Festival” e “Il tempo ritrovato”), che per la sua seconda opera di narrativa compie un’operazione per certi versi simile a quella fatta con Icarus, dedicato alla figura di Raul Gardini, ma che rispetto a quel libro rappresenta un salto di qualità. Anche in questo caso infatti un fatto vero viene raccontato e ricostruito sulla base di documenti, anche in questo caso lo vediamo (molto meno) durante parte del suo lavoro di indagine, ma qui la platea dei personaggi si amplia, si complica, si sfuma e il libro diventa (anche) un vero e proprio romanzo storico. L’epoca è appunto quella dei primi decenni del secolo scorso negli Usa, l'ambiente quello degli immigrati italiani. C’è una fotografia quanto mai efficace delle condizioni di vita e lavoro durissime in cui si trovavano, vittime di pregiudizi e di un razzismo che ricorda orribilmente quello che oggi viene esercitato su chi arriva da fuori in Italia. E qui Cavezzali riesce in un'operazione non semplice, perché il rischio della retorica, del messaggio buonista, è dietro l'angolo. Ma in linea di massima l'autore ravennate riesce soprattutto a infastidirci e addirittura a mostrarci come dietro i pregiudizi si nascondono a volte odiose realtà: davvero se affittavi a un italiano dopo poco nell’appartamento ci abitavano in cinque, davvero mangiavamo cose dagli odori sconosciuti, davvero si lavavano poco, viste le precarie condizioni in cui vivevano, davvero erano rissosi e qualcuno girava pure armato di coltello. Davvero, soprattutto, erano poverissimi. Davvero non si meritavano il trattamento che tanti hanno invece ricevuto. E si finisce anche senza volerlo per sentirsi maltrattati tutti, in quanto italiani, anche senza essere patriottici o salviniani. Un secolo dopo, appena un secolo dopo, vien da chiedersi se qualcosa non sia rimasto nel sostrato collettivo yankee. Ed è inevitabile chie-
dersi quanto poco siano cambiate le dinamiche sociali rispetto agli stranieri e ai poveri. Un accostamento inevitabile per il lettore, per quanto mai esplicitato nel libro che ha anche il merito di evitare le didascalie inutili. Ma soprattutto, da italiani, ci si trova a un certo punto a parteggiare per chi cerca di ribellarsi a quel sistema crudele e iniquo che punisce Sacco e Vanzetti contro ogni evidenza giuridica, almeno fino a che non diventano carnefici, come Buda. Quindi Nero d'Inferno è anche un libro politico, anzi, forse soprattutto. Cavezzali riesce nella non facile impresa di tenere la giusta distanza da un protagonista che non diventa un eroe, ma nemmeno un mostro. Le tante verità possibili del libro, costruito a mosaico facendo parlare voci diverse, non si lasciano rincondurre a una grande verità unica e finale. Chiuso il libro le domande su immigrazione, ricchezza e povertà, battaglia politica, terrorismo e pacifismo sono più di quelle che potevano affollarci la testa prima di iniziarlo. Ogni cliché, da una parte e dall’altra, è ribaltato. E anche quel titolo che può sembrare così “frase fatta” ha invece un suo perché, eccome: è il colore del lucido da scarpe preferito da Michele Buda in versione calzolaio, nella sua Savignano sul Rubicone. L’unica certezza con cui ci troviamo è la conferma di ciò che avevamo pensato dopo il primo libro: Matteo Cavezzali è davvero uno scrittore di talento e i premi che sta vincendo (ultimo in ordine di apparizione per Icarus è il prestigioso Comisso, insieme peraltro a un altro ravennate, Franco Gabici) sono meritatissimi. Tra i critici c’è chi, come Gian Paolo Serino (tra i primi a capire il potenziale di Stoner, per capirci) lo ha già candidato allo Strega. Ma Cavezzali è giovane, dice che i premi non gli interessanto. A noi quello che interessa è che a questo libro ne segua (possibilmente piuttosto presto) un altro, altrettanto fastidioso, urticante, spregiudicato, coraggioso. Per chi volesse ascoltare dal vivo l’autore, Cavezzali sarà il 3 novembre alla Rocca di Bagnara di Romagna alle 17, il 13 novembre alla Biblioteca Classense a Ravenna alle 18, il 14 novembre alla biblioteca di Villanova di Ravenna alle 21, il 28 novembre al Granaio di Fusignano e il 29 novembre alla Granadilla di Forlì alle 20.30.
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l’intervista
Clown Bianco, la casa editrice che ha fatto il salto dall’ebook alla carta Nata nel 2016, conta tre soci e si è dedicata soprattutto alla narrativa di genere Il primo libro fu l’antologia Fucsia realizzata anche grazie alla collaborazione con Gianluca Morozzi di Erika Baldini
Per molti è simbolo di divertimento e gioco, allegra spensieratezza. Per altrettanti altri no: il clown con la sua maschera di biacca non fa sempre ridere. Tempi bui, tempi prosperi nell'immaginario collettivo specie filmico – per facce tinte e dalla mimica inquietante. Il loro logo, opera dell'amico grafico Mauro Monaldini, era perturbante ben prima del Joker di Phillips: «L'idea iniziale era quella di occuparci solo di letteratura di genere, da qui il clown bianco. Se pensi al clown pensi al personaggio amichevole, al clown che va in ospedale a tirar su di morale i pazienti. Non certo il clown dell'ultimo It. A me il clown non ha mai fatto ridere, ad altri fa paura, ecco, non siamo in pochi. Il clown bianco è nato per non far ridere, è serio, col ciglio alzato, severo» racconta la giornalista Vania Rivalta, fondatrice assieme allo scrittore Stefano Mazzesi e al libraio Matteo Diversi, della ravennate Clown Bianco Edizioni. Questa piccola realtà indipendente – ormai a livello nazionale, punto di riferimento per gli appassionati di letteratura di genere, con una particolare attenzione al noir, al giallo e al thriller - nasce nella primavera del 2016. Il loro catalogo vanta autori come Gianluca Morozzi, Nevio Galeati, Paolo Brera, Andrea Biondi, promettenti emergenti come Daniela Capobianco e Fat Bobo. Vania raccontaci come è nata l'idea di fondare una casa editrice? «L’idea era quella di dedicarci all'ebook. Ognuno di noi aveva la sua occupazione, per motivi di tempo ma anche economici occuparci di editoria digitale ci sembrava vantaggioso, allora stava prendendo piede. Il primo libro è stato La voce dell'acqua di Stefano (Mazzesi, marito di Vania e socio fondatore, ndr), uscito questo però hanno cominiciato a chiederci la carta. Sono arrivati molti manoscritti meritevoli di pubblicazione ma gli autori quando proponevamo il digitale chiedevano il cartaceo. Facciamo il salto allora: io ho lasciato l'attività giornalistica e ho iniziato ad accuparmi solo di questo, siamo partiti con la carta. Sempre nei nostri pensieri sarà lodato Gianluca Morozzi che è quello che ci ha proposto il primo vero libro, l'antologia di racconti Fucsia, proponendoci gli scritti di alcuni suoi colleghi. Da lì un crescendo. Abbiamo imparato molto strada facendo, dall'impaginazione alla copertina, che tipo di prodotto piace, cosa vuole il pubblico, come distinguerci nella nostra nicchia, come differenziarci e sopravvivere alla grosse case editoriali».
Nelle due foto Stefano Mazzesi, a sinistra con Vania Rivalta, a destra con Matteo Diversi. I tre sono soci di Clown Bianco
I vostri autori: amici, professionisti consolidati, sconosciuti che inviano manoscritti. Che rapporto avete con loro? Che servizio offrite? Non pubblicate solamente ma seguite anche tutto il percorso, dalla creazione del “prodotto libro” alla promozione. «Non siamo una casa editrice a pagamento quindi abbiamo tutto l'interesse a curare e a seguire i nostri autori. Abbiamo bisogno che l'autore stesso collabori: l'autore che vive nel territorio deve muoversi per contattare librerie, locali dove fare presentazioni. Detto questo, c'è sempre la massima collaborazione tra noi. C'è un rapporto amichevole, di stima reciproca. Noi facciamo comunicati stampa, curiamo eventi FB, la grafica se necessario. Cerchiamo di dare un servizio il più possibile completo. Alcune opere ci sono state suggerite da scrittori amici, altre sono di esordienti completi, come Daniela Capobianco. Una delle prime di cui ho letto il manoscritto, inviatoci con una sinossi tra l'altro che non rendeva giustizia alla bellezza del suo romanzo, ma con un incipit che mi ha fatto pensare questa va pubblicata subito. Lei che è torinese si è venuta a cercare un editore ravennate!». Ci sono pubblicazioni di cui siete particolarmente fieri, le nuove uscite? «Adesso è uscito Nevio Galeati, Fragili omicidi per un commissario sta andando molto bene, a nemmeno una settimana dall'uscita siamo già in ristampa. La prossima uscita sarà Carlo Longo: non è un giallo e non è narrativa di genere, è un libro scritto in modo particolarissimo, capitoli brevi, quasi senza punteggiatura, stile alla Joyce. Detto così spaventa però
è un libro pieno di ritmo, molto ironico anche se racconta la disperazione di un uomo lasciato dalla compagna, che non sopportava, una cosa particolare. L'autore stesso lo è, un esordiente ultrasessantenne, viticoltore, coltissimo. A breve presenteremo a GialloLuna NeroNotte (vedi pagina 28) il romanzo inedito che ha vinto il
concorso del festival lo scorso anno. C'è inoltre la nostra collana neonata “Topoi”, con storie locali, relative al territorio. Abbiamo pubblicato Bologna segreta, tra antologia letteraria e guida turistica. A Natale o a gennaio 2020 pubblicheremo la biografia di Piergiuseppe Bertaccini, “Sgabanaza”, comico notissimo qui in Romagna. Siete tre soci, come lavorate? I vostri gusti letterari sono simili? «Direi di no. A tutti e tre piace il genere. Io ad esempio sono quella a cui piacciono i libri con un po' di “spiegazione filosofica”, non solo azione pura. Però alla fine siamo sempre d'accordo sui libri che pubblichiamo. Matteo Diversi è quello che ha il polso della situazione. Essendo librario ha sottomano tutto ciò che passa, ha i
libri di seconda mano e foto d’epoca
suoi giudizi sui manoscritti che magari io e Stefano abbiamo già visionato e approvato. Lavoriamo in ritardo cronico (ride con gusto). Il nostro ufficio è praticamente il nostro soggiorno, dove ci sono i computer. Matteo ha la sua libreria, Stefano, oltre che scrittore è tecnico audio per produzioni televisive, ma ha ridotto gli incarichi. Io mi occupo di grafica e editing, Stefano dà la prima lettura ai manoscritti, se passano, se non hanno errori clamorosi, che siano insomma scritti in italiano corretto...». Cosa arriva? Qualche aneddoto? «Di ogni! All'inizio ci mandavano di tutto: manuali di arti marziali, ricette, poesie. Tantissime poesie, siamo davvero un popolo di poeti, ma noi non pubblichiamo poesie, è un ramo che ha bisogno di una cura diversa, non abbiamo competenze per questo. Aneddoti? Forse una ragazza di 25 anni che ci aveva inviato la sua autobiografia in stile romanzo fantasy. Ci consigliava vivamente di pubblicarla perché tutti i suoi amici e i suoi familiari le avevano detto che era un capolavoro. Ci sono tante persone che sicuramente amano più scrivere che leggere...».
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sapori
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tradizioni
I frutti dimenticati, figli di un’enorme ricchezza chiamata biodiversità Ogni seme, ogni varietà autoctona, è la risposta a un problema specifico in un luogo specifico di Giorgia Lagosti
La biodiversità è la «variabilità della vita e dei suoi processi. Essa include tutte le forme di vita, dalla singola cellula ai complessi organismi e processi, ai percorsi e ai cicli che collegano gli organismi viventi alle popolazioni, agli ecosistemi ed ai paesaggi». La diversità biologica in agricoltura ne rappresenta un sottoinsieme e si compone della diversità genetica intesa come diversità dei geni entro una specie animale, vegetale e microbica, della diversità di specie, riferita al numero di popolazioni vegetali, animali e di microrganismi e della diversità degli ecosistemi ossia della variabilità degli ecosistemi presenti sul pianeta Terra. Tutto questo è il risultato del processo evolutivo che ha generato, attraverso la selezione naturale, nel corso del tempo, la grande varietà delle specie viventi animali e vegetali. Da ciò emerge che la biodiversità è innanzitutto una ricchezza e solo riconoscendole il valore che ha, sarà possibile preservarla. Se entriamo più nello specifico, ogni seme locale, ogni varietà autoctona è una risposta a un problema specifico in un luogo specifico, come nei casi di siccità o di freddi estremi: non per nulla le antiche varietà risultano più resistenti rispetto alle varietà “moderne” perché si sono adattate nel tempo alle caratteristiche del luogo in cui da sempre sono vissute. E se proviamo ad analizzare il nostro territorio vediamo che l’Emilia Romagna è ricchissima di diversità ecologica, sia per la presenza di varie tipologie
ambientali (la collina, la montagna, il litorale marino, la valle, la pianura) sia per la sua storia agraria. E’ proprio questa centenaria tradizione agricola che ci posiziona, per il settore ortofrutticolo, fra le prime regioni in Europa, non solo sotto l’aspetto produttivo ma anche per la ricerca e il miglioramento genetico. Non è un caso che qui si ritrovino i grandi patriarchi fruttiferi che potrebbero aver forni-
to, o potrebbero fornire in futuro, il corredo genetico per migliorare le moderne cultivar: la selezione delle nuove varietà ha potuto operare su una base genetica molto ampia. Che l’Emilia Romagna fosse un’area idonea alle coltivazioni lo avevano intuito anche i Romani duemila anni fa. Qui loro avevano insediato le loro aziende agricole, delle quali esistono tuttora i segni dei confini regolari: sono le
tracce e la testimonianza non cancellata della centuriazione romana. La coltura prevalente era quella della vite, soprattutto il rinomato Trebbiano che chiamavano Trebulanus, prodotto in gran quantità e trasportato fino al porto di Classe dal quale veniva imbarcato sulle navi per giungere poi alle destinazioni più diverse. Altra coltura frutticola era quella delle mele, in particolare la Mela Decio (Malus communis cv. decius). Ricordiamo però anche le pere come, a esempio, la Sementina, una piccola pera che fruttifica a grappolo, così chiamata perché matura nel periodo delle sementi. Questa antica varietà è stata ritrovata, in tempi recenti, proprio nelle prime colline dell’area cesenate. Oltre ai Romani altri popoli si insediarono lasciarono qui tracce della loro cultura: Villanoviani, Etruschi, Celti, Goti, Bizantini e Longobardi. Nei periodi di instabilità politica e sociale che si succedettero dopo la caduta dell’Impero Romano, quasi tutta l’agricoltura si concentrarono nelle periferie delle città: qui venivano coltivati gli orti che rifornivano quotidianamente gli abitanti. Poi nei conventi e nei monasteri era diffusa la pratica di coltivare frutti, verdure e piante officinali, secondo il motto benedettino “ora et labora”. Anche la montagna fu un importante serbatoio di conservazione della biodiversità rurale in genere, e in particolare per le specie fruttifere, specialmente per le tante varietà di pere e di mele.
Ristorante
Il Prato Dei Fiorentini di Marino Fiorentini & C. sas
Locale a gestione famigliare, con paste di produzione propria, carni fresche di qualità, piadina romagnola e fritta con formaggi e salumi nostrani. Funghi e tartufo!
Roberto e Denise vi aspettano all’Osteria Malabocca, in un ambiente rinnovato ma sempre accogliente e famigliare, dove potrete scegliere tra i tre menu di carne, pesce o vegetariano con proposte sempre diverse di piatti che raccontano la stagionalità e le eccellenze del territorio. Le proposte dei menù possono anche essere scelte “alla carta” in aggiunta ad una selezione di piatti sempre disponibile ma preparato ogni giorno, come il pane! Piazza della Libertà, 15 Bagnacavallo (RA) - Tel. 0545 64468
www.malabocca.it
APERTO dal mercoledì alla domenica e giorni festivi fino al 17 novembre
Osteria Malabocca Osteria_Malabocca Aperto dalle 12 alle 14,30 e dalle 19,30 alle 22,30
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sapori / 31
novembre 2019
NEL DETTAGLIO Tutte le preparazioni per la mela cotogna Ăˆ vero, le mele cotogne non hanno un bell'aspetto e da crude sono praticamente immangiabili ma cotte sono ottime per marmellate, gelatine e mostarde. Vengono raccolte ad ottobre, quando maturano naturalmente sulla pianta, quando cioè raggiungono il loro caratteristico colore giallo intenso ed emanano un intenso profumo. Per la loro conservazione, se tenute in un luogo fresco, buio e asciutto, si mantengono per diverse settimane. Nel momento della loro lavorazione, è bene tenere presente che la loro polpa annerisce velocemente (si ossida), quindi man mano che vengono sbucciate vanno immerse in acqua acidulata con succo di limone.
L’isolamento delle popolazioni montane, il radicamento alla terra e alle tradizioni, la tendenza alla conservazione di ciò che veniva ereditato dai padri, ha fatto sÏ che si sia preservata parte delle varietà dei fruttiferi e delle piante da orto tradizionali. Le ragazze romagnole che andavano in sposa dalle montagne alla pianura portavano con sÊ i semi di ortaggi, nonchè di piante da frutto del loro luogo, forse per rendere meno amaro il distacco dalla propria terra, forse per mantenere i sapori del luogo natio. Ciò ha senza dubbio fornito un notevole contributo alla diffusione dell’agrobiodiversità . Ogni zona aveva i suoi frutti: solo per citarne alcuni, nell’Appennino romagnolo erano diffuse pere come la Ruggine, la Campanella, la Dolcina, la Giovanazza, la Cocomerina, la Brutta e Buona e la Molinaccio. Naturalmente
non mancava il cosiddetto “albero del paneâ€?: il castagno. Sempre in collina si coltivavano mele come la Ruggine, la Panaia, la Nesta, la Tellina. Le colline cesenati, oltre alla vite, sempre presente sia in pianura sia in collina, erano coltivate con varietĂ di ciliegi come il Duroncino di Cesena o Marcianina, il Durone, la Morandona... Nelle zone a microclima particolarmente idoneo, come quello delle colline riminesi, cesenati e dell’area di Brisighella, si trovava anche l’olivo. In pianura si coltivava la Pera Volpina, la Scipiona, la Coscia, la Somara, la San Giovanni, la Mora di Faenza oltre a viti, ciliegi, mandorli. Solo per la Romagna sono state censite oltre 60 vecchie varietĂ (Guidi et al., 2007; Guidi et al., 2009). Insomma, una enorme ricchezza che, per quel che resta, merita di essere conosciuta e preservata.
La cotognata Questa preparazione è una via di mezzo tra una confettura e una gelatina. Si prepara facendo bollire in acqua le mele cotogne pulite e sbucciate. Poi, una volta morbide, vengono ridotte in purea e cotte con lo zucchero e il succo di limone. La proporzione è di un chilogrammo di mele pulite per 400 grammi di zucchero. Questa sorta di confettura può essere consumata cosÏ com’è oppure può essere conservata in un luogo freddo all’interno di uno stampo e poi servita a cubetti, proprio come una gelatina. Confettura di mele cotogne In questo caso non è necessario bollire le mele prima, ma cuocerle direttamente con lo zucchero (250 grammi per ogni chilogrammo di frutta) e il succo di limone per una o due ore (a seconda della quantità di prodotto) a fuoco basso, come una classica confettura. Mostarda di mele cotogne Con questo frutto si possono preparare anche delle deliziose mostarde da accompagnare a carni bollite e formaggi stagionati. La preparazione è un po’ lunga e laboriosa. Bisogna prima di tutto lasciare macerare la frutta nello zucchero per 24 ore. Poi si cuoce il succo per 30 minuti e per gli ultimi due minuti di cottura si aggiungono le mele. Questo procedimento viene ripetuto due volte a distanza di 24 ore. Solo alla fine si aggiungono delle gocce di essenza di senape (20 gocce per ogni chilo di mostarda). La mostarda cosÏ preparata deve riposare un mese prima di essere consumata.
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