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Ravenna Festival Magazine
Ravenna Festival Magazine Edizione 2015 Supplemento gratuito a “Ravenna & Dintorni” nr. 632 del 4 giugno 2015
Redazione: 0544.271068 redazione@ravennaedintorni.it Pubblicità: 0544.408312 info@reclam.ra.it
Editore: Reclam srl - Ravenna www.reclam.ra.it la rivista ufficiale del
L'amore che tutto muove
Dagli abissi dell’Inferno alle vette sublimi del Paradiso
Dante
fra poesia, musica e immaginario contemporaneo
Opera il Paradiso di Guarnieri la Vita Nuova di Piovani Riccardo Muti, il Falstaff verdiano e l’Accademia dei direttori d’orchestra
Danza sui passi di Clarke, Harlem Theatre, Bourne, Aterballetto e Greco
Classica e multimedia sinfonie con Mehta e Bychkov DanteXperience da Liszt e il Vivaldi recomposed di Max Richter Edizione 2015
Interviste a Nicola Piovani, Roberto Vecchioni, Giovanni Lindo Ferretti, Emio Greco, Marinella Guatterini
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NESPOLI PAG RFM:Rafest mastro 27/05/15 13:10 Pagina 2
TAVAR PAG RFM:Rafest mastro 29/05/15 11:20 Pagina 1
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sommario 3 Ravenna Festival Magazine 2015
L’amore che tutto muove Dante tra poesia, musica e contemporaneo Una dannazione rivisitata Dalla Semiramide di Dante all’elogio del pensiero lussurioso. _pag_7
Il Paradiso dipinto Una panoramica sull’iconografia della Divina Commedia: figure, orizzonti e cromie di una rappresentazione. _da pag_12 _a pag _22
Musica al tempo di Dante Un intenso percorso sonoro che vede fianco a fianco alcuni tra i più quotati ensemble specializzati nel repertorio medievale, celebri attori e declamatori di versi. _da pag_24 _ a pag_30
Il Poeta, nostro contemporaneo Temi danteschi rivisitati in chiave multimediale fra nuove espressioni musicali, nuove tecnologie e sonorità sperimentali. _da pag_33 _a pag_36
Sinfonica e integrali Il percorso nella grande classica parte da Zubin Mehta per affrontare omaggi a Bartòk e Boulez fra composizioni per archi e pianoforte. _da pag_37 _a pag_42
Riccardo Muti e il Falstaff Il Maestro alle prese con l’impresa impossibile, secondo lo stesso Verdi: un appuntamento che segnerà in qualche modo anche il debutto dell’Accademia d’opera fortemente voluta da Muti per trasmettere alle nuove generazioni quanto appreso dai suoi maestri nel corso del tempo _da pag_44 _a pag_48
Il premio Oscar Una lunga intervista – tra cinema e musica – a Nicola Piovani, che al Festival porterà un’inedita composizione ispirata alla Vita Nova di Dante. _da pag_50 _a pag_53
2015
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sommario 5 Ravenna Festival Magazine 2015
Cartellone Tutti gli appuntamenti del Festival giorno per giorno e le informazioni di servizio. _da pag_55 _a pag_69
Danza, i passi del contemporaneo Un approfondimento sul progetto RIC.CI e la compagnia Aterballetto, focus sull’Harlem Theatre, Michael Clark e un’intervista a Emio Greco. _da pag_70 _a pag_80
Musical Dopo la festosa sbornia del Rocky Horror Show al palazzetto di Forlì, grande attesa per la Carmen del tutto rivisitata da Matthew Bourne. _da pag_82 _a pag_84
C’era una volta il punk Parla Giovanni Lindo Ferretti, storico leader dei CCCP che porta inscena un’opera equestre con 20 cavalli. _da pag_86 _a pag_88
Il Professore e il cantautore Roberto Vecchioni si racconta, dalle canzoni “popolari” al rapporto con i giovani, fino all’ammirazione per Ravenna. _da pag_90 _a pag_92
Teatro civile Il nuovo spettacolo delle Albe ricorda la tragedia della Mecnavi. _a pag_96
La Commedia disegnata I tre grandi illustratori contemporanei raffigurano le tre cantiche. _a pag_106
Genius loci Breve storia dei progetti per la Zona Dantesca _a pag_110
Ravenna Festival Magazine RIVISTA UFFICIALE DEL RAVENNA FESTIVAL un supplemento di R&D - Ravenna & Dintorni, autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1172 del 17 Dicembre 2001
DIRETTORE RESPONSABILE: Fausto Piazza In redazione: Federica Angelini, Serena Garzanti, Luca Manservisi - Maria Cristina Giovannini (grafica senior), Gianluca Achilli (grafica), Collaboratori: Tarcisio Balbo, Roberta Bezzi, Chiara Bissi, Paolo Bolzani, Matteo Cavezzali, Anna De Lutiis, Matteo Fabbri, Linda Landi, Marina Mannucci, Guido Sani, Serena Simoni, Attilia Tartagni. La rivista è realizzata in collaborazione con la Direzione del Ravenna Festival. Si ringrazia in particolare Fabio Ricci, Giovanni Trabalza, Stefano Bondi. Referenze fotografiche: Alfredo Anceschi, Nadir Bonazzi, Marco Borggreve, Daniele Casadio, Luis Castilla, Bill Cooper, Sandra Costantini, Simone Donati, Beniamino Girotti, Silvia Lelli, Maurizio Montanari, Musacchio & Ianniello, Johan Persson, Alwin Poiana, Jake Walters, Fabrizio Zani (e altri non rintracciati che si ringrazia). NELLA FOTO DI COPERTINA UN’0PERA DI SALVADOR DALÌ ISPIRATA ALLA COMMEDIA DI DANTE (GENTILMENTE PRESTATA DA ANNA DE LUTIIS) Editore: Edizioni e Comunicazione srl - www.reclam.ra.it Viale della Lirica 43 - 48121 Ravenna. Tel. 0544 408312. DIREZIONE GENERALE: Claudia Cuppi STAMPA: Grafiche Baroncini - Imola (BO)
AMICI RAVENNA FESTIVAL PAG RFM:Rafest mastro 28/05/15 21:59 Pagina 1
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filosofia 7 Ravenna Festival Magazine 2015
Semiramide di Dante, all’elogio del pensiero lussurioso
Dalla
DI MARINA MANNUCCI
«A vizio di lussuria fu sì rotta che libito fé licito in sua legge, per torre il biasmo in che era condotta» Inferno, V 55-57 «Ella fu così dedita al vizio della lussuria, che rese lecita nella sua legge qualunque cosa che a ciascuno piacesse (libito), per liberarsi del biasimo in cui ella stessa incorreva». La leggendaria figura cui si riferisce Virgilio è Semiramide regina degli Assiri, vissuta nel XIV sec. a.C., figlia della dea Derceto e del siriano Caistro, che sposò prima Onne, poi il re stesso Nino, da cui ebbe un figlio che, secondo la tradizione, divenuto adulto, la scacciò dal trono e la uccise. Durante il suo regno, Semiramide conquistò la Media, l’Egitto e l’Etiopia e a lei si attribuisce la costruzione delle mura e dei giardini pensili di Babilonia. Erodoto ne narra come di una grande sovrana, Diodoro Siculo la tratteggia come una buona sovrana: non le attribuisce l’idea dei giardini pensili ma l’accredita della realizzazione di molte costruzioni, tra le quali le sette cinte di mura di Ecbatana. Nel Medioevo, in base al testo di Paolo Orosio, storico del V sec. d.C., che racconta come la regina legittimasse la sua condotta disonesta, rendendo legale ciò che a ciascuno dei suoi sudditi piaceva, fu considerata un esempio di corruzione e di lussuria. Dante, sceglie di affidarsi a questa vulgata storica di matrice più coerente alla sua, riprendendo anche gli scritti di Giustino (Historia Philippica ex Trogo, I 2) e di Agostino di Ippona che tramandano l’immagine di una regina spietata e dedita al peccato carnale, rendendola simbolo della lussuria pagana.
A proposito di una singolare figura femminile condannata alla dannazione ma in seguito rivalutata come portatrice della passione della conoscenza, fra vizi privati e pubbliche virtù
Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, “Semiramide riceve la notizia della rivolta di Babilonia”, 1645, olio su tela.
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8 filosofia Ravenna Festival Magazine 2015 Nella Divina Commedia, nella distribuzione dei peccati, Dante è sensibile anche alla lettura dei Mythologiorum di Fulgenzio Planciade, dei Moralia di san Gregorio, delle Institutiones della Chiesa sui vizi capitali; attinge inoltre ad alcuni concetti della filosofia pagana, soprattutto al ciceroniano De officiis. Dante così definisce i dannati per vizio di lussuria: «i peccator carnali, / che la ragion sommettono al talento» (Inferno, V 38-39). Il concetto era antico. Già Cicerone aveva scritto che gli appetiti debbono ubbidire alla ragione (cfr. anche Convivio, II VII 4). Il luogo dove sono puniti i lussuriosi appare a Dante come un luogo immerso nelle tenebre, risuonante delle strida, del compianto e del lamento delle anime, trascinate da una continua bufera, la cui forza [«rapina», v. 32] «voltando e percotendo li molesta» (v. 33). Virgilio addita a Dante le ombre di Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena, Achille, Paride, Tristano, e molte altre, più di mille, e Dante, vinto da pietà, n’è quasi smarrito. Dovranno passare alcuni secoli prima che la figura di Semiramide venga artisticamente rivalutata; nel quadro di Degas Semiramide alla costruzione di Babilonia (18601862), conservato al Musée d’Orsay di Parigi, la regina è ritratta in posa e abbigliamento classici mentre ammira i lavori di costruzione della sua città. Nel volume dello storico e assirologo Giovanni Pettinato, Semiramide. La più bella, crudele, potente e lussuriosa regina d’Oriente (Milano, Rusconi, 1985), emerge la figura di una sovrana capace non solo di garantire con le armi la sicurezza del suo regno, ma anche di portare a termine opere In alto: Gustave Doré, “Semiramide, spidocchiatrice di straccioni”, in “Gargantua e Pantagruele”, 1854, incisione Sotto: Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, “Semiramide”, disegno, Princeton (NJ), Art Museum, Princeton University
La lussuria è creativa e distruttiva insieme ed è per sua natura eccessiva: «E l’eccesso fa paura perché è la faccia buia della libertà, o, forse, ne è la faccia più luminosa, tanto luminosa che finisce per accecare» (Giulio Giorello)
SABBIONI PAG RFM:Rafest mastro 26/05/15 18:34 Pagina 1
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10 filosofia Ravenna Festival Magazine 2015
«Se si guarda alle fonti storiche a lei più vicine e più fedeli», scrive Giorello, «si scopre che fu una grande regina per il suo popolo, dotata di un genio politico che “pare mancasse a non pochi suoi colleghi di sesso maschile”»
d’ingegneria civile: il tutto finalizzato alla pacifica coesistenza delle genti che componevano il suo impero. Il quale fu, pur tra mille contraddizioni, uno straordinario esperimento multiculturale, in cui la compresenza di lingue e tradizioni differenti era intesa dagli stessi individui che ne erano coinvolti come un fattore di crescita e di libertà. Della lussuria che deve la sua ambigua notorietà all’essere nel novero dei sette vizi capitali parla in modo documentato ed anche divertito il filosofo Giulio Giorello, nel libro edito da Il Mulino: Lussuria. La passione della conoscenza (2010). Di questi temi ha parlato Francesco Elli in una sua recensione dal titolo “Elogio del pensiero lussurioso”. Se il
lato animale nella lussuria è fondamentale, afferma Giorello «lo è altrettanto la capacità di decollare dal terreno dell’animalità e toccare quello della creatività». La lussuria è la passione, o il vizio, delle persone spesso anche creative come Don Giovanni, con i suoi continui stratagemmi, e de Sade, nelle posizioni erotiche che riesce a realizzare. La lussuria è creativa e distruttiva insieme ed è per sua natura eccessiva: «E l’eccesso fa paura perché è la faccia buia della libertà, o, forse, ne è la faccia più luminosa, tanto luminosa che finisce per accecare». Ecco, dunque, la sfida: riuscire a far coesistere quest’irrequietezza di fondo, questa spinta ad andare oltre,
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filosofia 11 Ravenna Festival Magazine 2015 con l’esigenza di ordine e di sicurezza che l’uomo porta con sé. Lussuria come fantasia, dunque, come impazienza ed eccesso, come sfida. Sempre seguendo i pensieri di Giorello la lussuria può essere tramite verso il divino: «si pensi a certi versi di Giovanni
della Croce, oggi santo, che usano delle espressioni che sono tipiche del linguaggio erotico; e di un linguaggio erotico eccessivo». E, ancora, la lussuria è anche conoscenza: «Pensiamo al racconto biblico di Adamo ed Eva» – spiega il professore – «Nella pudica traduzione più in uso si dice che, dopo che Adamo fu cacciato dal paradiso, “si unì con lei”. Ma se si guarda alla magnifica traduzione del Diodati, una delle prime grandi versioni della Bibbia in italiano, si dice che Adamo “la conobbe”». Questa idea della conoscenza come qualcosa di fisico e corporeo è legata a una componente naturale. Se vizio deve essere, allora, ecco che la lussuria si può configurare quasi come necessario, come vizio; afferma Giorello «che può trasformarsi in pubblica virtù». Si pensi alla regina Semiramide, passata alla storia quasi come un mostro, messa da Dante a chiudere l’elenco delle lussuriose e dipinta come sovvertitrice della giustizia. «Se si guarda alle fonti storiche a lei più vicine e più fedeli», scrive Giorello, «si scopre che fu una grande regina per il suo popolo, dotata di un genio politico che “pare mancasse a non pochi suoi colleghi di sesso maschile”. Una regina che, a detta dello storico militare Polieno, fece incidere in un’iscrizione a commento delle sue imprese: “La natura mi ha donato un corpo di donna, ma le mie azioni mi hanno resa pari agli uomini più valorosi. Ho retto
l’impero di Nino [...] Prima di me nessun assiro aveva visto mai il mare, io ne ho visti quattro, che mai alcuno aveva raggiunto perché troppo lontani [...] Ho innalzato fortezze inespugnabili [...] Ho procurato ai miei carri delle
vie, là dove neanche le bestie feroci si erano mai inoltrate. E in mezzo a tutte queste occupazioni, ho trovato il tempo per i miei piaceri e i miei amori». ❍ «J’y disais que la luxure, la sexualité pure, était pour l’homme le moyen de se retremper dans le monde originel [...]. Dans la société compliquée où nous ne sommes que des pions, soulagement d’être nu, de faire certains gestes, sans complication, sans explication, sans sentimentalité» [«[...] io dico che la lussuria, la sessualità pura, è per l’uomo il modo di ritrovarsi nel mondo delle proprie origini [...] Nella società complessa come la nostra, dove noi non siamo che delle pedine, è il sollievo di essere nudi di fare certi gesti senza complicazioni, senza spiegazioni, senza sentimentalità [...]»] Georges Simenon, Éloge de la luxure, in Quand j’étais vieux, Paris, Presses de La Cité, 1970
Nella pagina a fianco: Cesare Saccaggi, “Semiramide”, olio su tela (1890-1910) In questa pagina: Edgar Degas, “Semiramide alla costruzione di Babilonia”, 1860-1862, olio su tela, Parigi, Musée d’Orsay
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12 raffigurazioni Ravenna Festival Magazine 2015
Il Paradiso dipinto Figure, orizzonti e cromie di una rappresentazione DI ANNA DE LUTIIS
La Divina Commedia, l’opera fondamentale della letteratura italiana, ha conosciuto attraverso i secoli una enorme fortuna iconografica, focalizzata soprattutto sui personaggi e sugli scenari delle prime due cantiche. L’Inferno, infatti, è la parte del poema dantesco che gode di una grande fortuna sia dal punto di vista poetico che
per la rappresentazione figurativa perché il fulcro dell’intera cantica è l’uomo travolto dalle passioni più violente. L’iconografia della seconda cantica, il Purgatorio, è dedicata soprattutto ai personaggi, pur non ignorando il paesaggio ameno: non abbiamo a che fare con personaggi negativi ma non ancora con eroi positivi, incontriamo gente comune, modesta, consapevole
«La Gloria di Colui che tutto move per l’universo penetra e risplende in una parte più e meno altrove» «Nel ciel che più de la sua luce prende fu’ io, e vidi cose che ridire né sa né può chi di là sù discende» A sinistra, Francesco Furini , “La Pittura e la Poesia”, Palazzo Pitti, Firenze In basso, Philip Veit, “L'Empireo”
BILLI PAG RFM:Rafest mastro 26/05/15 16:11 Pagina 1
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14 raffigurazioni Ravenna Festival Magazine 2015 dei propri limiti e dei propri errori. Per la mancanza della componente drammatica e per l’intensificarsi delle parti dottrinali la terza cantica, il Paradiso, ha avuto una fortuna figurativa inferiore se confrontata con le cantiche precedenti ma non mancano le interpretazioni di grandissimi pittori che hanno dato molto spesso una interpretazione personale dell’opera del Sommo Poeta. È comunque, più che evidente come poesia e pittura si compenetrino a tal punto che spesso immaginiamo luoghi e personaggi leggendo i versi, così come è inevitabile sentire il bisogno di sottolineare con versi le immagini che ci offrono i
pittori. Non seguiremo in questo percorso la cronologia ma cercheremo di dare luce ai vari momenti che il Poema ci offre. Ci può capitare di trovarci di fronte all’opera di Philip Veit, nel Casino Massimo, a Roma, che riassume l’intero Empireo con i personaggi dotati di attributi iconografici che li rendono riconoscibili. Veit, pittore e scrittore tedesco, visse in Italia dal 1815 al 1830 entrando a far parte dei Nazareni, pittori che si proponevano di restituire al cristianesimo l'ispirazione della pittura e di imitare i predecessori di Raffaello per arrivare all'eccellenza di lui. Concorse alla decorazione del Casino Massimo di Roma (1818-
In alto a sinistra, Raffaello Sanzio, “Sala della Segnatura” (particolare dell’affresco) In basso a sinistra, Giovanni Stradano, “Cielo di Giove” In basso a destra, Aligi Sassu, “Giustiniano”
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raffigurazioni 15 Ravenna Festival Magazine 2015 1824), dipingendo il soffitto della Sala Dante, in cui rappresentò I cieli del Beato e l'Empireo Veit realizza una rappresentazione sintetica dell’intera terza cantica con una struttura concentrica tipica della rappresentazione medievale dei cieli. Al centro campeggia la Vergine dinanzi alla quale sono inginocchiati Dante e San Bernardo. A proposito di Raffaello sembra che si possa annoverare tra i grandi artisti che trovarono in Dante una fonte di ispirazione. Venne a contatto con l’opera di Dante grazie a suo padre, Giovanni Santini, appassionato della poesia del poeta
fiorentino. Tale interesse crebbe e maturò a Firenze dove era vivo il culto per il Poeta. Inevitabilmente Raffaello deve aver sostato davanti ai ritratti di Dante nella cappella di Santa Maria Maddalena, al palazzo del Bargello. Quando affrescò la Stanza della Segnatura tra i tanti personaggi non sempre riconoscibili inserì l’inconfondibile profilo di Dante, poeta che ha reso testimonianza della Fede (Corrado Gizzi).
Cucina aperta a pranzo e a cena. Chiuso il giovedì
Nei cieli del Paradiso, così come nelle cantiche precedenti, Inferno e Purgatorio, le anime di personaggi che Dante vuole ricordare, emergono dalle moltitudini e si fermano a
Qui sotto, Dante Gabriel Rossetti, “Beata Beatrix”
RAVENNA via Ponte Marino tel. 0544 217147 www.ristorantelagardela.com
EDILPIU PAG RFM:Rafest mastro 29/05/15 10:35 Pagina 1
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raffigurazioni Ravenna Festival Magazine 2015
Teresa Noto, “Piccarda Donati e Costanza D'Altavilla�
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18 raffigurazioni Ravenna Festival Magazine 2015 parlare con lui, a richiedere la sua attenzione. A volte lo fanno con voce umile, a volte imperiosa, rivolgendosi direttamente a lui per narrare la storia della propria vita. Tra le figure maschili senza dubbio Giustiniano occupa un posto di primo piano, personaggio che è fonte ispiratrice di molti importanti pittori. Cesare fui e son Iiustïnano, che, per voler del primo amor ch’i’ sento, d’entro le leggi trassi il troppo e ‘l vano «Imperatore fui sulla terra, qui sono solo Giustiniano: pur sempre colui che, su disposizione dello Spirito Santo, amor di Dio che mi sentivo dentro, espunse dalla giurisprudenza dell’Impero tutto quanto vi fosse di ridondante e di effimero» (Vittorio Sermonti). Ci troviamo nel cielo di Giove
dove le anime assumono forme di lettere dell’alfabeto a completare questa frase: DILIGITE IUSTITIAM QUI IUDICATIS TERRAM. Sul colmo della lettera M altri spiriti formano la figura di un’aquila, simbolo dell’impero e della giustizia, divenuto rifermento inequivocabile di Giustiniano e scelto da due pittori molto diversi fra loro: Giovanni Stradano e Aligi Sassu. Jan van der Straet detto Giovanni Stradano nato a Bruges nel 1523, pittore e incisore. Intorno al 1545 si trasferì a Firenze operando presso la corte dei Medici. Entrato nella cerchia di Giorgio Vasari, collaborò alla decorazione di Palazzo Vecchio e fornì due pannelli dipinti per lo Studiolo di Francesco I. Aligi Sassu. Nato a Milano nel 1894, nel 1921 la famiglia si
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raffigurazioni 19 Ravenna Festival Magazine 2015 ritrasferì in Sardegna, terra d’origine del padre. Lì Aligi frequentò la scuola elementare e conobbe per la prima volta i cavalli, che diventeranno poi il suo marchio, ed i colori accesi della Sardegna che permeeranno la sua pittura. Dopo una permanenza di tre anni, la famiglia ritornò a Milano e qui Aligi mostrò grande interesse per la lettura e l'arte futurista, da cui si allontanò successivamente per acquisire uno stile assolutamente personale che lo identifica in tutti i suoi dipinti. «La Divina Commedia! È stata per me una fiamma bruciante – disse l’artista – una lettura, una partecipazione vissuta che ho
coltivato per tante stagioni, qualcosa che è divenuto specchio della mia anima del mio lavoro per anni. […] La lettura della Commedia non è solo un’immersione nella poesia, nella vita, nella storia di un poeta, che compendiava in sé, come tutti gli eroi del pensiero, tutte le passioni dell’umanità e della sua epoca. […] Il testo della Commedia non è stato per me una prova illustrativa, ma una drammatica determinata azione. Affondare il bisturi nella carne viva della mia pittura». Dante viene condotto da Beatrice attraverso i nove cieli del sistema tolemaico che
Nella pagina a sinistra, Amos Nattini, “I Beati e la Candida Rosa” A destra, Salvador Dalì, “Dante e Beatrice”; Dalì lavorò sulle cantiche per 9 anni, dal 1950 al 1959, realizzando 100 acquerelli che nel 1960 furono esposti al Musée Galliera di Parigi
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20 raffigurazioni Ravenna Festival Magazine 2015 ruotano intorno alla Terra immobile: il cielo della Luna, dove sono gli spiriti che non osservarono, per violenza altrui, i voti religiosi; quello di Mercurio, di Venere, di Giove e Saturno… un lungo viaggio e numerosi incontri anche personaggi femminili che Dante pone in Paradiso, nonostante la loro vita fosse a dir poco complicata. Prima tra tutte Beatrice, la sua guida, i suoi occhi sono lo specchio che riflette la luce divina mitigandola.
Beatrice tutta ne l’etterne rote fissa con li occhi stava, e io in lei le luci fissi di là sù remote. Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si fé Glauco nel gustar de l’erba che ‘l fe consorto in mar de li altri dèi Beatrice fissava imperterrita le sfere celesti ed io avevo i miei occhi fissi in lei, distolti dalla vista
A sinistra, Edi Brancolini, “Cunizza da Romano” Nella pagina a destra, Franco Cilia, “Vergine Madre”
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raffigurazioni 21 Ravenna Festival Magazine 2015 del sole. Guardandola divenni come Glauco che assaggiando l’erba iniziò a dividere il destino degli altri dei marini. Una delicatatissima, eterea rappresentazione di Salvador Dalì mostra come anche il trasgressivo, provocatore, scandaloso pittore spagnolo trovò, a suo dire, la fede nel 1949 al ritorno dagli Stati Uniti, nella pace di Port Lligat: una fede cattolica, sontuosa, spettacolare, in accordo con il concetto di vita e di arte come rappresentazione. Qui Beatrice conforta Dante e lo esorta ad avere fiducia in Dio, il solo che possa alleviare il peso delle umane ingiustizie. “Beata Beatrix”, dipinta da Dante Gabriele Rossetti, rappresenta la summa del
rapporto dell’autore con Dante: «Fin dai primi anni, tutto intorno a me risentiva dell’influenza del grande fiorentino – scrive Rossetti – tanto che, ritenendolo un elemento naturale, anch’io fui ben presto attratto nella sua orbita». Nell’immagine la luce batte sulle mani di Beatrice e sul
papavero depostovi dalla colomba. Colori simbolici nutrono un sogno che è una riflessione poetica sulla vita e sulla morte. Ne cielo della Luna, Dante incontra Piccarda Donati che racconta di essere stata, nella
vita terrena, una suora, e fa appello alla memoria di Dante che, malgrado la nuova bellezza di lei, possa riconoscerla come Piccarda, posta con altri beati nel cielo della Luna. Tutte le anime del paradiso, spiega, sono beate in quanto corrispondono all'ordine voluto
20 GIUGNO ore 21 MUSICA DAL VIVO
25 GIUGNO ore 21 SAGGIO DI DANZA
19 SETTEMBRE ore 21 MUSICA DAL VIVO
ARY NUMERO 5 Jazz
Scuola professionale Danza Classica e Moderna
DOCTOR BOB Dire Straits
CORSO CAVOUR 79, RAVENNA, ITALIA - TEL 0544.30154
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22 raffigurazioni Ravenna Festival Magazine 2015 miele, scendono sul grande fiore e da lì risalgono dove Dio, oggetto del loro amore, soggiorna in eterno, per poi tornare, con moto incessante, da Dio ai beati. Il viaggio di Dante sta per concludersi. San Bernardo rivolge alla Vergine una calda preghiera, chiedendo per Dante, pellegrino per i cieli, la grazia di vedere Dio. I dolci occhi di Maria si volgono verso il poeta e in questo semplice movimento la Grazia è concessa: Dante si immerge totalmente nella
visione di Dio. Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’etterna pace così è germinato questo fiore
In alto a sinistra, Alberto Martini, “Paradiso - Canto XXXIII” In basso, Salvador Dalì, “Dante davanti alla Vergine Maria”
da Dio; quelle che si trovano qui hanno questa sorte perché non hanno potuto tenere fede ai voti pronunciati e indica un’altra anima anch'essa costretta a tornare alla vita mondana, ma sempre rimasta fedele nel cuore al voto pronunciato. È l'anima di Costanza d'Altavilla, sposa dell'imperatore Enrico VI di Svevia e madre di Federico II. Ciò ch'io dico di me, di sé intende; sorella fu, e così le fu tolta di capo l’ombra de le sacre bende. Costanza non parla e lascia che Piccarda non solo riassuma la sua storia ma interpreti i suoi sentimenti «non fu del vel del cor già mai disciolta». Le due donne sono raffigurate in un quadro di Teresa Noto. Nel cielo di Venere, dedicato agli spiriti amanti incontriamo Cunizza da Romano:
Cunizza fui chiamata, e qui rifulgo perché mi vinse il lume d’esta stella Cunizza, figlia di Ezzelino II da Romano e sorella di Ezzelino III, fu donna dissoluta ed ebbe vari mariti e amanti, tra cui Sordello. In età avanzata si convertì e diede la libertà agli sgherri di suo padre. L’atto fu steso in casa dei Cavalcanti, a Firenze, in cui si parlava della donna come di una santa. In un dipinto di Edi Brancolini Cunizza viene come ripescata tra le anime perse e portata in cielo. I beati dell’Empireo (canto XXXI) – interpretati pittoricamente da Amos Nattini – appaiono a Dante nella forma di una Candida Rosa di cui ognuno costituisce un petalo. Gli angeli, come uno sciame di api che ora s’immerge nei fiori e ora ritorna all’alveare, dove la sua fatica si trasforma in dolce sapore di
emozionati con un gioiello Grace T.
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24 30 RFM2015:Rafest mastro 29/05/15 10:48 Pagina 24
24 musica antica Ravenna Festival Magazine 2015
Ai tempi di Dante con Marescotti e Riondino Un percorso musicale che vede fianco a fianco alcuni tra i più quotati ensemble specializzati nel repertorio medievale e celebri attori e declamatori di versi
David Riondino
DI TARCISIO
La Reverdie
BALBO
Nel 1265, 750 anni fa, nasceva Dante Alighieri. Ovvio che Ravenna, che ne custodisce le spoglie mortali, celebri il proprio figlio adottivo. E altrettanto ovvio che Ravenna Festival dedichi al sommo poeta non solo l’intera manifestazione, ma, nello specifico, più di un filone della propria variegata proposta artistica. Il legame tra Dante e la musica non è artificioso; non solo perché tra Due e Trecento poesia e musica sono naturalmente unite nella concezione come nella fruizione, ma anche perché è attestata la familiarità dello stesso Dante con l’arte musicale: Boccaccio scrive di Dante che “sommamente si dilettò in suoni e in canti nella sua giovinezza e a ciascuno che a que’ tempi era ottimo cantore o sonatore fu amico e ebbe sua
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Sacre partiture
Quel Te Deum che sarà fatale al fiorentino di Versailles Giovedì 11 giugno, alle 21, a S. Apollinare Nuovo è in programma “Lully, un fiorentino a Versailles” con l’orchestra Barocca “La Magnifica Comunità” Melodi Cantores (direttore Elena Sartori), prima esecuzione in versione integrale in tempi moderni del Te Deum e Dies Irae di Giovanni Battista Lulli. L’8 gennaio 1687 Jean-Baptiste Lully (così naturalizzato francese) prova a Versailles il proprio Te Deum composto dieci anni prima, da rieseguire per la guarigione di Luigi XIV operato da appena due mesi per una fistola. L’evento è noto: Lully, secondo l’uso, dirige battendo il tempo con un pesante bastone; si ferisce a un piede col puntale; la ferita degenera in cancrena e il compositore, rifiutata l’amputazione della gamba, muore due mesi dopo. L’aneddoto, per certi versi, ha messo in ombra l’immenso valore musicale del Te Deum, che assieme al Dies irae composto per le esequie di Maria Teresa d’Asburgo, è tra i massimi esempi di grand motet: il mottetto a doppio coro che costituiva il cuore della musica sacra di Stato nella Francia del Seicento.
usanza”, e tutti conoscono, nella Commedia, il celebre episodio del musico Casella, cui Dante chiede di intonare la propria canzone Amor che ne la mente mi ragiona. “La musica al tempo di Dante” è perciò l’etichetta di un intenso percorso musicale che vede fianco a fianco alcuni tra i più quotati ensemble specializzati nel repertorio medievale e Elena Sa celebri attori rtori e declamatori di versi, a testimoniare l’indissolubile legame fra musica e testo poetico all’epoca del sommo poeta, e a rappresentare un ampio campionario della musica composta ed eseguita in Europa sette secoli fa. Si comincia l’8 giugno nella Basilica di San Francesco con Più dura che petra. L’ensemble laReverdie – ormai presenza pressoché costante del Festival – e la voce recitante di David Riondino accosteranno
le disincantate e malinconiche Rime Petrose, dallo stile tanto virtuosistico quanto crudo e disarmonico, che Dante compone dopo il 1296 tra la morte di Beatrice e l’esilio, alle composizioni del trovatore Arnaut Daniel (che Dante ricorda ancora nel Purgatorio) e dei più celebri musicisti dell’ars nova italiana e francese: da Guillaume de Machaut a Jacob Senleches, da Francesco Landini (fiorentino come Dante) a Jacopo da Bologna (dove Dante fu forse studente). Musiche, tutte quelle proposte, che al gusto per la poesia raffinata e complessa derivata dal trobar clus dei provenzali uniscono l’interesse per le complessità e gli artifici metrico‑ritmici che sarebbero stati sintetizzati nella locuzione ars subtilior. Il 9 giugno al Teatro Alighieri sarà invece la volta di Ravenna canta il suo Dante. Sul palcoscenico dello storico teatro cittadino, non a caso intitolato al poeta esiliato, due voci ravennati che alla lettura dei versi danteschi hanno dedicato tanta attenzione e passione: Ivano Marescotti e Franco Costantini alterneranno i propri interventi recitati alle musiche e alle danze interpretate da La Rossignol, ensemble specializzato nella musica e nelle danze medievali e
Ivano Marescotti
Franco Costantini
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La Rossignol, ensemble specializzato nella musica e nelle danze medievali e rinascimentali, che accompagnerà le letture dantesche degli attori Ivano Marescotti e Franco Costantini
rinascimentali. Un singolare progetto di ricerca è invece alla base di La musica della Commedia (14 giugno, Basilica di San Francesco). Grazie al lavoro congiunto di Federico Bardazzi, direttore dell’Ensemble San Felice, e di Suor Julia Bolton Holloway, docente di Studi Medievali nelle Università di Berkeley e Boulde, i passi della Commedia che presentano o sottintendono un qualche riferimento alla musica sono stati collegati ad altrettanti codici musicali, fiorentini o redatti nelle città che hanno visto la presenza di Dante. È stato così selezionato un repertorio che spazia dal
L’ensemble La Morra
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gregoriano alla tradizione trobadorica, dall’ars nova veneta (l’ateneo di Padova era uno dei principali centri universitari del Medioevo, e punto d’arrivo e di trasmissione delle novità – anche musicali – d’oltralpe) al repertorio delle laude dell’Italia centrale, alle Cántigas de Santa Maria di Alfonso X di Castiglia (legato da relazioni politiche a Brunetto Latini, che di Dante fu forse maestro). Del repertorio trobadorico abbiamo un’ampia messe di testi, ma non altrettante musiche; nulla resta della produzione semimprovvisata del Casella dantesco. È per questo che per
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ricostruire l’universo musicale della Commedia Bardazzi e Suor Julia si sono rivolti, con impeccabile pratica filologica, all’uso medievale del contrafactum, il riuso di una melodia conosciuta su un nuovo testo, allo scopo di far risuonare le parole di Dante sulle melodie più note della sua epoca. “La musica al tempo di Dante” comprende infine un intero programma dedicato a colui che è ritenuto il più alto esponente dell’ars nova e il massimo compositore italiano del Trecento: Francesco Landini, “Francesco Cieco” per aver perso l’uso degli occhi in tenera età a causa del vaiolo, “Francesco degli Organi” per l’abilità di strumentista (ma anche di organaro e inventore di strumenti musicali), “gloriosa rinomanza” di Firenze nelle parole dell’umanista Coluccio Salutati. Luce nell’ombra s’intitola il concerto che l’ensemble di musica medievale La Morra, assieme all’ensemble Korymbos diretto da Alessandra Fiori, terrà il 22 giugno nella Sala del Refettorio del Museo Nazionale di Ravenna in cui si
ammira un ciclo di affreschi – anch’essi trecenteschi – dedicati a Santa Chiara, parte del patrimonio pittorico che ornava la chiesa delle Clarisse di Ravenna all’epoca di Dante. Proprio in omaggio al luogo che ospita il concerto, assieme alle musiche di Landini verranno eseguiti diversi estratti che la musicologa Alessandra Fiori ha tratto dal Codice Q.11 del Museo della Musica di Bologna, quasi certamente redatto nel XIV secolo per un convento femminile dell’Italia centrale, e perciò affine al repertorio che avrebbero potuto cantare le clarisse del monastero ravennate. Parte integrante di “La musica al tempo di Dante” sarà anche il consueto appuntamenteo con le liturgie domenicali di “In Templo Domini”. Il 7 giugno nella Basilica di San Francesco sarà l’ensemble laReverdie ad aprire il ciclo, con un programma interamente dedicato alla lauda medievale: il genere poeticomusicale devozionale in lingua volgare del XIII secolo sorto in seno alle confraternite religiose e laiche, che ebbe larga diffusione
Fra Sei e Settecento
Come un viaggio nell’inferno barocco Giovedì 18 giugno (ore 21) al teatro Rasi va in scena Viaggiatori degli inferi, una esplorazione musicale nel mondo delle ombre guidata da Guido Barbieri con Dolce Concento Ensemble (direttore Nicola Valentini, soprano Lavinia Bini, controtenore Raffaele Pe, basso Antonio Vincenzo Serra su musiche di Monteverdi, Händel, Gluck, Mozart). Anche il mondo dei morti desta, nel teatro barocco, i medesimi affetti che abitano il mondo dei vivi; nell’opera del Sei e del Settecento gli inferi non sono il regno delle pene e dei contrappassi dei gironi danteschi, bensì un universo fantastico dove si consuma il dolore del congedo. Anche il Novecento, a partire dai Sonetti ad Orfeo di Rilke, sente la visitatio inferni come un progressivo smarrimento dei sensi, come una discesa inconsolabile nel dolore della interiorità. Lo spettacolo vedrà scorrere, come sulle due sponde del “fiume stigio”, le lacrime e gli stupori dell’inferno barocco da una parte, e dall’altra la storia parallela di una guida preziosa: Wera Knoop, la giovane danzatrice, musicista e pittrice, scomparsa a 19 anni nel 1919, alla quale Rilke dedica il suo profetico poema orfico.
Cantori San Marco
nelle celebrazioni paraliturgiche e nei pellegrinaggi di tutta Europa. Il 14 giugno, sempre nella Basilica di San Francesco, L’Ensemble San Felice diretto da Federico Bardazzi
Nicola Va lentini
animerà una liturgia intitolata La Messa di Dante, che ricostruisce le sezioni musicali dell’intera liturgia a partire da citazioni dei medesimi brani contenuti nel Paradiso e nel Purgatorio della Commedia. Il 21 giugno, nella basilica di Sant’Agata Maggiore, il coro Ludus Vocalis diretto da Stefano Sintoni darà voce
sonora a una “Messa a Ravenna al tempo di Dante”. Il programma musicale è costituito dal cosiddetto Officium Sancti Severi: parte di una Liturgia delle Ore che si presume fosse ancora praticata al tempo di Dante e che celebra uno dei primi vescovi e santi di Ravenna. Il testo musicale dell’Officium è tramandato in un manoscritto del secolo XI conservato nella Biblioteca Classense. Infine, il 28 giugno nella basilica di San Vitale, I Cantori di San Marco diretti da Marco Gemmani evocheranno lo spirito che animava l’Europa religiosa al tempo di Dante, e accosteranno alcune pagine poetiche e musicali di altissima spiritualità composte da Hildegard von Bingen – la santa, mistica, poeta e musicista del X secolo, proclamata dottore della chiesa nel 2012 da Benedetto XVI – a brani tratti dal Codex Las Huelgas: un manoscritto trecentesco in uso presso il l’abbazia delle monache cistercensi di Santa María la Real de Las Huelgas a Burgos, tra le più importanti fonti per lo studio e la trasmissione della musica medievale. ❍
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Quella poesia della Commedia che ancora oggi ci incanta
Una scenografia dell’opera di Adriano Guarnieri, “L’amor che move il sole e l’altre stelle” , firmata da Ezio Antonelli. Sotto una scenografia della “Dante Symphonie” messa in scena dall’Orchestra Sinfonica Mav di Budapest
Conversazione con il condirettore artistico del Ravenna Festival, Franco Masotti, sulle produzioni musicali e gli eventi multimediali che caratterizzano la sezione dell cartellone intitolata “Dante nostro contemporaneo”: dalle opere di Guarnieri e Cristina Mazzavillani Muti a Piovani, da Ghislaine Avan a Daniele Lombardi DI GUIDO SANI
Il 2015 è un anno dantesco: ricorre, tondo tondo, il 750esimo anniversario della nascita dell'Alighieri. Al cosiddetto padre della lingua italiana sono dedicati convegni, conferenze, mostre, studi e pubblicazioni, commemorazioni e celebrazioni, rivisitazioni d'ogni sorta in tutto il Paese. In primo luogo a Firenze, dov'è nato, e nelle altre città dove l'autore della Commedia, in qualche modo a messo piede, lasciato una traccia. Ravenna, dove invece è morto esule, componendo l'ultima e più eterea delle cantiche della
Commedia, è in prima fila, e a quanto pare primeggia nell'omaggio, puntando così, fra sei anni, ad essere città più che protagonista – con eventi di calibro internazionale del prossimo anniversario dantesco – nel 2021, a settecent'anni compiuti dalla scomparsa. Firenze si da da fare, Verona abbozza, ma è Ravenna che sperimenta, insomma prova ad aggiornare, rielaborare e rivisitare l'esaltante per quanto inafferrabile poesia e ficcante sensibilità dell'Alighieri. Per l'occasione sicuramente ha un ruolo fandamentale il Ravenna Festival,
che dedica a Dante il tema dell'edizione 2015, con due corpose sezioni: una dedicata alla musica antica, legata all'epoca dantesca e alle sue riminiscenze e l'altra – originale e per certi versi intrigante – che cerca di esplorare le declinazioni contemporanee dell'opera dell'Alighieri. Ne abbiamo parlato con Franco Masotti, uno dei condirettori del festival, che ha curato il programma e ci rileva alcuni retroscena degli eventi. È d'accordo con chi dice che la contemporaneità di Dante, e cioè il suo essere interpretato in ogni epoca, oltre la collocazione storica,
è in fondo nel suo giocare, soprattutto con la Commedia, tra finzione e realtà, cronaca e rappresentazione, svelato e indicibile? «Ci sono opere della letteratura medievale, considerati capolavori del cosiddetto canone occidentale, ma oggi restano appannaggio di filologi e forse qualche snob. La Commedia, invece, nonostante i suoi 750 anni ormai, dimostra una vitalità che la colloco fra i best seller praticamente eterni. Se Dante continua ad essere uno degli autori più letti al mondo, un motivo ci deve essere... Una chiave di volta della sua modernità e di questo
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interesse planetario, l'hanno sicuramente espresso nel Novecento, grandi scrittori e sperimentatori del linguaggio come James Joyce ed Ezra Pound, mettendo in campo letterario la dimensione del lector in fabula, del coinvolgimento totale del lettore nel testo, dove i ruoli si scambiano e nello spazio aperto del racconto ci si può anche perdere. Una dimensione in cui il protagonista è uno di noi. In questo senso, c'è un lavoro molto significativo che abbiamo inserito nella sezione del festival intitolata “Dante nostro contemporaneo”, ideato e realizzato su vari piani espressivi da Ghislaine Avan (al festival con due performance il 16 e 24 giugno, ndr) che ha fatto leggere Dante in tutte le lingue del mondo. La Avan era una danzatrice di tap-tap che a un certo punto della sua vita, ha cominciato a girare in vari paesi dove Dante era stato tradotto, per filmare gente qualunque, spesso trovata per strada, a cui ha fatto declamare la Commedia. Si tratta di 600 diverse riprese, e in massima parte, dopo la lettura di un passo di una cantica, i protagonisti concludono con un grande sorriso...
Il che da il senso universale della gratitudine e del piacere di avere incontrato un testo di tale forza e bellezza. Sta anche qui il mistero della poesia dantesca, che si rinnova continuamente». Quindi Dante basta riprenderlo in mano, rileggerlo, rievocarlo... «Temo che in Italia questo non basti, e che paradossalmente non abbia quella popolarità che invece gode nel resto del mondo. Tanto per citare un'altro evento in cartellone quest'anno, la Dante Symphonie di Liszt, proposta dall'orchestra sinfonica Mav di Budapest – in una forma multimediale che prevede la proiezione su uno schermo gigante delle fantastiche incisioni della Commedia di Gustav Doré – ha recentemente incantato una platea di 1500 persone nella capitale ungherese. Nel nostro Paese invece, una certa retorica e un certo accademismo di Dante quale “Padre della Patria” e “Sommo Poeta” lo hanno reso un po' imgombrante e l'hanno allontanato da un'autentico apprezzamento popolare. Insomma, a parte i casi di Sermonti prima – di cui abbiamo avuto diretta testimonianza delle
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Nicola Piovani, che si lega alle rime della Vita Nova, e mette in campo un Dante giovane e innamorato, che per la parte recitata ha voluto affidare a Elio Germano, che poi non a caso, recentemente ha interpretato al cinema un altro giovane e celebre poeta come Giacomo Leopardi. È un lavoro che vuole anche essere popolare creato da un premio Oscar di colonne
In alto, un ritratto del compositore Adriano Guarnieri e, a destra, l’inizio della sua partitura per l’opera inedita “L’amor che move il sole e l’altre stelle” per la regia di Cristina Mazzavillani Muti. Qui sopra il musicista Daniele Lombardi; in basso a sinistra un’immagine della sua composizione “Divina.com”
sue letture pubbliche qui a Ravenna a San Francesco – e poi Benigni, coi suoi spettacoli e in Tv, Dante forse è stato per troppo relegato fra cultori e filologi, perché in Italia potesse esprimere una rinnovata modernità, com'è accaduto da altre parti. E specialmente nel mondo anglosassone, sia sul piano letterario che figurativo: basti ricordare William Blake...». Ma è comunque complesso affrontare Dante dal punto di vista delle arti performative. Non è che poi si corre il rischio di limitare o banalizzare le sue visioni, la sua profondità, la bellezza che, prima si diceva, scaturisce semplicemente dalla sua poesia? «Certo è molto rischioso. Ed è difficile... In fondo si potrebbe pensare che non è poi così necessario trasporre in altre forme la Commedia, che è già immaginifica di per se. Certo nelle arti figurative la poesia dantesca ha trovato notevoli interpreti che, lungo i secoli, sono riusciti a trovare un’ispirazione profonda nei suoi
versi. In altri campi, dal teatro al cinema gli esiti sono stati incerti, alterni e in taluni casi insignificanti o fallimentari. Anche nella musica non si trovano esempi eclatanti, a parte il già citato Liszt, una poco nota cantata di Donizzetti sul Conte Ugolino o, tanto per dire, alcune opere liriche e sinfoniche dedicate a Francesca da Rimini. Ma tanti stereotipi e nessun capolavoro. In verità sono pochi i grandi compositori che si sono cimentati con Dante, o meglio hanno ritenuto ispirarsi nel lavoro ad un opera così onnicomprensiva e totalizzante sul piano estetico e spirituale. Oppure su un piano creativo più ampio si può lavorare su grandi metafore dantesche come quella del Paradiso: un universo pervaso di luce accecante, un'astrazione in fondo, che rimanda anche all'armonia delle sfere. Sonorità sublimi che giocano ai limiti dell'udibile umano. Si tratta naturalmente di suggestioni, ma possono anche raggiungere risultati interessanti. A partire dal lavoro di
sonore, con una sensibilità molto vicina allo spirito dei nostri tempi. Quella di Adriano Guarnieri, una video opera che vede alla regia Cristina Mazzavillani Muti, e certamente una sfida più ardua, pero ben sintonizzata sul registro musicale del compositore, spesso sopra le righe, sul filo di registri alti, quasi inarrivabili, che ben si prestava all'inccessibilità del Paradiso. Peraltro è un lavoro in cui
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tre immagini del progetto di Ghislaine Avan
la musica è fortemente intrecciata con immagini virtuali – anche queste improntate sulla folgorante luminosità e le figure fantasmatiche dei cieli divini del Paradiso – create dallo scenografo Ezio Antonelli assieme a Cristina Muti. Entrambe sono opere per piccoli ensemble vocali e strumentali. Ma mentre Guarnieri fa un uso sistematico e strutturale dei live electronics, finalizzati ad una spazializzazione del suono – che mixa voci, archi, ottoni e percussioni – l'orchestrazione dell'opera di Piovani invece è più tradizionale, con una piccola orchestra e una
sezione d'archi a cui si unisce un'arpa e una soprano. Poi c'è Elio Germano che interpreta un giovane Dante in brani tratti dalla Vita Nova». Ma dove avete osato di più nella rilettura contemporanea della poetica dantesca? «Beh sicuramente con le performance di cui parlavo di Ghislaine Avan, attraverso le quali proporrà la sua personale riscoperta di Dante. La prima è la proiezione del suo film sui declamatori danteschi scovati in giro per il mondo, che vedrà l'esibizione di due musicisti, uno
dei quali è Michel Godard al basso tuba e serpentone – uno dei principali esponenti della musica improvvisata europea – mentre la Avan danzerà il suo tip tap. Il secondo spettacolo intreccia sempre immagini video, musica elettoacustica e tap dance. L'altro progetto da segnalare, è un evento mixed media del compositore fiorentino Daniele Lombardi, intitolato Divina.com, che nella sua versione per orchestra è stato commissionato appostitamente dal Ravenna Festival. Il progetto nasce da un'idea molto semplice, che parte
proprio dalla città di Firenze, città d'origine di Dante, costellata da svariate lapidi che ricordano i luoghi della vita del poeta o citati nella Commedia. Si tratta di un percorso in 36 parti, che corrispondono ad altrettanti luoghi, poi messo in musica e intepretato da David Moss, una delle voci più estreme esistenti, autentico erede del compianto Demetrio Stratos. Il tutto inserito in un arrangiamento orchestrale per ensemble di archi e con la regia del suono di Tempo Reale, una vera e propria istituzione della musica sperimentale italiana». ❍
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Sinfonica e integrali 37 Ravenna Festival Magazine 2015
Dalle sigle della Rai agli integrali di Bartòk e Boulez Zubin Metha
La grande classica vedrà in apertura Zubin Mehta con il Maggio fiorentino ma spazio anche alle sperimentazioni come il progetto DanteXperience
DI TARCISIO BALBO
Come sempre grandiosa, tanto da aver fatto dell’eccezionale la normalità, l’apertura ufficiale di Ravenna Festival, affidata come da tradizione a una grande bacchetta alla guida di una grande orchestra. L’onore di aprire l’edizione 2015 del Festival toccherà a Zubin Mehta, reduce da un Fidelio di Beethoven tanto applaudito quanto minato dalle proteste sindacali. Che dire di Mehta, che non sia stato già pronunciato? Il
trentennale binomio tra il grande direttore indiano e l’Orchestra del Maggio musicale fiorentino è ormai una sorta di appuntamento classico per Ravenna, dal lontano 1991 alla Rocca Brancaleone con l’Ottava di Beethoven e la Symphonie fantastique di Berlioz, al concerto al palazzo Mauro de Andrè nel 2003, con Leonidas Kavakos a interpretare il Concerto per violino di Brahms. Quest’anno, il 4 giugno, ancora al pala de André, Mehta e l’Orchestra del Maggio
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affronteranno pagine altrettanto celebri: la Leonore n. 3 di Beethoven (ideale collegamento col già citato Fidelio che ha inaugurato il Maggio musicale fiorentino), il Preludio e Morte di Isotta dal Tristan und Isolde di Wagner, e a chiudere, la Sesta sinfonia “Patetica” di Pëtr Il’ic Cajkovskij, estremo capolavoro sinfonico del compositore russo. La perfetta controparte al concerto di Mehta, tra gli appuntamenti sinfonici del Festival, sarà, il 26 giugno sempre al palazzo Mauro de André, il composito concerto di Semyon Bychkov alla testa dei Müncher Philharmoniker, la celebre orchestra tedesca dalla storia ultracentenaria, diretta da nomi quali Gustav Mahler o Bruno Walter. Bychkov dirigerà due capolavori della tradizione sinfonica per certi versi antitetici: da una parte la Terza
sinfonia con cui Johannes Brahms si emancipa dal peso ideale della tradizione beethoveniana; dall’altra, la stupefacente tavolozza timbrica dei tre “schizzi sinfonici” che costituiscono La mer che Claude Debussy compone tra il 1903 e il 1905 durante un soggiorno sulle coste inglesi della Manica. In mezzo, la giocosa serenità e lo stile poliforme del Concerto per pianoforte di Maurice Ravel, affidato alla sensibilità poetica e alla tecnica prodigiosa di JeanYves Thibaudet, tra i più celebri interpreti raveliani dei nostri tempi. Ravenna Festival ha abituato i propri spettatori anche ad eventi fuori dalle righe: ecco perciò, il 21 giugno ancora al palazzo Mauro de André, la gloriosa Orchestra sinfonica nazionale della RAI e il pianista jazz Danilo Rea, che per celebrare i
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sinfonica 39 Ravenna Festival Magazine 2015
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Biblioteca classense/1
Tutta la magia della Budapest Strings Orchestra Giovedì 9 luglio ai chiostri della biblioteca Classense si esibisce la Budapest Strings Orchestra. Dal virtuosismo dello stile zigano delle rapsodie e delle danze alle suggestioni di un linguaggio che si nutre del mistero della musica popolare: è la magia della musica ungherese, interpretata da una delle più brillanti formazioni boeme, sapientemente condotta dal primo violino Jànos Pilz, tra l’altro protagonista del festival haydniano presso il leggendario castello degli Eszterhazy. Da una parte, le acrobatiche rapsodie di Brahms e di Liszt, che nella trascrizione per orchestra (gli originali sono pianistici) restituiscono agli archi lo stile dei leggendari violinisti zigani attivi nei caffè mitteleuropei. Dall’altra, la ricerca di un rinnovamento che attinge da quegli arcaici stilemi popolari che, secondo Bartók, “hanno reso possibile la liberazione dalla tirannia dei sistemi maggiore e minore”, e che nel suo personalissimo stile approdano all’uso “libero e indipendente di tutti e dodici i suoni della scala cromatica.
Biblioteca classense/2
La Vienna crocevia musicale del Pacific Quartet Mercoledì 1 luglio (ore 21.30) i Chiostri della Biblioteca Classense ospitano il concerto del Pacific Quartet Vienna. È nella città crocevia della creazione musicale europea che si incontrano i giovani musicisti riuniti dal 2006 in questo quartetto, ma provenienti dai quattro angoli del mondo – Giappone, Ungheria, Taiwan, Svizzera. Quella Vienna in cui Mozart compone i sei Quartetti dedicati ad Haydn – quello nella cupa e inquietante tonalità di re minore è il secondo del ciclo, intriso di una tensione patetica “senza precedenti e con ben pochi rimandi futuri” (Carli Ballola). Quella Vienna dove Schumann avrebbe voluto gettare le basi di una nuova vita insieme a Clara, e a cui continua a guardare studiando i quartetti di Mozart e di Beethoven pochi giorni prima di dare alla luce i serrati dialoghi strumentali dell’op. 41. Quella Vienna che Scarlatti mai vide, ma dove sbocciò il germe del quartetto d’archi che, con le sue Sonate a 4, egli aveva gettato all’ombra del Vesuvio.
aurent Pierre L
sessant’anni della televisione italiana si esibiranno in una carrellata delle più celebri sigle storiche passate sul piccolo schermo. Diretto da Pietro Mianiti, il concerto sarà l’occasione giusta per riascoltare grandi classici (chi ricorda il Guillaume Tell di Rossini con cui si apriva la giornata di tramissioni, o la Toccata di Pietro Domenico Paradisi che sonorizzava le immagini dell’“Intervallo”?) e sigle dei programmi che hanno segnato la vita di milioni di italiani, da Rischiatutto a Canzonissima, da Sandokan a Ufo Robot, dallo
storico Carosello a 90° minuto. Altrettanto inconsueto è il concerto del 21 giugno. Max Richter è un compositore britannico men che cinquantenne, allievo di Luciano Berio, eclettico collaboratore di Arvo Pärt, Brian Eno, Philip Glass, Steve Reich. Innamorato delle Quattro stagioni di Vivaldi, comincia, come tutti, a sentirne l’usura provocata dal loro massiccio e straniante utilizzo nei centri commerciali, nelle segreterie telefoniche, nelle pubblicità. Ecco, allora, l’idea che s’incarna in un cd per la storica etichetta Deutsche
vich Stefano Tamara
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42 sinfonica Ravenna Festival Magazine 2015 Grammophon, che totalizza un milione di preferenze su Spotify, e che gli spettatori del Festival potranno ascoltare dal vivo, con l’ensemble barocco L’Arte del Mondo diretto da Werner Ehrhardt e il violino di Daniel Hope: ri-comporre Vivaldi; assimilarlo e trasformarlo fondendolo con l’elettronica, il minimalismo, l’ambient music, il rock progressivo, in un mix che occhieggia anche a grandi pionieri del crossover come i Beatles di Eleanor Rigby e Penny Lane. Ancora nel solco della sperimentazione, ma con i piedi ben piantati nella storia e nella
San Vitale
L’omaggio allo Stabat Mater Mai Jacopone da Todi avrebbe immaginato quante volte e in quante forme, dal secolo XI a oggi, sarebbe stato musicato il suo testo dello Stabat Mater, e quanto avrebbe viaggiato in lungo e in largo: dalle chiese alle grandi sale da concerto, alle piccole chiese di paese, intonato dai più celebri compositori come dai più oscuri musicisti di tradizione orale. Prende spunto da qui il percorso musicale che Vittorio Ghielmi propone – lunedì 29 giugno (alle 21) a San Vitale – assieme al suo Il Suonar Parlante e ai cantori del Cuncordu de Orosei, passando dalla tradizione musicale sarda allo Stabat Mater che Josquin Desprez musicò nel 1480 sul tenor della chanson profana Comme femme desconfortée di Gilles Binchois, fino a quello che il celebre compositore estone Arvo Pärt (80 anni a settembre) scrisse nel 1985 nel suo inimitabile stile tintinnabuli.
tradizione, si pone DanteXperience: il concerto multimediale che avrà luogo il 27 giugno, sempre al Palazzo Mauro de André. L’idea dello spettacolo, concepito e diretto dal pianista e direttore Vittorio Bresciani, riprende un progetto originale di Franz Liszt, che nel 1857 progettava di abbinare alla propria Dante-Symphonie ventisette disegni da proiettare con la cosiddetta “lanterna magica”, commissionati al pittore italo-tedesco Bonaventura Genelli. Il progetto, sin troppo ardito per l’epoca, venne accantonato, e Liszt dovette ripiegare su un’esecuzione cameristica a Parigi nel 1866, in casa di quel Gustave Doré che nel frattempo realizzava le proprie celebri illustrazioni per la Divina commedia. Oggi, il progetto DanteXperience, che a Ravenna si vale della Budapest MAV Symphony Orchestra, dell’Angelica Girls’ Choir di Budapest, ma soprattutto della voce di Chiara Muti che recita i versi di Dante, realizza il sogno di Liszt in uno spettacolo che alla Dante-Symphonie unisce le immagini di Doré, rielaborate con la moderna computer graphics e proiettate in alta definizione su maxischermo. Nel 2015 cadono anche due ricorrenze di tutto rispetto: il settantesimo anniversario della morte del compositore ungherese Béla Bartók, e gli splendidi novant’anni di un simbolo vivente del Novecento musicale come Pierre Boulez. Di Bartók il Festival proporrà l’integrale dei quartetti per archi, il 7 luglio in due distinti concerti nel chiostro della Biblioteca Classense (alle 18.30 e alle 21.30) affidati rispettivamente al Quartetto Accord e al Quartetto Kelemen. Entrambe le formazioni, nate nel 2001 e nel 2009 e che hanno già mietuto una messe notevole di premi internazionali, hanno le proprie radici nell’Università di studi musicali “Ferenc Liszt” di Budapest: la celebre istituzione ungherese fondata da Liszt nel 1875, e che ha visto tra i propri docenti lo stesso Bartók. Toccherà poi all’Orchestra d’archi da camera di Budapest, formazione dalla storia quasi
en o Kelem Quartett
quarantennale, nata anch’essa in seno alla “Ferenc Liszt”, presentare un composito concerto “all’ungherese” il 9 luglio, ancora nel chiostro della Classense. In programma, oltre a musiche di Ferenc Erkel, Brahms e Liszt, due capisaldi della produzione bartokiana come il Divertimento per archi del 1939 e le celeberrime Danze popolari rumene del 1915-1917. L’omaggio del Festival per i novant’anni di Pierre Boulez è invece affidato a Pierre-Laurent Aimard: figura chiave nella musica contemporanea, interprete di altissimo spessore, membro storico dell’Ensemble Intercontemporain fondato da Boulez nel 1976 il cui nome è legato a filo doppio alle più memorabili esecuzioni di musica del secolo XX. Assieme alla pianista Tamara Stefanovic, di cui è stato maestro alla Hochschule für Musik di Colonia, Aimard proporrà agli spettatori
del Festival l’integrale della produzione pianistica di Boulez, in un concerto al Teatro Alighieri, il 7 giugno. Ad esclusione delle opere giovanili, ritirate o utilizzate come cava di pietre per altri lavori, Aimard e Stefanovic eseguiranno tutte le composizioni pianistiche di Boulez, che hanno segnato tappe fondamentali sia per il compositore sia per la musica d’avanguardia tout court: tra queste, capolavori assoluti quali la Deuxième sonate del 1947, che segna di fatto il recupero del pianoforte nella pratica musicale contemporanea, o i due libri delle Structures per due pianoforti (1952 e 1961): vere e proprie colonne d’Ercole del cosiddetto ‘serialismo integrale’ con cui Boulez aveva portato agli estremi limiti il linguaggio ereditato da compositori del calibro di Schönberg, Webern, Messiaen. ❍
o Accord Quartett
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44 opera Ravenna Festival Magazine 2015
Riccardo Muti e il Falstaff L’impresa gigantesca Sarà anche il debutto dell’Accademia fortemente voluta dal direttore d’orchestra per trasmettere alle nuove generazioni quanto appreso dai suoi maestri DI TARCISIO BALBO
Una volta, nei bei tempi andati, sulle locandine dei teatri d’opera capitava di leggere “maestro concertatore e direttore”: una locuzione ormai desueta forse perché, come ha osservato
Riccardo Muti in una recente intervista sul “Messaggero”, «si è persa la capacità di concertare, cioè di costruire la regia musicale di un titolo lavorando a fondo con un cantante al pianoforte o ragionando con l’orchestra sulle caratteristiche di una partitura».
Per questo motivo, a dieci anni dalla fondazione dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Riccardo Muti ha compiuto un ulteriore passo nel proprio percorso di trasmissione del sapere musicale, che da sempre è sintesi tra elaborazione intellettuale e apprendimento a bottega. Dal 10 al 21 luglio Ravenna Festival ospiterà la prima masterclass della neonata Accademia d’opera italiana, fortemente voluta dal Maestro per trasmettere alle nuove generazioni quanto appreso da musicisti del calibro di Vincenzo Vitale (a sua volta allievo di Alfred Cortot), Bruno Bettinelli, Antonino Votto (già braccio destro di Arturo Toscanini): un pianista, un compositore e un direttore perché, come dice ancora Muti, non si può dirigere senza saper comporre né senza saper suonare. «A un certo punto della vita e della carriera» aggiunge Muti «ho pensato che non potevo mandare disperso tutto ciò che ho ricevuto dai miei maestri. Mi sono sentito investito di un compito, quello di trasferire ai giovani il metodo e gli strumenti che hanno permesso a me di arrivare fin qui, amando il mio lavoro perché i miei maestri mi hanno messo nelle condizioni
di conoscerlo a fondo». Ecco perché a Ravenna, dopo una serie di selezioni draconiane – primo requisito, appunto, essere diplomati in pianoforte e in composizione – approderanno cinque giovani direttori e cinque giovani maestri collaboratori che seguiranno Riccardo Muti in tutte le fasi dell’allestimento del Falstaff di Verdi che andrà in scena al Teatro Alighieri dal 23 al 26 luglio; il 27 toccherà ai giovani direttori dirigere la Cherubini e il giovane cast dell’opera in alcuni estratti dal capolavoro verdiano. Falstaff: l’estremo capolavoro verdiano; «l’impresa gigantesca» e il «soggetto colossale» nelle parole dello stesso compositore. Il migliore e il più difficile terreno di studio per chi si accosta al melodramma italiano dell’Ottocento perché – sono ancora parole di Riccardo Muti, Falstaff « è l'opera più impegnativa che esista per il rapporto indissolubile, sinfonico, tra parola e musica. Un meraviglioso, intricatissimo manuale di studio» che poteva scaturire solo dalla collaborazione tra il genio di Busseto e quel virtuoso assoluto della poesia melodrammatica che era Arrigo Boito. Lo stesso Falstaff che ha segnato tappe
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46 opera Ravenna Festival Magazine 2015
Scene dal “Falstaff” , diretto da Cristina Mazzavillani Muti, nell’allestimento del Ravenna Festival 2013
importanti nella carriera di Muti: nel 1993 alla Scala per il primo centenario dell’opera di Verdi, con Juan Pons, Roberto Frontali, Ramon Vargas, Daniela Dessì e Bernadette Manca di Nissa (a
citare i maggiori; e solo alla Scala Muti ha diretto Falstaff per sei volte), o ancora a Busseto nel 2001 per il centenario della morte di Verdi (nonché a Ravenna Festival) nello stesso
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allestimento che a Busseto nel 1913 era stato diretto da Toscanini, con uno Juan Diego Flórez men che trentenne assieme a Barbara Frittoli, Anna Caterina Antonacci, e ancora
Pons e Frontali; e poi al Teatro degli Arcimboldi nel 2004 di nuovo con la Frittoli e la Manca di Nissa, assieme ad Ambrogio Maestri, Natale de Carolis, Giuseppe Filianoti, Laura Giordano, Nino Surguladze… Non cede affatto alla retorica, Muti, quando dice «Potrei dirigere Falstaff ogni sera; immergersi in esso significa vivere in uno stato di gaudio totale. Perché dentro c’è la nostra vita, ciascuno può trovarvi un pezzo di se stesso, vanità, debolezze, narcisismo, intrighi, l’amore vissuto nella sua forma più fresca e intensa». A Ravenna Festival 2015, l’allestimento del Falstaff sarà quello, fortunatissimo, di Cristina Mazzavillani Muti già messo in scena nel 2013 (secondo centenario della nascita di Verdi) e diretto da Nicola Paszkowski. Un allestimento che offriva alla visione teatrale i luoghi verdiani più classici: la casa natale di Verdi alle Roncole, il teatrino di Busseto, Villa Sant’Agata. Anche tre anni fa si trattò di una produzione che guardava con profonda attenzione ai giovani:
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48 opera Ravenna Festival Magazine 2015 giovani erano i web reporter del progetto VerdiWeb 2.013 (per chi volesse rinfrescarsi la memoria: www.verdiweb.it), giovani erano i cantanti – molti di loro lanciati proprio da Ravenna Festival –, giovane l’orchestra – manco a dirlo, la Cherubini. Anche quest’anno, giovani saranno i cantanti che daranno voce al grande affresco tragicomico di Verdi: dal Fenton di Giovanni Sebastiano Sala, nato nel 1992, a da Matteo Falcier (classe 1983,
inteprete di Bardolfo); dal soprano Eleonora Buratto (1982) che ha debuttato nel 2009 con Riccardo Muti nel Demofoonte di Niccolò Jommelli, ai ventisei anni di Damiana Mizzi (Nannetta) e ai trentuno di Isabel De Paoli (Quickly). Con loro, sul palcoscenico del Teatro Alighieri, il baritono bulgaro Kiril Manolov (Falstaff), Federico Longhi (Ford), Giorgio Trucco (Cajus), Graziano Dallavalle (Pistola), Anna Malavasi (Meg). ❍ Altre scene del “
Il doppio concerto
Falstaff” messo in scena nel 20 13
Le Vie dell’Amicizia approdano a Otranto Ancora una volta la musica si apre all’universalità di un messaggio che supera i confini del suono: musica che si fa preghiera, abbraccio tra gli uomini, “ponte di fratellanza” teso ad unire culture, lingue, religioni diverse, alla ricerca di radici comuni, tra Oriente e Occidente. Poli espressivi riassunti nella composizione di Arvo Pärt (“Orient & Occident”, protagonista dei concerti de La Stagione Armonica e dell’orchestra Cherubini del 4 luglio al pala De André e di due giorni dopo a Otranto in Puglia): è su quel tormentato e geniale movimento orchestrale, sulla forza vibrante che emana da quella partitura che il gesto inconfondibile di Riccardo Muti intraprende il nuovo “Viaggio di amicizia”. Per poi cedere all’incanto e alla serenità del Paradiso terrestre abitato da Adamo ed Eva, all’intreccio delle loro voci e alla pace che emana dalla celestiale melodia di Haydn. E infine alla sgomenta commozione dell’uomo di fronte a Dio, alla misericordia invocata con quella drammatica eloquenza che solo il Te Deum verdiano sa esprimere. Quell’albero della vita che appare nelle cantiche di Dante e dal quale, almeno secondo le più ardite teorie e leggende, scaturirebbe l’idea stessa della Commedia, non poteva che divenire l’ennesima meta delle Vie dell’amicizia. Allora, voci di fratellanza e di preghiera risuonano nella cattedrale di Otranto (nella foto in basso), sul rigoglioso disegno medievale che sembra racchiudere tutta la storia (e il destino) dell’uomo, sull’immenso mosaico di pietra – che proprio i maestri ravennati hanno saputo riportare all’originario splendore – in cui Nuovo e Antico Testamento, Corano e Torah si incontrano in un unico inestricabile disegno creativo. Voci che nel cuore della cittadella-medina, per secoli coacervo di culture e religioni diverse (ma anche, con i suoi 813 martiri, segnata sul finire del Quattrocento dall’odio più barbaro), si levano oggi più che mai contro la follia del male.
Il maestro Riccar do Muti con l’o rchestra Cherub ini
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50 il personaggio Ravenna Festival Magazine 2015
Le rime della Vita Nova nelle note di Piovani Una chiacchierata con il premio Oscar al lavoro sull’opera di Dante «La musica strumentale condurrà da una poesia all’altra, interpretando con libertà emotiva il senso di questi magnifici testi» DI MATTEO CAVEZZALI
Ci sono melodie che rimangono impresse nella mente. Si insinuano in un angolo del subconscio e rimangono lì per riemergere improvvisamente, come portate dal vento. Le note di Nicola Piovani hanno questo dono, ti entrano dentro insieme alle immagini di un film o di uno spettacolo e poi rimangono lì, e sono loro a decidere quando venirti a trovare, mentre cammini per strada la
notte o quando sul treno il tuo sguardo si incanta guardando fuori dal finestrino. Anche per questo molti registi come Fellini, Monicelli, Tornatore e Benigni si sono innamorati del suo modo di comporre. Abbiamo parlato con Nicola Piovani di musica e di poesia. Ecco cosa ci ha raccontato il premio Oscar che il 6 giugno presenta al Pala De André la sua nuova composizione La Vita Nuova. Per il Ravenna Festival musicherà le
parole di Dante: è una impresa molto complessa. Quale alchimia sonora sta pensando per fare in modo che il testo non sovrasti la musica, senza che la musica distolga l’attenzione da un testo così complesso? «Il canto vero e proprio, affidato al soprano, sarà riservato soltanto ai versi di una Ballata e una Canzone di Dante, comprese nel prosimetro Vita Nova, quelle rime cioè probabilmente destinate al canto. Nessun sonetto sarà cantato, perché la musicalità di
quelle composizioni è perfettamente intoccabile: i sonetti saranno recitati dall’attore su sfondi musicali fissi, accordi coronati, sospensioni musicali che accompagneranno la struttura metrica, incastonando i versi e scandendo la sequenza delle due quartine e le due terzine. E poi la voce di soprano fungerà talvolta da strumento, vocalizzando. La musica strumentale invece condurrà da una poesia all’altra, interpretando con libertà emotiva il senso di questi
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il personaggio 51 Ravenna Festival Magazine 2015
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52 il personaggio Ravenna Festival Magazine 2015 magnifici testi». Ha lavorato con l'autore che forse è stato il più importate poeta del dopoguerra, le cui parole erano inscindibili dalla musica, Fabrizio De Andrè: cosa le rimane di quella esperienza? Come lavoravate assieme sull’unione di parole e musica? «Lavoravamo soprattutto indagando, o, usando una parola facilmente fraintendibile, sperimentando: cioè tentando strade espressive diverse, fino a trovare la soluzione del problema poetico, narrativo e musicale. Le parole dovevano scorrere perfettamente sulla musica, le rime e il ritmo, dovevano fluire con grande semplicità, un lavoro faticoso di cesello. Partivamo da un testo con una musica abbozzata, magari banale, e poi io lavoravo alla stesura musicale, la quale richiedeva cambiamenti del testo, i quali a loro volta rimandavano a cambiamenti musicali… Un po’ a ping pong, direbbe Tonino Guerra». La musica è pericolosa, si intitola il concerto che terrà al festival –
«La musica è in grado di farci intravedere qualcosa in più della divinità che accompagna la nostra vita» riprendendo il titolo del suo libro. In che senso per lei la musica è pericolosa? «È pericolosa come pericolose sono le bellezze della vita, quelle autentiche, che comportano sempre una quota di rischio, una scommessa esistenziale. Parlo delle bellezze di una scoperta scientifica sconvolgente: che ti mette di fronte al fatto che la terra gira, o all’esistenza dell’antimateria, o alla teoria delle stringhe, agli universi paralleli. O anche la bellezza dell’innamoramento adolescenziale – per me qualunque innamoramento è sempre adolescenziale – o lo stupore di fronte a una nuova musica seducente che può modificarti intimamente. Ricordo quando –
facevo ancora le medie – scoprii la musica di Prokofiev, per la precisione il primo concerto per pianoforte e orchestra: ne rimasi sconvolto, cominciai a scoprire che al mondo non esiste solo ciò che vediamo e sapevamo, ma anche la dimensione del mistero, al quale mistero la musica ci permette di avvicinarci un po’. La musica, quella scintilla che scocca quando ci meravigliamo per le meraviglie di una nuova partitura, o di una nuova canzone, quell’estasi che nasce quando le prime volte cominciamo a capire l’opera 110 di Beethoven; la musica vera insomma, è in grado di farci intravedere qualcosa in più della divinità che accompagna la nostra vita, dalla culla
alla tomba». Che differenza c’è tra scrivere musica per il cinema e per il teatro? «Nel cinema la musica deve lavorare spesso in punta di piedi, agire a livello incosciente sullo spettatore che si concentra sulle immagini. Quando durante una proiezione ci scopriamo a dire “senti che bella musica” vuol dire che qualcosa narrativamente non funziona, il sonoro diventa una distrazione. È invece solo alla fine di un film ben musicato che ci rendiamo conto del carico emotivo che la musica può aver aggiunto. A teatro, al contrario, la musica deve avere, secondo me, il coraggio di presentarsi alla ribalta, di farsi sentire accanto agli attori, come un’attrice essa stessa. Naturalmente queste regole, che le ho espresso così di getto, sono piene di eccezioni». Ha collaborato con i più importanti registi: Fellini, Monicelli, Bellocchio, Benigni, Moretti, Tornatore… Com’è lavorare con registi dalla personalità così forte, come intervengono sul risultato finale delle musiche? «Più il regista ha una forte personalità
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il personaggio 53 Ravenna Festival Magazine 2015
e meglio si lavora. I veri autori di cinema sanno trarre il meglio dai collaboratori, a me è successo così. Ma non bisogna confondere la personalità artistica col narcisismo, il regista che sa darti indicazioni illuminanti, e quello che fa capricci, chi è autentico e chi vuole dire la sua senza avere gran che da dire». Quale film l’ha segnata di più nel suo modo di comporre? «In passato Salto nel vuoto di Marco Bellocchio. Recentemente Hungry heart di Saverio Costanzo: un lavoro che mi ha messo in contatto con un mio modo di esplorare musica e immagine che ignoravo. Ma anche L’olandese volante di John Stelling, un film di grandi mezzi, ma anche di grande libertà espressiva… Se non ricordo male, andò malissimo». Per concludere vorrei farle una domanda che mi ha sempre incuriosito. Che musica ascolta Nicola Piovani? «Mi viene da rispondere “tutti i generi di musica” come faccio spesso, ma è una risposta equivoca. Appena posso vado ai concerti sinfonici e da camera,
o all’Opera. Qualche volta faccio viaggi apposta per andare al Comunale di Firenze, o al San Carlo. Quando sono all’estero approfitto per infilarmi nei teatri e negli auditorium. Per quel che riguarda la musica registrata, le posso fotografare cosa c’è in questo momento nella mia teca di Spotify: la Quarta Sinfonia di Bruckner, un’antologia di Rufus Wainwright, Snob di Paolo Conte, una Valchiria diretta da Zubin Metha, La Rondine di Puccini, un’antologia di canzoni napoletane cantata da Salvatore Papaccio, un concerto live di Diana Krall, Brad Mehldau, Rubinstein che suona miracolosamente il concerto di Saint Seans, i Miserabili di Schoenberg (Claude-Michel, quello bravo), Los Nardos (una zarzuela), Daniele Silvestri, Nino Taranto (macchiette), Ligeti (Gran Macabre), A love supreme di Coltrane, Le anime morte di Alfred Schittke, Gershwin che suona Gershwin… Ma forse, la risposta giusta era proprio quella di prima: un po’ di tutto!». ❍
CAPPELLO RISTO PAG RFM:Rafest mastro 28/05/15 19.21 Pagina 1
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55-69 RFM CARTELLONE:Rafest mastro 29/05/15 15:04 Pagina 55
il cartellone 55 Ravenna Festival Magazine 2015
giovedì 4 giugno Palazzo Mauro De André, ore 21 CONCERTO INAUGURALE
ORCHESTRA DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO direttore ZUBIN MEHTA Ludwig van Beethoven Ouverture “Leonore” n. 3 in do maggiore op. 72b Richard Wagner Preludio e Morte di Isotta Pëtr Il’ic Cajkovskij Sinfonia n. 6 in si minore “Patetica” op. 74
light designer Vincent Longuemare video programmer Davide Broccoli set e visual design Ezio Antonelli prima dell’opera Gabriele Lavia legge Dante solisti Sonia Visentin soprano Claudia Pavone soprano Carlo Vistoli controtenore
domenica 7 giugno Teatro Alighieri, ore 21 LA TRADIZIONE DEL NUOVO OMAGGIO A PIERRE BOULEZ PER I SUOI 90 ANNI
PIERRE BOULEZ L’OPERA PIANISTICA
mdi ensemble commissione di Ravenna Festival prima rappresentazione assoluta coproduzione con Festival dei Due Mondi di Spoleto in collaborazione con Teatro della Toscana
sabato 6 giugno Palazzo Mauro De André, ore 21 DANTE NOSTRO CONTEMPORANEO
Pierre-Laurent Aimard Tamara Stefanovich Douze Notations Première Sonate Deuxième Sonate Troisième Sonate per pianoforte Formant 3: Constellation/Miroir Formant 2: Trope Incises Une page d’éphéméride Structures per due pianoforti a quattro mani - Deuxième Livre
LA VITA NUOVA cantata per voce recitante, soprano e piccola orchestra di Nicola Piovani con Elio Germano Rosa Feola soprano
ZUBIN MEHTA
venerdì 5 giugno Teatro Alighieri, ore 20.30 DANTE NOSTRO CONTEMPORANEO
laReverdie Claudia Caffagni voce, liuto Livia Caffagni voce, viella, flauti Elisabetta de Mircovich voce, viella, ribeca Sara Mancuso arpa, organo portativo, claviciterio Matteo Zenatti voce, arpa, tamburello
martedì 9 giugno Teatro Alighieri, ore 21 MUSICA AL TEMPO DI DANTE
TAMARA STEFANOVICH
RAVENNA CANTA IL SUO DANTE con Ivano Marescotti
lunedì 8 giugno
L’AMOR CHE MOVE IL SOLE E L’ALTRE STELLE
Basilica di San Francesco, ore 21 MUSICA AL TEMPO DI DANTE
PIÙ DURA CHE PETRA
video opera di Adriano Guarnieri per tre voci soliste, quintetto vocale, coro, ensemble strumentale, sette trombe e live electronics direttore Pietro Borgonovo regia di Cristina Mazzavillani Muti regia del suono e live electronics Tempo Reale
David Riondino
produzione Ravenna Festival
ensemble strumentale diretto da Nicola Piovani Marco Loddo contrabbasso Ivan Gambini percussioni Nando di Modugno chitarra Marina Cesari sassofono Aidan Zammit tastiera e strumentisti dell’Orchestra Giovanile Italiana commissione di Ravenna Festival prima rappresentazione assoluta coproduzione con Festival dei Due Mondi di Spoleto e Armonie d’Arte Festival
DAVID RIONDINO
rime dantesche e ardimenti musicali tra il XIII e il XIV secolo musiche di Arnaut Daniel, Jacopo da Bologna, Guglielmo di Francia, Francesco Landini, Jacob Senleches, Gilles Binchois NICOLA PIOVANI
voce recitante
IVANO MARESCOTTI
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56 il cartellone Ravenna Festival Magazine 2015 Franco Costantini musica e danza La Rossignol produzione Ravenna Festival in collaborazione con Società Dante Alighieri, Comitato di Ravenna
versione per orchestra commissionata da Ravenna Festival
giovedì 11 giugno Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, ore 21
LULLY, UN FIORENTINO A VERSAILLES
TOELETTATURA CANI E GATTI Bagni antiparassitari, Bagni curativi Tosature, Stripping e Tagli a forbice
Luigi Cherubini direttore Tonino Battista vocalist David Moss regia del suono Centro Tempo Reale - Firenze (Damiano Meacci) video Art Media Studio - Firenze
Giovanni Battista Lulli Te Deum e Dies Irae per soli, doppio coro e orchestra Orchestra Barocca “La Magnifica Comunità” Melodi Cantores direttore Elena Sartori prima esecuzione in versione integrale in tempi moderni
ore 18.30 Zona del silenzio (Tomba di Dante, Quadrarco di Braccioforte, Basilica di San Francesco e Chiostri francescani) Esecuzione itinerante di sette brani solistici, parte integrante di Divina.com (ingresso libero)
sabato 13 giugno Chiostri Francescani, ore 21.30
CANTAR DI DANTE IN OTTAVA RIMA terzine e quartine con accompagnamento di ciaramelle poeti estemporanei in ottava rima di Toscana e Lazio Marco Betti (Figline Valdarno) Donato De Acutis (Bacugno) Pietro De Acutis (Bacugno) Giampiero Giamogante (Cittareale) Niccolino Grassi (Massa Marittima) Francesco Marconi (Cittareale) Irene Marconi (Massa Marittima) Alessio Di Fabio ciaramelle
ELENA SARTORI
a cura di Cristina Ghirardini
venerdì 12 giugno Teatro Alighieri, ore 21 DANTE NOSTRO CONTEMPORANEO
Via Allende, 62 - Ravenna
DIVINA.COM
(di fronte al CinemaCity) Ingresso da via Gnani Info: 391.1882994 Valentina toelettaturabenessere@gmail.com
evento mixed media in 36 parti per vocalist, orchestra, live electronics e video di Daniele Lombardi Orchestra Giovanile
in collaborazione con Università degli Studi di Firenze
sabato 13 giugno Palazzo Mauro De André, ore 21.30
MICHAEL CLARK COMPANY ANIMAL / VEGETABLE / MINERAL coreografie Michael Clark
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il cartellone 57 Ravenna Festival Magazine 2015 luci Charles Atlas costumi Stevie Stewart, Michael Clark musiche di Scritti Politti, Public Image Ltd, Sex Pistols, Pulp e Relaxed Muscle commissionato da Barbican, Londra co-prodotto da Barbican di Londra, Michael Clark Company, Maison des Arts de CrÊteil, ThÊâtre de la Ville de Luxembourg, Tramway di Glasgow Michael Clark Company è sostenuta da Arts Coucil England
Michael Paumgarten bassi Luciano Fava, Leonardo Sagliocca Federico Bardazzi viella Marco Di Manno flauto Cecilia Fernandez flauto Dimitri Betti organo portativo Donato Sansone arpa gotica, cialamelli, gaita, symphonia Fabio Tricomi arpa gotica, daf, flauto e tamburo, oud, salterio, tamburello, viella, zarb Pueri Cantores della Cattedrale di Santa Maria in Sarzana maestro del coro Alessandra Montali direttore Federico Bardazzi produzione Ravenna Festival
prima italiana in esclusiva
domenica 14 giugno Palazzo Mauro De AndrĂŠ, ore 21
ROBERTO VECCHIONI meets ORCHESTRA GIOVANILE LUIGI CHERUBINI direttore Roberto Menicagli
lunedĂŹ 15 giugno Chiostro Biblioteca Classense, ore 21.30 MICHAEL CLARK COMPANY
domenica 14 giugno Basilica di San Francesco, ore 21 MUSICA AL TEMPO DI DANTE
LA MUSICA DELLA COMMEDIA laudi, inni e cantici spirituali progetto a cura di Suor Julia Bolton Holloway, Federico Bardazzi, Marco Di Manno videomaker Federica Toci voce recitante Paolo Lorimer Ensemble San Felice soprani Laura Andreini, Cecilia Cazzato, Lucia Focardi, Chiara Galioto alto Floriano D’Auria tenore
ENSEMBLE GIAPPONESE DI MUSICA E DANZA TRADIZIONALI Complesso strumentale giapponese Sakurakomachi Maki Isogai, Aoi Kajigano, Rin Nakashima, Yuko Fakuda, Asumi Yamano koto Sakuzan Sakurai shakuhachi Fumiko Arai strumenti a percussione Hitomi Nakamura voce progettazione e produzione Japan Performing Arts Foundation (NBS) con il patrocinio del Consolato Generale del Giappone
martedĂŹ 16 giugno
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58 il cartellone Ravenna Festival Magazine 2015 Palazzo dei Congressi, ore 21 DANTE NOSTRO CONTEMPORANEO
LE VISAGE DE LA COMÉDIE s.n.c
(IL VOLTO DELLA COMMEDIA) film-performance di Ghislaine Avan
ASSISTENZA TECNICA E MANUTENZIONE CALDAIE E CONDIZIONATORI PER IMPIANTI CIVILI E INDUSTRIALI www.amicogas.it www.assistenzacaldaie.it
con la partecipazione di Hélène Breschand arpa Michel Godard basso tuba e serpentone Ghislaine Avan tap dance prima visione assoluta
> AMICO GAS FORNISCE ASSISTENZA TECNICA caldaie a gas, condizionamento, pannelli solari, termoregolazione, per apparecchi ad uso civile e industriale. Videoispezione canne fumarie. Prove di tenuta impianti a gas. Trattamento acque.
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SERVIZI SPECIALI: > IGIENE INDUSTRIALE E AMBIENTALE
PER ALBERGHI, RISTORANTI, CAMPING e ovunque vengano richiesti controlli antibatterici sulle acque sanitarie
mercoledì 17 giugno
George Balanchine musica Pëtr Il’ic Čajkovskij luci Peter D. Leonard Dancing on the Front Porch of Heaven coreografia Ulysses Dove musica Arvo Pärt costumi Jorge Gallardo luci Björn Nilsson Return coreografia Robert Garland musiche Aretha Franklin e James Brown costumi Pamela Allen-Cummings luci Roma Flowers
giovedì 18 giugno
Palazzo Mauro De André, ore 21.30
Teatro Rasi, ore 21
DANCE THEATRE OF HARLEM
VIAGGIATORI DEGLI INFERI
The Lark Ascending coreografia Alvin Ailey musica Ralph Vaughan Williams costumi Bea Feitler luci Chenault Spence
una esplorazione musicale nel mondo delle ombre guidata da Guido Barbieri
Čajkovskij Pas de Deux coreografia
ZONE DI OPERATIVITÀ: > COMUNI DI RAVENNA, LUGO, FAENZA, CERVIA
Dolce Concento Ensemble direttore Nicola Valentini soprano Lavinia Bini controtenore Raffaele Pe basso Antonio Vincenzo Serra musiche di Monteverdi, Händel, Gluck, Mozart produzione Ravenna Festival
Assistenza e installazione climatizzatori, finanziamento a tasso Ø su tutti i nostri prodotti"
0544.270358 RAVENNA Viale Berlinguer, 54 (Palazzo degli Affari) Fax 0544.280112 - info@amicogas.it
DANCE THEATRE OF HARLEM
NICOLA VALENTINI
55-69 RFM CARTELLONE:Rafest mastro 29/05/15 16:01 Pagina 59
il cartellone 59 Ravenna Festival Magazine 2015
ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI
pianoforte Danilo Rea
venerdì 19, sabato 20 e domenica 21 giugno Russi, Palazzo San Giacomo, ore 20 L’OPERA EQUESTRE
musiche di Rossini, Bach, Liszt, Paradisi, Stravinskij e medley tematici alternati a libere improvvisazioni al pianoforte di Danilo Rea trascrizioni ed elaborazioni di Andrea Ravizza conduce Massimo Bernardini
SAGA IV IL CANTO DEI CANTI domenica 21 giugno corte transumante di Nasseta: libera compagnia di uomini, cavalli e montagne Giovanni Lindo Ferretti signore delle parole Marcello Ugoletti signore dei cavalli Cinzia Pellegri signora della corte Paolo Simonazzi signore delle arie e degli antichi strumenti Stefano Falaschi signore del ferro e del fuoco cavalieri e cavallanti musiche originali di Lorenzo Esposito Fornasari, Giovanni Lindo Ferretti, Luca Rossi nuovo allestimento per Ravenna Festival in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia con il contributo del Comune di Russi
sabato 20 giugno Palazzo Mauro de André, ore 21
60 ANNI DI SIGLE RAI Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai direttore Pietro Mianiti
o iv n l e d ta a r nis u lt go u c ta a l ro e p ov è D
Brisighella, Parco Vena del Gesso - Cava Marana dalle ore 10 alle 18.30 CONCERTO TREKKING
IL CANTO NELL’ANTRO concerto per anguane, grotte e specchi d’acqua Duo Alarc’h Simona Gatto voce, percussione Marta Celli arpa celtica, voce Orchestra d’archi della Scuola G. Sarti di Faenza diretta da Paolo Zinzani arrangiamenti orchestrali Vanni Crociani commissione di Ravenna Festival il percorso (km 10 a tappe D+350) Brisighella, Cava Monticino, Parco Carnè (Ristoro), Cava Marana (concerto), Brisighella in collaborazione con Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola
domenica 21 giugno Palazzo Mauro de André, ore 21
I Ì VIN D I R D E E N N I O E T T V O T N I NI AZ PIA ME G O ST ON INA U C B na G n e B e E n v A io , Ra D z ra 1 3 IN to i 1 1 l 7 s r Ri spe 34 Pau on Ga 544 x & c r e : 0 le Ba e D no k: A o cid elef boo l A t ce via Fa
55-69 RFM CARTELLONE:Rafest mastro 29/05/15 17:23 Pagina 60
60 il cartellone Ravenna Festival Magazine 2015
LE QUATTRO STAGIONI VIVALDI RECOMPOSED Ensemble barocco L’Arte del Mondo maestro concertatore Werner Ehrhardt violino solista Daniel Hope Antonio Vivaldi Le quattro stagioni Max Richter Vivaldi Recomposed (prima esecuzione in Italia)
lunedì 22 giugno
bar, piccola ristorazione, aperitivi
Refettorio di San Vitale ore 21 prima parte ore 22.30 seconda parte MUSICA AL TEMPO DI DANTE
LUCE NELL’OMBRA La Morra Ensemble VivaBiancaLuna Biffi voce e archi Corina Marti flauti e tastiere medievali Michal Gondko liuto a plettro medievale
mercoledì 24 giugno Artificerie Almagià, ore 21 DANTE NOSTRO CONTEMPORANEO
UN INSTANT ENTRE DEUX INSTANTS (UN ISTANTE TRA DUE ISTANTI) Ghislaine Avan regia, tap-dance Alexandre Yterce elettroacustica video Luca Brinchi, Maria Elena Fusacchia Compagnie Tempo Cantabile prima assoluta
giovedì 25 giugno
musica di Francesco Landini da Firenze
Teatro Rasi, ore 21
Ensemble Korymbos direttore Alessandra Fiori
TEATRO DELLE ALBE
Canti dei monasteri femminili del XIII e XIV secolo
IL VOLO
martedì 23 giugno Rocca Brancaleone, ore 21.30 PER I 70 ANNI DELLA LIBERAZIONE
BELLA CIAO
RAVENNA VIA ARNALDO GUERRINI 9 Tel. 0544 218227 - caffebelli.ravenna@gmail.com
BELLA CIAO
con Ginevra Di Marco, Lucilla Galeazzi ed Elena Ledda voci Alessio Lega voce, chitarra Andrea Salvadori chitarra Gigi Biolcati percussioni e cori Riccardo Tesi organetto e direzione musicale a cura di Franco Fabbri regia di Silvano Piccardi
La ballata dei picchettini di Luigi Dadina, Laura Gambi e Tahar Lamri con Tahar Lamri, Luigi Dadina narrazione Francesco Giampaoli basso e percussioni Diego Pasini basso e percussioni Lanfranco Vicari-Moder rap regia Luigi Dadina scene e costumi Pietro Fenati, Elvira Mascanzoni co-produzione Teatro delle Albe/Ravenna Teatro, Ravenna Festival prima rappresentazione
venerdì 26 giugno Teatro Alighieri, ore 21
ATERBALLETTO
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il cartellone 61 Ravenna Festival Magazine 2015 Jean-Yves Thibaudet pianoforte Johannes Brahms Sinfonia n. 3 in fa maggiore op. 90 Maurice Ravel Concerto per pianoforte e orchestra in sol maggiore Claude Debussy La mer tre schizzi sinfonici dedicati a Jacques Durand
E-INK DI
ATERBALLETTO
venerdì 26 giugno Chiostro Biblioteca Classense, ore 21.30
e-ink coreografia Michele Di Stefano (1999) musica Paolo Sinigaglia riallestimento nell’ambito del Progetto RIC.CI (Reconstruction Italian Contemporary Choreography) ideazione e direzione artistica Marinella Guatterini Upper-East-Side coreografia Michele Di Stefano musica Lorenzo Bianchi Hoesch Tempesta/The Spirits coreografia Cristina Rizzo musiche autori vari
venerdì 26 giugno Palazzo Mauro de André, ore 21
CANTI NOMADI 1
VOCI NOMADI l’incontro del canto a tenore sardo col canto difonico della Mongolia Cuncordu e Tenore de Orosei Mario Siotto bassu Gian Nicola Appeddu contra Piero Pala mesuvoche Tonino Carta voche Massimo Roych voche, trunfa, flauto pipiolu Tsogtgerel Tserendavaa canto khoomij, flauto tsuur, viella morin-khuur Garzoring Nergui canto khoomij, liuto tovshuur, viella morin-khuur
MÜNCHNER PHILHARMONIKER direttore SEMYON BYCHKOV
VOCI NOMADI
sabato 27 giugno Palazzo Mauro de André, ore 21
DANTE SYMPHONIE
SEMYON BYCHKOV
DanteXperience concerto multimediale Budapest MAV Symphony Orchestra Angelica Girls’ Choir di Budapest ideazione, regia e direzione Vittorio Bresciani voce recitante Chiara Muti
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62 il cartellone Ravenna Festival Magazine 2015
DEI CANTICI di Alessandro Grandi maestro a Venezia al fianco di Monteverdi
BUDAPEST MAV SYMPHONY ORCHESTRA
Pëtr Il’ic Cajkovskij Francesca da Rimini, fantasia sinfonica in mi minore (dal V Canto dell’Inferno di Dante) op. 32 Franz Liszt Dante-Symphonie produzione Festival di Primavera di Budapest Studiomusica Hungary
I Cantori di San Marco Alice Borciani, Elena Modena soprani Julio Fioravanti controtenore Marco Mustaro, Dino Lüthy tenori Marcin Wyszkowski basso Nicola Lamon organo Gianluca Geremia tiorba direttore Marco Gemmani Mottetti a 5, 6, 7 voci prime esecuzioni in tempi moderni
sabato 27 giugno Chiostro Biblioteca Classense, ore 21.30 CANTI NOMADI 2
SONGS FROM A NO MAN’S LAND Elina Duni Quartet & Roberto Ottaviano
I CANTORI DI SAN MARCO
lunedì 29 giugno Basilica di San Vitale, ore 21
ELINA DUNI
Via San Gaetanino n°104 - 48100 Ravenna Tel. 0544-454119 - Fax. 0544-688706 info@casadellatenda.com
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domenica 28 giugno Basilica di San Vitale, ore 21
IL CANTICO
FIGLIA DEL TUO FIGLIO Graciela Gibelli soprano Margot Oitzinger contralto Thomas Walker tenore Il Suonar Parlante Rodney Prada
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il cartellone 63 Ravenna Festival Magazine 2015
LEGO DI ATERBALLETTO VITTORIO GHIELMI
viola da gamba Cristiano Contadin viola da gamba Vittorio Ghielmi viola da gamba Luca Pianca liuto Cuncordu de Orosei Giovanni Rosu voche Paolo Burrai mesuvoche Martino Corimbi cronta Franco Sannai bassu direttore Vittorio Ghielmi Stabat Mater tradizionale sardo a 4 voci Stabat Mater di Josquin Desprez Stabat Mater di Arvo Pärt
martedì 30 giugno Palazzo Mauro de André, ore 21.30 ATERBALLETTO
LEGO ANTITESI Lego coreografia, scena e costumi Giuseppe Spota musiche Ezio Bosso, A Filetta, Jóhann Jóhannsson, Ólafur Arnalds/Nils Frahm video e sound design OOOPStudio Antitesi
coreografia Andonis Foniadakis musiche italiane dal XVI al XX secolo sound design Julien Tarride costumi Kristopher Millar & Lois Swandale luci Carlo Cerri
mercoledì 1 luglio Chiostro Biblioteca Classense, ore 21.30
PACIFIC QUARTET VIENNA European Chamber Music Academy Scuola di Musica di Fiesole YuTa Takase violino Eszter Major violino Chin-Ting Huang viola Sarah Weilenmann violoncello Alessandro Scarlatti Sonata a 4 in re minore n. 4 Wolfgang Amadeus Mozart Quartetto in re minore KV 421 Robert Schumann Quartetto in la maggiore op. 41 n. 3
giovedì 2, venerdì 3 sabato 4 e domenica 5 luglio
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64 il cartellone Ravenna Festival Magazine 2015 Teatro Alighieri giovedì e venerdì ore 21 sabato e domenica ore 15.30 e 21
con Emiliano Visconti flauto e live electronics Fabio Mina
NEW ADVENTURES
MATTHEW BOURNE’S THE CAR MAN Bizet’s Carmen Re-Imagined regia e coreografia Matthew Bourne musiche di Terry Davies (da Rodion Shchedrin e Georges Bizet) scene e costumi Lez Brotherston luci Chris Davey suono Paul Groothuis direttore associato Etta Murfitt co-direttore residente Neil Westmoreland
INSTALLAZIONE E MANUTENZIONE DI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO CONDIZIONAMENTO, ENERGIE RINNOVABILI E RIPARAZIONI IDRAULICHE
venerdì 3 luglio Pineta San Giovanni (Micoperi), ore 21.30
THE REAL GROUP 30 anni di musica vocale Emma Nilsdotter, Katarina Henryson, Anders Edenroth, Peder Karlsson, Anders Jalkéus
il progetto è sostenuto dall’Arts Council England grazie al programma di fondi Grants for the Arts prima italiana in esclusiva
THE REAL GROUP
sabato 4 luglio Palazzo Mauro De André, ore 21 LE VIE DELL’AMICIZIA: L’ALBERO DELLA VITA, RAVENNA-OTRANTO
Detrazioni fiscali 50%-65% FINANZIAMENTO TASSO ZERO Scegliere Eco Clima srl vuol dire: •Beneficiare di ulteriori vantaggi •Alta qualità dei marchi trattati •Certezza del servizio di altissimo livello •Verifiche iniziali e assistenza garantita 24 ore su 24
MATTHEW BOURNE’S THE CAR MAN
ORCHESTRA GIOVANILE LUIGI CHERUBINI LA STAGIONE ARMONICA
venerdì 3 luglio Chiostro Biblioteca Classense, ore 18.30
direttore RICCARDO MUTI
DI COMMEDIA IN COMMEDIA
maestro del coro Sergio Balestracci con la partecipazione di musicisti di Coro e Orchestra del Teatro Petruzzelli
incontro con Patrizia Valduga in dialogo
Arvo Pärt Orient & Occident per orchestra d’archi
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il cartellone 65 Ravenna Festival Magazine 2015 Franz Joseph Haydn da Die Schöpfung Hob.XXI:2 (La Creazione) parte terza recitativo “Aus Rosenwolken bricht” tenore Matthias Stier duetto e coro “Von deiner Güt, o Herr und Gott” soprano Rosa Feola baritono Thomas Tatzl Giuseppe Verdi Te Deum per doppio coro e orchestra
per orchestra d’archi Franz Joseph Haydn da Die Schöpfung Hob.XXI:2 (La Creazione) parte terza recitativo “Aus Rosenwolken bricht” tenore Matthias Stier duetto e coro “Von deiner Güt, o Herr und Gott” soprano Rosa Feola baritono Thomas Tatzl Giuseppe Verdi Te Deum per doppio coro e orchestra
martedì 7 e mercoledì 8 luglio Chiostro Biblioteca Classense LA TRADIZIONE DEL NUOVO OMAGGIO A BÉLA BARTÓK PER I 70 ANNI DALLA SCOMPARSA
BÉLA BARTÓK INTEGRALE DEI QUARTETTI PER ARCHI
RICCARDO MUTI
lunedì 6 luglio Cattedrale di Otranto, ore 21 LE VIE DELL’AMICIZIA: L’ALBERO DELLA VITA, RAVENNA-OTRANTO
ORCHESTRA GIOVANILE LUIGI CHERUBINI LA STAGIONE ARMONICA direttore RICCARDO MUTI maestro del coro Sergio Balestracci con la partecipazione di musicisti di Coro e Orchestra del Teatro Petruzzelli Arvo Pärt Orient & Occident
QUARTETTO ACCORD
martedì 7 luglio, ore 18.30
Quartetto Accord Péter Mezo violino Csongor Veér violino Péter Kondor viola Mátyás Ölveti violoncello Quartetti per archi n. 1 op. 7 Sz 40 e n. 3 Sz 85 martedì 7 luglio, ore 21.30
Quartetto Kelemen Barnabás Kelemen
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66 il cartellone Ravenna Festival Magazine 2015 violino Katalin Kokas violino e viola Oskar Varga violino e viola Dóra Kokas violoncello
Divertimento per archi Johannes Brahms Danze ungheresi nn. 5 e 6 Béla Bartók Danze popolari rumene Franz Liszt Rapsodia ungherese n. 2 (trascrizione di Peter Wolf)
Quartetti per archi n. 2 op. 17 Sz 67 e n. 4 Sz 91 mercoledì 8 luglio, ore 21.30
Quartetto Kelemen e Quartetto Accord Quartetti per archi nn. 5 Sz 102 e 6 Sz 114 Felix Mendelssohn Ottetto in mi bemolle maggiore per archi op. 20
BUDAPEST STRINGS ORCHESTRA
giovedì 9 luglio
ideazione Pieter C. Scholten direttore d’orchestra Rolf Verbeek drammaturgia Jesse Vanhoeck luci Henk Danner, Paul Beumer scenografia Paul Beumer costumi Clifford Portier video Rafael Kozdron musiche di Giuseppe Verdi brani da “Don Carlo”, “Otello”, “La traviata”, “Il trovatore”, “Rigoletto”, “La forza del destino”, Messa di Requiem
Palazzo Mauro de André, ore 21.30
danzatori Dereck Cayla, Quentin Dehaye, Kelly Hirina, Arad Inbar, Edward Lloyd, Arnaud Macquet, Helena Volkov
BUDAPEST STRINGS ORCHESTRA
ICKAMSTERDAM EMIO GRECO PIETER C. SCHOLTEN
cantanti Capucine Chiaudani, Anna Emelianova, Marjolein Niels
Ferenc Erkel “Palotás” Béla Bartók
I Soprano coreografia Emio Greco | Pieter C. Scholten
giovedì 9 luglio Chiostro Biblioteca Classense, ore 21.30
C
E EN T R O S TE TIC O
musicisti Daniel Boeke, Lidwine Dam, Merel Junge, Arthur Klaassens, Toska Kieft, Margreet Mulder, Nadine van Mervwe, James Isaac Oesi, Niels Verbeek, Geneviève Verhage, Marit Vliegenthart co-produzione ICKamsterdam e Opera Zuid prima italiana in esclusiva con il supporto di Stichting AMMODO, Performing Arts Fund NL (FPK), il Comune di Amsterdam e EU Culture
CONCERTATO musica e parole di Nicola Piovani Ensemble Aracoeli Marina Cesari sax, clarinetto Pasquale Filastò violoncello, chitarra Ivan Gambini batteria, percussioni Marco Loddo contrabbasso Aidan Zammit tastiere Nicola Piovani pianoforte produzione Compagnia della Luna
venerdì 17 luglio Piazzale Saline di Cervia, ore 21
MERCANTI DI SALE 1 DALLE TERRE E DAI MARI... DI SARDEGNA preludio Quando la musica… sale Fabio Mina flauti, field recordings dei suoni delle saline e live electronics Marcello Fois e Gavino Murgia Mediterranean Trio Marcello Fois voce narrante Gavino Murgia sax soprano, tenore e voce “gutturale” Marcello Peghin chitarre e live electronics Pietro Iodice drums con il contributo del Comune di Cervia
domenica 19 luglio Cervia, Milano Marittima
MERCANTI DI SALE 2 DALLE TERRE E DAI MARI... DI SICILIA sole e sale dall’alba al tramonto I SOPRANO
Ravenna, Via Porto Coriandro, 7/C Tel. 0544 456554 ORARIO CONTINUATO dal martedì al venerdì ore 9-18.30 sabato ore 9-18 info@centroesteticosolidea.it Centro Estetico Solidea
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Foce canale delle saline, ore 6
sabato 11 luglio Pineta San Giovanni (Micoperi), ore 21.30
Fabio Mina flauti e Peppe Frana oud
LA MUSICA È PERICOLOSA
Pineta di Cervia-Milano Marittima, ore 18
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il cartellone 67 Ravenna Festival Magazine 2015 Trekking “la via del sale” Woodpecker, ore 19 Casa delle Aie (Ristoro), ore 20 Pineta di Cervia-Milano Marittima, ore 21.30 Davide Enia Rita Botto e la Banda Diavola Terra ca nun senti Terme di Cervia, ore 23.30 Lounge underwater sounds con il contributo del Comune di Cervia
giovedì 23, sabato 25 e domenica 26 luglio Teatro Alighieri, ore 20.30 GIUSEPPE VERDI
FALSTAFF commedia lirica in tre atti, libretto di Arrigo Boito
dalla commedia Le allegre comari di Windsor e dal dramma Enrico IV di William Shakespeare Sir John Falstaff Kiril Manolov Ford Federico Longhi Fenton Giovanni Sebastiano Sala Dott. Cajus Giorgio Trucco Bardolfo Matteo Falcier Pistola Graziano Dallavalle Mrs. Alice Ford Eleonora Buratto Nannetta Damiana Mizzi Mrs. Quickly Isabel De Paoli Mrs. Meg Page Anna Malavasi l’oste della Giarrettiera Ivan Merlo Robin paggio di Falstaff Michael D’Adamio DanzActori del Teatro Alighieri
direttore RICCARDO MUTI regia e ideazione scenica Cristina Mazzavillani Muti light design
FALSTAFF
Vincent Longuemare scene Ezio Antonelli costumi Alessandro Lai visual design Davide Broccoli Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Coro del Teatro Municipale di Piacenza maestro del coro Corrado Casati produzione di Ravenna Festival allestimento in occasione di EXPO 2015 in collaborazione con la Regione Emilia Romagna
lunedì 27 luglio Teatro Alighieri, ore 21
RICCARDO MUTI ITALIAN OPERA ACADEMY GALA Orchestra Giovanile Luigi Cherubini estratti dall’opera “Falstaff” Riccardo Muti introduce i direttori della sua prima master class
e r a m i d a n i c Cu uemila11 dal d
Viale Baracca 74 - (retro) Via Cura 37 RAVENNA Tel. 0544 212713 - Cell. 331 5495051
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68 il cartellone Ravenna Festival Magazine 2015
Musica sacra e liturgia nelle Basiliche
domenica 7 giugno
Basilica di Sant’Agata Maggiore, ore 11.30
Basilica di San Francesco, ore 11.15
Il festival aggiornato in tempo reale sui social network
In Templo Domini
MESSA A RAVENNA AL TEMPO DI DANTE
In Templo Domini
LITURGIA IN CANTO VOLGARE
BRANI TRATTI DALL’UFFICIO DI SAN SEVERO, VESCOVO DI RAVENNA, RISALENTE AL XI SECOLO
LAUDE DELLE CONFRATERNITE LAICHE DEL XIII SECOLO
LUDUS VOCALIS direttore Stefano Sintoni
LAREVERDIE
Il Ravenna Festival è presente anche sui social network, con aggiornamenti e approfondimenti sugli spettacoli della XXV edizione. La pagina Facebook conta più di 9mila follower, mentre il profilo Twitter, aggiornato in tempo reale dagli utenti, fornisce notizie ancora prima dei siti di informazione. Su Youtube e Instagram invece sono presenti rispettivamente i video e le foto di estratti degli spettacoli.
domenica 14 giugno domenica 28 giugno
Basilica di San Francesco, ore 11.15 In Templo Domini
Basilica di San Vitale, ore 10.30
LA MESSA DI DANTE
In Templo Domini
BRANI LITURGICI CITATI NELLA COMMEDIA ENSEMBLE SAN FELICE direttore Federico Bardazzi
domenica 21 giugno
Info & Servizi Punto d’incontro Allʼinterno del Teatro Alighieri è stato creato un accogliente punto di incontro dove è possibile entrare liberamente e ricevere informazioni su tutte le attività del Festival ma non solo. Un modo per essere vicino alla cultura della città. Qui sarà possibile leggere i quotidiani, avere a disposizione la rassegna stampa, acquistare i programmi di sala, partecipare ad incontri e conferenze con ascolti e visioni. Dal 3 giugno: tutti i giorni dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 17 alle 20.
Il pullmann del Festival Per gli spettacoli al Pala De André, sarà attivo un servizio di trasporto gratuito (andata e ritorno) dalla Stazione Ferroviaria: Stazione - Pala De André - Stazione / 2 corse - ore 20.15 e 20.30
IL CUORE SACRO DELL’EUROPA ANTIFONE DI HILDEGARD VON BINGEN E MOTTETTI DAL CODEX LAS HUELGAS
Servizio taxi Stazioni di sosta / Stopping areas: Stazione Ferroviaria - Piazza Farini | Piazza Garibaldi
I CANTORI DI SAN MARCO direttore Marco Gemmani
Ossigeno iperbarico: benessere e cura dal mare Nel 2000 avanti Cristo, il saggio Utnapishtim rivelò al re della Mesopotamia (Iraq) che il segreto della immortalità era nel fondo del mare. Le nostre cellule sono composte per l’80-90% d’acqua. Ogni giorno sono sottoposte a stress ossidativi come smog, cattiva alimentazione, poco sonno, scarsa attività fisica, eccesso di alimenti acidificanti (carne, formaggi, salumi) o carenza di alimenti alcalinizzanti (frutta, verdura). Metà dei pazienti seguiti dai medici di famiglia riferiscono alterazioni neurovegetative quali stanchezza cronica, acidità di stomaco, ansia, insonnia, invecchiamento precoce. Lo “stress della vita moderna” induce una infiammazione subdola che altera il sistema immunitario. Nel lungo termine si può instaurare la Malattia Infiammatoria Cronica Sistemica (CIDS), madre delle malattie degenerative quali la demenza precoce, l’Alzheimer, il diabete, le malattie del cuore e tumori. Estetica, alimentazione ed energia sono la chiave dei tre percorsi che caratterizzano la medicina estetica e rigenerativa praticata al Centro Iperbarico Ravenna. Analisi dei disturbi alimentari, analisi della composizione corporea e dieta su misura. Stimolazione elettrica (FREMS), osteopatia (con facilitazione della respirazione tramite SpiroTiger), ossigenoterapia iperbarica.
Piccole dosi di ossigeno educano l’organismo a difendersi dagli attacchi esterni e innescano la produzione del monossido di azoto, l’ormone della gioventù che lubrifica i vasi sanguigni. Oltre che per la prevenzione, la terapia iperbarica è appropriata per le patologie neurologiche, oculistiche, otorinolaringoiatriche, ortopediche, chirugiche (preparazione per interventi) e oncologiche (potenziamento della chemio e radioterapia, riduzione delle metastasi). Il Centro Iperbarico Ravenna è eccellenza per i trattamenti post traumatici e la riabilitazione sportiva. E’ stato scelto da sportivi del calibro di Michael Dohan e Valentino Rossi. Inoltre, uno studio della Regione Emilia Romagna (2009) ha evidenziato che, con il contributo del Centro Iperbarico, i pazienti diabetici ravennati hanno la metà della probabilità di amputazione degli arti inferiori rispetto al resto della popolazione diabetica della Regione. Il Centro Iperbarico Ravenna, operativo da oltre 25 anni, collabora con diverse Università per la ricerca. E’ integrato nel Dipartimento Emergenze (118). Include l’importante Centro Cura Ferite Difficili per la cura delle ulcere della pelle. Il Centro nasce nel 1989, come idea di Franco Nanni e Faustolo Rambelli ed è diretto dal dottor Pasquale Longobardi. Ogni anno nel Centro vengono trattati 1.500 pazienti per oltre cinquantamila prestazioni. Lo staff medico e infermieristico ha la competenza per affrontare le diverse patologie con percorsi terapeutici multidisciplinari.
Per contatti Centro Iperbarico Ravenna, Via A. Torre 3, Ravenna. Tel. 0544.500152 – fax. 0544.500148. mail: segreteria@iperbaricoravenna.it www.iperbaricoravenna.it – www.iperbaricoravennablog.it www.facebook.com/centroiperbarico.ravenna
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il cartellone 69 Ravenna Festival Magazine 2015
Festival e dintorni
Biglietteria: modalità e orari
venerdì 5 giugno Centro Relazioni Culturali, Sala D’Attorre, ore 18 Per leggere, per ascoltare, per guardare ascoltando
LA FORZA DELLE PAROLE MOZART DRAMMATURGO (EINAUDI) incontro con l’autore, Paolo Gallarati
venerdì 12 giugno Centro Relazioni Culturali, Sala D’Attorre, ore 18 Per leggere, per ascoltare, per guardare ascoltando
E SUSANNA NON VIEN AMORE E SESSO IN MOZART (FELTRINELLI)
QUIRINO PRINCIPE
incontro con le autrici, Leonetta Bentivoglio e Lidia Bramani
venerdì 19 giugno Centro Relazioni Culturali, Sala D’Attorre, ore 18 Per leggere, per ascoltare, per guardare ascoltando
TANNHÄUSER L’UMANO ATTERRITO DAL SOPRANNATURALE (JACA BOOK)
Prevendite • www.ravennafestival.org • Cassa di Risparmio di Ravenna • IAT Cervia via Evangelisti 4, tel. 0544 974400 • IAT Marina di Ravenna piazzale Marinai dʼItalia 17, tel. 0544 531108 • IAT Milano Marittima piazzale Napoli 30, tel. 0544 993435 • IAT Punta Marina Terme via della Fontana 2, tel. 0544 437312 • IAT Ravenna Piazza Caduti per la Libertà c/o URP Palazzo della Provincia 2, tel. 0544 35404 • IAT Ravenna Teodorico via delle Industrie 14, tel. 0544 451539 • Vivaticket Circuit www.vivaticket.it Informazioni generali Gli abbonamenti, i carnet e i singoli
biglietti acquistati non possono essere rimborsati, non sono nominativi e possono essere ceduti ad altre persone. Tariffe ridotte riservate a: Associazioni liriche, Cral, insegnanti, under 26, over 65, enti convenzionati, possessori di carta bianca. Servizio di prevendita: il servizio di prevendita comporta la maggiorazione del 10% sui prezzi dei carnet e dei biglietti (maggiorazione che non sarà applicata ai biglietti acquistati al botteghino nel giorno di spettacolo). Gruppi e associazioni Alle agenzie e ai gruppi (minimo 15 persone) sono riservati specifici contingenti di biglietti e condizioni agevolate. Ufficio Gruppi: tel. 0544 249251 gruppi@ravennafestival.org
BIGLIETTERIA / BOX OFFICE Teatro Alighieri via Mariani 2, Ravenna Tel. +39 0544 249244 - Fax +39 0544 215840 tickets@ravennafestival.org
Orari: dal lunedì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 18. Domenica dalle 10 alle 13. Nelle sedi di spettacolo da unʼora prima dellʼevento.
incontro con l’autore, Quirino Principe
Cucina tipica e specialità di mare Tutti i lunedì sera d'inverno
Brodetto di pesce acqua e vino compresi 20 € I lunedì d'estate
Cruditá di pesce a 25€ Ogni prima domenica del mese da ottobre a maggio
<DrinKave> l'aperitivo della grotta con musica live
Tel. 0546.81488
BRISIGHELLA Via Metelli 1
www.ristorante-lagrotta.it ristorantelagrotta@hotmail.it Chiuso il mercoledì
70 72 RFM2015:Rafest mastro 29/05/15 13:33 Pagina 70
70 danza Ravenna Festival Magazine 2015
Come si ri-costruisce
una coreografia?
Parla Marinella Guatterini, ideatrice del progetto RIC.CI che quest’anno porta al Festival il lavoro di Michele Di Stefano coi giovani di Aterballetto «L’obiettivo è riconoscere il passato prezioso, spesso profetico...»
DI ROBERTA BEZZI
Il progetto RIC.CI (Reconstruction Italian Contemporary Choreography) – che porta in scena storiche coreografie con giovani interpreti – è nuovamente protagonista al Ravenna Festival 2015, con il riallestimento di e-ink, una coreografia di Michele Di Stefano , Leone d’Argento alla Biennale Danza 2014. Forte del successo che il duetto ottenne nel 1999 con la compagnia Mk, viene portato in scena dai giovani ballerini di Aterballetto, venerdì 26 giugno alle 21, nella cornice del Teatro Alighieri. La coreografia apre un trittico tutto italiano, di cui fanno parte anche Upper-East-Side sempre di Di Stefano e Tempesta/The Spirits di Cristina Rizzo. Ideatrice, nonché direttrice artistica del progetto, è la critica di danza Marinella Guatterini. L’abbiamo intervistata. Quando è nata l’idea? «Avevo in testa l’idea già dal 2010 ma si è concretizzata solo l’anno dopo, grazie a questa immensa macchina di produttori e organizzatori che si sono resi disponibili. Avevo già elaborato un “Progetto neoclassico” per il teatro della mia città di origine, il Ponchielli di Cremona, per sottolineare una rivoluzione del
“e-ink”
balletto e del linguaggio accademico. Ho voluto esprimere un mio pensiero su questo avvicinamento del contemporaneo al linguaggio del balletto, della danse d’école. Anche il progetto RIC.CI nasce come una mia osservazione critica su quanto stava accadendo a livello internazionale. Vedevo che al di qua e al di là dell’oceano, i coreografi contemporanei riportavano alla luce i loro repertori passati, quelli dell’inizio della loro carriera, e questo mi è sembrato interessante». Non a caso il progetto ha per sottotitolo eloquente “Mettiamo in moto la memoria”… «Sì. La sua principale finalità è riconoscere il passato prezioso,
creativamente originale, spesso profetico della nostra coreografia contemporanea. Il valore della memoria non poteva essere perso. In riferimento all’Italia, mi domandavo: “Perché dimentica il proprio passato?”. Eppure viviamo in città straripanti di passato. Prima di allora nessuno aveva pensato a questa valorizzazione. Avrei potuto limitarmi a scrivere un libro, ma ho preferito vedere se si creavano le condizioni affinché alcune
coreografie topiche degli anni Ottanta e Novanta potessero essere ricostruite, ovviamente dallo stesso coreografo, ma portate in scena da giovani interpreti, come un ideale passaggio del testimone». Qual è il bilancio di questi cinque anni di progetto? «Decisamente positivo grazie anche a continue sorprese. Negli anni ’80 e ’90 c’era un fermento particolare di ricerca che coinvolgeva tutte le arti, dal teatro alle arti visive, dalla danza all’arte contemporanea. e-ink è l’ultimo in ordine di tempo, dopo che negli anni abbiamo riallestito: Duetto di Virgilio Sieni e Alessandro Certini, una produzione del 1989 per il non più esistente gruppo Parco Butterfly, affidata alla compagnia Fattoria Vittadini; Calore di Enzo Cosimi, creazione del 1982, dell’allora compagnia del coreografo, denominata Occhèsc, affidata alla compagnia Enzo Cosimi; La Boule de neige di Fabrizio Monteverde del 1985, una produzione della non più esistente compagnia Baltica, affidata al Balletto di Toscana Junior; Terramara di Antonella Bertoni e Michele Abbondanza del 1991, affidata alla compagnia Abbondanza/Bertoni; Pupilla di Valeria Magli risalente l 1983, portata in scena dalla DanceHaus Company. Per meglio svelare al pubblico il processo di
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72 danza Ravenna Festival Magazine 2015
Una scena di “Upper East Side” con i ballerini di Aterballetto
ricostruzione, offriamo una documentazione precisa che, oltre alla riproduzione completa degli spettacoli, comprende interviste, libri e ‘capsule del tempo’, ossia documentari».
Quali sono state le sorprese? «Le produzioni hanno avuto un insperato successo. Per esempio Calore è in giro da tre anni anche all’estero, Terramara da due. La critica è sempre stata entusiasta.
La fatica di mettere insieme otto diverse ‘teste’ e organizzatori dal Nord al Sud, alla fine ha ripagato. Per e-ink credo ci siano tutte le condizioni perché possa fare altrettanto bene».
“Tempesta” di Aterballetto
Quali sono i punti di forza di e-ink? «È un duetto straordinario, anche nella versione di Aterballetto, una grande compagnia che ha accettato di prendere parte al progetto. Rivela una grande freschezza, una varietà e un corpo coreografico su cui vale la pena riflettere. Un lavoro breve, di appena dodici minuti, ma di notevole intensità e di grande pulizia coreografica. Il lavoro che Di Stefano creò nel 1999 per la sua compagnia Mk, acquista oggi con i danzatori di Aterballetto, Damiano Artale e Philippe Kratz, un’altra dimensione per la loro più elevata alfabetizzazione. Un lavoro d’esordio che ha avuto al suo apparire una grande fortuna di pubblico e critica, con oltre 70 repliche in Italia e all’estero». Quale sarà la prossima ‘ricostruzione’ coreografica? «È già pronto Uccidiamo il chiaro di luna, lavoro coreografico di Silvana Barbarini sul futurismo molto bello e con tanti interpreti». ❍
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74 danza Ravenna Festival Magazine 2015
Nuove sperimentazioni tra classico e contemporaneo DI ROBERTA BEZZI
La compagnia Aterballetto è una compagnia di balletto contemporaneo. Fondata a Reggio Emilia da Vittorio Biagi nel 1979, con l’Orchestra dell’Ater e la Compagnia di Prosa EmiliaRomagna Teatro è una delle sezioni dell’Ater, acronimo di Associazione Teatrale EmiliaRomagna. Da allora la compagnia produce e distribuisce spettacoli di danza in Italia con forma stabile al di fuori del circuito delle fondazioni liriche. Dopo Amedeo Amodio, che l’ha diretta dal 1997 al 2007, la direzione artistica è stata affidata a Mauro Bigonzetti. Dal 2008 Bigonzetti assume il ruolo di coreografo principale della compagnia e la direzione artistica viene affidata a Cristina Bozzolini. Nel corso della sua storia, per il contributo di Mauro Bigonzetti e degli autori che hanno collaborato con la compagnia – Jiri Kylian, William Forsythe, Ohad Naharin, Iztik Galili, Fabrizio Monteverde, Jacopo Godani, Eugenio Scigliano – la vocazione della compagnia al balletto contemporaneo si è consolidata. L'attività della Fondazione Nazionale della Danza Aterballetto è sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali italiano, dagli Istituti italiani di cultura e dalle ambasciate italiane del Ministero degli Affari Esteri.
Aterballetto è protagonista della sezione danza del Ravenna Festival 2015, con ben due spettacoli sotto la direzione di Cristina Bozzolini. Pur senza staccare completamente dal passato, la direttrice ha saputo miscelare la perfezione tecnica del classico con l’innovazione del contemporaneo. Il sipario del Teatro Alighieri si apre venerdì 26 giugno alle 21, sul sorprendente trittico tutto italiano di Aterballetto in cui soffia un vento di novità contemporanee. Due le coreografie portate da Michele Di Stefano, già Leone d’Argento alla Biennale Danza 2014, con UpperEast-Side ed e-ink. Il primo è un lavoro formalistico tentato da un nomadismo concettuale, fatto di fragilità, coraggio, aspirazione a impossessarsi fisicamente di un luogo. Il secondo è un duetto di sussultante, tragica e comica goffaggine, fuoriuscito dall’ormai lunga e collaudata lista del progetto Ric.Ci, cui anche il ringiovanito Aterballetto ha aderito. Da ammirare anche Tempesta/The Spirits di Cristina Rizzo: una danza pura, ma anche dorata e tribale, per tre coppie al loro rinnovato incontro dopo una tempestosa rottura. Ancora danza con Aterballetto, martedì 30 giugno alle 21.30, questa volta nella cornice del Palazzo Mauro De André. Protagonisti sono due nuovi coreografi: l’italiano Giuseppe Spota, già danzatore in compagnia, che firma Lego; e il greco Andonis Foniadakis, con l’inedito Antitesi. Quest’ultimo conferma il sodalizio con il gruppo. Un lavoro che mette in gioco i contrari: locale e globale, lento e veloce, maschile e femminile, astratto e concreto, nutrendosi di antico e di attuale. «Ho costruito il pezzo – afferma Foniadakis –, combattendo tra ricerca della bellezza del passato, come nostalgia, e realtà di oggi, agitata, dinamica, incerta, violenta». Cristina Bozzolini, qual è il filo conduttore delle due serate? «Scoprire nuove realtà
La direttrice artistica Cristina Bozzolini sul doppio appuntamento con Aterballetto
«A Foniadakis, che lavora per diverse compagnie, ho chiesto di creare qualcosa apposta per Aterballetto, qualcosa che appartenga alla cultura italiana. Per questo ha scelto musica barocca e non solo, mentre evidente è l’ispirazione alla pittura rinascimentale italiana. Anche Spota ha fatto un bel lavoro che ha già debuttato a Modena. Lui è molto giovane, ha soli 30 anni, ed è stato un mio ballerino al Balletto di Toscana. Il suo Lego gioca sugli intrecci dei rapporti umani, in un susseguirsi di incontri, relazioni. Ha dimostrato non solo grande umanità ma anche un’ottima capacità nell’articolare le danze di gruppo che risultano così complicate e affascinanti». Come valuta la danza contemporanea attualmente in Italia? «Ora c’è tanto contemporaneo rispetto ad anni fa. Però non basta solo fare, bisogna evolvere, fare più qualità e sperimentare a livello creativo. Da parte mia cercherò di dare il mio contributo, per aiutare l’Italia a scoprire la contemporaneità». ❍
contemporanee, nuove sperimentazioni. Da due anni a questa parte ho cercato di riorganizzare il balletto, e l’ho fatto portandomi dietro l’esperienza acquisita in tanti anni di direzione al Balletto di Toscana che ho fondato. C’è la stessa volontà di unire il classico, scienza della perfezione che mai si raggiunge, con il contemporaneo che guarda al futuro. Non amo né il contemporaneo non ballato, né il teatro danza. I miei sforzi sono tutti rivolti al mio più grande sogno: portare avanti la bellezza, non fine a se stessa però. Il corpo deve essere bello, ma abile e intelligente. Non si può prescindere dalle due cose. La volontà è quella di andare verso un balletto contemporaneo, pur senza stravolgere l’identità di Aterballetto». La prima serata prevede la collaborazione con Di Stefano… «Sì, è stato molto interessante lavorare con lui. Pur non avendo un passato da danzatore, come coreografo sa vedere cose che altri non vedono. La prima serata è quella più contemporanea e il pubblico avrà modo di godersi il balletto della Rizzo e il bellissimo passo a due di Di Stefano con nostri danzatori, che si muovono in modo originale come fossero piccoli cartoni animati al computer». La seconda serata è Foto in alto: Andonis Foniadakis diversa ancora, con Foto in basso tratta dallo spettacolo Antitesi nuovi nomi…
MOLO 30 PAG RFM:Rafest mastro 29/05/15 12:50 Pagina 1
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MOLINETTO PAG RFM:Rafest mastro 28/05/15 17:16 Pagina 1
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danza 77 Ravenna Festival Magazine 2015
Balletto
all black
In scena il Theatre of Harlem, “orgoglio nero della danza”
DI ROBERTA BEZZI
Il Ravenna Festival offre quest’anno l’occasione di ammirare gli splendidi ballerini del Dance Theatre of Harlem, che incarna “l’orgoglio nero della danza’”. L’appuntamento è per mercoledì 17 giugno alle 21.30, al Palazzo Mauro De André, quando la compagnia proporrà quattro coreografie: Cajkovskij Pas de Deux di George Balanchine, Dancing on the Front Porch of Heaven di Ulysses Dove, The Lark Ascending di Alvin Ailey e Return di Robert Garland. La compagnia nasce nel 1969, quasi idealmente dalle ceneri del sogno americano di Martin Luther King, assassinato un anno prima. A fondarla è stato Arthur Mitchell, primo ballerino afroamericano venuto dall’empireo balanchiniano del New York City Ballet, che assieme a Karel Shook teneva lezioni in un garage ad Harlem, reclutandovi i futuri danzatori della prima compagnia di balletto all black. La compagnia è nota per le sue emozionanti performance che sfidano preconcetti e luoghi comuni. Ne fanno parte artisti di quattordici provenienze diverse, in grado di realizzare un repertorio eclettico. Spaziando dai più famosi classici alle opere neoclassiche di Balanchine e del coreografo residente Robert Garland, da innovativi lavori contemporanei a creazioni che utilizzano il linguaggio
del balletto per celebrare la cultura afroamericana, la compagnia dà nuova vita alla forma d’arte del balletto classico. Oltre a esibirsi in tutto il mondo, molteplici sono le attività artistiche, culturali e di formazione promosse per coinvolgere i giovani e il pubblico. Dal dicembre 2013, fanno parte della compagnia diciotto ballerini sotto la direzione di Virginia Johnson. Per la prima volta a Ravenna, la compagnia propone il Cajkovskij passo a due, in cui Balanchine, su una musica sublime, crea una serie terribilmente difficile di danza per due che è una delizia per il ballerino e il pubblico allo stesso modo. Nove minuti da gustarsi tutti d’un fiato. Dancing on the Front Porch of Heaven è una coreografia che è stata creata nel 1993 per il Royal Swedish Ballet, da Ulysess Dove in un periodo difficile della sua vita. Dopo aver perso tredici amici e parenti, tra cui il padre, sentiva l’esigenza di raccontare un’esperienza in movimento, una storia senza parole, e di creare un “monumento poetico” alle persone che amava. Sulle musiche del compositore estone Arvo Pärt, Dove invita ballerini e spettatori a vivere ogni momento come se fosse l’ultimo. Il Dance Theatre of Harlem porta in scena anche The Lark Ascending un pezzo di Alvin Ailey, rappresentato per la prima volta nel 1972 dalla sua compagnia. In scena dodici ballerini
che seguono la coinvolgente musica di Ralph Vaughn Williams che ha creato un concerto per violino in miniatura a tutti gli effetti. La serata si chiuderà con Return di Robert Garland, coreografia che rappresenta la quintessenza del Dance Theatre of Harlem in quanto miscela in modo travolgente l’eleganza del balletto classico e la spinta energica della musica soul. Sulle
canzoni di Aretha Franklin e James Brown, Garland oltrepassa i confini della tecnica e della forma classica, incorporando movimenti più propri della tradizione afroamericana. Portato in scena nel 1999 al City Center di New York, il balletto ben rappresenta che cosa intende il Dance Theatre of Harlem per “stile classico americano”. ❍
Dance Theatre of Harlem
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78 danza Ravenna Festival Magazine 2015
La donna in rivolta
secondo Emio Greco
A Ravenna De Soprano’s, terzo episodio delle cinque parti di un progetto monografico sul tema “Il corpo in rivolta”, che ruota intorno alla musica di Giuseppe Verdi
DI LINDA LANDI
Rimandi incrociati e doppi sensi per il grande ritorno a Ravenna (dal 2003) di Emio Greco con De Soprano’s, un nuovo lavoro che ruota intorno alla musica di Giuseppe Verdi eseguita dal vivo da giovani musicisti e giovani soprani. Pugliese, di formazione francese e di stanza ad Amsterdam dal 1995, dove con Pieter C. Scholten ha fondato la sua compagnia, la Emio Greco | PC, e da circa un anno codirige con lui anche ll Centre Chorégraphique National-Ballet National de Marseille. Il lavoro che porterà a Ravenna il 9 luglio (Palazzo Mauro de André) è il terzo episodio delle cinque parti di un progetto monografico sul tema Il corpo in rivolta, presentato in prima italiana. E noi gli abbiamo chiesto di raccontarci la crescita del suo percorso, le evoluzioni e le rivoluzioni del suo fare arte.
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danza 79 Ravenna Festival Magazine 2015
«Il soprano è la voce femminile per antonomasia. A questo si sovrappone il fenomeno popolare di una sitcom» Signor Greco, lei sta per tornare al Ravenna Festival dopo 12 anni: come vede l’artista di oggi rispetto a quello di allora? «È passato così tanto? In parte spero di essere la stessa persona, perché il tempo ti cambia. Molte cose sono cresciute: il lavoro, le persone… Eravamo un gruppo di “nomadi” che creava cose forti. Ora lavoriamo con due istituzioni, ad Amsterdam e Marsiglia: il nostro lavoro è più riconosciuto e c’è stata una maturazione nel rapporto con gli altri. La spinta c’è sempre, ma c’è il riconoscersi: uno spazio che quando si è più giovani risulta più difficile trovare, perché viene maggiormente impegnato dalla foga». Lei e Pieter C. Scholten: un lungo sodalizio di direzione artistica e formazione. Come si innesca il vostro processo creativo? «Da scambi, contrasti: è un dialogo continuo e integrato che prende le mosse da momenti molto remoti. Ogni nostro stare insieme è legato al lavoro: condividiamo gli spunti all’origine, poi io sono più presente sulla parte coreografica, e alla fine riconvergiamo entrambi nel dare il significato finale».
Come nasce l’idea di lavorare sul “corpo in rivolta” e come si arriva da questo tema ai Soprano’s? «Il corpo in rivolta creava la danza fin dall’inizio. Col tempo abbiamo inquadrato questa dimensione, le abbiamo dato un nome. Il tema dell’uomo in rivolta arriva da Albert Camus: noi lo abbiamo declinato sul corpo, in particolare della donna, e poi su Verdi, che presenta figure femminili molto forti, vere e proprie eroine. Le donne si rivoltano alle prese con un mondo contemporaneo ancora estremamente maschilista, che impone loro traguardi irraggiungibili come quelli della perfezione fisica, o la tensione tra carriera e famiglia, ad esempio. Nella scelta del titolo abbiamo poi giocato sui doppi sensi: il soprano è la voce femminile per antonomasia, in contrapposizione a quella maschile del tenore. A questo si sovrappone il fenomeno popolare di una sitcom americana con lo stesso titolo». Cosa prevede il “dopo”, invece? «Una importante produzione internazionale: Extremalism, con trenta danzatori da Marsiglia e Amsterdam. Corona vent’anni anni di collaborazione
coreografica con Pieter e verte sulla risposta dell’umanità alla crisi, indagando il corpo nelle situazioni estreme». Infine: nell’arco della sua carriera ha anche tenuto in grande considerazione la formazione: su cosa deve focalizzarsi, secondo lei, un danzatore oggi?
«Sulla consapevolezza di sé e del proprio corpo, sull’onestà del movimento. Bisogna difendere la propria tecnica, ma non restare nell’esercizio. Sviluppare una propria cifra e contemporaneamente saper interagire con sensibilità differenti».❍
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80 RFM2015:Rafest mastro 29/05/15 10:29 Pagina 80
80 danza Ravenna Festival Magazine 2015
Provocatorio e iconoclasta
Michael Clark L’anima dantesca del grande coreografo scozzese in Animal/Vegetable/ Mineral, spettacolo in prima italiana
DI LINDA LANDI
Quando si dice “il senso lato”. Ecco un esempio di accostamento trasversale quantomai riuscito e intrigante a quell’ amor che move il sole e l’altre stelle: perché Michael Clark è proprio dantesco dentro. Il 13 giugno sarà per la prima volta a Ravenna (Palazzo Mauro de André, ore 21.30) con la sua ultima creazione in prima italiana esclusiva: Animal / Vegetable / Mineral. Questo coreografo scozzese, ex monellaccio di talento, capace di un rigore tale da figurare, negli Anni ’80, nelle fila dei danzatori targati Royal Ballet, e al contempo pervaso da un’indomita anima punk, mai sopita nonostante le 52 lune, è stato paragonato a Pollock e Warhol dal Telegraph per unicità e iconoclastia, e si è distinto negli anni grazie alla commistione di fedeltà al classico e sensibilità contemporanea, controllo e libera espressione, grazia e armonia nella rottura delle regole. Con una grande, grandissima attenzione per l’arte tout court, attraversata da una considerevole vena di umorismo patinato.
Nel cammino di Clark convivono infatti il fondamentale percorso nel Ballet Rambert, una delle più rinomate e longeve compagnie di danza del mondo, così come le ispirazioni del coreografoperformer, nonché padre della modern, Merce Cunningham, la ”ballerina punk” Karole Armitage, il musicista John Cage, che nutrono la sua profonda fascinazione per l’avanguardia. Sulla base di queste variegate influenze prende forma una ben armata ribellione contro l’ipocrisia del mondo del balletto e i suoi vincoli politici. Così, a metà degli Anni ’80 il giovane Clark crea la sua Company, con sede presso il Barbican Centre di Londra dal 2005 e, come Dante, non la manda più a dire a nessuno. E le similitudini non si esauriscono qui: l’eclettismo che lo porta a collaborazioni con registi e artisti, la passione per la luce, tradotta in una cura quasi maniacale del light design, affidato a Charles Atlas, gli spunti fashion e altri “vezzi” ispiratori ben oltre la coreografia, ne fanno “un sommo poeta” della danza contemporanea, con sfumature e contrasti che ricordano le tinte forti e l’ispirata eleganza delle tre
Cantiche. Come la scelta del numero tre alla base dei regni citati nel titolo della produzione, animale, vegetale e minerale, nonché la scelta dei costumi, dal rosso lacca esplosivo al luminoso argento, fino al rigoroso geometrico bianco e nero. Se ancora non dovesse bastare, il “bad boy” della danza britannica disvela compiutamente tutta la sua energia glamour e ribelle sulle musiche di band brit rock come Sex Pistols, Public Image Ldt, o Scritti Politti, Pulp e Relaxed Muscle, attraverso cui rimarca la coincidenza tra arte e vita, sempre confermata dalle sue coloriture biografiche, prese come spunto per le provocatorie creazioni. Un brano di Festival, quello dall’anima danzante, che merita di essere visto in
quest’incursione inedita anche dagli aficionados dei graditi ritorni. Qui nelle pieghe del contemporaneo, dove le ombre e le luci di Dante si traducono in una piacevole deviazione tematica, un po’ spericolata e molto godibile. Di certo ne varrà la pena. ❍
CASSA RISPARMIO RA PAG RFM:Rafest mastro 28/05/15 11:58 Pagina 1
82 RFM2015:Rafest mastro 29/05/15 09:34 Pagina 82
82 musical Ravenna Festival Magazine 2015
Una Carmen mai vista tra America e motori La prima italiana in esclusiva del Matthew Bourne’s The Car Man, da accettare sulla fiducia
DI LINDA LANDI
La prima italiana in esclusiva del Matthew Bourne’s The Car Man. Bizet’s Carmen Re-Imagined (dal 2 al 5 luglio al Teatro Alighieri) è una di quelle attese che non può non far fremere di curiosità. Perché Matthew Bourne, da diversi anni è un ospite assiduo e molto gradito, che direttamente dal West End londinese, si porta con estro e
trovate “pirotecniche” garbatamente vicino al musical – non dentro, ma molto in prossimità. Partendo dai candidi, efebici cigni di Swan Lake alla corte di Elisabetta II, fino ai graziosi vampirelli volanti di Sleeping beauty, rivisita e stupisce – senza aver paura di niente e nessuno – ambientazioni, cronologie, plot e, nel caso del The Car Man di quest’anno, anche i titoli. Infatti la sua opera liberamente ispirata alla Carmen di Bizet, deve molto anche alle due versioni di Il postino suona sempre due volte, film cult dal romanzo noir di James M. Cain. Dimentichiamo la fabbrica di sigari dell’opera originale: ora siamo in America, in una tavola calda degli Anni ’60 che sa di olio per motori. Qui, nell’afa polverosa e sudaticcia del paesello, tra il roboare d’auto d’epoca e bullismo di provincia, arriva un perturbante e fascinoso straniero che sconvolge tutti gli equilibri…
Atmosfere da thriller e intrighi amorosi, ambiguità, sinistri doppi sensi e sentori torbidi, a partire dal cartello che accoglie gli stranieri ad “Harmony”: più che un cartello di benvenuto, un ammiccante monito a guardarsi le spalle “guidando con prudenza”. Un mix di ingredienti che colgono nel segno: ne è la prova la lunga vita delle produzioni della New Adventures, la compagnia del coreografo britannico, che vede recensioni ancora entusiaste e piene di calore ad anni dalla prima. Merito anche delle performance dei magnifici protagonisti scelti da Bourne, spesso esaltati dalla critica internazionale per la grinta, l’espressività e l’alto livello tecnico. Basti pensare alla leggiadria del corpo di ballo dello Swan Lake: un’armonia di garbo neoclassico di rara icasticità, che ha saputo ritagliarsi il meritato spazio anche nell’immaginario mainstream, grazie anche alla bellissima pellicola di Stephen Daldry, Billy
Elliot, ispirata alla vera storia del danzatore inglese Philip Mosley. Bourne, insomma, è un abile burattinaio che si destreggia tra i generi citando la tradizione, trasfigurando il patrimonio culturale di riferimento in opere completamente nuove ed originali: racconti in movimento densi di acuti rimandi ed ingegnose traslitterazioni. Le sue parole d’ordine sono contaminazione, ibridazione, riattualizzazione. E non ha paura di toccare temi molto seri, che prendono le mosse dalla letteratura (Dorian Grey), dalla storia (Cinderella) o dal cinema di derivazione letteraria, come in questo caso, e arrivano diretti alla prossimità dei giorni nostri, confezionati nella veste piacevole e godibile dello spettacolo di ispirazione musical, con effetti scenografici davvero molto speciali. Un appuntamento con il Festival che si può accettare sulla fiducia. ❍
ITWAY PAG RFM:Rafest mastro 28/05/15 15:08 Pagina 1
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84 musical Ravenna Festival Magazine 2015
Ottomila persone e fan travestiti a Forlì per la grande anteprima del Festival
Delirio Rocky Horror Show DI LINDA LANDI
Un irriverente inno alla libertà, la chiave per una dimensione altra divertita e sovvertita, in cui regnano i sensi dionisiaci, primitivi, un po’ animaleschi ma patinati del glam rosso e nero che ha suggellato un’icona transgenerazionale. Le lucide labbra color ciliegia di Tim Curry, che si mordono con evidenti allusioni erotiche, le calze a rete, i lustrini e l’ombretto pesante sono infatti da quarant’anni l’immagine distintiva del Rocky Horror Show, andato in scena nella versione originale di O’ Brien per
il Ravenna Festival nell’anteprima di maggio al palazzetto di Forlì (circa 8mila gli spettatori in tre giorni). Un successo su scala mondiale che data al 1973, ma fortemente anticipatore di quel postmoderno piacevolmente ridondante di immagini che stava per esplodere, alla faccia del quasi coevo Jesus Christ Superstar decisamente più legato ad estetiche già vissute, che si era permesso di defenestrare la futura scintilla creativa del Rocky: l’allora attorucolo neozelandese Richard O’Brien, a quanto pare (tradunt) colpevole di essere un Erode da lancio di pomodori. E così, tra volontà di
rivalsa e canzoni strimpellate negli scantinati teatrali del West End londinese, ebbe i natali quello che oggi viene considerato “il musical”, una felice commistione di glamour, rock virulento e comicità provocatoria capace ancora di appassionare i giovanissimi. Una storia “trans” in tutti i sensi che possono saltare alla mente: Transilvania, transessualità, trasformismo, trasporto. Sulla scia della radice latina, tutto nel Rocky Horror è divenire, passaggio e iniziazione: il musical prima e la pellicola poi, lanciarono infatti una bella bordata ai residui di per-benismo post-
Alcuni pittoreschi fan del Rocky Horror immortalati a Forlì dal Festival
sessantottino, con la storia dei fidanzatini ingenui ed ingessati che si perdono in un’insidiosa foresta nel bel mezzo della classica notte buia e tempestosa, per essere a breve iniziati ai piaceri della carne, sovvertendo tutti i dogmi dell’educazione puritana ricevuta nel loro ambiente sociale. Nel 1975 arriva anche l’adattamento su pellicola per mano dello stesso regista, Jim Sharman, che duetta ancora con Richard O’Brien (il sinistro maggiordomo Riff Raff) per portare al cinema quello che, nonostante un inizio più zoppicante, diventerà rapidamente un film di assoluto culto. ❍
ACCAD MUSICAL PAG RFM:Rafest mastro 29/05/15 09.18 Pagina 1
Spettacolo di chiusura anno accademico 2014-2015
LIBERTÀ di Laura
TANTE FACCE DI UN’UNICA PASSIONE
Ruocco
sabato 4 luglio 2015 ore 21,00
Teatro Rasi Via di Roma, 39 Ravenna Info e prenotazioni: 0544.478074 331.7983986 Con il patrocinio dell'Assessorato alle politiche giovanili del Comune di Ravenna Direzione artistica: Laura
Accademia di Teatro Musicale, Parola, Canto, Musica, Danza www.laccademiadelmusical.it RAVENNA - VIA M. MARANI 1 CON IL PATROCINIO DI: COMUNE DI RAVENNA
TEL. 0544.478074 - INFO E ISCRIZIONI
GEMELLAGGIO CON:
Ruocco
Recitazione: Paola Baldini Canto: Elisa Drei Danza Classica: Serena Mazzotti Modern Jazz: Sara Buratti Contact Improvisation: Elena Casadei Tip Tap: Sabrina Marciano Collaborazione artistica: Fabrizio Paganini
331.7983986 • ACCADEMIADELMUSICAL@ALICE.IT CON IL CONTRIBUTO DI:
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86 opera equestre Ravenna Festival Magazine 2015
Ora i punk sono i cavalli La nuova saga di Lindo Ferretti DI MATTEO CAVEZZALI
Dopo gli anni sfrenati, dopo gli anni battaglieri, dopo gli anni del punk, dei CCCP e della rivoluzione, Giovanni Lindo Ferretti è tornato sui monti dove era stato bambino. Dal fragore è passato al silenzio. Oggi vive in mezzo ai cavalli, alla natura, e proprio con i suoi cavalli ha deciso di tornare sulle scene (al Ravenna Festival dal 19 al 21 giugno al palazzo San Giacomo di Russi con Saga IV. Il Canto dei Canti), con un teatro che lui stesso definisce “barbarico”. «Vedi, i cavalli sono come i punk. Non amano le regole, fanno le prove svogliati, ma quando inizia lo
spettacolo, quando si accorgono che c’è il pubblico, quando sentono gli applausi, allora diventa bellissimo». Il suo ritorno nel luogo dove è cresciuto, nelle sue montagne, nella casa dove abitava con sua madre, è un ritorno alle origini che permea anche lo spettacolo? «Questa idea di teatro barbarico è strettamente legata con la mia infanzia, con la mia terra e con due persone, Marcello e Cinzia (Marcello Ugoletti e Cinzia Pellegri, in scena con lui n.d.r.), che abitano su queste montagne e hanno trascorso la loro vita in mezzo ai cavalli». Quando parla di questo spettacolo usa il termine “teatro barbarico”, cosa
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opera equestre 87 Ravenna Festival Magazine 2015
In questa foto Marcello Ugoletti in scena con i cavalli Nelle pagina a fianco Giovanni Lindo Ferretti
intende? «”Teatro” è una parola precisa e strutturata. Non facciamo un teatro letterario, non facciamo un teatro di ricerca, né un teatro di denuncia. Il teatro contemporaneo è al 70 percento – quando va bene – una dimostrazione di tecnica elettrica. È lo stupore che dà un effetto di illuminotecnica. Compaiono e
scompaiono mondi, ma un tempo per far apparire e scomparire mondi bastava la parola. La tecnica era molto contenuta. Se si toglie l’illuminazione al teatro contemporaneo, il teatro scompare. Il nostro è un teatro in un altro modo, molto giocato con la parola. Il nostro teatro è “barbarico” nel senso che è un teatro delle origini, primordiale. È il pubblico che si ritrova
in un luogo e partecipa a una ritualità. A questo pubblico si racconta una storia. È un teatro “epico”. È un teatro “montano” perché non poteva che nascere all’estrema periferia del mondo culturale. È un teatro che si fa al tramonto». Come siete riusciti a mescolare elementi umani molto precisi e rigorosi, come la musica e la parola
recitata, con un elemento animalesco e imprevedibile come la presenza di venti cavalli in scena? «Anche i CCCP, in un altro modo e in un altro tempo, erano una specie di teatro barbarico. Molto corporale, molto fisico, ed erano difficili da gestire, come lo sono i cavalli. È una domanda a cui non si può rispondere, fa parte del piacere e della straordinarietà di questa esperienza teatrale. In questo spettacolo mettiamo in scena la storia della nostra gente, una storia segnata da questi cavalli. Senza la presenza dei cavalli in scena non sarebbe stata la stessa storia. In scena non ci sono i cavalli del teatro equestre, selezionati e allevati nei secoli per la propria bellezza e per il piacere dell’uomo. Sono i residuali di una lunga storia. Sono quelli che erano i cavalli da lavoro, della cavalleria dell’esercito, i cavalli maremmani che sono rimasti dopo la fine del mondo equestre avvenuta dopo la seconda guerra mondiale». Il cavallo è stato l’animale che nella storia ha reso possibile all’uomo coprire lunghi tragitti, dando di fatto origine alla storia dell’umanità. Oggi nel segno del progresso, l’uomo pare aver dimenticato questo animale a cui per millenni ha dovuto la sua
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88 concerto Ravenna Festival Magazine 2015
evoluzione e la sua sopravvivenza. L’uomo si è dimenticato degli animali che lo hanno servito per millenni? «Questo spettacolo è nato anche per questo motivo. Per ricordarci di questa storia. Stiamo investendo sul futuro dell’uomo con questa scommessa. All’origine della civiltà antichi uomini e antichi cavalli fecero un patto di reciproco e mutuo aiuto. Nel momento in cui questo rapporto non ha più ragione di essere, perché i cavalli non servono più come forza lavoro, né come forza necessaria alla guerra, i cavalli diventano a rischio scomparsa. Rimane però un mondo da scoprire. Crediamo che il cavallo abbia una dimensione terapeutica da indagare, e una dimensione estetica. L’uomo oggi è troppo legato alla macchina. Questo gli causa grandi problemi psichici. Non è più un rapporto di necessità utalitaristica, ma di necessità estetica, etica e psichica. Il cavallo aiuterà l’uomo a non farlo diventare una macchina». Dopo anni di vita “punk” oggi sembra un'altra persona, come vive la sua quotidianità? «I cavalli mi hanno imposto una disciplina quotidiana rigidissima, senza giorni di vacanza e senza feste. Vivo in un mondo arcaico in cui ogni giorno ci
«Sono la stessa persona, ho ripreso anche a cantare i pezzi dei CCCP , ma con più leggerezza Vivo in un mondo arcaico in cui l’unico giorno di riposo è la domenica. La domenica c’è la messa» si sveglia all’alba perché i cavalli devono mangiare, i puledri devono uscire, e bisogna spalare la merda. Ogni giorno dell’anno. L’unico momento di riposo è la domenica mattina. La domenica mattina c’è la messa». Cosa rimane in lei del ragazzo che era in quegli anni? «Io sono la stessa persona, sono passati però 35 anni. L’adolescenza e
la giovinezza presuppongono un distacco dalla propria storia, ma poi la storia va recuperata. La dimensione adulta è contrassegnata dal recupero della propria storia. Io non mi sento cambiato. Sono la stessa persona, con le esperienze degli anni, anche esperienze negative, di sofferenza. Il mio modo di stare nella arena è lo stesso. Lo stesso sguardo, lo stesso proporsi a una platea. Il pubblico viene
a guardarti perché racconti un pezzo della condizione umana. Ho ricominciato anche a cantare le canzoni dei CCCP, perché ora le mie condizioni me lo permettono. Le canto senza cambiare una parola, ma il mio sguardo è diverso. C’è più leggerezza. Avevo uno sguardo che si incupiva, ora è uno sguardo che tende al sorriso, alla serenità e alla pacificazione. Gli esseri umani non cambiano mai, però la vita è un processo. Credo che finché non si muore ogni giorno vada vissuto come un giorno nuovo». La politica la appassiona ancora? «No, mi appassionerebbe, ma... Se penso a come è cambiato il contesto, non ci capisco più niente… mi sento un sopravvissuto di un’altra epoca». Con Papa Ratzinger ha scoperto una sua dimensione spirituale. Si trova in sintonia anche con Papa Bergoglio? «Sono cresciuto come bambino cattolico poi sono divenuto… l’esatto contrario. Poi sono tornato indietro. Il mio Papa è Ratzinger, è Benedetto. Oggi abbiamo la fortuna, capitata a poche generazioni, di vivere con due papi, uno emerito e uno in carica. Che posso dire? Al cuor non si comanda, il mio mi ha condotto da Benedetto. Certo il Papa ora è Francesco e quando lui comanda io obbedisco. ❍
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sperimentazioni 89 Ravenna Festival Magazine 2015
Le Quattro Stagioni di Vivaldi riviste da Max Richter sono solo l’ultimo capitolo della serie Recomposed della storica etichetta tedesca. Una panoramica
C’era una volta la Deutsche Grammophone DI LUCA
MANSERVISI
Non è la prima volta che si cerca di dare nuova vita a qualcosa di antico e non è la prima volta che l’elettronica abbraccia la musica classica. Certo, però, che questa è la volta più clamorosa. Perché sulla copertina degli album c’è il marchio giallo inconfondibile della Deutsche Grammophon, la casa discografica per la musica classica quasi per antonomasia, con alle spalle oltre un secolo di attività. Etichetta che nonostante il genere in cui è specializzata, continua ad avere le antenne sintonizzate anche sul mondo della musica contemporanea, al punto da dar vita a una collana quasi autonoma in cui (più o meno) giovani compositori già affermati nel campo dell’elettronica si cimentano a coverizzare – direbbero gli appassionati di rock – alcuni storici brani del catalogo Deutsche Grammophon. Una vera e propria rivisitazione, quano non una ricomposizione – la serie si chiama “Recomposed” – che ha l’obiettivo forse di ricordare a un target più giovane l’esistenza di capolavori spesso ingiustamente snobbanti anche dagli appassionati di musica più aperti, e viceversa quello di portare i cultori della classica a confrontarsi con qualcosa di davvero nuovo per loro. Ne è nata naturalmente una lunga discussione sul web e sulle riviste
specializzate, alcune addrittura scandalizzate nell’ascoltare un Ravel, tanto per dire, in versione techno, ma l’obiettivo della storica etichetta tedesca si può dire invece raggiunto in pieno, almeno dal punto di vista dei risultati, altalenanti forse, ma sicuramente sempre interessanti. La serie parte nel 2005 con il producer tedesco Matthias Arfmann alle prese con un mostro sacro come Herbert von Karajan e in particolare le sue incisioni con i Berliner Philharmoniker, con un risultato a tratti marcatamente house e non proprio riuscitissimo. L’anno successivo le cose vanno un pochino meglio con il Recomposed di Jimi Tenor, polistrumentista finlandese dallo stile solitamente al limite del kitsch che invece in questa occasione è quasi trattenuto, ambient e più astratto che mai, dando nuova vita a musiche di Steve Reich, Esa-Pekka Salonen, Pierre Boulez, Edgar Varese, Georgi Sviridov e Erik Satie.
Il capolavoro della serie, almeno per chi scrive, è invece quello del 2008, a opera del duo composto da Carl Craig – dj di Detroit tra i pilastri della musica techno nonché uno dei suoi precursori – e il polistrumentista tedesco Moritz Von Oswald. Qui il battito elettronico si fa molto più presente e ne esce un viaggio quasi psichedelico ispirato alle composizioni di Ravel e Mussorgsky in chiave minimal techno (Von Oswald fa pur sempre parte anche di uno dei migliori collettivi di sempre di questo genere, Basic Channel). Da applausi. Due anni dopo sarà la volta di un altro big della scena elettronica mondiale come il britannico Matthew Herbert che ha ricomposto la X Sinfonia di Mahler senza, in realtà, metterci troppo del suo per un giudizio finale positivo ma non straordinario come poteva essere. Arriviamo poi al motivo per cui, in fondo, state leggendo queste righe, ossia l’ultimo e più ambizioso progetto
della serie, affidato non a un musicista prettamente elettronico come accaduto in precedenza, ma a un compositore colto, post-minimalista, il britannico, di origine tedesca, Max Richter, noto anche per le sue colonne sonore. Il compito è quello di riscrivere letteralmente, con tanto di orchestra, "Le Quattro Stagioni" di Antonio Vivaldi, risalendo alle note dell’epoca (Richter affermerà di aver trasformato o scartato ben tre quarti degli spartiti originali). Il risultato è di gran livello ma non certo di rottura rispetto al capolavoro barocco di Vivaldi, se non per una moderna epicità che a qualcuno potrebbe ricordare addirittura qualcosa dei Sigur Ros. Occasione per ascoltarlo, il concerto del 21 giugno al Pala De André dove Richter proporrà le sue Quattro stagioni con l’ensemble barocco “L’arte del mondo” con Werner Ehrhardt maestro concertatore e Daniel Hope al violino solista. ❍ Sopra, Max Richter Qui invece l’ensemble L’arte del mondo, con cui suonerà al Ravenna Festival
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90 canzone d’autore Ravenna Festival Magazine 2015
Il Professore e la musica I tanti volti di Roberto Vecchioni
DI
MATTEO FABBRI
Il Ravenna Festival rappresenta da sempre una sorta di intreccio tra varie forme d'arte, come la danza, l'opera o il teatro, riunite abilmente sullo stesso palcoscenico. La XXVI edizione non è da meno e, forse proprio per simboleggiare in qualche modo questa commistione, si è voluta impreziosire arruolando un prestigioso nome che fa rima con cultura e la cui versatilità esprime in pieno lo spirito della rassegna. Da cantante a scrittore, da musicista a paroliere, da poeta a insegnante, finanche ad attore e, curiosamente, enigmista: tutto questo, e molto altro, è Roberto Vecchioni. Dico la verità: trovarsi di fronte a lei mette un po' di soggezione. È come relazionarsi contemporaneamente con tante persone diverse, ognuna portatrice della propria arte. Come si mescolano nella sua vita le varie forme d'arte? Come riesce a legarle fra di loro? «Effettivamente scappo un po' di qua e un po' di là, non si riesce a prendermi (ride, ndr). Credo la spiegazione stia nella mia passione per la vita, per la novità, la curiosità, il piacere di cambiare e di scoprire. Anche nello stretto campo musicale: ho una vita jazzistica, una sinfonica, un'altra popolare, colta, passando per il rock leggero fino alla passione per la musica estera che va dal Sudamerica fino all'Est Europa o ancora al Canada. Ho provato di tutto, cerco sempre cose diverse». Lei ha fatto molta gavetta, soprattutto come autore. Ha cominciato relativamente tardi (27-28 anni), perlomeno “tardi” se consideriamo i canoni odierni dove si viene catapultati al successo in età giovanissima. Crede che sia stato importante per lei? «Fondamentale direi. Ho imparato tante cose, anche che non volevo fare. Ho acquisito l'arte dello scrivere e del
tradurre. Stare vicino ai grandi artisti mi ha aiutato molto. Ho imparato a fare anche musica leggera e da festival, oltre alle cose che piacciono a me. Ho imparato ad adattarmi, sopportare e soffrire. Infatti ho fatto il mio primo disco solo otto anni dopo che avevo cominciato a scrivere canzoni per le case discografiche». A proposito di giovani, la mente non può che andare ai talent show. Personalmente ho apprezzato moltissimo il suo mettersi in gioco ad “Amici”. Il suo voler portare un contributo di carattere culturale ad un format considerato di basso livello dai più. Nonostante le critiche snob che ha ricevuto, è orgoglioso di quella scelta? Lo rifarebbe? E in generale cosa pensa dei talent? «Innanzitutto non me ne frega niente delle critiche. Il mondo va verso quella parte lì e bisogna anche saper accettare i nuovi media. La cosa importante è spiegare ai ragazzi che per cantare ci vuole dignità. La dignità viene anche dalla cultura. È la cultura che ti fa andare avanti. Questo è ciò che ho insegnato ad “Amici”, ma i soloni non lo hanno capito o non lo
hanno voluto capire. Siamo nel 2015 e le forme di spettacolo si stanno evolvendo. È chiaro che io sono per la canzone seria, colta. Però devo lasciar spazio a quella che è la manifestazione primaria della canzone italiana cioè la semplicità, le canzoni d'amore, con qualche trucco del mestiere. Perché prima o poi qualcuno che ha il canto nelle vene si trova e gli si può dare spazio». Sempre in riferimento ai ragazzi: lei che per tanti anni ha avuto (e tuttora ha) a che fare coi giovani per via dell’attività di insegnamento, cosa pensa di aver dato loro (al di là dell’istruzione) e cosa pensa che i giovani abbiano dato a lei? «A me hanno dato una rinfrescatina ogni mattina, mi han fatto tornare alla loro età (ride, ndr). I giovani sono contrabbandieri di sogni, se li portano dentro, te li vendono sottobanco e tu ci caschi ogni volta, pensi di volertene andare e invece sei sempre con loro. Non voglio sembrare superbo ma credo di aver dato loro tante cose. Molti studenti, anche di anni passati, mi continuano a chiamare e mandare messaggi. Si vede che hanno ricevuto almeno la gioia di vivere che io gli ho
comunicato». Veniamo alla rassegna del Ravenna Festival. Innanzitutto: le piace Ravenna? La conosce? Sa che è stata in corsa fino all’ultimo per essere eletta capitale europea della cultura 2019? «Certo, ho seguito, conosco benissimo. Ravenna è una splendida città romagnola, un po' sui generis, se vogliamo. Ravenna è fantastica. Bella per l'arte e per la storia. Si pensi anche solo alla Ravenna bizantina...» Che tipo di spettacolo proporrà al Festival il 14 giugno? «Faremo uno spettacolo notevole, grosso, impegnativo con molta musica ma allo stesso tempo molto parlato. Discuteremo delle canzoni ma anche del mio ultimo romanzo, “Il Mercante di Luce”, una storia sulla vita di un professore di greco e latino. Il tutto in maniera allegra ovviamente. Suoneremo una quindicina di brani con un'orchestra sinfonica (la Cherubini, ndr). L'abbiamo già provato a Milano ed è stato un successo meraviglioso». Domanda banale: lei è un grande scrittore e cantautore, ma c’è una canzone o un disco che avrebbe voluto scrivere lei? «Anche solo rimanendo in Italia, tantissime. Da “Com'è Profondo Il Mare” di Dalla, a “Via Paolo Fabbri 43” di Guccini, “Alice” di De Gregori. Sono opere dei miei tempi per cui ho un
SFACS PAG RFM:Rafest mastro 28/05/15 11:33 Pagina 1
90 92RFM2015:Rafest mastro 29/05/15 09:54 Pagina 92
92 canzone dâ&#x20AC;&#x2122;autore Ravenna Festival Magazine 2015
rispetto enorme. Anche â&#x20AC;&#x153;Giubbe Rosseâ&#x20AC;? di BattiatoÂť. Chi le piace nel panorama musicale odierno? Si rivede in qualcuno? Chi è, se esiste, il Vecchioni del 2015? ÂŤDiciamo che noi degli anni '70 siamo dei singoli, siamo dei lupi solitari, nessuno ci ha piĂš copiato o comunque raggiunto. Hanno tutti intrapreso altre strade. La musica è cambiata: i testi sono diventati piĂš semplici, la comunicazione ha meno sfumature, è o piĂš rabbiosa o piĂš amorosa. I tempi odierni non vogliono piĂš un'analisi larga. Vogliono una sintesi, vogliono la rapiditĂ della canzone. Però di gruppi o persone singole, di cui non faccio nomi per non disturbare gli altri, in Italia ce ne sono tanti che valgano la pena di essere ascoltatiÂť. Lei ha dimostrato di essere molto versatile e trasversale riuscendo a mettenre dâ&#x20AC;&#x2122;accordo critica, un pubblico eterogeneo e vincendo premi diversi tra loro (Sanremo, Festivalbar, premi della critica e Tenco). Qual è il segreto? ÂŤNon è che lo faccia apposta. Non mi metto a scrivere una canzone per il â&#x20AC;&#x153;Tencoâ&#x20AC;?, una per il Festivalbar o una per Sanremo (ride, ndr). Nel mio modo di scrivere ho a volte una grande intensitĂ culturale con cui
genero canzoni alte che solitamente ascoltano in pochi; poi ho anche una propensione per la canzone all'italiana, una canzone che, pur usando una terminologia abbastanza elevata, arriva e funziona subito. Questa, se vogliamo, è quella che ho usato per SanremoÂť. Progetti per il futuro o che sta giĂ portando avanti? Un nuovo disco? Un libro? ÂŤAdesso musicalmente sono fermo. Ho finito un romanzo (Il Mercante di Luce, Einaudi, ndr) che sta andando benissimo e che continuo a presentare di tanto in tanto in vari posti. Ha venduto piĂš di 60 mila copie, ed è giĂ alla quarta ristampa. Finito questo poi, a parte occuparmi della famiglia, seguirò e sistemerò tutta la mia parte poetica, quella che non ho mai edito. Ho piĂš di 300 poesie da parte. L'anno venturo invece ricomincerò a fare nuova musicaÂť. E allora nell'attesa del concerto del 14 giugno al Pala De Andrè, noi continuiamo a seguire il suo insegnamento: quello spontaneo e genuino: ridere, ridere, ridere ancora, che non si è fatto mancare nemmeno nell'arco dell'intervista... â??
ÂŤI giovani mi hanno dato tanto e io lo stesso a loro: sono contrabbandieri di sogni, se li portano dentro, te li vendono sottobanco e tu ci caschi ogni voltaÂť
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95RFM2015:Rafest mastro 29/05/15 10:37 Pagina 44
musica popolare 95 Ravenna Festival Magazine 2015
Cantando ancora una volta Bella Folk revival cinquant’anni dopo “Bella ciao” è storicamente lo spettacolo che ha segnato l’inizio del folk revival italiano. Dalla sua prima rappresentazione nel 1964 al Festival dei Due Mondi di Spoleto, accompagnata da furiose polemiche, deriva il lavoro di tutti i musicisti che con grande successo lavorano oggi portando la musica popolare italiana nelle piazze di tutto il mondo. Riallestirlo (il 23 giugno alla Rocca Brancaleone per il 70° anniversario della Liberazione) a distanza di 50 anni dalla prima (21 giugno 1964) vuol dire proporre uno spettacolo la cui eco originaria non s’è mai spenta, anche per le migliaia di appassionati venuti dopo, ma significa anche, pur mantenendo inalterate le intenzioni e la scaletta originarie, aggiornarlo sulla base delle evoluzioni e degli sviluppi che il folk revival ha avuto in questo lungo arco di tempo. Le canzoni di “Bella ciao” oggi non solo conservano tutta la loro potenza espressiva, ma hanno acquisito una nuova urgenza nel mondo globalizzato per i loro valori libertari, pacifisti
Il gruppo capitanato da Riccardo Tesi protagonista dello spettacolo “Bella ciao”. In alto Ginevra di Maro
e civili. “Bella ciao” è una lezione di democrazia che nasce dal basso. Un romanzo storico costruito attraverso la musica, i suoni e le parole. L’innovazione di questo riallestimento sta nel trattamento musicale affidato a un ensemble diretto e concertato dall’organettista Riccardo Tesi, uno dei più brillanti e attenti protagonisti della musica popolare mondiale. Non più dunque l’accompagnamento della sola chitarra, ma un lavoro di arrangiamento che instaura un dialogo più sofisticato fra suoni e significati, per una sinfonia popolare ricca con l’aiuto del chitarrista Andrea Salvadori e del percussionista Gigi Biolcati. “Bella Ciao” però era e rimane uno spettacolo di canzoni popolari e la centralità del canto viene confermata dalla presenza di alcune delle voci più importanti della musica popolare e del canto sociale italiani negli ultimi trent’anni, che di “Bella ciao” sono i figli diretti. Si tratta di Ginevra Di Marco – fra
le più note interpreti della musica italiana contemporanea, partita dalla scena del rock indipendente con i Csi e Pgr per poi dedicarsi alla carriera solista – Elena Ledda, cantante di formazione classica e sperimentatrice delle potenzialità della voce,
ciao
ambasciatrice nel mondo della musica popolare sarda; e Lucilla Galeazzi, formatasi nel quartetto di Giovanna Marini e col maestro Roberto De Simone, attualmente considerata la più versatile interprete di repertori di musica popolare del nord e sud Italia. Ad accompagnare le tre cantanti sul palco anche il cantautore Alessio Lega, tra i rappresentanti più coerenti del canto sociale, in bilico fra canzone d’autore e riproposizione di musica popolare. L’ideazione e la direzione artistica del progetto sono di Franco Fabbri, musicologo italiano (insegna all’Università di Torino) di fama internazionale. Come musicista è stato dal 1966 al 2012 cantante, polistrumentista e autore nel gruppo degli Stormy Six. Ha fondato nel 1974 la cooperativa l’Orchestra, la prima organizzazione indipendente che raccoglieva musicisti folk, popular, jazz, colti, italiani ed europei (dal Gruppo Folk Internazionale di Moni Ovadia ai suoi Stormy Six e anche agli Henry Cow, da Guido Mazzon e Tony Rusconi a Piero Milesi e Heiner Goebbels). m
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96 teatro Ravenna Festival Magazine 2015
Il volo, uno spettacolo per ragionare di lavoro e dignità DI GUIDO SANI
Una tragedia può essere affrontata in molti modi diversi. Può aprire un baratro in cui sprofondare, oppure un varco per innalzare il ragionamento verso nuove e più ampie prospettive. La morte è squarcio nella quotidianità attraverso cui vedere altro. Luigi Dadina del Teatro delle Albe, lo scrittore algerino Tahar Lamri e l'autrice Laura Gambi stanno lavorando alla realizzazione dello spettacolo Il Volo – la ballata dei picchettini, nuovo lavoro firmato Teatro delle Albe e prodotto da Ravenna Festival che andrà in scena il 25 giugno al teatro Rasi di Ravenna. Luigi Dadina e Laura Gambi, da cosa nasce il titolo Il Volo? «Il giornalista argentino Horacio
Verbitsky fu il primo a dimostrare i crimini della dittatura argentina con un libro basato sulla confessione di un ex ufficiale. Verbitsky raccontò dei moltissimi ragazzi di sinistra, marxisti e cattolici, che in quegli anni venivano portati in caserma, sedati, caricati sugli aerei e lanciati nel vuoto in mezzo all'oceano. Intitolò questo suo libro-inchiesta Il volo. Questo titolo ci ha molto colpito e abbiamo deciso di riprenderlo per questo spettacolo. Il volo contempla il precipitare, ma anche l’elevarsi verso l’alto. Nello spettacolo i morti continuano a parlarci, a sollecitarci: allora, una tragedia come quella della Mecnavi o quelle avvenute prima e dopo al porto di Ravenna, ci dicono qualcosa di importante sulla nostra città. Parliamo di tutto questo con “leggerezza”, così
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teatro 97 Ravenna Festival Magazine 2015
come la intende Italo Calvino nelle Lezioni americane, in cui dice che “alla precarietà dell'esistenza della tribù – siccità, malattie, influssi maligni – lo sciamano rispondeva annullando il peso del suo corpo, trasportandosi in volo in un altro mondo, in un altro livello di percezione, dove poteva trovare le forze per modificare la realtà». In che modo affrontate un tema così delicato come quello della tragedia della Elisabetta Montanari? «Non sarà un classico spettacolo di teatro civile, né solo di denuncia. Parlando della tragedia della Mecnavi si rischia di fermarsi a dire “servono più norme di sicurezza”, rischiando di banalizzare un discorso ben più complesso, che ha a che fare con la dignità dell'essere umano in relazione al lavoro. La tragedia è una cosa concreta, ma riguarda anche l’intangibile. Simone Weil diceva “Mi sembra duro pensare che il rumore del vento tra le foglie non sia un oracolo; duro pensare che questo animale, mio fratello, non abbia anima; duro pensare che il coro delle stelle nei cieli non canti le lodi dell’Eterno”. Vogliamo provare a guardare nella direzione di questo eterno».
Luigi Dadina del teatro delle Albe, Tahar Lamri e Laura Gambi prendono spunto dalla tragedia della Mecnavi per un lavoro in tre movimenti: dubbio, incontro e meraviglia C’è però una forte componente sociale in questo lavoro… «Una volta si parlava prevalentemente di lotta di classe, oggi questo concetto è diventato impronunciabile. Le cose però sono rimaste uguali. Il discorso da affrontare è quello della distribuzione della ricchezza, che genera conflitti. Se c’è qualcuno oggi che può vivere con un certo stile di vita è perché altri vivono in condizioni disumane. La schiavitù non è stata abolita, è stata solo allontanata dallo sguardo. Sull'Elisabetta Montanari lavoravano in condizioni inumane. Davanti a quella tragedia, a quelle bare, nel Duomo della città, il cardinal Tonini chiuse la sua omelia con queste parole: “Da oggi il sole non è più sole, il cielo non è più cielo, il bianco non è più bianco, niente più ha valore, niente più ha valore”». Una domanda a Tahar Lamri: lei è un
autore algerino che collabora con il Teatro delle Albe dall'inizio degli anni '90. Mi pare di comprendere che in questo viaggio lei sarà una sorta di guida… «Il viaggiatore, carico di storie e portatore di un altro sguardo, inevitabilmente feconda la società che lo accoglie, specie nei momenti di smarrimento. In questo caso il narratore autoctono, Luigi, chiede aiuto allo straniero, Tahar, per leggere la propria realtà. Luigi chiede aiuto perchè è ossessionato dalle sollecitazioni che gli arrivano dalla lapide/fotografia di Domenico Mazzotti, posta sul muro di un capannone, sotto l'unica gru rimasta in piedi nella Darsena di città. Domenico è morto sul lavoro nel marzo 1947, assieme a Marco Saporetti. Una tragedia avvenuta in marzo, come quella della Mecnavi,
quarant'anni dopo». Lo spettacolo sarà strutturato appunto come una conferenza su quel 13 marzo. Come sarà lo svolgimento? «Lo spettacolo sarà articolato in tre movimenti temporali. Il primo è il tempo del dubbio, in cui Luigi non sa dare un senso alle sollecitazioni di Domenico. Il secondo è il tempo dell’incontro, in cui i nostri narratori ripercorrono assieme la tragedia della Mecnavi, sottraendola alle celebrazioni e ponendola sul piano della coscienza che la città dovrebbe avere di se stessa. Il terzo movimento è il tempo della meraviglia in cui, attraverso il racconto, si è arrivati a una naturale corrispondenza delle cose nel mondo». Dadina, un ruolo importante lo avranno le musiche, in che modo ci state lavorando? «Nello spettacolo si alternano narrazioni e testi in musica. Abbiamo lavorato sulla ballata, sul blues e sul rap, forme musicali che le classi popolari hanno utilizzato negli ultimi due secoli per comporre i propri canti di protesta. Un parlato ritmato, una base musicale fortemente sincopata: espressioni di protesta, che fanno uso di figure retoriche, ma anche di giochi di parole». ❍
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Essere protagonisti delle nuove sfide Il Consar è un grande consorzio di autotrasportatori da 38 anni in movimento, al servizio dell'industria e del commercio, del porto e dei cantieri, nel territorio ravennate, in Italia e all'estero. Un'organizzazione imprenditoriale competitiva, fondata sulla professionalità e la qualità dei suoi mezzi e del suo personale. Onesta nei rapporti, capace di affrontare le sfida dei nuovi mercati. Oggi è un sistema di trasporti e logistica che fattura oltre 100 milioni di euro, raggruppa 350 aziende, con molteplici settori di intervento che occupano 1200 lavoratori.
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arte e simboli 99 Ravenna Festival Magazine 2015
L’albero della vita di Gustav Klimt
L’albero della vita, archetipo di rigenerazione DI
ATTILIA TARTAGNI
L’Expo 2015, adottando l’Albero della vita come simbolo dell’esposizione universale e in particolare del padiglione italiano, ha rilanciato sui media internazionali un archetipo presente nell’arte fin dalle origini della civiltà. Le più antiche rappresentazioni si trovano nei bassorilievi del IX secolo a.C. rinvenuti in Mesopotamia, si ripresentano presso gli Egizi associate spesso a quella del fararone-divinità e nella civiltà greca dove il mito dell’Albero della Vita si intreccia a quello dell’albero delle mele d’oro nel giardino delle Esperidi, assimilabile a quello biblico per il serpente che si attorciglia intorno al tronco. L’Albero della Vita ha rappresentato in ogni contesto storico e geografico il principio vitale, l’energia e la rigenerazione, un archetipo nella foresta dei
simboli con cui l’uomo ha interpretato il proprio destino. Nutrito dalla terra, proteso energicamente verso l’alto, sottoposto ai mutamenti atmosferici e stagionali, come l’uomo si eleva con l’anima, l’albero sfiora nel cielo l’infinito. Se nel Medioevo è stato rappresentato con la figura centrale di un Cristo-albero da cui si diramano gli episodi biblici come percorso necessario per raggiungere Dio, molto “laicamente” si ripropone come soggetto centrale fra una coppia di amanti e una figura stilizzata nel fregio di palazzo Stoclet a Bruxelles realizzato da Gustav Klimt fra il 1905 e il 1909. Il maestro dell’Art Nouveau, che soggiornò a Ravenna nel maggio 1903, vi traspose l’influenza dei mosaici bizantini ravennati in cui il tema è ricorrente. Esso ritorna nelle vetrate che Henri Matisse realizzò a Vence fra il 1948 e il 1951 e in quelle che Marc
I molteplici significati di un’immagine da sempre scelta per il valore simbolico: dall’Expo alla cattedrale di Otranto, attraverso Klimt, Chagall e il Parco della pace di Ravenna Chagall realizzò a Sorrebourg nel 1976. In proposito il pittore-poeta Chagall scrisse: «Non sapremo mai dove e quando l’immaginazione umana abbia piantato il più antico “Albero della vita”. La nascita dell’uomo religioso si perde nella notte dei tempi. È quindi certo che i testi su cui si basano le grandi religioni pongano un albero all’inizio della storia del genere umano, quando l’uomo incontra per la prima volta il mistero della creazione…». La figurazione elementare di Matisse e quella poetica intrisa di cultura ebraica di Chagall esprimono diversamente ma efficacemente l’antico simbolo di energia e spiritualità. A sorpresa il tema si affaccia nell’iconografia urbana e
un po’ fumettistica di Keith Haring, quando tratteggia un albero che dà la vita ed è circondato da brulicanti e briosi ominidi nell’insolito connubio di mito e attualità. Pittura, scultura, arte del vetro sono solo alcuni dei linguaggi tramite i quali è arrivata fino a oggi l’icona dell’Albero della Vita. La nostra città, culla di meraviglie musive, non poteva non raccogliere il richiamo di Otranto, città lontana ma gemellata dal fatto di essere, come Ravenna, un crocevia di culture e una porta aperta sull’Oriente. Lo dimostrano i suoi formidabili mosaici medievali che furono esaminati e restaurati negli anni Ottanta da maestranze ravennati dirette da
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Carlo Signorini. Expo 2015 ha annodato un “filo rosso” fra Ravenna, Otranto e Milano coinvolgendo nell’ambizioso progetto gli studenti del Liceo Artistico di Ravenna, che con i loro mosaici adorneranno il padiglione Eataly I tesori d’Italia nella mostra curata da Vittorio Sgarbi, accompagnati da riprese fotografiche e da video per illustrarne le fasi di esecuzione. È il progetto intitolato “Le Porte d’Oriente - Tessere di Sapienza nell’Albero della Vita”, siglato tra i Comuni di Ravenna e di Otranto, in cui si annoda anche la memoria del restauro del mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto eseguito da maestri ravennati della conservazione e del restauro musivo. Quelle stesse maestranze, ex allievi dell’Istituto d’Arte per il Mosaico di Ravenna, reclutate dall’Associazione Internazionale Mosaicisti Contemporanei, nel 1986 composero, tessera su tessera, la grande piazza musiva dedicata da Mimmo Paladino al tema dell’Albero della Vita nel Parco della Pace di Ravenna, un museo del mosaico contemporaneo a cielo aperto. Per l’Expo 2015, gli studenti delle Classi 3F e 5F dell’Istituto d’Arte per il mosaico - Liceo Artistico "P.L. Nervi – G. Severini” di Ravenna,
Satana in un particolare del mosaico pavimentale di Otranto
Fatti, miti, allegorie, personaggi delle leggende nordiche del ciclo bretone e classico, Sacre Scritture, Bibbia e letteratura profana, tutto, nellopera musiva di Pantaleone a Otranto, confluisce in un’enciclopedia squadernata per la comprensione di eruditi e incolti sotto la guida del coordinatore generale Marcello Landi e dei docenti Elena Pagani e Felice Nittolo, hanno realizzato le copie dei mesi di febbraio e di settembre dal mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto, un progetto in
collaborazione con Ravenna Festival 2015 ispirato anche dalla visione dell’Inferno tratta da fonti condivise da Pantaleone e da Dante, presentato nel gennaio 2015 a Ravenna dal critico d’arte Vittorio Sgarbi e da Cristina Mazzavillani Muti della direzione del Ravenna Festival. La
La semplicità quasi primigenia delle figure è rafforzata dall’uso di tessere ricavate da materiale lapideo di tipo calcareo nei colori rosso, nero, grigio, giallo e verdastro in cui si affacciano poche tessere di pasta vitrea nei colori verde, giallo e azzurro
Cattedrale di Otranto accoglierà il concerto de Le vie dell’amicizia diretto dal maestro Riccardo Muti, stabilendo un dialogo fra due città italiane affratellate anche (e non solo) dall’arte musiva. La cattedrale di Otranto sorge sui resti di un villaggio messapico, di una domus romana e di un tempio paleocristiano, fondata nel 1068 dal vescovo romano Gugliemo, sintesi di diversi stili architettonici comprendenti elementi bizantini paleocristiani e romanici. Essa fu consacrata l’1 agosto 1088 durante il papato di Urbano II dal legato pontificio Roffredo, arcivescovo di Benevento. Nell'agosto 1480 fu espugnata dai Turchi che ne distrussero gli affreschi del XIII secolo e la trasformarono in moschea. La cattedrale custodisce l’imponente mosaico pavimentale che il monaco e artista
Pantaleone realizzò fra il 1163 e il 1165 su commissione dell’Arcivescovo Gionata, considerato oggi uno spaccato di cultura medioevale e un labirinto teologico ancora passibile di interpretazioni. L’Albero della vita centrale, germogliato dal dorso di due elefanti, va letto dall’alto in basso, partendo dalla Cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden. Sedici medaglioni rimandano ad animali o figure mitiche dal significato allegorico. Dodici cicli dei mesi illustrano le attività quotidiane umane: aratura, pascolo, caccia, allevamento, specchi in cui anche gli umili potevano riconoscersi sentendosi parte della Casa del Signore. Nella navata di sinistra l’Albero del Giudizio Universale divide l'area in due parti: una relativa al Paradiso (la Redenzione), l’altra all’Inferno (la
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L’albergo occupa uno dei piu interessanti edifici del rinascimento a Ravenna, il Palazzo Bracci del 1470. Dispone di 7 camere, tutte originali, dall’arredo classico e ricercato, con pavimenti in legno e soffitti impreziositi da travi a vista, affreschi d’epoca e lampadari in vetro di Murano.
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Dannazione). Nella prima i tre patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe, in linea con l'iconografia bizantina, ammettono in Paradiso gli uomini eletti; nell’area della Dannazione un angelo con bilancia giudica i peccati (la cerimonia di psicostasia molto diffusa negli affreschi dell’epoca) mentre i dannati si contorcono nei loro supplizi, immagini simili a quelle che scaturiscono dai versi visionari dell’Inferno dantesco. Oltre che alla tradizione musiva dell'arte bizantina, lo stile di Pantaleone si allaccia all’arte e alla scultura romanica per il Bestiario medioevale (grifoni, draghi, sirene) e per le narrazioni del Vecchio Testamento. Dall’opera trapela, come da un libro di pietra, la cultura del tempo e l’intento pedagogico delle immagini dirette ai fedeli, ai pellegrini e ai crociati per cui Otranto era una tappa del viaggio in Terra Santa. La concezione iconografica e la ripartizione degli spazi fra i rami dell’albero è assolutamente originale rispetto
ai mosaici dell’epoca. Simbolicamente esso richiama tanto l’albero dell’Eden quanto quello della Cabala, ma
Otranto, autoritratto di Pantaleone
anche l’Albero del settimo cielo della religione islamica, un simbolo in cui si annidano il bene e il male, la virtù e il vizio secondo il concetto condiviso dai mistici ebrei, all’epoca numerosi e attivi in
Otranto. Fatti, miti, allegorie, personaggi delle leggende nordiche del ciclo bretone e classico, Sacre Scritture, Bibbia e letteratura profana, tutto in Pantaleone confluisce in un’enciclopedia squadernata per la comprensione di eruditi e incolti. Per Grazio Gianfreda, studioso e parroco della cattedrale, l’albero è uno e trino: nella navata centrale crea, nella navata di destra redime, in quella di sinistra giudica. La semplicità quasi primigenia delle figure è rafforzata dall’uso di tessere ricavate da materiale lapideo di tipo calcareo nei colori rosso, nero, grigio, giallo e verdastro in cui si affacciano poche tessere di pasta vitrea nei colori verde, giallo e azzurro. Dal grande pavimento musivo di Pantaleone all’enorme piazza musiva del Parco della Pace di Ravenna il passo è breve. «Il lavoro è stato pensato non come segno cromatico nel tessuto architettonico naturale, ma come pedana poetica, simbolica, praticabile, […] un segno di vita» scrisse Paladino presentando quell’affiorare di figure, di forme
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Dal grande pavimento musivo di Pantaleone all’enorme piazza musiva del Parco della Pace di Ravenna il passo è breve larvali e di corpi indecifrabili, di simboli e maschere, impressionante sintesi di un’era geologica già conclusa. L’Albero della Vita di Paladino è l’immagine di un domani che è anche passato, memoria di vita per sempre impressa nella pietra. Poco più in là, si incontra l’Albero della Vita di Josette Deru in cui un uomo e una donna mettono a dimora piante protetti da un frondoso albero in una composizione di stampo fiabesco i cui materiali litoidi esaltano il legame fra l’uomo e la terra nel fluire delle stagioni. Un solo soggetto, tante letture. «Quando l’ultimo albero sarà abbattuto, il cielo cadrà sugli uomini»: ne erano convinti gli indiani d’America per cui l’albero sosteneva il cielo, e oggi, consci degli effetti della disboscazione selvaggia, lo pensiamo tutti, mentre ammiriamo l’Albero della
Vita di Expo 2015 splendente di suoni, colori e zampilli d’acqua. Superbamente tecnologico, l’albero spettacolare evoca incanti cinematografici e riporta alle “meraviglie” del periodo barocco, sebbene riproponga ancora e sempre lo stesso significato: rigenerazione, armonia, amore universale ed elevazione dello spirito, icona reiterata nei secoli fino ai giorni nostri dove il passato e presente si intrecciano per gettare i semi di un futuro, si spera, migliore per il genere umano, con l’ esposizione universale di Milano e le virtù italiane, mosaico compreso, al centro del mondo. ❍
L’Albero della Vita di Paladino è l’immagine di un domani che è anche passato, memoria di vita per sempre impressa nella pietra
I due alberi della vita nel Parco della Pace di Ravenna, in alto quello di Josette Deru, in basso quello di Mimmo Paladino
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Due sequenze di Inferno (illustrato da Mattotti), Purgatorio (Glaser) e Paradiso (Moebius)
La Commedia nelle visioni di Mattotti, Glaser e Moebius DI SERENA SIMONI
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Intitolando lâ&#x20AC;&#x2122;edizione di questo anno allâ&#x20AC;&#x2122;ultimo verso della Divina Commedia, Ravenna Festival omaggia il divino poeta e inserisce nel libretto del programma alcune tavole a colori tratte da una serie di illustrazioni delle tre cantiche: prodotte una quindicina di anni fa dall'iniziativa editoriale di Nuages â&#x20AC;&#x201C; una galleria dâ&#x20AC;&#x2122;arte milanese specializzata in fumetto e nella realizzazione di libri illustrati â&#x20AC;&#x201C; ogni cantica della Divina Commedia è stata affidata a tre grandi artisti: Lorenzo Mattotti, Milton Glaser e Moebius. Non è stata una missione impossibile, anche se si presume non semplice neanche per illustratori di questo calibro. Confrontarsi con un classico come la Commedia è una sfida ripetuta nel tempo, fin dallâ&#x20AC;&#x2122;Ottocento romantico che aveva preso a piene mani dallâ&#x20AC;&#x2122;immaginario sostanziale del testo e dalla stessa vita avventurosa dellâ&#x20AC;&#x2122;autore. Entrambi i soggetti risultavano allora funzionali alla creazione di un immaginario collettivo che desse unitĂ allâ&#x20AC;&#x2122;Italia appena costituita in nazione per costruire le prime radici identitarie. Oltre alla realizzazione di una considerevole quantitĂ di dipinti storici, la Commedia è riuscita a superare le
soglie nazionali, incantando numerosi artisti per le figure, le scene, il linguaggio e i sentimenti descritti. Il testo ha favorito creazioni artistiche nuove â&#x20AC;&#x201C; si pensi alle bellissime immagini di William Blake o di Gustave DorĂŠ â&#x20AC;&#x201C; che pur nellâ&#x20AC;&#x2122;intento di illustrare la Commedia hanno felicemente â&#x20AC;&#x153;traditoâ&#x20AC;? lâ&#x20AC;&#x2122;originale, diventando a loro volta opere dâ&#x20AC;&#x2122;arte autonome. Lavorare sulla Commedia non è impresa da poco ma occorre considerare lâ&#x20AC;&#x2122;immensa capacitĂ suggestiva dellâ&#x20AC;&#x2122;opera â&#x20AC;&#x201C; paradossalmente ineusaribile â&#x20AC;&#x201C; e la qualitĂ del contemporaneo, che per certi aspetti mette nella condizione di vedere le stesse cose in modo diverso, manifestando un grado di avvicinamento alle luci (e ombre) del nostro tempo. Proprio dallâ&#x20AC;&#x2122;ostacolo costituito dagli artisti che hanno lavorato precedentemente allâ&#x20AC;&#x2122;illustrazione della Commedia â&#x20AC;&#x201C; DorĂŠ, Blake e Botticelli â&#x20AC;&#x201C; partono le riflessioni di Lorenzo Mattotti, bresciano, autore di fumetti pluriblasonati a livello internazionale con pratiche di sconfinamenti plurimi nel campo della pittura, della moda e del manifesto. La seconda difficoltĂ segnalata dallâ&#x20AC;&#x2122;autore è quella di un confronto con i simboli, le allegorie, le
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immaginario 107 Ravenna Festival Magazine 2015
masse, i corpi e le prospettive lontane, altisonanti, difficili. Superabili forse, ma solo con il piacere dell’aura infernale, dove Mattotti fa rivivere il piacere adolescenziale di disegnare mostri, diavoli e anime condannate. Senza rinunciare al suo stile personale e i dovuti crediti al Futurismo italiano – le masse dinamiche di Balla, gli artifici colorati di Depero – Mattotti sceglie un registro ridotto di colori predominanti fra rosso e nero, verde e bianco, per un Inferno dominato da silhouette stentoree, immesse in composizioni molto dinamiche. Le reminescenze di Calder e del Surrealismo fanno il resto – Dalì, ma anche Ernst e Mirò – spingendo le soluzioni in visioni di grande effetto. Il Purgatorio viene affidato a Milton Glaser (New York 1929) che condivide con Mattotti nel corso degli anni gli sconfinamenti fra fumetto, editoria, pubblicità e illustrazione. Per chi non lo conoscesse vale la pena ricordare il famoso poster “I(love)NY” (col cuore al posto del verbo), che Glaser ha inventato nel 1976. Anche lui parte dalla considerazione degli stessi grandi artisti del passato che hanno illustrato la Commedia, a cui Glaser è ricorso per molte suggestioni. La scelta di lavorare con la tecnica del monotipo – una delle forme di stampa più antica – applicata a sagome di carta colorate ad olio e appoggiate su una lastra di plexiglass inchiostrata, in modo da ottenerne una lastra pronta per il torchio, ha costretto l’autore a stampare più volte la stessa scena per selezionare una o due su cui continuare a lavorare. Glaser pensa al tempo interminabile del Purgatorio a confronto con la
tecnica lenta e ripetitiva di questo lavoro e considera la mancata definizione delle immagini prodotte come un modo di essere più adattabili all’immaginario di chi le guarda. Non è male ricordare che la formazione dell’artista ha radice nella beat generation, individuabile nella forte semplificazione delle forme spesso tratte dall'immaginario popular, arricchite da ricche decorazioni floreali bidimensionali. La difficoltà di confrontarsi con la cantica meno “umana” e più rarefatta nelle immagini e nel linguaggio è subito affrontata nella presentazione di Moebius (Jean Giraud), l'autore francese scomparso tre anni or sono che deve la sua fama internazionale alla partecipazione alla rivista cult Métal Hurlant. Acclamato collaboratore di progetti editoriali con Jodorowsky e di film con Luc Besson, ha spaziato dal manifesto al fumetto, dall’illustrazione al disegno e alla pittura. Per Nuages Moebius ha eseguito le tavole del Paradiso, esplicitando che solo un bambino o un visionario avrebbe potuto eseguire il lavoro in modo efficace. La sola strada che gli rimane, dice l’autore, è quella di studiare un altro francese alle prese con lo stesso compito. Le incisioni ottocentesche di Gustave Doré manifestano qualità tecniche stupefacenti e una minuziosa descrittività, ma soprattutto possiedono una grande capacità immaginativa che si traduce – dice Moebius – in un «permesso speciale per assaggiare il Paradiso». L’artista ricalca quindi le scene di Doré senza farsi scrupolo di mantenere la piena riconoscibilità del modello. Bastano poche varianti per ricalibrare le scene
e adattarle al proprio stile: gli spiriti difettivi vengono rielaborati allungando le figure e giocando sull'estremizzazione dell'impianto decorativo negli abiti, così come l'arrivo al cielo di Saturno viene semplificato nella resa dei chiaroscuri e arricchito ancora di linee decorative.
Il risultato è un Doré fortemente attualizzato e trasformato nello stile di Moebius, un’operazione possibile solamente ai grandi autori. Ciascun artista è grande proprio nella misura in cui sa negoziare la distanza fra la sua sensibilità e immaginazione e quelle dell'autore a cui si ispira. ❍
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108 cultura e natura Ravenna Festival Magazine 2015
Dalla vena del gesso alla via del sale Doppio percorso con Trail Romagna: il 21 giugno si va a Brisighella con il treno di Dante. Dalla via degli Asini si arriva al centro visite Ca’ Carnè per poi scendere nell’ex cava Marana
MILANO MARITTIMA
10 e 11 luglio 2015 ore 20.30 Circolo Tennis, Milano Marittima
INGRE GRATUSSO ITO
P R O G R A M M A VENERDÌ 10 20.30 Inizio Torneo 22.00 Premio Ambiente “Vip Amici del Mare” 23.30 Gran Buffet (luogo da definirsi. Invitati Vip, Autorità, Sponsor)
SABATO 11 13.00 Buffet Bagno Paparazzi 242 (Invitati Vip, Autorità, Sponsor) 20.30 Inizio torneo 23.00 Premiazioni 24.00 Cena (luogo da definirsi. Invitati Vip, Autorità, Sponsor) Organizzazione Mario e Patrick Baldassarri
DI
CHIARA BISSI
Per la prima volta dalla sua nascita l’appuntamento con il concerto trekking lascia la città e si sdoppia, seguendo le tracce della Vena del gesso sulle colline faentine e del Sale a Cervia. Il territorio si fa teatro di eventi sonori in natura proposti da Ravenna festival, grazie alla passione di Trail Romagna, associazione di volontari che propone passeggiate, corse in boschi e parchi, percorsi in bici, spettacoli e laboratori itineranti. In poco più di trenta chilometri si svela un territorio ricco di biodiversità dalle dune sabbiose e dalle pinete della costa alle grotte e ai torrenti sotterranei dei primi rilievi. Un contesto perfetto per la nascita di circuiti turistici attivi nei quali l’ambiente naturale dialoga con la storia, l’arte e la musica e la mobilità
diventa sostenibile. Nell’edizione del festival dedicata al Sommo Poeta la meta del concerto trekking si raggiungerà grazie al treno di Dante. Domenica 21 giugno il pubblico trascorrerà una giornata in natura dalle 10 alle 18,30; una volta giunti a Brisighella infatti, dalla via degli Asini si raggiungerà prima il museo geologico ex-cava del Monticino, per ascoltare suoni e storie di minatori, poi gli scavi archeologici di Rontana fino al centro visite Rifugio Ca’ Carnè dove una guida ambientale illustrerà il parco della Vena del Gesso nel decennale della fondazione. Dopo il ristoro è prevista la discesa nell’ex-cava Marana per immergersi nella leggenda alpina delle Anguane, eteree creature dai lunghi capelli, che abitavano in grotte, simili alle sirene omeriche votate alla seduzione tramite il canto e la
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cultura e natura109 Ravenna Festival Magazine 2015
A sinistra, una veduta delle Saline di Cervia dall’alto. Sopra: a sinistra via degli Asini a Brisighella; a distra uno scorcio della grotta in cui andrà in scena l’opera musicale “Il Canto nell’antro: concerto per anguane, grotte e specchi d’acqua”
danza. Si tratta quindi di un viaggio musicale attraverso gli archetipi del femminile in un’ambientazione molto particolare dove andrà in scena l’opera musicale” Il Canto nell’Antro: Concerto per Anguane, grotte e specchi d’acqua”, ideata dalle musiciste Simona Gatto e Marta Celli, che compongono il Duo Alarc’h. Lo spettacolo, creazione originale per il Ravenna Festival, vedrà le musiciste accompagnate da Fabio Mina ai flauti e dall’Ensemble d’archi della Scuola di musica “Giuseppe Sarti” di Faenza diretta da Paolo Zinzani, in uno scenario naturale d’eccezione: la cava della Marana. La grotta e lo specchio d’acqua cristallino solitamente non sono aperti al pubblico. Le registrazioni ambientali fatte da Fabio Mina nelle dune della foce del Bevano introdurranno il concerto. Lasciata la Vena del gesso che si estende per oltre 25 chilometri, venerdì 17 luglio partirà il secondo percorso sulle tracce della via del Sale nel lembo meridionale del parco del Delta del Po, grazie anche al contributo del Comune di Cervia. Nel piazzale delle Saline prenderà forma un omaggio all’oro bianco e alle terre ad esso legate come la Sardegna. Fabio Mina aprirà il concerto per flauti, suoni delle saline e live electronics; a seguire saliranno in scena Marcello Fois voce narrante e il Gavino
Murgia Mediterranean Trio. Domenica 19 luglio dall’alba a tramonto di nuovo in movimento sulla via del Sale. Le linee d’acqua che connettono il mare alle saline e poi alle terme caratterizzano non solo un paesaggio ma anche la via che Ravenna Festival e Trail Romagna hanno scelto per un itinerario in musica da percorrere in un’intera giornata. Alle 6 del mattino il canalino di Milano Marittima che porta acqua dal mare alle saline sarà teatro del concerto di Fabio Mina ai flauti, Peppe Frana oud e Marco Zanotti alle percussioni. Alle 18 riprende il cammino della via del Sale che attraversa la pineta, raggiunge ciò che rimane del Woodpecker, uno dei locali notturni più celebri della riviera degli anni Sessanta dalla concezione avveniristica, progettato dall’architetto faentino Filippo Monti, destinato poi a una vita breve e a un lungo abbandono. Dopo il ristoro nella settecentesca Casa della Aie, alle 21,30 il pubblico di Ravenna festival incontrerà nella pineta di Cervia il teatro di Davide Enia. L’autore siciliano con Rita Botto e la Banda Diavola tramuteranno lo spazio fisico in uno spazio sonoro, ispirato alle tradizioni musicali di un’altra terra lontana circondata dal mare e ricca di sale, la Sicilia. Infine alle 23,30 la giornata si chiuderà nelle acque rigeneratrici delle Terme di Cervia. ❍
Il 17 e il 19 luglio si andrà sulle linee d’acqua che connettono il mare alle saline e poi alle terme, passando per il Woodpecker. Tra gli spettacoli il teatro di Davide Enia
Per il tuo aperitivo prima dello spettacolo del Festival A due passi dal teatro Rasi
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110 genius loci Ravenna Festival Magazine 2015
Dante e l’imago di un’identità ravennate Breve storia della zona dantesca La notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 muore Dante Alighier. Le onoranze funebri si celebrano nella chiesa di San Francesco, alla presenza di Boccaccio e di Guido Novello Da Polenta. DI PAOLO BOLZANI
Nel 1261 Filippo Fontana, arcivescovo di Ravenna, dona ai Frati Minori Conventuali la chiesa ravennate di San Pier (o Pietro) Maggiore, fino al X secolo conosciuta come «Basilica degli Apostoli», e da allora legata al Santo di Assisi. Fondata in età placidiana, si dota del campanile nel IX secolo e della cripta nel X-XI, nelle cui acque cristalline oggi nuotano i “pesci rossi di San Francesco”. Fino al 1881 anche la piazza antistante era dedicata a San Pier Maggiore, poi diverrà «piazza George Byron», infine assumerà l’attuale intitolazione nel 1936. Ma veniamo alla notte tra il 13 e il 14 settembre 1321, in cui muore Dante Alighieri, di ritorno da una missione a Venezia per conto dei Da Polenta. La Signoria ravennate è particolarmente legata alla chiesa, come dimostra la cappella di famiglia, riaperta nel 1921 e la lastra tombale di Ostasio, collocata nel 1398. Le solenni onoranze funebri si celebrano in chiesa, alla presenza di Boccaccio e di Guido Novello Da Polenta. L’esule fiorentino verrà sepolto nell’area sepolcrale a nord della chiesa, in «un’arca lapidea… in abito da poeta e da grande filosofo», come ci racconta lo stesso Corrado Ricci. Al Trecento risale la costruzione del primo chiostro francescano, addossato al lato settentrionale della chiesa, mentre il secondo
verrà eretto nel XVI secolo. Nel 1480 si costruisce la Cappella di Braccioforte, verosimilmente sui resti di un nartece della chiesa francescana e nel 1483 l’arca a edicola con il bassorilievo di Dante di Pietro Lombardo, finanziata da Bernardo Bembo, Podestà di Ravenna per Venezia e addossata al muro del primo chiostro francescano. Nel 1780 il Cardinale Legato Luigi Valenti Gonzaga affida al grande Camillo Morigia la costruzione del Dantis Poetae Sepulcrum. Rivolto a nord sul canocchiale prospettico dell’asse via Alighieri-via Ferruzzi, il tempietto mostra un elegante purismo neoclassico, avvolto nell’impalpabile trama del bugnato gentile, interrotta dal fregio dorico e dalla cornice di imposta dell’arco del portale, il cui timpano reca l’uroburo, simbolo di eternità, mentre la piccola cupola si conclude con la pigna ravennate. I Francescani manterranno la chiesa fino al 1810, perdendola con l’arrivo
dei francesi, dopo aver nascosto le ossa di Dante nel muro tra Braccioforte e la basilica, dove verranno casualmente ritrovate nel 1865. Non è la prima volta: lo hanno già fatto nel 1519, quando Papa Leone X Medici concede ai fiorentini di trasferire le spoglie di Dante a Firenze. Nel 1892 si colloca la statua di Giuseppe Garibaldi, opera di Giulio Franchi, al centro di piazza San Francesco, mentre nel 1921, VI Centenario della morte di Dante, la chiesa perde ogni elemento barocco e riprende le forme "dantesche", con sostituzione della finestra centrale in una bifora e posa in opera della bella cancellata a maglia e pàtere di Umberto Bellotto. Scompare la Cappella Fantuzzi tra la chiesa e Braccioforte, a sua volta nel 1865 trasformato da Cappella in Quadrarco da Romolo Conti. All'interno della Tomba si collocano pregiate pavimentazioni, rivestimenti e la nuova porta in
La tomba di Dante il cui progetto fu affidato a Camillo Morigia nel 1780
bronzo di Lodovico Pogliani. Dietro al tempietto si realizza la scala conducente al museo dantesco, segnalato dal campanile a vela con la campana dei Comuni d'Italia. Nel Novecento i giudizi sul tempietto non saranno sempre lusinghieri: “monumentino”, “edicoletta”, “cappellina”, “modesto sacello”, fino alla stecchettiana «zuccheriera». Addirittura le auto vi transitano a fianco. Nel 1927 Pietro Fedele, ministro della Pubblica Istruzione, conferisce l’incarico per la sistemazione della «Zona Dantesca» a Gustavo Giovannoni, direttore della Reale Scuola Superiore di Architettura di Roma, che redige due progetti in cui si
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Il portico della biblioteca Oriani trasformato in spazio espositivo nel 2003
prevede sia la riedificazione, sia il mantenimento del tempietto morigiano. Nel dibattito si inserisce Roberto Papini con un proprio progetto rivolto all’eliminazione del tempietto e la saturazione dello spazio limitrofo. Nel frattempo Giulio Ulisse Arata firma nel 1928 il nuovo Palazzo della Provincia, che si pone come fondale neoromanico a piazza Byron con il suo lungo portico e la massa di mattoni a vista di tono rosso scuro. Forte del successo acquisito con il Palazzo, tra il 1928 e il 1932, Arata riesce a inserirsi nel gruppo di progettisti designati per la sistemazione. Accanto a lui ci sono l’architetto Tobia Gordini e l’ingegnere Eugenio Baroncelli, tecnici comunali. Il loro progetto esce sulle cronache nazionali nel 1932, ma provoca l’irritata reazione di Corrado Ricci, inizialmente a favore del coinvolgimento di Arata stesso. Perciò nel 1933 viene istituita una speciale Commissione per la «Sistemazione della Zona Dantesca», cui partecipano, tra gli altri, Ricci e il ministro Luigi Rava, che redige un piano attuato tra il 13
settembre 1933 e il 13 settembre 1936. Nasce la “Zona di Silenzio”, con traffico veicolare spostato nel nuovo sedime stradale delle vie Mariani, Ricci e Guidone, e impedito, in origine anche alle biciclette, a metà delle vie Guido da Polenta e Dante Alighieri da due coppie di pali in marmo e catena. Piazza San Francesco viene abbassata e ripavimentata in pietra di luserna, mentre la Statua di Giuseppe Garibaldi, per la quale si prevedeva la traslazione nella futura piazza del Littorio (ora piazza Caduti per la Libertà, realizzata nel triennio 1936-38), verrà spostata nel 1935 in piazza Alighieri, a sua volta già da quell’anno reintitolata a Garibaldi. Il lato settentrionale di piazza San Francesco dal 1936 è occupato dalla Biblioteca Oriani, “ritoccata” da Arata in corso d’opera con una parete in mattoni a vista e fasce in marmo rosso Verona, che ne trasforma immagine di casa veneziana tanto cara a Ricci, morto nel giugno 1934, ma non gradita all’opinione pubblica ravennate. Al posto del caseggiato, posto dietro l’Oriani e in cui si
Mazzini Casa è un'agenzia che mette a disposizione del cliente la propria esperienza in modo serio, corretto e professionale, cercando di soddisfare le varie esigenze e seguendolo sotto tutti gli aspetti, anche burocratici e tecnici, relativi la compravendita o la locazione. Si effettuano inoltre valutazioni immobiliari, preventivi per piccole o grandi ristrutturazioni e si presta assistenza al cliente per individuare ed ottenere il miglior mutuo o finanziamento al fine di raggiungere l’obbiettivo desiderato.
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Nel 1927 viene conferito l’incarico per la sistemazione della «Zona Dantesca» a Gustavo Giovannoni. Nel dibattito si inserisce Roberto Papini che redige anch’egli un proprio progetto con l’eliminazione del tempietto morigiano trovava la “famigerata” osteria «Bugno», ora si trova accostato un piccolo elegante portico erratico rinascimentale, proveniente dal monastero di S. Maria in Porto, che recinge per due lati il giardino «Rinaldo da Concorezzo» e dialoga in lingua veneziana con il Quadrarco di Braccioforte. Nel dopoguerra l’Ordine francescano farà ritorno definitivo a S. Francesco, creando il Centro Dantesco nel 1965. Ma i lavori proseguono. Nel 2003 si conclude il restauro del portico con il tamponamento vetrato degli archi e la sua trasformazione in spazio espositivo, e la sistemazione del Giardino Rinaldo Da Concorezzo, con ripristino della cancellata eliminata nel 1935. Nel 2006 si concludono i restauri del Palazzo
della Provincia, con la sistemazione dei giardini pensili, e nel 2007 quelli alla Tomba e a Braccioforte. Nei tre anni successivi vengono restaurati i Chiostri francescani per ospitare la Biblioteca e l’Archivio Storico della Fondazione e della Cassa di Risparmio, varie sale polifunzionali, la Biblioteca e il rinnovato Museo del Centro Dantesco. Nel primo chiostro, dedicato a Dante, ora ci accolgono due belle opere in ferro battuto di Augusto Bartolotti, San Francesco (1960) e Santa Chiara (1963). Nello stesso periodo si sistema il sagrato della chiesa in pietra bianca. Nel 2011 si creano due rampe nello stradello a fianco di Braccioforte, accrescendo con le loro piccole luci nelle ore notturne il senso di mistero e di sacro che questa zona pretende. ❍
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In alto: Il cantiere della zona dantesca nel 1934. Immagine al centro: il progetto di Roberto Papini. Immagine in basso: uno dei progetti di Gustavo Giovannoni
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Ravenna Festival Magazine Edizione 2015 Supplemento gratuito a “Ravenna & Dintorni” nr. 632 del 4 giugno 2015
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