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”Elvis“ di Baz Luhrmann

`fkbj^ A cura di VALERIO CONSONNI

ELVIS

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di Baz Luhrmann

Strepitoso, ipnotico, ubriacante, erotico. Sembra di stare su una polveriera di luci ed energia. Un’esplosione di carisma, suoni, colori, sinuosi movimenti di bacini che traboccano fuori dallo schermo e sommergono come un fiume di lava gli spettatori. Non è solo un film, è un’esperienza visiva e sonora nei labirinti di un mito senza tempo. Parliamo di Elvis di Baz Luhrmann (Moulin Rouge! Romeo + Giulietta, Il Grande Gatsby), un ritratto anti-biopic del grande rocker americano Elvis Presley. Un ritratto mistico di Elvis quello che il regista offre attraverso il ricordo del Colonello Parker (un eccezionale Tom Hanks, irriconoscibile), ex imbonitore di carnival americani (le fiere con attrazioni e freak) che si è reinventato manager di musicisti. Vede le potenzialità del giovane rocker Presley, che canta come un nero. Gli fa firmare un contratto. Tra i due nasce un rapporto quasi “faustiano”, che diventerà di amore e odio. Il film sembra ripercorrere una tragedia greca: Elvis è un moderno Dioniso, uscito dai ghetti neri della America del sud, che trascina le sue fans-menadi a eccessi di entusiasmi e a perdite di identità. Quando era piccolo spiava i neri ballare fra loro, i loro riti, le feste scatenate, i voodoo. Mostra quanto lo stesso Elvis fosse a suo modo post-moderno, copiando e reinventando la musica dei neri del ghetto. Molti, ascoltandone solo la voce alla radio, pensavano fosse nero. Diviene così un predestinato, ma forse lo era sempre stato. Il rocker scala le classifiche, ma i benpensanti vorrebbero arginarne la “carica erotica”. Il Colonnello è sempre per assecondare, con furbizia opportunistica, le autorità. Il Re, invece, segue l’istinto di muoversi ancheggiando… Iper post-moderno, eccessivo, barocco, stordente. Luhrmann Mostra frammenti di vita in versione fumetto o cartoon. Gioca con cartelli al neon, insegne, icone, paratesti con i costumi sfarzosi perché Elvis era amante degli eroi Marvel proprio come lui inguaiate in quelle mantelline e tute coperte di borchie, lustrini, pietre colorate. Assistiamo alle stelle e alla polvere in cui si ritrova. La morte dell’amatissima mamma, l’arresto, il servizio militare in Europa, l’amore viscerale per Priscilla (Olivia DeJonge), poi tradita, e per la figlioletta Lisa Marie. Il successo sul grande schermo, come attore di Hollywood. Infine, il declino e ancora la risalita. Forse il film è un po’ troppo lungo causa una parte centrale dove si perde il ritmo travolgente della prima parte, ma poco importa perché l’energia tracima poi nuovamente e ci trascina ancora una volta sul palco con il “Re”. Ma è d’obbligo ora menzionare Austin Butler, il giovane attore che impersona la star: un tornado di bravura, senza di lui il film sarebbe stato impensabile. Austin è veramente Elvis! Eccezionale e grandioso! Buona visione e… preparatevi a ballare!

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