Il catalogo dei genitori - quarta puntata

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Marina Zulian responsabile della BibliotecaRagazzi di BarchettaBlu

Cronache dalla barchetta Il catalogo dei genitori - Quarta puntata 34

In questi ultimi anni vengono organizzati sempre più frequentemente incontri, seminari e convegni che hanno come obiettivo quello di migliorare la fiducia nelle proprie competenze genitoriali. Psicologi, educatori, esperti della famiglia cercano di promuovere una migliore qualità della relazione fra genitori e figli. Da un lato si cerca di offrire un sostegno ai genitori in relazione alle quotidiane problematiche che affrontano con i figli, dall’altro si cerca di favorire ai figli la possibilità di esprimere emozioni e sentimenti.

solidi principi educativi. Chissà se anche lui avrà frequentato uno di quegli innumerevoli incontri sul mestiere di genitore.

Questo ironico albo illustrato sovverte e capovolge i ruoli tra papà e bambino poiché, come dice il titolo, non insegna a educare bambini ma papà. Nonostante sia raffigurato un bambino molto piccolo, il libro viene consigliaAnche Come educare il tuo to anche per ragazzi della papà, di Alain Le Saux, è scuola media, età in cui è una vera e propria guida sempre più difficile accetall’educazione dei papà, tare le imposizioni dei gema è a cura di un bambinitori. no che segue dei precisi e

Tutti abbiamo un solo papà. Poiché di solito non è perfetto è molto importante sapere che cosa si può fare per educarlo. Quindi il punto di partenza è che tutti i papà hanno delle imperfezioni e che è fondamentale imparare tutti i modi per educarli. Il rovesciamento dei ruoli che sta alla base del libro è un modo originale e ironico per affrontare il difficile tema dei rapporti tra padri e figli a tutte le età. Naturalmente si potrebbe far valere tutto, o quasi tutto quello che viene descritto anche per le mamme. A volte il papà mi domanda un favore. Io gli rispondo: Vedremo. Un papà non può fare tutto ciò che vuole. Quando il mio papà mi chiede: Mi vuoi bene? Io gli rispondo sempre: Tantissi-


mo. Meglio avere un papà felice. Con ironia e a volte comicità, il bambino sgrida il suo papà con moderazione ma al tempo stesso lo rassicura e lo accetta per quello che è. Lo tratta sempre con fermezza, incoraggiandolo, gratificandolo, ma anche riprendendolo quando non si comporta bene. In forma rovesciata questo albo ci racconta di come i bambini vorrebbero che fossero i genitori: fermi e decisi ma anche accoglienti e gratificanti. Ogni pagina è corredata da una illustrazione nell’inconfondibile stile di Alain Le Saux che con il suo tratto semplice riesce a rappresentare perfettamente le espressioni dei visi, gli atteggiamenti e i comportamenti dei due protagonisti. Esemplare è la capacità di trasformare le proporzioni in modo sovversivo, ribaltando i rapporti nello spazio e le grandezze delle figure rappresentando il bambino molto piccolo che sgrida il papà molto grande. Il testo spiritoso ed essenziale coglie gli stati d’animo di grandi e piccini e mette in luce quelle che dovrebbero essere le basi dei rapporti educativi e affettivi. A tratti il libro è addirittura grottesco ma in mol-

te pagine è anche tenero e avvincente; i bambini, almeno per una volta, si possono sentire i più saggi e possono decidere loro le sorti dei papà, anziché dover sempre obbedire alle imposizioni dei genitori. Il bambino consiglia, premia, coccola, perdona il suo papà così come vorrebbe che il suo papà facesse con lui. Quando il papà fa i capricci io non gli do retta. Non bisogna sempre concedere a un papà tutto ciò che vuole; Quando il papà dice di sapere tutto io faccio finta di credergli. Non bisogna mai offendere un papà. E anche: Quando il papà discute con me diventa sempre molto nervoso. Io non perdo la calma, preparo una tazza di te a tutti e due e ricominciamo a parlare tranquillamente. Un papà deve imparare a discutere senza arrabbiarsi. Se il papà vuole fare un gioco che detesto, io gioco con lui lo stesso. Bisogna dedicare del tempo ad un papà. A volte il papà è troppo aggressivo. Allora mi chiedo: sono stato abbastanza affettuoso con lui? L’ho sgridato di recente. Sono stato troppo severo? Per educare

un papà è necessario usare intelligenza e psicologia. Quando il papà è svogliato, di malumore, io non lo tormento. Un papà ha il diritto di non essere sempre perfetto. Riuscire a riconoscere che nessuno di noi è perfetto, accettare i propri e altrui limiti è già un buon punto di partenza per iniziare a realizzare un certo benessere nel rapporto tra genitori e figli. Comunicare nel rispetto reciproco, riconoscere e aiutare l’espressione delle emozioni sia nei figli che nei genitori è un primo passo fondamentale. Nei rapporti conflittuali tra genitori e figli, i genitori spesso pensano che senza urlare ai propri figli non potrebbero mantenere la loro autorità; a volte i genitori vorrebbero smettere di essere violenti, anche solo verbalmente, con i propri figli, ma non sanno come gestire i momenti quotidiani di stress. Rispondendo ai propri figli con reazioni puramente emotive, papà e mamme non stabiliscono rapporti di fiducia e non riescono a impostare una comunicazione che allontani paure e frustrazioni. Se gli adulti reagiscono urlando o insultando, insegnano ai bambini l’opposto di ciò che vorrebbero. In modo semplice e alle-

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gro l’albo ci fa capire l’importanza di far sentire il proprio affetto e di fornire punti di riferimento ai figli. Solo se gli adulti cercano di comprendere cosa pensano e cosa provano i bambini nei diversi momenti della giornata e assumono un approccio costruttivo anziché punitivo, possono riuscire a risolvere i problemi e le difficoltà. Così come ci insegna il bambino protagonista dell’albo, l’affetto è necessario per realizzare una relazione positiva, ma deve essere sempre accompagnato da fermezza e chiarezza sui punti di riferimento.

Proprio di rapporti violenti e conflittuali tra un padre e un figlio parla il romanzo di Susan Shaw La nuova vita di Charlie. Il libro è consigliato per ragazzi dai 12 anni, ma quando l’ho letto mi sono chiesta se un ragazzo così giovane possa non rimanere sconvol-

to da una storia così forte e violenta. Si tratta di un libro che affronta un dolore talmente grande che si vorrebbe che nella vita non succedessero mai cose del genere. Nel raccontarlo faccio fatica a trovare le parole per descriverlo. Ritorno con il pensiero a Charlie, l’adolescente protagonista della storia che ha la stessa età di mio figlio. Si tratta di un ragazzo di dodici anni vessato e maltrattato che il padre ha costretto a vivere in una cantina per lunghi anni senza permettergli di uscire neanche per mangiare. La cantina è la sua casa, il suo mondo. La cosa più difficile da capire è che il padre instilla nel ragazzo l’idea che tutto ciò che accade è perché lui è un bambino cattivo. Niente scuola, né giochi, né amici a causa di quel padre folle e incapace di amare. Charlie non ha alcuna intenzione di scappare dalla cantina poiché suo padre si arrabbierebbe. Charlie pensa di esserselo meritato e ciò è la cosa più crudele. Tutta la sua vita, le sue azioni, i suoi movimenti sono condizionati da questo fatto. Una notte esce di nascosto dalla cantina per prendere un po’ di aria, ma la porta di casa si chiude inaspettatamente e Charlie si ritrova per caso fuori dalla sua prigione, li-

bero. La prima reazione è di paura. Paura di suo padre, paura del mondo, paura di non poter più tornare indietro. Quello che lo porta fuori dalla sua prigione non è una fuga ma solo un caso. Anche camminare per strada diventa troppo difficile per il suo debole corpo, ma soprattutto per la sua mente sconvolta. Charlie non si rende subito conto che è appena iniziata la sua nuova vita. Una vita piena di ostacoli da superare e problemi da risolvere, ma una vita che possa definirsi tale. Lungo la strada Charlie sviene e si risveglia in ospedale. La ripresa è lenta e dolorosa: incubi, vaneggiamenti, febbre, ricordi della sua vita precedente. Poi la sua nuova vita riprende a scorrere grazie anche al suo vicino di letto e alla sua famiglia affidataria. Charlie non sa leggere, non sa cosa sia una scuola o una festa; deve nuovamente imparare a vivere e persino a riuscire ad uscire di casa senza essere terrorizzato. Piano piano Charlie ricorda la bellezza del verde, degli alberi, della pioggerellina e riesce a godere delle piccole cose di tutti i giorni. Non importa se non conosco gli alberi di Natale – le dico – Non conoscevo neanche Halloween e il Ringraziamento, ma sto imparan-


do. Presto sarò un bambino normale. La signora West appoggia la schiena alla sedia e ride. Credimi, Charlie, – dice – i bambini nomali non esistono. Non so perché, ma queste parole mi rassicurano. In queste parole si può condensare il senso profondo del libro: quando si parla di bambini non si può parlare di normalità poiché tutti i bambini valgono per quello che sono, indipendentemente da tutto e da tutti. Sempre più spesso mi succede di chiedermi se sia giusto che bambini e adolescenti leggano libri di questo tipo. Cerco di lottare contro il mio istintivo desiderio di protezione nei confronti dei giovani lettori, ma mi rendo razionalmente conto che parlare e affrontare temi spinosi è l’unica possibilità. L’ideale sarebbe leggere insieme il libro come con i bambini piccoli. Ma neanche questo spesso è possibile con un figlio di dodici anni. Molte volte con mio figlio decido di leggere i suoi stessi libri per poi condividere sensazioni ed emozioni. Lo consiglio vivamente a tutti i genitori. Attraverso libri e anche film si può davvero entrare nel misterioso mondo degli adolescenti e si può trovare con loro uno spazio di confronto e di dialogo.

Il dilemma se far leggere o meno, se consigliare o no la lettura si è presentato anche con il libro La casa sull’albero della brava e famosa scrittrice Bianca Pitzorno. La storia parla di due ragazzine che vivono sopra una quercia insieme a un gatto, a cani che fanno le uova e a una pianta carnivora. Già da queste poche indicazioni, si può capire che si tratta di una storia piena di fantasia e di magia. Un albero davvero singolare. A prima vista poteva sembrare un albero come tutti gli altri. Stava nel mezzo di un prato leggermente in discesa. Aveva un tronco piuttosto grosso e una chioma folta e voluminosa … Un albero come tutti gli altri, insomma! Ma, a guardare bene, si scopriva una porticina nascosta in basso fra le radici nodose. Una porticina abbastanza

grande per poterci passare attraverso senza rimanere incastrati (a patto di non essere troppo grassi). Il tronco, infatti, era cavo, e dentro c’era una scaletta a chiocciola che portava in alto ai rami pieni di foglie. Non solo, ma sulla parte esterna del tronco alcuni spuntoni di rami tagliati ad altezza crescente formavano ottimi gradini o appigli per chi volesse arrampicarsi senza passare per la porticina segreta. Bianca Pitzorno riesce a mescolare battute e colpi di scena tenendo il lettore immerso nella storia. A completare il libro ci sono anche le divertenti illustrazioni di Quentin Blake che aiutano il lettore a entrare ancora di più nell’avventura di Bianca ed Aglaia. La storia parla di ecologia e di natura ma anche di quanto siano importanti i rapporti con le persone, gli animali e le cose. Le due amiche, una un po’ più adulta, stanche della loro vita in città, decidono di andare a vivere insieme sull’albero. In una giostra di incontri strampalati e di situazioni assurde, di paura e di risate, la piccola comunità sull’albero impara a convivere e a far fronte alle situazioni più improbabili. In particolare mi ha colpito il quinto capitolo nel

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quale si racconta di tre cicogne che passano sopra la quercia. Bianca viene a sapere dalle cicogne che trasportano nei loro grossi fagotti dei bambini e allora chiede loro dove li portano. Da tre famiglie che li hanno ordinati. Risposero le cicogne. Neanche loro erano informati che i bambini non li portiamo noi. Così invece di farseli in casa, aggiunse la seconda, ci hanno scritto una cartolina postale con tanto di francobollo per via aerea e modulo di pagamento alla consegna della merce. Conoscete il nostro motto? Chiese la terza. Teneteli una settimana in prova e se non siete soddisfatti sarete rimborsati. Il linguaggio della scrittrice è diretto ed efficace. Sa raccontare del meglio e del peggio delle persone. Proprio in questo spensierato

e avventuroso racconto, la scrittrice inserisce uno spietato modo di pensare, speriamo non troppo comune, che i bambini possono essere mandati via se gli adulti non sono soddisfatti. Ma a parte questo, mi chiedo per l’ennesima volta, cosa può pensare un bambino sentendo che c’è la possibilità di essere rifiutato e mandato via dai genitori? Leggere in biblioteca e in classe questo passaggio è stato davvero interessante. I bambini, insieme a dei genitori e a degli insegnanti attenti, hanno potuto rielaborare questi concetti senza rimanere traumatizzati. Tutti i bambini e i ragazzi, così come gli adulti, apprendono e rielaborano meglio quando sono aiutati e informati correttamente. Naturalmente tutti

hanno bisogno di un sostegno adatto al loro grado di comprensione. In conclusione rendere i bambini partecipi della narrazione è l’unico modo per rendere questo libro un momento di riflessione che offra contemporaneamente anche tutta una gamma di forti emozioni. Infine riporto alcune parti di una interessante ricerca presentata all’interno della Guida pratica alla genitorialità positiva. Come costruire un buon rapporto genitori-figli. Con tutti i limiti che una guida generalizzata può avere considerando l’infinita gamma di possibilità dei rapporti interpersonali, ritengo che vi sia un grande stimolo alla riflessione. Anche perché, come sottolineato nella guida, per prima cosa i bambini e i genitori hanno bisogno di amore e di affetto.


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I genitori per far sentire affetto ai loro figli: dimostrano di amarli, anche quando sbagliano; li confortano quando soffrono o sono spaventati; li ascoltano; tengono conto anche del loro punto di vista; giocano con loro; ridono insieme a loro; li sostengono quando devono affrontare una prova; li incoraggiano di fronte alle difficoltà; gli dimostrano che credono in loro; riconoscono il loro impegno e i loro successi; dimostrano di avere fiducia in loro; si divertono insieme a loro; li abbracciano; leggono per loro; dicono “Ti voglio bene”.

Sarebbe bello poter mettere in pratica tutte queste parole. Io non so se ancora ci sono riuscita. Chissà come mi descriverebbero i miei figli e dove mi collocherebbero nel Catalogo

Bibliografia Come educare il tuo papà. A. Le Saux, Il Castore Bambini, 2004 La nuova vita di Charlie. S. Shaw, Edizioni Piemme, 2010 La casa sull’albero. B. Pitzorno, Mondadori 2010 Link Guida pratica alla genitorialità positiva. Come costruire un buon rapporto genitorifigli http://www.endcorporalpunishment.org/pages/pdfs/ positive-discipline/Save the Children Italy guide.pdf

biamento. La strada da gedei genitori? Gli psicologi e i pedagogi- nitore è per me ancora lunsti mi dicono che farsi que- ga, ma grazie al confronto sta domanda è già un pri- e al dialogo con i miei figli mo passo poiché significa cerco ogni giorno di fare un mettersi in discussione ed piccolo passo avanti. essere disponibili al cam-


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