Sabbia e cemento

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editoriale

di Simone Berti

Sabbia e cemento A distanza di pochi anni ci troviamo nuovamente a vivere l’esperienza devastante di un terremoto. Dopo L’Aquila, che ci ha così profondamente toccati anche come associazione, adesso l’Emilia. Il terremoto ci mette brutalmente di fronte a un dolore inevitabile e senza rimedio, che arriva, ci sconvolge e dal quale non possiamo più tornare indietro. Ci sono eventi che scavano qualcosa di irreversibile nonostante il nostro desiderio di condividere, di uscire e far uscire dalla solitudine, di reagire alla mancanza di parole, allo stupore inorridito. Un terremoto ci richiede prepotentemente l’impegno tenace alla ricostruzione. Lo dobbiamo ai morti, ai feriti, a chi si è trovato la vita e gli affetti travolti e devastati. Tuttavia non possiamo ricostruire con la cura dovuta se non facciamo spazio a un sapere che è quello di una fragilità che ci connota. Dobbiamo sapere, dirci e ripeterci che la terra dove abitiamo può tremare, improvvisamente, in maniera violenta anche se spesso si è incaricata di farci arrivare degli avvertimenti. Non possiamo permetterci di continuare a far finta di non sentire. Dobbiamo imparare ad ascoltare questa terra che trema e che può mettere improvvisamente a dura prova le fondamenta delle nostre case, dei nostri palazzi, delle nostre città. Anche in questi giorni vediamo quanto illusoria possa rivelarsi l’aspettativa di un ritorno rapido alla sicurezza dell’assenza di scosse che ci permetta di dire che è definitivamente passato e dobbiamo invece dolorosamente e con angoscia abituarci a convivere con uno sciame sismico che può durare anni e anni ancora dopo la devastazione. Ed è proprio sapere questa precarietà che può indicare il compito che deve starci più a cuore: non permettere più, gridando se occorre con tutta la forza, che si continui a mischiare, come abbiamo visto sgomenti a L’Aquila, sabbia di mare con cemento in ciò che edifichiamo.


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