Ricerca origini

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sociale e legale

Janice Peyré Presidente onorario di Enfance et Familles d’Adoption Membro del Consiglio nazionale per l’accesso alle origini personali (CNAOP) Traduzione di Maud Barret

Adozione e ricerche sulla piattaforma virtuale L’erosione della riservatezza? 34

Secondo uno studio pubblicato nel 2011, 6 Francesi su 10 (di cui due terzi con meno di 35 anni) intraprendono ricerche sul proprio nome, la storia della propria famiglia o un antenato (France Culture, 19 settembre 2011). Con Internet, la tentazione di “gettare la bottiglia in mare” non è che maggiore, alla portata d’uno schermo o di un tablet laddove, in passato, c’era bisogno di spostarsi, di andare ad esplorare gli archivi di comuni, chiese, province e perciò di pianificare, anticipare, riflettere. Oggigiorno, questa facilità fa sì che il gesto possa essere impulsivo e impedisce ogni riflessione sulle conseguenze possibili. La Rete, con le sue risorse quasi inesauribili e in espansione costante, abolisce le distanze: possiamo oggi cercare un membro della propria famiglia in

Tunisia, in Colombia o in Vietnam, così come a Marsiglia o a Lille. Non è sorprendente quindi, in questo contesto, che quelli che sono direttamente toccati dall’adozione siano tentati di lanciarsi nell’avventura delle ricerche su Internet: le persone adottate per risalire lungo il filo della storia pre-adottiva, ritrovare i genitori di nascita, mentre i genitori adottivi sono tentati di ritrovare le tracce della famiglia di nascita, pensando di aiutare un giorno il figlio o la figlia. Le ricerche non hanno aspettato Internet. È negli anni Ottanta che avevano visto la luce associazioni di persone nate da genitori ignoti, ex bambini istituzionalizzati o bambini accolti da agenzie autorizzate per l’adozione, adottati o meno. Queste associazioni stabiliscono liste di genitori di nascita alla ricerca di

figli e di persone alla ricerca delle proprie origini. Le richieste vengono trattate per corrispondenza o per telefono. È così che, ad esempio, una figlia e una madre in contatto con la stessa associazione, si sono ritrovate. Altri, di gran lunga più numerosi, sperimentano la delusione: nei diversi reparti di maternità nasce ogni giorno più di un bambino; un genitore di nascita non si manifesta necessariamente, né una persona adottata.... Considerando che la Commissione nazionale dell’informatica e delle libertà (Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés, ndt) vieta ogni raccolta di dati personali senza un contesto di rifertimento, è lecito chiedersi cosa diventino queste liste quando le associazioni cessano la propria attività. Successivamente Internet ha fatto irruzione nelle


case, sconvolgendo i modi di comunicazione, di scambio e di ricerca che si sono moltiplicati grazie allo sviluppo di potenti motori di ricerca e con l’avvento dei social network. Alcune associazioni hanno creato siti, ed altre sono nate. Un’associazione invita le persone a mettersi in contatto per telefono o email per essere iscritti su un registro che non è reso pubblico; un’altra pubblica online la lista delle persone (spesso indicate da un nome, a volte da uno pseudonimo) alle quale si accede a seguito di iscrizione; un’altra ancora è aperta a tutti i venti, con ricerche possibili per luogo o anno di nascita. La vista di questi nomi, luoghi e dati che scorrono sullo schermo non manca di suscitare un misto di emozione e disagio. Gli elementi richiesti sono principalmente i seguen-

ti: cognome, nome, sesso, data e luogo di nascita. In aggiunta, a volte, la data dell’affido in vista dell’adozione, il cognome o nome dei presunti genitori di nascita quando sono conosciuti, il nome dell’organismo attraverso il quale la persona è stata affidata o adottata. Un’associazione ha anche aggiunto alcune foto delle persone. Questi siti riguardano principalmente persone nate in Francia, in maggior parte con parto segreto. Queste procedure sostituiscono, o sono a volte condotte in parallelo, la consultazione del dossier o il ricorso al Consiglio nazionale per l’accesso alle origini personali (Conseil National d’Accès aux Origines Personnelles, ndt). Lo sviluppo dell’adozione internazionale e quello di Internet hanno visto la comparsa di altri ambi-

Enfance et Familles d’Adoption (EFA) è una federazione di 92 associazioni dipartimentali, che comprende circa 9.000 famiglie adottive, attiva da quasi sessanta anni. EFA è stata riconosciuta di pubblica utilità dal 1984, affiliata alla Unione Nazionale delle Associazioni Familiari (UNAF). interlocutore del governo, della politica e delle diverse organizzazioni che operano nel campo dell’adozione , EFA partecipa alla evoluzione delle idee e della legislazione, preparazione dei futuri adottanti, sostegno alle famiglie. Rappresenta le famiglie adottive in seno al Consiglio Superiore per l’adozione (CSA collocato all’interno del Ministero per la Famiglia), all’interno del Consiglio nazionale per l’accesso alle origini personali (CNAOP collocato all’interno del Ministero della Famiglia), nel comitato di sorveglianza dell’Agenzia adozione francese. EFA si impegna a sensibilizzare e rispettare i diritti dei bambini, in particolare il loro diritto ad avere una famiglia, riconosciuta dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, partecipare allo sviluppo e al miglioramento delle adozione dei bambini nati in Francia come di quelli nati all’estero, difendere gli interessi morali e materiali degli adottati e dei genitori adottivi, aiutare le famiglie adottive in tutto ciò che riguarda l’adozione e le sue implicazioni, sia legali che morali e psicologiche, informare i candidati all’adozione e tutti gli interessati su tutte le questioni relative all’adozione.

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ti di ricerca, ad esempio i forum, «misti» (adozione nazionale e internazionale) o specifici delle adozioni internazionali, per area del mondo di provenienza o globali. Basta inserire gli elementi e indicare il motivo della propria ricerca. Altre persone leggono questi messaggi e rispondono direttamente se pensano di riconoscersi o riconoscere qualcuno nel proprio ambiente. Gli adottati che hanno appreso dal loro dossier di avere un fratello o una sorella adottato/a da un’altra famiglia, in un altro paese forse, comunicano informazioni su di sé e indicano il proprio nome d’origine, che compaiono nel loro dossier. Recarsi su questi forum è una ricerca volontaria: il risultato dipende dal caso che farà sì che colui o colei che si cerca, o una persona a loro vicina, vi si recherà e si riconoscerà negli elementi messi in rete. Si può pensare che la ricerca, in questo caso, sia reciproca, anche se le aspettative non lo sono necessariamente. La disillusione della realtà può essere grande. Questi percorsi implicano spesso una certa solitudine, una mancanza di preparazione sulle implicazioni di tale ricerca e possono rivelarsi dolorose, tanto nell’attesa d’una risposta

che nel disappunto o nelle delusioni che seguono a volte e nell’assenza di sostegno per attraversare tutto ciò. Nessuno padroneggia il tempo nelle ricerche della propria origine, e questo tempo è ancor più fuori controllo nel caso d’una ricerca su liste : possono passare anni prima che due domande si incrocino. Inversamente, basta che il file faccia apparire un incrocio possibile di identità perché la procedura sia iniziata – anche se, in quel momento, non si desidera più continuarla. Ciò che appariva inizialmente un gioco può volgersi in incubo. Una volta ingranato il ricongiungimento on line, seguono scambi a valanga dove ci si espone a volte in modo molto intimo. Ma nel corso dello scambio, può apparire un dubbio : come posso essere sicuro/a che questa persona che non ho mai visto, alla quale mi offro così, sia realmente mia madre/mio figlio ? L’inganno dell’email e di Internet è di mescolare le due dimensioni opposte : l’anonimato (chi c’è realmente dietro lo pseudonimo, l’indirizzo email?) e la dimensione intima tradizionalmente associata alla scrittura di una lettera. Lo scambio via email sui social networks elimina la messa a distanza del

tempo che era, al minimo, quella del viaggio della lettera, poi della risposta. Le motivazioni degli uni e degli altri possono rivelarsi incompatibili. L’ adottato sogna di ritrovare un viso simile al suo, di colmare dei vuoti nella sua storia, di trovare risposte alle sue domande, senza veramente pensare al dopo. Ma il fratello, rimasto al paese d’origine, ritrovato grazie ai social networks, richiede con insistenza aiuto per richiedere un visto ; o la madre di nascita vorrebbe che il figlio diventasse padrino di un altro suo figlio, o del denaro per curarne uno che è malato. Come disimpegnarsi da ciò che può diventare invadente, pesante, colpevolizzante e angosciante ? Laddove associazioni registrate in Francia sono identificabili o possono offrire accompagnamento o sostegno, certo di natura impari, le ricerche su forum incitano intermediari più o meno seri ad offrire i propri servizi : Mi chiamo Marc, sono francese, vivo da dieci anni in Vietnam, posso aiutarvi nelle vostre ricerche del tutto gratuitamente. Un servizio che può a prima vista sembrare « gentile » e gratuito può nascondere molte trappole. Alcuni siti utilizzano questo procedimento


per in seguito monetizzare i loro servizi. Questi siti hanno motori di ricerca che « aspirano » e processano tutti i dati su internet e sui social networks, in tutte le lingue (e tutti gli alfabeti e ideogrammi). Così, il nome di un adottato postato su un sito francese, i dettagli che ha potuto lasciare a giro qua e là su di sé, ma anche gli elementi che i suo genitori hanno pubblicato sul loro blog (origine etnica, luogo di nascita, data di arrivo, nome dell’orfanotrofio o dell’avvocato, etc...), potranno essere incrociati con nomi pescati in vari blog, social networks, forum, agenzie di stampa e siti diversi, in Russia, in Cina o nelle Filippine. Alcuni siti vanno fino a proporre di costruire veri alberi genealogici delle famiglie d’origine, mediante pagamento e senza

garanzia, ovviamente, che tutti gli elementi associati siano affidabili, senza preoccuparsi dell’impatto che ciò può avere su quelli che si trovano appesi ai rami. Se i dati non offrono al giorno d’oggi alcun problema per essere recuperati, sarà presto lo stesso con le fotografie, che si potranno consultare, paragonare e « seguire » attraverso il tempo, con l’inclusione di metadati e di tecniche già sperimentate come « l’invecchiamento », per tenere in conto il tempo che passa... Infine, non dimentichiamo che gli scambi con gli sconosciuti su Internet e i segni indelebili della storia e dell’identità di una persona adottata seminati nel cyber spazio lo espongono ancor più ai rischi crescenti d’usurpazione dell’identità numerica e di furto

d’identità (n°1 dei cyber crimini). Al momento in cui appare più importante che mai l’accompagnare questi percorsi, specialmente per i più giovani, la riflessione e i mezzi appaiono superati dal fenomeno Internet - anche se alcuni paesi, come il Regno Unito, organizzano corsi di formazione per genitori, assistenti familiari e educatori per tentare d’aiutare le famiglie a trovare i modi di contenerne gli effetti. La riservatezza nell’adozione non esisterà presto più (come nota il Donaldson Institute, osservatorio indipendente dell’adozione) – se esiste ancora, oltre che in teoria. La responsabilità delle famiglie e delle loro associazioni invita a confrontarsi urgentemente con questa realtà. Il genitore può già esplorare da solo, anche

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per scambiare con altri, un certo numero di dritte suscettibili di aiutarlo ad interrogarsi sulle proprie pratiche, di sviluppare risorse proprie e di rinforzare il proprio ruolo per i bambini : – di misurare senza trucco il proprio rapporto ad Internet e ai social networks, il modo in cui divulgano informazioni riguardanti i propri figli, o ricercano in segreto informazioni sulle famiglie di nascita (mentre il bambino, da parte sua, ugualmente in segreto, fa forse lo stesso), e i motivi che lo spingono a farlo; – di interrogarsi sulla pro-

pria posizione rispetto alla storia pre-adottiva del figlio, il posto che gli viene fatto, quello che viene fatta alla sua storia e alla storia trans-generazionale della famiglia (adottiva) intera; – di ri-introdurre e mantenere in circolo la parola e la fiducia sull’abbandono e sulla storia pre-adottiva ; – di proporre eventualmente incontri con altri giovani o giovani adulti che condividono preoccupazioni analoghe, ad esempio nel quadro di un’associazione di adottati; – di integrare questa dimensione nel proprio ruolo genitoriale verso i figli;

– di districarsi tra tutto ciò, cercando si sensibilizzare i figli al rispetto dovuto a quelli che ricercano ma anche ai rischi inerenti ad ogni scambio online con degli sconosciuti. Senza negare la realtà delle evoluzioni tecnologiche che fanno parte dell’ambiente di ogni bambino, lo scopo è di tentare di proteggerlo e attrezzarlo al meglio, per preservargli così una spazio di vita privata. Anche se questo spazio, nell’era digitale, sembra rimpicciolirsi ad una velocità allarmante.


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sociale e legale

di Angelamaria Serpico Avvocato specializzato in diritto di famiglia e diritto minorile

La ricerca delle origini in Italia 40

La L. 28 marzo 2001 n. 149, in parziale riforma della L. 184/1983, ha introdotto nel nostro ordinamento il concetto di conoscibilità del proprio status di figlio adottivo così innovando l’art. 28 della legge sulle adozioni. All’adottato è altresì consentito sapere chi siano i propri genitori naturali. L’articolo 28 dispone, quindi, che i genitori adottivi debbano informare il minore adottato con le modalità e i termini che ritengono più opportuni: ad essi, dunque, è demandata ogni valutazione e scelta della tempistica, anche se sembra ragionevole che essi non debbano attendere il raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, dal momento che il legislatore, nella norma in esame, si riferisce comunque a “minori”. Al raggiungimento del venti-

cinquesimo anno, inoltre, è possibile accedere ad informazioni concernenti l’identità dei genitori naturali e, qualora ciò sia utile per gravi motivi attinenti alla salute, l’accesso a queste informazioni è consentito anche prima, cioè al raggiungimento della maggiore età (art. 28, 5 comma). A tale scopo, occorre presentare istanza al tribunale per i minorenni del luogo di residenza. Il Tribunale esperisce un’istruttoria sentendo tutte le persone ritenute utili e, valutato che la conoscenza delle notizie non siano pregiudizievoli all’equilibrio psico-fisico del richiedente, autorizza con decreto l’accesso alle notizie richieste. E’ tuttavia da sottolineare che il comma 7 del predetto articolo (così come modificato dall’art. 177 D. Lgs. 196/2003 sopra menzionato) non consente l’accesso

alle informazioni relative alla madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata nella dichiarazione di nascita resa ai sensi dell’art. 30, comma 1 del D.P.R. 3/11/2000 n. 396 e che serve ai fini della redazione dell’atto di nascita da inserire nei registri dello stato civile. I minori non riconosciuti, quindi, non hanno la possibilità di accedere alle loro origini biologiche, come ha anche precisato la giurisprudenza: Si deve tuttavia tener conto che, anche nel caso della donna che voglia partorire nell’anonimato, per effetto del D.M. 16/7/2001 n. 349 “deve essere comunque assicurato un raccordo tra il certificato di assistenza al parto privo dei dati idonei a identificare la donna che non consente di essere nominata con la cartella clinica custodita presso il


luogo dove è avvenuto il parto”. Ciò rende, quindi, tecnicamente sempre possibile risalire alle generalità della partoriente tramite l’accesso ai documenti sanitari (anche se, vale la pena di sottolineare come l’accesso al testo integrale sia normalmente consentito decorsi cento anni dalla formazione del documento, mentre prima della scadenza di questo periodo, dall’atto verranno sempre eliminati i dati sensibili riguardanti la partoriente). Molteplici sono stati quindi, tra gli operatori del diritto, gli orientamenti volti a consentire anche in questo caso l’accesso alle informazioni, in quanto si tende a tutelare il principio che la conoscenza delle proprie radici costituisca il presupposto indefettibile per l’identità personale dell’adottato, che assurge a vero e proprio diritto sog-

gettivo con la conseguenza che la negazione di questo diritto, per il solo fatto che la madre abbia dichiarato di non voler essere nominata, costituirebbe una vera e propria violazione del diritto di ricerca delle proprie origini e dunque del diritto all’identità personale dell’adottato. Alcuni giudici di merito hanno offerto una possibile soluzione alla contrapposizione tra gli interessi della madre biologica e quelli del figlio adottivo, stabilendo la necessità di verificare se la volontà della madre all’anonimato persista o meno; è quindi stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 in esame, laddove non condiziona, appunto, il divieto per l’adottato di accedere alle informazioni sulle proprie origini alla previa verifica, da parte del giudice, all’at-

tuale persistenza di quella volontà (cfr. Trib. Firenze, ordinanza 21 luglio 2004, in G.U. n. 3, prima serie speciale, anno 2005). La Corte Costituzionale, investita della questione, si è espressa nel senso che debba prevalere l’interesse della gestante che, in situazioni particolarmente difficili sotto il profilo personale, economico e sociale, abbia deciso – non abortendo - di non tenere con sé il bambino; la decisione che ne è conseguita ribadisce, quindi, la necessità di garantirne l’anonimato. Nel conflitto tra il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini e il diritto della madre a non essere nominata, viene quindi nuovamente confermata la prevalenza del diritto di quest’ultima. Occorre tuttavia precisare che l’orientamento dei Tribunali per i minorenni

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è molto prudente nel consentire l’accesso alle origini anche negli altri casi, pur consentiti dalla legge vigente. Permane, infatti, una rigorosa valutazione del caso specifico sia per l’adottato diciottenne.

Anche la dottrina si mostra divisa tra chi è favorevole al diritto all’accesso alle informazioni e chi lo nega. In particolare, tra le opinioni più restrittive, si evidenziano le perplessità di chi teme che le nuove norme possano nella pratica portare a creare ulteriori dubbi e insicurezze nella famiglia adottiva considerata nella sua interezza, non potendosi peraltro trascurare gli effetti negativi che alcune notizie potrebbero avere sulla personalità dell’adottato messo al corrente di informazioni drammatiche, quali ad esempio il concepimento a seguito di violenza sessuale o incesto, la malattia mentale di uno o entrambi i genitori biologici, etc.

Sebbene la norma in esame sembri disporre che l’adottato ultraventicinquenne non abbia bisogno dell’autorizzazione del TdM per accedere alle informazioni che lo riguardano, il decreto 24/2/2004 n. 91 “Regolamento recante modalità di attuazione e organizzazione della banca di dati relativa ai minori dichiarati adottabili, istituita dall’art. 40 L. 28/3/2001 n. 149” ha precisato che l’accesso alla banca dati è consentito solo per il tramite del Tribunale per i mino- La giurisprudenza ha offerto ulteriori precisaziorenni. ni sull’interpretazione

dell’articolo 28. In particolare ha chiarito che le informazioni sulle origini possono riguardare non solo i genitori naturali ma anche, ad esempio, i fratelli o le sorelle. Non è ammesso, però, il caso contrario, nel senso che non si ritiene ammissibile ottenere dati e notizie sui propri fratelli germani, ormai maggiorenni e a suo tempo adottati, tanto più quando questi ultimi non hanno mai fatto richiesta di conoscere i propri parenti di sangue (cfr. Tribunale minorenni L’Aquila, 17 gennaio 2008). Il motivo della pronuncia appena citata risiede nella circostanza che, secondo la giurisprudenza, solo il diretto interessato possa avere accesso alle informazioni, e non altri soggetti. Occorre segnalare che la


sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, depositata il 25 settembre 2012 ha dichiarato che il divieto di conoscere le proprie origini per tutelare il diritto della madre biologica di rimanere anonima è contrario alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questo almeno nei casi in cui la legge interna impedisce una valutazione degli altri interessi in gioco, primo tra tutti il diritto di un bambino abbandonato di avere notizie sulla propria identità. Ad avviso della Corte di Strasburgo, infatti, pur essendo vero che in questo settore esiste un ampio margine di discrezionalità attribuito agli Stati, occorre tuttavia che le autorità nazionali tengano conto dei diversi interessi in gioco e siano in grado di bilanciare le diverse esi-

guardanti le origini dei minori rimangono conservate sia presso il Tribunale per i minorenni che la medesima CAI. All’ultimo comma stabilisce che “per quanto concerne l’accesso alle altre informazioni valgono le disposizioni vigenti in materia di adozione di minori italiani”. Perciò, nel caso in cui – come peraltro avviene solitamente – i genitori adottivi abbiano già l’atto di nascita originario del minore – con l’indicazione, Per quanto riguarda l’ado- quindi, dei genitori biolozione internazionale, l’art. gici - ed altri documenti a 37 L. 184/1983 dispone lui relativi (es.: anamnesi che, successivamente all’a- sanitaria, biografia, etc.), dozione, la CAI può comu- sembra che essi possano nicare ai genitori adottivi, senz’altro comunicare tali anche tramite il Tribunale notizie al proprio figlio così per i minorenni, solo le in- come previsto e reso obbliformazioni che hanno rile- gatorio dalla legge. vanza per lo stato di salute del minore. Dispone, inoltre, che le informazioni rigenze al fine di garantire a tutti il pieno rispetto del diritto alla vita privata e familiare garantito dall’articolo 8 della Convenzione europea. A seguito di tale pronuncia è stata nuovamente posta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 comma 7 L. 183/1984 relativo al cosiddetto “parto anonimo”, come prima precisato, da parte del Tribunale di Catanzaro lo scorso settembre.

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sociale e legale

Françoise Toletti Responsable de l’accompagnement à la parentalité Enfance & Familles d’Adoption

La ricerca delle origini in Francia

Il Consiglio Nazionale per l’Accesso alle Origini Personali (CNAOP) 44

Creato per legge nel 2002, il ruolo del CNAOP è di agevolare la ricerca delle origini personali per le persone nate da un parto anonimo. La legge ha in effetti aumentato per le madri le possibilità di lasciare informazioni destinate al bambino: rimozione del segreto in qualsiasi momento successivo al parto (già dalla legge precedente), identità depositata in una busta chiusa o raccolta di informazioni non identificanti al momento del parto. Il CNAOP interviene dunque in quattro diversi momenti: quando una donna ammessa in maternità chiede o progetta di chiedere l’anonimato del parto. Viene ascoltata e informata sulla procedura; dopo la nascita, per l’ammissione del bambino sotto la tutela provvisoria dello Stato, se la donna chiede

effettivamente il segreto della sua identità; quando un adottato adulto (o un minore in età di discernimento con l’accordo dei rappresentanti legali) ricerca la sua storia e chiede di conoscere le sue origini personali; quando una madre che aveva chiesto l’anonimato del parto desidera rimuovere il segreto, dichiarando la sua identità. Per svolgere queste missioni, il CNAOP si avvale di un servizio centrale a Parigi (17 persone) e di circa 250 corrispondenti distribuiti tra le varie provincie (almeno 2 corrispondenti per provincia). Solo il servizio centrale del CNAOP ha l’autorità di : ricercare la madre di nascita raccogliere la sua volontà di rimuovere o no il segreto organizzare un’eventuale incontro

In dieci anni di attività, il CNAOP ha ricevuto 6000 domande di ricerca di origini personali. 5500 dossier sono stati chiusi, di cui il 32% dopo comunicazione dell’identità della madre. Nel 43% dei casi, non è stato possibile identificare o ritrovare la madre. Per una parte dei bambini nati in Francia (il 40% nel 2011), il CNAOP permette dunque di trovare una risposta nella ricerca delle origini, con un certo livello di accompagnamento. Per gli altri (abbandonati, rinuncia, perdita potestà genitoriale), il loro dossier è conservato dai servizi sociali territoriali, la loro ricerca accompagnata o no. Per quanto riguarda i bambini adottati all’estero, i dossier sono sparsi tra i genitori adottivi, gli enti, l’autorità centrale... un vero «percorso di guerra» per l’adottato.


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