Scrivere di adozione

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editoriale

di Anna Guerrieri

Scrivere di adozione Scrivere di adozione all’inizio di questo 2014 non può prescindere da tutto quanto è accaduto nel 2013, ed è stato tanto. Nel mese di dicembre è letteralmente esplosa la situazione delle famiglie in attesa di adozione dalla RD Congo. È giusto prima di tutto pensare alle famiglie volate a Kinshasa con la rassicurazione che, avendo terminato ogni pratica prima del 25 settembre (data indicata dal paese come inizio del blocco temporaneo delle adozioni internazionali), avrebbero potuto concludere l’iter adottivo dei propri figli e tornare in Italia entro poche settimane. Per loro così non è stato e per loro si è messo in moto, in modo differente, un vasto sentire pubblico. Le conclusioni di questa situazione non si vedono ancora, anzi quello che sta già accadendo è che allo scadere dei visti i genitori rientreranno in Italia in attesa andare a riprendere i figli quando le autorità della RD Congo emetteranno i visti di uscita dei bambini. Ugualmente importante è pensare alle tante famiglie che attendono, magari con una sentenza congolese in mano che li dichiara genitori dei loro figli, di poter partire per incontrare i propri figli. Come associazione di famiglie adottive ci siamo messi in moto da subito su questo argomento, perché tra noi c’era chi era a Kinshasa, c’era chi era in attesa, ma non solo per questo. Era giusto mettersi in moto e basta e lo abbiamo fatto da subito. Abbiamo agito in collaborazione con le altre associazioni familiari del Coordinamento CARE seguendo una strada di pressione sulle Istituzioni Italiane affinché spiegassero cosa stesse succedendo, ma soprattutto indicando quanto appariva essere essenziale, ossia l’invito ad un’ampia delegazione congolese a venire in Italia e la creazione del Fondo di sostegno per le famiglie a Kinshasa (fondo che non ci appare ancora essere ancora stato istituito). Non ci hanno soddisfatto le risposte del ministro Kyenge alle interrogazioni parlamentari (frutto delle


Š maria maddalena di sopra


nostre azioni). Non ci hanno soddisfatto soprattutto quando sembravano riportare sulle famiglie responsabilità che non esistevano. Abbiamo fatto in modo che le informazioni e le azioni sulla situazione circolassero in modo ampio e diffuso grazie al nostro sito e ai nostri strumenti informativi. Ci siamo assunti la responsabilità di segnalare sempre la necessità della cautela pur nell’esercizio della libertà di informazione. Quel che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto nella consapevolezza che quello che contava non era l’apparire, ma in questo caso il cercare di fare qualcosa che fosse per davvero efficace, effettivo e soprattutto rispettoso della situazione estera. Noi continuiamo a fare. E ci interroghiamo sempre di più sulle conseguenze istituzionali che quanto accaduto debba avere. Le deleghe per le adozioni internazionali devono stare nelle mani di chi conosce questa realtà o di chi sappia muoversi imparando a conoscerla. Non possono stare in mani che si rivelano inadeguate. Il pensiero tuttavia va anche a tanti altri e va oltre Kinshasa: a chi attende da tempo la finalizzazione di più di cento iter adottivi di bambini e ragazzi bielorussi (anche qui manca solo una firma estera), alle coppie che avendo vissuto la chiusura dell’ente Airone si trovano ancora in transito, a chi all’improvviso ha visto la propria attesa dalla Colombia diventare un’attesa dilatata in tempi lunghissimi. Il pensiero va a tanti, tanti altri casi, a tanti bambini in attesa, a tante famiglie sospese. Viene da dire che questo sia stato l’anno peggiore e più faticoso per le adozioni internazionali in Italia. Io questo non lo so. Non sono in grado di dirlo, anche perché il trend di maggiore complessità non è solo italiano, ma di tutti (per tornare a Kinshasa, non sono solo gli italiani ad essere bloccati, ma ci sono con certezza, ad esempio, anche famiglie americane che invocano l’attivazione del proprio governo), anzi noi continuiamo a “tenere” nel calo generalizzato (e sembra che abbiamo “tenuto” anche quest’anno) restando il secondo paese al mondo più coinvolto dal fenomeno delle adozioni.


Se lascio la mia memoria riandare indietro, mi rendo conto che anche nel passato i momenti di crisi ci sono stati e grandi. Penso ai blocchi con i cambi di legge della Federazione Russa e ricordo le famiglie prese in mezzo, letteralmente in mezzo. Ricordo i momenti di grande crisi delle adozioni in Ucraina. Ripenso per esempio al momento in cui io stessa ho creduto che la ratifica dell’Aja in Cambogia, avrebbe migliorato la gestione delle adozioni, quando invece il tutto si è trasformato, finora, in una chiusura lunga che non ha avuto altri risvolti se non quello di veder crescere una generazione di bambini in istituto. Che responsabilità quella di aver “applaudito” quella ratifica come un “successo”. Io me la sento. Penso alla chiusura di fatto della Bolivia e alle attese di anni delle coppie coinvolte. Penso alla Romania. Penso al fatto che nell’autunno 2012 tante coppie che avevano incontrato i loro figli in Kirghizistan scoprivano che non avrebbero potuto abbracciarli mai più, incontrarli mai più. Ed è per questo che non so se dire che quest’anno sia stato peggiore di altri. Io non lo so. Lascio agli opinionisti (sui media, sui forum, su facebook) l’abilità di esprimere con facilità opinioni e giudizi in una realtà in cui ognuno sembra immaginarsi con rapidità esperto in materia promosso sul campo. Basta pensare a come sia stato facile per giornalisti dello schermo e della carta stampata proporre che si poteva risolvere de facto la situazione a Kinshasa dando una cittadinanza a dei bambini e andandoli a prendere senza porre attenzione alle leggi e agli equilibri del diritto internazionale e soprattutto alla sovranità dei paesi esteri, alle loro possibili reazioni e ai futuri equilibri tra i paesi. Senza pensare ai rischi che avanzare una tale proposta poteva comportare. Lascio ad altri l’espressione di giudizi perentori. Quello che mi preoccupa è la confusione istituzionale che sembra evidenziarsi nel campo delle adozioni internazionali in questo istante, soprattutto perché invece nei mesi a venire servirà lucidità e capacità di prendere decisioni. Tale confusione va risolta in fretta, non a parole ma con i fatti. Forse è vero, è venuto il tempo per rivedere il funzionamento del sistema, un sistema che ha mostrato a periodi grandi capacità e risorse e talvolta invece grandi difficoltà.


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