Un'altra immagine di me

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Un’altra immagine di me Prefazione di Anna Guerrieri 24

E’ in arrivo “Un’altra immagine di me”, il nuovo libro della collana dell’associazione. Vi proponiamo di seguito la prefazione a cura di Anna Guerrieri. In questo libro passiamo attraverso degli incontri, di storia in storia e di voce in voce accompagnati dalla narrazione dell’autrice. Il tema è quello del divenire genitori, le voci quelle di tante persone adottate. Voci che è nostro privilegio ascoltare grazie al contatto che l’autrice ha saputo creare con i protagonisti. E’ attraverso questo contatto, questa capacità e voglia di ascolto, che è nata la possibilità delle persone intervistate di narrarsi e quindi di darsi a noi lettori. In questo modo ci viene permesso di far parte di una riflessione sul senso del diventare padri e madri quando si è diventati

figli per adozione. Concepire un figlio, dare alla luce un figlio, adottare un figlio significa sempre misurarsi con se stessi e la propria storia di figli, scommessa sul futuro che richiama e rievoca quello che sta alle nostre spalle, il nostro passato. «Sai, un figlio ti svela, sia nei tuoi momenti peggiori, sia nelle tue risorse e la mia prima figlia in questo è stata una grande maestra. Nel momento in cui ho partorito mia figlia mi sono vista madre, di quella creatura partorita, ma allo stesso tempo mi sono rivista figlia, seppur non abbia nessun ricordo della mia nascita». Da padri e madri scopriamo in noi stessi le madri e i padri che ci hanno dato alla luce e cresciuto ed è proprio grazie ai loro ricordi e alle loro parole che possiamo “pensare” la nostra

nascita. Possiamo immaginare di sapere grazie alle loro parole e alle “storie” di famiglia, ma se le loro parole mancano, se loro mancano, cosa sappiamo di noi e della nostra nascita? Viaggiamo senza mappe, in un territorio inesplorato, “uncharted”? Forse, allora, i figli che ci nascono possono anche diventare delle luci-guida (come sovente i figli diventano per le strade della vita). «La mia prima figlia somiglia molto a me, è la prima nella quale mi sono ritrovata e mi ritrovo tutt’oggi fisicamente e quindi anche quel desiderio di riconoscere dei tratti familiari, che non trovavo, hanno avuto compimento con la sua nascita. Quando guardo lei, rivedo me, è come se fosse, per certi versi, un’altra me e questo ha avuto i suoi pro e i suoi contro» Diventando genitori ci mi-


Greta Bellando Un’altra immagine di me

Un’altra immagine di me

Edizioni ETS

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suriamo con quello che i nostri genitori ci hanno raccontato delle loro attese, del nostro concepimento, di come siamo nati. Se, tuttavia, con noi non sono rimasti, se mancano, se la nostra storia di famiglia inizia con altri e altrove, cosa teniamo allora dentro di noi? E come lo ricostruiamo? Il nostro corpo probabilmente ha in se i primi ricordi tattili e corporei, le prime sensazioni ma la nostra mente razionale può solo viaggiare attraverso il bosco dei messaggi che il corpo ci manda immaginando codici di decrittazioni che ci lasciano sempre un certo sapore incerto. Da genitori in divenire, immaginiamo i nostri figli prima ancora di averli e incontrarli, ne immaginiamo il corpo e i tratti e ce li figuriamo nel futuro. Da madri e padri adottivi facciamo i conti con cosa significhi fare tutto questo senza il nostro corpo che si trasforma, senza poter immaginare somiglianze, senza potersele inventare in alcun modo, senza sapere cosa ci aspetta. Eppure immaginiamo, eppure sogniamo creando nella nostra mente quello spazio che ci permetterà di accogliere il bambino e la bambina che incontreremo e che dovremo portarci dentro e fare nostri. E questo

spazio è denso di pensieri su se stessi e su chi siamo e chi siamo stati e chi saremo. Diventare genitori mette in discussione e fa fare i conti con noi stessi e con chi ci ha generato e chi ci ha cresciuto. Ciò che incontriamo in questo libro è, dunque, un pensiero complesso sul proprio passato e sui propri figli, un pensiero che si misura con la propria storia e con quello che si sa di essa. In attesa di un figlio il pensiero inevitabilmente corre ai propri genitori ed in questo caso ai genitori di origine come a quelli adottivi. Il figlio che nascerà assomiglierà anche ai genitori di origine e porterà con se una parte di storia passata sovente sconosciuta. Il figlio che nascerà “assomiglierà”, diventerà “radici proiettate in avanti”, qualcuno in cui rispecchiarsi e intravedere in carne e sangue una storia che non si è vissuta, o non si può razionalmente compiutamente ricordare. Incontriamo, nelle pagine che seguono, riflessioni sulla propria madre di origine, pensieri, percezioni, di quello che può essere stato per loro una gravidanza nel contesto che poi ha portato a lasciare i figli, sulla loro situazione di donne, sulle loro scelte e sulle loro “non scelte”.

«Il pensiero che lei fosse stata da sola ad affrontare queste cose mi sembrava incredibile. Se penso che poi fosse in un contesto più difficile del nostro; io provo molta tenerezza per lei, perché adesso ho in mente cosa una donna può provare durante una gravidanza, quindi ho avuto la sensazione di averla molto vicina». «Io ho memoria di nostra madre, quella di nascita, certo non ho un ricordo visivo del suo volto, ero troppo piccola, ma ricordo il suo essere affettiva nei nostri confronti, era dolce e premurosa, all’inizio questo mi è mancato e ne soffrivo» Incontriamo riflessioni e racconti sulle proprie madri adottive, madri che spesso si misurano una volta di più con la propria infertilità e con la complessità del non poter trasmettere alle figlie l’esperienza di un parto che non hanno avuto o di un figlio neonato che non hanno cullato e accudito, madri “accanto” e madri di nuovo fertili attraverso la maternità delle figlie e la paternità dei figli. «Con la mia mamma adottiva ho condiviso molto; seppur lei non avesse vissuto una gravidanza, era mamma ed è oggi l’esem-


pio da seguire; ho provato molta tenerezza quando mio figlio è nato e lei mi chiedeva di insegnarle a mettere i pannolini perché lei non lo sapeva, oppure le pappe e quindi alle volte ci rivolgevamo a mia nonna, che lei sapeva più di noi perché lo aveva fatto e questo legame a tre ci ha unito tantissimo e poi io e mia mamma eravamo complici». «La mia genitorialità mi ha portata molto ad avvicinarmi a nostra madre, abbiamo un po’ colmato quella mancanza che avevo percepito sino a quel momento e siamo diventate complici, confrontandoci, chiedendole consigli, e adesso stiamo recuperando quell’affetto che magari inizialmente faceva fatica a venir fuori, anche se so che c’era» «Alla fine quando abbiamo ricevuto il decreto di idoneità, un pomeriggio mia

mamma è venuta a trovarci con tutti i documenti che conservavano della nostra adozione e ci ha fatto leggere la relazione degli psicologi; a me ha fatto molto piacere condividere una cosa così privata. In quel momento ci siamo capite realmente, al contrario della gravidanza, a cui lei non era preparata, infatti non sapeva nemmeno da che parte prendere il bambino appena nato» Incontriamo pensieri su di se e sul significato della propria storia quando si diventa genitori attraverso l’adozione. «Attraverso i miei figli io ho dovuto rivivere parte della mia storia ma questo non l’ho vissuto come una difficoltà ma come un vantaggio, nel senso che mi sono resa conto che tutto il lavoro che io avevo fatto in tutti questi anni su di me aveva funzionato; io ho rivisto tutti i flash della mia

storia e ciò è stato positivo perché mi ha dato delle risorse, perché io posso cercare di adattare le mie soluzioni, non per risolvere i loro problemi, ma per cercare di dar loro degli input per trovare le soluzioni più idonee al loro problema». Non sono ancora molti i testi che permettono di fare un viaggio come quello che compare in queste pagine. Si tratta di un’assenza che era importante cominciare a riempire e questo libro lo fa con grande semplicità e umiltà attraverso le voci dei protagonisti, le donne e gli uomini adottati che nel diventare genitori ci donano una parte di se, della propria identità, del proprio pensiero sulla propria storia, del senso di appartenenza e somiglianza e di cosa significhi essere genitori e figli.

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