FalsoNueve Dicembre 2015

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INDICE Dicembre 2015 - Numero 11 - Anno 1

Editoriale -

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A tu per tu - Ivan Origone p.4­5 L'Ospite ­ Roberto Pinna p.6­7 Made in Italy - La nuova generazione di numeri 1 p.8­9 Oltre il Confine -

FC Santa Claus p.10­11

La scatola dei ricordi - La tregua di Natale p.12­13 Il Personaggio - Gonzalo Higuain p.14­15 Self Made Manager - Gianni De Biasi p.16­17 L'angolo del Goal! ­ p.18­19 Viaggi nei templi del calcio - La bombonera p.20­21 The Fighter - Alonzo Mourning p.24­25 Oltre il Confine - The Boxing Day p.22­23 Crescendo si sbaglia - Arturo Lupoli p.26­27 Alzati e segna - Un infortunio tira l'altro p.28­29 Oltre il Calcio - Novak Djokovic p.30­31

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EDITORIALE FALSO NUEVE - PUNTARE AL MEGLIO, PER FARE DI MEGLIO

Non è mai facile portare avanti progetti impegnativi come 'Falso Nueve' mantenendo la stessa professionalità, lo stesso livello qualitativo dei pezzi e la stessa voglia dei primi mesi. Come ho già spiegato nel corso degli editoriali più e più volte, lo facciamo semplicemente per passione. Ed è per questo che continuiamo a farlo mese dopo mese, nonostante gli impegni – vecchi e nuovi ­ che ognuno di noi porta parallelamente avanti. Perché da gennaio – mese in cui abbiamo iniziato a lavorare al progetto F9 – ad oggi di cose ne sono cambiate, per tutti noi. Il fatto che io sia ancora una volta qui a introdurVi l'ennesimo numero della nostra rivista mi fa capire però quanto io sia fortunato a lavorare fianco a fianco con quelli che reputo grandi professionisti oltre che ottimi amici. Per quanto i precedenti fossero buoni, questo numero non ha nulla da invidiare a quelli dei mesi scorsi e anzi, a dirla tutta, ne vado anche un po' orgoglioso. Nonostante qualche intoppo e qualche piccolo ostacolo, la "macchina" di 'Falso Nueve' ha funzionato alla perfezione, confezionando nei tempi stabiliti dei pezzi davvero fantastici. Scrivere bene è fondamentale, ma spesso anche il scegliere cosa dire riveste un ruolo chiave nel possibile successo di un articolo e quindi inevitabilmente di un giornale. Sono davvero soddisfatto delle scelte che abbiamo fatto in questo numero e di come sono state portate avanti da ognuno dei redazionisti, impeccabili in tutto e per tutto anche nel corso di questo mese. Continuiamo ad agire sui social ed in particolare su Twitter dove – con nostro grande piacere – gli scambi con i nostri lettori diventano sempre più frequenti e speriamo che questo aspetto possa solo migliorare sia con questo numero che nei prossimi mesi. Perché no, non abbiamo intenzione di fermarci. Ad alcuni potrebbe sembrare che queste belle parole in apertura di numero possano essere solo per "promuovere" lo stesso, ma non è così: il nostro miglior bigliettino da visita è la rivista stessa, con i suoi articoli e il lavoro di ricerca, approfondimento, rielaborazione che c'è dietro ad ognuno di essi. Questo numero Vi porterà dai primi passi di Zlatan Ibrahimovic, ad un tuffo nel passato dei primi anni 2000, passando per una piccola finestra su quel luogo sacro che è la Bombonera, al curioso Buzkashi e molto altro ancora. Anche per questo mese poi abbiamo una chicca in esclusiva assoluta: abbiamo infatti intervistato Samuele Dalla Bona, ex centrocampista di Chelsea, Milan e Napoli tra le altre, che ci ha raccontato cose davvero molto interessanti. Cos'altro aggiungere se non... buona lettura! ALESSIO NICOTRA Direttore di 'Falso Nueve'

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A TU PER TU << IVAN ORIGONE

IVAN

INTERVISTA ESCLUSIVA

ORIGONE

Più di 250 km/h. No, non è la velocità raggiunta su una moto o un auto, ma è l'incredibile record che Ivan Origone ha stabilito sfrecciando sui suoi sci. Sciatore di velocità come il fratello maggiore Simone, il ragazzo originario della Valle d'Aosta da anni ormai è in cima alle classifiche della sua disciplina, conquistando trofei su trofei. Tra Mondiali (gara singola), Coppe del Mondo (circuito) e record di velocità l'atleta ha più volte dimostrato di avere pochissimo rivali alla sua altezza dominando in tutto il mondo. Noi di FalsoNueve abbiamo contattato in esclusiva Ivan Origone per parlare con lui della sua carriera e dei suoi prossimi obiettivi

Come è iniziata la tua passione per lo sci e quando hai capitato che saresti potuto diventare un professionista?

Vengo da un paese di montagna in Valle D'Aosta e già a tre anni ho iniziato a sciare in compagnia di mio padre e dei miei fratelli più grandi. Ho cominciato per gioco ovviamente, ma poi col tempo mi sono appassionato al mondo della neve a 360° visto che sono diventato anche maestro di sci. Ho fatto tutto il percorso tradizionale delle quattro discipline dello sci alpino e poi mi sono avvicinato a questa particolare disciplina grazie a mio fratello Simone. E' andata subito bene visto che già nel 2006 ho fatto la seconda performance di sempre e record del mondo juniores e dal 2007 ho iniziato a partecipare anche alla Coppa del Mondo.

Di recente hai conquistato la Coppa del Mondo e tra i tuoi concorrenti principali c'era proprio tuo fratello Simone: come vivi questa "competizione" e quanto è stato importante il suo esempio nelle scelte che hai fatto per la tua carriera? Hai fatto bene ad usare il termine "concorrente": spesso dicono "rivali", ma non è così, preferisco di gran lunga "concorrenti". Per i miei esordi in questa disciplina lui è stato fondamentale perché è stato grazie a lui che mi sono avvicinato ad essa. Dal 2007 in poi – tranne l'anno in cui sono rimasto fermo

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A TU PER TU<< IVAN ORIGONE per infortunio – ci siamo sempre giocati la Coppa del Mondo io, lui e un altro atleta austriaco e negli anni ci sono state sicuramente anche delle tensioni, ma quando le gare finiscono ritorna tutto nella normalità perché, aldilà delle delusioni o delle gioie sportive, capisci che i valori importanti poi sono altri.

Ogni quanto ti alleni e cosa prevede in genere il tuo allenamento?

Dipende molto anche dal periodo. In estate diventa ovviamente più difficile, puoi andare a sciare, ma in genere lavori di più per la condizione fisica in palestra perché nel nostro sport serve molta forza e resistenza, piuttosto che semplice forza esplosiva. In inverno lavori di più nello sviluppo del materiale e alla preparazione proprio sugli sci. In questi mesi andiamo in mattinata sulle piste perché le aprono apposta per noi per 1 ora e mezza circa prima che gli impianti si affollino e poi, dopo aver svolto la mia attività di maestro di sci, torno a lavorare in palestra per allenare zone (come addominali e dorsali) che in pista alleni poco ma che aiutano molto in gare importanti. Come ti dicevo inoltre lavoro molto anche sullo sviluppo dei materiale perché per quanto tu possa essere un atleta preparato e allenato devi avere i giusti mezzi per poter vincere.

Hai stabilito il record superando i 250 km/h di velocità sugli sci. Che sensazioni si prova a velocità così elevate? Hai mai paura in queste situazioni?

Le sensazioni sono molto particolari. Ci si aspetterebbe sicuramente molta adrenalina ma quando tu pratichi uno sport – pure che si tratti di un'attività estrema – e lo fai tantissime volte poi diventa normalità quindi l'adrenalina non la senti più. La mente è concentrata per andare il più veloce possibile e ti focalizzi sulle cose che hai provato in allenamento. Sinceramente non ho paura e penso sempre che il giorno che avrò paura smetterò perché a quel punto diventerebbe pericoloso e di sicuro non potresti ambire ad essere un vincente. Nel 2009 ho avuto un brutto incidente ed è ovvio che poi ci metti un po' a riprenderti del tutto ma, per quanto mi riguarda, ce l'ho fatta.

Quali sono ora i tuoi prossimi obiettivi?

Nella nostra disciplina ogni due anni si disputano i mondiali – che avvengono con una gara singola – ed essendo stati l'ultima volta lo scorso anno quest'anno non ci saranno. In questa stagione avremo solo la Coppa del Mondo classica, cioè il circuito che praticamente premia il rendimento totale per tutta la stagione. Poi alla fine facciamo anche dei tentativi di Record del Mondo e quindi i due appuntamenti più importanti per me nei prossimi mesi sono sicuramente questi. Cercherò di puntare sempre al massimo!

Alessio Nicotra

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L'OSPITE << ROBERTO PINNA

GalIlO'itaCliOana

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Approfondimento sui tecnici d'esperienza italiani che con il loro gioco stanno convincendo e vincendo in Serie A e non solo!

li allenatori sono un po’ come le gonne: un anno vanno di moda le mini, l’anno dopo le metti nell’armadio. Così sentenziava un certo Vujadin Boškov. E in effetti questa stagione sta dimostrando questa tendenza in maniera evidente, specie se ci riferiamo ai tecnici italiani. Dopo alcuni anni di tentativi con giovani tecnici venuti fuori prevalentemente dal settore giovanile, vedi i vari Inzaghi, Stramaccioni, Liverani, si sta verificando un ritorno di moda del tecnico nostrano d’esperienza, con prevalenza più a difendersi che a provare ad attaccare sempre. È la fine

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dell’ossessione per il modello alla Guardiola? Sicuramente ci sono degli esempi vincenti, vedi il Sassuolo di Di Francesco che con una rosa prevalentemente italiana fa del possesso palla la sua arma vincente. Per ora però questa sembra più essere la stagione dei vari Sarri, Ranieri, Reja e Ventura. Ogni nazione ha dato una sua interpretazione del gioco del calcio. L’Italia storicamente si è sempre basata su una solida difesa. Per gli avversari è catenaccio, per gli intenditori significa abilità nel difendere, un centrocampo di mentalità sopraffina capace di far

ripartire in rapidità la manovra e un attacco letale. Del gioco azzurro degli ultimi tempi sicuramente la Nazionale di Lippi del 2006 è la perfetta sintesi di questo modo di intendere il calcio. Partiamo dunque dalla solidità difensiva e dal nuovo Napoli formato Sarri. L’anno scorso il tecnico campano aveva stupito con il gioco del suo Empoli, che spesso aveva chiuso le partite con la propria porta inviolata. Vista l’abilità negli schemi da fermo e quelli offensivi in molti avevano ritenuto, in estate, che l’arrivo del tecnico avrebbe stravolto l’attacco azzurro.


L'OSPITE<< ROBERTO PINNA Al contrario invece Sarri ha lavorato sulla fase difensiva del Napoli e dopo alcune gare di assestamento è riuscito a dare alla squadra una maggiore compattezza, nonostante la sconfitta a Bologna. Compattezza che sta dimostrando anche l’Atalanta di Reja. Una squadra capace di pungere ma difficilissima da pungere. Prendiamo in esempio le sfide contro Roma e Palermo. I bergamaschi lasciano spesso il gioco a centrocampo agli avversari, ma se recuperano palla ripartono veloci grazie al duo Moralez, Gomez. Basta un gol, poi gli avversari si scoprono per recuperare, e in contropiede si legittima il vantaggio. Ventura invece più che della compattezza difensiva fa dell’azione corale il suo motto. Certo i vari Glik, Moretti, Bovo non sono comunque degli avversari facili di giornata per nessuno. Chiedere a Dzeko per conferme. Anche il Leicester di Ranieri, che comanda in solitaria la Premier, non è una squadra

prettamente basata sulla solidità difensiva. Ma sulla compattezza di squadra sì. I Foxes hanno, infatti, subito più reti rispetto alle dirette rivali in classifica ma grazie all’abilità di centrocampo e difesa nel recuperare la palla stanno creando tantissime occasioni per le punte in ripartenza. E l’exploit di Vardy lo conferma. Anche Mancini ha trasformato la sua Inter in una squadra camaleontica che si adatta all’avversario e che è difficile da attaccare. Se si guarda alla sfida recente con il Genoa quasi tutti gli attacchi dei rossoblù venivano convogliati verso il centro dove poi sbattevano sul muro alzato da Miranda. Non a caso le occasioni più pericolose per i liguri sono arrivate dagli inserimenti sulle fasce. E non è un caso che la squadra che ha messo in difficoltà l’Inter più di tutte, ovvero la Fiorentina, sia quella che gioca di più sugli esterni per poi finalizzare al centro. Anche la Juve di Allegri ha ripreso il ritmo giusto dopo

aver ritrovato solidità difensiva e compattezza a centrocampo. La Fiorentina ci dà l’ultimo spunto di riflessione su questo ritorno di moda dei tecnici italiani e del gioco definito un po’ “all’italiana”. Tra i tecnici stranieri, infatti, Sousa è il più italiano di tutti. Sostanza dietro, gioco veloce sugli esterni e una punta capace di essere sempre presente, Kalinic. Al contrario Garcia, forse il più straniero di tutti per modalità di gioco in Serie A, sta al momento faticando. La Roma, infatti, gioca sì sulle fasce in rapidità ma Dzeko è il motore dell’azione, con i suoi movimenti e le sue sponde permette i lanci per gli esterni che poi vanno in porta. Al contrario del gioco di Sousa dove la prima punta è quasi sempre il terminale ultimo del gioco. Insomma se guardiamo alle classifiche pare evidente: “italiano è bello”, se d’esperienza poi ancora di più.

Roberto Pinna @Robpinna90

ROBERTO MANCINI CON L'INTER HA VINTO TRE SCUDETTI, DUE COPPA ITALIA E DUE SUPERCOPPE ITALIANE

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MADE IN ITALY<< LA NUOVA GENERAZIONE DEI NUMERI 1

LA NUOVA GENERAZIONE DEI NUMERI 1

Chi sarà l'erede alla maglia azzurra di Gianluigi Buffon? Noi di Falso Nueve ne abbiamo scelti tre: Mattia Perin, Marco Sportiello e Gianluigi Donnarumma.

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a ormai diversi anni, una domanda assilla tutti gli appassionati del mondo del pallone. Chi sarà l’erede designato a difendere la porta della nostra nazionale quando sua maestà Gianluigi Buffon deciderà che è arrivato il momento di dire basta? Partendo dal presupposto che, almeno al momento, Gigi non ha nessuna intenzione di cedere il passo (Europeo in Francia nel 201 6 e, forse, anche il mondiale in Brasile del 201 8), noi di “Falso Nueve” abbiamo provato a tracciare tre profili sui chi potrebbe essere l’erede del portierone della Juventus. Il primo nome non è

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assolutamente una novità, essendo al momento già parte integrante della Nazionale azzurra. Si tratta di Mattia Perin , portiere classe 1 992 e autentico gioiellino del Genoa di patron Preziosi. Portiere dotato di grandi doti tecniche, oltre che di grande personalità, si è guadagnato la nazionale azzurra per la prima volta nel 201 2. Dopo tanta gavetta e una stagione abbastanza difficile con la maglia del Pescara (culminata con la retrocessione e ben 66 reti incassate) ecco la grande occasione con la maglia numero 1 del grifone nel 201 3. Il resto è tutta storia recente per Perin, con parate

importanti, interventi salva risultato e una consacrazione che lo rende, almeno per il momento, il candidato principale all’eredità di Buffon. Il secondo profilo è quello di Marco Sportiello, anche lui classe 1 992, e attuale estremo difensore dell’ Atalanta. Dotato di ottime doti tecniche, ha dalla sua una grandissima abilità nel parare i calci di rigore, basti pensare al fatto che dal suo esordio in Serie A nel 201 4 ha già respinto tiri dagli undici metri di gente del calibro di Higuain, Palacio e Pogba. Tanta gavetta anche per Sportiello tra Poggibonsi e Carpi prima di far


MADE IN ITALY<< LA NUOVA GENERAZIONE DEI NUMERI 1

MATTIA PERIN, GIA' NEL GIRO DELLA NAZIONALE DI CONTE

ritorno a Bergamo dove diventa titolare della porta atalantina nella stagione 201 4/201 5 per prendere il posto del partente Consigli. Attualmente non fa parte della nazionale azzurra di Antonio Conte (e non è mai stato convocato), ma chissà che nei prossimi anni non si possano aprire anche per lui le porte di Coverciano. Il terzo e ultimo nome, è un’assoluta novità degli ultimi tempi; stiamo parlando di Gianluigi Donnarumma, vero e proprio gioiello del Milan che ha avuto il coraggio di lanciarlo titolare in Serie A a soli 1 6 anni.

Una scommessa (vinta) da Sinisa Mihajlovic, che complice l’avvio di stagione tutt’altro che da ricordare di Diego Lopez ha scelto questo ragazzone alto 1 97 cm per difendere la porta rossonera. Dall’esordio al Sassuolo (macchiato dal gol di Berardi) alle ottime prestazioni tra Lazio, Atalanta e Juventus con Gigi Buffon che al termine del match di Torino non ha mancato di fare i complimenti al numero 99 rossonero. È ancora troppo presto per dire se Donnarumma potrà essere l’erede in Nazionale del numero 1 bianconero, ma se il buongiorno si vede dal mattino, siamo sicuri che di questo ragazzo ne sentiremo parlare veramente tanto nei prossimi anni. Tre profili interessanti, da tenere d’occhio nei prossimi anni, e che fa sorridere il calcio italiano che negli ultimi tempi è stato sempre carente dal punto di vista dei portieri. Dopo gli anni dei vari Peruzzi, Marchegiani, Pagliuca, Rossi e Toldo, solo per indicarne

qualcuno, la Serie A si è riempita di portieri stranieri che sono diventati protagonisti del nostro campionato (da Julio Cesar ad Handanovic, passando per Diego Lopez e Stekelenburg). Oggi, nel 201 5, finalmente questa tendenza è cambiata grazie ai giovani sopra citati e ad altri gregari che da anni calcano i campi della nostra Serie A come Marchetti , Mirante, Consigli , De Sanctis , Sorrentino e Viviano e ad altri in rampa di lancio pronti a lasciare un segno nei prossimi anni. Stiamo parlando, per chi non li conoscesse, di Luca Lezzerini , secondo portiere della Fiorentina di Sousa e Pierluigi Gollini , numero 1 2 dell’ Hellas Verona, entrambi classe 1 995, che stanno aspettando la propria occasione per dimostrare di essere pronti anche loro per prendere l’eredità di Gigi Buffon.

Damiano Boccalini

G I A N LU I G I DONNARUMMA, C L ASS E 1 9 9 9 C H E MIHAJLOVIC HA LANCIATO TITOLARE A SOLI 16 ANNI.

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Oltre il Confine << FC Santa Claus BABBO NATALE CON LA SQUADRA DURANTE UN VIDEO PROMOZIONALE DI QUALCHE ANNO FA

FC SANTA CLAUS IL CALCIO COI BAFFI

Nel cuore della Lapponia esiste una squadra al servigio di sua maestà Babbo Natale. Tanta simpatia, pochi risultati

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a leggenda di Babbo Natale vuole che al servizio del baffuto uomo vi sia un esercito di elfi, capaci di aiutarlo nel durissimo lavoro che gli compete, tra selezione, creazione e impacchettamento dei regali, fino al momento tanto agognato della Notte di Natale, quando il simpatico paffuto gira il mondo per consegnare quanto richiesto dai bambini di tutto il mondo.

magico, ma portano invece dei tacchetti ai piedi e ogni domenica danno dei calci a un pallone. Il FC Santa Claus è una consolidata realtà del calcio finlandese, in costante presenza tra la terza e la quarta lega nazionale. Il club trova sede proprio a Rovaniemi , in quella che è la città tradizionalmente designata quale sede delle attività del vecchio babbo.

Un esercito biancorosso – Questa società, dal nome

Ebbene, un’armata Babbo Natale ce l’ha veramente a disposizione. I suoi uomini però non hanno alcun potere

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impossibile da dimenticare, è nata nel 1 993 nella capitale lappone dall’unione tra due società locali, il Rovaniemen

Reipas e il Rovaniemen Lappi. La fusione permise di giocare direttamente nella Kakkonen, il terzo campionato più importante del paese, dove gioca nuovamente ora grazie alla promozione conquistata nella stagione 201 4.

Pausa natalizia d’obbligo –

Non c’è molto da stupirsene, ma il campionato finlandese segue il calendario civile e finisce a fine ottobre. Poco più di un anno fa dunque, gli eroi di Babbo Natale festeggiarono la vittoria della Kalmonen, che permise il ritorno nella Kakkonen.


Oltre il Confine << FC Santa Claus I festeggiamenti si sono ovviamente tenuti in maniera tradizionale, con una bella sauna finlandese, seguita da un bagno in acqua gelida e poi l’immancabile fiume di alcolici. Non potrà mica mancare l’allegria alla squadra di Santa Claus no?

Tanti simpatizzanti nel mondo Eppure il seguito della squadra non è sicuramente elevato e la società fa notizia nel mondo più che altro per il suo nome e le iniziative di marketing piuttosto che per la qualità messa in campo dalla rosa a disposizione del mister Jari Alamäki . Tutti i giocatori sono in ogni caso di nazionalità finlandese, non sia mai che ci scappi qualche incomprensione con il boss di rosso vestito. Per ammirare le gesta casalinghe della strampalata squadra finlandese occorre recarsi nel Keskuskenttä, lo stadio di quattromila posti,

condiviso col ben più blasonato

Rovaniemen Palloseura, uno

dei club più importanti del paese, capace di vincere a due riprese la Coppa di Finlandia.

A proposito di coppe, parliamo del palmares del FC Santa Claus. Nei suoi 22 anni di storia, nella bacheca è finita solamente l’edizione 1 994 della “Midnattsolscupen ”, la “coppa del sole di mezzanotte”. Di cosa si tratta? Di una competizione giocata annualmente a luglio nel Meänmaa, una regione all’estremo nord della Svezia che gode in questo periodo dell’anno delle celebri giornate quasi interamente caratterizzate dalla sola fase diurna. A parteciparvi, unicamente squadre dell’estremo nord scandinavo, ma negli anni si è avuta anche la presenza di qualche squadra russa, tra cui lo Spartak Mosca, capace di imporsi per quattro volte.

Un supporto speciale - La partita più prestigiosa mai giocata dal club pare sia però stata un’amichevole contro gli inglesi del Crystal Palace, nel 1 997, quando 4'500 spettatori assistettero all’incontro. Sicuramente non tantissimi se paragonati agli standard internazionali, ma poco importa al presidente della società, Juha Etelainen : “Santa Claus assiste ogni anno a qualche nostra partita, soprattutto all’inizio del campionato, quando si occupa personalmente di inaugurare la nostra stagione. È affezionato a tutti gli sport, non solo al calcio, ma possiamo dire senza dubbi che siamo l’unica squadra che porta nel cuore!" Omar Cartulano

LA PRESENTAZIONE DELLA NUOVA DIVISA PER LA STAGIONE 2016

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LA SCATOLA DEI RICORDI << LA TREGUA DI NATALE

LA TREGUA DI NATALE

LA SCATOLA DEI RICORDI

Quando il calcio e il Natale vinsero sulla guerra

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I i sono eventi nella storia dell'umanità che di umanità hanno ben poco: siamo stati testimoni qualche settimana fa dei terribili fatti di Parigi, abbiamo visto le bombe israeliane sulla striscia di Gaza e tanti anni fa, all'inizio del ventesimo secolo, anche il vero orrore della guerra, la Prima Guerra Mondiale. Nei primi anni del '900 non c'era la tecnologia di adesso, non c'erano basi missilistiche, droni o caccia bombardieri, la guerra si faceva con fucile e baionetta sui passi di montagna, si stava in trincea per mesi e uno dei fronti più caldi da questo punto di

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vista era quello occidentale, dove da un parte l'impero tedesco e quello austroungarico spingevano per conquistare Belgio e Lussemburgo e da lì anche alcune zone strategiche della Francia ricche di miniere, dall'altra gli stati dell'intesa, principalmente francesi e inglesi, che difendevano la zona dall'avanzata germanica. Fu uno dei conflitti più tragici della storia dell'umanità, ci furono milioni di vittime e da quel conflitto si svilupparono anche gli orrori delle future guerre, ma ci fu un periodo particolare dove la guerra venne messa da parte: solo

due cose potevano riuscire nell'impresa di far deporre le armi almeno per un giorno. Il meraviglioso clima natalizio e uno sport, quello che si gioca 11 contro 11 per fare gol, che nella sua concezione moderna aveva compiuto poco più di 65 anni. Inverno del 1 91 4, da diversi mesi la battaglia impervia tra una trincea e l'altra, i caduti sono tanti, la temperatura si fa sempre più rigida e le condizioni di sopravvivenza sono al limite, dopo diverse battaglie in movimento le truppe si assestarono su un fronte che andava dal Mare del Nord alla Svizzera lungo


LA SCATOLA DEI RICORDI << LA TREGUA DI NATALE tutto il confine tra Francia e Germania.*Lo spazio fra le due trincee è soprannominato terra di nessuno, una landa di terra dove il primo che mette fuori la testa la rischia seriamente, o dove chi prova l'offensiva all'arma bianca finisce con molte probabilità crivellato dai colpi dei cecchini appostati in ogni dove. Le vittime distese a terra sono già numerosissime, recuperarle per poterle dare una degna sepoltura è quasi un'impresa. Saltuariamente però, i generali al fronte dispongono dei cessate al fuoco per permettere alle truppe infermieristiche di recuperare i propri caduti e dargli degna sepoltura. I giorni prima della mattina di Natale sono freddi e piovosi, la notte del 24 però nella zona di Ypres arrivò un'imponente gelata, e con la neve avvenne anche il miracolo di Natale: I comandi generali non sapevano nulla, non era stato previsto nessun

C r o c e p o s a ta v i c i n o Ypres nel 1999 da parte dei "Khaki Chum", a ricordare il luogo in cui avvenne la tregua di Natale

cessate il fuoco, inglesi, francesi e tedeschi anche in quel periodo avrebbero dovuto spararsi a vista, ma invece avvenne qualcosa di incredibile: alcuni soldati tedeschi esposero delle candele lungo la trincea e altre vennero appese a degli alberi, a mo' di decorazione, non mancavano ovviamente i canti di Natale in lingua germanica, e cosa avvenne dall'altra parte? La controparte dell'Intesa rispose a tono, intonando a sua volta canti di Natale. Addirittura avvenne uno scambio di doni sulla terra di nessuno, cioccolato, grappa e sigarette gli articoli più in voga in quel momento. Ad aggiungere quel tocco di magia poi il gioco più bello del mondo: le due fazioni posarono i fucili per giocare a calcio. A vincere la contesa, almeno quella non belligerante, furono le truppe tedesche che si imposero col punteggio di 3-2, come riportano i documenti

dell'epoca. In altre zone dell'immenso fronte ci furono altri casi di fraternizzazione, meno accentuati di quello di Ypres ma comunque significativi. Questa tregua temporanea durò fino alla notte del 26 dicembre, ma in molte zone non si ripresero in mano le armi fino alla notte di Capodanno. La stampa al tempo prese la notizia, una volta giunte le lettere alle famiglie dei soldati al fronte, in maniera totalmente differente: la parte anglosassone ne fu entusiasta, condivise appieno, quella tedesca invece non diede grande risalto all'evento, anzi, riuscì a criticare i soldati al fronte. Negli anni successivi si provò a fare qualcosa di simile ma quel clima di pace nonostante il conflitto aperto da appena cinque mesi e con ancora tanti anni da vivere non fu più ripetuto con quell'intensità, anzi, i comandi fecero di tutto perché non si ripetesse, facendo ruotare i soldati al fronte per evitare che stringessero rapporti o organizzando rappresaglie armate proprio nei giorni festivi. Per commemorare l'evento, nel 1 999 i Khaki Chum, l'Associazione per il ricordo militare, posarono una croce nei pressi di Ypres per ricordare il luogo dove avvenne la partita di Natale, l'unico frangente di pace in un periodo così poco pacifico, l'unico evento che riuscì a legare popoli, come poi avrebbe fatto anche in futuro e come sempre farà.

Nicolò Vinci

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IL PERSONAGGIO << GONZALO HIGUAIN

GONZALO HIGUAIN, L'ORO DI NAPOLI

Il numero 9 azzurro rinato con Maurizio Sarri ora punta al titolo di capocannoniere della serie A. Con un grande sogno tricolore.

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il 27 luglio del 201 3, siamo a Napoli. I tifosi partenopei ancora “versano lacrime” dovute al doloroso addio di Edinson Cavani, sedotto dai milioni dello sceicco del PSG. La maglia numero 9 è quindi rimasta vacante dopo la partenza del “Matador” ma, quel caldo pomeriggio di luglio, la casacca azzurra trova un nuovo proprietario. Con una meravigliosa operazione da 37 milioni di euro, il presidente Aurelio De Laurentiis riesce a strappare Gonzalo Higuain alla forte concorrenza dell’Arsenal di Arsene Wenger. Comincia così l’avventura del Pipita alle

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pendici del Vesuvio. Dai tempi di Maradona, i tifosi azzurri possono sognare di nuovo. Higuain viene introdotto al mondo del calcio da suo padre Jorge, ex difensore di Boca Juniors e River Plate, dal quale eredita anche il famoso soprannome che ora vanta a livello mondiale (suo padre era infatti La Pipa). Gonzalo muove i suoi primi passi da calciatore tra le giovanili del River all’età di soli dieci anni, quando viene acquistato dall’Atletico Palermo. L’esordio in prima squadra arriva sette anni dopo, il 29 maggio del 2005, nella sconfitta interna contro il Gimnasia La Plata. Con

l’approdo sulla panchina dei Milionarios di Daniel Passarella, Higuain trova la definitiva consacrazione, realizzando la prima rete nel febbraio del 2006 ai danni del Banfield e, soprattutto, siglando una decisiva doppietta in Copa Libertadores che vale il 3-2 finale sui brasiliani del Corinthians. Al termine dell’ottima stagione disputata con la maglia biancorossa non tardano ad arrivare le offerte di grandi club europei come Milan, Manchester United e Lazio; Gonzalo viene però sedotto da quella che è forse la squadra sognata maggiormente, per


IL PERSONAGGIO<< GONZALO HIGUAIN storia e blasone, da tutti i calciatori: il 1 4 dicembre, pochi giorni dopo il compimento dei 1 9 anni, el Pipita firma con il Real Madrid un contratto di sei anni e mezzo a decorrere dal gennaio successivo; costo totale dell’operazione 1 3 milioni di euro. L’esordio con le merengues è datato 11 gennaio 2007, nella gara di Copa del Rey contro il Betis Sevilla. La prima rete con la camiseta blanca arriva nel derby contro l’Atletico al Vicente Calderon, 1 -1 il risultato finale. La stagione successiva arriva sulla panchina del Real il tedesco Bernd Schuster, con il quale però Higuain non instaura un bel rapporto tanto che il tecnico dirà di lui che “non sapevo dove metterlo”, arrivando addirittura a dubitare della vena realizzativa del giocatore. La situazione cambia con l’avvento di Juande Ramos; Gonzalo trova una stabile continuità di prestazioni e di gol, realizzando 22 reti e 9 assist in 35 partite, conquista la prima Supercoppa di Spagna della sua

carriera siglando il gol del momentaneo 4-1 per i suoi e, infine, diventa il miglior marcatore stagionale del suo club. La stagione culmina con l’esordio in nazionale maggiore (con gol), alla guida di Diego Armando Maradona, nella partita vinta dall’albiceleste contro il Perù. Nel 201 0, con Manuel Pellegrini in panchina, si posiziona al secondo posto nella classifica marcatori della Liga, alle spalle dell’asso del Barcellona Lionel Messi e poco sopra (un gol in più) il nuovo compagno di reparto Cristiano Ronaldo. Altro anno, altro allenatore; arriva Jose Mourinho, fresco di Triplete con l’Inter. Lo special one però non vede il Pipita al centro del suo progetto, preferendogli il francese Karim Benzema. Arriva un altro periodo discontinuo per Gonzalo, che chiude la stagione con 1 3 gol su un totale di 25 presenze e con la conquista della Coppa di Spagna. Nel 2011 -201 2 la Liga torna a Madrid, sponda Real, grazie al "un higuain in questo stato di forma non si era mai visto"

fondamentale lavoro del tridente Ronaldo (46)-Benzema (21 )Higuain (22) che, con 89 gol, diventa il più prolifico nella storia del Real e del campionato spagnolo. La sua storia con la Casa Blanca si conclude nell’estate del 201 3 quando, di comune accordo con la società, lascia la squadra spagnola dopo sei trofei vinti e 1 21 reti in 264 partite giocate. Poi la firma col Napoli, la speranza che si riaccende nel cuore dei tifosi azzurri che vedono in Higuain un nuovo trascinatore per quello scudetto che manca da troppo tempo. Sottoscrive col club una clausola rescissoria da 94 milioni e 736 mila euro, cifra che spaventa tutti i potenziali acquirenti. Con gli azzurri segna il primo gol in gare ufficiali nella trasferta al Bentegodi contro il Chievo (2-4 finale) mentre, per la prima rete in Champions con la nuova maglia, bisogna attendere l’incontro casalingo col Borussia Dortmund (2-1 ). Dopo una Supercoppa Italiana e una Coppa Italia dunque, per i tifosi è arrivato il momento di ambire a qualcosa di più; questo sembra essere l’anno buono, perché un Higuain in questo stato di forma non si era mai visto, grazie anche allo splendido lavoro che Maurizio Sarri sta svolgendo sulla panchina partenopea. De Laurentiis, e tutta Napoli, ringraziano.

Ruggero Tracuzzi

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SELF MADE MANAGER << GIANNI DE BIASI

GIANNI D E B I AS I

Dalla provincia trevigiana a Francia 2016, il sogno albanese di un allenatore italiano

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ntroterra trevigiano, terra di grandi campioni. E’ da lì, dalla piccola Sarmede, un paesino ai piedi delle prealpi Venete, che comincia la storia di Gianni De Biasi. Gianni comincia la sua carriera nel mondo del calcio come centrocampista nel Treviso, squadra con cui riesce a confezionare due goal in 25 presenze. Ma il ruolo di calciatore non sembra il più adatto per lui, che dopo una stagione all’Inter, in cui non gli è permesso di assaporare il gusto del campo neanche per una partita, e l’esordio in serie A con il Pescara nella stagione 1 977 – 1 978, decide di

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chiudere la carriera da giocatore nel 1 990, con la maglia del Bassano Virtus. Per lui lo aspetta un nuovo modo di vivere il calcio, come allenatore, ruolo che può regalare tante emozioni quante ne può dare un goal segnato nella partita decisiva del campionato. Gianni comincia la sua gavetta con le giovanili del Bassano, per poi trasferirsi a Vicenza. Le porte della panchina da primo allenatore si aprono però lontano dal Veneto; infatti il suo esordio avviene alla Vastese, squadra di serie C2 con cui riesce ad agguantare un sesto posto nella stagione 1 992 – 1 993.

Dopo le esperienze di Carpi e Cosenza, il talento di Gianni sboccia definitivamente a Modena, dove in soli due anni riesce a portare la città della Ghirlandina dalla serie C1 alla serie A e nella stagione successiva ottiene una salvezza tranquilla. Gianni è ormai un allenatore affermato e nel 2003 gli viene concesso l’onore di allenare il Brescia, squadra in cui milita un certo Roberto Baggio, alle battute finali della sua carriera. Se nella prima stagione con la squadra lombarda riesce ad agguantare la salvezza, il secondo anno si fa più travagliato. Arriva l’ esonero,


SELF MADE MANAGER << GIANNI DE BIASI ma subito si apre una nuova opportunità, quella di allenare il Torino, che grazie a lui raggiunge la massima serie nella stagione 2005 – 2006. Il campionato italiano, però, non sembra il terreno adatto per esprimere tutte le proprie potenzialità e nell’ottobre 2007 Gianni si trasferisce all’estero firmando un contratto con il Levante. Ma se le premesse sembravano le più rosee, la società spagnola non mantiene le promesse fatte a causa di un grave tracollo finanziario. Il ritorno in Italia è inevitabile, e Gianni si riaccasa all’ombra della Mole, sponda granata, esperienza che lo porta di nuovo all’esonero. Nel dicembre 2009 l’ Udinese di patron Pozzo gli dà la possibilità di sedere sulla panchina bianconera per sostituire Pasquale Marino; ma il cammino con la squadra friulana è corto, e si interrompe nel febbraio 201 0, quando Gianni viene sollevato dall’incarico. Le speranze di trovare una nuova panchina in Italia

sembrano ridotte al minimo, ma è proprio in questo momento che arriva l’opportunità a cui è impossibile rinunciare. Il 1 4 dicembre 2011 l’ex allenatore del Modena firma un contratto con la federazione albanese e viene nominato CT dell’ Albania. Il suo debutto ufficiale avviene il 29 febbraio 201 2 nel match amichevole contro la Georgia a Tbilisi, in cui perde 2 a 1 . L’Albania chiude il girone di qualificazione al Mondiale 201 4 al quinto posto, ma nonostante questo Gianni viene riconfermato sulla panchina per altri due anni. Dopo molto lavoro e molti sacrifici, cominciano ad arrivare le soddisfazioni più grandi. Il 1 4 settembre 201 4, infatti, la nazionale albanese ottiene una vittoria storica contro il Portogallo nella partita del girone di qualificazione ad Euro 201 6 e nel giugno successivo vince una prestigiosa amichevole contro la Francia. Ma il miracolo avviene nell’ottobre 201 5, quando Gianni guida la sua squadra alla prima storica qualificazione alla fase

finale dell’Europeo, sconfiggendo l’Armenia per 3 a 0 e chiudendo il girone al secondo posto. Nello stesso anno, l’Albania ottiene il miglior piazzamento nel Ranking UEFA, stabilendosi al 22mo posto. Il successo di De Biasi lascia così di stucco il popolo albanese che nel marzo 201 5 il presidente Bujar Nishani gli concede la cittadinanza onoraria per meriti sportivi portati alla Nazione, e nell’ottobre 201 5 l’università degli studi europea di Tirana gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze Sociali. Quando l’Italia sembrava non offrire alcuna possibilità, la perseveranza e lo spirito di sacrificio di Gianni lo hanno fatto diventare un tecnico molto ammirato in Europa, ora pronto alla conquista della Francia, senza dimenticare quel piccolo paesino del trevigiano da cui la sua storia ha avuto inizio.

Elena Tonon

NEL 2002 GIANNI DE BIASI OTTIENE IL PREMIO PANCHINA D'ARGENTO PER AVER MOSTRATO UN GIOCO VELOCE, DINAMICO, AGGRESSIVO E PALLA A TERRA

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L'ANGOLO DEL GOAL << GONZALO HIGUAIN

G@dOiseAgnidLic!alcio

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G@dOiseAgnidLic!alcio L'ANGOLO DEL GOAL << MARCO VAN BASTEN

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VIAGGIO NEI TEMPLI DEL CALCIO << stadio olimpico

OLIMPCIACPOUT MUNDI N

Dal Colosseo allo Stadio Olimpico: l'evoluzione dello spettacolo e dell'intrattenimento nella Capitale divisa tra classico e moderno

on tutti sanno che originariamente il nome di quello che conosciamo come Colosseo era Anfiteatro Flavio e che assunse il nome con cui oggi viene universalmente riconosciuto solo nel Medioevo, derivato dall'aggettivo " colosseum" e cioè " colossale". Dal 72 d.C. (anno in cui iniziò la sua costruzione) quell'immensa struttura è diventata il simbolo di una delle città artisticamente più belle e più visitate del mondo, Roma. Palcoscenico per spettacoli di gladiatori e altre manifestazioni pubbliche, l'anfiteatro poteva vantare un numero di spettatori stimato tra

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i 50.000 e i 75.000 unità, numeri davvero eccezionali che lo rendono senza ombra di dubbio il più importante anfiteatro romano e uno dei lasciti più preziosi del nostro passato. Sotto lo stesso cielo della 'Città Eterna' si innalza anche un "monumento moderno" – per così dire – che certamente non ha alle spalle né la storia né la magia che quel vecchio cugin o possiede ma che ha lo stesso potere di riunire decine di migliaia di persone per assistere agli spettacoli che si mettono in scena al proprio interno. Questo giovane cugino di cui stiamo parlando è ovviamente

lo Stadio Olimpico che dal 1 953 è diventata una vera e propria tappa immancabile per tutti gli amanti del calcio. Il caso vuole che anche per questa nuova arena dedicata a quelli che potremmo definire "spettacoli moderni" ci siano stati diversi cambiamenti per quanto riguarda il nome: nel 1 927 – quando fu ideato – veniva chiamato 'Stadio dei Cipressi', nel 1 953 (e cioè quando fu inaugurato) venne rinominato 'Stadio dei Centomila' (visto che la capienza si aggirava intorno ai 1 00.000 posti) e infine strappò il titolo di 'Stadio Olimpico' – come viene comunemente


VIAGGIO NEI TEMPLI DEL CALCIO << STADIO OLIMPICO chiamato oggi - nel 1 960 e cioè dopo l'assegnazione alla Capitale delle Olimpiadi. Seppur non siano passati nemmeno 90 anni dalla sua progettazione, anche questo giovane pezzo di storia romana ha qualcosa da raccontare: basti pensare ad esempio che nel periodo della Seconda Guerra Mondiale fu abbandonato prima e utilizzato dopo come autoparco dalle truppe alleate, un vero e proprio sfregio ad opera della guerra a quello che dovrebbe essere un luogo di gioia e vita, fino alla rinascita (nel 1 953 appunto) quando è iniziato a diventare teatro di manifestazioni di ogni tipo. Rugby, atletica leggera, concerti, spettacoli teatrali e soprattutto calcio sono stati il pane quotidiano di questa splendida struttura in tutti questi anni. Al contrario di ciò che si potrebbe pensare il record di spettatori non è stato stabilito nel corso di una gara sportiva: a detenerlo infatti è addirittura Claudio Baglioni che, con il suo concerto del 6 giugno 1 998 portò

allo Stadio Olimpico ben 88.756 persone. Parlando di calcio però l'impianto – che per capienza in Italia è secondo solo a San Siro – ha attirato l'attenzione del mondo ospitando, tra le altre cose, ben quattro finali della Coppa dei Campioni poi divenuta Champions League: le prime due hanno visto vincitore il Liverpool che ha alzato la "Coppa dalle grandi orecchie" nella Capitale sia nel 1 977 che nel 1 984, la terza glorificò la Juventus del 1 996 mentre l'ultima vide trionfare gli spagnoli del Barcellona nel 2009. Se si parla di calcio relativamente allo Stadio Olimpico non si può però non parlare di Roma e Lazio, padrone di casa della struttura: ogni domenica le tifoserie delle due squadre affollano gli spalti proprio come secoli e secoli fa gli antichi romani accorrevano all'Anfiteatro Flavio. Se gli idoli del tempo erano i gladiatori che si davano battaglia sulla scena, i beniamini moderni sono i vari Totti, Candreva, Dzeko, Felipe Anderson e compagnia che ogni

domenica si mettono in mostra sul terreno di gioco facendo levare dagli spalti quell'unico grande grido di incitamento che accompagnava i giochi al Colosseo di duemila anni fa. Roma è anche questa. In mezzo a tutte le storie e i monumenti che la Città Eterna abbraccia e conserva gelosamente c'è anche quel piccolo neonato Stadio che proprio al cospetto del Colosseo rappresenta la modernità e l'evoluzione degli usi e dei costumi del genere umano. Un'evoluzione che certamente non si fermerà qui ma di cui l'Olimpico fa ormai inesorabilmente parte. Le vittorie e le sconfitte di Roma e Lazio, gli eventi sportivi e non, i romani e gli appassionati di tutto il mondo: questi e molti altri sono gli elementi che fanno di questa struttura un piccolo "monumento moderno", espressione delle passioni e delle esigenze del pubblico di oggi. Roma è anche questa, Roma è anche Olimpico.

Alessio Nicotra

IL RECORD DI SPETTATORI ALL'OLIMPICO? A DETENERLO NON SONO NE' ROMA NE' LAZIO MA CLAUDIO BAGLIONI....

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THE FIGHTER << ALONZO MOURNING

mourning, campione in campo e fuori P

Storia del cestista statunitense che, dopo aver sconfitto una grave malattia, è tornato a giocare a basket vincendo il titolo NBA a 36 anni.

er raccontarvi questa storia è necessario portare indietro le lancette di qualche anno. E’ il 20 giugno 2006, siamo a Dallas, per la precisione all’American Airlines Arena, teatro delle partite di basket della squadra locale, ovvero i Dallas Mavericks. SI sta giocando gara-6 della Finali NBA, e contro i Mavs ci sono i Miami Heat. Quegli Heat che nel loro roster annoverano gente del calibro di Dwayne Wade e Shaquille O’Neal. Ma non vogliamo parlarvi né di DWade, né di Shaq. Le nostre attenzioni sono tutte per Alonzo Mourning , il pivot di

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riserva di quella grande squadra. La serie è sul 3-2 in favore degli Heat, e quella sera la squadra di Pat Riley sbanca il parquet di Dallas con un 9592 che vale l’anello. Mourning, quella sera, contribuisce alla causa distribuendo ben 5 stoppate, che risulteranno essere decisive. Vi starete chiedendo: cosa c’entra tutto ciò con la categoria “The Fighter”? Riprendendo le parole di Federico Buffa, Mourning è il guerriero per eccellenza. Infatti, prima di

vincere il titolo NBA, “Zo” ha vinto una sfida molto più grande: una sfida con il suo corpo, una sfida con la vita.

Tutto comincia nel 2000 quando, al ritorno dalle Olimpiadi dove aveva vinto l’oro, a Mourning viene diagnosticata una malattia grave. E’ la glomerulosclerosi segmentaria e focale, una patologia che colpisce i reni. Forse doveva andare così, forse era già tutto scritto, ma Alonzo ha per anni abusato di anti-infiammatori e magari, il suo corpo, ha deciso di presentargli il conto. Mourning si sottopone alle cure del caso, riesce ancora a mettere piede sul parquet ma in due stagioni gioca poco e non riesce a dare il suo contributo alla causa. Nella stagione 2002-03, poi, il


pivot non riesce a collezionare neanche una presenza. E’ un segnale poco confortante e anche l’ambiente NBA è scosso, poiché Mourning era tra i migliori nel suo ruolo. Draftato nel 1 992 dai Charlotte Hornets, era da subito diventato uno dei migliori nel suo ruolo, approdando nel 1 995 ai Miami Heat. “Zo”, però, è un guerriero, non si vuole piegare davanti alla sorte e nel 2003 ottiene il benestare dai medici per tornare in campo. Ricomincia dai New Jersey Nets guidati dal funambolico play Jason Kidd. Purtroppo però ad un certo punto è costretto a fermarsi di nuovo. Le sue condizioni sono di nuovo peggiorate, la malattia lo attanaglia e non ci sono le condizioni per continuare a giocare. L’unica strada rimasta percorribile per Mourning è quella del trapianto. Trapianto che avviene grazie ad un suo cugino che si offre per aiutarlo. L’operazione va a buon fine, il rene è compatibile, per Alonzo comincia una nuova vita. Lui non si accontenta di ricominciare a vivere, a 33 anni: no, lui vuole tornare sul parquet, per lui la vita

è nella palla a spicchi. Nella stagione 2004-05, quindi, Mourning è di nuovo nel roster dei New Jersey Nets. Il guerriero è tornato in campo, ed ha un obiettivo ben preciso: vincere quel titolo NBA che finora gli era sempre sfuggito. Per farlo, però, Alonzo vuole solo e soltanto i Miami Heat e Pat Riley, suo mentore. I Nets lo scambiano con i Toronto Raptors, ma lui in Canada non ha la minima intenzione di andarci. Il richiamo della Florida è troppo forte, anche se ora gli Heat hanno un nuovo centro titolare. Ed è proprio quell’O’Neal che fu scelto prima di lui al Draft! Mourning però non ci pensa un attimo, è disposto a fare la riserva pur di vincere l’agognato anello. Nei playoff del 2005 il sogno si spegne nella Finale di Conference contro Detroit: Riley lo convince a restare, ed infatti il 2006 è l’anno buono. Mourning, complice anche qualche infortunio di troppo per O’Neal, trova maggiore spazio nelle rotazioni e contribuisce alla vittoria del Titolo risultando decisivo anche nella finalissima contro i Mavs. A 36 anni, dopo

aver sconfitto una grave malattia, “Zo” è finalmente sulla vetta del mondo. Il destino, però, non ha ancora finito di giocare con lui: il 1 9 dicembre 2007 , quattro anni esatti dal suo trapianto di rene, Alonzo si rompe un ginocchio nella partita contro Atlanta. Non sarà quello, il giorno del suo ritiro, perché da grande fighter quale lui è tornerà in campo ancora, a 38 anni. Ma quel giorno, se ancora ce ne fosse bisogno, Mourning dà prova di tutto il suo spirito, uscendo dal campo sulle sue gambe nonostante il tendine rotuleo del ginocchio fosse saltato. I Miami Heat hanno deciso di ritirare la sua casacca numero 33: un giusto riconoscimento per l’uomo, prima che per l’atleta, che ha saputo farsi beffe del suo destino ed ha vissuto una carriera da vero e proprio fighter.

Leonardo Bossi

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OLTRE IL CONFINE << THE BOXING DAY

THE BOXING DAY

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Un semplice giorno di calcio nei quali sono racchiusi i valori e la tradizione di un intero popolo.

uest’oggi la nostra rubrica ci porta in Inghilterra, patria dei Beatles, del thè, del fish and chips e di Doctor Who. La “terra degli Angli”, nota a tutti per queste sue peculiarità, è famosa in tutto il mondo anche per una sua tradizione che risale “ufficialmente” al lontano 1 871 : stiamo parlando del Boxing Day. Sì, ufficialmente, perchè in realtà questa ricorrenza, tipica dei paesi del Commonwealth, risale, almeno in Europa, al lontano Medio Evo, anche se leggende narrano di una sua origine già intorno all’epoca tardoromana. Nonostante non abbia

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un’etimologia ben chiara, l’idea di fondo della festività è quella di donare qualcosa ai più bisognosi o ai propri dipendenti. In passato infatti durante il Boxing Day, che letteralmente significa “giorno della scatola”, i latifondisti donavano ai lavoratori una scatola, per l’appunto, così da ringraziarli per il proprio lavoro durante il corso dell’anno (anche se la ragione principale era probabilmente quella di tenerseli buoni). Nella scatola c’erano regali e avanzi di cibo, in più ai lavoratori veniva concesso anche il giorno libero per stare con la propria famiglia. Tradizionalmente quel

giorno anche le cassette dell’offertorio delle chiese d’oltremanica venivano lasciate aperte così da permettere anche ai più poveri di ricevere qualcosa. Inoltre i lavoratori, come fecero molti uomini dall’Ottocento in poi, dedicavano il Boxing Day anche al calcio. A livello amatoriale, prima che arrivasse la First Division (l’antenato della Premier League) nel 1 888, si organizzavano il 25 e il 26 dicembre partite di ogni genere: scapoli contro ammogliati, lavoratori contro disoccupati, cognomi A-M contro N-Z e tutte


OLTRE IL CONFINE << THE BOXING DAY rigorosamente a livello locale perché il 26 dicembre era tradizione spostarsi poco. Tuttavia, la prima partita ufficiosa del Boxing Day risale al 1 860 a Sheffield , quando si affrontarono le due squadre più antiche del mondo, lo S heffield FC e l’Hallam FC . Lo Sheffield vinse 2-0 al Sandygate Road nonostante giocasse con qualche giocatore in meno poiché all’epoca il numero di giocatori in campo non era ancora stato realmente stabilito sebbene fossero state già redatte le Sheffield Rules nel 1 858. In seguito quando venne istituita la First Division giocare a Natale e Santo Stefano divenne una tradizione ufficiale. Giocando sia il 25 che il 26 le squadre locali, o comunque geograficamente vicine, potevano affrontarsi in match di andata e ritorno un giorno dopo l’altro. Questi “derby” locali natalizi attiravano spesso l’affluenza più alta di pubblico allo stadio; anche perchè molti spettatori erano

occasionali e andavano a vedere una partita di calcio solo a Natale e nel Boxing Day, che ancora oggi rimane una data fissa per molti altri sport, come rugby e ippica. Tuttavia, con il passare degli anni il calcio nel giorno di Natale ha perso molto appeal. Calciatori, arbitri, allenatori e dirigenti si sono opposti perché non volevano giocare due giorni consecutivi e almeno il giorno di Natale preferivano passarlo in famiglia. C’erano anche problemi di ordine pubblico, soprattutto per quanto riguardava i trasporti. Del resto, anche oggi nessun calciatore o società accetterebbe di giocare due giorni consecutivi. Così nel 1 958 si decise di abolire la giornata di campionato nel giorno di Natale (almeno nella massima serie) lasciando però invariata quella del Boxing Day. A Natale, però, il Regno Unito ha giocato una delle partite più improbabili e straordinarie che sia mai passata alla storia. Siamo nel pieno della Prima

Guerra Mondiale: il sito della

federazione calcistica inglese racconta che vicino ad Armenteries, in Francia, su un campo in condizioni pessime, il 25 dicembre 1 91 4 soldati britannici e soldati tedeschi si sfidarono a calcio nella terra di nessuno tra le due trincee, piena di buche per le esplosioni, durante una tregua non ufficiale dalla guerra. Quella partita la vinse la Germania, si dice.

Massimiliano Puglisi

Tifosi inglesi allo stadio durante il Boxing Day.

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CRESCENDO SI SBAGLIA << ARTURO LUPOLI, IL VIANDANTE ITALIANO

A R T U R O L U P O L I , IITLAVLIAIANNDOANTE

Le giovanili dell'Arsenal, poi la Fiorentina e ora la Lega Pro con il Pisa.

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re bomber. Tre bomber di vent’anni. Giuseppe Rossi, Robert Acquafresca e Arturo Lupoli. Tre nomi, tre storie, e sempre il gol scritto a lettere maiuscole nei rispettivi destini." Titolava così l'occhiello di un articolo di giornale del 2007, dove si scommetteva tutto su questi giovani ma promettenti attaccanti. Tre nomi che otto anni dopo, sono noti a tutti: Giuseppe Rossi cristallino nel talento e nel fisico, Robert Acquafresca potente ma scostante, e poi Arturo Lupoli l'eterna promessa mai esplosa. Sulle rive del Tamigi - Arturo Lupoli cresce calcisticamente

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nelle giovani del Parma, mettendosi subito in luce e vincendo il Campionato Allievi Nazionali. Dopo il crac della Parmalat e della terribile crisi finanziaria che colpisce la compagine emiliana, il 7 luglio 2004 decide di emigrare e passa a titolo definitivo all’Arsenal, alla corte di Arsene Wenger. La sua carriera si intreccia con quella di Rossi, anche lui in Premier League, anche lui emigrante e con il futuro già scritto. I giornali sono già in fibrillazione e titolano: "una giovane promessa italiana alla corte di Wenger". Arturo esordisce con i Gunners il 27 ottobre 2004 in occasione

del match tra Manchester City ed Arsenal, nell’incontro valido per la Carling Cup, giocando titolare e vincendo 2 a 1 . Da lì sembra che la sua carriera abbia inizio: il 9 novembre all'età di diciassette anni segna la sua prima rete contro l’Everton e viene osannato dalla stampa inglese come promessa del calcio britannico. Ma qualcosa si inceppa, ne è la prova il suo esordio in Premier League nel febbraio 2006 all’età di diciannove anni, dopo mesi di panchina. Come back in Italy- Ai Gunners, Wenger gli concede poco spazio e così nell’agosto del 2006 passa in prestito


CRESCENDO SI SBAGLIA << ARTURO LUPOLI, IL VIANDANTE ITALIANO al Derby County, nella serie cadetta inglese. I suoi gol trascinano la compagine, il 6 agosto 2007 realizza addirittura la sua prima tripletta contro il Wrexham e a fine stagione la squadra viene promossa in Premier League. La Fiorentina non rimane immune al fascino del giovane bresciano e gli propone un contratto quinquennale, che lo porta ad esordire l’11 dicembre 2007 in Ascoli-Fiorentina, subentrando a Pazzini. Anche a Firenze la stagione è fatta di alti e bassi, nel valzer degli attaccanti Toni-Mutu, per lui non c’è posto, lui è il futuro e la Fiorentina pensa solo al presente, così è costretto nuovamente a scendere di categoria. A gennaio 2008 passa in prestito al Treviso, dove realizza 1 gol in 1 7 presenze. La delusione lo riporta in Inghilterra, al Norwich City militante in Championship, realizzando 4 gol in 1 7 presenze, troppo poco per chi deve essere la stella della squadra, così viene nuovamente gampo 11 volte timbrando due volte il cartellino.

Roma capoccia - Dopo la pausa

invernale la Roma continua con la sua marca inarrestabile, il 1 °aprile i giallorossi vanno addirittura a +9 sulla Juventus, ma un blackout contro la Fiorentina di Enrico Chiesa, uno che quella stagione segnò da Dio, permettono alle inseguitrici di recuperare terreno. Nei bar non si parla d'altro, il campionato trema nei polsi dei tifosi e il 6 maggio va in scena a Torino lo scontro diretto tra Juve e Roma.

girato in prestito allo Sheffield United, dove scende in campo 11 volte timbrando due volte il cartellino. Di fiore in fiore - Nell’estate del 2009 ritorna in Italia, passando all’Ascoli terminando l’annata con 32 presenze e 6 reti. Nelle Marche la sua presenza sembrerebbe gradita, ma l’11 luglio rescinde consensualmente il proprio contratto con l’Ascoli. Rimane in Italia e sottoscrive un accordo triennale con il Grosseto, esordisce con i maremmani il 1 4 agosto in Grosseto-Prato, segnando la rete del momentaneo pareggio, terminerà la stagione con 20 presenze e 3 reti. La stagione successiva è al fianco di attaccanti rodati e d’esperienza come Sforzini e Piovaccari, concludendo l’annata con 6 reti in 26 apparizioni e con la retrocessione dei toscani. Rescinde il proprio contratto con i toscani e firma un altro triennale con il Varese, per poi essere ceduto in prestito all’Honvéd in Ungheria. L’ennesimo prestito, quarto della sua carriera, che gli frutta solamente 4 presenze senza regalargli ARTUmai RO LlaUPOgioia GIOCdel A gol. Dopo ATTUAlaLMENTEparentesi CON IL PISA IN LEGaA PVarese RO. ungherese, sbarca dove sembra trovare la condizione ideale grazie all’ambiente e a una squadra che vanta la presenza di giocatori del calibro di Corti e Neto Pereira, riuscendo a realizzare un gol ogni tre partite, per un totale di 1 8 presenze e 6 reti. L'ultimo sorriso arriva il 1 6 maggio 201 5, dopo una stagione nel Frosinone, i ciociari conquistano la loro prima storica promozione

il quarto della sua carriera, che gli frutta solamente 4 presenze senza regalargli mai la gioia del gol. Dopo la parentesi ungherese, sbarca a Varese dove sembra trovare la condizione ideale grazie all’ambiente e a una squadra che vanta la presenza di giocatori del calibro di Corti e Neto Pereira, riuscendo a realizzare un gol ogni tre partite, per un totale di 1 8 presenze e 6 reti. L'ultimo sorriso arriva il 1 6 maggio 201 5, dopo una stagione nel Frosinone, i ciociari conquistano la loro prima storica promozione in serie A dove Arturo da il suo esiguo contributo segnando una rete in 11 partite. Nell'estate del 201 5 sottoscrive un contratto di tre anni con il Pisa, in Lega Pro. L'ennesimo accordo, la tredicesima squadra in undici anni, sperando che questa possa essere per Lupoli la squadra della svolta, con la quale troverà continuità e con cui potrà puntare alla Cadetteria.

Edoardo Ridolfi .

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ALZATI E SEGNA<< UN INFORTUNIO TIRA L'ALTRO

UN INFORTUNIO TIRA L'ALTRO

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Analisi delle cause e delle possibili soluzioni della piaga contemporanea degli infortuni

archisio, Icardi, Candreva, Jovetic, Morata, Toni, Bruno Peres, Dzeko, Baselli, GiaccheriniW la lista potrebbe essere infinita! Non sono solo i giocatori migliori della Serie A, sono anche alcuni dei giocatori che hanno subito un infortunio dall’inizio del campionato. L’elenco è molto lungo e riguarda diverse squadre del campionato di Serie A, pertanto, non si può dare la colpa al fato o a una cattiva preparazione atletica. L’evoluzione del sistema calcio ha riportato dati allarmanti: i giocatori hanno un fisico più alto e robusto rispetto ai colleghi di trent’anni fa,

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nonostante ciò, il numero di aumentare il rischio di infortuni è esponenzialmente infortunio, dato visibile ogni aumentato. volta che i giocatori sono selezionati nelle rispettive CAUSE MULTIFATTORIALI - nazionali. L’entità degli infortuni è diversa, Le troppe partite sono un in maggior quantità sono fattore determinante. riscontrabili le lesioni muscolari L’impossibilità di recuperare che hanno cause multifattoriali. dagli sforzi e la mancanza di Durante la sua lunga storia la un allenamento settimanale scienza del calcio si è evoluta non può fare altro che con tattiche innovative, ad stressare le catene muscolari esempio il pressing a tutto dei calciatori che sono costretti campo e il concetto di squadra a subire anche spostamenti di corta hanno sensibilmente sede, spesso con aereo, contribuito a un maggior rientrando a casa a notte affaticamento muscolare. Il inoltrata, non potendo così cambio di intensità, quantità, recuperare appieno dopo uno qualità e specificità sforzo intenso quale la partita. dell’allenamento può Un indicatore importante per


ALZATI E SEGNA<< UN INFORTUNIO TIRA L'ALTRO PER JOVETIC QUASI UN MESE DI STOP PER NOIE MUSCOLARI

il rischio di infortuni è il rapporto tra allenamenti e gare, maggiore è il rapporto meno probabilità di infortunio sono previste per un calciatore. Un altro fattore decisivo è l’età dell’atleta che subisce un infortunio, se minore ha maggior probabilità di recuperare in fretta o di non infortunarsi. Analizzando il campionato di Serie A l’età media dei calciatori è di 26.7, con la Juventus, una delle squadre che ha subito più

infortuni da inizio campionato, classificata terzultima in questa speciale classifica che vede l’Empoli in testa come società con atleti più giovani. In teoria le squadre di Serie A, soprattutto se impegnate anche in competizioni europee, dovrebbero avere una rosa molto nutrita di giocatori con ricambi validi per poter sostenere lo stress di giocare ogni tre giorni. Tuttavia è anche vero che, nonostante la rosa cospicua, i club si affidano maggiormente ai giocatori di livello piuttosto che schierare le riserve. Eppure in caso di una contesa serrata per un posto da titolare la rivalità potrebbe diventare addirittura deleteria se comporta un aumento dell’intensità e dell’agonismo degli allenamenti. Possono aumentare la frequenza degli infortuni anche terreni di gioco malmessi e una scorretta scelta delle calzature. La decisione delicatissima dei tacchetti è un problema che ogni giocatore e staff si pongono prima di iniziare un incontro, non

solo un rischio di cadute, ma anche un appoggio errato prolungato può essere pericoloso.

SOLUZIONE

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Le cause multifattoriali sono state definite, ma è possibile prevenire e ridurre il rischio di infortuni? Una soluzione esiste! L’atleta, in quanto tale, non è soltanto chi pratica un’attività sportiva, è anche un individuo che vive con sani principi di salute. Tantissimi sportivi fumano e mandano in circolo tossicità che non può fare altro che peggiorare le prestazioni sportive. L’alcol dovrebbe essere tassativamente vietato in società calcistiche di alto livello, così come l’alimentazione deve essere sana e senza eccessi. Insomma lo stile di vita è l’unica precauzione possibile per garantire il massimo in campo e per continuare a vivere il sogno di fare il calciatore.

Angelo Russo

DA INIZIO STAGIONE LA JUVENTUS HA SUBITO DIVERSI INFORTUNI MUSCOLARI CHE HANNO PRIVATO AI BIANCONERI BIG COME MARCHISIO, BARZAGLI, KHEDIRA, MORATA, MANDZUKIC...

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OLTRE IL CALCIO<< NOVAK DJOKOVIC

DJOPKEOR VINCERE

Ripercorriamo insieme la straordinaria stagione disputata dall' asso serbo del tennis Novak Djokovic.

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ono davvero felice e sopraffatto dall'emozione per aver disputato una così grande stagione". Questo il commento di Novak Djokovic sulla stagione 201 5 conclusasi con l’ ATP World Tour Finals , l’ultimo torneo annuale che lo ha visto vincitore ai danni di Roger Federer, di certo non l’ultimo arrivato. Una stagione davvero impressionante quella del serbo che a 28 anni ha sicuramente ottenuto il massimo da se stesso, almeno fino ad ora, vincendo 82 delle 88 partite disputate con una percentuale di vittoria del

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93,2% (meglio in proporzione solo McEnroe nel 1 984, Connors nel 1 974 e Federer nel 2005 e 2006). La sua stagione non era cominciata benissimo venendo eliminato al terzo turno del Qatar ExxonMobil Open, primo torneo dopo la pausa invernale, dall’ exploit del croato Ivo Karlović. Dato interessante: da lì in poi Djokovic ha preso parte a tutte le finali dei tornei disputati. Agli Australian Open primo dei quattro tornei del Grande Slam dell'anno, dove i “nostri” Bolelli e Fognini si sono aggiudicati il doppio maschile, il serbo arriva in semifinale dove supera lo

svizzero Wawrinka ed approda in finale contro il britannico Andy Murray, sconfitto con il risultato di 7-6, 6-7, 6-3, 6-0. Questa vittoria gli permette di mettere in bacheca per la 5^ tale trofeo e in più di portarsi ad otto vittorie in un torneo del Grande Slam, come Andre Agassi. Al torneo di Dubai arriva secondo, superato in finale dal rivale Federer ma sfrutta la possibilità di rivincita ad Indian Wells dove non delude le attese da campione in carica, e col risultato di 6-3, 6-7, 6-2, si aggiudica il torneo per la 4^ ed il 50^ titolo in carriera. Vincendo successivamente


OLTRE IL CALCIO<< NOVAK DJOKOVIC anche ai tornei di Miami e Monte Carlo diventa il primo tennista nella storia a vincere i primi tre Masters 1 000 consecutivamente. Novak non si ferma ed agli Internazionali BNL d’Italia sfida in finale a Roma ancora una volta Roger Federer in una sfida bellissima che ha messo di fronte l’eleganza dell’esperienza dello svizzero contro la concretezza dello slavo che alla fine ha la meglio: risultato finale 6-4, 6-3. Poco prima dell’inizio dell’estate arriva la terra rossa di Parigi, il Roland Garros. Da anni terra, appunto, di conquista del maiorchino Rafael Nadal che in Francia si è imposto per ben 9 volte. Quest’anno però per la prima volta il favorito era Djokovic che ai quarti supera proprio lo spagnolo (diventando il secondo a farlo in questo torneo), e in semifinale dopo un’estenuante partita con Murray, vince ancora. In finale è Wawrinka l’altro contendente al titolo: la partita finisce a sorpresa, ma non troppo visto il servizio micidiale dello svizzero,

in favore di quest’ultimo che dopo un primo set perso 4-6, supera il serbo 6-4, 6-3, 6-4. Grande delusione per Novak, unica pecca di una stagione stellare che riprende la via della vittoria al torneo di Wimbledon nel quale ripete la vittoria del 201 4 su Federer. La vittoria gli permette di concedersi una pausa di un mese dalla quale torna alla Rogers Cup, sconfitto solo da Murray in finale e successivamente perde ancora in finale al torneo di Cincinnati contro Federer. Agli U.S. Open arriva in finale dove si trova ancora una volta davanti allo svizzero Roger Federer e vince 6-4, 5-7, 6-4, 64, conquistando così il decimo titolo del Grande Slam in carriera, il suo terzo in stagione. Da qui Nole non si ferma più mettendo in fila 26 vittorie che gli permettono di vincere: Torneo di Pechino battendo in finale Nadal, Shangai Rolex Masters battendo Jo-Wilfried Tsonga,

Torneo

di

Parigi

Bercy

superando Murray. Arriva così alla vigilia delle ATP Finals avendo conquistato 6 Masters

1 000 in stagione (26^ in carriera). Nell’ultimo torneo dell’anno arriva l’ultima sconfitta stagionale, soltanto la sesta, nei gironi contro Federer unico a superarlo per più di una volta nel 201 5. A Londra dopo aver vinto in semifinale contro Nadal, non si lascia scappare l’ultima possibilità di aggiungere punti alla sua classifica ATP nella quale è saldamente al primo posto, e vince ancora una volta e nuovamente contro Federer 63, 6-4. Si chiude così una stagione che non sappiamo più come definire, quindi ci concentriamo non sul Novak tennista ma sull’uomo. Parla fluentemente oltre al serbo, l’italiano, il francese il tedesco e l’inglese, partecipa a molti talk show (protagonista di un siparietto con Fiorello nel quale imita alcuni colleghi tennisti tra l’ilarità del pubblico). Inoltre è attivo in campo benefico nel quale oltre alle varie donazioni, con una fondazione a suo nome si occupa dell’istruzione dei bambini appartenenti a comunità disagiate. Nole djoka per la vittoria dentro e fuori dal campo!

Enrico Castagnola

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i nopsatrrti ners

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redazione Direttore

'FALSO NUEVE' – DICEMBRE 201 5

Alessio Nicotra

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Leonardo Bossi Angelo Russo

Grafica e Impaginazione Andrea Zifarelli Alessio Cricchio

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