INDICE Novembre 2015 - Numero 10 - Anno 1
Editoriale - Puntare al meglio per fare meglio p.3 A tu per tu - Samuele Dalla Bona p.45 L'Ospite Matteo&Giovanni allafacciadelcalcio p.67
Made in Italy - La morte del Made in Italy p.89 Oltre il Confine -
Il ballo delle debuttanti p.1011
La scatola dei ricordi - Nostalgia anni 2000 p.1213 Il Personaggio - Zlatan Ibrahimovic p.1415 Self Made Manager - Beppe Sannino p.1617 L'angolo del Goal storico e contemporaneo! p.1819 Viaggi nei templi del calcio - La bombonera p.2021 The Fighter - Il gol del sorriso p.2425 Davide contro Golia - La Serbia dà la Serbia toglie p.2223 Crescendo si sbaglia - Javier Portillo p.2627 Alzati e segna - Nemanja Vidic p.2829 Oltre il Calcio - Buzkashi p.3031
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EDITORIALE FALSO NUEVE - PUNTARE AL MEGLIO, PER FARE DI MEGLIO
Non è mai facile portare avanti progetti impegnativi come 'Falso Nueve' mantenendo la stessa professionalità, lo stesso livello qualitativo dei pezzi e la stessa voglia dei primi mesi. Come ho già spiegato nel corso degli editoriali più e più volte, lo facciamo semplicemente per passione. Ed è per questo che continuiamo a farlo mese dopo mese, nonostante gli impegni – vecchi e nuovi che ognuno di noi porta parallelamente avanti. Perché da gennaio – mese in cui abbiamo iniziato a lavorare al progetto F9 – ad oggi di cose ne sono cambiate, per tutti noi. Il fatto che io sia ancora una volta qui a introdurVi l'ennesimo numero della nostra rivista mi fa capire però quanto io sia fortunato a lavorare fianco a fianco con quelli che reputo grandi professionisti oltre che ottimi amici. Per quanto i precedenti fossero buoni, questo numero non ha nulla da invidiare a quelli dei mesi scorsi e anzi, a dirla tutta, ne vado anche un po' orgoglioso. Nonostante qualche intoppo e qualche piccolo ostacolo, la "macchina" di 'Falso Nueve' ha funzionato alla perfezione, confezionando nei tempi stabiliti dei pezzi davvero fantastici. Scrivere bene è fondamentale, ma spesso anche il scegliere cosa dire riveste un ruolo chiave nel possibile successo di un articolo e quindi inevitabilmente di un giornale. Sono davvero soddisfatto delle scelte che abbiamo fatto in questo numero e di come sono state portate avanti da ognuno dei redazionisti, impeccabili in tutto e per tutto anche nel corso di questo mese. Continuiamo ad agire sui social ed in particolare su Twitter dove – con nostro grande piacere – gli scambi con i nostri lettori diventano sempre più frequenti e speriamo che questo aspetto possa solo migliorare sia con questo numero che nei prossimi mesi. Perché no, non abbiamo intenzione di fermarci. Ad alcuni potrebbe sembrare che queste belle parole in apertura di numero possano essere solo per "promuovere" lo stesso, ma non è così: il nostro miglior bigliettino da visita è la rivista stessa, con i suoi articoli e il lavoro di ricerca, approfondimento, rielaborazione che c'è dietro ad ognuno di essi. Questo numero Vi porterà dai primi passi di Zlatan Ibrahimovic, ad un tuffo nel passato dei primi anni 2000, passando per una piccola finestra su quel luogo sacro che è la Bombonera, al curioso Buzkashi e molto altro ancora. Anche per questo mese poi abbiamo una chicca in esclusiva assoluta: abbiamo infatti intervistato Samuele Dalla Bona, ex centrocampista di Chelsea, Milan e Napoli tra le altre, che ci ha raccontato cose davvero molto interessanti. Cos'altro aggiungere se non... buona lettura! ALESSIO NICOTRA Direttore di 'Falso Nueve'
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A TU PER TU << SAMUELE DALLA BONA
SAMUELE INTERVISTA ESCLUSIVA
DALLA BONA
Una Champions League, una Supercoppa UEFA, una Coppa Italia, un Community Shield, una Coppa D'Inghilterra, un Campionato di Serie B e un Campionato Primavera. Il palmarès di Samuele Dalla Bona, ex enfant prodige del calcio italiano, è un palmarès di tutto rispetto, di quelli che ti permettono di guardare al passato senza particolari rimpianti. Magari quello della Nazionale, con una chiamata mai arrivata dopo anni di Nazionali giovanili, ma per il resto trofei e maglie importanti riempiono la ricca scatola dei ricordi dell'ex centrocampista. Dalle giovanili con l'Atalanta al boom in Inghilterra con la maglia del Chelsea, fino al ritorno in Italia con la maglia del Milan dei grandi Maldini, Pirlo e Seedorf e poi Bologna, Lecce, Sampdoria, Napoli e tanto altro. Noi di FalsoNueve abbiamo contattato in esclusiva Samuele Dalla Bona per parlare con lui della sua carriera e dei suoi progetti futuri.
Sei arrivato al Chelsea giovanissimo. Che ricordi conservi di quell'esperienza e della tua avventura in Inghilterra? Conservo ovviamente dei bei ricordi perché, anche se non si trattava del Chelsea degli ultimi anni, l'ambiente, il pubblico, la città e l'atmosfera che si vive lì sono qualcosa di veramente magico. E' stata un'esperienza bellissima e non ti nascondo che ci ripenso ogni giorno con molto piacere.
Poi sei tornato in Italia per vestire la maglia del Milan in un anno in cui hai potuto dare il tuo contributo – seppur non da protagonista – anche nella vittoria della Champions League. Che emozioni hai provato e cosa vuol dire per un calciatore vincere un trofeo così ambito? Quando arriva la chiamata del Milan non puoi dire di no. Anche se, come hai detto tu, non ho vissuto quell'esperienza da protagonista è stato comunque un periodo ricco di emozioni perché quando a 1 9-20 anni puoi giocare al fianco di gente come Maldini, Seedorf e Pirlo è davvero pazzesco. Ho avuto la fortuna di collezionare anche un po' di presenze in Champions e riuscire a vincere la Coppa è stato fantastico. E' un qualcosa che realizzi dopo e solo col tempo capisci quanto sia speciale.
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A TU PER TU<< SAMUELE DALLA BONA Dopo il Milan hai avuto altre esperienze importanti, come quelle con Bologna, Lecce, Sampdoria e ovviamente il Napoli. Qual è il ricordo più bello della tua carriera? Sono stato bene in tutte le squadre in cui ho giocato e, di conseguenza, ho tanti ricordi, sia positivi che negativi. E' difficile scegliere un solo momento ma mi viene da dirti il goal con il Napoli all'esordio, anche perché il pubblico che c'è a Napoli non lo ritrovi da altre parti e ancora oggi i tifosi azzurri mi dimostrano sempre molto affetto nonostante siano passati diversi anni ormai.
Qual è l'allenatore con cui ti sei trovato meglio e quale invece il calciatore più forte – secondo te – tra quelli con cui hai giocato? Con gli allenatori devo dire che ho sempre avuto buoni rapporti, a parte un po' con Reja anche se non ho mai capito il motivo. Quello con cui mi sono trovato però più a mio agio è sicuramente Ranieri perché, oltre ad essere un signore, è un allenatore che è sempre riuscito a creare nelle sue squadre il giusto mix di gente con esperienza e giovani. Poi è sempre stata una persona diretta e chiara, sia quando si trattava di dire cose positive sia quando si trattava di cose negative. Sono aspetti che ho sempre apprezzato e che non si riscontrano spesso. Per quanto riguarda il giocatore avrei l'imbarazzo della scelta ma, senza nulla togliere a Zola, Lampard o Terry, ti dico Maldini perché nel mio periodo al Milan ho capito quanto fosse forte e secondo me, penalizzato un po' dal fatto di essere un difensore, non ha avuto tutti i riconoscimenti che avrebbe meritato. Aveva tutto, fisico, testa, non aveva un difetto (ride ndr).
Hai militato per molti anni nelle selezioni giovanili della Nazionale ma non sei mai riuscito ad esordire in Nazionale Maggiore. C'è stato un momento nella tua carriera dove hai pensato che sarebbe potuta arrivare la grande chiamata? E' chiaro che da inizio carriera fino al periodo in cui ero a Napoli ci speravo, però credo che ai tempi il livello era decisamente più alto e davanti avevo dei mostri sacri irraggiungibili. Forse oggi avrei avuto la possibilità, vedi Pellé che è riuscito a conquistare una maglia da titolare dopo anni di sacrifici. Non essendoci più i vari Nesta, Maldini, Gattuso c'è più spazio. Ci ho sperato ti ripeto, specie nei momenti più positivi tipo al Chelsea, a Bologna o a Napoli, però non ho avuto la possibilità.
Cosa puoi dirci invece dei tuoi progetti futuri? Vuoi rimanere nell'ambiente del calcio? Sì, purtroppo negli ultimi anni ho rallentato perché tra la scomparsa di mio padre e qualche altro problema mi sono fermato. Mi piacerebbe rientrare un giorno anche se bisogna vedere in che ruolo. Ho avuto altre proposte, tipo per la televisione, ma sinceramente non mi piace, preferisco altro.
Potremmo vederti quindi come allenatore?
Sì, mi manca il campo e per stare lì o giochi o fai l'allenatore...
Alessio Nicotra
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L'OSPITE << ALLAFACCIADELCALCIO
ALLA FACCIA DELLA COPPIA!
Storia e origini di una delle coppie d'attacco che più hanno fatto sognare Marassi, sponda rossoblu, a suon di gol.
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ilano, 9 settembre 1 990. Prima giornata del campionato di Serie A. Allo Stadio Meazza di Milano va in scena Milan-Genoa. E’ la prima partita che vede nei rossoblu la nuova coppia d’attacco Skuhravy-Aguilera che al termine del campionato metterà insieme 30 gol (1 5 a testa). Da quella stagione in poi la Genova rossoblu vivrà tantissimi momenti brillanti sia in Italia che in Europa, complici anche i numerosi gol dell’inedita coppia cecouruguagia. Ma cosa facevano Skuhravy ed Aguilera prima di approdare in Italia?
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Thomas Skuhravy nasce a Prerov il 7 settembre 1 965 crescendo calcisticamente nella locale squadra, il Sokol Prerov. Approdare allo Sparta Praga è più o meno il desiderio di molti ragazzini cecoslovacchi che si affacciano al calcio, ma solo i più bravi riescono ad entrarvi per poi diventarne pedine fondamentali o pozzi di San Patrizio dove monetizzare qualche soldo in più. Skuhravy non fa eccezione e nel 1 982 viene ingaggiato proprio dalla squadra granata con cui racimola una trentina di presenze prima di essere girato all’Union Cheb. E’ proprio con la squadra
biancoazzurra che si mette in mostra realizzando 1 7 gol in poco più di 50 partite, niente male per un giovane che viene spesso impiegato per pochi minuti. Lo Sparta decide di riprenderselo nel 1 986. Il corpulento Thomas è maturato tanto e con il suo fisico imponente (ma elegante) riesce a sfondare anche nella squadra capitolina con cui conquista 4 campionati consecutivi spaccando letteralmente in due le difese avversarie. Unico cruccio quello di non aver mai vinto la classifica cannonieri. In un’epoca dove internet e le
L'OSPITE << ALLA FACCIA DEL CALCIO tv non sono ancora fondamentali per gli appassionati, mettersi in mostra diventa una questione per pochi. Fortuna per Thomas arriva il Mondiale del 1 990 dove una doppietta agli Stati Uniti nella prima gara del girone ed una tripletta alla Costa Rica negli ottavi di finale lo consacrano come uno dei migliori giocatori del torneo. Anche in questo caso gli sfugge il premio di miglior bomber che va a Totò Schillaci autore di 6 gol. Al termine della rassegna italiana verrà ingaggiato dal Genoa con cui non vincerà nessun trofeo, riuscendo però a scrivere le più belle pagine della storia moderna del Grifone. Il suo alter ego Carlos Alberto Aguilera nasce a Montevideo il 21 settembre 1 964 e per tutti diventa subito Pato (anatroccolo), per via del fisico minuto. In patria gioca con tutte le più famose squadre di club, River Plate Montevideo (dove cresce calcisticamente), Nacional e Penarol, mettendo in evidenza
grande rapidità in area di rigore ed un grande fiuto per il gol. Aguilera dispone inoltre di un piede destro altamente educato, che gli permette di essere letale nei calci di punizione, dei quali diventa un maestro nel calciare a giro sopra la barriera Durante la sua militanza in patria per due volte tenta l'avventura in campionati diversi: la prima per giocare una positiva stagione nell'Independiente Medellín nel 1 985 e l'altra nel 1 987, quando gioca un stagione mediocre in Argentina con il Racing Club. Nonostante il blasone delle maglie da lui indossate, riesce a vincere un titolo nazionale solo nel 1 983, durante la sua esperienza con il Nacional. A livello internazionale si mette in luce con la maglia della nazionale uruguaiana durante la Copa America dello stesso anno, nella quale segna gol importanti per la vittoria finale: realizza la rete del successo contro il Venezuela (suo primo centro assoluto con la Celeste), per poi ripetersi in semifinale contro il
Perù realizzando la rete dell'1 -0 finale. Nella doppia finale contro il Brasile va a segno nel ritorno, mettendo fine alle velleità brasiliane di rimonta dopo la vittoria per 2-0 nella gara di andata. In Italia si fa conoscere nel 1 989 in un’amichevole tra nazionali, andando in rete con una rapida girata in aerea, pareggiando il vantaggio iniziale di Roberto Baggio. La sua partecipazione al Mondiale del 1 990 lo rende appetibile per il nostro campionato, nonostante non parta mai titolare salvo la partita degli ottavi di finale proprio contro l'Italia. Il Genoa crede nelle sue potenzialità e dopo la positiva stagione 1 989/1 990 gli affianca Skuhravy, creando un tandem offensivo che per 2 anni regala gioie e magie al pubblico di Marassi.
Matteo & Giovanni allafacciadelcalcio
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MADE IN ITALY << LA MORTE DEL MADE IN ITALY
LA MORTE DEL MADE IN ITALY
Tutti i talenti nostrani fanno le fortune degli altri club europei. Perché in Italia non riusciamo a valorizzare il nostro potenziale?
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he in Italia, da un po' di tempo a questa parte, i giovani non riescano a ritagliarsi il proprio spazio è risaputo. Tanti infatti sono i cervelli che regolarmente emigrano lasciando il nostro bel paese con la speranza di potersi affermare da qualche altra parte nel mondo. Chiamatela come volete: crisi, disorganizzazione, incompetenza, ma alla fine il succo rimane quello: l'Italia non riesce a valorizzare il suo potenziale, a dare spazio ai suoi giovani. Il tutto viene perfettamente rispecchiato anche nel calcio nostrano dove spesso e
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volentieri, colpa anche di settori giovanili non all'altezza delle grandi squadre, i giovani talenti non vengono quasi mai impiegati dagli allenatori nelle rose le quali piuttosto puntano su giocatori stranieri, spesso anche spendendo cifre folli. Ed è così che un Sebastian Giovinco pur di giocare con regolarità è stato costretto ad emigrare in Canada dove sta dimostrando tutto il suo valore. Beh, voi potreste controbattere dicendo che l' MLS è un campionato facile, mica è come la Seria A. Benissimo, allora cosa mi dite di Graziano Pellè? Attaccante classe ’85 in forza al Southampton. Lui gioca in Premier League, uno dei
campionati più difficili d'Europa, e a suon di goal s'è conquistato la Nazionale. Qualcuno di voi sa che fine ha fatto Alberto Aquilani ? Ve lo dico io, gioca nello Sporting Lisbona, preso a 0 in estate, ha dimostrato a tutti di essere finalmente maturato ed oggi il regista ex Roma è una pedina inamovibile nella scacchiera di Jorge Jesus. Sì, lo so questi sono giocatori già avanti con l'età, che senso avrebbe puntare su di loro? E allora vogliamo parlare di Stephan El Shaarawy? Talento purissimo classe ’92 ceduto in estate dal Milan al Monaco per poco più di 1 3 milioni di euro, si sta prendendo le sue belle
MADE IN ITALY << LA MORTE DEL MADE IN ITaly in Europa League. Fin qui per lui due gol: uno durante i preliminari di Champions e uno proprio in Europa League, e tanti tanti assist. Signori miei, il Faraone non è l’unico talento nostrano che ha fatto le valige in estate, ce n’è un altro, è solo 3 anni più vecchio di Stephan ma per come gioca sembra già un veterano; parliamo ovviamente di Matteo Darmian . Nato a Legnano nell’89 è stato ceduto dal Toro al Manchester United per una cifra che si aggira intorno ai 20 milioni di euro. Fin da subito è diventato l’idolo dei tifosi tanto che a settembre fu eletto “giocatore del mese”. E come non parlare di un altro Stefano, lui senza cresta, con origini nigeriane e nato a Castiglione del Lago , sempre classe ’89 come Matteo, in forza all’ Anderlecht di Besnik Hasi. Okaka, in 11 presenze ha realizzato ben 7 reti: l’ultimo decisivo in Europa League contro il Tottenham. Arrivato dalla Sampdoria per una cifra che si aggira intorno ai 3
milioni di euro sta facendo le fortune del club belga che ha giustamente voluto puntare su di lui. Per non parlare di Marco Verratti . L’ex Pescara è passato direttamente dalla Serie B alla Ligue 1 andandosi pian piano a conquistare il centrocampo del PSG di Ibra & co. Erano troppi i 1 2 milioni richiesti per portarlo in una big locale. Oggi il classe ’92 è considerato uno dei maggiori talenti della sua generazione e il prezzo del suo cartellino oscilla tra i 60 e gli 80 milioni (considerando i prezzi che ci sono in giro!). Potrei continuare all’infinito facendo nomi e cognomi di tutti i ragazzi che sono dovuti partire all’estero per poter trovare più spazio. Molto spesso è capitato che non siano riusciti a rendere come avrebbero dovuto, ma in questo incidono moltissimi fattori: dalla lingua, al clima, alla lontananza dalla famiglia, ecc. In Italia ad esempio non riusciamo più a creare fuoriclasse come una volta lo erano i vari Baggio, Baresi,
e chi più ne ha più ne metta. Questo perché oggi gli allenatori dedicano tantissimo tempo al lavoro atletico e tattico togliendolo al perfezionamento della tecnica. Ricordo che quando anni fa chiesero a Del Piero come facesse a segnare tutte quelle punizioni lui rispose che una buona parte era sicuramente merito di Madre Natura, ma dall’altro lato dietro c’era tantissimo lavoro di perfezionamento. Esempio lampante di talento unito al durissimo lavoro (sia atletico, tattico e soprattutto tecnico) è Cristiano Ronaldo: oggi CR7 è diventato una vera e propria macchina da gol, ma vi ricordate quando anni fa sperimentò un modo tutto suo per calciare le punizioni? Ovviamente non tutto è andato perduto, per fortuna ancora in Italia ci sono tantissimi giovani di prospettiva molto interessanti come Saponara, Insigne, Maldini, Totti, Del Piero, Pirlo
Romagnoli, Rugani, Calabria, Bertolacci, Bonaventura, Donnarumma ecc. Speriamo
solamente che i club a cui appartengono i loro cartellini riescano a valorizzare al meglio le potenzialità di questi talenti tutti Made in Italy.
Massimiliano Puglisi
El Shaarawy con la maglia del M i l an
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oltre il confine << il ballo delle debuttanti
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Islanda, Galles, Albania, Slovacchia ed Irlanda del Nord: cinque nazionali saranno al loro esordio ad Euro 2016.
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li Europei di calcio che si svolgeranno l’estate prossima in Francia, per la prima volta, saranno aperti a 24 squadre e non più a 1 6. Questo allargamento della fase finale ha portato novità anche nelle qualificazioni: infatti, per ogni girone, si è qualificata direttamente pure la seconda, con la terza agli spareggi. In virtù proprio di questo ampliamento, al prossimo Europeo vedremo competere alcune nazionali che non hanno mai preso parte a questa manifestazione. Sarà quindi un ballo delle debuttanti , se così vogliamo definirlo, per cinque squadre su
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ventiquattro: Islanda, Galles , Albania, Slovacchia e Irlanda del Nord. Inoltre, se la Bosnia vincesse gli spareggi, questo numero salirebbe a sei. Segno tangibile di un calcio nuovo, lontano in alcuni casi anche anni luce da quello sfarzoso delle Nazioni più ricche e più inflazionate. Prendete ad esempio il caso dell ’Islanda. L’isola risulta essere la nazione meno popolosa d’Europa, con poco più di 300 mila abitanti, e fino a 3 anni fa occupava il 1 31 ° posto nel ranking Fifa. Dal 201 2, sotto la guida di un santone come lo svedese Lagerback, questa minuscola
nazionale ha piano piano migliorato sotto tutti i punti di vista, arrivando poi a qualificarsi per la prima volta nella sua storia ad una competizione internazionale. Nel 201 3 gli islandesi sfiorarono l’accesso al Mondiale brasiliano: dopo il secondo posto nel girone persero gli spareggi con la Croazia. Ad Euro 201 6 invece, ci saranno eccome. Secondo posto nel girone, ma che stavolta fa rima con qualificazione: 6 vittorie su 1 0, compresa quella doppia in casa e trasferta contro l’Olanda grazie alle reti dell’uomo forse più rappresentativo: Gylfi
oltre il confine << il ballo delle debuttanti Sigurdsson , dello Swansea. e Ramsey dell’Arsenal, oltre al per le vie di Tirana e non solo, Senza dimenticare l’ex Pescara Bjarnason, lo scaligero Hallfredsson e la punta del Nantes Sigborsson. Un popolo di gente seria, dedita al lavoro e con una grande voglia di migliorarsi sempre: armi che sono risultate decisive ancor più di quelle tecniche. E cosa dire del Galles ? I britannici possono vantare una presenza ad un Mondiale, ma parliamo del 1 958: altri tempi. I tempi attuali sono invece maturi per una squadra che gira tutta intorno ad uno dei maggiori talenti attualmente in circolazione, Gareth Bale, che con le sue 7 reti ha trascinato il Galles alla prima storica qualificazione ad un Europeo. Vero, il girone non era di ferro: se si esclude il Belgio non c’erano altre Nazionali inossidabili, ma comunque terminare davanti alla Bosnia di Pjanic e Dzeko non è un risultato di poco conto. Non fatevi ingannare, questa piccola nazione popolata da 3 milioni di persone può contare sull’apporto di gente come Allen del Liverpool
già citato Bale. Il punto di forza? Sicuramente la difesa, con soli 4 gol subiti in 1 0 gare. Non sarà facile bucare i gallesi all’Europeo. L’ Albania è un’altra di quelle sorprese che ti fanno amare il gioco del calcio. Una Nazione che mai si era qualificata né per un Mondiale né per un Europeo, ma che grazie alla sapiente guida di Gigi De Biasi ha saputo trovare l’alchimia giusta per strappare il biglietto con scritto Francia 201 6. Gli albanesi, che in campo hanno molti giocatori conosciuti in Italia come il portiere Berisha, i difensori Hysaj e Cana ed i centrocampisti Basha e Memushaj, hanno chiuso il girone al secondo posto alle spalle del Portogallo, ma in terra lusitana hanno ottenuto una storica vittoria per 1 -0 nel settembre 201 4. A conferma della crescita del movimento calcistico albanese c’è anche la vittoria in amichevole contro la Francia ottenuta nel mese di giugno. Soddisfazione immensa
nell'altra pagina, la festa dei tifosi di albania, irlanda del nord, galles e islanda. qui, alcuni giocatori della slovacchia
considerando il fatto che nel girone era presente anche la Serbia, nazione rivale per motivi ben noti. La Slovacchia, invece, ha già partecipato ad un mondiale: era il 201 0, e proprio lei ci eliminò vincendo l’ultima gara del girone. A differenza delle altre Nazionali debuttanti all’Europeo, la Slovacchia ha una storia più recente, essendosi costituita nel 1 993. Il secondo posto ottenuto nel girone alle spalle della Spagna ci fa capire come Hamsik e compagni di sicuro reciteranno una parte importante ai prossimi Europei. Oltre a Marekiaro, la Slovacchia può contare sul difensore Skrtel del Liverpool e sul centrocampista milanista Kucka. Infine, l' Irlanda del Nord : gli irlandesi sono conosciuti ai calciofili solo per aver avuto come loro connazionale l'inimitabile George Best. Gli idoli odierni invece si chiamano Kyle Lafferty (attaccante passato anche da Palermo) e Jonny Evans, roccioso difensore del Manchester United. A differenza delle altre debuttanti, l'Irlanda del Nord ha vinto il suo girone davanti a Romania ed Ungheria, staccando il pass l'8 ottobre dopo la vittoria sulla Grecia, festeggiata con fiumi di birra per tutta Belfast e non solo. Debuttanti sì, ma con tanta voglia di stupire e di far vedere di non essere arrivati fin qui per puro caso.
Leonardo Bossi
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la scatola dei ricordi << NOSTALGIA ANNI 2000 FOTO A CURA DI "SERIE A OPERAZIONE NOSTALGIA"
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Cuore, anima e polmoni di uno dei campionati più belli di sempre
n'estate calda, bollente con la nazionale di Zoff che sfiora il titolo europeo e riaccende l'amore per la maglia azzurra, quella maglia indossata da Francesco Superman Toldo, pararigori in quella storica semifinale contro l'Olanda. In spiaggia riecheggiano i successi di Bon Jovi con It's my life e di Tom Jones con Sex Bomb, i pantaloni a pinocchietto iniziano a dilagare e il partito Ulivo è al governo. Fiumi di denaro si investono in Serie A, patria del bel calcio che sa conquistare e divertire: la Roma scalda i motori acquistando Emerson, Samuel e Batistuta, quest'ultimo per la
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modica cifra di 11 0 miliardi del vecchio conio. La Lazio, fresca vincitrice dello Scudetto, si "consola" con Valdanito noto a tutti come Hernán Jorge Crespo, El Piojo Claudio Lopez e Angelo Peruzzi. La Juventus pesca David Trezeguet dal Monaco, Baggio dopo un'estate turbolenta finisce al Brescia allenato da Carletto Mazzone. Nel frattempo lunedì 9 ottobre la Gazzetta s’inchina al mito e consegna l’intera prima pagina alla Ferrari che torna a vincere il Mondiale dopo 21 anni. Il titolo, semplice e d’effetto, è: " Grazie Ferrari ", le fotografie di Jean Todt e di Michael Schumacher e l'articolo di
fondo di Candido Cannavò fanno il resto "Eroi, geni e cirenei di un mito italiano". Questi sono gli anni 2000, nostalgia portami via..
Il campionato più bello del mondo- E' il 40°anno dell'edizione album Panini e sulla copertina di Fifa c'è Pippo Inzaghi. Gli sponsor parlano da sè, c'è ancora la Tele + che sponsorizza Juventus e Bari, e la Siemens Mobile che drappeggia sulle divise di Veron e compagni. Il 1 ° ottobre 2000, alla conclusione delle Olimpiadi di Sydney,parte il nuovo campionato con le solite favorite: la Juventus, le milanesi e le romane, con
la scatola dei ricordi << NOSTALGIA ANNI 2000 Parma e Fiorentina nel ruolo di possibili outsiders. Mentre Malesani tuona sul campionato dicendo che ormai il calcio è solo una azienda e si dimenticano i valori, la Roma inizia a scoprire il talento di Francesco Totti, protagonista di una stagione da leader iniziata da quel cucchiaio contro l'Olanda. La Roma tra un gol di Batistuta e uno di Montella, si affida alle folate di Cafù, così alla sesta giornata conquista la vetta che aveva perso alla terza e inizia il suo campionato martellante. I ragazzi di Fabio Capello tengono un ritmo impressionante e il 22 dicembre impattano a reti bianche contro la Juventus e vanno allo sosta con un rassicurante +6. Per l'Inter si preannuncia la solita stagione da pazza Inter amala, con Ronaldo acciaccato e Vieri fuori forma. A Bergamo l'Atalanta di Giovanni Vavassori si affida a Cristiano e Damiano Zenoni e ai piedi fatati di Morfeo, Doni e Ganz. Poco da dire sul Parma di Buffon, Cannavaro, Thuram e Di Vaio, uno che timbrerà il cartellino
quindici volte e porterà la squadra emiliana ai preliminari di Champions League. Piacevole la sorpresa dell'outsider Brescia che grazie ai colpi di Hubner e alle magie di Baggio, si classificherà all'ottavo posto, ottenendo il miglior piazzamento di sempre nella massima serie e qualificandosi per l' Intertoto.
Roma capoccia - Dopo la pausa
invernale la Roma continua con la sua marca inarrestabile, il 1 °aprile i giallorossi vanno addirittura a +9 sulla Juventus, ma un blackout contro la Fiorentina di Enrico Chiesa, uno che quella stagione segnò da Dio, permettono alle inseguitrici di recuperare terreno. Nei bar non si parla d'altro, il campionato trema nei polsi dei tifosi e il 6 maggio va in scena a Torino lo scontro diretto tra Juve e Roma. La voce che anima la telecronaca è quella di Francesco Repice, principe della diretta radio: al 4' è subito Juve con Zidane che pennella per Del Piero, colpo di testa e
palla che si infila alle spalle di Francesco Antonioli. Il raddoppio lo serve Zidane che supera un Antonioli impietrito. Nella seconda frazione la Roma si risveglia: il giapponese Nakata fulmina Van der Sar, e al 90' è Montella a trovare il tap-in su una respinta incerta del portiere olandese. Il resto è accademia, il 1 7 giugno in uno stadio Olimpico da brividi, dove vennero sventolate più di 30.000 bandiere, la Roma vince 3 a 1 contro il Parma grazie ai suoi tre tenori Totti, Montella e Batistuta, dando via a festeggiamenti a dir poco memorabili.
Pane e
salame: A parte la clamorosa nostalgia di alcuni nomi da Renato Olive e Olivier Bierhoff, ci sono numeri che fanno riflettere, basta guardare la classifica capocannonieri: Icardi e Toni a quota 22 nel 201 5 in 38 giornate, mentre nel 2000 Crespo(26), Sheva(24) e Chiesa (22) in 34 giornate. What else? Chi ha vissuto quegli anni con l'orecchio attaccato alla radiolina, la schedina del totocalcio in mano mentre ascoltava tutte le partite la domenica pomeriggio sa cosa voglia dire nostalgia, un calcio genuino fatto di pane e salame, un calcio vero che più si avvicinava ai cuori degli appassionati, uno spicchio di mondo fatto di uomini veri . Edoardo Ridolfi .
La COPERTINA DELL'ALBUM GUIDA AL CAMPIONATO ANNO 1999-2000
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IL PERSONAGGIO << zlatan ibrahimovic
lunga vita
A RE ZLATAN
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Storia di uno dei campioni più forti degli ultimi dieci anni: dai campetti della Svezia agli incredibili successi in giro per l'Europa, con due sogni-ossessioni sempre presenti
uò bastare un solo articolo per parlare di Zlatan Ibrahimovic? E' stata la prima domanda che ci siamo fatti quando è nata l'idea di dedicare la rubrica 'Il personaggio' nel numero di questo mese allo svedese. Abbiamo deciso di provarci lo stesso anche se la risposta probabilmente sarebbe negativa perché siamo difronte ad un monumento del calcio mondiale e raccontare la sua storia in una o due pagine sembra davvero una missione impossibile. La carriera della punta svedese è ben nota a tutti: Malmo, Ajax, Juventus , Inter, Barcellona, Milan , PSG
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sono state le "sue" squadre, in tutti i sensi. Perché quando decidi di puntare su Zlatan non compri solo un attaccante fisicamente e tecnicamente dominante, ma cambi proprio tutto il modo di giocare della tua squadra che – inevitabilmente – inizia a orbitare attorno a questo "sole sportivo". Ripercorrere le grandi tappe della carriera del calciatore del Paris SaintGermain sarebbe davvero inutile visto che anche i meno appassionati conosceranno sicuramente le gesta e le imprese del giocatore e – in alcuni casi – dell'uomo. Perché in fin dei conti Zlatan è Zlatan,
o lo ami o lo odi, non esistono le mezze misure. Ma cosa c'è dietro la leggenda? Cosa c'è dietro al giocatore che ha segnato alcuni dei goal più belli degli ultimi anni portandosi sulle spalle ognuna delle squadre in cui ha giocato? Aldilà delle vicende curiose e di alcune "leggende" – mai smentite né confermate – che girano attorno al campione svedese in molti ignorano che la storia di Ibrahimovic è una storia fatta di voglia, passione e sacrifici che hanno col tempo forgiato quel carattere così scontroso che però rende Ibra unico nel suo genere. Ma in realtà unico Zlatan lo era già
IL PERSONAGGIO << ZLATAN IBRAHIMOVIC da quando era poco più che un bambino come ha spiegato nel corso di un'intervista Hasib Klilic, uno dei primi tecnici dell'attaccante: "In campo giocava come se fosse da solo, non si fidava dei compagni che vedeva inferiori a livello tecnico. Non potevo rimproverarlo però: segnava sempre". E allora la
mente va subito a quella storia secondo cui con la sua squadra sotto di quattro goal all'intervallo quel ragazzino entra nella ripresa e piazza otto reti. Un primissimo sintomo del campione che sarebbe stato, l'inizio di quel giocatore che oggi tutti conosciamo e guardiamo con ammirazione e che non finisce mai di stupire. Ma le cose sarebbero potute andare anche diversamente visto che a 1 5 anni Ibra fu ad un passo dal mollare tutto quando ad un altro dei suoi primi allenatori, Johnny Gyllensjo, disse che avrebbe lasciato la squadra. Il motivo? La mancanza di spazio vista la spietata concorrenza del compagno di squadra Flygare
che viaggiava ad una media goal davvero impressionante. Il tecnico riuscì a persuadere Zlatan e a convincerlo a guardare non solo i goal segnati. Qualità, non quantità. Potrebbe essere il motto dell'Ibra adulto, quello che abbiamo imparato a conoscere sui campi più importanti d'Europa, visto che definire lo svedese un semplice realizzatore sarebbe davvero riduttivo. E poi i provini (con la particolare storia di quel rifiuto all'Arsenal), l'arrivo all'Ajax e da lì poi ciò che conosciamo tutti, l'inizio dell'impero di Re Zlatan , simbolo svedese e del calcio mondiale. Ma anche la storia calcistica del ragazzo di Malmo apparentemente così perfetta ha due squarci profondi che limitano per certi versi l'impatto che negli ultimi 1 0 anni il giocatore ha avuto sul mondo del pallone. Due macchie su quel curriculum così perfetto che hanno un nome ben preciso: Champions e Pallone D'Oro. La Coppa dalle grandi orecchie è stata e – per il momento continua ad essere – il
grande tallone d'Achille del campione da sempre dominante in campionato ma mai capace (a volte con la complicità della sfortuna) di portare una delle sue squadre sul tetto d'Europa. La seconda "macchia" per certi versi risente della sfortuna continentale dello svedese ma è anche opera della maledizione di essere capitato negli anni di Messi e C.Ronaldo, i due extraterrestri che hanno sbaragliato davvero la concorrenza. La corsa per la conquista di questi dei due trofei da parte del gigante svedese continua. Potrebbero anche restare solo dei sogni o delle "macchie" su una carriera davvero stellare, come una curiosa beffa del destino per un giocatore che la vittoria ce l'ha nel sangue. Ma in fin dei conti cosa importa? Se è vero – come si dice – che l'importante sia il viaggio e non la meta quello di Ibra, dai piccoli campetti della Svezia dove da bambino trascinava la squadra all'idea di mollare tutto nell'adolescenza fino agli incredibili successi da adulto, è stato e continua ad essere proprio un bel viaggio. Un viaggio da re.
Alessio Nicotra
DAL 1999 AD OGGI IBRA HA VESTITO LE MAGLIE DI SETTE SQUADRE DIVERSE TRA CUI TRE (JUVENTUS, INTER, MILAN) ITALIANE
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SELF MADE MANAGER << BEPPE SANNINO
IL CIABATTINO Di TORINO
Storia di un uomo partito da giù al Sud in infradito per stupire su al Nord in giacca e cravatta.
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er la seconda volta la nostra rubrica dedicata agli allenatori che “si sono fatti da sé” incrocia i destini della squadra emiliana del Carpi. Dopo Fabrizio Castori, esonerato per il misero bottino di 2 punti in 5 gare, è il suo sostituto Giuseppe Sannino, Beppe per gli amici, ad attirare la nostra attenzione. Nato ad Ottaviano, Napoli, si trasferisce da bambino a Torino per l’assunzione del padre alla FIAT. Sette persone per due stanze, tant’è che il piccolo Beppe dormiva in cucina, ma il resto del tempo lo passava giù in cortile a giocare, rigorosamente a piedi nudi. Ed
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è proprio lì, nel campo di calcio che tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo calcato, che viene notato da un talent scout che gli propone un provino. “Ciabattino” , proprio così era soprannominato per l’abitudine a indossare le infradito anche d’inverno, viene ingaggiato e comincia il suo giro di giostra nelle squadre minori del panorama del Nord. Chiude la carriera da calciatore nel 1 988, e si vede costretto a trovarsi un lavoro perché, se è vero che il calcio può dare da vivere e anche bene, è altrettanto vero che questa non è la realtà delle categorie regionali. Assunto dall’Asl di Voghera, si occupa
delle pulizie in un ospedale psichiatrico. Nonostante il lavoro faticoso che lo tiene occupato dalle 6 del mattino fino alle 1 3, una volta finito il turno Beppe monta in macchina e va ad allenare le giovanili del Voghera: “dopo
aver pulito i cessi inventavo le sedute di allenamento da proporre ai ragazzi, ci vuole sempre fantasia per impostare il proprio lavoro" . Successivamente Pavia e Monza. La prima esperienza coi grandi arriva nel 1 996 quando prende possesso della panchina dell’Oltrepò in Eccellenza. Dopo una sola stagione torna ad allenare le
SELF MADE MANAGER << BEPPE SANNINO giovanili questa volta del Como. Nel 1 998/99 debutta tra i professionisti della Serie C2 con la Biellese ma il primo vero successo arriva con la vittoria del campionato di serie D con il Sudtirol e la salvezza l’anno successivo. Da questo biennio comincia a crescere in maniera davvero esponenziale l’esperienza del ragazzotto di Ottaviano. Diventato ormai un allenatore di categoria (Meda, Sangiovannese, Varese e Cosenza) nella stagione 2006/07 ottiene la promozione in serie C1 con il Lecco e l’anno successivo conclude in testa il campionato di serie C2 con il Pergocrema. Arriva il momento della svolta per mister Sannino. Chiama il Varese e alla seconda esperienza alla guida dei biancorossi il mister riesce nel miracolo portando i bosini dalla serie C2 alla serie B dalla quale il Varese mancava da 25 anni. Sannino riguardo a quest’esperienza ha detto:
ragazzi gli operai che ogni corte del vulcanico presidente giorno timbravano il cartellino Zamparini, esonerato e all'alba" . Forse è stato proprio successivamente richiamato,
questo il segreto, descritto dalle parole di un uomo che per anni al calcio ha accostato il lavoro, quello vero, quello per cui ti svegli presto al mattino e torni stanco la sera. Le emozioni però non finiscono perché in quel campionato, forte della miglior difesa, il Varese si piazza al 4^ posto, accedendo ai play-off per la serie A. In semifinale l’avversario da battere è il Padova di mister Calori. Non si ha il lieto fine sperato e ad arrivare in finale è il Padova (che poi perde contro il Novara). Dopo un triennio fantastico in Lombardia, la tappa successiva si chiama Siena ed il traghettatore è il ds Perinetti che porta il mister in Toscana. Sannino al debutto in Serie A riesce in una salvezza tranquilla con i bianconeri i quali riescono anche ad arrivare alle semifinali di Coppa Italia, fermati dal Napoli “Portai la squadra alla centrale futuro campione. La stagione del latte di Lodi, mostrando ai successiva arriva a Palermo, alla
non riesce ad evitare la retrocessione in Serie B. Dopo una parentesi sfortunata al Chievo, nel dicembre del 201 3 attraversa la Manica per allenare il Watford, di proprietà della famiglia Pozzo, in Championship. Dopo un 1 3^ posto, la stagione seguente si dimette a sorpresa dopo 4 vittorie in 5 partite: “Yper il bene mio e del club, credo sia il momento giusto per me di andare via". A settembre dello stesso anno torna in Italia, in Serie B, al Catania dove però non riuscendo a risollevare le sorti del club, decide di dimettersi. Adesso, dopo qualche mese di pausa, Beppe Sannino si trova a Carpi dove la strada da percorrere per raggiungere la salvezza è lunga e difficile. Dopo un periodo sfortunato, sarà la svolta?
Enrico Castagnola
Osarimen Giulio Ebagua è il miglior marcatore della storia del varese con 46 reti. Con Sannino in panchina segna 12 reti nella stagione 2010/2011
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L'ANGOLO DEL GOAL storico<<
G@dOiseAgnidLic!alcio
L'ANGOLO DEL
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G@dOiseAgnidLic!alcio L'ANGOLO DEL GOAL contemporaneo<<
L'ANGOLO DEL
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VIAGGIO NEI TEMPLI DEL CALCIO << LA BOMBONERA
ASCLOLAPERTA DDEELLLBAOCCAASA
Un impianto meraviglioso e una tifoseria invidiata in tutto il mondo: la scatola di cioccolatini più grande del mondo si trova in Argentina
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e dico Estadio Alberto José Armando, cosa vi viene in mente? Probabilmente niente perché io stesso, a prima lettura, non avevo trovato collegamenti che mi fossero familiari. E allora indaghiamo, per cercare di capire dove si trovi questo impianto e, soprattutto, di quale squadra sia la “casa”. Buenos Aires, Argentina; bene, siamo in Sud America. Primera Division, il campionato di maggior livello nel Paese della Pampas al quale partecipano 30 squadre. Situato nel quartiere La Boca, forse ora capisco. Poi arriva la conferma di quanto intuito fino a poche
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righe fa: “meglio noto come La Bombonera”. Si, l’Estadio Alberto José Armando altro non è che la tana del Boca Juniors, la squadra più famosa del territorio argentino nonché la terza più titolata al mondo con 1 8 trofei internazionali in bacheca. E che dire dello stadio? Oltre ai dati prettamente tecnici facilmente reperibili su qualsiasi motore di ricerca online, come i 57.395 posti a sedere e l’inaugurazione datata 1 940, la Bombonera racconta una storia molto più intensa che va oltre a ciò che viene solitamente scritto in tutte le descrizioni dell’impianto. Tutti quelli che,
almeno una volta nella vita, hanno avuto la fortuna di poter assistere a un match interno del Boca Juniors raccontano di un’esperienza unica, raramente riscontrabile in altri stadi di qualsiasi campionato. Partiamo dall’inizio; la prima partita ufficiale giocata nell’allora Estadio Camilo Chicero, il 2 giugno 1 940, vide il Boca imporsi sul Newell’s Old Boys per 2-0. I lavori di ristrutturazione portarono la capienza massima a 60.000 posti e furono completati soltanto 1 2 anni più tardi, nel 1 952, anno in cui fu inaugurata l’illuminazione artificiale. Nel 1 966 fu ridotta la capienza
VIAGGIO NEI TEMPLI DEL CALCIO<< LA BOMBONERA fino al numero attuale e, inoltre, vennero costruiti 1 30 nuovi palchi più ampi e con visibilità migliorata. L’ultimo cambiamento avvenne nel 2002 quando lo stadio prese il nome di Alberto José Armando, storico presidente della società argentina, che sostituì il vecchio Camilo Chicero. Ma perché Bombonera? La risposta è semplice ed è merito del costruttore, l’ingegnere José Delpini; una volta terminati i lavori per la sua costruzione infatti, Delpini paragonò il suo impianto a una scatola di “bombones”, dei cioccolatini che gli erano stati regalati il giorno dell’inaugurazione. Un’altra versione, meno romantica ma altrettanto veritiera, dice che lo stadio ha preso il suo nome proprio dalla sua forma lunga e stretta, tipica di una scatola di cioccolatini. In effetti la Bombonera ha una conformazione particolare, che raramente si vede in uno stadio; conta solamente 3 tribune, senza copertura, più una struttura a
parte all’interno della quale sono situati tutti i palchi, dal lato opposto a quello in cui si trovano le panchine delle squadre. Pare inoltre che il modello originale sia quello dell’Artemio Franchi, famoso in Italia per ospitare le partite della Fiorentina. Le gare interne del Boca sono sempre uno spettacolo perché, nonostante le tribune totalmente scoperte, gli spalti sono sempre gremiti e i tifosi cantano a squarciagola per tutti i 90 minuti, sia che si vinca sia che si perda. La parte calda del tifo (la curva, per intenderci) regala sempre splendide coreografie agli occhi di chi guarda, giocatori e spettatori, risultando essere una delle curve più calorose di tutto il mondo del calcio. Il giallo e il blu, colori sociali storici del Boca, risaltano in qualsiasi parte dello stadio, dai seggiolini alle maglie dei tifosi, dalle bandiere alle sciarpe; la domenica, quando gioca il Boca Juniors, tutto si tinge di quei colori in modo da rappresentare un tutt’uno tra giocatori, tifosi e stadio. Se poi si
considera che a cantare è tutto lo stadio e non solo la curva come accade, ad esempio, in Italia, ecco che si crea quell’aria di magia che contraddistingue la Bombonera da qualsiasi altro impianto calcistico nel panorama mondiale. Ad oggi risulta essere uno degli stadi più belli in cui, a detta dei calciatori, si possa giocare. Per carità nulla da togliere al Camp Nou, al Bernabeu o all’Allianz Arena; l’affetto e il calore che riescono a trasmettere gli ultras del Boca è qualcosa di unico.
Ruggero Tracuzzi
"Ad oggi risulta uno degli stadi più belli in cui, a detta dei calciatori, si possa giocare."
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the fighter << il goal del sorriso
il goal D E L SO R R I SO
D E L SO R R I SO
Quando un campione sul campo è campione anche nella vita
U
na corsa verso l’area, tiro, e la palla che finisce in rete, decretando il goal della vittoria. Ma se essere campioni non significasse solo vincere trofei? Se essere campioni volesse dire far nascere i sorrisi più belli dall’altra parte del mondo? Milano, anno 2002. Gli allenamenti alla Pinetina si fanno sempre più intensi, e la domenica di campionato si avvicina sempre di più. Tra tutti i giocatori nerazzurri, ne spicca uno, il simbolo della squadra, il capitano Javier Zanetti . Grande dedizione in campo, grande spirito di sacrificio, grande leader tra i compagni. Il
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calciatore argentino è già un campione affermato nel mondo del calcio. Ma può bastare essere un fuoriclasse solo nel rettangolo di gioco? Per Javier no. Il successo con la maglia nerazzurra non ha mai fatto dimenticare a Zanetti le sue umili origini e la difficile situazione che si vive nella sua terra d’origine, la calda Argentina, quell’Argentina in cui viveva con la sua famiglia e in cui era difficile permettersi anche solo un paio di scarpe per poter calciare un pallone. Ma chi aveva la fortuna di avere quelle scarpe faceva di tutto per custodirle come un
prezioso tesoro, come faceva Javier, aiutato dal padre Rodolfo. “In silenzio, cocciuto e lavoratore come suo nonno, il primo Zanetti emigrato in Argentina dal Friuli [...] si improvvisò ciabattino e mi riparò le scarpe, con l’ago grosso da materassaio e un rocchetto di filo fortissimo, trovato chissà dove. Poi le lucidò con il grasso, lasciandole davanti al mio lettino e andandosene a lavorare all’alba. Non so neppure se mio padre sia riuscito a chiudere occhio quella notte, so che giocai la partita, fortunato e felice”.
E forse è proprio con il ricordo
the fighter << il goal del sorriso di quelle scarpe cucite, dei pomeriggi passati in un cortile a calciare un pallone contro il muro, delle famiglie e degli amici che a stento si potevano permettere due pasti al giorno che Javier e la moglie Paula decidono di dare vita ad una fondazione per aiutare e sostenere economicamente i bambini disagiati e le loro famiglie nella zona di Buenos Aires: la Fundación Pupi , come il soprannome con cui Javier era conosciuto quando era solo un bambino. Fin da subito Javier mette nella sua fondazione lo stesso entusiasmo che mostra in campo durante una partita. La sua voglia di aiutare lo porta ad impegnarsi su molti fronti e a portare il proprio contributo anche ad altre associazioni benefiche. Infatti, nel 2006 diventa ambasciatore di SOS Villaggi dei Bambini, associazione onlus per i diritti dell’infanzia, e qualche anno dopo viene scelto come testimonial per Special
Olympics.
dal rettangolo di gioco. L’Argentina è una terra toccata anche da tanti problemi legati al cibo, per questo Javier e la sua fondazione decidono di lanciare la PUPIChallenge, una sfida a colpi di peperoncino volta alla sensibilizzazione sul tema della nutrizione. Il primo promotore di questa iniziativa è proprio il capitano nerazzurro, che, tra tutti, decide di coinvolgere attivamente Gigi Buffon, Carles Puyol e Xherdan Shaqiri. I bambini da aiutare sono sempre più numerosi e le attività di Javier e della Fondazione Pupi continuano senza sosta, con lo stesso entusiasmo di quel giorno in cui il capitano nerazzurro ha deciso che parte della sua fortuna potesse essere sfruttata anche per aiutare il popolo della sua terra natale, l’Argentina. Perché un vero campione non è piedi buoni del calcio – Lo chi vince solo sul campo, ma chi sportivo esemplare”, dedicato al esulta quando il suo goal più giocatore che più si è distinto in importante è il sorriso che nasce attività sociali e di beneficenza, sul volto di un bambino. mantenendo un comportamento Elena Tonon esemplare sia dentro che fuori Olympics. L’impegno di Javier nei confronti delle persone più bisognose coinvolge anche molti suoi colleghi, che sposano con convinzione le sue iniziative e partecipano con lui a molti eventi benefici. Nel 2011 , ad esempio, Alessandro Del Piero e Alexandre Pato prendono parte con lui a “Il goal per la ricerca” dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul cancro. Se da una parte Javier continua a togliersi grandi soddisfazioni con la maglia nerazzurra, allo stesso tempo la sua lotta per chi è meno fortunato prosegue senza sosta e lascia stupito tutto il mondo del calcio, che nel 201 2, grazie ad un sondaggio nei siti della Gazzetta dello Sport e della Lega Serie A, decide di assegnarli un prestigioso riconoscimento, il premio “I
dal rettangolo di gioco.
NEL 2005 ZANETTI VINCE L'AMBROGINO D'ORO, COME RICONOSCIMENTO PER IL SUO IMPEGNO NEL SOCIALE
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DAVIDE CONTRO GOLIA << LA SERBIA DA', LA SERBIA TOGLIE
LA SERBIA DÀ LA SERBIA TOGLIE Una gara sulla carta facile si trasforma in un incubo
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cavallo fra gli anni '80 e '90 il calcio italiano ebbe il suo primo vero periodo d'oro: i migliori giocatori, i soldi e lo spettacolo più bello si poteva ammirare solo nella Serie A, gli altri campionati che ora dominano raccoglievano le briciole. Ed era ancora quella Serie A in cui tutto era possibile, tipo che squadre piccole e non blasonate potessero ambiare veramente allo Scudetto: successe così all'Hellas Verona di Osvaldo Bagnoli nel 1 985 e nel 1 991 , per l'ultima volta, fu la Sampdoria a fregiarsi del titolo di Campione d'Italia. Era ed è ancora una squadra indimenticabile, fatta di uomini
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e giocatori sopraffini, uniti dalla passione di un Presidente come Paolo Mantovani e dalla saggezza di un allenatore, Vujadin Boskov, che seppe trarre da ognuno di loro il massimo. Ed è proprio nell'insegna di Vujadin Boskov che la Sampdoria versione 201 5/1 6 si affacciò alla nuova stagione:nell'annata 201 4/1 5 i blucerchiati sono arrivati settimi in classifica dilapidando un lauto vantaggio rispetto alle inseguitrici, a godere di più di questo sperpero di punti è stato proprio il Genoa, che per la dodicesima volta in 69 anni si è classificata meglio dei cugini, qualificandosi anche ai preliminari di Europa League,
un risultato eccezionale. Le cose però nella casa del Grifone non vanno come sperato: per partecipare alle competizioni europee serve una licenza, a ogni anno tutte le società devono farne richiesta alla Lega, che verificati tutti i parametri la concede. I rossoblù da 5 stagioni non presentano la richiesta, il club non ha ambizioni europee e il bilancio non è in ottima salute, la licenza non serve, solo all'ultimo istante quando la squadra di Gasperini ingrana la società fa di tutto per ottenerla, non riuscendoci. A beneficiare così del pass europeo sono i blucerchiati, che possono così
DAVIDE CONTRO GOLIA << LA SERBIA DA', LA SERBIA TOGLIE dedicarsi allo sfottò estivo, sport nazionale nella riviera ligure, fatto sempre con grande civiltà. Il sorteggio per i blucerchiati è tra il benevolo e il romantico: al Doria spetta il Vojvodina, squadra della cittadina di Novi Sad, proprio quella che diede i natali a Boskov e che dall'aprile dello scorso anno è anche il luogo di riposo eterno dell'ex mister blucerchiato, scomparso il 27 aprile del 201 4. È un'onesta squadra della prima divisione serba, campionato non di altissimo livello che fa dell'agonismo il suo punto forte, insomma, per una squadra di Serie A che nel mercato estivo ha inserito diversi giocatori interesanti come Fernando dallo Shakhtar Donetsk, Barreto dal Palermo e Zukanovic dal Chievo non dovrebbe essere un problema. La Samp ha anche cambiato allenatore: sulla panchina non c'è più il serbo Sinisa Mihajlovic andato al Milan, al suo posto il vulcanico presidente Massimo Ferrero ha scelto Walter Zenga, un altro ex giocatore della Samp, che ha
una carriera da rilanciare. L'andata della sfida la gioca la Samp in casa, ma al Ferraris, stadio talismano per i blucerchiati che in stagione hanno perso solo due volte contro Juventus e Lazio, è occupato dalla Mapei che sta lavorando all'annoso problema del manto erboso, da anni brutto, a tratti ingiocabile e pericoloso per i giocatori. Non potendo giocare veramente in casa, la soluzione più vicina è a Torino: la società prova a convincere la Juventus a cedergli lo Juventus Stadium, ma alla fine è il Presidente del Torino Urbano Cairo a concedere ai blucerchiati l'Olimpico di Torino per giocare il preliminare. Sulla carta non c'è assolutamente sfida, non c'è un solo modo in cui la Samp possa perdere contro il Vojvodina, eppure, sarà proprio così che andrà. Alcuni acciacchi prima della partita dimezzano la difesa blucerchiata, Zenga opta così per Palombo come centrale di difesa a 4, ma la scelta dopo solo quattro minuti è tragica, il Vojvodina è già in vantaggio con
Ivanic, il capitano. La Samp prova a rispondere con una punizione di Fernando che si spegne a pochi centrimetri dal palo, ma la Samp del primo tempo è tutta lì, nel finale di parziale sono i serbi che sfiorano il raddoppio. Nella ripresa serve una svolta, ma non arriva, perché dopo pochi minuti è il Vojvodina che raddoppia con Stanisavljevic. La Samp non reagisce e anzi, crolla. Arriva anche il 3-0 per i serbi su un errore della coppia PalomboViviano. La gara è ormai andata e al 91 ' minuto arriva anche la pietra tombale: Ozegovic, autore anche del terzo gol, trova anche il secondo personale sigillo e firma il 4-0 per i suoi. Per il Vojvodina e il popolo serbo è festa grande, è arrivata l'impresa epica, per la Samp invece è un'onta difficilmente lavabile. Quella sera Vujadin Boskov dal terzo anello della Gradinata Sud si è apertamente schierato per la squadra della sua città, proprio lui che coi colori blucerchiati ha scritto pagine indimenticabili e ottenuto risultati altrettanto incredibili. È proprio vero, la Serbia dà, la Serbia toglie.
Nicolò Vinci
WALTER ZENGA CHIEDE SCUSA AI TIFOSI dopo la disfatta
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CRESCENDO SI SBAGLIA << JAVIER PORTILLO
JAVIER PORTILLO
LA METEORA "GALACTICOS"
L'esordio con la maglia del Real Madrid, prima di una vita da viandante tra Italia, Belgio e Spagna.
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on l'addio al calcio di Raul, si chiude il cerchio di quello che fu il Real Madrid dei “Galacticos ”. Una squadra piena zeppa di campioni in ogni reparto da Casillas a Roberto Carlos, passando per Zidane, Figo e appunto Raul. Tra questi nomi importanti, gli appassionati del futbol non possono certo dimenticare quello di Javier Portillo, a quei tempi astro nascente della cantera madrilena. Nato nel 1 982 ad Aranjuez, entra a 1 2 anni nelle giovanili dei blancos e fin da subito inizia a far vedere le sue doti inanellando una serie di ottime prestazioni e gol a
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raffica. Le prestazioni del giovane spagnolo non passano inosservate ai piani alti (e nemmeno tra gli addetti ai lavori) tanto che nel 2001 si aprono per lui le porte della Real Madrid B , squadra satellite dei madrileni. L'opportunità è ghiotta e Portillo non se la lascia scappare, chiudendo la stagione con 1 5 reti in 23 presenze. È la consacrazione del giovane di Aranjuez, che nella stagione successiva vede aprirsi le porte della prima squadra al cospetto di mostri sacri come Zidane e Ronaldo. L'impatto non è dei migliori per Portillo, che nonostante la
buona volontà fatica a trovare spazio e minutaggio in mezzo a tanti campioni. Qualche apparizione e una sola misera rete in Champions League contro il Panathinaikos è lo score finale del ragazzo alla prima vera stagione da professionista. La stagione successiva si apre con il cambio in panchina di Del Bosque e l'arrivo di Queiroz, ma per Portillo la musica non cambia. Un’altra stagione ai margini condita sì dalla vittoria di Champions League e Campionato, ma senza mai veramente incidere. Due stagioni da dimenticare e così il presidente madrileno Perez,
CRESCENDO SI SBAGLIA << JAVIER PORTILLO decide di mandare il ragazzo in prestito per cercare quella consacrazione che in maglia blancos non è mai veramente arrivata. Per Portillo si fa avanti la Fiorentina del patron Della Valle, appena tornata in A dopo il fallimento della stagione 2002. Davanti alla viola la concorrenza non c'è (Miccoli, Riganò e poco altro), eppure anche stavolta lo spagnolo fallisce collezionando appena 11 presenze ed una rete con la maglia viola. A gennaio termina l'avventura italiana di Portillo, che conclude la stagione con la maglia del Real da semplice spettatore non pagante. Nella stagione 2005/2006 passa in prestito al Club Brugge, segna otto reti in 24 apparizioni, ma lo score non basta per riguadagnarsi la maglia del Real Madrid, che la stagione successiva lo cede definitivamente al Gimnastic di Terragona, squadra appena approdata in Liga dalla Segunda Division. La doppia cifra (11 reti in 33 presenze) non serve ad evitare la retrocessione alla
squadra catalana e per Portillo è già tempo di rifare le valigie. Rescinde il suo contratto con il Gimanstic e passa all' Osasuna, ma anche stavolta l'avventura è tutt'altro che indimenticabile con 3 misere reti in 42 apparizioni. Di nuovo valigie in mano e stavolta tocca all' Hercules , squadra di Alicante neo promossa nella massima serie, ma come nelle precedenti avventure la musica è sempre la stessa; retrocessione a fine anno e score da attaccante sulla via del declino. Nel luglio del 2011 lo spagnolo rescinde il suo contratto con l'Hercules e si accasa al Las Palmas . Anche stavolta però è una toccata e fuga con una stagione da otto reti in 34 presenze prima di tornare nuovamente all'Hercules, non senza qualche polemica. Portillo aveva infatti una relazione con la figlia di uno dei maggiori azionisti della squadra di Alicante (tale Laura Ortiz), la quale aveva fatto pressioni al padre per riprendere il calciatore nonostante il parere contrario del direttore sportivo Sergio
Fernandez.
Nonostente i numerosi spostamenti in carriera, attualmente Portillo è ancora all'Hercules di Alicante dove all'età di 32 anni sembra finalmente aver trovato la sua realtà. Dell'ex stellina della cantera madrilena ora resta solo un pallidissimo ricordo. Quel giovane dal senso del gol, dai capelli scompigliati e col numero 1 8 sulle spalle che corre ad abbracciare Zidane ora è una semplice immagine nel dimenticatoio degli addetti ai lavori. Una carriera che poteva essere scintillante, ma che si è eclissata per un talento che forse non è mai veramente sbocciato.
Damiano Boccalini
Javier Portillo ai tempi del Real Madrid con cui collezionerà solo 6 reti in 36 presenze tra il 2002 ed il 20 0 5 .
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ALZATI E SEGNA << NEMANJA VIDIC
VIDIC
NEMANJA
Analisi e approfondimento dell'insolito infortunio sportivo che è stato riscontrato nel difensore centrale dell'Inter
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emanja Vidic è arrivato a Milano con un grande curriculum alle spalle che non è stato rispettato negli anni nerazzurri. A giustificare un calo di prestazioni del giocatore è la diagnosi di lombosciatalgia dovuta a una fuoriuscita di ernia discale lombare che sollecita la radice nervosa. Il giocatore per mesi ha percepito dolore e sensazione di intorpidimento alla gamba che non poteva fare altro che diminuire il suo rendimento sportivo: 5.67 la media delle pagelle gazzetta in 23 gare condite da un solo gol nella stagione 201 4/201 5. La situazione non poteva che
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essere risolta con un’operazione chirurgica, avvenuta nell’agosto del 201 5 che ha ridotto l’ernia e ha risolto l’origine della lombosciatalgia. La lombalgia spesso non ha un’unica causa, si valuta possa essere la conseguenza di stiramenti, contratture muscolari nella maggior parte dei casi provocati da una scorretta postura o un movimento brusco. Meno comune è, invece, la causa di erniazione del disco intervertebrale come nel caso del giocatore interista. La sua conseguenza maggiore, il mal di schiena, è una affezione
molto diffusa, almeno l’80% della popolazione mondiale ne ha avuto un episodio durante la propria vita. Vidic ha effettuato esami diagnostici che hanno permesso di valutare e di stimare con certezza la causa per poter procedere alla migliore terapia. Inizialmente il trattamento è stato conservativo con un uso di farmaci antidolorifici, riposo, allungamento muscolare e terapia strumentale come l’ultrasuonoterapia, la laserterapia, la magnetoterapia e le correnti elettriche. Dopo mesi di trattamento conservativo il dolore
ALZATI E SEGNA<< NEMANJA VIDIC persisteva e la sintomatologia non variava pertanto si è deciso di intervenire chirurgicamente. L’intervento in anestesia locale ha avuto lo scopo di ridurre la compressione sulla radice nervosa limitando il volume dell’ernia. L’intervento chirurgico non risolve il problema del tutto: la riabilitazione è fondamentale e parte integrante della terapia. Nella prima fase post-intervento il calciatore è stato sollecitato a evitare il riposo eccessivo e l’inattività prolungata, la fisioterapia è stata svolta in maniera cauta, progressiva nell’ampiezza del movimento senza provocare dolore al giocatore. Il trattamento riabilitativo ha previsto il rinforzo di una struttura importante come il “CORE” che include i muscoli del tronco e le pelvi; questi muscoli sono responsabili del mantenimento della stabilità della colonna e delle pelvi e aiutano nel trasferimento di energia dalle più ampie alle più piccole parti
del corpo durante le attività sportive. Inoltre, bisogna sottolineare che l’ernia discale è stata una conseguenza di una scorretta postura della colonna vertebrale per anni, quindi Vidic ha svolto anche un’educazione posturale con indicazioni specifiche su come effettuare movimenti, anche durante una partita di calcio, che non possano stressare eccessivamente le vertebre. L’idrokinesiterapia riveste un ruolo importante nel processo di rieducazione, inoltre, in piscina è stato consigliata la nuotata a dorso, stile d’eccellenza per patologie al rachide, che permette un allungamento Champions League e ben 5 alternato degli arti superiori e la Premier League con la maglia del Manchester United. mobilizzazione delle spalle. Il giocatore sta svolgendo l’ultima Angelo Russo fase della riabilitazione che lo avvia al ritorno alle massime prestazioni sportive, l’augurio è che risolti i fastidi che lo hanno tormentato negli ultimi anni possa ritornare con l'anno nuovo il calciatore che ha vinto una
CON IL MANCHESTER UNITED HA GIOCATO QUATTRO STAGIONI SU NOVE DA CAPITANO, VESTENDO LA MAGLIA DEI RED DEVIL PER 300 VOLTE SEGNANDO 21 RETI
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Oltre il Calcio << Buzkashi Un momento di gioco del Kokpar, in Kazakistan
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Nell'Asia centrale è lo sport che va per la maggiore. Scopo del gioco? Andare in gol con una "palla" molto particolare
’inverno è ormai alle porte e tanti sport estivi non si possono più praticare. Toccherà attendere qualche mese prima che l’ambiente si riscaldi nuovamente, ma la situazione non preoccupa certamente chi è amante degli sport sulla neve. Ma per tutti gli altri che non bramano il ritorno del freddo? Niente paura, ecco un nuovo sport tutto da scoprire: il buzkashi .
Acchiappa
la capra – Il nome non è di certo tra i più facili da ricordare, ma la sua traduzione in lingua italiana lo
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è certamente di più. Se in Italia il calcio è religione, il buzkashi scalda gli animi dei popoli dell’Asia centrale e in Afghanistan , Kazakistan e Kirghizistan pare sia lo sport nazionale, praticato soprattutto d’inverno e a inizio primavera, quando il caldo non si fa ancora opprimente.
chiaro regolamento e l’etica infatti non sono sicuramente di casa su questi “campi” da gioco: botte da orbi, frustate ai cavalli e anche agli avversari, gente disarcionata dai corsieri e pure gli spettatori rischiano grosso visto che il terreno di gioco spesso non è ben delimitato e la foga dei giocatori non ha limiti. Gli infortuni, a volte Di primo acchito questa anche gravi, non si contano e pratica potrebbe ricordare il la contesa è sempre molto polo o l’horse-ball, ma con violenta. essi il buzkashi condivide solamente il principio che i Ma veniamo finalmente ai partecipanti montano un principi del gioco. Le versioni cavallo mentre giocano. Un esistenti sono tante e variano
Oltre il Calcio << Buzkashi da paese a paese, da città a secoli, i modi e le regole sono città, secondo la tradizione. cambiati, ma non l’estrema Solitamente si gioca divisi in violenza, che continua a restare due squadre, ma esistono pure un elemento intrinseco al gioco. distrazione dalle versioni in modalità “tutti contro Una tutti”. Lo scopo del gioco sofferenze della guerra per gli afghani, uno consiste nel riuscire La durata delle partite non sport addirittura a portare la carcassa è sempre chiaramente definita: professionistico di una capra oltre la a volte le partite possono per i kazaki, i linea di fondo campo durare anche giorni, finché i quali o all’interno di un’area giocatori non sono esausti. dispongono di delimitata sul terreno. vari campionati Sì, avete capito bene: nessuna palla, nessun oggetto di kokpar, la loro versione di buzkashi. La carcassa della della più strampalata forma. capra usata per il gioco sottostà a precise procedure atte a No, la carcassa di una capra. realizzarla. L’animale viene infatti Origini e tradizioni – L’origine decapitato, poi eviscerato e del buzkashi si perde nella notte viene infine lasciato ore o giorni dei tempi. Secondo alcune a mollo in una soluzione teorie, già gli antichi greci acquosa. Prima dell’uso viene conobbero questa bizzarra anche riempito di sabbia, in pratica da alcune tribù che modo da renderlo più pesante e popolavano i territori oggi pronto per il gioco. afghani, ma la teoria più diffusa vuole che questa Questa pratica sportiva era pratica risalga ai tempi di anche in lizza, sotto il nome di Gengis Khan , quando pare si Kok Buru , alla prima edizione usassero addirittura i prigionieri dei World Nomad Games , quale oggetto di contesa. Nei tenutasi nel 201 4 in Kirghizistan.
Pronti a esportare questo pazzo sport anche in Europa? Non avete però abbastanza cavalli? Non preoccupatevi, nessun problema! Si può sempre giocare alla versione cinese, montando degli yak...
Omar Cartulano
Quale il segreto per vincere? Il cavallo è un elemento chiave poiché deve essere veloce e sapere dove andare. Prima di scendere in campo alcuni purosangue vengono allenati per 5 anni.
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