INDICE Maggio 2015 - Numero 4 - Anno 1
Editoriale - La punta dell'iceberg p.3 A tu per tu - Blazej Augustyn p.45 L'Ospite - Luca Bertolini p.67 Il Personaggio - Felipe Anderson p.89
Made in Italy - Inter, dalla cenere alla rinascita p.1011 Oltre il Confine - Il Liverpool p.1213 La scatola dei ricordi - Nottingham Forest p.1415 Self Made Manager - Max Allegri p.1617 Davide contro Golia - Il Chievo Verona p.1819 Crescendo si sbaglia - Gianni Comandini p.2021 Alzati e segna - L'infortunio di Paul Pogba p.2223 L'angolo di Graphi e del Goal! p.2425 Viaggio nei Templi del calcio - Stadion Narodowy p.2627 The Fighter - Eric Abidal p.2829 Oltre il Calcio - Boston Celtics p.3031 Pezzi di Storia&Film del mese - p.3233
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EDITORIALE
FALSO NUEVE: LA PUNTA DELL'ICEBERG
Non è facile trovare, edizione dopo edizione, parole nuove per spiegare il lavoro che c'è dietro 'Falso Nueve'. Abbiamo parlato a lungo della "passione" che spinge ognuno dei membri della nostra redazione a dare il meglio per creare ogni mese contenuti nuovi e originali, ma la passione serve davvero a poco se non è accompagnata dal duro lavoro e dalla voglia di fare che, nel processo creativo che si cela dietro la nostra rivista, sono davvero fondamentali. E' difficile spiegarlo perché presentiamo a Voi, che puntualmente ci ripagate ogni mese con i Vostri download, le Vostre visualizzazioni e i Vostri feedback sui social, solo il prodotto finito che rappresenta però la punta di un iceberg ben più grande. E' un processo per nulla facile, che va dalla divisione dei compiti, alla ricerca di idee e spunti originali e che arriva fino alla correzione delle bozze e all'impaginazione finale, che è reso possibile dalla grande voglia e dalla grande professionalità di ognuno dei nostri redazionisti e arricchito ovviamente dal magnifico lavoro, che ho già sottolineato nel vecchio numero ma che ci tengo a sottolineare ancora una volta, di Andrea e Alessio, i nostri due grafici. La macchina 'Falso Nueve' funziona soprattutto per questo: funziona perché dietro c'è un'organizzazione precisa e puntuale che è stato il solido punto di partenza che ha dato il via a questo progetto e che continua a sorreggerlo; funziona perché ognuno ha il proprio compito ma non per questo si tira indietro se ne spunta uno nuovo 'in corso'; funziona perché prima di grandi (aspiranti) giornalisti dietro agli articoli di 'Falso Nueve' ci sono grandi persone con cui sono sinceramente orgoglioso di poter collaborare e di poter condividere un progetto così 'puro' e particolare come la nostra rivista. Un altro dei motivi per cui tutto ciò funziona (magari prima o poi chiederemo a Voi direttamente però!) è perché non ci fermiamo mai e, per quanto possa sembrare una frase fatta, fidateVi non è così. Già prima di chiudere un numero pensiamo a quelli successivi e stiamo già lavorando per le prossime edizioni nella speranza di poterVi regalare diverse esclusive e nuove collaborazioni quanto mai interessanti che possano rendere ancora più particolare e più originale la nostra rivista e inevitabilmente anche il nostro lavoro. Quindi anche in questo senso aspettateVi tante novità! E' vero, la strada è ancora molto lunga, ma Vi garantisco che la macchina 'Falso Nueve' funziona a dovere. ALESSIO NICOTRA Direttore di 'Falso Nueve'
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A TU PER TU<< BLAZEJ AUGUSTYN b l az e j augustyn con la maglia del catania nella stagione 2009-2010. foto twitter
BLAZEJ
INTERVISTA ESCLUSIVA
AUGUSTYN
Rimini, Catania e Vicenza. E' questa la storia italiana di Blazej Augustyn, difensore classe 1988 che ora veste la maglia del Gornik Zabrze, squadra di prima divisione polacca. Una carriera iniziata nelle giovanili del Bolton, con il passaggio poi a Legia Varsavia e il successivo arrivo in Italia segnata inevitabilmente da diversi infortuni importanti che non hanno permesso al calciatore di esprimersi al meglio in diversi momenti importanti della sua carriera. E' proprio per questo che a Rimini l'ex Legia colleziona solo 6 presenza ma, nonostante tutto, il Catania decide di puntare sul talento del difensore facendogli firmare nel 2009 un quadriennale. Tra alti e bassi, l'esperienza in rossoazzurro del polacco si rivela essere comunque positiva, fino al prestito al Vicenza (in cui colleziona 26 presenze e segna il suo primo goal) e il rientro in Sicilia dove però il polacco non fa più parte dei piani del club etneo. Una volta scaduto il contratto, Augustyn è tornato in patria con la speranza di tornare, magari un giorno, a calcare i campi del nostro paese che lui stesso definisce come la sua seconda casa. .
Dopo quattro anni in Italia sei tornato in Polonia dove indossi la maglia del Gornik Zabrze. Come è maturata questa scelta di tornare in patria e come ti trovi? Purtroppo quando sono tornato dal prestito a Vicenza sono cambiate molte cose in società e non giocavo più e non sono potuto rimanere in Italia poi perché molte squadre non sapevano più in che condizione io fossi. Un procuratore italiano mi disse che una soluzione si sarebbe trovata e di continuare ad aspettare ma, arrivati quasi alla fine del mercato, mi chiamò il mio procuratore polacco, che è lo stesso di Glik, e mi disse che mi voleva l'allenatore del Gornik Zabrze che in quel momento era Adam Nawalka, attuale CT della Polonia, e visto che non giocavo da un anno scelsi di andare.
In Italia hai vestito le maglie di Rimini, Catania e Vincenza. Queste ultime due stanno disputando il campionato di Serie B e si trovano in due situazione molto diverse fra loro: segui ancora le tue ex squadre e che idea ti sei fatto dei risultati che stanno ottenendo quest'anno? Ovviamente le seguo tutte: il Rimini con il mio grande amico Adrian Ricchiuti è riuscito a risalire in Lega Pro se non sbaglio, il Vicenza in cui giocano altri due miei amici come Moretti e Sciacca sta andando alla grande, mentre il Catania, a cui sono particolarmente legato, non sta vivendo un periodo bellissimo. Ho visto che sono cambiate tantissime cose, ma io spero soltanto che riescano a salvarsi e che il prossimo anno possano lottare per la promozione.
Che ricordi conservi di queste squadre e della tua esperienza in Italia?
Si può dire che sono cresciuto in Italia perché avevo 20 anni quando sono arrivato e ho
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A TU PER TU<< BLAZEJ AUGUSTYN imparato un'altra lingua che mi piace tantissimo, ho conosciuto tante brave persone e mia figlia è nata nel vostro paese. Insomma l'Italia è la mia seconda casa!
Che idea ti sei fatto del campionato italiano? E se in futuro si ripresentasse l'opportunità di tornare nel nostro paese valuteresti la possibilità?
E' un calcio molto duro ma comunque bello, c'è più tattica che in altri paese dove ho giocato in cui magari si gioca a viso aperto. Il calcio italiano è un gioco di squadra, bisogna sempre aiutare gli altri a coprire gli spazi e via dicendo. Ho 27 anni e quindi ho ancora diversi anni di carriera davanti, ovviamente mi piacerebbe tornare in Italia, ma so che ci sono pure alcune opportunità di andare in paesi diversi, è ovvio poi che conoscendo già il vostro calcio e parlando già la vostra lingua mi sarebbe più facile entrare nel gruppo se tornassi, però la vita è imprevedibile.
Qual è il giocatore (o quali sono) più forte con cui hai giocato?
Zlatan (Ibrahimovic) come giocatore e personalità, ma anche Cassano e Del Piero se ti devo dire quelli che ho avuto la possibilità di affrontare.
Tra i tanti allenatori che hai avuto in Italia c'è uno che ti ha colpito di più? Perché? Sì, Sinisa Mihajlovic. Lui faceva giocare solo coloro che vivevano un momento di forma migliore, non basandosi solo sull'importanza del nome.
Il calcio polacco negli ultimi anni ha sfornato sempre più talenti che si sono affacciati sul panorama internazionale. A cosa pensi sia dovuta questo boom degli ultimi anni? E' forse di un'attenzione maggiore che i grandi club stanno dando al vostro paese? Sicuramente per questo, sia per questioni economiche e sia perché ci sono un paio di club stranieri che non avevano paura di puntare su giocatori polacchi sapendo che siamo tutti grandi lavoratori. Ovviamente poi Robert Lewandowski ci ha fatto tanta pubblicità e in molti hanno capito che anche nel nostro paese si possono trovare dei campioni.
augustyn con an e l ka dopo j u ve nt u scatania.. foto t wi t t e r
Alessio Nicotra
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L'OSPITE<< luca bertolini
I SEGRETI DELL' 1 VS 1 IL DIFENDENTE Tecnica individuale, tecnica applicata o tattica individuale in fase difensiva secondo il Coaching Calcio Italia, interpretate da lucamistercalcio.com allenatore di calcio ed esperto di schema d'allenamento..
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uando si pensa alla tecnica individuale o alla tecnica applicata del giocatore di calcio negli sviluppi del gioco, lo si fa spesso e volentieri, inutile negarlo, riferendosi alla fase offensiva. Il giocatore in possesso palla deve avere capacità tecniche, orientamento del corpo e visione di gioco adatte alla posizione che ricopre in campo. Molte esercitazioni di "1 vs1 " che vengono proposte usualmente si svolgono con un attaccante già in possesso palla e un difensore che vi si oppone; spesso seguendo rigidamente i ruoli consueti dei giocatori e con obiettivi quali dribbling e conclusione in porta. Questo approccio tuttavia porta
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a trascurare il fatto che un qualsiasi giocatore, quando la propria squadra è in fase di non possesso, si trova a difendere una posizione, uno spazio e la porta da un avversario, diventando un "difendente", indipendentemente dal ruolo ricoperto fra gli 11 in campo. Le abilità difensive devono essere quindi allenate e sviluppate in tutti i giocatori. L'importanza di questo concetto si percepisce molto bene nei corsi del Coaching Calcio Italia, in cui viene spiegata la "Piramide del Difendente". La tecnica individuale del difendente diventa fondamentale nel ribaltamento dell'azione a proprio favore,
non solo in opposizione all'avversario; anticipo, contrasto, acrobazie o scivolate, disimpegni e respinte devono essere considerati gesti tecnici e per questo allenati con la stessa attenzione che si presta a trasmissione, controllo orientato della palla ecc. Nella prima esercitazione qui proposta (schema 1 ) il difendente, dopo una conduzione in slalom, deve cercare di arrivare sulla palla prima che tocchi l'avversario (passivo o attivo), allenando così tutte quelle componenti sopra descritte. Le varianti possibili a questa esercitazione di base e le abilità allenabili di conseguenza sono infinite. Spazio alla fantasia.
L'OSPITE<< luca bertolini Da questi principi si passa poi a lavorare su uno dei cardini dello sviluppo del gioco nel calcio: l'1 vs1 che apre un mondo da scoprire, ponendosi nell'ottica del difendente. Marcatura, temporeggiamento e indirizzamento in relazione a palla, avversari, compagni, zona di campo e porta da difendere. Tutte queste correlazioni portano il difendente a decidere presa di posizione, intercettamento, anticipo e contrasto diretto e indiretto. Nella seconda proposta (schema 2), in cui si lavora sull'1 vs1 senza palla, il difendente si oppone ai movimenti di smarcamento dell'attaccante che deve conquistare uno dei 3 palloni sui coni. Diventano quindi fondamentali postura del corpo, anticipazione motoria, presa di posizione per la difesa dello spazio e marcatura. Con la semplice indicazione di quale palla l'attaccante debba appropriarsi, si allenano anche tutte le caratteristiche tecniche indicate prima. Spesso si pensa all' 1 vs1 senza palla solo ed esclusivamente in occasione di calci piazzati o rimesse laterali; lontano dalla palla invece riuscire a difendere preventivamente lo spazio sull' uomo è una caratteristica importante per il giocatore, anche durante l'azione e in qualunque parte del campo ci si trovi. Con la terza proposta (schema 3), invece si pone l'accento sull'intervento del difendente
sull'avversario entrato in possesso palla (4); contrasto per intercetto, scivolate e disimpegni. I due giocatori passano attraverso le porticine laterali (1 ), il mister decide a chi passare palla (2), il possessore deve segnare nelle 3 porticine da cui non è passato prima (3). La quarta esercitazione (schema 4) introduce temporeggiamento e indirizzamento di un avversario in possesso palla; al contrario della seconda proposta in cui l'attaccante non è in possesso. Attaccante e difendente sono inizialmente ai lati opposti tra loro. Uno dei due giocatori trasmette palla (1 ) e chi ne entra in possesso deve cercare di segnare in una delle porticine in diagonale (3). Il
difendente, seguendo il passaggio (2), deve quindi temporeggiare e indirizzare l'avversario fuori dalle linee diagonali "immaginarie" delle porticine. Queste sono alcune semplici ma concrete ed efficaci proposte che Coaching Calcio Italia utilizza sul campo durante i suoi corsi e clinics informativi rivolti a tutti gli allenatori in Italia e all'estero. lucamistercalcio.com ringrazia la rivista Falso Nueve e gli editori per l'opportunità concessa e vi rimanda al sito web per la consultazione di altre esercitazioni Coaching Calcio Italia e non solo.
Luca Bertolini
LUCA BERTOLINI CON LA DIVISA DELAL LANGHIRESE
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IL PERSONAGGIO<< FELIPE ANDERSON
Felipe
A N D E RSO N
L' ultimo talento carioca in Serie A la classifica di G uardate Serie A di questa stagione
e confrontatela con quella della scorsa: in testa c’è sempre la Juventus col suo cospicuo vantaggio sulle inseguitrici, ma la prima differenza salta subito all’occhio. La prima inseguitrice non è più la Roma, ma l’altra squadra della Capitale, la Lazio, che sta vivendo una stagione assolutamente magica. La squadra di Stefano Pioli sta girando benissimo nonostante le tante defezioni, e il grande lavoro del tecnico ex Bologna e Palermo si è coronato
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principalmente con uno dei suoi undici interpreti in campo: Felipe Anderson Pereira Gomes, conosciuto da tutti come Felipe Anderson o anche più semplicemente “ma chi è quel fenomeno?” Brasiliano, classe 1 993, fin da piccolissimo come da tradizione carioca il rapporto più importante oltre che quello con gli amici di quartiere è quello col pallone, soprattutto quando non cresci nelle zone agiate della città. Dai sei anni circa inizia la sua trafila di squadre giovanili tra i grandi sacrifici di mamma e papà, ma il talento c’è, si vede e nel giro
di un anno cambia squadra e passa dalla Companhia de Policia Militar Independiente al Federal FC, dove resta per sei anni. Nel giro di un anno però cambia tre squadre fino ad arrivare al Santos, che lo nota e non può fare a meno di metterlo sotto la sua ala. Al Santos diventa grandissimo amico di un certo Neymar da Silva Santos Júnior, un rapporto che lo condizionerà nella sua crescita e nel suo sviluppo del gioco. I tre anni al Santos al fianco di Neymar sono piuttosto soddisfacenti: lui è uno dei ragazzini terribili che fa
IL PERSONAGGIO<< FELIPE ANDERSON Felipe A n d e r so n insieme all'aquila O l i m p i a.
impazzire le difese avversarie e in 11 0 presenze in bianconero realizza nove reti. La sua ultima stagione al Santos però non è niente di speciale, 21 presenze senza reti, ma il talento non può prendersi una pausa tanto grande, quando è destinato a esplodere esplode. Eccome se esplode. Su di lui arriva la Lazio che lo paga circa 8 milioni di euro, sono finiti i tempi in cui i talenti brasiliani te li portavi via con pochi spiccioli, ora vanno pagati sonoramente e Claudio Lotito non è uno dei più avvezzi a spese del genere ma Igli Tare, direttore sportivo della Lazio, è convinto: questo è un buon giocatore, se fatto crescere e ambientare può dare tantissimo. La prima stagione nella Capitale è di puro ambientamento, venti presenze spesso da subentrato e un solo gol in Europa League, contro il Legia Varsavia su rigore,
la Lazio però è in fase di transizione, il rapporto con Vladimir Petkovic prima ed Edy Reja poi è destinato a concludersi e un nuovo ciclo sta per avviarsi. È quello che avviene all’inizio di questa stagione, quando è Stefano Pioli a sedersi sulla panchina biancoceleste. Con Pioli inizia a vedere il campo più spesso e a Parma si sblocca per non fermarsi più: gol ai ducali, due assist contro l’Atalanta, doppietta all’Inter, gol e due assist alla Samp, gol e assist nel Derby contro la Roma. Poi un infortunio al ginocchio, che lo tiene fermo per tre partite, ma dopo il normale recupero della forma fisica il suo rendimento è di nuovo stellare: gol e assist al Sassuolo, assist nel 4-0 alla Fiorentina, doppietta contro il Toro e altri due gol contro Hellas Verona e Empoli, che valgono una clamorosa rimonta sulla Roma e il secondo posto in classifica. Oltre ai puri numeri da tabellino sono le prestazioni generali che fanno veramente
spavento: la progressione, la capacità di creare la superiorità numerica, il clamoroso tiro da fuori sono solo alcuni dei dati del suo straordinario biglietto da visita. Felipe Anderson è una delle più belle sorprese di questa stagione, e c’era chi dopo la prima annata alla Lazio lo aveva già definito un pacco, con quella fretta che tanti talenti ha bruciato irreversibilmente: la Lazio ha avuto la giusta pazienza nei suoi confronti, gli ha dato il tempo di ambientarsi e di crescere, senza l’assillo di dover giustificare subito l’enorme spesa affrontata per lui, e per un ragazzo di appena ventidue anni il rendimento di questa stagione è solo il primo passo verso una lucente carriera, si spera ancora in Serie A.
Nicolò Vinci
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made in italy<< INTER, DALLA CENERE ALLA RINASCITA
IDANALTLLLAEARRCINEANESRCEITA
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Dalla vittoria della Champions al difficile presente: storia di un processo di rinnovamento complicato e lungo ma necessario per poter tornare allo splendore di un tempo
C'era un buffissimo uccello, chiamato Fenice, nel più remoto passato, prima di Cristo, e questo uccello ogni quattro o cinquecento anni si costruiva una pira e ci si immolava sopra. Ma ogni volta che vi si bruciava, rinasceva subito poi dalle sue stesse ceneri, per ricominciare. E a quanto sembra, noi esseri umani non sappiamo fare altro che la stessa cosa." scriveva Ray Bradbury in ' Fahrenheit 451'.
Nulla di nuovo per carità: il mito della fenice (e ciò che essa simboleggia) fa parte della cultura dell'uomo sin dalle origine della storia umana e si è propagato in popolazioni e culture apparentemente
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diverse tra loro arrivando fino a noi. E di storie, storie umane, reali ed emozionanti che seppur solo simbolicamente si possono accostare a questo mito, ce ne sono tante anche legate al calcio: quante volte questo imprevedibile sport ci ha insegnato che la parola "fine" spesso non è solamente un necessario dazio per un nuovo inizio? E così è stato, sempre rimanendo in ambito calcistico, anche per l' Inter. E' paradossale il fatto che l'inizio del rogo da cui sono nate le ceneri della nuova Inter sia stato proprio quel 22 maggio 201 0 che rappresenta una data meravigliosamente incisa sul cuore di tutti i tifosi nerazzurri: gli uomini di Mourinho alzano in
cielo la Champions League dopo aver già festeggiato Coppa Italia e Scudetto, imponendosi senza dubbio come la squadra più forte del momento. Peccato però che proprio quella sera il giocattolo perfetto costruito da Moratti dopo tanti anni di delusioni e difficoltà inizi a scricchiolare. Dopo poco tempo, Mourinho lascia la panchina nerazzurra e Moratti rifiuta delle megaofferte per i suoi gioielli, scelta che non si rivelerà vincente ma che, all'epoca, in molti avrebbero condiviso. Da lì il declino: con una squadra stanca, appagata e avanti con gli anni e con delle scelte sulla panchina nerazzurra mai davvero convincenti (anche a
made in italy<< INTER, DALLA CENERE ALLA RINASCITA causa della difficoltà a sostituire un allenatore come lo Special One) l'Inter non ingrana. E cosa resta dei trionfi del 201 0? Cenere. Il 1 5 novembre 201 3 arriva una clamorosa svolta: Erick Thohir diventa il nuovo proprietario del club milanese e comincia così una nuova pagina della storia interista. L'indonesiano prende in mano una squadra che sembra, sia per risultati che per nomi in organico, soltanto una lontana parente di quel team che riuscì a portare a casa il Triplete. Da allora però è iniziato un processo, difficile e lungo ovviamente, di rinnovamento della squadra fuori e dentro dal campo: numerosi cambiamenti nell'organico societario, idee e progetti di stadio e interventi sul mercato volti a costruire nel giro di qualche anno una squadra che possa ritornare al top sono le parole d'ordine dell'indonesiano. Un processo reso ancora più difficile dall'inevitabile distanza con la squadra e che non ha ancora dato i frutti sperati:
l'eliminazione dalle Coppe e la posizione in classifica non delle migliori, nonostante l'arrivo di un allenatore quotato come Mancini e l'acquisto di giocatori importanti, hanno messo in dubbio l'operato di Thohir e hanno fatto parlare di un possibile e clamoroso ritorno di Moratti . Non impossibile ma comunque difficile. Si sa, per avere risultati e per costruire una squadra vincente serve tempo anche se ovviamente i tifosi nerazzurri cominciano a perdere la pazienza. Thohir però sta raccogliendo le ceneri dell'Inter delle ultime stagioni e a continuare il processo di rifondazione: con un occhio al Fair Play Finanziario (e quindi ogni discorso è relativo visto che bisognerà poi far quadrare i conti anche a costo di fare qualche sacrificio) l'Inter costruisce pian piano la squadra del futuro e fanno ormai attivamente parte della squadra già dieci under24, tra cui spicca ovviamente il gioiello Icardi, il che significa una solida e duratura base da cui
partire. A questi giocatori, oltre ad altre conferme della rosa attuale, sarà necessario affiancare un paio di innesti importanti (come Thohir ha già fatto, con più o meno fortuna, nelle ultime sessioni di mercato) che possano consentire alla squadra di Mancini di fare un salto di qualità e tornare magari allo splendore di un tempo. Per ora, rumors e sogni a parte, rimane soltanto la cenere dell'ennesima stagione non soddisfacente e ricca di rimpianti e il ricordo di un passato che sembra incredibilmente lontano. Ma proprio da quella cenere, pian piano, sta ripartendo la rinascita dell'Inter. Post fata resurgo, risorgo.
dopo
la
morte
Alessio Nicotra
ERICK THOHIR, NUOVO PATRON DELL'INTER DAL NOVEMBRE 2013
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OLTRE IL CONFINE<< LIVERPOOL
I RAGAZZI DI ANFIELD ROAD
Dalla cessione di Suarez al flop Balotelli, fino all'esplosione di Coutinho e Lallana. Il nuovo corso della squadra di Rodgers dopo un titolo sfuggito a pochi metri dal traguardo.
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Walk on with hope in your heart, and you'll never walk alone” ; questa è
solo una delle frasi del meraviglioso inno che accompagna i giocatori del Liverpool all'ingresso in campo. Ed effettivamente i tifosi dei Reds interpretano alla lettera queste parole, facendo registrare il tutto esaurito ad ogni partita e sostenendo a squarciagola i loro beniamini per tutti i 90 minuti, a dalla posizione che la squadra occupa in classifica. La nostra storia comincia proprio all'interno di questo tempio calcistico, in un caldo pomeriggio del 27 Aprile 201 4
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quando ad Anfield arriva José Mourinho con il suo Chelsea; il Liverpool era in lotta con il Manchester City per la vittoria della Premier, trascinato a suon di gol dal trio delle tre “S” ossia Sterling, Sturridge e Suarez ma quella maledetta domenica un errore di Gerrard prima e un contropiede di Willian poi metteranno la parola fine alla partita: 0-2 e City virtualmente campione. La seconda "mazzata" per i tifosi dei Reds arriva in estate, subito dopo il mondiale: il Barcellona decide di fare l'ennesima follia di mercato per assicurarsi le prestazioni del “Pistolero”, Luis Suarez,
recapitando in Inghilterra un assegno da 80 milioni di euro. Come in un incubo dal quale non ci si risveglia, ad Anfield si sono visti strappare prima un campionato e dopo il miglior giocatore dell'anno, che li aveva portati a un passo dal sogno. Ultimata la cessione dell'uruguaiano, si presenta il problema più grande; come, o meglio con chi, sostituire un calciatore che solo in campionato ha segnato 31 gol e che riusciva praticamente a vincere le partite da solo? Tutti noi appassionati di calcio sappiamo che il calciomercato può essere subdolo, certe volte spietato, perchè non sai mai se
OLTRE IL CONFINE<< LIVERPOOL chi vai a prendere sarà all'altezza delle aspettative. Per questo motivo probabilmente l'ultimo giocatore da acquistare, per quello che racconta la sua storia, era Mario Balotelli, personaggio conosciuto più per le “ balotellate” che per le prestazioni in campo. Passano in secondo piano i nomi degli altri acquisti estivi ( tra gli altri Markovic, Lambert e Lallana) nonostante siano ragazzi di talento assoluto; al centro dell'attenzione, mediatica e non, c'è lui, il ragazzo cresciuto a Brescia che Mancini lanciò in prima squadra a soli 1 7 anni . Talento da predestinato e testa da Bad Boy lo accompagnano da quando ha iniziato a giocare e forse per questo motivo non è mai riuscito a incidere come ci si aspettava durante i trascorsi con Inter, Manchester City e Milan. Anche l'esperienza a Liverpool non aiuta Mario che segnerà un gol in Champions e uno in campionato, si ritroverà fuori squadra a causa del rapporto difficile con Rodgers e finirà nuovamente in pasto ai media locali per colpa della sua frenetica vita mondana. Senza un centravanti e senza gol la squadra non decolla, viene eliminata in Champions League dal Basilea e alla fine del girone di andata si ritrova a metà classifica con soli 28 punti. È il momento più difficile della stagione dei Reds, complicata anche dal lungo infortunio di Sturridge; decide quindi di salire in cattedra il giocatore che non t'aspetti, un piccoletto brasiliano arrivato due anni prima per una
cifra vicina ai 1 3 milioni di euro dall'Inter. Che Philippe Coutinho avesse talento da vendere era chiaro anche nella sua pur non brillante esperienza milanese, ma un'esplosione del genere non l'avrebbe prevista neanche il più ottimista tra i suoi estimatori; prende per mano i suoi compagni con gol meravigliosi e numeri da fenomeno e insieme a Sterling trascina il Liverpool a una meravigliosa rimonta fino al quinto posto, resa possibile anche dal fantastico duo di centrocampo composto proprio da Lallana e dal vice-capitano Jordan Henderson. I Reds sono tornati ad essere una macchina letale che segna tanto e produce bel gioco, formata da giovani di talento con tanta fame di vittorie. La prossima stagione, privi del
loro capitano storico, i ragazzi di Rodgers avranno l'obbligo di provare a vincere quel titolo che proprio un anno fa sfuggì di mano in maniera cosi beffarda e così vicino al traguardo. Di certezze chiaramente non ne abbiamo, se non forse una: sia che si lotti per il titolo, che per un posto in Champions o semplicemente per un piazzamento a metà classifica, non vedremo mai un seggiolino vuoto sugli spalti di Anfield. You'll never walk alone, Liverpool. Con buona pace di Balotelli.
Ruggero Tracuzzi
MARIO BALOTELLI, AL LIVERPOOL DALL'ESTATE 2014
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LA SCATOLA DEI RICORDI<< NOTTINGHAM FOREST
IL MIRACOLO
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Quando tra
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Coppa dalle mani
Il 30 Maggio 1 979 all’Olympianstadion si affrontarono le finaliste della 24^ edizione della Coppa dei Campioni , gli svedesi del Malmoe e gli inglesi del Nottigham Forest. Calcio d’inizio alle 21 :1 5. Un attimo, come ha fatto il Nottigham Forest ad arrivare alla finale della più prestigiosa competizione europea per club? Fino ad allora i “Garibaldini ” (soprannome dato ai giocatori per via del colore rosso delle maglie) non erano considerati tra i club di spicco inglesi, ma le cose cambiarono quando sulla panchina si insediò Brian
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Clough ,
grandi di
uno dei migliori allenatori inglesi di sempre, celebre per aver portato al titolo nazionale il Derby County partendo dalla terza serie britannica. Clough insieme al fidato assistente Peter Thomas Taylor, prese le redini della squadra nel 1 975 a metà stagione, e la portò nell’annata successiva alla promozione in prima divisione. E’ proprio dalla stagione 1 977/1 978 che cominciò il miracolo Nottingham Forest: la squadra riuscì contro tutti i pronostici a vincere il titolo nazionale da neopromossa, a discapito di squadre del calibro
orecchie Robin
passò Hood
di Liverpool, Everton, Machester City e Arsenal grazie anche ad una difesa che subì appena 24 reti in 42 partite. E non finisce qui visto che, con il primo posto, arriva anche la prima qualificazione alla Coppa dei Campioni 78/79. Ai tempi la formula della competizione europea non prevedeva una fase a gironi ma solo eliminazione diretta partendo dai sedicesimi. L’ironia della sorte volle che il primo avversario del Forest fosse il Liverpool , secondo nel campionato precedente e squadra rivale. Dopo un sonoro 2-0 il Liverpool non riuscì ad andare oltre lo 0-0 ad
LA SCATOLA DEI RICORDI<< NOTTINGHAM FOREST Anfield Road, grazie al portiere Shilton e alla complicità dei pali. Nel turno successivo i ragazzi di Clough riuscirono senza problemi a superare i greci dell’Aek Atene, mentre ai quarti di finale superarono il turno a discapito del Grasshoppers che era riuscito a battere il Real Madrid grazie anche al capocannoniere della competizione Claudio Sulser (11 reti). Arriva la semifinale e i “Garibaldini” sono chiamati a mettere in mostra tutto il proprio valore: in casa incontrano i tedeschi del Colonia e, passati in svantaggio per 2 a 0 riescono a strappare nel finale un pareggio per 3 a 3 e poi vincere per 0-1 in trasferta. E’ Finale! Eccoci tornati all’Olympianstadion, quella squadra che fino a due anni prima si trovava in Seconda Divisione, adesso è ad un passo dal titolo europeo. La partita è a senso unico, un vero e proprio assalto del Nottingham sul Malmoe che si traduce al 45’ nell’1 a 0 di Trevor Francis , curiosamente al suo esordio nella competizione. Triplice fischio, i tifosi non aspettavano altro. Il Nottingham Forest è campione d’Europa per la prima volta nella sua storia. Un sogno, un miracolo irripetibile avranno pensato in molti. La stagione successiva il Forest arriva secondo a -8 dalla vetta. Non importa, l’habitat naturale della patria di Robin Hood è un altro. Iniziata la seconda competizione europea della sua storia, il
Nottingham passa agevolmente con l’Osters, si va sul velluto anche con i rumeni dell’Arges Pitesti che incassano quattro reti. Ai quarti di finale si presenta la classica partita ostacolo con la Dinamo Berlino che riesce a vincere nella fortezza dei Reds, il City Ground, per 1 a 0. Al ritorno però con un netto 3 a 1 Shilton e compagni mettono in tasca la qualificazione alla semifinale. Dopo aver affrontato avversari sulla carta inferiori e spesso anche sul campo, adesso ci sono i lancieri dell’ Ajax. Al “City Ground” Francis e Robertson fanno gli onori di casa portando alla vittoria per 2 a 0 i compagni. All’Amsterdam arena L’Ajax non va oltre l’1 a 0. E’ finale, di nuovo! Questa volta di fronte ci sono i tedeschi dell’Amburgo, mattatori in semifinale del Real Madrid. E’ proprio al Santiago Bernabeu che il Nottingham Forest guidato da Shilton, Lloyd, Francis e Robertson riuscirà a difendere la rete dell’1 a 0 siglata al 21 ’ dallo stesso Robertson eV il resto è storia. Nottingham Forest campione d’Europa per la seconda volta di fila.
Nottingham ha avuto il suo Robin Hood, quel Brian Clough che riuscì a vincere solo con squadre piccole, povere per “rubare” alle ricche, alle grandi. Quella sera finiva la favola della squadra che dimostrò ancora una volta che nel calcio nulla è impossibile. Una squadra che nella sua storia non ha ottenuto risultati rilevanti se non in quei due anni dove accadde tutto e il contrario di tutto, e per questo resterà per sempre nella storia del Calcio.
Enrico Castagnola
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SELF MADE MANAGER<< MASSIMILIANO ALLEGRI
ALLgEeGnioRIe
sregolatezza
La fuga dall'altare, l'avventura rossonera e il ristorante da 100 euro....
I
l telefono squilla. Sono le undici di una tranquillissima domenica mattina, frate Ermengildo, priore dei Frati Cappuccini di Livorno, va a rispondere. Attraversa la sagrestia adornata di fiori e fiocchi bianchi, e prende in mano la cornetta. "Ma come?"- chiede balbettando - "è uno scherzo? Perché non fa ridere. - la voce si abbassa e gli occhi sembrano uscire dalle orbite. Riaggancia rassegnato e si getta a corpo morto sulla sedia alle sue spalle. Dall'altra parte della cornetta c'era il papà di " Acciughina" noto all'anagrafe come Massimiliano Allegri .
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Aveva detto al frate, non senza imbarazzo, che suo figlio non si sarebbe sposato il pomeriggio seguente. Una fuga in zona Cesarini, a pochi passi dall'altare. Un dribbling tremendo che salta tutti, soprattutto la fidanzata Erika. Da quel 28 giugno 1 992, sono passati oltre ventitré anni e il giovane baluardo del Pescara, è diventato un allenatore di calibro internazionale.
Dal campo alla panchina - La carriera di allenatore inizia
dove tutto finì, sulla panchina dell’Aglianese, nella stagione 2003-2004, quando la compagine toscana militava in
Serie C2. Dopo alcune stagioni in chiaroscuro tra Spal e Grosseto, dove verrà esonerato, nel 2008 viene chiamato ad allenare il Sassuolo in C1 . Lì compie un’impresa a dir poco unica, riuscendo a portare la squadra emiliana ad una storica promozione in Serie B, andando addirittura a vincere la Supercoppa di Serie C1 . Le luci dei riflettori non tardano ad accendersi per il livornese, e nel novembre 2008 viene insignito del premio " Panchina d'oro" come miglior tecnico della Lega Pro Prima Divisione. A metà maggio va a bussare alla sua porta l’ex
SELF MADE MANAGER<< MASSIMILIANO ALLEGRI patron del Cagliari Massimo Cellino che gli propone di allenare la squadra sarda. Il 29 maggio 2008 firma un contratto annuale con il Cagliari: è il suo primo ingaggio da allenatore di serie A. Allegri propone un gioco coraggioso e votato all’attacco, che quasi lo premia con l’Europa League, ma alcuni risultati altalenanti lo condannano al 9°posto. All'inizio del mese di febbraio 201 0 gli viene assegnato il premio "Panchina d'oro" dal voto dei tecnici di serie A e serie B, come miglior allenatore della stagione 20082009. Il suo epilogo viene segnato il 1 3 aprile 201 0, quando dopo un digiuno di vittorie lungo nove partite, viene esonerato.
annunciato il suo ingaggio con uno dei club più affascinanti e titolati d’Europa, il Milan . Il Conte Max ha il suo fulcro calcistico in una squadra costruita su un centrocampo aggressivo e muscolare, capitanato da Van Bommel e Gattuso, per citarne alcuni, e su una difesa solida e integerrima che ha come riferimenti due del calibro di Alessandro Nesta e Thiago Silva. I rossoneri riescono a portare a casa il 1 8°scudetto, ma in Champions si lasciano eliminare agli ottavi di finale dal Tottenham di Peter Crouch. Nelle successive stagioni i riflettori si spostano. I giornali e le tv sono calamitate da quel leccese un po’ insolente e con la voce cupa, Antonio Conte. La rete non di Muntari, Allegri ma non troppo - Si convalidata chiude una porta e si apre un coinciderà con l’inizio del declino portone, il 25 giugno 201 0 viene di Allegri che si concluderà il 1 3
M ASS I M I L I A N O ALLEGRI CON ALLE SPALLE ANDREA PIRLO, PROTAGONISTI DELLE VITTORIE DELLA JUVENTUS
gennaio 201 4, proprio contro la squadra che lo aveva lanciato in orbita, il Sassuolo. La sconfitta per 4 a 3 contro gli emiliani, terzultimi in classifica, sarà il Requiem di Acciughina.
Il ristorante da 1 00€ - Deriso e
trollato dal web, viene schernito dagli stessi tifosi della Juventus quando viene annunciato come allenatore della squadra bianconera. Mentre tutti pregustano il fallimento e Rudi Garcia prende ago e filo per cucire il tricolore, il conte Max inizia a macinare risultati. Ritorna alla difesa a 4, consolidandola con l’aiuto dei mediani e si coccola quel mostro di bravura di Tevez. Zitto zitto, quatto quatto supera la fase a gironi di Champions, e tra un Signal Iduna Park ammutolito e un rigore di Vidal realizzato, approda tra le quattro grandi d’Europa. Non male per una squadra che, a detta di Conte, voleva mangiare in un ristorante da 1 00€ con soli 1 0€. Non male per un allenatore che, vada come vada, a settembre era burlato(per dirla con il toscano di Allegri) e ora è colui che ha riportato la Juventus in semifinale dopo dodici anni. La chiave di tutto? Allegri ha fatto vedere ai propri giocatori quello che possono essere, e non quello che sono. Ha conquistato la loro fiducia, perché la forza
del lupo è il branco, la forza del branco è il lupo. Edoardo Ridolfi
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DAVIDE VS. GOLIA<< CHIEVO VERONA
C h i e v o V e r o n a la rqivuinacrittaierdeel
Correva l'anno 2001 e una piccola frazione di Verona sconvolse la Serie A. La favola del Chievo
C
di Gigi Del Neri, che centrò un piazzamento Uefa al primo anno nella massima serie.
i sono favole che spesso lasciano il segno dopo averle ascoltate per diverse notti da bambino. Un susseguirsi di storie, di intrecci, di racconti, dalla trama magari banale, ma che quando sei grande riaffiorano nella scatola dei ricordi e spesso riescono pure a commuovere. Non preoccupatevi, non ho intenzione di parlarvi del “Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupèry, ma di una storia dai contorni calcistici ambientata nel 2001 , e che narra le avventure di un piccolo quartiere di Verona e del suo prode condottiero Luigi Del Neri. In realtà la cavalcata del
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Chievo verso la Serie A parte da molto lontano, nel 1 993-94, quando Alberto Malesani guida i gialloblu ad una incredibile quanto inaspettata promozione in cadetteria. Le prime due stagioni di B sono quasi incolore per i Mussi Volanti (un tredicesimo e un quindicesimo posto), ma per il piccolo quartiere di Verona arriva la soddisfazione dei primi derby contro il ben più blasonato Hellas. Dopo qualche anno chiuso a fatica mantenendo la categoria, nell'estate del 2000 arriva il momento della svolta per il Chievo di patron Campedelli, che decide di affidare la panchina dei clivensi a Luigi
Del
Neri.
Tempo una stagione e per i veronesi si aprono subito le porte della Serie A. Un capolavoro autentico che permette ai Mussi di entrare nella storia essendo, almeno per il momento, l'unica squadra ad aver scalato l'intera piramide dei campionati nazionali, compiendo un'incredibile salto dalla Terza Categoria alla Serie A. Il piccolo Chievo tra i grandi sembra la classica storia senza lieto fine del gatto col topo. Una squadra di quartiere e solo di passaggio in Serie A, destinata a fare da semplice comparsa prima di tornarsene nei meandri
DAVIDE VS. GOLIA<< CHIEVO VERONA della cadetteria. D'altronde i nomi a disposizione di un confermatissimo Gigi Del Neri non sembrano quelli da lasciare un segno. Tra i calciatori più rappresentativi c'è Eugenio Corini , di ruolo regista, che dopo aver fallito la grande occasione, aveva scelto la piazza di Verona per rilanciarsi. Pronti via e alla prima giornata di campionato il Chievo di Del Neri espugna il “Franchi” di Firenze con le reti di Simone Perrotta e Massimo Marazzina. Col passare delle giornate gli scaligeri iniziano ad essere una bellissima costante, merito di un gioco frizzante, spumeggiante ed estremamente offensivo con Manfredini ed Eriberto (noto poi alle cronache come Luciano) a fare da stantuffi sulle corsie esterne. Il tutto senza dimenticare i vari Lupatelli (portiere che scendeva in campo con la maglia numero 1 0), i difensori D'Anna, Lanna e un giovanissimo Nicola Legrottaglie ed un trio di attaccanti come il già citato Marazzina, Federico Cossato e Bernardo Corradi. Dopo un girone d'andata a ritmi forsennati, al giro di boa il Chievo comincia ad accusare la fatica e nel mese di marzo deve anche fare i conti con la tragedia di Jason Mayèlè, attaccante congolese che perse la vita in un incidente stradale nei pressi di Bussolengo. La morte del 26enne scuote la squadra,
che al termine del campionato compie una vera e propria impresa. Non solo una salvezza alla prima tra le grandi, ma addirittura un piazzamento in Coppa Uefa, con il quinto posto finale ad un solo punto dal Milan e da una clamorosa qualificazione in Champions League. Un capolavoro firmato Gigi Del Neri, capace con le sue idee di calcio di portare il piccolo quartiere di Verona su tutti i giornali con la nomina di “Chievo dei miracoli ”. Facendo un bel passo avanti ai nostri tempi, oggi il Chievo Verona non è più una sorpresa. Gli scaligeri sono ormai una delle più belle realtà del nostro campionato grazie anche al lavoro del patron Nicola Campedelli, che da quando si è insediato come presidente al posto di papà Luigi, non ha mai smesso di lavorare con dedizione e passione per il suo Chievo. Una passione nata fin da bambino e
incrementata da quello storico campionato 2001 /02 quando per la prima volta nella storia Verona passo alle cronache più per il piccolo Chievo, che per la storia d'amore tra Romeo e Giulietta.
Damiano Boccalini
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CRESCENDO SI SBAGLIA<< GIANNI COMANDINI gianni comandini f e s t eg g i a u n g o l con la maglia del m i l an foto via twitter.
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GIANNI
COMANDINI
Il surf, i viaggi e un pizzico di calcio Dal primo gol in Serie A con un incredibile colpo di tacco al ritorno a casa nella sua Ancona. La parabola discendente dell'ex Parma e Bologna
A
cavallo tra il ventesimo ed il ventunesimo secolo, è stato una di quelle punteboa di pieno stampo anni '90, cuore di bomber e spirito libero, semplicemente Gianni
Comandini da Cesena. Il bucaniere di Cesena - Nato
nel 1 977 a Cesena, dopo aver percorso il cammino delle giovanili nella squadra della sua città, indossa la casacca bianconera per la prima volta nel campionato di Serie B del 1 995-1 996. La stagione successiva passa al Montevarchi in Serie C1 senza lasciare il segno. La svolta arriva nel 1 998 quando il Vicenza acquista il suo cartellino, ma lo lascia a Cesena, dove si mette in luce
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segnando 1 4 reti. Tornato a Vicenza, timbra il cartellino per 20 volte e grazie ai suoi gol la squadra veneta approda in Serie A. Gianni non è un gigante, un metro e ottanta per settantacinque chili, ma sotto porta è un rapace implacabile, ogni pallone che tocca finisce in rete. Qualcosa di grande - Estate 2000: mentre in radio i Lunapop di Cesare Cremonini scalano le classifiche, l'Italia Under 21 allenata da Marco Tardelli, vince il quarto titolo di categoria grazie alle invenzioni di un giovane maghetto bresciano, un croupier taciturno di nome Andrea Pirlo. Comandini andrà a segno nella gara inaugurale e si imporrà come il riferimento
offensivo di nazionale.
quell'esplosiva
Luci a San Siro - I suoi numeri
non passano di certo inosservati, e a ventitrè anni il Milan lo acquista per una cifra intorno ai 20 miliardi di lire. Si mette subito in mostra segnando nella gara d'andata dei preliminari di Champions League contro la Dinamo Zagabria, ma è un fuoco fatuo. La concorrenza lì davanti è spietata, la coppia Shevchenko - Bierhoff tagliano spazio a Comandini che giocherà soltanto 1 3 partite in maglia rossonera. L'attaccante cesenate segnerà solo due reti, ma le realizzerà in una partita che ogni milanista verace ricorda. Gianni squarciò il velo
CRESCENDO SI SBAGLIA<< GIANNI COMANDINI di San Siro nella storica partita Milan - Inter 6 a 0. "Quella partita - spiega Comandini - ha rappresentato per me l'emozione calcistica più grande. Ancora oggi mi fermano per quella doppietta, è la cosa che la gente più ricorda di me". Conclusa la stagione, nell'estate del 2001 passa all'Atalanta per 30 miliardi di lire, risultando l'acquisto più caro della storia della società bergamasca. Anche qui sembra non trovare il bandolo della matassa, e pur giocando titolare, riesce a realizzare solamente 4 reti. Le stagioni successive passate tra Atalanta, Genoa e Ternana lo vedono poco protagonista. Nel 2006, all'età di 29 anni, ridondanti problemi fisici lo portano alla decisione di ritirarsi, facendo chiudere la sua carriera di calciatore professionista con 55
presenze e 9 reti in Serie A e 94 presenze e 37 reti in Serie B. Una nuova vita - "L'ambiente era bello ed emozionante ma anche poco umano. Questo fu uno dei motivi che mi portò alla decisione di lasciare, non mi sentivo più a mio agio" dichiarerà alcuni anni dopo ai microfoni di Sky. Appesi gli scarpini al chiodo, Gianni decide di indossare lo zaino. Abbandona totalmente il mondo del calcio ed inizia a girare il mondo. "Grazie al calcio ho girato il mondo ma sempre in ambienti controllati - racconta a goal.com - io avevo la curiosità di vedere cosa c'era fuori da questo ambiente. Compravo il biglietto per il volo, prendevo una guida, lo zaino e partivo, improvvisavo. Dormivo ovunque, anche negli ostelli o in spiaggia, era quello che volevo. Sono stato in Brasile
per sei mesi, Puerto Rico, Panama, un anno in Messico, in Australia, Fiji, Nuova Zelanda. Il surf è diventato il mio hobby, a differenza del calcio non ci sono regole, è uno sport che vuol dire libertà. L'avventura da dj ? La musica era la mia passione". Attualmente vive a Cesena, dove fa il dj ed ha aperto un ristorante. Nonostante il suo potenziale sprecato, Comandini ha fatto del calcio non la parte più importante della sua vita, ma una parte importante che gli ha permesso di fare altro. Strane storie quelle dei bomber di provincia. Nascono con un discreto talento, conquistano picchi sportivi in breve tempo e poi da stelle brillanti quali sono collassano precipitosamente come supernove.
Edoardo Ridolfi
gianni comandini con la maglia del milan nel derby foto via twitter.
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ALZATI E SEGNA << PAUL POGBA
PAUL POGBA LA LESIONE MUSCOLARE DI
Analisi sui tempi di recupero e cause dell'infortunio rimediato dal centrocampista francese durante la trasferta di Champions a Dortmund
C
he cosa significa essere un fuoriclasse? Essere capace di vere e proprie magie con il pallone tra i piedi, risolvere le partite con una semplice giocata e trascinare la tua squadra nelle sfide più delicate. Di tutto questo è capace Paul Pogba. Tuttavia un fuoriclasse deve avere anche un sistema muscoloscheletrico efficiente che gli permetta di sostenere le partite con grande intensità. Una lesione muscolare interessa un terzo degli sportivi, è il trauma da non contatto più frequente che nei calciatori avviene durante la massima velocità di una corsa o nel calciare il pallone quando il muscolo è già affaticato. Paul
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Pogba, il 1 8 marzo del 201 5 nell’importante match di ritorno di Champions League in casa del Borussia Dortmund intorno alla mezz'ora, con i bianconeri in vantaggio per 0-1 , ha sentito un fastidio nella parte posteriore della coscia e ha dovuto abbandonare in lacrime il terreno di gioco. Il calciatore francese ha subito una lesione di secondo grado della giunzione miotendinea del bicipite femorale destro, il muscolo maggiore della catena posteriore della coscia formata anche dai muscoli semimembranoso e semitendinoso. Questi tre muscoli sono chiamati ischiocrurali e sono i muscoli più
colpiti da lesioni muscolari. La maggior parte delle volte la dinamica dello strappo muscolare consiste nella contrazione eccessiva del quadricipite femorale con gli ischiocrurali affaticati che non riescono a contrastare la forza del muscolo antagonista finendo per subire il danno durante la corsa o mentre si calcia il pallone. Le cause di una lesione muscolare sono da attribuire a vari fattori: bassa temperatura, terreno di gioco in cattive condizioni, inadeguato riscaldamento, fatica, scarso livello di allenamento e recidiva di precedenti lesioni. Lo strappo muscolare può essere classificato in tre tipi di
ALZATI E SEGNA << PAUL POGBA lesioni: primo grado lieve in cui vi è una rottura di poche fibre muscolari, il secondo grado come nel caso preso in esaminazione comporta una rottura di una maggiore quantità di fibre muscolari senza interruzione del muscolo stesso che si ha invece nella lesione più grave di terzo grado. La diagnosi è effettuata con un esame clinico e un’ecografia per comprendere l’entità del danno. L’ecografia è effettuata anche a fine del trattamento e prima del rientro all’attività sportiva per sincerare la completa guarigione dello strappo. Al momento dell’infortunio di Pogba il primo intervento in acuto è stato il protocollo R.I.C.E. (riposo, elevazione arto, compressione e ghiaccio) per i primi giorni per limitare e circoscrivere il danno al tessuto. Non appena il dolore e il gonfiore diminuiscono si è iniziato un trattamento riabilitativo in cui si eseguono esercizi graduali di allungamento muscolare e terapia fisica per il dolore e per favorire la guarigione. Dopo 3-4 settimane dall’evento il calciatore francese ha effettuato esercizi che hanno avuto lo scopo di aumentare la forza e il trofismo muscolare. Nell’ultimo periodo del trattamento il giocatore è stato rieducato alla contrazione eccentrica cioè la contrazione che avviene quando il muscolo si allunga presente nelle fasi della corsa. Solo alla fine di un periodo di circa cinquanta giorni
il calciatore è tornato a essere a disposizione dell’allenatore. Durante la riabilitazione può essere utile l’uso del kinesio taping, un cerotto elastico in cotone. Nella fase iniziale è applicato per ottenere il drenaggio dell’edema. Successivamente, quando il giocatore è pronto per tornare nei campi di gioco, l’utilizzo del cerotto elastico ha le funzioni di sostenere l’apparato muscoloscheletrico per migliorare la contrazione dei muscoli indeboliti, ridurne l’affaticamento e prevenire possibile nuove lesioni muscolari. Potenziando a dovere la
muscolatura di Paul Pogba, il giocatore potrà essere protagonista dell’ultimo mese della stagione della Juventus. Sono in programma vari impegni in prestigiosi palcoscenici per la squadra bianconera e un calciatore come Pogba può essere determinante se davvero riuscirà a dimostrare tutta la sua personalità da fuoriclasse portando così la sua squadra a sollevare trofei importanti.
Angelo Russo
paul pogba, quest'anno 22 presenze in campionato condite con 7 gol prima dell'infortunio .
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GRAPHI!
L'ANGOLO DI GRAPHI << MASSIMILIANO ALLEGRI
L'ANGOLO DI
LUCA SPIGARELLI
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G@dOiseAgnidLic!alcio L'ANGOLO DEL GOAL << atalanta-sassuolo
L'ANGOLO DEL
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VIAGGIO NEI TEMPLI DEL CALCIO<< STADION NARODOWY
Lo stadio si trova in centro città, nel quartiere di PRAGA FOTO OMAR CARTULANO
IERI IL CIOL MPAUNPAIS,MO, UN MERCATO DELLE PULCI.
OGGI L'EUROPA LEAGUE
L'imminente finale di Europa League si disputerà a Varsavia, in uno stadio modernissimo, sorto però sulle ceneri di un impianto dalla storia decisamente singolare...
a seconda guerra mondiale è ormai prossima alla fine quando i comunisti polacchi, spalleggiati dall’Unione Sovietica, fondano il Comitato Polacco di Liberazione Nazionale (PKWN) il 22 luglio 1 944. Una data importante per la storia della Polonia e soprattutto per chi credette a quell’epoca in questa nuova forma di comando, contrapposta al governo polacco in esilio a Londra. Per celebrare i dieci anni dalla pubblicazione del manifesto fondatore, si propose la costruzione di
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uno stadio a Varsavia. Lo ardendosi vivo in segno di Stadion Dziesięciolecia protesta contro l’invasione Manifestu Lipcowego della Cecoslovacchia da venne inaugurato nel 1 955 e parte delle truppe del Patto fu costruito con del materiale di Varsavia. Nello stadio si proveniente dalle macerie tenne persino una visita del della città, totalmente Papa nel 1 983, ma pochi devastata dalla guerra anni dopo fu abbandonato e in rovina. seguita all’insurrezione di lasciato Varsavia del 1 944. Il peso della storia, le tragedie, la Jarmark Europa – Dal sofferenza sono 1 989, lo stadio si trasformò indissolubilmente legate a così in un grande mercato questo luogo, che nel 1 968 delle pulci. Migliaia di provenienti fu persino teatro di un gesto commercianti estremo. Durante una dalla Russia, dal Caucaso o manifestazione del partito persino da Vietnam e Africa comunista, Ryszard Siwiec, affollarono un militante della resistenza progressivamente l’interno polacca, si immolò, della struttura. Gli oggetti in
VIAGGIO NEI TEMPLI DEL CALCIO<< STADION NARODOWY Euro 201 2 e non solo – I
FOTO A CURA DI OMAR CARTULANO
vendita risultavano spesso essere di origine dubbia e contraffatta. In quello che assunse i contorni di un vero e proprio mercato nero si potevano trovare CD piratati, alcool di dubbia provenienza e persino armi. Ciononostante i cittadini lo frequentavano in massa per la sua economicità e la posizione molto centrale e pratica.
Stadion Narodowy – Tra il
2000 e il 2008 il mercato perse progressivamente d’importanza e il sindaco Pawel Piskorsi promosse la sua demolizione in favore della costruzione di alcuni centri commerciali. Lo stadio fu quasi totalmente smantellato e nel 2008 si iniziò la costruzione dell’innovativo Stadio Nazionale di Varsavia, che sfrutta ancora alcune rampe d’accesso del vecchio impianto. La nuova struttura, caratterizzata da un tetto retrattile ispirato dalla Commerzbank Arena di Francoforte, è stata battezzata con l’incontro amichevole tra
Polonia e Portogallo il 29 febbraio 201 2. L’arena è infatti usata per i match casalinghi della nazionale polacca e impressiona i visitatori sin dall’esterno: la facciata, come pure i seggiolini interni, è infatti interamente biancorossa e dà l’impressione di un’enorme bandiera polacca sventolante. Il terreno da gioco è riscaldato, ma sulle tribune si vive all’incirca la stessa temperatura ambientale dell’esterno dato che l’impianto, nonostante il tetto, è sostanzialmente aperto vista l’assenza di un vero e proprio muro a fungere da facciata.
58mila posti a sedere sono stati sfruttati per tre match del gruppo A degli Europei 201 2 – organizzati congiuntamente da Polonia e Ucraina – nonché per il quarto di finale Repubblica Ceca-Portogallo e per la semifinale GermaniaItalia. Nel corso dei suoi ancora pochi anni di esistenza, lo Stadion Narodowy è stato inoltre sede di numerosi concerti, di meeting d’atletica e sede dei mondiali 201 4 di pallavolo, dove si è toccato il record di spettatori (quasi 62mila per la partita inaugurale) per un incontro di questo sport. Non è ancora noto sapere se registrerà il tutto esaurito anche il 27 maggio 201 5, giorno della finale di Europa League, ma sicuramente, dalle parti di Firenze e Napoli, qualcuno spera proprio di poterci essereV
Omar Cartulano
Il mercato nel vecchio stadio era frequentato dal 70% dei varsaviani
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THE FIGHTER << ERIC ABIDAL
ERAICBIDAL
L'ex calciatore francese è riuscito a sconfiggere un carcinoma epatico, questo fa di lui il "Fighter" di questo mese.
D
ifficile stabilire, a posteriori, quale sia la fotografia più bella legata alla storia di Eric. Se, per esempio, quella londinese del 28 Maggio 2011 , dopo la prima fase della malattia, con il numero ventidue blaugrana che solleva a Wembley la quarta “Coppa dalle grandi orecchie” del Barcellona, o quella, dopo la guarigione, del ritorno sui campi da calcio con la maglia del Monaco. Difficile da dire. Ciò che è certo, e che ci fa piacere, è il bell’epilogo della vicenda. Tutto ebbe inizio nel Marzo del 2011 . Quel maledetto quindici del mese e quell’agghiacciante diagnosi: tumore al fegato.
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Certe cose arrivano così, senza preavviso e senza lasciar spazio a troppe riflessioni sul perché accadano. C’è solo il tempo per prendere consapevolezza di ciò che si dovrà fare, tener duro e cercare di avere la meglio sul male. Uno sportivo lo sa bene, forse meglio di altri: di solito, soprattutto per mantenersi ad alti livelli, c’è da lottare. Questa volta, però, la partita è più insidiosa. L’avversario, di gran lunga più scorbutico e ostico del normale , non indossa alcun pantaloncino o maglietta. In ballo non ci sono tre punti, non ci si contende un titolo, si “gioca” per molto di più.
Accostare storie di sport a pagine, certamente più tragiche e rilevanti, di vita reale può apparire come un delirio. Lo sappiamo bene e non vogliamo creare alcun parallelismo. La sfida, di valore, tra sport e vita, la vince la seconda e a mani basse. C’è un aspetto, però, che crediamo valga la pena sottolineare, che riguarda la psicologia. Questa sì, fondamentale nello sport (ma non soltanto lì). Volontà e concentrazione. Doti complementari a quelle tecniche, spesso cruciali per stabilire chi vince e chi perde. Purtroppo con certe malattie non basta credere di farcela ma
THE FIGHTER << ERIC ABIDAL
Abidal firma autografi a dei fan del barcellona foto wi ki m e d i a
ma
un
buon
livello di determinazione quantomeno aiuta. Forte e deciso, Abidal, lo è stato sin dal primo momento. Non sono mancati i periodi di scoraggiamento e di stanchezza. Le ripetute operazioni con le conseguenti degenze, i dubbi e le preoccupazioni dettate dall’incertezza del buon esito delle terapie. Il rincorrersi e l’alternanza, fastidiosa, di buone e cattive notizie. Le luci, dopo la rimozione del tumore, con l’ingresso in campo negli ultimi minuti della semifinale di Champions League del 2011 contro il Real Madrid e con la presenza da titolare nella finale, vinta per 3 a 1 , contro il Manchester United. Le ombre, tenebrose, dopo il crollo della prima metà del 201 2. Uno sgradevole saliscendi di sensazioni caratterizzate dalle mancate certezze fino al trapianto di fegato, il 1 0 Aprile, causato dagli strascichi
determinati dal cancro. La battaglia continua nonostante tutto, malgrado il dolore e la sofferenza a tratti insostenibili. Abidal continua a tenere accesa la speranza e a combattere grazie a suo cugino Gerard, che gli dona parzialmente il proprio fegato. Il gesto dimostra che Éric non è solo nella sua lotta, tutti tifano per lui e cercano di sostenerlo in qualche modo. I tifosi blaugrana, lungo il periodo della malattia, scandiscono il suo nome al ventiduesimo minuto di ogni partita (come accennato in apertura ventidue è il numero della “camiseta” del difensore n. d. a.). Un supporto fondamentale, quello del “mondo del pallone”, che sarà tra i primi a celebrare la guarigione dell’atleta e a riaccoglierlo da protagonista. Quello stesso mondo tanto chiacchierato e, per certi versi, misterioso. Quello che a molti appare finto, precario,
governato dagli interessi e troppo distante dalla realtà. È come se, ogni tanto, storie come questa servissero per riportare il tutto a una dimensione più reale. In nome dei veri valori di cui dev’essere portatore lo sport. Pensiamo all’audacia, al sacrificio, alla voglia di raggiungere un obiettivo. Quelli che niente hanno a che fare coi soldi o con gli introiti di questa o quell’altra operazione; quelli che dovrebbero essere sempre in primo piano e non soltanto qualche volta. La storia di Éric è la storia di tutti quelli che, lontano dai riflettori, combattono ogni giorno, spesso soli, contro i problemi della vita. È la storia di chi vince di più rispetto a una “semplice” partita.
Luigi Provini
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OLTRE IL CALCIO<< BOSTON CELTICS
BOSTON
IL CURIOSO CASO DEI
CELTICS
I
Partiti con poche ambizioni, hanno rivoluzionato il roster a stagione in corso e, nonostante cessioni dolorose, sono approdati ai playoff grazie anche alla bravura del coach più giovane della NBA.
l Celtic Pride, l’orgoglio celtico, prima di ogni altra cosa. Grazie a questo fattore, oltre anche ad altre ragioni, i Boston Celtics hanno agguantato il settimo posto nella Eastern Conference della NBA, guadagnandosi così l’accesso ai playoff che a gennaio sembravano una chimera. In effetti, facendo un focus sul roster dei verdi, ci accorgiamo che il raggiungimento della postseason è una sorta di miracolo. I Celtics non hanno neanche un giocatore partecipante all’AllStar Game; ciò significa che non c’è una stella assoluta nel gruppo. Il coach, Brad Stevens, è al secondo anno in NBA e aveva chiuso la scorsa stagione con uno dei record peggiori: 25 vinte e 57 perse. Eppure i Celtics, dopo un solo anno di assenza, sono tornati a giocarsi
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i playoff. Non vogliamo parlarvi dell’esito della sfida del primo turno contro i Cavs di Lebron: la vittoria di Cleveland era più che scontata. Vogliamo soffermarci su ciò che la franchigia più titolata della NBA ha fatto durante la regular season. La stagione era partita con poche ambizioni e tanta voglia di continuare la rifondazione iniziata lo scorso anno con le cessioni di Pierce e Garnett. Il General Manager dei Celtics, Danny Ainge, ha sensibilmente abbassato il salary cap; ciò permetterà a Boston di ambire ad alcuni pezzi grossi che saranno free agent (cioè svincolati) quest’estate, su tutti Leonard degli Spurs e Kevin Love dei Cavaliers e soprattutto Kevin Durant nel 201 6. Inoltre, grazie a tantissimi scambi, ha ottenuto ben undici scelte al draft per i prossimi
quattro anni, che permetteranno di pescare (si spera) i migliori talenti americani della palla a spicchi. La rifondazione di questa stagione sembrava basarsi su due giocatori chiave, Rajon Rondo e Jeff Green. Cosa ha fatto Ainge, beccandosi le ingiurie di buona parte dei tifosi celtici? Li ha scambiati entrambi. Il play con la maglia numero 9 è approdato ai Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki in cambio di due scelte ai draft 201 5 e 201 6 e di Jameer Nelson, Brandan Wright e Jae Crowder. I primi due, poi, hanno lasciato Boston, mentre Crowder è diventato una pedina importante in uscita dalla panchina. Jeff Green, invece, è approdato a Memphis il 1 2 gennaio, mentre Tayshaun Prince ha fatto il percorso inverso. Le trades, però non sono finite qui, poiché a
OLTRE IL CALCIO<< BOSTON CELTICS febbraio, nell’ultimo giorno di scambi, Ainge ha di nuovo sconvolto il roster celtico: Prince spedito a Detroit in cambio del duo JerebkoDatome, mentre Thornton è finito a Phoenix in cambio di una scelta al draft 201 6 e Isaiah Thomas. Proprio il piccolo play proveniente dall’Arizona è stato un fattore determinante nella rincorsa verso i playoff, giocando da sesto uomo e portando in dote circa 20 punti di media a partita. Una volta che il roster si è ben definito, Boston ha ingranato e, vittorie alla mano, è una delle prime quattro squadre a est dall’All Star Game in poi. Ovviamente anche le debacle delle avversarie hanno giocato un ruolo importante: Indiana ha dovuto fare a meno di Paul George per tutta la stagione, mentre Miami, orfana di Lebron, ha perso per strada anche Chris Bosh. Ma i meriti di Brad Stevens e dei suoi ragazzi sono veramente
tantissimi. I Celtics sono una squadra quadrata, tosta e gagliarda, che sa di non avere un Kobe o un James di turno al quale affidarsi e quindi punta tutto sul gruppo. Alcuni giocatori buoni, ovviamente ci sono, e Stevens li ha fatti migliorare ulteriormente. C’è anche un pezzo di Italia in questi Boston Celtics, ovvero Luigi Datome. L’ex capitano della Virtus Roma, dopo un anno e mezzo non proprio felice in quel di Detroit, è riuscito a trovare un po’ più di spazio a Boston e soprattutto, da quanto emerge dai social network, si è inserito benissimo nel gruppo. Un gruppo che ha dimostrato in pieno di sapere cosa è il “Celtic Pride”, l’orgoglio che contraddistingue la franchigia più titolata. I Celtics possono vantare ben 1 7 titoli NBA e sono rinomati per avere sempre dei giocatori che sul parquet danno il 11 0% per la casacca che indossano. E quest’anno, nonostante
sembrasse un altro anno di transizione e di rifondazione, i Boston Celtics sono rientrati nei playoff, che in fin dei conti è casa loro, nonostante siano poi usciti (a testa alta) al primo turno. Magari non ci saranno i Bird, i Russell, i Pierce o i Garnett, ma c’è un manipolo di ragazzi che ha dimostrato di meritarsi questi colori e che ha capito fino in fondo quanto bisogna essere orgogliosi di far parte della famiglia dei Celtics.
Leonardo Bossi
isaiah thomas, playmaker dei boston celtics, proveniente dai phoenix suns. foto twitter
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pezzsi tdoi ria Curiosità dal mondo, per ogni epoca.
Francisco Gento Lopez detto “Paco” oltre ad essere riconosciuto come uno dei giocatori più forti degli anni 50’ e 60’, detiene il primato di ben sei Coppe dei Campioni vinte, tutte con la maglia “blanca” del Real Madrid. Non un’impresa improponibile se si considera che militava nella formazione più forte di tutti tempi (Di Stéfano e Puskàs a formare la linea offensiva) e che disputò 15 edizioni di fila della coppa europea per club. Se si è in cerca di record nel mondo del pallone può bastare documentarsi sulla carriera di Dino Zoff: unico italiano ad aver vinto sia Europeo (Italia 68’) che Mondiale (Spagna 82’), record di imbattibilità a livello di nazione con 1142 minuti a secco per gli avversari ed il più anziano vincitore di un mondiale all’età di 40 anni, 3 mesi e 13 giorni. Può bastare? Il 12 Aprile del 1970 a cucirsi lo scudetto sulle maglie fu il Cagliari, rimasto l’unico campionato vinto nella propria storia. Si fa fatica a non attribuire il successo di quella stagione allo straripante attaccante Gigi Riva, capocannoniere con 21 reti. Il maggior numero di presenze in Coppa UEFA, odierna Europa League, è dell’ex difensore dell’Inter Giuseppe Bergomi che in 96 apparizioni riuscì a portare a casa il trofeo per ben tre volte. Il primo giocatore giapponese a calcare i campi da gioco italiani fu Kazuyoshi Miura che nella stagione 1994/1995 indossò la casacca rossoblù del Genoa. Arrivato con grandi credenziali dal suo paese riuscì a segnare solo un gol, nel derby perso per 32 con la Sampdoria, in 21 presenze. Miroslav Klose, attaccante 36enne in forza alla Lazio, detiene il record di gol con la maglia della Nazionale tedesca (71 in 137 presenze) e il record di reti fate ai campionati mondiali (16). Alle sue spalle il “Fenomeno” Ronaldo (15).
FRASE CELEBRE DEL MESE “Giocando individualmente, giochi per l’avversario. Giocando collettivamente, giochi per te.” Helenio Herrera
Enrico Castagnola
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film dmeelse
I film del mese consigliati dagli avvenimenti calcistici.
“PARADISO ALL’IMPROVVISO”: Carpi Bari 00. Può sembrare un punto qualsiasi, magari per una salvezza tranquilla e invece è quel punto che con 5 giornate d’anticipo regala la massima serie al Carpi, per la prima volta nella sua storia. Questa squadra, partendo solo 5 anni fa dalla serie D, è riuscita a diventare la squadra imbattibile di questo campionato cadetto, contro ogni pronostico, meritando il salto di categoria. Non un gioco spumeggiante, ma tanta concretezza per Mbakogu e compagni che adesso dovranno dimostrare di saperci stare tra i grandi. “IL COLORE DELLA VITTORIA”: La vittoria nell’anticipo pomeridiano del sabato ha portato alla Juventus altri punti in classifica ai danni della Sampdoria (Samp 0 Juve 1), ma anche il tricolore. Ebbene sì, oramai è matematico, la Juventus F.C. è campione d’Italia per la quarta volta consecutiva. Una vera e propria impresa se si pensa ai due settimi posti che hanno preceduto questo ciclo vincente. E’ bastato il crollo di una sola squadra, la Roma, unica vera “outsider” per il titolo, per chiudere virtualmente i giochi già a gennaio. Protagonisti di questo ennesimo trionfo sono stati di sicuro l’allenatore Massimiliano Allegri, il capocannoniere del campionato Carlos Tevez, e un gruppo ormai ben collaudato. I bianconeri sono ancora in corsa per la Coppa Italia e per la Champions League. Chissà che non pensino al “triplete”… “GRAN TORINO”: Nel derby della Mole disputato domenica 26 Aprile allo stadio “Olimpico” tra Torino e Juventus, dopo un inziale vantaggio arrivato dalla magistrale punizione del solito Andrea Pirlo, arrivano i gol di Fabio Quagliarella (uno dei tanti ex di turno) e Matteo Darmian a sancire la vittoria granata dopo vent’anni, più esattamente dal 25 Gennaio 1995 quando si impose per 3 a 2. Una partita che rispecchia l’ottima stagione del Toro di Urbano Cairo. “AMARCORD”: Nel sorteggio per conoscere le partite delle semifinali di Champions League Il Barcellona di Luis Enrique è stato accoppiato al Bayern Monaco del grande ex Pep Guardiola, mentre il Real Madrid di Carlo Ancelotti dovrà incontrare nel doppio confronto la Juventus di Massimiliano Allegri. Si dice che molti sparavano di incontrare le merengue di Madrid forse perché al momento meno spaventosi dei blaugrana che hanno eliminato il Psg e del Bayern che dopo una clamorosa sconfitta per 3 a 1 contro il Porto di Quaresma, passa alle semifinali con un netto 6 a 1 all’Allianz Arena. O forse perché nel 2003 Juventus e Real Madrid incrociarono i loro destini alle semifinali di quell’edizione: all’andata i blancos si imposero al “Santiago Bernabeu” per 2 a 1 ma al ritorno allo stadio “Delle Alpi” di Torino i bianconeri ribaltarono il risultato vincendo per 3 a 1. “IL DISCORSO DEL RE”: Sembra proprio che a Napoli la sfuriata in conferenza stampa e la cacciata in ritiro a tutta la squadra abbia fatto bene. Il massimo dirigente partenopeo Aurelio De Laurentiis ha messo tutti in riga per il finale di stagione, scontento in fatti del rendimento e di conseguenza dei risultati dei suoi ragazzi, ha alzato la voce cercando una reazione che non si è fatta attendere. Dopo la sconfitta con la Lazio infatti, Benitez e tutta la squadra hanno reagito bene al ritiro rilanciandosi in campionato per un posto in Champions, che sia passando per i preliminari o dalla porta principale non ha importanza, per non reputare fallimentare la stagione bisogna andare nell’Europa che conta. “IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON”: Ogni domenica di calcio può lasciare sempre qualcosa, ma la costante degli ultimi anni è un ragazzotto di 37 che continua imperterrito a segnare. Tutti lo davano per finito quando andò in Arabia, ma il suo ritorno in Italia, a Verona sponda Hellas, ha fatto ricredere molti forse tutti. Gli anni passano ma il fisico sembra infischiarsene e la testa trae giovamento dalla tanta esperienza, e tutto porta a ben 18 reti segnate per la punta romagnola. Niente male!
Enrico Castagnola
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redazione Direttore
'FALSO NUEVE' – Maggio 201 5
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