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Speciale

FIRMITAS Terremoti e ricostruzione

Alejandro Aravena Bianchiveneto Stefano Boeri Enzo Eusebi Vincenzo Latina Renzo Piano RA Consulting


FIRMITAS TERREMOTI E RICOSTRUZIONE 69 72 74 76 77 79 81 86 90 94 96 97 98 99 100 104 105 107 108 111 111 112 115 116

Cinquant’anni di terremoti | Dal Belice ad Amatrice La ricostruzione come rigenerazione urbana | Vincenzo Latina I soldi ci sono ma non si spendono Ci chiamavano ingegneri | Architetti per l’emergenza Ho un progetto | Renzo Piano in Senato Serve un cambio di paradigma | Intervista a Giovanni Azzone Amare Amatrice | Stefano Boeri I cubi musicali di Renzo Piano | Auditorium L’Aquila Ipogeo umbro | Enzo Eusebi+Partners Impariamo dai Borbone | Gennaro Matacena, RA Consulting Antisismica e restauro strutturale | Il caso di Postignano Mongiana da fabbrica a museo Storie e segreti dei terremoti L’importanza di pareti e controsoffitti | Saint Gobain Gyproc Intanto, in Cile | Elemental La prevenzione è una questione politica | Intervista a Paolo Bazzurro Momentaneamente permanente Leggera e resistente | Ytong Opificio di seconda generazione MapeWrap EQ System | Mapei I sistemi costruttivi solidi leggeri e riciclabili | Prefa La ricostruzione ai tempi del Bim Innovazione in antisismica | Atena Il rammendo | Camilo Giribas


› FIRMITAS DAL BELICE AD AMATRICE

50 ANNI DI TERREMOTI A causa della particolare convergenza tra la zolla africana e quella euroasiatica, l’Italia è uno dei Paesi a maggior rischio sismico. Le zone più esposte sono la dorsale appenninica, la Calabria, la Sicilia e alcune zone del nord del Paese come Friuli, Veneto e Liguria occidentale. In mezzo secolo costi per 145 miliardi di euro

In 25 secoli l’Italia è stata interessata da oltre 30mila terremoti di media e forte intensità e da 560 eventi di intensità uguale o superiore all’ottavo grado Mercalli. Nel solo XX secolo, sette terremoti hanno avuto una magnitudo uguale o superiore a 6,5, vale a dire tra il decimo e l’undicesimo grado Mercalli. Nel nostro Paese il rapporto tra danni prodotti dai terremoti e l’energia rilasciata nel corso degli eventi è molto più alto rispetto a quello di altri Paesi a elevata sismicità, a causa dell’elevata densità abitativa e della fragilità del nostro patrimonio edilizio. Dal sisma del Belice del 1968 al terremoto del centro Italia del 2016, i danni economici causati dagli eventi sismici sono stati valutati, a cifre attualizzate, in 145 miliardi di euro (i dati, recenti, sono del Dipartimento della Protezione Civile), a cui vanno aggiunti i danni al patrimonio storico, artistico e monumentale.

BELICE 1968

Fu un violento terremoto di magnitudo 6,4, che nella notte tra il 14 e il 15 gennaio colpì una vasta area della Sicilia occidentale tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo. Il costo della ricostruzione è arrivato a 9.179 milioni di euro.

FRIULI 1976

Quello del Friuli fu un sisma di magnitudo 6,5 e colpì la regione friulana e i territori circostanti: erano le nove di sera del 6 maggio. La zona interessata fu quella al bordo di Udine, l’epicentro tra i comuni di Gemona e Artegna. La scossa, avvertita in tutto il Nord Italia, colpì 77 Comuni, coinvolgendo circa 80mila abitanti e provocando 990 morti e 45mila senzatetto. A consuntivo, il costo della ricostruzione fu di 18.540 milioni.

IRPINIA 1980

La mappa della pericolosità sismica nella versione più aggiornata della Protezione Civile. L’unità di missione Casa Italia, voluta dal governo Renzi, prevede una sistematizzazione delle diverse banche dati, oggi frammentarie, e la micro-zonazione, prima a livello comunale e in seguito del singolo edificio.

Il terremoto dell’Irpinia del 23 novembre colpì Campania e Basilicata. Fu un terremoto di magnitudo 6,9 con epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania: in tutto 17mila kmq. Causò oltre 2.900 morti, più di 8.800 feriti e 280mila sfollati. Dei 679 Comuni delle otto aree interessate dal sisma 506 furono danneggiati. Le tre province maggiormente colpite furono Avellino (103 comuni), Salerno (66) e Potenza (45). In 36 Comuni compresi nella fascia dell’epicentro vennero distrutti o resi irrecuperabili circa 20mila alloggi. Altri

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› FIRMITAS

L’aerogramma a fondo pagina indica i costi in milioni di euro attualizzati per i principali eventi sismici degli ultimi 50 anni in Italia. Si tratta di dati a consuntivo sulle risorse effettivamente stanziate dallo Stato. Per i terremoti dell’Aquila e dell’Emilia Romagna si tratta di previsioni di spesa delle autorità locali preposte alla ricostruzione. Il dato relativo al Centro Italia è una stima che include i costi della prima emergenza (fonte Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri su dati del Dipartimento della Protezione Civile).

50mila alloggi subirono danni da gravissimi a medio-gravi e 30mila furono colpiti in maniera lieve. Il costo finale delle risorse stanziate dallo Stato fu incredibilmente alto: 52.026 milioni.

UMBRIA E MARCHE 1997

Il sisma di Umbria e Marche interessò parte delle due regioni dell’Italia centrale dal 5 maggio 1997 al 26 giugno 1998. L’inizio della crisi tellurica avvenne con una serie di scosse registrate nel comune di Massa Martana, in provincia di Perugia. Il 26 settembre si registrò la scossa più intensa con epicentro ad Annifo, di magnitudo 6,0. Alla fine, tra dirette e indirette, si contarono 11 vittime e ingenti danni ai monumenti e alle opere d’arte. Secondo i dati dell’osservatorio sulla ricostruzione della regione Umbria, al dicembre di due anni fa risultava rientrata

nelle abitazioni il 97% della popolazione. Il costo per lo Stato fu di 13.463 milioni.

MOLISE 2002

Il 31 ottobre San Giuliano di Puglia fu l’epicentro del terremoto di magnitudo 5,8 che colpì diversi comuni della regione e della provincia di Foggia. A San Giuliano crollò una scuola dove morirono 27 bambini e un’insegnante. In totale si registrarono 30 vittime. 1.400 i milioni stanziati dallo Stato.

L’AQUILA 2009

Erano le 3 e 32 del 6 aprile quando la terra iniziò a tremare a L’Aquila, nella conca aquilana e in parte della provincia. La scossa principale fece registrare una magnitudo di 6,3. Alla fine si contarono 309 vittime, 1.600 feriti e 65mila sfollati. La città aquilana fu evacuata dalla quasi totalità della popolazio-

ne. Gravissimi furono i danni agli edifici e al patrimonio storico-artistico della città e dei comuni vicini. Tra i crolli più drammatici la Casa dello Studente, le sedi dell’università e della questura. Onna, piccola frazione dell’Aquila, fu letteralmente rasa al suolo con 41 vittime. Il costo finale è stato di 13.700 milioni.

EMILIA-ROMAGNA 2012

Alle 4 e tre minuti del 20 maggio una scossa di terremoto di magnitudo 5,9 colpisce il Centro Nord Italia e l’Emilia Romagna in particolare, con epicentro Finale Emilia, in provincia di Modena, e ipocentro a 6,3 km di profondità. Alla fine si contano sette vittime e ingenti danni a diversi edifici nel modenese e nel ferrarese. Nei giorni successivi si registrano altre scosse oltre la magnitudo 4. La stima delle spese delle autorità locali

9.179

18.540

52.026

13.463

BELICE

FRIULI

IRPINIA

UMBRIA e MARCHE

MOLISE

L’AQUILA

15 gennaio 1968

6 maggio 1976

23 novembre 1980

26 settembre 1997

31 ottobre 2002

6 aprile 2009

6.4

6.5

6.9

6.0

5.8

6.3

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1.400

13.700


› FIRMITAS

Pericolosità Vulnerabilità Esposizione L’Italia ha una pericolosità sismica medio-alta, una vulnerabilità molto elevata e un’esposizione altissima. Siamo dunque ad elevato rischio sismico in termini di vittime, danni alle costruzioni e costi diretti e indiretti attesi a seguito di un terremoto, che la scienza non è in grado di prevedere. L’unica previsione possibile è di tipo probabilistico: possiamo individuare le aree pericolose classificandole in funzione della probabilità che si verifichino forti terremoti e della frequenza con cui ce li possiamo aspettare. Per definire con maggiore precisione l’intervallo di tempo entro il quale può accadere un evento catastrofico occorrerebbe conoscere quanta energia si è accumulata nella struttura sismogenetica e il modo in cui essa si libererà, cioè se un po’ per volta con molte scosse di bassa magnitudo, oppure con pochi eventi molto forti. Ma anche attraverso lo studio approfondito delle strutture sismogenetiche non saremmo in grado di stabilire il momento esatto in cui avverrà il prossimo terremoto. La prevenzione - costruire bene resta dunque l’unico modo efficace per ridurre le conseguenze di un terremoto. preposte alla ricostruzione raggiunge i 13,3 miliardi di euro.

CENTRO ITALIA 2016

Due immagini dei recenti eventi sismici in Centro Italia (foto courtesy Dipartimento di Protezione Civile).

In piena notte, alle 3 e 36 del 24 agosto, il Centro Italia trema. Quello che colpisce Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto e numerosi Comuni e borghi dell’Appennino laziale, marchigiano e umbro è il secondo peggior terremoto per numero di vittime di questo secolo. L’epicentro viene registrato a una profondità di 4 km in corrispondenza di Accumoli, seguito da uno sciame di repliche, la più forte di magnitudo 5,3 con epicentro Norcia. Alla scossa del 24 agosto ne sono seguite altre 53mila, incluse quelle più forti del 26 e del 30 ottobre e del 18 gennaio. I costi dell’emergenza e la stima dei danni per l’intera sequenza sismica dal 24 agosto ai giorni nostri ammonta a 23.530 milioni

GLOSSARIO DEI TERREMOTI MAGNITUDO L’unità di misura che permette di esprimere l’energia rilasciata dal terremoto attraverso un valore numerico della scala Richter.

INTENSITÀ MACROSISMICA L’unità di misura degli effetti provocati da un terremoto, espressa con i gradi della scala Mercalli.

SISMICITÀ Indica la frequenza e la forza con cui si manifestano i terremoti ed è una caratteristica fisica del territorio.

PERICOLOSITÀ SISMICA

13.300

23.530

EMILIA ROMAGNA

CENTRO ITALIA

20 maggio 2012

24 agosto 2016

5.9

6.0

La probabilità che in una data area e in un certo intervallo di tempo si verifichi un terremoto che superi una determinata soglia di intensità, magnitudo o accelerazione di picco (Pga). Gli studi di pericolosità sismica vengono impiegati nelle analisi territoriali e regionali finalizzate a zonazioni (pericolosità di base per la classificazione sismica) o microzonazioni (pericolosità locale) per individuare le aree a scala comunale che, in occasione di una scossa sismica, possono essere soggette a fenomeni di amplificazione e fornire indicazioni utili per la pianificazione urbanistica. Gli studi di pericolosità possono essere utilizzati anche nelle analisi di sito, per localizzare opere critiche dal punto di

vista della sicurezza (centrali elettriche, installazioni militari, ospedali). Valutare la pericolosità significa, in questo caso, stabilire la probabilità di occorrenza di un terremoto di magnitudo superiore al valore di soglia stabilito dagli organi politici/ decisionali, portando all’eventuale scelta di aree diverse.

VULNERABILITÀ SISMICA La predisposizione di una costruzione a essere danneggiata: quanto più un edificio è vulnerabile (per tipologia, progettazione inadeguata, scadente qualità dei materiali e modalità di costruzione e scarsa manutenzione), tanto maggiori saranno le conseguenze.

ESPOSIZIONE La maggiore o minore presenza di persone e beni esposti al rischio: di subire cioè un danno economico alle persone e ai beni.

RISCHIO SISMICO È determinato dalla combinazione di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione. È la misura dei danni attesi in un dato intervallo di tempo, in base al tipo di sismicità, di resistenza delle costruzioni e di antropizzazione (natura, qualità e quantità dei beni esposti).

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› FIRMITAS

LA RICOSTRUZIONE COME

RIGENERAZIONE URBANA IL TERREMOTO COME OCCASIONE DI RISCATTO Vincenzo Latina

Vincenzo Latina Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana nel 2012 per il padiglione di accesso agli scavi dell’Artemision a Siracusa, l’architetto Vincenzo Latina svolge attività didattica e di ricerca presso la facoltà di Architettura di Siracusa Sds.

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L’Italia è geomorfologicamente fragile e vulnerabile e il recente inestricabile e micidiale mix di eventi di gennaio – i terremoti nelle aree del cratere sismico e le nevicate record – ha messo in evidenza criticità ed efficienze del sistema. Siamo ciclicamente colpiti da calamità naturali. L’impegno profuso a volte non basta, nonostante l’encomiabile sforzo dei vigili del fuoco, della protezione civile e di chi è preposto a intervenire nella fase acuta delle emergenze, contraddistinta da alcuni ‘eroici salvataggi’ da parte degli operatori impegnati nei soccorsi ma anche da diffuse inefficienze del sistema. Il Paese necessita di maggiori risorse, di un loro migliore utilizzo e di efficaci sinergie tra le istituzioni. Un’unica regia che possa operare in autonomia le scelte e che sia in grado di adottare soluzioni e celeri decisioni, utilizzare il personale e i mezzi adeguati; sempre pronti a intervenire in poche ore, in qualsiasi luogo. Quasi sempre dopo la prima fase dell’emergenza ci si trova davanti ad un inestricabile sistema burocratico, quello che genera lungaggini e sovrapposizioni di pareri, di autorizzazioni e interpretazioni delle norme. Servirebbe uno speciale Ufficio di program-

mazione strategica, sempre attivo, anche nei momenti di quiescenza. Un bureau che con motu proprio operi durante e dopo l’emergenza, svincolato dagli attuali enormi lacci burocratici, che raccordi con adeguate risposte, in tempi brevi, la complessa congruità delle aspettative, le esigenze degli enti locali e le previsioni di ampia scala del governo centrale. In tale istituto dovrebbero conferire – a rotazione, di volta in volta – le migliori professionalità e le personalità di cultura economica, scientifica e umanistica di comprovata esperienza, operando in sinergia con ‘conferenze dei servizi’ nelle varie fasi del progetto. I recenti terremoti dell’Italia centrale hanno nuovamente innescato un ampio e interessante dibattito, quello che puntualmente si ripresenta ciclicamente in media ogni 5-10 anni, ogni volta che avviene un disastro di tal genere. Molti sono gli slanci dell’ultima ora, i dibattiti, i convegni, i confronti sui diversi approcci e sui diversi criteri da adottare: sia per la riparazione dai danni e la ricostruzione delle città recentemente distrutte, sia per migliorare la risposta sismica e la sicurezza del territorio nazionale da potenziali altri simili rischi.


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Ma ogni volta si ha la sensazione di ricominciare daccapo. Infine per recuperare il tempo delle ‘chiacchiere’ e dei dibattiti – puntualmente – vengono assunte le più recenti esperienze maturate nella ricostruzione cercando di correggerne le criticità, di aggiornare di volta in volta l’esperienza. Al di là dei differenti orientamenti e dell’immancabile confronto fra gli ortodossi conservatori, quelli del ‘dov’era e com’era’, e degli eterodossi sperimentalisti delle ultime tendenze dell’architettura, bisogna cercare altri approcci, in quanto tali estremismi rischiano di generare pericolosi stalli. A L’Aquila, dopo l’iniziale inerzia, attraverso atti d’urgenza sono state prese importanti decisioni d’autorità le quali si sono tradotte in rapide soluzioni. Le stesse, nel frattempo, hanno generato anche diverse problematiche.

Le newtown dell’Aquila sono state in grado di assegnare 5.653 abitazioni per 25mila sfollati in 100 giorni ma hanno anche favorito la disgregazione degli originari nuclei familiari

A sinistra, abitazioni dell progetto C.A.S.E. all’Aquila (foto courtesy Wood Beton Spa). In alto, i primi interventi della Protezione Civile e i sopralluoghi in una scuola di Amatrice (foto courtesy Dipartimento di Protezione Civile).

Le Newtown, consistenti nella realizzazione di più di cinquemila nuovi alloggi, al di là del crollo di qualche balcone a causa di qualche isolato errore d’esecuzione, sono state una grande impresa di ricostruzione. Furono in grado di assegnare 5.653 abitazioni in 100 giorni, 4.549 in muratura, 1.204 in legno per circa 25mila sfollati. Al confronto risulta altresì singolare il recente sorteggio di fine gennaio di Amatrice per la consegna delle prime 25 casette prefabbricate, diventato evento mediatico, avvenuto davanti a tanti cameramen e reporter. Il tutto a distanza di oltre cinque mesi dai primi eventi sismici. Nello stesso momento una valanga aveva spazzato via un albergo in Abruzzo intrappolando decine di ospiti sotto i detriti e la neve. Le newtown dell’Aquila, indifferentemente dislocate nella campagna, hanno anche generato quartieri dormitorio, favorito la disgregazione degli originari nuclei familiari, sparsi in distanti aree residenziali. Lontane dalle città di origine, sempre più svuotate dei residenti. Tali interventi hanno anche evidenziato

l’assenza di un’idea urbana, tra la forma del nuovo insediamento e alcune essenziali interazioni tra gli abitanti e i pressoché assenti luoghi e spazi aggregativi, perdipiù trascurando gli aspetti legati alle infrastrutture e alla gestione dei servizi urbani. La ricostruzione delle città terremotate deve richiedere non soltanto l’attuazione di programmi che riescano ad impiegare al meglio le risorse: è necessario trovare nella discontinuità del nuovo una connessione tra quello che resta dell’antico – dell’esistente – e il contemporaneo. Lontano dalle emulazioni, dalle restituzioni retoriche o dalle repentine e fuggevoli mode della sperimentazione spettacolare. I terremoti sono la cartina di tornasole della vulnerabilità di un patrimonio a rischio, che sisma dopo sisma va, di volta in volta, assottigliandosi. Si assiste a una parziale cancellazione di alcune parti del patrimonio. Si rende pertanto necessario ritrovare l’orgoglio della rinascita anche di nuove città, se necessario anche in altri siti, più sicuri, e di ristabilire le complesse relazioni ad esse correlate. Di favorire le interazioni sociali – cosa diversa dai quartieri dormitorio – così da riscoprire l’orgoglio di rifondare un nuovo patrimonio d’arte, di architettura, di valori urbani e ambientali. Tali valori sono stati anche una delle peculiarità universalmente riconosciute del nostro Paese a partire dal Settecento e dai viaggiatori del grand Tour. L’antico ha sempre generato grandi emozioni e l’idea della ricostruzione dell’esistente distrutto dal terremoto (quello del dov’era e com’era), balenata ad alcuni rappresentanti delle pubbliche istituzioni di governo locale e nazionale, rassicura o meglio rasserena: nell’evocazione di improbabili evasioni nostalgiche, sotto l’onda emotiva, crea

continue richieste di recupero della città consolidata e della ricostruzione dei centri terremotati. Tali interventi – da prediligere quelli di carattere non imitativo – possono insinuarsi nelle pieghe dei resti della città, nei resti della struttura urbana e riproporre la naturale rigenerazione della città. Per cui la riconfigurazione spaziale di alcuni isolati storici può prevedere interventi di restauro che comportino le demolizioni, le integrazioni o anche addizioni puntuali di edifici o di brani di città. Rinnovare i tessuti urbani con la demolizione, d’altronde, non significa solamente ‘liberare’ o ‘togliere’. Una demolizione abile riesce a dare valore e presenza anche attraverso la mancanza. Negli interventi all’interno di realtà consolidate non esistono ricette precostituite. La specificità dei luoghi e degli edifici è fondamentale per optare o meglio integrare diverse filosofie d’intervento. Gli interventi nelle città consolidate richiedono grande competenza ed equilibrio perché il confine tra demolizione, ristrutturazione, innovazione e restauro è veramente labile. Così facendo si potrà migliorare, anche con finalità antisismiche, il patrimonio edilizio e quello architettonico italiano. Senza ricette speciali e prototipi da generalizzare, senza ‘dieci comandamenti’ da applicare in modo esteso e uniforme alle molteplici peculiarità. Serviranno interventi di recupero in laparoscopia, nei casi acclarati. Per il resto è necessario riprendere la rigenerazione delle città, il rinnovamento dei tessuti urbani, e di conseguenza il miglioramento strutturale, lontano da leggi eccezionali e da ricette miracolose da somministrare diffusamente

Rinnovare i tessuti urbani con la demolizione non significa solamente levare. Una demolizione abile riesce a dare valore e presenza anche attraverso la mancanza nell’immaginario comune un facile consenso. Il progetto architettonico del contemporaneo e il disegno urbano del nuovo, invece, devono dare una risposta anche alle

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› FIRMITAS SIAMO IL PAESE DEI TERREMOTI MA NONOSTANTE CIÒ, QUANDO CI SONO, NON RIUSCIAMO A SPENDERE LE SOMME MESSE A DISPOSIZIONE. È IL CASO DEL FONDO NAZIONALE PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO SISMICO. LE NOVITÀ 2017 IN MATERIA DI INVESTIMENTI E INCENTIVI

I SOLDI CI SONO MA NON SI SPENDONO Siamo un paese di terremoti. Metà del nostro Paese è a rischio sismico. L’intera catena appenninica è più o meno in pericolo e sommate alle zone del Nord Italia, sono a rischio 23 milioni di italiani (in prevalenza concentrati in Sicilia e Campania): il 39% per cento della popolazione nazionale, che vive in 5,1 milioni di edifici ad elevato rischio sismico (il dato è dell’associazione nazionale dei costruttori edili). Nei mesi successivi al 24 agosto e al 30 ottobre scorsi diverse fonti hanno indicato quali potessero essere le cifre necessarie per mettere in sicurezza il Paese: c’è chi sostiene che siano 40 i miliardi necessari per rendere sicuri tutti gli edifici pubblici italiani, chi invece stima in 93 miliardi l’investimento indispensabile per intervenire sul tutto il patrimonio edilizio nazionale, edifici privati compresi. Cifre impressionanti, ma ancor più impressionanti sono le immagini dei disastri che negli anni abbiamo dovuto vedere e commentare: dal Belice ad Amatrice gli ultimi cinquant’anni dell’Italia sismica sono sotto i nostri occhi e nei ricordi di molti. E quando si parla di cifre non si può dimenticare quanto, dal Dopoguerra ad oggi, sono costati, oltreché in termini di vittime e di danni, i terremoti che hanno sconvolto i paesi del Belice, del Friuli, dell’Irpinia, dell’Umbria, dell’Emilia, dell’Aquila: 145 miliardi di euro. Nel paese dei terremoti però, tanto per non smentire le contraddizioni italiche, un obbligo di legge, uno tra i tanti, quello relativo alla redazione dei piani di emergenza, non viene rispettato: solo 6.159 comuni su oltre 8mila (il 77%) ne ha predisposto uno (i dati sono del Dipartimento della Protezione civile). Campania e Lazio, colpite in passato da pesanti sismi, sono le due regioni fanalino di coda: solo il 40 e il 39% dei comuni campani e laziali si è dotato di un piano che sarebbe previsto per legge. Altra contraddizione: sembra che i soldi per la prevenzione non ci siano mai, poi però scopriamo che quando ci sono accade che le regioni e i comuni si dimentichino di utilizzarli. È il caso del fondo nazionale per la prevenzione del rischio sismico, che nasce nel 2009 con la legge 77, voluta dal governo Berlusconi all’indomani del terremoto de [ 74 ]

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L’Aquila. Un fondo di 963 milioni di euro, che avrebbe permesso di finanziare 4.000 interventi. In realtà, dal 2010 al 2016, degli interventi previsti ne sono stati conclusi solo 660. Dai dati della Protezione Civile aggiornati al novembre dello scorso anno, sono due regioni del Sud, Calabria e Sicilia, ad avere ottenuto una buona fetta degli oltre 739 milioni di euro della legge del 2009: 105 per la prima, 102 per la seconda. Poi, Campania (con 99 milioni), Abruzzo (55), Emilia (45), Lazio (44), Molise (38), Marche (37), Umbria (34) e via via le altre. Da aggiungere anche un altro dato: dei 1.608 studi di micro zonazione solo 916 risultano ad oggi consegnati. Le risorse di Casa Italia Dopo il terremoto del 24 agosto che ha colpito il Centro Italia e dopo aver dato vita a Casa Italia, la struttura di missione della presidenza del Consiglio dei ministri per la prevenzione dei rischio sismico, il governo ha messo a disposizione una serie di risorse sia per l’immediato sia per prossimi anni: 7 miliardi dedicati alla ricostruzione del post-terremoto, 6 per l’edilizia privata e le attività produttive e un miliardo per l’edilizia pubblica, mentre 11,6 sono i miliardi di incentivi per le misure antisismiche (e di efficienza energetica) nel periodo che va dal 2017 al 2032. Da quest’anno inoltre sono state introdotte delle novità in materia di bonus e incentivi che riguardano non più solo il singolo appartamento, ma l’intero condominio. Da quest’anno sarà infatti possibile detrarre le spese anche per la verifica sismica, con un recupero degli investimenti effettuati non più in dieci anni, ma in cinque. Benefici che

sono estesi anche ai comuni classificati in zona sismica 3. Il provvedimento del governo offre poi incentivi per la ristrutturazione antisismica per aumentare il livello di sicurezza sia delle singole unità immobiliari (fino all’80% della spesa sostenuta) sia per i condomini (fino al’85% del totale)

I NUMERI

DEI TERREMOTI IN ITALIA 40 miliardi

il costo per mettere in sicurezza gli edifici pubblici italiani

93 miliardi

il costo per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio nazionale

145 miliardi

il costo dei terremoti negli ultimi 50 anni

6.159 (su 7.983)

i comuni italiani a essere dotati di piani di emergenza

963 milioni

del fondo nazionale di prevenzione del rischio sismico (legge 77 del 2009)

660

gli interventi conclusi (su 4.000 previsti)

1.608

gli studi di micro-zonazione (finanziati con la legge 77 del 2009)

916

gli studi conclusi

7 miliardi

per la ricostruzione post terremoto del Centro Italia

6 miliardi

per l’edilizia privata e le attività produttive

1 miliardo

per l’edilizia pubblica

11,6 miliardi

incentivi per le misure antisismiche (e di efficienza energetica) dal 2017 al 2032


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› FIRMITAS ARCHITETTI PER L’EMERGENZA

CI CHIAMAVANO INGEGNERI Sei architetti volontari raccontano la loro esperienza tra le macerie nelle zone colpite dal sisma nel Centro Italia. Un’iniziativa del presidio dell’Ordine degli Architetti di Bergamo coordinati dalla Protezione Civile provinciale «Ci chiamavano ingegneri. Proprio così, ingegneri». A parlare sono Gianluca Erroi e Marco Persico, due architetti dell’Ordine di Bergamo impegnati nella squadra P490 come volontari nei sopralluoghi ad Accumoli, paese distrutto dal terremoto del 24 agosto dello scorso anno. «Ci chiamavano così forse perché, secondo una convinzione diffusa, il compito di censire i danni di un sisma appartiene più alla figura dell’ingegnere che non a quella dell’architetto. Noi architetti, in contesti di questo tipo, siamo considerati un po’ fuori luogo, quasi non all’altezza». Così non è stato, almeno per quanto riguarda

Ci chiamavano così forse perché il compito di censire i danni del sisma appartiene più alla figura dell’ingegnere che dell’architetto il lavoro svolto dalle tre squadre di architetti (oltre a Erroi e Persico, Maurizio Orlandi, Andrea Fischetti, Monica Aresi e Silvia Vitali) del Presidio Oab (Ordine degli Architetti di Bergamo), che tra la fine di settembre e i primi di ottobre sono state impegnate a censire e valutare le condizioni statiche di centinaia di case ad Accumoli in provincia di Rieti e a San Ginesio in provincia di Macerata. Gli architetti del presidio bergamasco non sono nuovi ad azioni di emergenza volontaria: operano in stretto contatto con la protezione civile provinciale, che indica loro tempi e luoghi di intervento. «L’esperienza che abbiamo vissuto nei luoghi

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del terremoto – sostiene Erroi – ha dimostrato che anche le convenzioni più radicate possono essere scardinate. L’insegnamento che ho tratto da questa esperienza drammatica riguarda la specificità del nostro ruolo, la sensibilità culturale dell’architetto, la sua forma mentis, fattori questi che gli consentono anche di contribuire alla rinascita di quelle realtà colpite dalla furia del sisma». «Questa esperienza – ribadisce Persico – ci lascia una certezza: che all’architetto, e solo a lui, è riservato il difficile compito di ricucire quell’indissolubile legame tra la pietra e l’uomo». Un’altra squadra, la P670 composta da Maurizio Orlandi e Andrea Fischetti, ha lavorato alle operazioni di verifica dell’agibilità degli edifici colpiti dal sisma di Arquata del Tronto nel comune di San Ginesio. Compito dei tecnici era compilare le schede di ogni singolo edificio devastato dal sisma, completato con interviste ai proprietari e reportage fotografici. Al termine, le squadre ritornavano al centro di coordinamento dei soccorsi per definire il giudizio di agibilità di ogni singolo fabbricato esaminato. «Ciò che ci ha più colpiti – affermano Orlandi e Fischetti – è stato l’aspetto umano. Siamo stati accolti dalle persone come degli angeli soccorritori, anche quando dovevamo comunicare loro l’inagibilità della casa». A San Ginesio ha lavorato anche la squadra P669 di Monica Aresi e Silvia Vitali. Un comune, quello sui monti Sibillini, che simboleggia l’Italia bella e unica, ma allo stesso tempo fragile. Un’Italia impareggiabile dal

punto vista del paesaggio, fatto di contrade, monasteri, fattorie, palazzi nobili, case sparse, e dell’arte. «Pur da un esame speditivo qual è stato il nostro – affermano i due architetti – abbiamo rilevato un’infinità di errori costruttivi: murature discontinue o non ammorsate, assenza di connessioni tra gli orizzontamenti e i muri perimetrali, sfilamento di travi e travetti dei solai, presenza di murature a secco, inefficienza di presidi e rinforzi locali, solai appoggiati al solo paramento interno delle

Abbiamo documentato un’infinità di errori costruttivi: murature discontinue, assenza di connessioni, sfilamento di travi e travetti dai solai, presenza di murature a secco, coperture spingenti e pesanti murature, coperture spingenti e pesanti e così via. Tutti fattori, quelli riscontrati nei numerosi sopralluoghi effettuati, che davano l’idea immediata della debolezza intrinseca degli edifici ordinari». Nel loro lavoro di indagine, gli architetti dell’Ordine di Bergamo hanno rilevato anche tracce di presunti consolidamenti, realizzati anche di recente; interventi che hanno ignorato la struttura esistente e optato per l’utilizzo di criteri costruttivi che si utilizzano invece per i nuovi edifici. Oltre a quelli descritti, sono stati notati cordoli e coperture in cemento armato non ammorsati alle murature, murature irregolari e con giunti e letti di malta quasi del tutto mancanti

Una squadra degli architetti volontari di Bergamo in un sopralluogo con il commissario alla ricostruzione in Centro Italia, Vasco Errani. Sotto, due immagini di San Ginesio colpita dal terremoto.


› FIRMITAS RENZO PIANO E LA RICOSTRUZIONE

foto ©Marco Nirmal Caselli

HO UN PROGETTO E DIREI CHE È UN PO’ FORTE La sintesi dell’intervento di Renzo Piano, pronunciato nell’aula del Senato il 29 settembre scorso nel corso del primo dibattito sul terremoto in Centro Italia «In relazione al sisma del Centro Italia, nella mia attività di senatore a vita, per rendere utile questo mio ruolo, ho pensato a un progetto. Da tre anni, nella mia stanza di Palazzo Giustiniani mi occupo di periferie: un tema dei nostri tempi. Ma c’è un tema ancora più urgente e riguarda il sisma. È un progetto che intendo affrontare come senatore a vita, utilizzando il gruppo di lavoro che ho costituito, per il quale non intendo chiedere nulla in più di ciò che mi viene attribuito in relazione al mio ruolo. Serve un progetto generazionale, che deve durare forse due generazioni, mezzo secolo. Un progetto di lungo termine: si tratta

di salvaguardare il Paese e il suo patrimonio abitativo. Vorrei occuparmi delle case, per concentrare lo sforzo e perché la casa è il rifugio di noi tutti. La casa come luogo del silenzio, in cui ritroviamo noi stessi. Un luogo sicuro per definizione. In passato ho lavorato su questi temi e il primo passo da compiere è la diagnostica. Per fare ciò serve entrare nel campo della scienza e uscire da quello dell’opinione e per farlo occorre introdurre il concetto di diagnosi. La diagnosi scientifica si applica anche al costruito, così come avviene in medicina. La diagnostica degli edifici è il punto di partenza, perché la precisio-

ne della diagnostica consente di passare subito alla cantieristica leggera. Come in medicina, più la diagnosi è precisa più la chirurgia diventa leggera. Oggi esistono tecnologie non invasive. Perché è così importante la diagnostica? Per una ragione umana fondamentale:

«Se cerchi un uomo c’è sempre una casa. Bisogna ricostruire tra le pietre, le soglie e la gente che le abita» perché le persone non devono essere allontanate dalla propria casa. Esiste una connessione fortissima tra la casa e chi la abita, tra le mura e coloro i quali stanno al

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foto Dipartimento di Protezione Civile

loro interno. È un’unità inscindibile e non è immaginabile separarle. Non dover spostare gli abitanti dalla propria casa significa anche ridurre i costi di intervento: fisici, economici, umani. Occorre allora pensare a un progetto che inizi subito e che sia destinato a durare nel tempo. Il nostro Paese è bravissimo nell’intervenire nell’emergenza. La Protezione Civile italiana è un grande esempio internazionale. Siamo meno bravi sulle cose da fare in tempi lunghi. Propongo di fare dieci prototipi. Non bastano le parole e nemmeno serve scrivere. Bisogna creare esempi, costruire dei prototipi. Occorre costruirli lungo i paesi dell’Appennino, nella zona sismica italiana per eccellenza.

«Siamo custodi della bellezza italiana. Spesso però ce ne dimentichiamo. Dal sisma dobbiamo trarre una lezione culturale» Occorre selezionare con attenzione tra il patrimonio residenziale vetusto e quello del dopoguerra. Poi serve parlare di tecniche costruttive: la pietra, il laterizio, le strutture miste, il cemento. Nel dopoguerra italiano sono stati costruiti edifici spaventosi per quanto riguarda la sicurezza. Realizzare i dieci prototipi è quindi fondamentale. L’idea è di realizzarli nei prossimi anni, non nei prossimi cinquanta. Le competenze ci sono. Per farlo occorrono alcune cose: un’organizzazione e risorse finanziarie distribuite nel tempo. Stiamo parlando di un patrimonio residenzia-

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le di 10-11 milioni di case che è quello collocato sulle cime degli Appennini, un patrimonio fatto di borghi. Un patrimonio che può essere messo in sicurezza, in salvaguardia. Non so dire quanti soldi occorrano, ma sono risorse che possono essere trovate nei bilanci di ogni anno. E sono risorse che rientrano immediatamente in circolo, perché vogliono dire microfinanziamenti, microimprese, microcantieri. Torno a parlare, come fatto per le periferie, di rammendo. Si tratta di iniziare a rammendare e non smettere più. Dobbiamo anche abbandonare il terreno oscuro della fatalità. La fatalità non esiste. Il terremoto ci accompagna da sempre. Non è fatale però che non si reagisca. La natura non è cattiva e nemmeno buona. La natura è indifferente. Però, la natura ci ha dotati dell’intelligenza, che è una dote naturale. Che ci ha permesso nel tempo di difenderci, costruire case, argini, infrastrutture. Occorre smettere di parlare di fatalità.

«Propongo di fare dieci prototipi. Non bastano le parole e nemmeno serve scrivere. Bisogna creare esempi, costruire dei prototipi. Occorre costruirli lungo i paesi dell’Appennino, nella zona sismica italiana per eccellenza» Esiste anche una responsabilità collettiva. Accettiamo l’idea di essere entrati in una fase diversa dal passato e accettiamo la responsabilità collettiva. Chiudo con un’altra considerazione rivoluzionaria. Noi italiani ci siamo assuefatti

alla bellezza del nostro Paese e questo senza rendercene conto. Mi riferisco alla bellezza delle nostre cento città, dei cento, mille, diecimila borghi. In particolare quelli dell’Appennino, che sono quelli più a rischio. La bellezza di quei luoghi non appartiene a noi, ma al mondo: quei borghi appartengono al mondo in quanto patrimonio dell’umanità. Ci accorgiamo della bellezza

«La fatalità non esiste. Il terremoto ci accompagna da sempre. Non è fatale però che non si reagisca. La natura non è cattiva e nemmeno buona: la natura è indifferente. Ma la natura ci ha dotati dell’intelligenza» che ci circonda solo quando ci crolla addosso. In questa considerazione c’è qualcosa di sbagliato. Noi siamo custodi di una bellezza straordinaria, che ci viene invidiata e di cui dobbiamo essere custodi. Una bellezza che abbiamo ereditato e che dobbiamo restituire ai nostri figli e nipoti. Se continuiamo a rimanere disattenti rischiamo di essere eredi indegni. Non lo siamo, ma potremmo diventarlo, se non stiamo attenti. Per questo serve un progetto di lunga durata. Un progetto generazionale, attraverso l’azione delle scuole, tra i giovani che tra vent’anni saranno uomini. Il nostro è una Paese bellissimo, ma fragile. E della sua difesa io sento la responsabilità. Essere senatore a vita è un privilegio. L’idea di difendere il mio Paese, anche da qui, mi piace. Un’idea, un progetto che ben si adatta all’istituto di senatore a vita. E questo è il progetto che vi propongo»


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PARLA IL PROJECT MANAGER DI CASA ITALIA

SERVE UN CAMBIO DI PARADIGMA All’ex rettore del Politecnico di Milano, Giovanni Azzone, il compito di coordinare una squadra di esperti e preparare un piano di prevenzione sismica di lungo periodo. Quattro i pilastri del lavoro: datebase unico, progetti pilota, nuove politiche di prevenzione, formazione. Per un progetto che deve durare più generazioni Giovanni Azzone – ingegnere, milanese, 54 anni, fino a pochi mesi fa rettore del Politecnico di Milano, da un anno circa presidente di Arexpo – dal 2 settembre del 2016 è stato nominato project manager di Casa Italia, il progetto di messa in sicurezza sismica del territorio italiano. Un incarico che l’ex premier Renzi gli ha affidato subito dopo il terremoto del 24 agosto scorso che ha colpito il Centro Italia. Un incarico del tutto nuovo nel panorama nazionale per un’operazione inedita per la politica italiana: quella di mettere a punto un piano nazionale pluridecennale per la messa in sicurezza del territorio nazionale e dei suoi edifici. Un piano generazionale, di lungo periodo, per passare dall’emergenza alla prevenzione. Un compito non facile, da mettere a punto in dodici mesi, caricato sulle spalle esperte del professore milanese. Al project manager di Casa Ita-

lia abbiamo rivolto alcune domande. A distanza di qualche mese dal suo incarico ci conferma i pilastri dell’azione di Casa Italia? Confermo quanto dichiarato all’inizio del mandato. Stiamo lavorando su quattro fronti contemporaneamente e lo stiamo facendo - io e gli altri quattordici esperti - con una struttura molto snella e senza costi per lo Stato. Compito degli esperti è definire un progetto di lungo periodo per accrescere la prevenzione del rischio sismico e sociale in Italia. Un piano che, una volta approvato dal governo, darà vita a una struttura tecnica stabile per un’attività di coordinamento di tipo continuativo. È un lavoro progettuale composto di quattro blocchi. Il primo riguarda la sistematizzazione delle banche dati esistenti in materia di fragilità, vulnerabilità, pericolosità ed esposizione al rischio. Un’attività oggi

frammentaria e dispersa che ha bisogno di essere unificata e resa pubblica. Il secondo fronte di lavoro riguarda l’attività con il gruppo di Renzo Piano, il G124, per l’individuazione e la realizzazione di alcuni cantieri emblematici. Il nostro compito è identificare i luoghi più opportuni e le tipologie edilizie su cui dare vita a veri e propri cantieri sperimentali. A oggi abbiamo definito, e sottoposto alla presidenza del Consiglio dei ministri, un primo elenco di comuni adatti a ospitare i cantieri-pilota. Il terzo fronte su cui stiamo lavorando è la ricognizione delle politiche adottate in Italia in questi ultimi anni per evidenziare i punti di forza e di debolezza del sistema. Questi tre fronti dovrebbero dar luogo al piano generale di prevenzione, che indicherà il quadro informativo, le ipotesi di intervento a partire dai cantieri concreti e

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› FIRMITAS poi l’indicazione delle politiche di intervento più idonee. Il quarto fronte? Il quarto pilastro della nostra azione, forse il più importante, riguarderà la formazione. Agiremo su due livelli: il primo nei confronti della collettività, il secondo dei professionisti, del sistema delle imprese e dei numerosi committenti pubblici. Ci può dire qualcosa di più del lavoro con il senatore Renzo Piano e il suo gruppo? Gli esperti di Casa Italia stanno lavorando congiuntamente con il gruppo G124 sul tema della progettazione dei dieci cantieri simbolici sui cui, in un momento successivo, verranno realizzati gli interventi di ristrutturazione edilizia. Per fare ciò serviranno delle risorse e quest’attività farà parte della seconda fase del progetto. A oggi abbiamo selezionato e individuato una trentina di luoghi idonei. Quali sono i tempi di Casa Italia? Dopo l’estate termineremo la prima fase del nostro lavoro, sia quella informativa sia sui cantieri. L’obiettivo è realizzare tutto ciò a legislazione ordinaria, per rendere trasferibili alle amministrazioni pubbliche le esperienze concrete che andremo a realizzare. Negli scorsi mesi abbiamo sentito parlare di micro-zonazione sismica. Di cosa si tratta? La prima fase del lavoro, quella informativa sulle banche dati, avrà come area di analisi il singolo comune. Per ciascuno degli oltre ottomila comuni italiani saremo in grado di fornire il grado di pericolosità sismica, idrogeologica, vulcanica. L’obiettivo successivo, quando avremo una struttura organizzativa stabile, è di arrivare a un’analisi a livello del singolo edificio. Con due tipi di informazioni essenziali: le caratteristiche del terreno e poi quelle dell’edificio, per stabilire modalità di intervento idonee. Qual è il motivo per cui indagate tutte le tipologie di rischio? Spesso, come è avvenuto per il caso tragico di Rigopiano, abbiamo due eventi di rischio congiunti, che amplificano il rischio stesso. Dobbiamo sì occuparci degli edifici, ma anche del sistema delle infrastrutture che vi gravitano attorno e all’economia locale. In altre parole, possiamo realizzare interventi ben fatti, ma in luoghi disabitati. Quindi occorre capire le sorgenti di rischio che agiscono sul luogo per affrontarle complessivamente. Ciò complica il nostro lavoro, ma questo è il problema che dobbiamo affrontare. Sino a oggi mi pare che i problemi siano stati affrontati con logiche parziali, settoriali, occasionali. Noi dobbiamo guardare alle interdipendenze. Un’attività utile, ad esempio, qualora si dovesse ricorrere allo strumento del bonus sismico, che potrebbe essere differenziato in relazione alla presenza di altri rischi contemporaneamente. [ 80 ]

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A suo avviso cos’ha impedito finora di affrontare il rischio sismico in modo organico? Non saprei, ma ciò che posso dire è che serviva un cambio di strategia per passare da politiche frammentarie, verticali, casuali a politiche organiche durature. Casa Italia è un cambio di rotta che punta a un piano ventennale, anzi senza limiti di tempo. Non possiamo pensare di sistemare lo stock di abitazioni e poi pensare che nulla

sicurativa fosse di cento euro ad alloggio, vorrebbe dire che il costo post-sisma per lo Stato sarebbe di tre miliardi di euro l’anno. Che è il costo medio annuale che lo stesso Stato sostiene per la ricostruzione. Quindi, da un punto di vista strettamente economico, se le compagnie assicurative chiedessero meno di cento euro converrebbe assicurarsi, se dovessero chiedere di più non converrebbe. È un tipico tema di domanda e offerta

più accada. La città, come l’edificio, è un organismo vivente. Dobbiamo metterci nella prospettiva di una politica che pensi in modo organico alla sicurezza del Paese.

Amatrice il giorno dopo la prima scossa del 24 agosto 2016 (foto courtesy Dipartimento di Protezione Civile).

Non saprei dire esattamente cosa non abbia funzionato in Italia nella prevenzione sismica ma ciò che serve è un cambio di strategia per passare dalla frammentarietà a politiche organiche e durature Un’ultima domanda. Alcuni esperti sottolineano l’importanza del sistema delle assicurazioni come soluzione al problema dei costi di costruzione. Lei cosa ne pensa? La soluzione dipende dal tipo di obiettivo che si intende perseguire. Se l’obiettivo è la salvaguardia della vita umana, il tema non è rilevante. Se invece ci poniamo la domanda a chi spetta intervenire a valle di un sisma, se allo Stato o ai singoli, per rispondere dobbiamo distinguere i piani. Nel primo caso sono i contribuenti, a partire da quelli a maggior reddito, a dover sostenere i costi della ricostruzione. Nel secondo è il modello assicurativo che pone in capo ai singoli il costo, in relazione al maggiore o minore grado di rischio sismico esistente. È una scelta politica. Non esiste una soluzione corretta a priori. In Italia ci sono trenta milioni di alloggi. Se la polizza as-

GLI ESPERTI DI CASA ITALIA Oltre al project manager Giovanni Azzone ecco i nomi degli altri esperti che compongono il team di Casa Italia. Massimo Alvisi architetto Michela Arnaboldi ingegnere gestionale Alessandro Balducci urbanista Marco Cammelli giurista Guido Corso giurista Daniela De Leo urbanista Carlo Doglioni geologo Manuela Grecchi tecnologia dell’architettura Massimo Livi Bacci demografo Maurizio Milan ingegnere strutturale Fabio Pammolli economista Pietro Petraroia beni culturali Davide Rampello attività culturali Piercesare Secchi statistico


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MENSA SCOLASTICA

AMARE AMATRICE Il progetto di Stefano Boeri, operato con i fondi raccolti dal Corriere della Sera e La7, punta a ricostruire subito la vita della comunità con un polo gastronomico che sia anche luogo di incontro e nuovo motivo di richiamo turistico

La mensa di Amatrice, inaugurata il 23 dicembre scorso, è un refettorio scolastico ma anche un punto di aggregazione e in estate, insieme ad altre strutture, sarà il fulcro di un polo gastronomico che potrà diventare un richiamo turistico per la località del reatino. Accanto, Stefano Boeri con Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, e il direttore de La7 Enrico Mentana il giorno dell’inaugurazione.

La grande vetrata che si apre sui Monti della Laga è l’essenza del refettorio di Amatrice inaugurato la vigilia di Natale dopo soli 28 giorni di cantiere. Ovvero, parafrasando Marshall McLuhan, qui l’architettura è il messaggio, e il messaggio è la volontà di restituire rapidamente a questa comunità la bellezza del luogo, su cui si fonda anche larga parte dell’economia bruscamente interrotta dalla prima scossa del 24 agosto. Un’opposizione all’irreversibilità del terremoto «che in un secondo cancella storie di secoli e la memoria collettiva di decenni» – ci spiega Stefano Boeri, che da subito si era messo a disposizione dell’iniziativa nata dalla campagna di sottoscrizione lanciata dal Corriere della Sera e La7 – e che però precisa «operando per la ricostruzione è fondamentale essere consapevoli di questa discontinuità tra il prima e il dopo. Perciò è importante coinvolgere i cittadini e in questo caso anche gli abitanti non residenti, i proprietari di seconde case legati da molto tempo a questi luoghi. Perché dopo l’emergenza occorre salvare la comunità e le forme della sua economia.

Ma bisogna avere il coraggio di affrontare anche la costruzione del nuovo, partendo da analisi approfondite e interdisciplinari, a cominciare dalle valutazioni geologiche» – prosegue l’architetto milanese, che non crede molto nel ‘com’era dov’era’. «Dove è possibile è anche giusto ricostruire com’era, per non perdere i simboli della memoria

collettiva, che però non va confusa con il pittoresco, altrimenti rischiamo di costruire dei falsi. Non si tratta solo di questioni legate alla sicurezza, per coraggio intendo dire che bisogna riconoscere che la storia cambia, che molti borghi dell’Appennino centrale sono in larga parte abbandonati perché nel corso degli anni coloro che li

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› FIRMITAS abitavano si sono trasferiti in città, o anche che edifici costruiti con funzioni agricole oggi sono utilizzati esclusivamente come residenze turistiche». La mensa da poco inaugurata è, nelle parole di Boeri «una piazza. Un posto in cui gustare i prodotti tipici. Ma anche un luogo dove incontrarsi, per giocare e stare insieme, in uno spazio polifunzionale aperto verso le montagne con una grande vetrata». Si tratta della prima delle strutture del nuovo polo della ristorazione che si chiamerà Amate Amatrice e che prevede la costruzione, sempre con elementi modulari prefabbricati in legno, di nove ristoranti di diversa capienza (da 85 a 500 mq, secondo le richieste dei diversi ristoratori), da realizzare intorno a uno spazio pubblico aperto, costituito da una pavimentazione esterna pedonale, attrezzata con sedute e illuminazione, e uno spazio centrale sistemato a verde e attrezzato con sedute. Un polo turistico-gastronomico che alla fine darà lavoro a 130 persone. La mensa, con involucro esterno e strutture portanti costruite con elementi prefabbricati in legno, serramenti perimetrali in alluminio e vetrocamera e una copertura in lamiera coibentata, occupa una superficie di 490 mq e contiene una sala da pranzo per circa 150 posti a sedere, un’area bar aperta e una serie di spazi di servizio destinati a cucine e locali tecnici e di servizio. Gli ambienti interni sono delimitati da partizioni a secco e la pavimentazione è in cemento elicotterato (in grès per i locali di servizio e la cucina). L’edificio è stato costruito in 28 giorni al solo costo dei materiali da un’Ati guidata da DomusGaia insieme alla Filiera del

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Legno Fvg. Del resto le prime esperienze sistematiche riguardanti le capacità strutturali del legno nelle costruzioni si fecero proprio in Friuli, nel corso della ricostruzione successiva al terremoto del 1976. È da allora che dovremmo avere imparato che gli edifici non si consolidano aumentandone il carico superiore

Antonio Morlacchi

SCHEDA Soggetto Promotore Comitato Un aiuto subito terremoto Centro Italia 6.0 promosso da Corriere della Sera e La7

Soggetto Beneficiario Comune di Amatrice Progettazione architettonica Stefano Boeri Architetti (Stefano Boeri, Corrado Longa, Marco Giorgio, Julia Gocalek, Daniele Barillari)

Progettazione strutturale Ing. Mirko Degano, Ing. Loris Borean

Progettazione impiantistica Ing. Paolo Zuccolo Progettazione urbanizzazioni Arch. Sandro Stefanini Valutazioni economiche Gad Srl Soggetto appaltatore Filiera del Legno Friuli Venezia Giulia – Ati Domusgaia Srl e Legnolandia Srl

La pianta della mensa e un render del futuro polo della ristorazione di Amatrice (©Stefano Boeri Architetti). A sinistra, immagini del cantiere (foto ©Francesco Mattuzzi e ©Stefano Boeri Architetti).


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Sezione orizzontale Nodo Trave-Serramento

UN’OPERA DELLA FILIERA DEL LEGNO FVG La mensa di Amatrice è stata costruita in 28 giorni da un’Ati guidata da DomusGaia insieme alla Filiera del Legno Friuli Venezia Giulia. Anche a causa dei tempi dettati dall’emergenza, per quest’opera non esistevano soluzioni tecniche standardizzate: per fornire prestazioni importanti con il migliore rapporto costi-benefici è stata sviluppata una ricerca ad hoc dal punto di vista dei materiali e degli impianti che ha comportato una serie di approfondimenti specifici relativi anche al luogo di costruzione.

LA SCELTA DEL LEGNO Per le sue doti antisismiche il legno è un materiale da costruzione ideale: leggero, elastico e flessibile, assorbe le sollecitazioni ed è in grado disperderle nel terreno attraverso le fondazioni, deformandosi in modo reversibile senza subire danni. Un edificio in legno non è un corpo monolitico, ma si compone di elementi uniti tra loro attraverso connessioni meccaniche che assorbono e compensano le vibrazioni fungendo anche da elementi di dissipazione.

INTEGRAZIONE CON L’AMBIENTE Amatrice si adagia all’interno di una vallata attorniata dagli Appennini. Per questo sono state studiate

soluzioni architettoniche specifiche per minimizzare l’impatto ambientale e massimizzare il rapporto tra edificio e paesaggio. La mensa infatti si affaccia sui Monti della Laga per mezzo di un’ampia vetrata che sfrutta i principi della bioclimatica. Le facciate continue, sostenute da telai in alluminio, sono costituite da vetrocamera con vetro basso-emissivo e basso fattore G, per minimizzare la dispersione termica, mentre lo sporto della copertura la protegge dal surriscaldamento estivo. Tutti i compiti strutturali sono demandati alla struttura in legno mentre la vetrata funge da tamponamento. La costruzione principale è stata realizzata Pilastro 160x400 con pilastri e travi in legno lamellare a Telaio in alluminio vista e completata con pareti a telaio Vetrocamera sfruttando un isolamento in fibra di legno e rivestimento in pannelli di larice finemente lavorati. La mensa, con i suoi 50 mc di legno, è caratterizzata da elementi snelli in grado di coprire ampie luci. Sia per la sua importanza in termini sociali, sia per le sue dimensioni, rappresenta un’opera Sezione orizzontale importante, in grado di dimostrare le contenerlo. nodo trave-serramento grandi potenzialità di questo materiale. Per garantire l’arieggiamento dei La soluzione adottata per la facciata locali interni sono stati previsti alcuni Nodoapribili Finestremediante - PILASTROazionamento vetrata consiste nell’inserimento del TAVOLA:elementi Scala: 1:20 vetro all’interno di un profilo di alluminio meccanico motorizzato. fissato direttamente sulla struttura verticale in legno che va quindi a www.filieralegnofvg.it GSPublisherEngine 227.10.99.99

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AUDITORIUM, L’AQUILA

I CUBI MUSICALI DI RENZO PIANO Un progetto di elevato valore simbolico, voluto da Renzo Piano e Claudio Abbado dopo il terremoto dell’Aquila per ritrovare attraverso la musica il senso di una comunità. È in legno, materiale antisismico, che qui dialoga con la pietra del Forte cinquecentesco

In alto, il disegno dell’Auditorium così come è stato pensato da Renzo Piano. Nella pagina a fronte, i volumi in legno colorato del nuovo spazio musicale del capoluogo aquilano (©Rpbw - Renzo Piano Building Workshop).

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Inaugurato il 7 ottobre 2012 alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con un concerto dell’Orchestra Mozart diretta da Claudio Abbado, l’Auditorium dell’Aquila era stato pensato come un impianto temporaneo da utilizzare in alternativa al “Nino Carloni”, la sala da concerti ricavata in una delle torri del Forte Spagnolo resa inagibile dal terremoto del 2009. L’edificio si compone di tre volumi cubici in legno della Val di Fiemme (la stessa località che per secoli ha fornito la materia prima ai maestri liutai di Cremona) disposti in maniera apparentemente casuale, come se fossero rotolati sul terreno del parco antistante lo stesso castello, con le cui pietre cinquecentesche dialogano anche nel contrasto cromatico. Il volume più grande, di 18,5 metri di lato ma vistosamente inclinato e parzialmente incastrato nel terreno, tanto che lo spigolo anteriore raggiunge un’altezza di soli 9

metri dal suolo, è quello dell’auditorium vero e proprio, che all’interno contiene 238 posti a sedere disposti a gradinata su 8 file (con altre due file dietro il palco dell’orchestra, all’occorrenza occupate dal coro). Ad esso sono collegati, alla quota di circa un metro mediante passerelle coperte in parte vetrate, i due volumi minori del foyer con biglietteria e caffetteria e, sui livelli superiori e inferiore, vani di servizio e impianti, e quello degli artisti, con accesso esterno per strumenti e attrezzature ingombranti. Antistante il foyer, un deck prolunga all’esterno il servizio della caffetteria, creando un polo di attrazione che invita alla sosta e alla conversazione. Nella loro astrattezza, i volumi dissimulano la presenza di un edificio vero e proprio. Sono cioè non forme o, piuttosto, forme pure, che si confrontano il più silenziosamente possibile con la massa compatta e tesa del Forte cinquecentesco. I loro assi

si proiettano in una piazza esterna, che si sviluppa nel parco di fronte all’auditorium e che in estate può trasformarsi in platea per spettacoli all’aperto in grado di ospitare 500 persone. Le facce esterne dei cubi, rivestite in doghe di larice di 25 cm di larghezza e 4 di spessore, colorate e protette con trattamenti volti ad assicurare un omogeneo processo di ossidazione nel tempo, sono tra loro diverse e declinate secondo criteri architettonici vari e alternati che rendono l’edifico vivo, leggero e vibrante, e caratterizzate da una serie di incidenti che alterano l’omogeneità e la stereometria della superficie. Come i vani scala contenuti in volumi vetrati sovrapposti alle superfici lignee, le superfici color rosso sangue in corrispondenza degli spazi di collegamento, le scale di sicurezza aggrappate alle facciate, le canalizzazioni dell’impianto di condizionamento che, nella parete posteriore del foyer, fuoriescono dalla facciata, trattata


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› FIRMITAS con finitura cementizia. All’interno dell’auditorium, la superficie in legno grezzo delle pareti è attrezzata con una serie di pannelli acustici che riflettono il suono orientandolo verso il pubblico. Anch’essi in legno ma con finitura di elevata qualità, i pannelli appaiono come sospesi nello spazio, in alcuni casi sovrapponendosi alle pareti verticali, ma sempre staccati da esse, in altri casi appesi dall’alto, mentre sui lati del palco due pareti acustiche di circa due metri di altezza riflettono il suono verso l’orchestra creando condizioni di ascolto ottimali. La costruzione, sostenuta dalla Provincia Autonoma di Trento, ha coinvolto studenti di ingegneria delle università dell’Aquila e di Trento che hanno così avuto modo di maturare un’esperienza concreta di cantiere

A sinistra in alto, la pianta del piano terra dell’Auditorium; in basso, la sezione longitudinale. Nella pagina a fronte, in alto, la sezione trasversale (© Rpbw - Renzo Piano Building Workshop); sotto, un concerto all’interno della struttura musicale (foto ©Marco Nirmal Caselli).

SCHEDA Progetto Auditorium del Parco Località L’Aquila Cliente Provincia Autonoma di Trento Progetto Renzo Piano Building Workshop in collaborazione con Atelier Traldi, Milano

Team di progettazione P. Colonna, C. Colson, Y. Kyrkos

Impianti Favero & Milan Progetto acustico BBM Progettazione paesaggistica Studio Giorgetta Progettazione antincendio Gae Engineering Progetto della sicurezza Mew Engineering Periodo 2010-2012

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OPIFICIO SALPI, PRECI

IPOGEO UMBRO Pensato per minimizzare l’impatto ambientale, l’opificio progettato da Enzo Eusebi+Partners nel parco dei MONTI Sibillini si è dimostrato anche un’eccellente soluzione antisismica

Opificio Salpi: l’edificio della produzione, parzialmente interrato e con una copertura verde (pagina di destra in alto) si apre sulla vasca al piano terra del complesso. Il corpo uffici, rivestito in legno di castagno, poggiato su pilotis in acciaio emerge alla vista (foto Nothing Studio, ©Piero Savorelli).

Il terremoto del 30 ottobre scorso con epicentro tra Norcia e Preci non ha minimamente scalfito l’opificio Salpi, che da più di tre anni produce prosciutti di Norcia Igp nel parco dei Monti Sibillini. Probabilmente perché, oltre alla qualità della progettazione e della costruzione, in una struttura ipogea l’accelerazione che si trasmette alle strutture è di un terzo rispetto a quella che si scarica sulle parti fuori terra. Ispirato alla filosofia e agli standard costruttivi Leed lo stabilimento, parzialmente interrato e con una copertura a verde del blocco produttivo di 7.000 mq, si sviluppa con un layout a ‘C’ con l’area delle lavorazioni aperta su una vasca d’acqua al centro della quale si erge, su pilotis in acciaio, il corpo degli uffici, il solo elemento del complesso che emerge chiaramente dal pendio collinare. Il progetto dell’opificio è stato concepito

da Enzo Eusebi+Partners con una forte attenzione all’ambiente, sia dal punto di vista estetico e paesaggistico sia per gli aspetti energetici e la scelta dei materiali. La copertura a verde, ad esempio, oltre a minimizzare l’impatto visivo dell’impianto nel paesaggio circostante, garantisce isolamento termico sia estivo sia invernale, riduzione dei picchi di deflusso idrico e dell’inquinamento acustico, mitigazione del microclima, fissaggio delle polveri sottili e risparmio sui costi di manutenzione. Il manto erboso, che in parte riproduce il profilo collinare, sarà in futuro piantumato con un agrumeto a maglia regolare che beneficerà del calore residuo proveniente dall’impianto produttivo. Le parti fuori terra del blocco produttivo (con struttura in prefabbricato in c.a), moltiplicano lo spazio naturale sfruttando la dimensione illusoria delle finiture a spec-

chio dell’involucro. Riflettendo il sole oltre al paesaggio, la stessa superficie garantisce anche il giusto apporto di luce naturale alle aree lavorative. Le parti non specchianti fuori terra sono rivestite con facciate realizzate con un pannello sandwich caratterizzato da una lastra esterna liscia in acciaio zincato preverniciato di colore nero: un sistema di parete innovativo che alle qualità termoisolanti del pannello sandwich unisce la valenza estetica dei pannelli per facciate architettoniche.

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Il blocco direzionale, dove tagli verticali forniscono armonia e snellezza all’insieme con spazi luce intervallati a sequenze regolari, è caratterizzato invece dall’utilizzo di materiali e finiture biocompatibili, con rivestimenti di facciata in alluminio (in doghe a finitura inox da 200 mm piegate a cassetta e fissate su profili di alluminio assicurati alla superficie dei pannelli sandwich di base) e legno di castagno, essenza che vanta un’eccellente resistenza all’umidità: dimensioni, forma e volume rimangono

pressoché inalterati al variare delle temperature e delle condizioni esterne. L’area lavorativa del personale, adiacente alla vasca d’acqua su cui si erge il blocco direzionale su pilotis in acciaio, si proietta su un ampio spazio verde aperto, con un leggero dislivello rispetto al piano di campagna, consentendo uno stacco netto dalla ripetitività dell’attività lavorativa. Uno specifico sistema di gestione e stoccaggio delle acque meteoriche garantisce poi la riduzione della produzione di acque

SCHEDA Località Preci, Z.I. Il lago Committente Salpi Uno Srl Anno di progetto/realizzazione 2010/2015 Progetto architettonico Enzo Eusebi con Nothing Studio (Y. Consorti, F. Varese)

Strutture G. Figliola (consulente), Nothing Studio, Promo SpA (facciate)

Progettazione impiantistica G. D’Ottavi Imprese costruttrici Di Carlo Srl (strutture in c.a), Promo Spa (strutture in acciaio e rivestimenti)

Superficie lotto 7.000 mq

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Enzo Eusebi+Partners All’attività come progettista, Enzo Eusebi ha associato negli anni un intenso lavoro di approfondimento e riflessione critica sui temi dell’architettura sociale e sostenibile. Con una duplice formazione di ingegnere e architetto Eusebi si mantiene all’altezza delle più avanzate soluzioni estetiche proposte dalla cultura contemporanea, in un equilibrio che si rinnova in ogni sua opera, testimoniato dalle numerose realizzazioni in Italia e all’estero. I riconoscimenti ricevuti ne hanno consolidato l’immagine internazionale. Recentemente ha partecipato alla Saint Petersburg Design Week, alla Tianjin Design Week 2015 ed è stato selezionato per la direzione artistica e la progettazione del Padiglione dell’Associazione Mondiale degli Ingegneri Agronomi per Expo Milano 2015. Fondato nel 2000, lo studio ha sede a Martinsicuro (Teramo) e un ufficio aperto di recente a Pechino. www.enzoeusebi.it

DETAIL A: CONSTRUCTION SYSTEM VERTICAL SECTION - SCALE 1:30 1- ROOF COMPRISING GREEN ROOF TO VARIABLE DEPTH, NON-WOVEN FABRIC FILTRATION LAYER, 2” (50 MM) BAGGED PERLITE WATER RETENTION SUBSTRATE, DRAINAGE MAT, WATERPROOF POLYOLEFIN LAYER, NON-WOVEN FABRIC LAYER, 4” (100 MM) CONCRETE STRUCTURAL SCREED, 20 1/4” (515 MM) PRE-STRESSED EXPANDED CONCRETE SHEETS 2- DRAINAGE WELL WITH INSPECTION OPENING, LEAF GUARD AND OUTLET CONNECTED TO RAINWATER GUTTERING 3- FLOOR-TO-CEILING CONTINUOUS GLAZED FAÇADE WITH 3/8” (10 MM)

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GLASS AND ALUMINIUM FRAME, 2 1/8” (55 MM) AIR SPACE, 5 7/8” (150 MM) FOAMED POLYURETHANE AND GALVANIZED SHEET SANDWICH PANEL INFILL ANCHORED WITH STEEL L-PROFILES, PERIMETER L-BEAM 27 5/8” (700 MM) REINFORCED CONCRETE COLUMN (PARALLEL TO PLANE OF SECTION) CONCRETE GUTTER POOL FED BY RAINWATER COMPRISING STONE FLAGS, SCREED, WATERPROOFING MEMBRANE, CONCRETE FILL FINISH TO VARIABLE THICKNESS, 15 3/4” (400 MM) REINFORCED CONCRETE SLAB, GRAVEL, EARTH EAR TH, 15 3/4” (400 MM) CAST-IN-PLACE REINFORCED CONCRETE SLEEVE FOOTING, CONCRETE FILL FINISH

8- 3/4” (20 MM) IPÈ TIMBER DECKING, STRUCTURE OF 3/4” (20 MM) TIMBER BATTENS, WATERPROOFING MEMBRANE, CONCRETE SLAB WITH ELECTROWELDED REINFORCING MESH, VENTILATION SPACE WITH RECYCLED PLASTIC VOID FORMERS 9- Ø 11 3/4” (298 MM) REINFORCED CONCRETE COLUMN (PARALLEL TO PLANE OF SECTION) 10- SUSPENDED CEILING COMPRISING PERFORATED METAL PANELS ANCHORED TO SLAB BY STRUCTURE OF C-PROFILES AND DROPPERS, 3 1/8” (80 MM) ROCKWOOL RIGID INSULATION 11- SHEET ALUMINIUM DRIP MOULDING 12- 3/4” (20 MM) TRAVERTINE OF TIVOLI FLOORING, 3 1/8” (80 MM) SCREED

WITH 1 1/4” (30 MM) RADIANT PANELS, INSULATION LAYER OF 1 5/8” (40 MM) EXPANDED POLYSTYRENE PANELS, 4 3/4” (120 MM) COMPOSITE SLAB OF CONCRETE FILL OVER CORRUGATED SHEETING, HEB 230 I-BEAM (PARALLEL TO PLANE OF SECTION) 13- 1/16” (1 MM) SEAMED MIRROR-FINISH SHEET ALUMINIUM CLADDING, 4 3/4” (120 MM) FOAMED POLYURETHANE AND GALVANIZED SHEET SANDWICH PANEL INFILL, 4 3/4 X 3 1/8” (120X80 MM) BENT C-PROFILES, 3 1/8” (80 MM) ROCKWOOL RIGID INSULATION, CAVITY WALL WITH DOUBLE GYPSUM BOARD 14- SUSPENDED CEILING COMPRISING

PERFORATED METAL PANELS ANCHORED TO SLAB BY STRUCTURE OF C-PROFILES AND DROPPERS, 3 1/8” (80 MM) ROCKWOOL RIGID INSULATION 15- SHEET ALUMINIUM CAPPING 16- ROOF WITH STEEL GRILLE SUNSHADING ON ADJUSTABLE GALVANIZED STEEL PEDESTALS, POLYOLEFIN WATERPROOFING MEMBRANE, SCREED FORMING SLOPE, POLYSTYRENE FILM, 4 3/4” (120 MM) EXPANDED POLYSTYRENE RIGID INSULATION, VAPOUR BARRIER, 4 3/4” (120 MM) COMPOSITE SLAB OF CONCRETE FILL OVER CORRUGATED SHEETING, HEB 230 I-BEAM


› FIRMITAS

Altre immagini del complesso produttivo di Preci (foto Nothing Studio, ©Piero Savorelli). Nella pagina di sinistra, disegno di dettaglio delle soluzioni costruttive adottate e, sotto, prospetto ovest.

reflue e la richiesta di acque potabili. Per ciò che riguarda la riduzione dell’impatto ambientale ed economico legato all’uso di energia da combustibili fossili, il complesso è dotato di 50 moduli fotovoltaici e di dieci collettori solari per la produzione in loco di energia da fonti rinnovabili. Si tratta di un complesso di elevato valore estetico e ambientale realizzato al costo – dichiara Enzo Eusebi – di 853 euro/mq: è la prova che costruire bene si può, mentre i recenti eventi ne hanno dimostrato anche il valore in termini di sicurezza, tanto che i titolari dell’azienda hanno accolto alcuni produttori artigiani della zona che qui hanno potuto proseguire la propria produzione alimentare di pregio dopo che i loro laboratori erano usciti danneggiati dal sisma

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› FIRMITAS GENNARO MATACENA, RA CONSULTING

IMPARIAMO DAI BORBONE

Per costruire edifici sicuri dal punto di vista sismico può servire rifarsi alle regole e alle tecniche del passato, al regolamento antisismico del 1785, ad esempio. E non essere ideologici sulle tecniche da utilizzare. Il punto di vista di un architetto esperto in restauri e messa in sicurezza di edifici storici

La specializzazione dell’architetto Gennaro Matacena è il restauro monumentale, ilrecupero dei beni culturali e la progettazione di spazi museali. Ha iniziato a lavorare per la ricostruzione dell’Irpinia, dopo il terremoto del 1980 e da allora ha accumulato una vasta esperienza in costruzioni antisismiche.

Alcune immagini del castello di Postignano, interamente ricostruito seguendo rigorosi criteri antisismici dall’architetto Gennario Matacena. Il terremoto dell’Umbria del 1997 lo aveva lasciato nelle condizioni documentate nella foto a destra.

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«Mi piace ricordare che il primo regolamento per le costruzioni antisismiche venne firmato da Ferdinando IV di Borbone alla fine del Settecento, dopo un catastrofico terremoto che colpì la Calabria nel 1783». Non tutti sanno che nei regolamenti borbonici di allora venivano prescritti non solo i metodi costruttivi degli edifici (murature portanti intelaiate in legno), ma anche alcune regole urbanistiche di base, che prevedevano, per i centri abitati, le larghezze minime delle strade (per evitare che gli edifici crollassero uno addosso all’altro), le altezze degli edifici, piazze di diverse dimensioni pensate come luoghi di raccolta della popolazione in caso di emergenza. Va detto anche che furono proprio i Borbone, avvalendosi di fondi ecclesiastici, a far ricostruire i villaggi distrutti e a emanare il primo regolamento antisismico, che definiva forme e tecniche di costruzione degli edifici. Sempre in quel periodo, in Portogallo il marchese di Pombal aveva emanato un rigido regolamento per la città di Lisbona colpita dal terremoto del 1755: norme che determi-

narono il successivo sviluppo del quartiere centrale della Baixa, una zona centrale della capitale portoghese formata dall’incrocio di strade ortogonali e da architetture importanti e, soprattutto, antisismiche (i test antisismici sui nuovi edifici venivano realizzati mediante l’utilizzo di truppe in marcia a simulare le vibrazioni del sisma). «Nel nostro Paese i terremoti, specie nelle zone appenniniche del Sud, sono una realtà inevitabile, una realtà che è bene fare interamente nostra. Peraltro, per l’edilizia storica non c’è molto da fare: si tratta di edifici costruiti con

materiali poveri, in zone sismiche, malfermi, ed è inevitabile che quando si manifesta un terremoto vengano giù. Per mettere in sicurezza il nostro patrimonio, nel progettare e realizzare edifici sicuri, è bene sapere che occorre partire dal basso, dalle fondazioni. E poi un’altra cosa da tenere sempre presente è questa: è impensabile che lo Stato possa mettere in sicurezza tutto il patrimonio edilizio esistente. Può agevolare questa operazione, ma la ricostruzione dell’intero patrimonio edilizio a rischio sismico rappresenta un problema finanziariamente insormontabile, al


› FIRMITAS

quale si aggiungono le complicazioni burocratiche e l’ignoranza delle buone tecniche di intervento». In materia di terremoti, Matacena (che con i suoi tecnici ha lavorato sul borgo di Postignano in Valnerina, vicino a Perugia, vedi servizio su IoArch 60), riconosce la lungimiranza tecnica di alcuni enti, come la regione Umbria, che per la ricostruzione dopo il terremoto del 1997 ha privilegiato le unità minime di intervento come entità su cui intervenire, invece che le singole abitazioni. «Il nostro borgo di Postignano per esempio è stato suddiviso in blocchi, quindici per l’esattezza, e successivamente sono stati posati dei giunti sismici elastici per isolare un blocco di edifici dall’altro». Sul come e dove ricostruire gli edifici colpiti da un terremoto, l’architetto napoletano esprime una posizione laica. «La ristrutturazione sismica degli edifici è, a mio avviso, un tema da affrontare caso per caso. A Postignano esistevano i materiali e le fotografie che documentavano com’era prima il borgo; di conseguenza, la scelta di rifarlo così com’era è stato un atto di umiltà dell’architetto che non ha voluto lasciare ad ogni costo il proprio segno sul territorio e sulla cultura del luogo. Il borgo era parte integrante del paesaggio umbro, da tramandare ai posteri. Va anche detto che, pur ricostruito nelle sue forme originarie, il borgo oggi si integra con le più moderne tecnologie che lo

rendono abitabile e vivibile. Un’altra cosa va ribadita: i territori, le città, gli edifici devono poter avere una motivazione – abitativa, economica, turistica – per continuare a vivere. A Postignano, come da altre parti, il terremoto ha fatto danni ingenti anche perché nel corso degli anni gli edifici erano stati abbandonati, si erano ammalorati ed erano crollati su parti

Siamo custodi della bellezza italiana. Spesso però ce ne dimentichiamo. Dal sisma dobbiamo trarre una lezione culturale sane, provocandone a loro volta il crollo. L’abbandono di un luogo determina inevitabilmente un circolo vizioso difficile da spezzare». Anche per quanto riguarda le tecnologie da utilizzare, secondo l’architetto Matacena ogni caso è un caso a sè. «Non c’è una tecnologia di intervento da privilegiare. In taluni casi la scelta può anche cadere sulle strutture in acciaio. Un esempio? Una fabbrica di zucchero di canna in Calabria, un edificio del 1400 che siamo riusciti a trasformare in un ristorante sul mare. O la Fabbrica d’Armi di Mongiana, vicino a Vibo Valentia in Calabria, che ora è un museo borbonico del ferro e dell’acciaio. In quest’ultimo caso, la copertura dell’edificio non poteva poggiare sui muri portanti e, per questo, sono stati creati dei pilastri al cui interno è stata collocata una struttura autonoma in acciaio»

Gennaro Matacena - RA Consulting Fondata nel 1986 dall’architetto Gennaro Matacena, laureato nel 1970 alla facoltà d’Architettura dell’università di Napoli, RA Consulting presenta un approccio interdisciplinare sin dalla fase iniziale della progettazione, in particolare nel recupero dei beni culturali, nel restauro monumentale e nella museologia. La società ha vinto numerosi concorsi internazionali. Tra le opere più significative il restauro del museo dei Fori Imperiali nei Mercati di Traiano a Roma, il museo Mediterraneo di arte contemporanea della Zisa a Palermo, il Centro di raccolta di opere d’arte in caso di eventi catastrofici a Spoleto. Nel 1987 è diventato socio di RA Consulting l’architetto Matteo Scaramella; nel 2002 gli architetti Antonio Gravagnuolo e Albino Osnato; nel 2015 gli architetti Francesco Ferraro, Pierre Gratet e Monica Rispoli. www.raconsulting.it

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› FIRMITAS

ANTISISMICA E RESTAURO STRUTTURALE IL CASO DI POSTIGNANO LE SOLUZIONI STRUTTURALI PER IL CONSOLIDAMENTO DEL BORGO DI POSTIGNANO, VERIFICATE ALLA LUCE DELLA NORMATIVA SISMICA, SONO COERENTI CON LE LINEE GUIDE DELLA REGIONE UMBRIA PER IL RESTAURO DI EDIFICI CON VALENZA STORICO-ARCHITETTONICA, CON INTERVENTI E TECNOLOGIE SIMILI A QUELLE ORIGINALI E CON CARATTERE DI REVERSIBILITÀ. A SEGUITO DELLA VERIFICA SISMICA DELL’INTERO ABITATO, SONO STATI INDIVIDUATI QUINDICI BLOCCHI (U.M.I.) STRUTTURALMENTE AUTONOMI, E LE CONSEGUENTI POSIZIONI DEI GIUNTI SISMICI FONDAZIONI Gli edifici presentano muri che fondano a quote diverse, su terreni inclinati di consistenza non omogenea. Sono stati eseguiti scavi anche in roccia ai piani terra per realizzare cordoli in c.a. per l’allargamento delle fondazioni esistenti, ancorate perimetralmente con solette orizzontali di collegamento. In alcuni casi sono state rea-lizzate sottofondazioni murarie anche su micropali. STRUTTURE MURARIE Sono stati eseguiti interventi di consolidamento mediante iniezioni di malta con miscele a base di calci idrauliche di origine calcarea con l’aggiunta di leganti idonei a base non cementizia; ricostruzioni di porzioni di muratura crollata con intervento di scuci e

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cuci in mattoni pieni; inserimento di diatoni e catene / barre di acciaio longitudinali nei cantonali; placcaggio con piastre di acciaio di cantonali in fondazione; ristilatura dei giunti con malta composta da miscele a base di calci idrauliche di origine calcarea e l’aggiunta di leganti idonei a base non cementizia; intonaco armato con rete elettrosaldata; cerchiature delle bucature con profili di acciaio. STRUTTURE ORIZZONTALI I solai sono stati realizzati con travi di legno lasciate a vista, a sezione sbozzata rettangolare, sulle quali è stato disposto un tavolato o un’orditura secondaria di legname e pianelle di cotto sulla quale è stata realizzata una soletta armata ancorata con connettori di acciaio alle travi e perimetralmente a profilati

di acciaio ancorati alle murature con barre filettate.Per alcuni ballatoi esterni sono state utilizzate strutture di acciaio, opportunamente inghisate alle murature esistenti, rivestite di legno. Le volte sono state consolidate mediante la realizzazione di solette armate sull’estradosso, integrate a mezzo di perforazioni passanti e barre di acciaio inossidabile con possibilità di riportare in tensione la catena con capichiave, o completamente ricostruite secondo le tecniche tradizionali. COPERTURE Realizzate con struttura portante di legno, tavolato, soletta armata, isolante termico, impermeabilizzazione e strato finale con coppi di recupero simili a quelli esistenti.


› FIRMITAS

MONGIANA, DA FABBRICA A MUSEO Nel 1972 il comune di Mongiana e la comunità montana delle Serre Calabre, in provincia di Vibo Valentia, avviarono il programma di acquisizione e recupero della Fabbrica d’Armi, eredità di un complesso siderurgico realizzato nel 1852. Il restauro dello stabilimento industriale si concluse nel 2011 con la sua trasformazione in museo delle Reali ferriere borboniche, la cui inaugurazione avvenne nell’ottobre di due anni dopo. Pur non protetta – salvo che per l’atrio con colonne in ghisa alte 4,8 metri originariamente prodotte dalla ferriera stessa – da vincolo monumentale, la Fabbrica d’Armi è un edificio interessante per il suo valore di archeologia industriale.

Il progetto di restauro ha dovuto confrontarsi con un contesto ampiamente degradato, ad eccezione dell’atrio d’ingresso. I vari corpi di fabbrica, nel tempo, sono diventati abitazioni private con la realizzazione di solai, balconi e finestre. Le coperture, soprattutto nelle officine di grandi dimensioni, erano crollate. Il restauro condotto da RA Consulting ha incluso il miglioramento antisismico della fabbrica: oltre al consolidamento statico delle murature di pietrame esistenti, è stato realizzato un esoscheletro in pilastri e travi in acciaio con il compito di sostenere il carico delle nuove coperture, anch’esse realizzate con capriate metalliche di luce superiore ai 15 metri.

Nelle foto, il restauro della Fabbrica d’Armi di Mongiana. L’intervento ha previsto il miglioramento antisismico della fabbrica. Oltre a consolidare le murature esistenti, è stata realizzata una struttura composta di pilastri e travi in acciaio con il compito di sostenere autonomamente il carico delle coperture realizzate con capriate metalliche.

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› FIRMITAS

MUSEO DI STORIA NATURALE, MILANO

STORIE E SEGRETI DEI TERREMOTI

C’È TEMPO FINO AL 30 APRILE PROSSIMO PER APPROFONDIRE LE CONOSCENZE SUI TERREMOTI E PER FAR CRESCERE LA CULTURA DELLA PREVENZIONE SISMICA Fino al 30 aprile prossimo, il museo di Storia naturale di Milano ospita una mostra sui terremoti: Terremoti. Origini, storie e segreti dei movimenti della Terra. Accumoli, Arquata del Tronto, Norcia: gli eventi degli ultimi mesi ricordano che l’Italia è un territorio ad elevato rischio sismico, ma dopo ogni disastro si pongono gli stessi interrogativi: si poteva prevedere? Perché si verificano tanti danni? Con l’approccio di divulgazione scientifica Alcune immagini della mostra in corso al Museo civico di Storia naturale di Milano. Dall’alto in senso orario, effetti del terremoto dell’Emilia; una piega strutturale sulla Jurassic Coast in Inghilterra; stratificaizone verticale nei pressi di Zumaia, Paesi Baschi; una faglia diretta sull’isola di Santorini (immagini courtesy Msnm).

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che caratterizza il museo milanese la mostra ha l’obiettivo di creare una cultura pubblica del terremoto e degli strumenti di prevenzione. L’esposizione è suddivisa in sette sale che illustrano il fenomeno a partire dall’anatomia della crosta terrestre, la posizione e i movimenti dei continenti e cosa sono le faglie. Si passa poi allo studio dei sismi: in mostra ci sono le rocce e i minerali della collezione del museo, gli strumenti antichi e moderni usati da geologi e sismologi per la misurazione dei movimenti tellurici, la spiegazione delle scale Richter e Mercalli, e immagini satellitari scattate della Nasa. Ampio spazio è dedicato anche agli eventi sismici del passato, tra cui quello di Messina del 1908, riprodotto in un modello tridimensionale, e quello dell’Emilia del 2012. L’ultimo capitolo della mostra tratta invece il tema della prevenzione: dalle tecniche di adeguamento antisismico degli edifici fino al decalogo delle azioni da compiere in caso di terremoto, a partire da quelle previste dai protocolli in uso nelle scuole del Giappone e degli Stati Uniti.


› FIRMITAS - SOLUZIONI

TERREMOTI: COSTRUIRE IN SICUREZZA. SOLUZIONI RESISTENTI ALL’AZIONE SISMICA. VIVIAMO IN UN PAESE A RISCHIO TERREMOTI MA ANCORA NON SAPPIAMO CHE ANCHE GLI ELEMENTI COSIDDETTI “SECONDARI” COME LE PARETI DIVISORIE E PERIMETRALI E I CONTROSOFFITTI DEVONO RESISTERE ALL’AZIONE SISMICA. UNA MANUALE CI SPIEGA COME FARE

L’IMPORTANZA DI PARETI E CONTROSOFFITTI L’Italia, è noto, è un Paese a rischio sismico. In particolare, ad essere a rischio è buona parte del patrimonio edilizio esistente, sia residenziale, sia terziario e commerciale. Sette milioni di edifici sono stati costruiti prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974 per le nuove abitazioni. Anche gli edifici realizzati dopo quella data, se non manutenuti, non sempre garantiscono adeguati livelli di sicurezza sismica. In tutto questo, la tutela della popolazione, il risanamento del territorio e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio sono questioni prioritarie per il Paese. La normativa vigente impone che anche gli elementi secondari che non svolgono funzione portante, come pareti divisorie interne, pareti perimetrali di tamponamento, controsoffitti, siano verificati per resistere all’azione sismica, senza che ci siano collassi di tipo fragile ed espulsione di materiale. Le pareti divisorie interne e di tamponamento perimetrale esterno vengono sottoposte a numerose prove sperimentali, allo scopo di verificarne la resistenza all’azione sismica. Le prove

riguardano sia i singoli componenti e materiali sia i sistemi costruttivi assemblati. Altro elemento secondario presente all’interno degli edifici è rappresentato dai controsoffitti che, oltre a svolgere una funzione di contenimento degli impianti, di finitura estetica, di miglioramento dell’isolamento termico e acustico dei solai, hanno un importante ruolo per la sicurezza delle persone. In caso di evento sismico, devono essere infatti in grado di assorbire l’azione sismica e assecondare gli eventuali spostamenti della struttura portante dell’edificio a cui sono vincolati, garantire tenuta e resistenza in caso di crolli o cedimenti di porzioni di solai, senza subire danni ed evitando espulsione di materiale. Sul tema della sicurezza sismica, Saint-Gobain Gyproc ha realizzato il documento Terremoti: costruire in sicurezza. Soluzioni resistenti all’azione sismica, contenente la normativa, le prove sperimentali e le principali tipologie costruttive per pareti e controsoffitti.

Antisismica, il manuale Saint-Gobain Gyproc Il volume fornisce risposte concrete ed efficaci, sia in termini legislativi (normativa più stringente, controlli più accurati, incentivi fiscali per l’adeguamento sismico, ecc.), sia in termini di tecnologia costruttiva. Saint-Gobain Gyproc è in prima linea nel proporre soluzioni e sistemi costruttivi performanti e tecnologicamente all’avanguardia, promuovendo studi di ricerca e prove sperimentali al fine di garantire la sicurezza degli occupanti gli edifici.

SAINT-GOBAIN GYPROC Via Ettore Romagnoli, 6 - 20146 Milano www.gyproc.it/sismica

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› FIRMITAS

CONSTITUCIÓN, ELEMENTAL

INTANTO, IN CILE

Progettazione partecipata, visione territoriale e capacità di sintesi: la ricetta del gruppo di Alejandro Aravena per la ricostruzione della cittadina cilena dopo lo tsunami del 2010

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› FIRMITAS

C

ome l’Italia o il Giappone, anche il Cile è un Paese ad elevato rischio sismico. Il 27 febbraio 2010, alle 3:34 ora locale, un terremoto di intensità 8,8 della scala Richter (un’intensità 30mila volte superiore al terremoto dell’Aquila del 6 aprile dell’anno prima) colpì la costa in prossimità della municipalità di Constitución. Si trattò del terremoto più potente registrato nel Paese dopo il grande terremoto cileno del 1960, ma il peggio arrivò 18 minuti dopo la prima scossa, con un’onda di tsunami che distrusse quasi per intero la città di Constitución, dove persero la vita quasi 500 persone. Allo studio Elemental, chiamato a lavorare alla ricostruzione, vennero dati 100 giorni di tempo per progettare praticamente tutto: dalle case agli edifici pubblici a un piano urbanistico in grado di mettere al riparo la città da futuri maremoti. Elemental valutò diverse alternative, tra le quali la possibilità di espropriare terreni privati – che in ogni caso sarebbero stati occupati illegalmente dai senzatetto per costruirvi dei rifugi – all’idea di costruire una grande muraglia e pesanti infrastrutture capaci di resistere all’urto delle onde (ma quanto è successo a Fukushima nel 2011 ha dimostrato che nulla è in grado di resistere alla forza della natura). Poichè però non c’è niente di peggio che dare la giusta risposta alla domanda sbagliata, Elemental pensò di coinvolgere la

comunità in un processo di progettazione partecipata mirante a individuare con precisione quali fossero le priorità ma anche quali fossero le aspettative della popolazione nei confronti della città che abitavano. Emerse che, al di là delle distruzioni causate dallo tsunami, la città soffriva di periodiche inondazioni; che c’erano pochi spazi pub-

blici, e degradati; che il fiume – il rio Maule – era inaccessibile. Se le minacce sono di natura territoriale anche le risposte devono riguardare il governo della geografia. Elemental decise per questo di creare un’area boschiva tra l’acqua e la città: in un futuro maremoto gli alberi non avrebbero tentato di resistere – inutilmente

In apertura, un mirador della passeggiata ciclopedonale affacciato sull’oceano. Sopra, alcune delle abitazioni ‘incrementali’ costruite. Una mappa della città con le aree colpite dallo tsunami (immagini courtesy Elemental).

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› FIRMITAS

Elemental Guidata da Alejandro Aravena, Gonzalo Arteaga, Juan Cerda, Victor Oddó e Diego Torres, Elemental è un Do Tank fondato nel 2005 che si concentra su progetti di interesse pubblico e di impatto sociale: abitazioni, spazi pubblici, infrastrutture e trasporto. L’approccio si basa sulla progettazione partecipata, coinvolgendo gli abitanti e gli utenti. Elemental ha svolto lavori in Cile, Stati Uniti, Messico, Cina e Svizzera. Alejandro Aravena (1967) si è laureato in architettura presso l’Università Cattolica del Cile nel 1992 e ha poi proseguito gli studi a Venezia presso lo Iuav. Nel 1994 ha fondato il suo studio Alejandro Aravena Architetti. Dal 2000 al 2005 ha insegnato ad Harvard, dove nel 2005 con Andrés Iacobelli ha fondato Elemental. International Fellow del Riba dal 2010, nel 2016 Aravena è stato direttore della 15esima Biennale Architettura di Venezia. www.elementalchile.cl

Nelle immagini il waterfront fluviale di Consitución. Sopra, i lavori in corso, che prevedono anche la realizzazione di un molo turistico; al centro la situazione dopo lo tsunami e, sotto, un render del Mitigation Park fronte fiume una volta che sarà completato. Nella pagina di destra, due delle abitazioni ‘incrementali’ realizzate, un render degli impianti sportivi che verranno realizzati di fronte all’oceano e il concept del Mitigation Park (immagini courtesy Elemental).

– alla forza delle onde ma l’avrebbero smorzata, dissipandone l’energia prima che le onde raggiungessero le abitazioni. La prova in fondo era di poche settimane prima: alte 12 metri, le onde dello tsunami avevano toccato per prima l’isola che si trova a nord di Constitución abbattendone le foreste, ma la loro altezza e intensità all’arrivo sulla città si era dimezzata. L’idea di riforestare il waterfront portava con sè altri vantaggi, triplicando lo spazio pubblico a disposizione degli abitanti e rendendo pubblicamente accessibile il fiume, ma dal punto di vista politico e sociale era la più complessa perchè comportava l’esproprio di terreni privati con la ricollocazione di più di 100 famiglie che risiedevano in questa zona esposta alle inondazioni. Tuttavia il consenso ottenuto attraverso il coinvolgimento della popolazione ne rese possibile l’attuazione. Rimaneva il problema del finanziamento: 48 milioni di dollari. [ 102 ]

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Un attento esame dei conti pubblici dimostrò tuttavia che una cifra maggiore era già stata stanziata per finanziare altri progetti promossi ‘all’insaputa’ uno dell’altro da tre diversi ministeri per affrontare uno ad uno i problemi che l’intervento emergenziale ma globale di Elemental risolveva. Evidentemente il problema non è il denaro ma il coordinamento delle risorse. Forse però anche in Cile un approccio olistico ai problemi e ai necessari investimenti toglierebbe

ossigeno ai molti che sulla redistribuzione “a pioggia” delle risorse pubbliche fondano il proprio potere. Tra i progetti già conclusi a Constitución, 484 abitazioni “incrementali” che hanno reso celebre lo studio di Alejandro Aravena, mentre altri lavori sono tuttora in corso per restituire alla città cilena una vivibilità che aveva già perduto prima del terremoto

Antonio Morlacchi


› FIRMITAS LA RICOSTRUZIONE La ricostruzione di Constitución è finanziata dal Pres Constitución Consortium, consorzio composto dal Ministero dei lavori pubblici cileno, dalla municipalità di Constitución e dalla società quotata Arauco (multinazionale del legno e dei derivati con un fatturato di più di 5 miliardi di dollari) proprietaria dello stabilimento di produzione di cellulosa che dà lavoro alla maggior parte degli abitanti della città. Area interessata (la città) 5,1 milioni di mq Progettazione Elemental Partner di progetto Tironi, Arup, Fundacion Chile, Marketek, Università di Talca

I PROGETTI

MITIGATION PARK Committente Pres Consortium Superficie 260.000 mq Status in corso PASSEGGIATA TURISTICA CICLO-PEDONALE Committenti Banco Santander, Gore Maule, Comune di Constitución

Lunghezza 4,5 km Status completato CAMPO DI CALCIO E PISCINA DI MUTRUN Committente Pres Consortium Superficie 22.000 mq Status completato CENTRO CULTURALE Committenti Comune di Constitución, Arauco, Consiglio nazionale per le arti e la cultura

Superficie 830 mq Status completato MOLO TURISTICO FLUVIALE Committente Banco Security Superficie 4.154 mq Status 2012-2016 TEATRO MUNICIPALE Committente Banco BCI Superficie 1.526 mq Status progetto PIAZZE PUBBLICHE Committenti Comune di Constitución, Banco de Chile, Arauco Security

Superficie 8.500 mq Status progetti COMPLESSO RESIDENZIALE VILLA VERDE Committente Fondo per la casa dei dipendenti Arauco

Area di lottizzazione 85.000 mq Numero di abitazioni 484 Superficie di ogni residenza consegnata 56,88 mq; incrementale 28,22 mq; finale 85,1 mq

Status completato

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› FIRMITAS LA PAROLA ALL’ESPERTO

LA PREVENZIONE

È UNA QUESTIONE POLITICA Secondo Paolo Bazzurro, docente dello Iuss e responsabile dell’Eucentre di Pavia, per fare prevenzione in materia di rischio sismico in Italia bisognerebbe cambiare la cultura dei nostri amministratori pubblici. E puntare sul sistema delle assicurazioni Paolo Bazzurro è docente allo Iuss di Pavia, si occupa di pericolosità e rischi causati dagli eventi naturali. Per alcuni anni ha insegnato alla Stanford University e guidato diversi progetti di ricerca con lo United States Geological Survey, il Pacific Earthquake Engineering Research Centre e il Fondo Monetario Internazionale. È responsabile dell’area Analisi di pericolosità e rischio dell’Eucentre di Pavia. Dal 2013 fa parte della Commissione nazionale grandi rischi. A lui abbiamo rivolto alcune domande sul tema del rischio sismico in Italia, sul ruolo della politica, delle norme e della tecnica. Ecco cosa ci ha risposto. «Prima di tutto mi piacerebbe che scomparisse dal vocabolario tecnico la parola antisismico. Perché una casa a rischio sismico zero non potrà mai esistere, non tanto dal punto di vista tecnico, ma da quello dell’accettazione singola e collettiva, perché si tratterebbe di costruire e vivere all’interno di un bunker. È per questo che i codici normativi di tutto il mondo parlano di grado minimo di sicurezza accettabile in un determinato contesto. In altre parole, quando siamo alle prese con il tema della sicurezza sismica occorre trovare un compromesso tra grado di sicurezza ed entità delle risorse da mettere in campo». Professore, a suo avviso qual è il vero problema per il quale nel nostro Paese non si riesce a garantire una politica di prevenzione degli eventi sismici organica e di lungo periodo? Il problema sta nella politica e nel governo della cosa pubblica. Non è una questione

tecnica, né tantomeno normativa. E neppure un problema legato alle risorse. Perché, ad esempio, per quanto concerne le risorse, basterebbe agire sulla leva fiscale per iniziare a mettere in sicurezza il vasto patrimonio edilizio del nostro Paese e, soprattutto, assicurarlo, come si fa in altre parti del mondo, in Paesi ad elevato rischio sismico come Cile, Messico, Perù, Filippine. Purtroppo l’Italia fonda le sue basi sull’assistenzialismo e la politica trova più conveniente agire a posteriori mettendo a disposizione le risorse statali, risorse che oggi sono sempre meno e che non riusciranno mai a coprire le esigenze indispensabili della gestione dell’emergenza e della ricostruzione post-sisma. Quindi non è un problema di tecniche, di leggi, di norme, ma squisitamente di volontà politica? A mio avviso sì. Le nostre tecniche di intervento sono valide, tant’è che le esportiamo. Le norme sono ben fatte, le competenze scientifiche in materia più che adeguate, il trasferimento tecnologico in Italia è avvenuto con buoni risultati. Ciò che manca è una visione di strategia. Occorre incentivare i singoli proprietari a mettere in sicurezza il loro patrimonio, ma per far questo servono politiche finanziarie rigorose, che non tengano conto del respiro breve della politica nazionale. E poi le risorse dello Stato non saranno mai sufficienti a garantire la sicurezza sismica, per cui credo che il ricorso a forme di assicurazione sia una delle vie da battere. Se ne discute dopo ogni evento tellurico: ri-

costruire sui luoghi terremotati oppure fuori da essi. Lei cosa ne pensa? Credo che l’idea di ricostruire paesi e città sui luoghi esistenti colpiti dal sisma sia la strada corretta. E non è solo un problema di attaccamento ai luoghi e di identità collettiva da ricostruire,: il motivo è da ricercare nel fatto che il terremoto colpisce donne, uomini e case, ma anche le economie locali, indispensabili per la sopravvivenza stessa dei luoghi.

Il problema della mancanza di prevenzione sismica sta nella politica e nel governo della cosa pubblica del nostro Paese. Non è una questione tecnica, né tantomeno normativa. Quali vincoli esistono quando si mette in sicurezza sismica un edificio, un alloggio? I vincoli sono soprattutto di ordine economico e spesso legati alle esigenze abitative dei proprietari. Mi spiego. Spesso capita che le esigenze abitative – dimensioni dei locali, disposizione delle aperture, funzioni da ospitare – incidano non poco nella scelta delle soluzioni tecniche più idonee per la messa in sicurezza di un edificio o del proprio alloggio. La tecnica non rappresenta un problema e neppure le tecnologie e i materiali oggi sul mercato. Un altro vincolo importante riguarda l’agibilità dei locali di un’abitazione sottoposta a messa in sicurez-

L’idea di ricostruire paesi e città negli stessi luoghi colpiti dal sisma è la strada corretta. Non solo per mantenerne l’identità ma perchè oltre le case occorre ricostruire le economie locali. za sismica. Operare in contesti in cui gli affittuari o i proprietari di un alloggio vivono è un problema non di poco conto. Ultima domanda. Un consiglio da dare ai progettisti italiani Dipendesse da me, eviterei di progettare e realizzare case in muratura nelle aree ad alto rischio sismico e se proprio fossi obbligato le realizzerei con murature armate. In quei contesti sceglierei la struttura in cemento armato. E per gli edifici pubblici, e solo per quelli, qualora vi fossero le risorse, utilizzerei strutture portanti in acciaio

La tavola vibrante del laboratorio Eucentre di Pavia: un simulatore di terremoti in grado di riprodurre, su prototipi di grandi dimensioni, eventi sismici reali.

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› FIRMITAS TERREMOTO IN MOSTRA A SPOLETO, LE CREPE DI PALAZZO COLLICOLA DIVENTANO OPERA D’ARTE

MOMENTANEAMENTE PERMANENTE

DIVENTANO ARTE I SEGNI INFERTI DAL TERREMOTO A PALAZZO COLLICOLA DI SPOLETO LE CREPE D’INTONACO COME TERRENO DI UNA CUCITURA ICONOGRAFICA E MORALE, UNA SUTURA VIVA NEL CORPO DELLA CONSUNZIONE NATURALE

A Palazzo Collicola di Spoleto (la cui costruzione risale al 1730) i segni inferti dal terremoto sono diventati arte. Vincenzo Pennacchi ha creato un’installazione dando valore estetico e simbolico alle fessure causate dal sisma sulle pareti del museo di arte contemporanea. Dopo un terremoto che ha colpito il palazzo in forma superficiale ma evidente, il direttore di Palazzo Collicola Arti Visive Gianluca Marziani ha pensato di trasformare il danno in un valore costruttivo. «Volevo che le crepe d’intonaco – afferma Marziani – diventassero il terreno di una cucitura iconografica e morale, una sutura viva nel corpo della consunzione naturale». I danni del sisma del 24 agosto si sono concentrati su diverse pareti del piano zero e su alcune opere della collezione

2.0. Si è trattato di piccole porzioni d’intonaco saltato, crepe superficiali, minimi dissesti che pesavano, e pesano ancora, sulla pulizia estetica del candore museale.

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› FIRMITAS - SOLUZIONI FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA, L’AQUILA

LEGGERA E RESISTENTE PER LA REALIZZAZIONE DELLA NUOVA SEDE UNIVERSITARIA DEL CAPOLUOGO ABRUZZESE E PER RISPONDERE ALLE NORME VIGENTI IN MATERIA SISMICA, SONO STATI UTILIZZATI I BLOCCHI IN CALCESTRUZZO CELLULARE YTONG

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In un mercato dell’edilizia che pone sempre più l’accento su soluzioni che siano ecocompatibili e performanti dal punto di vista energetico, nelle aree colpite da eventi sismici importanti è d’obbligo l’attenzione progettuale e la scelta di sistemi che assicurino prestazioni di resistenza all’azione sismica. Oltre che nell’edilizia residenziale, sistemi costruttivi antisismici sono stati utilizzati per la realizzazione di edifici pubblici importanti, come la nuova facoltà di Lettere e Filosofia del capoluogo abruzzese (il progetto è dell’ingegner Antonello Salvatori). Il terremoto che ha colpito L’Aquila nella primavera del 2009 aveva reso inagibili gli edifici della facoltà che avevano subìto crolli e lesioni. Nel 2012, in soli due anni di lavoro, è stata inaugurata la nuova sede universitaria, per la cui realizzazione delle pareti di tamponamento sono stati scelti i sistemi Ytong. In questo intervento costruttivo sono stati utilizzati circa 2.100 mq. di blocchi: leggeri, versatili e performanti, che hanno permesso di realizzare pareti omogenee, traspiranti, isolate e, soprattutto, rispondenti ai parametri previsti dalla normativa antisismica. Com’è noto le tipologie strutturali degli edifici più diffuse in Italia sono essenzialmente due: gli edifici con struttura portante a telaio e quelli realizzati in muratura portante. I sistemi costruttivi Ytong, in calcestruzzo cellulare, grazie alla loro leggerezza e resistenza

meccanica, assicurano un comportamento adeguato in caso di sisma in entrambe le tipologie realizzative. Infatti, minore è il peso della struttura, minori saranno le masse in gioco che gravano sulle fondazioni e minore sarà anche la forza orizzontale trasmessa durante un terremoto. Ytong propone soluzioni per la realizzazione di pareti esterne in zona sismica, sia che si privilegi la tipologia costruttiva del tamponamento esterno di edifici con struttura portante in cemento armato o acciaio, sia nel caso si scelga di costruire utilizzando murature portanti. Per la realizzazione di pareti di tamponamento, i blocchi Ytong Climaplus e Climagold si differenziano dagli elementi costruttivi tradizionali per la loro capacità isolante termica e acustica, traspirabilità e ridotto peso specifico. I sistemi Ytong sono adatti anche a livello strutturale, soprattutto in caso di sisma, grazie alla loro leggerezza, alla capacità di deformazione e di dissipazione energetica tipica del materiale. In questo modo, utilizzando un unico prodotto e senza dover ricorrere a stratigrafie aggiuntive, è possibile ottenere pareti di tamponamento monostrato omogenee strutturalmente e isolate, che assicurano il raggiungimento dei parametri di coibentazione previsti dalla legge sia in estate che in inverno, senza necessità di isolanti aggiuntivi, garantendo la costanza delle prestazioni nel tempo.

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Nella foto il cantiere dell’Università di Filosofia dell’Aquila dove sono evidenti le pareti di tamponamento Ytong.

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› FIRMITAS

IL NUOVO STABILIMENTO DI CERAMICA SANT’AGOSTINO, FERRARA

OPIFICIO DI SECONDA GENERAZIONE

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› FIRMITAS

Il terremoto dell’Emilia del 2012 ha obbligato a ripensare le tipologie e le tecnologie costruttive degli edifici industriali. Il caso del magazzino autoportante verticale di seconda generazione dell’azienda ferrarese Il terremoto dell’Emilia del 2012, che ha colpito in modo violento soprattutto l’economia locale, composta da una miriade di imprese artigiane, ha messo in evidenza la necessità di ripensare le tipologie costruttive degli edifici industriali, non solo come tecnologie, ma dal punto di vita concettuale. Il caso rappresentato dalla realizzazione del nuovo stabilimento produttivo di Ceramica Sant’Agostino — una delle più importanti aziende del settore ceramico che ha sede nell’omonimo centro in provincia di Ferrara — ne è la riprova. Ad essere messi a dura prova dal sisma del 2012 furono soprattutto i capannoni industriali prefabbricati, spesso a causa dello sfilamento dei nodi trave/colonna e talvolta, come nel caso di Sant’Agostino, per il movimento oscillatorio delle scaffalature interne, direttamente proporzionale al peso delle merci in deposito. Peso che, nel caso di un’azienda ceramica con un’ampia gamma di offerta come Ceramica Sant’Agostino, è indubbiamente notevole. Peraltro e in generale, negli ultimi decenni la gestione dei magazzini merci si è notevolmente evoluta: per rispondere al meglio alla logica del just-in-time, assicurando

consegne veloci e personalizzate limitando al contempo gli stock, dalla digitalizzazione si sta passando alla robottizzazione, con picker automatici che, guidati dal software di gestione ordini, percorrono velocemente le corsie prelevando esattamente quanto richiesto. Il processo, a condizione che tutto sia preventivamente organizzato e codificato, incrementa notevolmente la produttività e consente di ridurre gli spazi tra gli scaffali, dal momento che i robot rendono obsoleti i tradizionali “muletti”. Per queste due ragioni, la prima riguardante la sicurezza presente e futura e la seconda di ordine più generale, per la ricostruzione del magazzino crollato i vertici aziendali si sono rivolti a Stahlbau Pichler che ha concepito un progetto rivoluzionario di Mav (magazzino autoportante verticale), portato a termine in un anno esatto dall’avvio dei lavori. Il nuovo magazzino è il primo deposito realizzato interamente con acciaio strutturale e la prima costruzione di questo tipo progettata con le norme tecniche per le costruzioni per quanto riguarda la risposta alle azioni sismiche. Saldamente ancorate alle fondazioni e controventate in sommità da capriate reticolari in acciaio, le scaffalature sono la struttura stessa del magazzino, che ne rende superfluo (se non per protezione dalle intemperie) l’involucro esterno. I 18 metri di altezza dell’edificio si elevano da una base che in pianta che misura 134 metri per 26 circa, base dislocata esatta-

mente dove si trovava la precedente sede produttiva dell’azienda. Gli elementi destinati all’immagazzinamento sono di tipo a cella monoposto e biposto e si sviluppano per 16 metri in altezza. I telai, con celle a doppio posto, sono cinque e si trovano al centro dell’edificio; le celle monoposto invece occupano i lati del magazzino, in aderenza alle strutture di rivestimento: in totale i livelli di carico sono supportati da 64 telai metallici per una capacità complessiva di 18.852 posti pallet su 13 livelli. Ciascuna spalla della struttura è solidarmente vincolata alle fondazioni, recuperate da quelle preesistenti, mediante piastre metalliche nervate in lamiera di acciaio di grande spessore, saldate e zincate. In sommità, le spalle sono solidarizzate a una capriata reticolare in acciaio, che forma, di fatto, una struttura intelaiata su più colonne. Nel complesso, nel nuovo magazzino di Ceramica Sant’Agostino sono state fornite

Lo stabilimento di Ceramica Santagostino è uno dei primi depositi realizzati interamente in acciaio strutturale e che risponde alle norme tecniche per le costruzioni in zona sismica.

SCHEDA Progetto Magazzino Autoportante Verticale Committente Ceramica Sant’Agostino Località Sant’Agostino (Fe) Progetto esecutivo Associazione Consortile Sismica Engineering - ing. Gianluca Loffredo

Progettazione strutturale e direzione lavori ing. Walter Salvatore

Collaudatore ing. Mauro Cuoghi Costruttore Stahlbau Pichler Direzione lavori Archliving

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› FIRMITAS

e posate 2.400 tonnellate di acciaio strutturale e 8.700 mq. di rivestimenti metallici delle pareti. L’edificio, realizzato in un anno esatto dall’avvio dei lavori, è concepito per rispondere a terremoti con un comportamento di tipo non dissipativo con un fattore “q” di struttura (fattore di correzione della scala Richter che tiene conto della distanza dall’epicentro della stazione di rilevamento; nda) pari a uno

Stahlbau Pichler progetta, produce e realizza strutture in acciaio e facciate continue per edifici gestendo tutte le fasi del progetto. Il concept aziendale punta alla sintesi tra design italiano e precisione tedesca. Il core business è costituito dalla realizzazione di impianti industriali, edifici commerciali e amministrativi, di ponti e infrastrutture. Stahlbau Pichler ha lavorato con Renzo Piano, Sauerbruch&Hutton, Massimiliano Fuksas, Zaha Hadid e Kenzo Tange. [ 110 ]

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› FIRMITAS - SOLUZIONI MAPEI MAPEWRAP EQ SYSTEM PER L’ABBATTIMENTO DELLE VULNERABILITÀ SISMICHE MAPEI PROPONE MAPEWRAP EQ SYSTEM IL SISTEMA ANTISISMICO SICURO E CERTIFICATO MapeWrap EQ System è il sistema testato e certificato presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale dell’Università Federico II di Napoli, indicato per il presidio antiribaltamento degli elementi secondari degli edifici e antisfondellamento dei solai latero-cementizi. La speciale “carta da parati” antisismica MapeWrap EQ Net applicata sulla superficie con l’adesivo MapeWrap EQ Adhesive determina una ripartizione più uniforme delle sollecitazioni dinamiche, sia in ambienti interni sia esterni, evitando il collasso delle partizioni secondarie o il ribaltamento fuori dal piano, e aumenta il tempo di evacuazione dagli edifici. Questi prodotti e i sistemi Mapei sono sviluppati nei laboratori di Ricerca & Sviluppo di MIlano e sono testati e verificati da istituti che ne certificano l’affidabilità in caso di evento sismico. www.mapei.it

PREFA I SISTEMI COSTRUTTIVI SOLIDI LEGGERI E RICICLABILI LE COPERTURE IN ALLUMINIO BEN SI ADATTANO AL PAESAGGIO E AGLI IMPIEGHI IN ARCHITETTURA I sistemi per copertura in alluminio PREFA sono la soluzione ideale in tutte le occasioni che richiedono grande versatilità, design ricercato ed elevate prestazioni tecniche. Le caratteristiche dell’alluminio e le forme che è possibile conferire agli elementi di rivestimento permettono una buona integrazione con il paesaggio circostante e con le preesistenze architettoniche. Tali sistemi sono particolarmente indicati in interventi di ristrutturazione residenziale. L’alluminio è un materiale naturale, ecologico e riciclabile al 100%, senza perdita di qualità. L’elevata resistenza abbinata all’estrema leggerezza e all’eccellente duttilità, rendono i sistemi PREFA la soluzione ideale per qualsiasi progetto. www.prefa.com

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› FIRMITAS EDIFICI INDUSTRIALI A CAVEZZO, BASSA MODENESE

LA RICOSTRUZIONE AI TEMPI DEL BIM Il sisma dell’Emilia del maggio 2012 aveva messo in ginocchio uno dei distretti industriali più fiorenti d’Italia. Per la ricostruzione il tempo era una variabile fondamentale. Il ruolo del Building Information Modeling

Il masterplan del complesso produttivo di Wamgroup a Cavezzo, interamente riprogettato in Bim. L’azienda ha potuto riprendere l’attività a pieno ritmo entro sei mesi dal sisma (immagini courtesy bimO).

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Il terremoto del 2012 che ha colpito l’Emilia, iniziato con una serie di scosse rilevanti e culminato con la scossa devastante del 29 maggio che ha causato ventisette vittime nella Bassa modenese, ha messo in ginocchio uno dei distretti più fiorenti della piccola e media industria italiana. Si è trattato del primo sisma in Italia a colpire tanto duramente un’area produttiva, un tessuto urbano ad alta concentrazione di edifici industriali, primo fra tutti il comparto biomedicale di Mirandola: un territorio che vale il 2% del Pil italiano. Il terremoto ha interessato 51mila imprese, di cui poco meno di ottomila attive nel settore manifatturiero, che rappresentano il 12,4% della realtà produttiva regionale e che impiegano circa 190mila addetti. Imprenditori e manager di importanti realtà, locali e multinazionali, si sono trovati presto di fronte alla sfida della continuità produttiva, da garantire attraverso la delocalizzazione temporanea e una veloce ricostruzione, allo scopo di scongiurare il rischio del fermo produttivo, la perdita delle commesse, il crollo del fatturato, la chiusura delle attività e le ricadute negative sull’occupazione. Quella ingaggiata dal comparto della Bassa modenese è stata una vera e propria battaglia contro il tempo, che è diventato la variabile

fondamentale della ricostruzione. Franco Rebecchi e Eleonora Beatrice Fontana, fondatori di bimO, una start-up di Carpi, spin-off di uno studio di progettazione che ha maturato una vasta esperienza nel campo della progettazione di edifici industriali, sono stati incaricati di intervenire, come general contractor della progettazione, nella ricostruzione di diversi comparti industriali, tra i quali la sede produttiva di Wamgroup di Ponte Motta di Cavezzo, in provincia di Modena, un’azienda leader mondiale nella produzione di coclee, filtri per abbattimento polveri e valvole di vario tipo. La vastità e la complessità del comparto, che si estende su di un’area di 190mila mq. e una superficie coperta di 61.000 mq. circa, lo rendono uno dei principali insediamenti produttivi della provincia di Modena. Il campus produttivo, gravemente colpito dal sisma, ha subìto danni ingenti ai fabbricati e alle infrastrutture, con crolli nella maggior parte degli edifici. Lo scopo principale dell’azienda modenese era quello di riprendere il più presto possibile le attività in un quadro di sicurezza per la produzione e per i lavoratori. Per i progettisti la sfida è stata quindi duplice: da un lato mettere in sicurezza, riprogettare e ristrutturare sismicamente in 30

giorni 40mila mq. di edifici produttivi costruiti in epoche diverse e portarli a un livello sismico importante; dall’altro, ricostruire 21mila mq. di fabbricati crollati, rivedere il progetto urbanistico dell’intero compound, riprogettare la viabilità e le infrastrutture, modificare i sottoservizi, con una consegna del primo fabbricato produttivo di 6mila mq. entro sei mesi (un periodo decisamente inferiore rispetto ai tempi medi di progettazione e costruzione di tipo tradizionale). Progettare con tempi così ridotti ha imposto uno sforzo organizzativo enorme, in quanto le professionalità tecniche da mettere in campo erano molteplici. In questo contesto è diventato fondamentale il coordinamento delle varie competenze per gestire l’intero processo progettuale. In questo complesso processo lavorativo è balzato subito all’occhio che il vero collo di bottiglia dell’intera operazione era rappresentato dalla mole di informazioni interconnesse al progetto, dalla velocità di condivisione e dalla necessità del costante aggiornamento con i vari operatori. Un in-


› FIRMITAS

sieme di attività che doveva essere gestito con tecnologie avanzate di progettazione e di project management. La progettazione, che va sotto il nome di Building Information Modeling, in sigla Bim, è diventata così la piattaforma di coordinamento dell’intero processo progettuale e il punto di svolta per la riduzione dei tempi di progettazione e di esecuzione. A tale scopo è stato subito creato un team di progettisti competente, capace di utilizzare la progettazione Bim, consapevole delle tempistiche e del protocollo di interscambio delle informazioni (tramite il linguaggio universale .ifc) per creare un modello tridimensionale completo di tutte le informazioni architettoniche, strutturali e impiantistiche a disposizione degli operatori. Grande attenzione è stata posta al calcolo e alla modellazione strutturale, tramite l’elaborazione di un modello che viene continuamente integrato e aggiornato nel catalogo Bim dei progetti. Dal modello Bim di ciascun fabbricato sono state estratte tutte le tavole esecutive, i dise-

Un’immagine delle distruzioni del sisma e la palazzina uffici, lesionata e resa nuovamente agibile con la progettazione e la costruzione di contrafforti in acciaio su basamento in cemento armato (foto courtesy bimO).

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› FIRMITAS

bimO Spin-off dello studio di progettazione RS2 di Carpi, bimO è una società di consulenza per la progettazione Bim guidata da Franco Rebecchi e Eleonora Beatrice Fontana. Franco Rebecchi, architetto e general manager di bimO, fonda uno studio associato specializzato nella progettazione di edifici produttivi. Nel 2013 fonda Solid Solution Italian Design, società di progettazione e consulenza con sedi a Milano, Modena e Belgrado. Nel 2006 è tra i primi in Italia a lavorare in Bim con il suo staff. Eleonora Beatrice Fontana, architetto, responsabile della pianificazione strategica di bimO, è laureata al Politecnico di Milano, dove ora si occupa di formazione Bim nell’ambito del master per Bim manager (scuola Pesenti) dopo avre operato come progettista e direttore lavori gestendo la progettazione e la realizzazione di edifici industriali e di alcuni comparti televisivi nel milanese e successivamente come consulente nella definizione di piani strategici di gestione del patrimonio immobiliare. Nel 2013 consegue il master executive in Business administration del Mip. Dall’incontro con Franco Rebecchi nasce, la start-up bimO. www.bimopin.it

gni costruttivi e i computi per la gestione e l’assegnazione degli appalti nei tempi e nei costi stabiliti. Tutte le fasi e le tempistiche sono state verificate con il gruppo dirigenziale creato ad hoc dalla committenza e sono stati monitorati lo stato di avanzamento dei lavori e i costi. I risultati di tale approccio sono stati positivi: i primi spazi produttivi sono stati messi in sicurezza in soli trenta giorni; la palazzina uffici è stata ristrutturata in soli cinque mesi. Un mese dopo è stata avviata la prima linea di produzione.

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Gli elementi chiave del processo Bim nella ricostruzione sono stati l’interoperabilità, la multidisciplinarietà, la velocità e la trasparenza. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, va detto che tutte le informazioni di progetto sono integrate in un unico modello e disponibili a tutti. Questo genere di progettazione consente una clash detection efficace, eliminando le tipiche interferenze e gli errori progettuali che vengono a crearsi tra il lavoro architettonico, strutturale e impiantistico. Oggi, dopo l’esperienza maturata sul cam-

po, esiste un modello Bim completo di tutti i fabbricati del comparto, compresa la parte infrastrutturale, che rimane un valore a disposizione per la futura gestione del facility management da parte degli occupanti degli edifici. Nelle terre del terremoto, insomma, la tecnologia Bim si è imposta come soluzione idonea per progettare la ricostruzione, mettendo insieme lo spirito imprenditoriale degli emiliani e la loro disponibilità all’innovazione

In alto, uno dei disegni strutturali di un nuovo edificio produttivo del compound e il render dello stesso edificio. Sotto, due degli interventi di messa in sicurezza adottati per edifici esistenti e ora di nuovo attivi (immagini courtesy bimO).


ATENA SPA E IL DICEA, DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE, EDILE E AMBIENTALE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA INDAGANO IL COMPORTAMENTO SISMICO DEI CONTROSOFFITTI

ATENA INNOVAZIONE IN ANTISISMICA

In alto, prove sperimentali di resistenza sui giunti. Al centro, Easy Antisismico, brevetto Atena. Sotto, controsoffitto Atena 15 Linear Design con struttura a vista Atena Easy Line.

La sicurezza sismica dei controsoffitti è un tema di grande attualità. Già nel 2008, a seguito dell’entrata in vigore della Ntc, gli aspetti antisismici sono stati resi più stringenti e particolare attenzione è stata posta alla vulnerabilità dei diversi componenti non strutturali, che in caso di rottura o caduta possono rappresentare un pericolo per le persone e ostacolare i soccorsi. Atena, azienda da sempre estremamente attenta alle prestazioni sismiche dei propri prodotti, ha brevettato una sua Linea Antisismica, di cui fa parte il Kit Antisismico. Con la volontà di approfondire le tematiche legate alla sicurezza dei propri controsoffitti testandone ulteriormente le prestazioni, l’azienda ha avviato nel 2015 una collaborazione con il Dicea: Dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale dell’Università degli Studi di Padova. Nel 2016 sono iniziati i lavori del gruppo di ricerca composto dagli ingegneri Roberto Scotta, responsabile scientifico, specializzato nella progettazione e realizzazione di sistemi innovativi nel settore delle costruzioni; Laura Fiorin, che si occupa dello studio dei controsoffitti e delle loro criticità; Sara Brandolese, titolare dell’assegno di ricerca FSE Safe ceilings – Tecnologia per la sicurezza statica e sismica di controsoffitti nuovi ed esistenti, Monica Iogna Prat, responsabile qualità di Atena.

L’attività di ricerca - spiega Roberto Scotta - inizialmente concentrata sullo studio locale delle connessioni dei profili portanti a T mediante prove di laboratorio presso l’Università, prosegue con la costruzione di un apparato sperimentale innovativo in grado di testare il comportamento sismico globale dei controsoffitti di Atena. Parallelamente all’attività sperimentale è prevista la realizzazione di modelli matematici in grado di prevedere il comportamento

L’azione sismica può provocare deformazione dei profili a T, rottura delle connessioni interne e perimetrali, con conseguente crollo dei pannelli o di parte del controsoffitto. Tutti gli impianti che interagiscono con il controsoffitto, come ad esempio i corpi illuminanti, costituiscono un ulteriore elemento di rischio se non adeguatamente vincolati. sismico dei sistemi oggetto di studio. Questo approccio definisce un nuovo metodo di calcolo delle sollecitazioni agenti su tali elementi e completa la metodologia tradizionale proposta dalla normativa. La fase conclusiva del progetto mira all’utilizzo dei risultati ottenuti e delle analisi svolte per ottimizzare la Linea Antisismica esistente e brevettare tecnologie innovative. www.atena-it.com

In basso, controsoffitto Atena Baffle.

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› FIRMITAS LOW-TECH

IL RAMMENDO Un sistema di corde che avvolge orizzontalmente e verticalmente le pareti. È quanto sta facendo la Fundación Altiplano in Cile per consolidare costruzioni in mattoni di terra cruda molto diffuse nei villaggi rurali delle Ande Anche se esistono testimonianze che risalgono all’epoca preispanica, la tecnica moderna del rinforzo con corde (drizas) nasce nel 2013 da una ricerca condotta da un team dell’Università Cattolica del Perù guidato dall’ingegner Julio Vargas Neumann, ed è stata applicata per la prima volta l’anno seguente dalla Fundación Altiplano – un’organizzazione che dalla fine degli anni Novanta opera per preservare l’eredità e la dignità di piccole comunità andine – nel restauro della chiesa di San Pedro de Atacama dopo un sisma che aveva colpito la regione cilena di Antofagasta. Attualmente la fondazione sta lavorando al restauro di due edifici di valore storico a Belén, sulle Ande del nord del Cile, a 3.500 m slm. Anche qui, oltre al consolidamento dei plinti e al recupero dei tradizionali tetti andini e dei serramenti esistenti, il consolidamento strutturale delle pareti in mattoni adobe è affidato alle drizas. La tecnica consiste in un sistema di funi che circondano le pareti verticalmente e orizzontalmente. La distanza tra una corda e

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l’altra dipende dalle dimensioni dei mattoni di terra cruda con cui è costruita la parete. Si crea in questo modo una maglia che evita il collassamento in caso di terremoti, qui molto frequenti. Rispetto alle reti in Gfrp o alle maglie metalliche elettrosaldate, le drizas presentano alcuni vantaggi: migliorano il comportamento sismico della struttura; sono economiche, di facile smaltimento e meno invasive per il genere di materiale con cui sono formate le pareti. Una delle case di Belén in fase di restauro ha una superficie di 125 mq e le pareti di adobe, con mattoni di 50 cm di spessore, poggiano su un basamento in pietra. Si stima che sia stata costruita 300 anni fa come sede di un tribunale popolare. La maggior parte dei villaggi andini, in tutta l’America latina, vennero costruiti con mattoni adobe: metterli in sicurezza conservandone le caratteristiche significa anche preservare la cultura e l’identità delle comunità

Camilo Giribas, architetto della Fundación Altiplano


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