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PUBBLICI E CULTURALI
NUOVA COLLEZIONE PIETRA EDITION
LE PIETRE ICONICHE DEL MEDITERRANEO DECODIFICATE DA DEKTON
Spazio Pubblico
EDIFICI
NUOVA COLLEZIONE PIETRA EDITION
LE PIETRE ICONICHE DEL MEDITERRANEO DECODIFICATE DA DEKTON
DESIGNCAFÈ
14 Leggere architetture #2 | MATTEO PERICOLI
16 Infinite forme e bellissime | TONY CRAGG
20 Wooden Travel | AUGUSTAS SERAPINAS
22 Una Stonehenge sommersa | MARIO CEROLI
24 Igloo danzanti e un geco in casa | MARIO MERZ
26 Frammenti di vita in forma di cubo | STUDIOFFICINA
28 Vittorio Gregotti | LE STORIE DI LPP
162 Moving Picture (946-3) Kyoto | GERHARD RICHTER
76 |150 Libri
REPORT di Aldo Norsa
30 Campioni di crescita
FOCUS
42 Bosselino Uno. Room in room | GRUPPO DAUPHIN 44 Isotec, 40 anni di innovazione | BRIANZA PLASTICA
46 La fontana monumentale di Copparo | FORME D’ACQUA
48 Il Polittico di San Martino | LINEA LIGHT E STUDIO SWITCH
WORK IN PROGRESS
50 Genova | OBR, NEOSTUDIO. LA CASA VELA 52 Alba | COSTANTINO-CLERICO. CENTRO STUDI BEPPE FENOGLIO
54 Bologna | ATI PROJECT, A-FACT, WEBER, PARC NOUVEAU. ECODISTRETTO BERTALIA - LAZZARETTO
55 Caorle | PARISOTTO+FORMENTON. VILLAGGIO RESORT
56 Piacenza | STEFANO BOERI INTERIORS. EX CONVENTO SANTA CHIARA
58 Tirana | NOA. PUZZLE, IL VILLAGGIO VERTICALE
59 Noordwijk | SBGA, WITTEVEEN+BOS. CAMPUS DELL’ESA
PERFECT TOILETS
60 7 Architetti per 6 Città.
NETWORK SOCIETY di Carlo Ezechieli
77 Connessioni immateriali
78 Le Earth Station di Michele De Lucchi. Messaggi dal futuro
82 Cino Zucchi. Un Hub intermodale per la stazione di Bergamo
86 William Matthews + Ney&Partners. Attrattori lineari
LPP ARCHITETTI ITALIANI
I profili di Luigi Prestinenza Puglisi
88 Francesco Iaccarino
EDIFICI PUBBLICI E CULTURALI
100 DIRIYAH
Polo Culturale Art Futures | SCHIATTARELLA ASSOCIATI
106 AOSTA
Polo Universitario della Valle d’Aosta | MARIO CUCINELLA
114 BERGAMO
Un bistrot per l’Accademia Carrara | ANTONIO RAVALLI
118 SAMBUCETO
Un eloquente spazio del sacro | MARIO BOTTA
122 HEIDELBERG
Congress Center | DEGELO
128 MONACO
Sap Garden, un Palazzo dello Sport multifunzionale | 3XN
Direttore editoriale
Antonio Morlacchi
Direttore responsabile
Sonia Politi
Comitato di redazione
Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli
Antonio Morlacchi, Sonia Politi
In copertina Tony Cragg. Red Square, 2016. 80 x 92 x 80. Bronzo.
Contributi
Samuele Camolese, Luisa Castiglioni
Carlo Ezechieli, Roberto Malfatti
Aldo Norsa, Matteo Pericoli
Mario Pisani, Luigi Prestinenza Puglisi
Elena Riolo
Grafica e impaginazione
Alice Ceccherini
Marketing e Pubblicità
Elena Riolo elenariolo@ioarch.it
Editore
130 La memoria industriale di Milano | BALANCE
138 Continuità geometrica | CINO ZUCCHI
142 Atmosfera rinascimentale | SPAGNULO & PARTNERS
146 Lingyun Tulou | CE-A CARLO EZECHIELI
ELEMENTS
a cura di Elena Riolo
151 Ufficio
Font Srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it
Fotolito e stampa Errestampa
Prezzo di copertina euro 9,00 arretrati euro 18,00
Abbonamenti (6 numeri) Italia euro 54,00 - Europa 98,00 Resto del mondo euro 164,00 abbonamenti@ioarch.it
Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca IBAN IT 68H02 008 01642 00000 4685386
Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004
Periodico iscritto al ROC Registro Operatori della Comunicazione n. 34540
Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano ISSN 2531-9779
Sistema Pareti 30 - 60 - 90. Acustica. Flessibilità. Modularità. Estetica.
di Matteo Pericoli
Architetto, autore, disegnatore e insegnante, Matteo Pericoli vive a Torino dove nel 2010 ha fondato il Laboratorio di architettura letteraria, uno strumento in forma di workshop che utilizza il potenziale narrativo dell’architettura per esplorare la struttura delle storie. I risultati sono raccolti nel suo libro Il grande museo vivente dell’immaginazione (Il Saggiatore, 2022). www.lablitarch.com
Come è fatta l’architettura di un romanzo? Come fanno a stare in piedi le storie? La lettura è un atto fortemente creativo, e siamo noi, con la nostra sensibilità e la nostra esperienza, a creare quelle strutture che ci permettono di esplorare e abitare liberamente le storie. Ogni struttura quindi non è che una tra le infinite possibili. Con questa rubrica Matteo Pericoli ci offre un viaggio tra una serie di storie trasformate in architetture alcune sue, altre risultato dei suoi Laboratori di architettura letteraria
Un edificio costruito a blocchi fatti di materia, di sostanza, di pieni che si contrappongono a vuoti, come se questi ultimi fossero parti mancanti. I blocchi di pieno sembrano essere stati disposti uno dopo l’altro, con lentezza, precisione e grande cura, seguendo un ordine che ci sfugge. Tuttavia, anche se l’ordine fosse stato diverso, sentiamo che il tutto si reggerebbe comunque perfettamente in piedi e avrebbe lo stesso portamento chiaro e ineccepibile. Certo, i vuoti si sarebbero spostati e cambiati, ma non sarebbe cambiata la nostra abilità di dare una forma congrua e coerente a ciò che manca. Alla base, l’edificio si lascia attraversare da un corso d’acqua, come un antico mulino. Nei mesi più aridi è percorso da un rigagnolo, un leggero suono che accompagna la quotidianità. Dopo i rovesci più forti, o allo sciogliersi delle nevi in primavera, l’edificio fatica a placare il getto d’acqua, che lo travolge con la forza di un pianto trattenuto troppo a lungo.
Organizzata dal Museo
Nazionale Romano presso le Terme di Diocleziano, la mostra di Tony Cragg Infinite forme e bellissime, a cura di Sergio Risaliti e Stéphane Verger, è una grande personale dell’artista inglese, tra i più celebri esponenti della scultura contemporanea, noto per aver sperimentato fin
dagli anni Settanta forme sorprendenti accanto a materiali e tecniche inedite. Sotto, We, 2015 bronzo.
Pagina a lato, dall’alto in senso orario: una vista dell’esposizione.
Outspan, 2008 bronzo. Red Figure, 2008 bronzo. Foto Monkeys Video Lab.
LA MOSTRA PRESENTA
18 SCULTURE IN BRONZO LEGNO, TRAVERTINO
FIBRA DI VETRO E
ACCIAIO, REALIZZATE
DA CRAGG NEGLI ULTIMI
VENTI ANNI. APERTA
FINO AL PROSSIMO 4
MAGGIO ALLE TERME DI DIOCLEZIANO
Fino al 4 maggio 2025, il Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano ospita la mostra Tony Cragg. Infinite forme e bellissime, a cura di Sergio Risaliti e Stéphane Verger. L’artista britannico, nato a Liverpool nel 1949, è uno dei più celebri scultori contemporanei, noto per l’uso innovativo di materiali e tecniche sin dagli anni Settanta. L’esposizione, organizzata da Bam Eventi d’Arte, si estende anche nelle piazze di Roma grazie alla collaborazione con il Municipio I.
“Questa mostra è tra le più attese della stagione
culturale romana”, afferma Verger, sottolineando come le opere di Cragg, che dialogano con le storiche Terme di Diocleziano, confermino la vocazione del museo ad ospitare scultori contemporanei. Sergio Risaliti aggiunge: “Cragg riesce a entrare in sintonia con spazi storici, creando un legame che unisce passato e presente senza mai perdere il contatto con la realtà contemporanea”.
Le opere di Cragg, caratterizzate da forme biomorfe e sinuose, creano un contrasto visivo con la geometria dell’architettura classica e ri-
Dall’alto Manipulations, 2017 bronzo, particolare.
Red Square, 2016 bronzo.
nascimentale di Roma, arricchendo l’esperienza del pubblico. Giulia Silvia Ghia, Assessore alla Cultura di Roma, ci spiega come queste sculture offrano una fusione straordinaria tra arte contemporanea e contesto urbano, trasformando gli spazi pubblici in nuovi territori di dialogo tra passato e presente.
La mostra presenta 18 sculture in bronzo, legno, travertino, fibra di vetro e acciaio, realizzate negli ultimi venti anni. Le forme, che richiamano il mondo minerale, vegetale e biologico, entrano in risonanza con gli spazi
archeologici delle Terme. La ricerca artistica di Cragg si concentra sul continuo dialogo tra materia e tecnica, tra natura e arte, trasformando la scultura in un esercizio di conoscenza e intuizione.
Le sue opere, che oscillano tra astrazione e figurazione, evocano paesaggi naturali o corpi umani, mettendo alla prova i limiti fisici e strutturali e cercando l’equilibrio tra vuoto e pieno. Secondo l’artista “la scultura è solo all’inizio della sua storia”. È uno strumento di indagine, non un ornamento ■
OS2 porte e finestre Secco - Simone Subissati Architects - Casa di Confine seccosistemi.com
Nella bellissima campagna marchigiana a Polverigi, appoggiata nella collina, la Casa di Confine crea il proprio ecosistema di tranquillità, fatto di elementi naturali e forme geometriche semplici. I profili OS2 in acciaio zincato verniciato, disegnano geometrie con linee dallo spessore costante, aprono porte verso l’esterno, sostenendo con leggerezza gli spazi vuoti, dando respiro allo sguardo dell’uomo, riempiendolo di significato.
Augustas Serapinas. Wooden Travel Installation view. Foto Melania Dalle Grave Dsl Studio.
Wooden Travel, a cura di Chiara Nuzzi, è la mostra personale dell’artista lituano Augustas Serapinas in programma fino al 15 marzo 2025 presso Fondazione Ica Milano.
La mostra esplora temi urgenti come la perdita di tradizioni, la gentrificazione e il riscaldamento globale, con un focus sull’architettura vernacolare lituana. Serapinas analizza il legame tra spazi abitativi e dinamiche sociali, politiche ed emotive, usando l’architettura come mezzo per raccontare storie di comunità e di generazioni.
Al centro della mostra l’installazione House from Gaidalaučizna, realizzata appositamente per gli spazi milanesi della Fondazione, partendo da una casa storica recuperata in Lituania. L’artista trasforma l’edificio abbandonato
in una scultura, invitando a riflettere sul valore della memoria e delle relazioni culturali con il passato.
La mostra include anche una serie di sculture e installazioni in legno, materiale centrale nella ricerca dell’artista, che affronta il tema della conservazione dell’architettura vernacolare e delle trasformazioni sociali legate alla migrazione e alla crisi economica.
Con Wooden Travel, Serapinas invita il pubblico a riflettere sulle fragilità delle tradizioni e su come queste possano stimolare nuove possibilità per il futuro ■
Fino al 15 marzo 2025 alla Fondazione Ica Via Orobia 26, Milano.
La forza di sognare ancora è l’installazione prodotta da Mario Ceroli per Palazzo Citterio in occasione dell’inaugurazione della Grande Brera. Dopo Milano, dove è visitabile fino al 23 marzo l’installazione realizzata con il sostegno di Banca Ifis, verrà messa in scena alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
L’ INSTALLAZIONE SITE-SPECIFIC DI MARIO CEROLI NELL’IPOGEO STIRLING DI PALAZZO CITTERIO A MILANO
Dei lasciti dell’intervento di James Stirling, che nel 1986 l’Associazione Amici di Brera incaricò di ristrutturare il settecentesco Palazzo Citterio, lo spazio ipogeo è il più sorprendente. Dal giorno dell’inaugurazione definitiva del palazzo, che amplia la superficie della Pinacoteca di Brera, e fino al 23 marzo quella scatola di cemento armato è il palcoscenico ideale della Forza di sognare ancora , installazione che Mario Ceroli ha realizzato per l’occasione.
Sono dieci opere, e già dalle scale si coglie la forza di Venezia (2024), foresta artificiale di 62 tronchi di alberi di pino provenienti dal giar-
dino dell’artista a Roma, che invade la sala. Una meditazione sulla bellezza e sull’ingegno con cui è stata edificata una città sull’acqua e nello stesso tempo una metafora della religiosità ancestrale del bosco: in questo senso un richiamo, ricorrente in tutta l’opera di Ceroli, al primato della cultura materiale e un ‘arteficio’ che salda umanità ed ecologia. Alla foresta di Venezia fanno coerente contorno altri lavori, tra cui tre opere dal titolo Guardami (2024), lacerti di legno privi di ogni caratterizzazione fisiognomica eppure riconoscibili in carcasse di alberi bloccate in pose incongrue su una rete di ferro elettrosal-
data, e due delicate, per quanto giganti, composizioni di piccoli rami di bambù su tela che con le loro forme organiche suggeriscono la natura (Senza titolo, 2024)
«Al periplo di sette decenni di ricerca ininterrotta – scrive nel catalogo il curatore Cesare Biasini Selvaggi – tra le pieghe di contraddittorie e spesso terribili pagine del presente, le opere di Ceroli continuano ad avere la forma della speranza e la forza di sognare un cambiamento e una nuova coscienza civile; persistono nel generare ‘infinite forme bellissime e meravigliose’, quelle della natura dei viventi di cui parla Charles Darwin» ■
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Monoblocchi con VMC integrata che semplificano la progettazione e la gestione del foro finestra. Le nostre soluzioni, conformi ai CAM (Criteri Ambientali Minimi), sono anche funzionali alle certificazioni LEED, BREEAM e WELL degli edifici.
Dall’alto in senso orario.
Senza titolo, 2002. Struttura in tubolare di acciaio, pietre morsetti. Fundación Proa, Buenos Aires 2002. Foto Ana Cambre / Marcelo Setton.
Senza titolo, 1997. Struttura metallica rete in nylon, cera foglia d’oro, Foto Renato Ghiazza. Quattro tavole in forma di foglie di magnolia, 1985. Cera d’api e tecnica mista su 16 tavoli in acciaio saldato. Collezione Gian Enzo Sperone. Foto Renato Ghiazza.
È appesa a una parete dell’ex-centrale termica delle officine Lancia, sede della Fondazione Merz a Torino, di fronte ai Quattro tavoli in forma di foglie di magnolia (1985), la tela lunga dieci metri dal titolo Geco in casa (1983). Insieme ad altri due Igloo sono i pezzi che si aggiungono al percorso della mostra Qualcosa che toglie il peso che mantiene l’assurdità e la leggerezza della favola dedicata a Mario Merz, geniale esponente dell’arte povera nato a Milano il primo gennaio di cento anni fa. Il progetto espositivo prende le mosse dal concetto legato alla necessità di individuare la natura profonda che si cela dietro ai modelli per arrivare alla base del pensiero umano, che nella sua diversità è definito sempre da leggi che sfuggono allo scorrere del tempo: leggi naturali come la sequenza di Fibonac-
ci o archetipi come il rifugio di un igloo che può essere costruito con qualsiasi materiale, “di pane, di terra, di sterco, di bottiglie... è significante in quanto è quella cosa lì... una forma primitiva, ma reale […] una gioconda illusione su qualche cosa di perduto così che non ci amareggia più e ci fa vivere il presente.” (Mario Merz).
La mostra di Torino (fino al 2 febbraio) è accompagnata dal primo volume (560 pagine e 350 immagini) del catalogo ragionato dell’opera dell’artista, introdotto da un testo a firma di Beatrice Merz e dal saggio della storica dell’arte Maddalena Disch, realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito del programma Italian Council ■
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Cubo è stato realizzato saldando assieme 15.552 targhette che corrispondono al totale dei mesi nei 36 anni della performance di Alberto Frigo (432) moltiplicato per i 36 progetti.
UN CUBO DI FERRO NELLE
‘PICCOLE DOLOMITI’ È
L’ARCHIVIO DIGITALE
DELLE ESPERIENZE DI VITA
DELL’ARTISTA CONCETTUALE
ALBERTO FRIGO. IL
PROGETTO ARCHITETTONICO
È DI STUDIOFFICINA
ARCHITETTURA
Nel 2004 Alberto Frigo avviò un progetto che si concluderà nel 2040, quando l’artista compirà 60 anni: fotografare gli oggetti che afferra, le persone che incontra e registrare su video i suoi viaggi e le sue ‘visioni’. Un insieme di 36 progetti che porterà avanti mese per mese per 36 anni.
Il totale di queste esperienze corrisponde ai 15.552 piccoli pannelli di ferro che rivestono come pixel il cubo di 7,6 metri di lato eretto da Studiofficina a 1.000 metri di quota sulle pendici occidentali del monte Novegno.
All’interno dell’installazione (visitabile su prenotazione, www.2004-2040.com) i pixel sono rivestiti con etichette di alluminio anodizzato incise al laser con un motivo univoco generato
dal programmatore software svedese August Brunnberg che, riprese con lo smartphone, danno accesso a un singolo frammento di esperienza. L’esplorazione di ciascun visitatore sarà per forza di cose casuale e darà luogo così a una ricostruzione di frammenti unica e personale, indipendente dal tempo e dallo spazio nel quale ogni esperienza ha avuto origine. Uno spazio però che, per quanto lontano, rimane radicato nellle ‘piccole Dolomiti’ vicentine dove sorge Cubo.
L’installazione è stata sviluppata da Studiofficina architettura, lo studio di Schio guidato da Andrea De Serio, Michele Faoro e Emanuele Mondin ■
Nelle illustrazioni di Roberto Malfatti il degradato e tanto discusso complesso dello Zen di Palermo. Nella pagina a destra, il Teatro degli Arcimboldi nel quartiere Bicocca di Milano.
di Luigi Prestinenza Puglisi
Illustrazioni di Roberto Malfatti
Vittorio Gregotti è stato un riferimento importante della scena architettonica italiana. Dispiace quindi che se ne sia andato il 15 marzo del 2020, per colpa del Covid. Era sicuramente un personaggio controverso. Da molti ascoltato e ammirato per la sua inossidabile coerenza. Da altri considerato con sospetto per la scarsa umanità delle sue architetture. Celebre una sua intervista strappatagli dalle Iene dove, alla domanda se lui avesse mai voluto vivere nel famigerato complesso Zen, di cui era stato il principale progettista, rispose candidamente: “Che c’entra? Sono un architetto”. O qualcosa del genere, forse volendo dire che si trattava di case ultra popolari in un quartiere degradato di Palermo. Certo è che mai una intervista ha rappresentato così male la nostra categoria. Lo stesso Crozza, il fustigatore di noi architetti, non avrebbe potuto darci una visione
più caricaturale di quella che Gregotti ha fornito di sé stesso: andateci a vivere voi nei falansteri che progettiamo.
Lo Zen, purtroppo, non è un episodio infelice ma il distillato più puro della sua architettura, austera e severa. Se anche progettasse una villa hollywoodiana, la farebbe a forma di caserma.
Lo si intuisce da un libro autobiografico uscito nel 1996 per la Bollati Boringhieri, dal titolo Recinto di fabbrica. È il racconto della sua infanzia trascorsa nelle vicinanze della fabbrica di cui il padre era direttore e comproprietario. A formare Gregotti è il carattere austero e severo del genitore, la disciplina della produzione, l’ordine dello spazio, i rapporti rigidamente gerarchici anche se mitigati dal senso di rispetto che si ha verso i subordinati che compiono il loro dovere.
Ne emerge, come nell’intervista alle Iene, un
personaggio antipatico cioè anti empatico. Che avrebbe interessato il Michel Foucault di Sorvegliare e punire, il quale avrebbe visto in lui un soggetto per il quale la libertà del corpo è un problema sostanziale perché concepisce la vita come una ordinata fabbrica-prigione i cui tempi sono scanditi dal suono delle sirene e dal laborioso rumore dei telai.
Eppure questo intellettuale che sembra essere nato nel periodo del realismo socialista è stato, ancora una decina di anni fa, uno degli architetti italiani più influenti e importanti. I suoi articoli apparivano sul Corriere della Sera, era intervistato con frequenza, lo si considerava il punto di riferimento di una numerosa scuola architettonica. E, ancora oggi, ci sono giovani che rimpiangono la sua direzione di Casabella, che, ignorandola, affossò un’intera generazione dell’architettura italiana, e lo vorrebbero riesumare, magari rivalutando le sue opere teoriche giovanili, come Il territorio dell’architettura, in cui ancora l’autore si muoveva in direzione di una cauta apertura alla ricerca e allo sperimentalismo anche se, come accadeva agli intellettuali di sinistra di allora, sempre con il freno a mano tirato e un occhio, anzi due, al realismo, la parola magica che metteva insieme i sovietici, i comunisti del Pci e quelli di scuola francese.
Gregotti, come molti intellettuali, ha fatto del potere la propria religione. È stato professore universitario; direttore di riviste e per lungo tempo di Casabella, la più gloriosa testata di architettura italiana; frequentatore di circoli anche di avanguardia, per esempio il Gruppo 63 con Nanni Balestrini e Umberto Eco; frequentatore dei Ciam; frequentatore dei salotti della buona borghesia col birignao, oggi diremmo della Ztl; fiancheggiatore della politica, sia pure da (in)dipendente. Riferimento di tanti, soprattutto nell’accademia, non è mai stato un caposcuola particolarmente generoso. A differenza di personaggi quali per esempio Paolo Portoghesi, molto più affascinante, colto e non meno influente, non si è particolarmente speso per promuovere amici e allievi di talento.
Tra le tante opere realizzate da Gregotti è difficile selezionarne una che ci faccia sognare: se lo Zen ricorda un carcere, non migliori sono la Bicocca o l’università di Arcavacata, le abitazioni popolari realizzate a Venezia, gli edifici per l’IBA di Berlino. Gli manca il senso della leggerezza, la felicità del dettaglio, la ricchezza del materiale, la voluttà del corpo. Insomma riflette in pieno la sua anti empatia.
Vittorio Gregotti è, infine, autore di numerosi libri. Sono sovente attacchi all’architettura contem-
poranea, vista come produttrice di composizioni generate da uno Star System che accetta supinamente lo spirito del tempo, cioè in ultima istanza quello della comunicazione di massa, del facile edonismo, dei miti pubblicitari e della novità a ogni costo.
I miti di Gregotti sono invece due: da un lato lo spirito severo e autoritario di Tadao Ando e dall’altro il rigore, meno autoritario ma non certo meno pervasivo, di Álvaro Siza.
In questo senso Gregotti non è solo il nemico delle architetture sghembe del decostruttivismo e roboanti del postdecostruttivismo ma anche l’anti Piano e l’anti De Lucchi, che si perdono nel gioco di conciliare tecnologia e artigianato, avvaloran-
do la retorica della globalizzazione secondo la quale l’architettura può essere piacevole e umana esattamente come un telefonino di ultima generazione o come l’app per portarti a domicilio gli ortaggi a chilometro zero. In questa sua nostalgica purezza, dicevamo, Gregotti ci si presenta come un dinosauro in via di estinzione.
E, proprio perché in via di estinzione, suscita in noi, che lo abbiamo sempre visto come il nemico del talento e il male dell’architettura italiana, una suadente nostalgia. In fondo anche l’epoca delle fabbriche, i cui tempi erano scanditi dal suono delle sirene, adesso che, per fortuna, la abbiamo alle spalle, ha nel ricordo un suo fascino e una sua grandezza ■
Aldo Norsa
Già professore ordinario di tecnologia all’università Iuav di Venezia, associato al Politecnico di Milano, incaricato all’università di Firenze, a contratto all’università di Chieti e ricercatore all’università di Montréal, Aldo Norsa, master all’università di Princeton, è direttore scientifico della società di ricerca e consulenza Guamari di Milano, che anima l’annuale conferenza Tall Buildings e cura i Report on the Italian Architecture, Engineering and Construction Industry e il Rapporto Classifiche - le Prime 70 Imprese dell’Edilizia Privata www.guamari.it
Nel 2023 la significativa crescita (di fatturato ma anche di risultati economico-finanziari) delle prime 200 società di architettura italiana è stata indubbiamente trainata anche dal boom degli interventi in edilizia residenziale finanziati con le agevolazioni del cosiddetto superbonus (nonché, in un minor numero di casi, anche in altre tipologie edilizie di particolare valore sociale rilanciate da investimenti nell’ambito del Pnrr).
Ma si tratta di crescite che non potranno che rivelarsi effimere. È quindi interessante approfondire le ragioni dell’affermazione nel mercato di alcune tra le società che o non hanno usufruito del superbonus o comunque lo hanno fatto in modo strategico per rafforzarsi in vista di una congiuntura meno ‘drogata’, più competitiva e soprattutto caratterizzata da nuove opportunità di finanziamento nelle quali l’incontro tra capitali privati e pubblici sarà finalmente ‘virtuoso’.
La scelta che abbiamo fatto è caduta su alcune società che, oltre a esibire alcuni tra i maggiori tassi di crescita (per linee interne) e rafforzamento nell’ultimo quinquennio (e con buone prospettive anche per il 2025) si distinguono per la chiarezza con la quale individuano le linee di sviluppo del prossimo futuro (anche con impegnativi obiettivi di crescita all’estero).
Si è voluto al contempo dar conto di realtà distribuite nel territorio che praticano un’apprezzabile ‘trasparenza’ delle proprie politiche commerciali, che investono il grosso di quello che guadagnano e che traggono vantaggio dal farsi riconoscere come eccellenze dei rispettivi territori, puntando anche sulle capacità comunicative dei loro titolari/fondatori (in genere ancora relativamente giovani) e sulle reti di relazioni che hanno saputo costruire.
Tutti tenendosi lontani da facili mode progettuali, troppo effimere per chi dà peso all’imprenditorialità (e alle responsabilità verso i propri collaboratori) non certo meno importante delle capacità creative e relazionali.
Ecco allora, nelle parole dei loro titolari, i profili di sei società: in ordine gerarchico di fatturato 2023 (nella classifica aggiornata dalla società di ricerca Guamari, pubblicata sul sito www. guamari.it): DVA a Brescia, tredicesima, Giò Forma a Milano, trentesima, Studio Amati Next-A a Roma (trentaquattresima), T.A. a Venezia (quarantatreesima), Pier Currà Architettura a Cesena (cinquantanovesima), Cino Zucchi a Milano (centoquattresima).
A domande volutamente analoghe nei sei casi ecco le risposte, nient’affatto omologate, che abbiamo raccolto, con profili aziendali ed esempi di un progetto paradigmatico per ogni realtà imprenditoriale.
3 DOMANDE a 6 architetti
• Armando Casella DVA - DVision Architecture
• Florian Boje Giò Forma
• Pier Currà Pier Currà Architettura
• Giuseppe Losurdo Studio Amati Next-A
• Alberto Torsello T.A.
• Cino Zucchi CZA - Cino Zucchi Architetti
1 Qual è la strategia imprenditoriale che ha permesso alla sua società di risultare tra quelle in maggior crescita nell’ultimo quinquennio?
2 Come pensa di mantenere questo trend di sviluppo nel medio termine?
3 Qual è il progetto che meglio illustra le capacità di affermarsi nel mercato della sua società?
Armando Casella
di Armando Casella Ceo di DVArea.
DVA - DVision Architecture
1 _ Il percorso di crescita e maturazione seguito in questi anni ci ha portati a evolvere da DVA, ovvero dalla sola divisione architettura della società, a DVArea, gruppo transdisciplinare che opera nel settore della progettazione e che oggi include nove società (tra cui Bimfactory, dallo scorso dicembre controllata al 100 per cento) e un team di 150 professionisti: un General Designer che affianca i player della filiera delle costruzioni e del real estate negli ambiti del design, del construction e del consulting con attività e servizi rivolti sia al mercato privato che al pubblico.
L’attitudine all’innovazione ha avuto un ruolo chiave per il nostro posizionamento e ci ha permesso di sviluppare un approccio al progetto human data driven, che integra competenze specialistiche tenendo al centro del processo progettuale l’uomo e la qualità dell’ambiente circostante.
L’approccio olistico di DVArea unisce creatività e rigore scientifico per sviluppare soluzioni
personalizzate, integrando aspetti tecnici, economici, sociali e ambientali, con un focus su Kpi ( key performance indicators) qualitativi e quantitativi per garantire risultati ottimali e rigenerativi.
2 _ Abbiamo compreso che la crescita non è un processo lineare e che il trend positivo è fatto di picchi alternati a periodi di consolidamento dei risultati raggiunti. Bisogna sempre comunque puntare in alto avendo coscienza dei propri mezzi e con una visione chiara degli obiettivi da raggiungere.
Crediamo che per mantenere questo trend sia necessario investire costantemente nella formazione e nello sviluppo delle competenze del team, oltre a sistematizzare i processi per affrontare la complessità sempre crescente dei progetti con soluzioni innovative ed efficaci. Inoltre, è fondamentale essere flessibili, captare i segnali che permettono di anticipare le tendenze del
settore delle costruzioni ed essere pronti a correggere la rotta.
3 _ Recentemente abbiamo vinto un concorso per una Rsa in una comunità montana in provincia di Brescia con 120 posti letto, il cui progetto è stato sviluppato seguendo proprio l’approccio human data driven. Attraverso il computational design abbiamo effettuato simulazioni climatiche e analisi dei dati meteorologici che hanno guidato la progettazione delle forme architettoniche. Al contempo abbiamo dialogato con data scientist, psicologi ambientali e pedagogisti che hanno contribuito alla progettazione di spazi che favoriscano il benessere psicologico e fisico degli utenti.
Questo approccio transdisciplinare ci ha permesso di considerare non solo gli aspetti funzionali e tecnici ma anche quelli attinenti la qualità della vita e l’interazione emotiva degli utenti con l’ambiente.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Qual è la strategia imprenditoriale che ha permesso alla sua società di risultare tra quelle in maggior crescita nell’ultimo quinquennio?
2 Come pensa di mantenere questo trend di sviluppo nel medio termine?
3 Qual è il progetto che meglio illustra le capacità di affermarsi nel mercato della sua società?
Florian Boje
Giò Forma
1 _ Giò Forma, fondata nel 1998, ha sempre avuto una forte crescita in quanto specializzata nella progettazione di grandi eventi culturali. Negli ultimi 8-9 anni siamo riusciti a tradurre il nostro approccio creativo in progetti di architettura, ottenendo risultati concreti soprattutto negli ultimi 5-6 anni. Il nostro leitmotiv, ‘Everything is a stage’, traducibile con ‘Tutto è un palcoscenico’, si è dimostrato una formula vincente, apprezzata per la sua versatilità e applicabilità, dal design del cucchiaio alla pianificazione urbana, passando per progetti museali e di hospitality. Questa visione ci ha permesso di vincere gare di architettura prestigiose, come la Maraya Concert Hall ad AlUla o il Museo della Biennale Islamica a Jeddah, e di lavorare su progetti significativi, tra cui tre grandi hotel: il Chedi a Hegra e due Marriott ad AlUla e a Jeddah. Queste esperienze ci hanno consentito di sviluppare processi progettuali e una particolare competenza nel settore alberghiero, una nicchia che richiede un knowhow molto specifico. Per questo, abbiamo inve-
stito significativamente in personale qualificato e strumenti avanzati lavorando sin dall’inizio in Bim. Nonostante la nostra crescente internazionalizzazione, manteniamo un forte family feeling, un tratto distintivo che ci consente di affrontare con lo stesso approccio progetti di ogni scala: dalle vetrine per importanti maison italiane, ai musei dedicati all’automotive fino alla creazione di nuove destinazioni turistiche. Questa strategia ci ha permesso di consolidare anche una clientela nel design classico di arredi e superfici, ampliando ulteriormente il nostro portafoglio.
2 _ Il 2024 si prospetta in linea con il 2023 attestandoci su un fatturato di circa 9 milioni di euro. In un contesto globale in costante evoluzione è fondamentale rimanere flessibili e strategici. Continuiamo a esplorare nuovi mercati e a costruire collaborazioni con un focus sul rafforzamento della nostra presenza in Medio Oriente, Europa e Corea del Sud. Parallelamente, non smettiamo di investire in ricerca e innovazione.
3 _ Un esempio emblematico è la Maraya Concert Hall, che incarna le diverse anime di Giò Forma. Questo progetto da 25.000 metri quadrati combina la funzionalità di una sala per concerti evoluta con un design inaspettato: una vetrata backstage apribile che si affaccia sulle suggestive montagne di AlUla, racchiusa in un semplice cubo di specchi integrato nel paesaggio epico circostante. È l’espressione evidente del nostro approccio ‘Everything is a stage’. Allo stesso modo, l’applicazione di questa filosofia si riflette nei progetti di hospitality come il Chedi Hotel di AlUla (appena aperto) e in contesti completamente diversi, come l’allestimento scenografico di numerose opere del Teatro alla Scala. Infatti non distinguiamo tra generi e dimensioni dei progetti.
La trasformazione delle ex-Officine Battistini in un hub multifunzionale. A sinistra, Pier Currà.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Qual è la strategia imprenditoriale che ha permesso alla sua società di risultare tra quelle in maggior crescita nell’ultimo quinquennio?
2 Come pensa di mantenere questo trend di sviluppo nel medio termine?
3 Qual è il progetto che meglio illustra le capacità di affermarsi nel mercato della sua società?
1 _ La nostra crescita è stata guidata dall’ambizione di produrre architettura di sempre maggiore qualità. Consapevoli di essere una realtà giovane (che nasce nel 2017), abbiamo puntato sulla capacità di comprendere a fondo i meccanismi di mercato che negli ultimi anni hanno premiato l’innovazione e l’efficienza. Questo ci ha consentito di sviluppare rapidamente un bagaglio di competenze completo e all’avanguardia. Grazie a una forte flessibilità organizzativa siamo riusciti a cogliere opportunità sia nel settore pubblico che in quello privato. Abbiamo ottimizzato la gestione delle risorse interne, integrando figure altamente qualificate che hanno svolto un ruolo cruciale nella gestione di progetti complessi. Questo approccio ci ha permesso di costruire un track-record di valore. Di conseguenza, anche gli incarichi diretti privati sono cresciuti, sia nel numero che negli importi, proporzionalmente all’aumento della nostra capacità operativa.
2 _ Per garantire una crescita sostenibile ci concentreremo su un numero selezionato di progetti complessi, privilegiando la qualità e un’attenzione concreta ai temi ambientali. Gli strumenti innovativi di controllo sviluppati negli ultimi anni ci consentiranno di monitorare i Kpi (key performance indicators) dei nostri lavori valutando l’impatto di ogni opzione progettuale durante il processo creativo. Questo approccio, basato sull’evidenza scientifica e su avanzate capacità di calcolo, ci permetterà di dare
risposte concrete alle committenze realmente attente alla qualità architettonica e all’impatto ambientale.
3 _ L’intervento che ha riguardato le ex-Officine Battistini a Cesena rappresenta un esempio chiaro della nostra capacità di affrontare sfide complesse di rigenerazione urbana. La sfida era quella di trasformare un edificio artigianale degli anni Quaranta del Novecento in un hub multifunzionale mixed-use con destinazioni quali business, housing, studentato, ristorazione e servizi di vicinato. Questo progetto coniuga complessità urbanistiche, strategie ambientali, un approccio architettonico e paesaggistico rispettoso dell’identità locale ma al contempo innovativo, e un’attenta valutazione economica.
La scuola di volo di Decimomannu. A sinistra i soci Francesco Abbati Romina Sambucci e Giuseppe Losurdo.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Qual è la strategia imprenditoriale che ha permesso alla sua società di risultare tra quelle in maggior crescita nell’ultimo quinquennio?
2 Come pensa di mantenere questo trend di sviluppo nel medio termine?
3 Qual è il progetto che meglio illustra le capacità di affermarsi nel mercato della sua società?
Giuseppe Losurdo
Studio Amati Next-A
1 _ La nostra è una realtà professionale attiva da oltre 60 anni, che ha saputo cogliere le opportunità di sviluppo a partire da un passaggio difficile da cui uscivamo all’inizio dell’ultimo quinquennio (con un nuovo assetto della proprietà e della direzione tecnica) che aveva anche coinciso con una generale stagnazione del mercato. Siamo però stati capaci di resistere non disperdendo quella che tutt’oggi costituisce una vera e propria ‘scuola’ fondata sul rapporto intergenerazionale tra professionisti esperti e più giovani, in cui tutti sono quotidianamente portati a crescere. I momenti di crisi generale si sono rivelati un’occasione sfidante a cui abbiamo risposto senza rincorrere opportunità passeggere come il ‘superbonus’. Al contrario, abbiamo puntato ad accrescere la solidità delle forti competenze che avevamo e abbiamo in alcuni specifici settori (specialmente gli edifici per l’industria o per il terziario avanzato) per ampliare sempre più il campo di azione (ad esempio al settore sanitario ma anche a quello museale e della conservazione del patrimonio). Senza trascurare interventi di pianificazione a monte dell’architettura come la rigenerazione urbana. Sono state avviate importanti innovazioni tecnologiche (Bim) e logistiche (nuova sede) che si sono rivelate funzionali alla crescita della nostra attività.
2 _ Vogliamo incentrare l’azione innanzitutto sulle persone che compongono la nostra realtà professionale, puntando su una sempre migliore organizzazione e qualificazione, che non
può prescindere dall’iniziativa e dal contributo personale di chi lavora con noi. Abbiamo ancora spazio e voglia di crescere, non solo in termini quantitativi ma soprattutto di qualità del nostro lavoro. Intravediamo e già stiamo praticando un percorso di diversificazione della nostra attività, anche riprendendo alcuni temi interessanti come l’internazionalizzazione o il rapporto con le imprese di costruzioni.
3 _ Potrei citarne diversi, ma ritengo che sia molto esemplificativo il lavoro svolto per la Ifts (International Flight Training School) di Decimomannu in Sardegna. Si tratta del nuovo centro di formazione aperto a piloti di tutto il mondo, composto da edifici delle più varie funzioni, contraddistinti da tecnologie avanzate. Il lavoro è stato sviluppato nel periodo più duro del lockdown, in tempi ristretti e superando molte difficoltà, e rappresenta bene la nostra capacità di seguire tutte le fasi che vanno dall’ideazione alla realizzazione compiuta di ogni opera.
L’avveniristico progetto Waterfront di Levante (Genova) per la realizzazione del Quartiere Isola, un polo residenziale direttamente affacciato sul mare, ha scelto Mitsubishi Electric per la realizzazione di sistemi per il riscaldamento e raffrescamento d’aria e la produzione di acqua calda sanitaria. Grazie alla presenza di sistemi di monitoraggio, gestione ed ottimizzazione dell’efficienza energetica, l’edificio ha ottenuto la prestigiosa certificazione LEED.
Mitsubishi Electric è sempre più coinvolta in prestigiosi e avveniristici progetti, grazie alla qualità delle sue soluzioni tecnologiche e ad un’ampia gamma di servizi dedicati pre e post vendita. Oggi è il partner ideale perché ha a cuore non solo il rispetto ambientale, ma anche il risparmio energetico che si traduce in una significativa riduzione dei consumi.
Mitsubishi Electric, il piacere del clima ideale.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Qual è la strategia imprenditoriale che ha permesso alla sua società di risultare tra quelle in maggior crescita nell’ultimo quinquennio?
2 Come pensa di mantenere questo trend di sviluppo nel medio termine?
3 Qual è il progetto che meglio illustra le capacità di affermarsi nel mercato della sua società?
Tra i numerosi interventi sull’esistente di T.A. la trasformazione in supermercato dell’ex Cinema Teatro Italia a Venezia. A sinistra Alberto Torsello.
Alberto Torsello T.A.
1 _ La nostra società di progettazione si contraddistingue per interventi complessi sul costruito. Per fare ciò da quasi 25 anni formiamo architetti ad acquisire e interpretare dati per poter intervenire nel modo più compatibile possibile con le caratteristiche dell’edificio, assicurando sempre una trasformazione di valore. Per vent’anni abbiamo costantemente investito gli utili d’impresa in tecnologie e nella fidelizzazione dei collaboratori, tanto che abbiamo un turnover solo fisiologico, prossimo al 2 per cento annuo.
Il portafoglio clienti è all’80 per cento privato e per il 20 per cento pubblico (in crescita). Questo ci ha permesso di sperimentare costantemente materiali e soluzioni progettuali che identificano il nostro lavoro non solo per stile ma per uso della materia e sviluppo di tecniche. Lavoriamo a stretto contatto con imprese del settore progettando prodotti che risolvano criticità nel cambio d’uso degli edifici oggetto di intervento.
2 _ Per proseguire nel nostro sviluppo ci proponiamo di agire in tre direzioni:
- ampliare il settore degli incarichi pubblici attraverso una partecipazione sistematica alle gare pubbliche con caratteristiche a noi proprie;
- sviluppare il campo d’azione dal territorio nazionale a quello internazionale (negli ultimi tre anni abbiamo acquisito lavori in Svizzera, Australia, Usa);
- completare l’offerta con la creazione di un dipartimento di architettura di interni e di disegno del prodotto.
3 _ La trasformazione del Cinema Teatro Italia a Venezia in un supermercato. Questo progetto racchiude tutte le nostre competenze e potenzialità:
- analisi dell’edificio e delle sue trasformazioni;
- layout funzionale di nuova generazione compatibile con l’edificio;
- innesti architettonici e impiantistici che permettano di mantenere vive le identità storiche e attuali (i valori semantici);
- rigenerazione urbana e sociale di un angolo di Venezia;
- architettura d’interni sviluppata in armonia con l’edificio e il nuovo uso.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Qual è la strategia imprenditoriale che ha permesso alla sua società di risultare tra quelle in maggior crescita nell’ultimo quinquennio?
2 Come pensa di mantenere questo trend di sviluppo nel medio termine?
3 Qual è il progetto che meglio illustra le capacità di affermarsi nel mercato della sua società?
L’edificio per uffici Ark appena inaugurato a Bordeaux. Foto Fabrice Fouillet. A
Cino Zucchi
CZA - Cino Zucchi Architetti
1 _ La strategia con la quale ci siamo affermati è il mantenimento e la valorizzazione di una linea di ricerca progettuale originale unita all’ampliamento e consolidamento dell’organizzazione professionale e alla chiara ripartizione delle competenze nello studio in primo luogo. Allo stesso modo, se da un lato abbiamo messo a valore una certa diversificazione tipologica che ha da sempre contraddistinto CZA, dall’altro abbiamo lavorato per potenziare il mercato estero e quello italiano operando su scale diverse. Per ultimo ci piace pensare che fidelizziamo i clienti che in noi non vedono la sola prestazione professionale ma dimostrano di dare valore alla qualità e all’unicità del progetto che proponiamo.
2 _ Pensiamo di crescere ulteriormente continuando a ricercare opportunità lavorative che permettano di valorizzare le specificità di CZA in Italia e all’estero puntando sulla fiducia e continuità di rapporti con i nostri clienti. Ma anche insistendo nel partecipare a concorsi di progettazione particolarmente sfidanti: essi permettono quella sperimentazione senza la quale un docente universitario quale io sono non può costantemente aggiornare i contenuti del suo insegnamento. La gamma delle nostre prestazioni è davvero ampia: dalla progettazione di edifici commerciali, industriali e residenziali ma anche istituzionali alle soluzioni urbanistiche con particolare attenzione alle preesistenze ambientali e, alla scala più minuta, alle proposte di architettura per gli interni.
3 _ L’edificio per uffici appena inaugurato a Bordeaux [vedi anche a pag. 138, ndr] e il complesso residenziale e ricettivo in corso di realizzazione a Nizza, risultato di una consultazione internazionale di altissimo livello, esemplificano lo sviluppo all’estero della nostra attività. Insieme a questi, il progetto di rinnovamento e restauro della Cavallerizza Reale a Torino, uno degli ultimi complessi storici di grandi dimensioni in un centro storico in Europa, mostra la varietà del lavoro di CZA per carattere, scala e luogo.
Da oltre 50 anni Bosse brand del Gruppo Dauphin sviluppa soluzioni
room-in-room che aiutano la concentrazione delle persone che lavorano negli open space
BOSSELINO UNO
Room-in-room, un rifugio silenzioso per lavorare in pace
L’ufficio non è mai stato così compatto. Bosselino Uno è la call box ideale per la comunicazione, la creatività e il tempo libero. Rapido da montare e realizzato con materiali sostenibili e di alta qualità, unisce un’eccellente estetica a funzioni intelligenti. Presenta un’illuminazione priva di abbagliamento e una qualità dell’aria ottimale grazie alle due ventole integrate. Ingegnoso, poco ingombrante è fatto per lavorare indisturbati, con un ripiano d’appoggio che offre spazio per laptop e notebook.
I pannelli acustici in Pet interamente riciclato assicurano che i rumori ambientali rimangano all’esterno e che le conversazioni riservate restino all’interno. L’illuminazione non abbagliante e le due ventole silenziose creano un’atmosfera di lavoro ottimale. www.dauphin-group.com
Pronti per il futuro Progettato e realizzato in modo ecologico, Bosselino Uno ha un impatto climatico pari a zero. Tutte le emissioni di CO2 generate durante la produzione sono state compensate. In questo processo Bosse sostiene progetti di tutela ambientale selezionati e certificati.
Callbox intelligenti L’ufficio non è mai stato così compatto. Bosselino Uno è il callbox ideale per la comunicazione, la creatività e una pausa. Rapido da montare e realizzato in materiali sostenibili di pregio, coniuga un design perfetto con funzioni intelligenti.
Una postazione flessibile in cui rifugiarsi Progettato con cura, salvaspazio e ideale per lavorare indisturbati: Bosselino Uno consente di lavorare in assoluta privacy e in tutta comodità. Sul piano di appoggio trovano spazio laptop e taccuino; il supporto a parete è ideale per videochiamate ad altezza d’occhio. I pannelli acustici in Pet riciclato al 100% fanno sì che i rumori di sottofondo rimangano fuori e all’interno si possano svolgere colloqui riservati.
Isotec un sistema
5 funzioni
Isolamento termico
Ventilazione dell’involucro
Seconda impermeabilizzazione
Barriera al vapore
Supporto del manto di copertura
Nel 2024 Brianza Plastica ha celebrato il 40° anniversario del sistema Isotec, una soluzione pionieristica che, nella metà degli anni ‘80 quando è stato lanciato, ha saputo anticipare le esigenze dell’edilizia contemporanea, confermandosi come punto di riferimento nel settore dell’isolamento termico degli edifici.
«Il 2024 è stato un anno di grande rilievo per noi — dichiara Vera Vaselli, Responsabile Marketing del Gruppo Brianza Plastica — in cui abbiamo celebrato il percorso evolutivo di Isotec , valorizzando la sua capacità di rispondere alle sfide attuali e future del settore edile».
Fra le varie iniziative, l’azienda ha puntato sulla realizzazione di un video emozionale che, attraverso un linguaggio cinematografico,
racconta l’evoluzione di Isotec. Il filmato mette in luce i valori che hanno ispirato la nascita del prodotto e ne illustra il percorso di crescita, intrecciando la vicenda personale di un protagonista con le tappe salienti dello sviluppo del prodotto, dall’intuizione iniziale alla creazione di un sistema all’avanguardia, capace di innovare il mercato dell’isolamento termico dell’intero involucro edilizio.
L’avventura di Isotec inizia nel 1984 e, partendo dall’applicazione in copertura, il sistema si è evoluto fino a includere le superfici verticali, configurandosi come una soluzione completa per l’isolamento termico ventilato sia delle coperture che delle facciate. La scelta del poliuretano come materiale isolante — noto per
le sue prestazioni eccellenti — e l’integrazione in produzione di un correntino metallico funzionale alla creazione della camera di ventilazione, hanno consentito di sviluppare una soluzione estremamente versatile e performante.
«Con il video celebrativo – prosegue Vera Vaselli – abbiamo voluto raccontare come, grazie all’esperienza maturata sul campo e alle costanti attività di ricerca portate avanti insieme a prestigiosi soggetti accademici come il Politecnico di Milano, Isotec sia oggi un sistema capace di risolvere in modo efficace le variabili progettuali che gli architetti e i tecnici affrontano». Il sistema Isotec, infatti, costituisce oggi una soluzione integrata per l’intero involucro edilizio, ottimizzando i tempi di posa e semplificando le attività lungo tutta la filiera.
Un frame del video realizzato per celebrare i 40 anni del sistema Isotec, che racconta l’evoluzione del prodotto e mette in luce, in maniera emozionale, i valori che hanno ispirato la sua nascita e consentito il suo successo.
Isotec contribuisce alla realizzazione di edifici conformi ai criteri del Green Building. Grazie alle loro proprietà termoisolanti e alla realizzazione contestuale di una camera di ventilazione, i pannelli consentono di minimizzare i consumi energetici per il riscaldamento e il raffrescamento.
Isotec è conforme ai requisiti dei Criteri Ambientali Minimi (C.A.M.) ed è dotato di mappatura secondo il protocollo Leed v4. L’impegno di Brianza Plastica in tema di sostenibilità coinvolge oggi sia gli aspetti ambientali, che sociali ed economici, come evidenziato nel report di sostenibilità che l’azienda sta redigendo. «Dopo 40 anni dall’intuizione iniziale –conclude Vera Vaselli – il nostro obiettivo non
è celebrare un traguardo, ma segnare una tappa di un percorso in continua evoluzione. Con la stessa visione che ci ha guidati fin dall’inizio, continuiamo a considerare la sostenibilità non solo una scelta, ma una responsabilità imprescindibile. La sfida è costruire il futuro dell’edilizia su solide basi di innovazione e rispetto per l’ambiente».
Con il sistema Isotec, Brianza Plastica conferma il suo ruolo di leader nel settore dell’isolamento termico, affermando la centralità della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica nella progettazione degli edifici del futuro.
www.brianzaplastica.it isotec.brianzaplastica.it
Inaugurata nel 1935 per celebrare l’arrivo dell’acqua potabile in città, la fontana monumentale di Copparo, con una vasca a sedici facce in marmo verde imperiale del diametro di 15 metri e un monolite al centro alto 8,30 metri in marmo bianco di Carrara, è un esempio tutelato di arte del Ventennio.
Progettata dall’architetto forlivese Piero Toschi e dallo scultore Enzo Nenci, arricchita nel secondo dopoguerra da una fascia marmorea dedicata ai caduti copparesi di tutte le guerre, negli anni Novanta la fontana fu oggetto di un primo restauro promosso da un comitato formato dall’amministrazione comunale, associazioni d’arma e cittadini.
Al secondo, più completo restauro, avviato nel 2023 dalla partecipata Patrimonio Copparo Srl – responsabile della progettazione l’architetto Mauro Crepaldi – ha preso parte Forme d’Acqua Venice Fountains con un intervento impiantistico non invasivo che ha ripristinato i giochi d’acqua da tempo inattivi recuperando
e restaurando gli ugelli originali e installando 96 nuovi ugelli dinamici con una traiettoria più alta rispetto al passato.
La fontana ora è dotata di un sistema di fi ltrazione e ricircolo, composto da una pompa Victoria Plus di Astralpool collegata a un fi ltro a graniglia di vetro, che movimenta e pulisce l’acqua da impurità e detriti consentendone il riutilizzo. Per l’illuminazione dinamica sono stati scelti 24 spot Led Rgb+White di Teclumen, che off rono un’ampia gamma di colori. L’approvvigionamento d’acqua è regolato da un contalitri collegato a un sensore di livello, controllabile da remoto tramite l’app My Fountain, che permette anche di monitorare i consumi idrici e l’efficienza del sistema.
Il nuovo impianto impiega tecnologie a basso consumo e si basa su una gestione ottimizzata delle risorse idriche, preservando al contempo il valore storico e artistico dell’opera.
www.formedacqua.com
Game Streetmekka Cultural Sport Center, Viborg, DK
Dare nuova vita agli edifici industriali in disuso, donandone nuova destinazione culturale e nuova valenza estetica… nasce così un paesaggio urbano al coperto come luogo di aggregazione sociale per favorire la comunicazione tra le nuove generazioni. Streetmekka è una casa della cultura destinata ad ospitare urban sport di strada, sale per la produzione musicale, laboratori d’arte e di danza. La struttura originale in calcestruzzo, che negli anni ’60 ospitava una fabbrica di mulini a vento, è stata trasformata in un immenso volume etereo con un involucro interamente realizzato con sistemi modulari arcoPlus® di policarbonato, con l’obiettivo di creare un non-confine tra il mondo esterno e le attività svolte all’interno. Inoltre le vaste superfici traslucide laterali, in cui sono stati mimetizzati dei setti apribili a scorrimento anch’essi in policarbonato, fungono da tela gigante per proiettare le performance artistiche e per conferire all’edificio la massima leggerezza.
Il progetto illuminotecnico sviluppato da Studio Switch. Sotto, il Polittico nella sua nuova collocazione e uno degli ambienti dell’ex chiesa di San Giuseppe ai Pellegrini. Foto di Andrea Martiradonna.
Il progetto di illuminazione del Polittico di San Martino a Treviglio (Bg), capolavoro del tardo gotico lombardo, è stato curato dallo Studio Switch e realizzato con le soluzioni di Linea Light Group.
Alto quasi 6 metri, il dipinto su tavola, opera di Bernardo Zenale e Bernardino Butinone, è stato spostato dalla Basilica di San Martino a Treviglio alla ex-chiesa di San Giuseppe ai Pellegrini, dove è stata creata una sala dedicata. La progettazione illuminotecnica ha previsto due linee di proiettori: una per illuminare la parte inferiore e una per la parte superiore dell’opera. La prima linea, integrata in un dis-
suasore, utilizza 3 profi latori Pound Shaper e 6 proiettori Pound con fi ltro diff uso. La seconda, installata su un tirante a 6,5 metri di altezza, impiega 7 profi latori e 4 proiettori per garantire un’illuminazione uniforme. La luce bianca calda (3000 K, CRI 98) assicura una resa cromatica ottimale, riducendo l’abbagliamento e rispettando i vincoli architettonici e cromatici dell’opera.
L’approccio al progetto ha cercato di equilibrare luci profi late e diff use, per valorizzare tanto l’opera quanto l’architettura circostante. L’illuminazione è gestita tramite protocollo Dali, garantendo flessibilità nelle diverse situazioni.
La Sala del Polittico è divisa in due ambienti grazie all’illuminazione, che crea una gerarchia luminosa e un’esperienza dinamica per i visitatori, con luci che si accendono e spengono in sincronia con il sistema audio/video. Il progetto ha riguardato anche altre aree espositive, come la Sala dei Confratelli e la Sagrestia Aquilonare. L’illuminazione, con proiettori Pound Focus e piantane Joshua, ha creato effetti tridimensionali sulle opere e sull’architettura, migliorando l’esperienza di visita e preservando al contempo i capolavori storici. www.linealight.com
CASA VELA DI OBR E NEOSTUDIO
Finanziata con 4 milioni di euro di risorse Pnrr e 3 milioni di euro dal Comune di Genova, è stata avviata nei mesi scorsi la costruzione di Casa Vela, che ospiterà il nuovo centro federale della Federazione Italiana Vela.
Prominente sul mare, l’opera fa parte del masterplan del Waterfront di Levante, ideato da Renzo Piano e progettato dal suo studio Rpbw con Obr - Open Building Research, con la progettazione esecutiva e definitiva sviluppate da Neostudio Architetti Associati con Sem Ingegneri Associati, Sbarch e Giorgio Demofonti. Alla quota della città il progetto si configura come una nuova piazzabelvedere sul mare, punto di arrivo di una passeggiata ideale prolungamento
dell’asse urbano nord-sud che dalla stazione di Brignole attraversa la città. Al centro della piazza un bar panoramico, con tavolini all’aperto, protetto da un’ampia tettoia quadrata di 400 mq che ripara dal sole e sostiene un parco fotovoltaico per il fabbisogno di Casa Vela. La sede e gli spazi della Federazione Italiana Vela, che rispondono al programma di supporto alle regate veliche e ai grandi eventi internazionali e agli standard internazionali di World Sailing, l’organizzazione velica riconosciuta dal Comitato Olimpico Internazionale, si trovano invece al di sotto della piazza, alla quota del mare, e sviluppa una superficie di circa 2.000 metri quadrati. Il nuovo edificio sarà realizzato con
una struttura puntuale di pilastri e una soletta in cemento armato parzialmente appoggiata alla diga sottoflutti, garantendo la massima flessibilità e aggregabilità degli spazi interni. Un sistema di scale esterne e un ascensore panoramico assicureranno l’accessibilità e la fruibilità pubblica ■
Committente Federazione Italiana Vela, Genova
Ideazione architettonica Obr - Open Building Research
Team di progettazione definitiva e esecutiva Neostudio
Architetti Associati con Sem Ingegneri Associati
Sbarch, Giorgio Demofonti
Impresa appaltatrice Sirce
Superficie 2.000 mq
Cronologia in corso
LA SOLUZIONE IDEALE, PER IL RISPETTO AMBIENTALE
La direttiva EPBD prevede di raggiungere per gli edifici non residenziali e pubblici la classe di prestazione energetica E entro 2027 e la classe D entro il 2030. Il prodotto Kömmerling, si distingue garantendo il rispetto dei criteri CAM, diventando soluzione ideale nella sfera dei bandi pubblici. kommerling.it
PROSPETTO SUD
P.zza Pietro Chiodi
Con un intervento finanziato con risorse del Pnrr (investimento di rigenerazione urbana nell’ambito della Missione 5 - inclusione e coesione) la Città di Alba ha dato il via ai lavori di riqualificazione – affidati all’impresa Barberis su progetto architettonico del locale studio Costantino-Clerico – della ex-casa Miroglio, un palazzo nel centro storico della città a pochi passi da Piazza Risorgimento, in prossimità della cattedrale di San Lorenzo.
Dal 1977 di proprietà del comune (per l’interrato e i primi due piani) tutelato ma in stato di abbandono, l’immobile mostra le caratteristiche ricorrenti degli edifici di origine medievale poi rimaneggiati secondo i diffusi modelli ottocenteschi, che prevedevano la regolarizzazione delle
aperture e l’apposizione del cornicione. Al piano terreno è ancora possibile apprezzare l’intervento degli anni Trenta del Novecento, quando erano state inserite “colonne in ghisa e piattabande in ferro” per ricavare un unico locale da adibire a magazzino. Elementi storici caratterizzanti che saranno preservati e restaurati e riportati, al pari della facciata, al loro aspetto originale.
Nel complesso il progetto prevede la demolizione e rimozione di alcuni elementi esistenti, il rafforzamento strutturale dell’edificio, lavori di impermeabilizzazione, isolamento termoacustico, la posa di nuovi pavimenti ed il recupero degli infissi esistenti e l’adeguamento dei servizi igienici per renderli accessibili a tutti.
Concluse le opere strutturali, gli spazi interni saranno attrezzati, anche con nuove partizioni e allestimenti, per supportare attività culturali estendendo gli spazi del centro studi Beppe Fenoglio allestito nella casa natale dello scrittore, attiguo all’immobile ■
Committente Città di Alba
Progetto architettonico Studio Costantino-Clerico
Progetto strutture Studio A&A
Progetto impianti Studio Integra; Alberto Giacosa
Impresa lavori edili Barberis
Totale superficie 800 mq su tre piani
Investimento circa 2 milioni di euro
Consegna prevista giugno 2026
Attraverso il tempo, efficace sempre.
L’ECODISTRETTO BERTALIA-LAZZARETTO
Il team composto da ATI Project (capogruppo), a-fact architecture factory, Weber Architects e Parcnouveau ha vinto il concorso internazionale indetto dal comune di Bologna per la realizzazione di un comparto di edilizia residenziale sociale nel quartiere Bertalia-Lazzaretto. Cuore del progetto è il ‘cortile urbano’, concepito come una serie di stanze a cielo aperto per favorire la socializzazione tra i futuri residenti e attraversato da nord a sud da una greenway ciclo-pedonale che valorizza l’asse paesaggistico nord-sud tracciato dal canale della Ghisiliera e collega il nuovo distretto con i quartieri vicini. Lo incorniciano i nuovi volumi architettonici, caratterizzati da una varietà di altezze e colori ispirati al centro
storico di Bologna, per rafforzare quel ‘senso del luogo’ che è fondamentale per la percezione di appartenenza dei nuovi abitanti.
I blocchi residenziali, dotati di coperture attrezzate e serre comunitarie, saranno anche spazi dedicati all’agricoltura urbana e alla regolazione del microclima, incoraggiando a loro volta una vita comunitaria attiva e partecipativa.
La configurazione volumetrica e la diversificazione delle altezze dei blocchi favoriscono un linguaggio architettonico accessibile e accogliente. Una progettazione attenta agli aspetti bioclimatici ottimizza l’illuminazione naturale e l’efficienza energetica e sostiene il benessere psico-fisico dei residenti.
Nel progetto architettonico i ballatoi, più che semplici aree di passaggio, diventano anch’essi spazi di socialità creando occasioni di interazione tra i residenti.
La loro distribuzione strategica favorisce un’adeguata adattabilità degli edifici nel tempo.
Ai piani terra si trovano aree ricreative e cortili che spingono la vita comunitaria verso l’esterno ■
Committente Comune di Bologna
Progettazione ATI Project (capogruppo e ingegneria); a-fact architecture factory (architettura); Weber Architects (urbanistica); Parcnouveau (paesaggio)
Superficie 6.200 mq circa
PARISOTTO+FORMENTON DISEGNA
UN VILLAGGIO-RESORT CON TETTI IN
Si ispira alle architetture rurali spontanee dei casoni lagunari lo stile che caratterizzerà i nuovi interventi e il ridisegno dell’esistente del Villaggio San Francesco, la cui proprietà ha chiamato lo studio Parisotto+Formenton Architetti a elaborare un masterplan generale e le linee-guida estetiche che in più fasi, da qui al 2030, rivoluzioneranno i flussi e l’aspetto architettonico del resort. I primi interventi previsti riguardano il rifacimento dell’area dedicata al centro polifunzionale: il nuovo complesso ospiterà un bar/ristorante con grande terrazza, il teatro all’aperto e la palestra, corredati di spazi di servizio. L’edificio è composto da corpi di fabbrica diversi, connessi da patii e cortili e collegati da percorsi pedonali coperti. I volumi bassi sono dominati dalle grandi falde spioventi in paglia che creano un paesaggio architettonico dinamico e articolato e un costante dialogo tra gli interni e gli spazi aperti. A completamento di questa area del villaggio è stata ridisegnata la
piazza antistante con un nuovo design della pavimentazione, delle alberature, degli spazi di sosta e la realizzazione in prossimità di nuovi campi da calcetto e padel.
Il progetto prevede anche la realizzazione di un nuovo edificio mixed-use a due piani, anch’esso coronato da una falda in paglia che lo radica al suolo integrandolo nel contesto grazie a colori neutri e texture naturali. Il progetto ha l’obiettivo di realizzare una destinazione turistica
contemporanea e inclusiva per un pubblico multigenerazionale interessato al benessere, alla godibilità del verde e degli spazi aperti, alla convivialità e al rispetto per la natura. Un linguaggio architettonico semplice e legato al territorio, dove la matericità e le cromie sono studiate con una cura particolare, è il filo conduttore che lega i nuovi interventi con le opere di restyling, con una coerenza formale ed estetica sottesa all’intero progetto, alle diverse scale ■
PIACENZA
STEFANO BOERI INTERIORS RESTAURA, RECUPERA E VALORIZZA L’EX-CONVENTO DI SANTA
La Fondazione di Piacenza e Vigevano, che ne è proprietaria, ha affidato allo studio Stefano Boeri Interiors il recupero dell’ex convento di Santa Chiara, complesso di origine duecentesca che copre un’area di circa 12mila metri quadrati, di cui 8.500 di area verde, nel centro di Piacenza, per trasformarlo in studentato e centro socioriabilitativo residenziale.
In accordo con la Soprintendenza, il progetto prevede la realizzazione di un sistema interconnesso di cortili e giardini pensili, il restauro dei fabbricati storici esistenti e nuove costruzioni.
In particolare, con un lavoro di restauro del corpo esistente e la ricostruzione dei volumi maggiormente compromessi prenderà di nuovo forma il chiostro centrale del convento. Una nuova struttura
vetrata collegherà il corpo ovest all’edificio e al portico adiacenti. La sala capitolare del convento, confinante con la chiesa di Santa Chiara, diventerà spazio comune, mentre i piani superiori saranno adibiti ad alloggi per studenti. Altre residenze studentesche (per un totale, comprese le ali dell’ex-convento, di 241 posti) saranno costruite in luogo di strutture minori da demolire.
Alle spalle dello storico chiostro centrale sorgerà un nuovo edificio destinato al centro socio-riabilitativo residenziale Dopo di noi che accoglierà 48 soggetti fragili. Rispettando l’altezza del corpo seicentesco, la nuova struttura si svilupperà su tre piani fuori terra e un piano interrato. Il tetto del nuovo edificio diventerà un giardino terapeutico, con
specie selezionate da esperti agronomi per favorire la riabilitazione psicofisica degli ospiti.
Il progetto degli spazi aperti prevede la creazione di cortili tematici, tra i quali il cortile del teatro, realizzato recuperando pilastri in mattoni esistenti per trasformarli in palcoscenico di un’arena all’aperto ■
Committente Fondazione di Piacenza e Vigevano
Finanziamento tramite fondo di investimento di tipo chiuso gestito da Investire Sgr
Progetto architettonico Stefano Boeri Interiors
Consulenti strutture Paolo Milani e Silvio Carini
Consulente architettura e restauro Pier Giorgio Armani
Area di progetto circa 12.000 mq
Costo complessivo stimato 25 milioni di euro
Ha ottenuto l’approvazione preliminare e sta entrando nella fase della progettazione esecutiva la torre mixed-use progettata dallo studio altoatesino Noa-Network of Architecture con il partner locale Atelier4 per Tirana.
L’originale progetto, che moltiplica e sovrappone in una composizione verticale l’archetipo della casa con tetto a capanna, sorgerà su un lotto rettangolare di 75 x 25 metri, in un’area densamente costruita, dove edifici di dieci piani si alternano ad abitazioni di due o tre livelli, una situazione non insolita a Tirana. Il nuovo edificio sostituirà quello attualmente presente e ospiterà circa 160 appartamenti di diverse metrature (da 70 a 130 mq), un hotel e un’ampia area commerciale. «Passeggiando per Tirana – ci racconta l’architetto Lukas Rungger, fondatore di Noa – ho percepito una città dal passato ricco ma turbolento, visibile in frammenti architettonici molto diversi fra loro. Mi è sembrata una specie di puzzle in cui nuovo e vecchio mondo coesistono in un affascinante gioco di contrasti».
Da qui il nome di Puzzle Tirana, sviluppato con l’idea di rappresentare il passaggio dalla vita in case rurali a quella in appartamenti urbani, immaginando un emblematico villaggio metropolitano.
I quattro fronti della futura torre sono caratterizzati da una composizione vivace e diversificata di moduli a forma
di casa con tetto a capanna, aggettanti da 0,5 a 3 metri. Realizzati in colorazioni diverse, si differenziano anche per forma, orientamento del tetto, numero e dimensione delle aperture.
«Le case/facciata funzionano come pezzi di un puzzle, aggiunge Rungger, e si incastrano l’una nell’altra ruotando fino a fare ‘click’ nella struttura» ■
Committente privato
Progetto architettonico Noa-Network of Architecture. Atelier4
Superficie 32.700 mq
Cronologia in corso Render ©Atelier4, Noa
Con un incarico di riqualificazione sostanziale prosegue la collaborazione pluriennale dello studio Sbga Blengini Ghirardelli con l’Agenzia Spaziale Europea. Il piano di investimento accelerato di Estec, il centro europeo con base in Olanda, prevede un intervento di trasformazione che si svilupperà in più fasi per completarsi entro il 2030. A fondamento del masterplan due punti fermi: la volontà di favorire le connessioni, gli scambi e gli incontri tra i 2.800 professionisti – tra dipendenti amministrativi, ricercatori, ingegneri spaziali, scienziati e astronauti – che gravitano sul campus e quello di garantire
per l’intera durata dei lavori la continuità operativa di Estec.
Al centro del progetto di riqualificazione l’Orbit, un hub centrale punto di connessione del campus attorno al quale graviteranno come satelliti le altre strutture. Orbit è collegato a cinque edifici a uso uffici e a un laboratorio, per facilitare e incentivare gli interscambi tra i dipendenti. L’uso predominante del vetro nelle facciate consentirà inoltre un’interazione costante tra l’ambiente esterno e gli utenti.
Per ridurre i costi e ottimizzare l’uso delle risorse, è previsto l’impiego di componenti modulari e di dimensioni standard.
Sotto il profilo climatico, il progetto prevede anche la creazione di un nuovo parco che tra gli altri vantaggi ambientali favorirà anche il drenaggio naturale dell’acqua per fare fronte ai sempre più frequenti eventi di piogge intense ■
Committente Agenzia Spaziale Europea
Architettura Sbga Blengini Ghirardelli
Ingegneria Witteveen+Bos
Superficie complessiva 160.000 mq Cronologia 2024-2030
Tork sostiene l’importanza dell’igiene come bene primario per la salvaguardia della salute promuove la realizzazione in Italia di Public Toilets sicure pulite, inclusive e dotate di tutto quanto necessario
per assicurare una sosta piacevole alle persone. Con l’obiettivo di contribuire a migliorare l’ambiente in cui viviamo e rendere più accoglienti le nostre città per turisti e residenti.
Bagni pubblici belli, puliti, sicuri e funzionali sono un segno di civiltà e un bene per le persone e le nostre città
Perfect Toilets è l’iniziativa promossa da IoArch e Tork brand specialista nell’igiene professionale away from home, che hanno invitato 7 studi di architettura a progettare bagni pubblici da realizzare in 6 città italiane: Milano, Roma, Firenze, Napoli, Venezia e Palermo
In un Paese come l’Italia, la cui popolazione ha un’età media elevata e che è una delle principali mete turistiche al mondo, la presenza di bagni pubblici è una rarità, e quei pochi che esistono, difficili da trovare, sono spesso chiusi o in condizioni igieniche allarmanti. Secondo l’indagine Tork Insight Survey condotta nel 2024, il 62 per cento degli italiani pensa che l’uso dei bagni pubblici sia poco igienico e il 48 per cento si sente in ansia all’idea di doverli utilizzare.
La loro diffusione e corretta manutenzione potrebbero contribuire a migliorare la qualità di vita e l’uso della città, come dimostra il caso della municipalità di Shibuya a Tokyo, i cui bagni pubblici, promossi dalla Nippon Foundation che ne aveva affidato la progettazione a grandi architetti – tra loro ben quattro premi Pritzker – sono addirittura diventati mèta di specifici itinerari turistici. Vengono tenuti accuratamente puliti, secondo un rigido programma giornaliero, settimanale e mensile, da persone come il protagonista del film di Wim Wenders Perfect Days. È a quei bagni pubblici che IoArch con Tork, brand di igiene professionale away from home, si sono ispirati per invitare sette architetti a immaginare bagni pubblici belli,
puliti, accoglienti, sicuri e accessibili per le città italiane. Il risultato sono i sette progetti –presentati lo scorso dicembre presso una sala del museo Maxxi di Roma – che pubblichiamo in queste pagine. Progetti pensati per un corretto inserimento urbano, ben congegnati dal punto di vista della tecnologia costruttiva e impiantistica, che con la fattiva collaborazione delle pubbliche amministrazioni locali e di imprese specializzate nella loro gestione e manutenzione potranno trasformarsi in realtà concrete e funzionanti.
Evento promosso da IoArch e Tork - brand di Essity
Curatori Luigi Prestinenza Puglisi, Maria Spina I PROGETTISTI
Sergio Bianchi – Studio Bianchi Architettura
Francesco Buonfantino – Gnosis Progetti
Alberto Cecchetto – Cecchetto & Associati
Andrea D’Antrassi – MAD e AND Alfonso Femia – Atelier(s) Alfonso Femia AF517
Claudio Lucchesi – UFO Urban Future Organization
Fabrizio Rossi Prodi – RossiProdi Associati www.perfectoilets.it
Posizionati alla sommità dei muraglioni, lungo i marciapiedi del Lungotevere in prossimità dei ponti dove sono collocati gli scaloni di accesso agli argini, i bagni pubblici progettati da Sergio Bianchi e dal suo studio favoriranno l’impiego delle banchine del Tevere per attività sportive e per il tempo libero, trend da tempo in crescita. I servizi igienici, dotati di molteplici funzioni – stazioni integrate per il cambio dei bambini, spazi rifornimento di acqua, rivendite di cibo e prodotti per l’igiene personale, pulsante di chiamata per le emergenze – diventano affacci sul fiume e al contempo, grazie al rivestimento con pellicola in nanopolimeri Lcd, gallerie espositive e fari multifunzionali.
Pensati in primo luogo per chi frequenta le spon-
de del fiume ma collocati in sommità per evitare le inondazioni e ovviare alla quota della rete fognaria, i bagni pubblici portano con sé la dotazione di servo-scala migliorandone l’accessibilità (design-for-all).
La struttura è formata da esili pilastri che formano uno scheletro metallico. Pavimento e soffitto sono sorretti da travi, mentre un doppio controvento di rinforzo li ancora saldamente ai muraglioni. Composto da acciaio inossidabile e da un vetro digitale a pellicola intelligente (smart film) il rivestimento offre visibilità completa verso l’interno quando la toilette è libera e opacità totale quando è occupata. La pellicola intelligente può essere utilizzata per presentare opere d’arte digitale da esporre in maniera dinamica.
Studio Bianchi Architettura
Allievo di Luigi Pellegrin, nel 1997 Sergio Bianchi fonda lo studio che si occupa di residenziale, uffici e infrastrutture. In parallelo, lo studio conduce una costante attività di ricerca sull’habitat e cura e gestisce l’archivio di Luigi Pellegrin. Tra le opere realizzate, la sede di Rainbow a Loreto, interventi per l’accessibilità alla Stazione Termini. Nel 2024 lo studio ha vinto il primo premio nel concorso Rethinking the Future e il Runner up Prize per il progetto della base spaziale di SpaceX in Texas.
www.studiobianchiarchitettura.com
A sinistra, diagramma dell’accessibilità dalla città e dalle banchine del fiume. A destra, le possibili collocazioni urbane e alcuni render dei nuovi bagni pubblici progettati da Studio Bianchi architettura.
Va oltre il suo ruolo di servizio per diventare simbolo del tempo, del luogo e della storia l’architettura di bagno pubblico immaginata da Francesco Felice Buonfantino per il Parco del Virgiliano a Bagnoli: un orologio solare, la cui forma è orientata sulla base dell’altezza del sole alla latitudine di Napoli, che trasforma il bagno pubblico in un’icona minerale fissando nella materia la memoria del tempo trascorso. L’installazione, con una struttura in acciaio rivestita da una lamiera di acciaio specchiante, accoglie all’interno un sistema igienico completamente ‘off-grid’, adottando il modello sviluppato dal Samsung Advanced Institute of Technology
coreano per la Bill & Melinda Gates Foundation, le cui tecnologie di base comprendono il trattamento termico dei rifiuti solidi, disidratati, essiccati e ridotti in cenere, mentre i rifiuti liquidi vengono trattati attraverso un processo di purificazione biologica.
Un sistema di recupero dell’acqua piovana provvederà al fabbisogno per il lavamani, mentre pannelli fotovoltaici forniranno l’energia necessaria per l’illuminazione a Led e il funzionamento del sistema igienico.
Gnosis Progetti
Costruire contemporaneo nel costruito storico: questo l’intento fondativo, dal 1993, di Gnosis Progetti, la società di progettazione di cui Francesco Buonfantino è presidente. Tra le numerose opere realizzate il percorso archeologico ipogeo del Rione Terra a Napoli, l’ammodernamento e rifunzionalizzazione degli aeroporti di Napoli, Milano Linate e Malpensa e delle stazioni ferroviarie di Porta Nolana e piazza Garibaldi a Napoli. Attualmente lo studio è impegnato nella riconversione del Real Albergo dei Poveri di Napoli.
www.gnosisarchitettura.it
Spazio, tempo e luogo alla base del progetto di bagno pubblico ideato da Francesco Buonfantino. A destra, render della meridiana in acciaio specchiante. L’installazione prevede un sistema igienico autonomo e off-grid con l’adozione del modello sviluppato dal Samsung Advanced Institute of Technology per la Bill & Melinda Gates Foundation.
Schema dei calcoli astronomici che hanno determinato la morfologia dell’oggetto ‘bagno’ pensato per il parco del Virgiliano a Bagnoli (Napoli).
Connaturate con le origini di Venezia, le Floating Toilets progettate da Alberto Cecchetto sono architetture galleggianti, collocate in prossimità degli imbarcaderi Actv, il riferimento urbano immediato e più facilmente riconoscibile di una città che conta meno di 50mila residenti ma dove ogni anno arrivano oltre 14 milioni di turisti, con picchi giornalieri fino a 80mila presenze.
Poste nei punti dove la mobilità pedonale e quella d’acqua si toccano e si incontrano con naturalezza, queste strutture fluttuanti risulteranno così facilmente accessibili a tutti.
Le Floating Toilets possiedono anche un valore aggiunto rispetto a quelle tradizionali: sono flessibili e facilmente adattabili, leggere e poco invasive.
Garantiranno:
• Areazione costante attraverso lucernari in copertura che consentono un’efficace ventilazione naturale.
• Riduzione del consumo d’acqua. È possibile utilizzare l’acqua del canale, convogliandola in appositi serbatoi, per alimentare gli scarichi dei WC, che successivamente confluiranno nella rete fognaria della città.
• Isolamento acustico, grazie a pareti esterne spesse e retroilluminate con rivestimenti interni in Hpl a doppio spessore.
Le pareti retroilluminate sono altresì strumenti ideali per comunicare eventi, mostre e altre iniziative cittadine.
Cecchetto & Associati
Con sede a Venezia, lo studio esplora vari temi di progettazione attraverso la decodificazione e la ricomposizione degli elementi morfologici dell’architettura dei luoghi e del paesaggio. Predilige progetti complessi che oscillano tra la scala urbana e quella architettonica. Tra le opere realizzate, le Cantine Mezzocorona (1995), il Terminal di Fusina di Venezia (1997, con Ove Arup e Thetis) la palestra di Pieve di Soligo (2013), la sede di Alperia a Merano (2018), il recupero dei Magazzini 4 di San Basilio per la nuova sede dell’Università Cà Foscari. In corso il progetto di riqualificazione dei waterfront di Venezia e Chioggia (con Arup e Proap). www.cecchettoassociati.com
A sinistra, le possibili collocazioni dei bagni pubblici in corrispondenza con gli imbarcaderi Actv. A destra, fotoinserimenti e lo spaccato assonometrico che descrive i componenti dei nuovi bagni pubblici.
Il concept di City Hub prende ispirazione dalla storica funzione sociale dei bagni pubblici dell’antica Roma, con l’intento di trasformare uno spazio comune in un luogo che va oltre la funzionalità. Con un design curato e distintivo, City Hub intende valorizzare la concezione moderna dei bagni pubblici, restituendo loro dignità e trasformandoli in veri e propri punti di aggregazione urbana. Lo spazio d’ingresso è caratterizzato da un front desk, con una parete attrezzata dedicata ad attività commerciali, che si apre su due ambienti distinti: un bagno, accessibile anche per persone con ridotta capacità motoria, e uno spogliatoio, entrambi a pagamento. La scelta dei servizi a pagamento favorisce l’autofinanziamento per la cura e il mantenimento degli spazi. L’integrazione di attività commerciali è inoltre un elemento chiave nella loro gestione, poiché l’esercente si occupa di regolare l’accesso e di mantenere un ambiente sicuro e ordinato per tutti gli utenti.
Quanto ai materiali, City Hub impiega superfici riflettenti che donano luminosità agli spazi e permettono di catturare i panorami circostanti e di riflettere la città e i suoi monumenti.
La modularità del design consente la combinazione di più unità in un sistema articolato, capace di adattarsi a contesti diversi. Una copertura modulare unisce visivamente i diversi spazi, creando una cornice che orienta lo sguardo verso i principali punti di interesse storico e culturale, facendo di City Hub un elemento integrato nel tessuto urbano.
Un ulteriore elemento distintivo del design è rappresentato dalla copertura sporgente e dalle sedute, che richiamano l’idea di riparo sotto i tipici alberi romani, offrendo agli utenti la possibilità di fermarsi, rilassarsi e godere della vista: una caratteristica che incoraggia la sosta e la socializzazione in un ambiente all’aperto, rendendolo un luogo accogliente.
MAD / AND Architetto abilitato in Italia e in Svizzera, con un master in Architettura conseguito presso l’Accademia di Mendrisio, Andrea D’Antrassi è Associate Partner dello studio cinese MAD Architects dove ha maturato una solida esperienza in progetti internazionali tra cui gli sviluppi Huangshan Mountain Village, Nanjing Zendai Himalayas Center, il Lucas Museum of Narrative Art e, a Roma lo sviluppo del complesso residenziale Boncompagni. In MAD Andrea svolge inoltre un ruolo chiave nella supervisione e nell’organizzazione dei concorsi di progettazione concettuale.
www.i-mad.com
Render delle possibili configurazioni di City Hub e concept delle possibili collocazioni urbane. Al di là dell’architettura il progetto ipotizza l’integrazione di attività commerciali, utili sia per la gestione economica dei bagni pubblici sia come presidio a garanzia della sicurezza dei luoghi.
Nel concept Not Only di Alfonso Femia e del suo studio, il bagno pubblico assume una dimensione multipla che accosta individuale e collettivo e si configura come dispositivo urbano, potenzialmente piccolo landmark e riferimento ospitale per residenti e turisti.
Una progettazione flessibile e adattabile e una geometria biomorfa consentono di configurare il bagno pubblico come elemento singolo o in combinazioni più complesse, con ogni ‘petalo’ di un’ampia copertura a quadrifoglio che risponde a esigenze diverse: dal semplice nucleo bagno a spazi che integrano punti informativi, aree di riparo, zone di sosta e ristoro, oltre a servizi come distributori di energia o piccole stazioni per la ricarica di dispositivi elettronici. La presenza di illuminazione intelligente e sistemi di videosorveglianza migliora la sicurezza del dispositivo e delle aree circostanti, rendendole più accoglienti e frequentabili.
Circolare, rigido e resistente e costruito con materiali impermeabili, igienizzanti – compresa l’illuminazione interna a luce UV-C – e antivandalo, il
nucleo funzionale centrale racchiude i servizi essenziali. Attorno ad esso, un rivestimento esterno distanziato crea un’intercapedine d’aria che migliora la ventilazione naturale e contribuisce alla regolazione termica interna.
La finitura esterna è prevista in materiali performanti ma differenti – ceramica, lamiera stirata o barre di alluminio rivestite di legno – per integrarsi armoniosamente nell’ambiente circostante, conferendogli al tempo stesso una forte identità visiva.
L’acqua raccolta in copertura viene convogliata in vasche di accumulo e trattata per essere riutilizzata sia negli scarichi delle toilette e per la pulizia della superficie a terra, sia per l’irrigazione delle aree verdi circostanti, migliorando l’efficienza idrica del dispositivo e riducendo il consumo di acqua potabile.
La copertura potrà ospitare pannelli fotovoltaici che alimentano l’illuminazione interna ed esterna, garantendo un’autonomia energetica completa.
Atelier(s) Alfonso Femia AF517 Architetto, urbanista e designer di profilo internazionale, già co-fondatore dello studio 5+1AA che aveva progettato tra gli altri la sede Bnl-Bnp Paribas a Roma Tiburtina (2017), Alfonso Femia è socio fondatore e Ceo di Atelier(s) Alfonso Femia AF517, con sedi a Parigi, Genova e Milano. Tra le principali opere realizzate i Docks di Marsiglia, la sede della Banca d’Italia a Roma la Dallara Academy a Varano de’ Melegari, la sede di Vimar a Marostica. Tra i progetti in corso la riqualificazione e recupero del complesso della prima Zecca d’Italia a Roma e la ristrutturazione del complesso Renault Michelet a Marsiglia. www.atelierfemia.com
Not Only è un dispositivo urbano che può assumere svariate configurazioni da elemento singolo a combinazioni più complesse e assolvere a funzioni plurime. Differenti anche i materiali di rivestimento, per adattarsi ai luoghi in cui verrà installato (in alto a destra quelli individuati sulla mappa di Milano).
In una posizione strategica di Palermo, centrale e appartata allo stesso tempo, Piazza Sant’Oliva è il luogo scelto da Claudio Lucchesi e dallo studio UFO-Urban Future Organization per far rivivere in chiave contemporanea il passato degli alberghi diurni che agli inizi del Novecento, grazie all’intuizione dell’imprenditore bolognese Cleopatro Cobianchi, si diffusero in alcune città, tra cui Palermo, e in particolare il progetto – mai realizzato – di Ernesto Basile del 1925 per Piazza Politeama, a due passi da Piazza Sant’Oliva. Il concept di LiberToilettes è quello di una scatola traforata da merletti Liberty che contiene i tre volumi ellittici dei bagni e gli alberi esistenti
della piazza, che diventano parte integrante del progetto.
Adeguatamente illuminata con faretti a incasso e strisce Led perimetrali e a soffitto, in copertura la “scatola” prevede l’installazione di pannelli fotovoltaici che la rendono energeticamente autonoma e di un sistema di recupero delle acque piovane, impiegate per alimentare gli scarichi e i lavamani.
Il sistema igienico, autonomo dal sistema fognario, prevede l’impiego di fosse ecologiche a dispersione.
UFO-Urban Future Organization
Fondato nel 1996 da Claudio Lucchesi, Andrew Yau e Denis Balent dopo la comune esperienza post-laurea all’Architectural Association di Londra, in quasi trent’anni di attività UFO ha sviluppato oltre 200 progetti e vinto numerosi concorsi internazionali, tra cui l’auditorium di Sarajevo, il museo d’arte di Castelmola, la ricostruzione della stazione turistica Etna Nord, il recupero dell’ex cartiera Milano ad Amalfi, i waterfront di Milazzo e Messina, il centro visite del parco archeologico di Tindari. Alle sedi di Londra e Messina, con l’adesione di nuovi soci altre se ne sono aggiunte in Europa, Medio e Estremo Oriente, Stati Uniti e Australia. https://urbanfuture.org
A sinistra, studio dei modelli individuati per lo sviluppo dei ‘merletti’ della scatola di LiberToilettes. A destra la pianta del bagno pubblico e alcuni render e fotoinserimenti.
Traluce è l’inusuale organismo architettonico che Fabrizio Rossi Prodi ha declinato come un antico ‘padiglione di delizia’ nel quale la trasparenza svolge un ruolo-chiave nel rassicurare gli utenti sulla qualità e le condizioni del bagno pubblico e allo stesso tempo consente a chi si trova all’interno, mentre si utilizzano i lavabi, di godere di illuminazione naturale filtrata dalle piante. La parte più intima viene schermata da vetri bianchi che pur garantendo luminosità e un senso di igiene e ordine forniscono adeguata separazione. All’ingresso, una loggia schermata da tamponature perimetrali in vetrocamera con interposta una maglia metallica di color oro brunito conduce all’antibagno, costituito da un lungo lavello sospeso di fronte a pareti vetrate che si affacciano su uno stretto giardino perimetrale che filtra la
luce naturale e allo stesso tempo contribuisce ai processi di smaltimento attraverso un pretrattamento con fitodepurazione. La quale, a sua volta, alimenta la crescita della vegetazione.
Le pareti di fondo, il soffitto e il pavimento sono in resina di color blu lapislazzulo, che grazie alla superficie levigata e all’assenza di giunzioni e fughe garantisce un’efficace igienizzazione degli ambienti.
Pensato per essere collocato negli spazi pubblici minori di Firenze, come il Giardino Martin Lutero in Lungarno Torrigiani o Piazza dei Giudici in Lungarno Diaz, Traluce è immaginato anche come installazione temporanea all’interno dello spazio museale della corte di Palazzo Strozzi, comunemente utilizzata per l’esposizione di opere di arte contemporanea site-specific.
Rossiprodi Associati
Alla ricerca teorica in qualità di ordinario dell’Università di Firenze Fabrizio Rossi Prodi affianca quella progettuale all’interno del proprio studio professionale Rossiprodi Associati, con insediamenti residenziali, spazi urbani e organismi collettivi. Ha progettato e costruito scuole e padiglioni universitari, strutture ricettive, ospedali, uffici, chiese, padiglioni industriali e realizzato interventi in contesti storicizzati delicati. Del suo studio anche il progetto di housing sociale di via Cenni a Milano, la comunità solidale nota anche come la più alta e vasta struttura interamente in legno mai realizzata in Europa. www.rossiprodi.it
Pensato per l’inserimento in spazi pubblici ‘minori’ del centro di Firenze (in alto a destra il giardino Martin Lutero in Lungarno Torrigiani), Traluce potrebbe diventare anche un’installazione temporanea nella corte di Palazzo Strozzi (a sinistra). Nella pagina di destra, spaccato assonometrico e schema della fitodepurazione.
Fitodepurazione
Efficienza del sistema:
• Efficienza di rimozione di sostanze organiche di scarto: 90% (60/70% in inverno)
• Efficienza di rimozione dei solidi sospesi totali: 90%
• Efficienza di rimozione di azoto e fosforo: fino al 90%
Vano con macchinari quali: - bacino di pretrattamento delle acque nere - degrassatore per detergenti - pozzetto di raccolta delle acque chiarificate
Raccolta delle acque grigie e delle acque nere per il pre-trattamento
Tre sono gli elementi di rilievo che emergono dalla monografia che riassume trent’anni di lavoro dello studio di architettura Gnosis progetti: il principio di cooperazione; il valore e le potenzialità degli interventi in luoghi stratificati e densi di tracce fisiche e di memoria; il ruolo del disegno a mano libera nella progettazione. Il principio di cooperazione è alla radice dello studio fin dalla sua fondazione perché intrinseco al concetto stesso di progetto di architettura “quale lavoro di una collettività – scrive Francesco Felice Buonfantino, uno dei sei soci fondatori dello studio – che immagina il proprio futuro”. Si tratta di un’intelligenza collettiva cha va oltre l’idea della collaborazione interdisciplinare per includere il confronto e l’ascolto e che è capace di “elaborare il nuovo in ragione delle esperienze passate”. Emerge così il tema del ‘costruire nel costruito’ del titolo e dei progetti sui quali il volume si focalizza in particolare. Dalle prime sperimentazioni, presto il gruppo inizia a confrontarsi con il paesaggio urbano costruito e con il patrimonio storico-artistico del Paese, dove al restauro e conservazione si aggiungono – ricorda Renata Picone – “misurati inserti progettuali mirati al miglioramento della fruizione contemporanea”, come nel caso della Stazione Marittima di Napoli o del Museo archeologico nazionale di Aquileia. Delle 300 opere del regesto, la monografia bene illustra, con fotografie, schizzi e disegni, anche i progetti sviluppati in ambito infrastrutturale e alberghiero.
Gnosis [30 anni di] progetti. Costruire contemporaneo nel costruito Alessandro Castagnaro e Alberto Terminio Artem, Napoli, 2024 224 pp, Ill. 30 euro - ISBN 978-88-569-0939-5
Le recensioni a firma Mario Pisani che IoArch pubblica sono solo la minima parte di quelle che l’architetto, critico e storico dell’architettura ha scritto nel corso di decenni. Ne sono un esempio quelle raccolte in questo volume, un seguito dei primi due pubblicati dallo stesso editore. Si tratta di 48 recensioni degli ultimi anni, apparse perlopiù sul magazine online PresS/Tletter. I libri scritti da architetti sovente illustrano il loro lavoro, premette Pisani, ma spesso investono temi più ampi, dal racconto della città alle riflessioni sul futuro dell’architettura e dell’ambiente, fino all’analisi storica e alla riflessione teorica. A volte specialistici altre immaginifici, in un tempo nel quale la proliferazione dei mezzi di informazione abbatte drasticamente il livello di
Dov’è finito lo slancio dell’ingegneria italiana? Come nacquero, in tempi assai più difficili di quelli odierni, capolavori come Torino Esposizioni o lo stadio Artemio Franchi? Occupandosi da anni di questo tema, Pasqualino Solomita, architetto che già nel 2013 ricevette il Premio Bruno Zevi per un saggio sulle architetture voltate di Pier Luigi Nervi, cura ora questo volume sui lavori di Marco Peroni (1965), ingegnere attivo tra Faenza e Bologna, che alla normale attività professionale affianca riflessioni e esplorazioni personali su potenziali infrastrutture che i disegni a mano libera del libro illustrano: ponti –tra cui l’iperboloide a campata unica per l’attraversamento dello stretto di Gibilterra – grattacieli e basi lunari che possiedono
Ottobre 1983: all’ultimo piano del Beaubourg, Romani Piolanti e Silvio Manfredini decidono di sviluppare insieme progetti che, come il centro di Piano, Rogers e Franchini, incarnino con opere di architettura-ingegneria high tech la bellezza dei nostri tempi. Opere libere da manierismi ma anche dall’autorialità che ci porta a trascurare i team di progettazione. Quella società è Open Project, oggi guidata da Maurizio Piolanti e Francesco Conserva, che conta due soci (Massimo Majowiecki e Marco Orlandini) e 50 collaboratori. Naturalmente la monografia raccoglie i progetti e i lavori della società – il più conosciuto è forse la torre di 125 metri della sede centrale di Unipol (2013) – ma ciò che lo rende interessante sono le interviste dirette ai
attenzione e di concentrazione, le pagine di Mario Pisani sono un ottimo compendio per capire, come si fa a partire da una bibliografia, se quel particolare titolo corrisponderà alle attese che la recensione ha fatto nascere.
I libri degli architetti 2. Mario Pisani Lìbria, Melfi, 2023 130 pp, 22 euro ISBN 978-88-6764-317-2
notevoli contenuti innovativi e che si potrebbero costruire se solo, come ai tempi della ricostruzione, fiducia e speranza tornassero a caratterizzare l’atmosfera culturale della nostra società.
Marco Peroni. Appunti di ingegneria creativa Pasqualino Solomita (a cura di) Lettera22, Cinisello Balsamo, 2024 208 pp, Ill, 39 euro - ISBN 978-88-6242-989-4
fondatori e ai soci: si comprende la genesi, il background e il metodo di lavoro di un team molto affiatato e motivato.
Immaginare Progettare Costruire
Maria Beatrice Bettazzi e Piero Orlandi (a cura di) Danilo Montanari, Ravenna, 2024 216 pp, Ill, 28 euro ISBN 979-12-8075-051-8
a cura di Carlo Ezechieli
La nostra dipendenza da un sistema infrastrutturale tecnologicamente evoluto funzionalmente intricato ed esteso su scala planetaria è ormai totale. Qual è il ruolo dell’architettura in tutto questo? Contano di più gli edifici, intesi come punti terminali di un sistema di connessioni, o le reti?
Studiando le rovine del passato gli archeologi riescono a dedurre con relativa precisione come si viveva nell’antichità: questo perché ad ogni sistema relazionale tra persone e cose corrispondeva qualcosa di costruito. Oggi la rete di connessioni, per buona parte immateriale, nella quale siamo immersi ha raggiunto un tale livello di complessità che per un archeologo del futuro sarebbe molto difficile comprendere come viviamo oggi. La nostra dipendenza da un sistema infrastrutturale tecnologicamente evoluto, funzionalmente intricato ed esteso su scala planetaria è ormai totale. A cosa servirebbero i nostri indispensabili smartphone senza un’infrastruttura globale? Quanta strada potremmo fare a bordo di un’automobile senza una rete stradale moderna e una rete di assistenza e rifornimento? Come potrebbero funzionare i sistemi di intelligenza artificiale qualora privi di un sistema di connessioni in rete? A differenza che in passato ogni prodigio del progresso odierno è inservibile senza un sistema infrastrutturale che, ormai ipertrofico, è diventato molto più importante delle strutture stesse, e nella maggior parte dei casi funziona in modo indipendente dai luoghi e da un qualsivoglia nesso con questi ultimi. Qual è il ruolo dell’architettura in tutto questo? Contano di più gli edifici, intesi come punti terminali di un sistema di connessioni, o le reti di connessione stesse? Gli esiti sono molteplici e se da un lato si manifestano concretamente negli hub intermodali, in quelli per la logistica o nei Central Business District, in architettura le forme di espressione più interessanti si rivelano attraverso la stessa corrente di progetti ipotetici. Del resto anche in passato, in periodi di grande cambiamento e incertezza, fu proprio l’esperienza di figure come Antonio Sant’Elia, Buckminster Fuller, Yona Friedman o Archigram a costituire per gli architetti un’incredibile fonte di ispirazione.
UN DIALOGO SUL TEMA DELLE EARTH STATIONS INTESE COME NODI TERMINALI DI UNA RETE DI RELAZIONI COMPLESSE
di Carlo Ezechieli
Il fatto curioso di Michele De Lucchi, un eroe per me come per migliaia di altri, è che il suo lavoro è molto presente nelle vite di tutti, anche per i non addetti ai lavori. Per questo, per descrivere la sua figura diventa interessante unire i puntini delle esperienze del suo lavoro, o forse più propriamente del suo mondo, iniziando dalla Tolomeo. Questa brillante reinterpretazione della lampada a pantografo Naska Loris, di quasi cent’anni fa, è ormai presente in molteplici forme, in qualsiasi edificio per appartamenti o per uffici. Gli uffici postali, un tempo luoghi polverosi e dimessi, sono stati convertiti nella loro forma attuale da De Lucchi all’inizio del Duemila, definendo un vero e proprio stile ripreso poi in innumerevoli arredi seriali, dalle stazioni ferroviarie agli sportelli bancari.
Tutti gli italiani hanno in casa un contatore
elettrico, ma non tutti sanno che i contatori Enel attualmente installati sono realizzati su suo disegno.
Le superfici al rustico, prive di qualsiasi finitura o rivestimento, che caratterizzano ormai l’immagine di innumerevoli negozi e ristoranti, sono una sua invenzione da quando, aperto il suo studio milanese all’interno di una ex-sede bancaria, l’ha spogliato di ogni finitura, comprese le placche degli interruttori, lasciando esposte le superfici grezze sulle quali spiccavano magnifici pezzi di arredo.
Nella società di oggi il rapporto con gli oggetti si è andato complicando. Forse se ne producono troppi, senz’altro in termini di quantità e forse anche di varietà e si finisce per oscillare tra posizioni estreme, come liberarsi di tutto per semplificare, rischiando di cancellare qualsiasi pas-
In alto, Crown Station e a destra Cloud Station quest’ultima composta da coperture mobili che possono essere programmate per creare diversi ambienti interni e microambienti. Il suo scopo è quello di definire spazi adatti a promuovere la conoscenza e l’immaginazione umana. ©Filippo Bolognese Images.
sato e pertanto qualsiasi futuro. O, all’estremo opposto, convertendo in feticci oggetti che un tempo facevano parte della vita di tutti i giorni, come la lampada Eclisse di Magistretti che oggi spesso vediamo nelle vetrinette del soggiorno. In questo panorama, vedere quanto il lavoro di De Lucchi, e con lui il design e l’architettura, siano quasi inconsapevolmente diventati parte delle vite di tutti è un grande conforto, che rende questo mondo più bello e interessante.
È stato pertanto un grande piacere raccogliere questa intervista in occasione della conferenza tenuta lo scorso dicembre presso l’Ordine degli Architetti di Sondrio, uno dei più attivi a livello nazionale, organizzata grazie all’iniziativa di Alfredo Vanotti, del presidente Gianmatteo Romegialli e con il contributo di Matteo Del Marco di Amdl.
Le visioni chiamate Earth Stations nel loro insieme sono utopiche, ma esprimono in modo efficace temi molto presenti e attuali. Da cosa nasce l’idea?
L’idea delle Earth Stations nasce dalla mia impressione che il mondo vada troppo veloce. Le trasformazioni al giorno d’oggi sono tante e pressanti e il mestiere dell’architetto, basato sulle tradizionali fasi di progettazione, non riesce a essere sufficientemente veloce per entrare a far parte del processo. Non riesce a stare al passo con le trasformazioni tecnologiche, sociali e digitali. Siamo succubi di quello che sta succedendo e volendo o no sta mutando il nostro modo di ragionare. Tutto questo mi angoscia, ma allo stesso tempo mi stimola a pensare che stiamo andando incontro a un futuro ancora più veloce e travolgente che cambierà completamente le
Le Earth Stations sono visioni architettoniche che propongono nuovi scenari abitativi e si articolano secondo diversi temi: Happy Stations sono condomini in cui abitare, Many Hands Stations architetture progettate per essere autocostruite
Education Stations edifici in cui raccogliere la conoscenza umana e Interactors Stations quelli nei quali lavorare.
nostre abitudini. Credo fortemente che noi architetti dobbiamo cercare nuovi strumenti per rendere la nostra attività più capace di seguire le trasformazioni in corso, ma anche più capace di suggerirle. Non possiamo accontentarci di subire senza reagire.
Sono ‘stazioni’ ma sono da intendersi come nodi, cittadelle, o come proto-megastrutture?
Stazione perché la trasformazione è così rapida che dobbiamo disegnare qualcosa in grado di essere valido in tutte le fasi del processo e perché appartengono a tutto il mondo. Ne ho pensate quattro, le prime, per far lavorare le persone tutte insieme, si chiamano Interactors, le seconde sono architetture da costruire con le mani e per questo motivo si chiamano Many Hands, le terze sono architetture per il nuovo mondo della conoscenza e dell’educazione e prendono il nome di Education Stations, le ultime, Happy Stations, sono nuovi condomini in cui abitare. Queste ovviamente sono visioni, non sono fatte per essere realizzate tal quali, sono fatte per ispirare. Devono diventare degli stimoli per gli architetti futuri. Soprattutto volevo dare questa idea per cui l’architettura è necessariamente spirito del suo tempo e necessariamente legata alle conoscenze di quel momento.
L’evoluzione va a zig zag, a un certo punto si fa una scoperta che stravolge tutto. Ad esempio, da quando Galileo ha scoperto che la Terra si muove e non è il centro dell’universo, tutta la concezione del mondo è cambiata, soprattutto nella religione. Questi miei pensieri sono nati principalmente durante l’anno in cui sono stato direttore di Domus, quando ho avuto modo di sentire tante testimonianze da parte di tanti architetti che lavoravano con stili e stimoli diversi. Per questo il mio progetto delle Earth stations è visionario e non deve essere una guida da seguire, ma è da intendersi come un’ispirazione per gli architetti futuri che lo possono declinare a seconda delle proprie competenze.
Parlavi di futuro e di società che cambia e
storicamente di fronte a grandi cambiamenti ci si è sempre ispirati al passato. Perfino Picasso, profeta iconoclasta del Moderno, si ispirava all’arte africana, il Rinascimento alla classicità. Quale può essere un nuovo riferimento?
Credo fortemente che, se noi perdiamo le radici, non siamo più architetti. Tuttavia, allo stesso modo non si può essere radicali, dato che credo che qualsiasi concezione radicale ed estremista del mondo sia sbagliata. Ad esempio, se si parla di sostenibilità, intesa come idea unica, che vale per tutto, è sbagliata. Le sostenibilità sono moltissime, innanzitutto sono relative ai diversi luoghi del mondo, non ha senso costruire in legno in mezzo al deserto, come non ha senso costruire con l’argilla nei paesi scandinavi. Secondo me un atteggiamento equilibrato è quello che chiamo sostenibilità attiva, cioè un modo di pensare per cui si cerca la sostenibilità in tutto ciò che si fa, perché a prescindere, in quanto uomini, anche semplicemente respirando, siamo degli esseri che utilizzano la natura per la propria sopravvivenza, ma se lo facciamo con coscienza allora va bene perché non possiamo fare altrimenti. Vedere il mondo nella sua interezza di componenti sostenibili è indice di saggezza, in questo modo si può parlare di uomo che fa parte della natura e non di un uomo che ne è in possesso. Non ha senso progettare una casa sostenibile per qualcuno che è un consumista sfrenato.
Come è possibile declinare tutto questo in architettura?
Questo concetto di sostenibilità attiva mi sembra un punto di partenza anche per l’architettura. Ad esempio, una casa fatta con un unico sistema costruttivo non è sostenibile, se costruissimo tutto di legno non avremmo più alberi, se costruissimo tutto in vetro verrebbe consumata una quantità di energia combustibile tale da non essere quantificabile. È necessario, pertanto, mettere insieme tutte queste tecnologie, tutti questi materiali che abbiamo a disposizio-
ne, per costruire qualcosa di attivamente capace di rispondere alle innumerevoli trasformazioni del mondo. Spesso si ignora che ogni processo di trasformazione implica un consumo. Un mondo completamente sostenibile non esiste davvero perché noi vogliamo continuamente di più. L’uomo, dagli oggetti, dagli ambienti, dalle architetture vuole anche emozioni, vuole un messaggio di appartenenza a qualcosa, cultura. Tutto questo non lo si fa solamente se ci mettiamo in testa di risparmiare qualcosa.
Quale potrebbe essere il cambiamento mentale più sconvolgente, per un architetto, che sia in grado di riflettersi sulla società?
Credo molto nella parte femminile, ci abbiamo sempre creduto, abbiamo chiamato la Terra Madre Terra per un motivo. Alla fine, la natura è madre del mondo, l’uomo del xxi secolo, angosciato e triste, deve riscoprire l’amore per la natura perché poi l’amore lo porterebbe a prendersi cura di essa e di conseguenza a proteggerla e non a devastarla. Finalmente, si ritroverebbe il senso della misura.
Che cosa consiglieresti a un giovane architetto che inizia a lavorare?
Quando sono andato a lavorare per Sottsass lui mi chiese se conoscessi il mondo e io risposi di no perché avevo appena 25 anni. Allora mi disse che la prima cosa fondamentale era quella di conoscerlo per poterlo disegnare. Per questo mi ha dato la possibilità di viaggiare con lo studio. All’inizio sono andato in Umbria per progettare i negozi di Fiorucci, poi mi ha mandato in Brasile, in seguito in giro per l’Europa per la Olivetti. L’obiettivo era quello di conoscere: se si vuole disegnare il mondo, bisogna prima capire come è fatto.
Che cosa diresti alla società di oggi se tra cent’anni avessi modo di parlarle?
Direi di provare a credere di più nell’umanità, di lasciare da parte tutti i rancori che in questo periodo ci stanno distruggendo ■
Pensate per i climi piovosi e umidi dei Tropici, le Bamboo Stations, come suggerisce il nome stesso, sono realizzate principalmente in bamboo e in tessuti di fibre vegetali. Fanno parte delle Many Hands Stations, una nuova tipologia di edifici destinati all’incontro e allo scambio culturale e pensati per favorire relazioni umane produttive.
Nella pagina a fianco, immagini della Mountain Station, parte del capitolo Interactors Stations. Collocata sulla cima di una montagna, è un luogo pensato per incoraggiare incontri informali tra coloro che cercano di allontanarsi dalla vita urbana e trovare la calma nel paesaggio e nella tranquillità delle montagne. ©Filippo Bolognese Image.
Cino Zucchi
Cino Zucchi ha conseguito il Bachelor of Science in Art and Design presso il Massachusetts Institute of Technology nel 1978 e nel 1979 la laurea in Architettura al Politecnico di Milano, dove attualmente ricopre la cattedra di Architettura e Progettazione Urbana. Nel 2013 è stato visiting professor alla Harvard Graduate School of Design. Visiting professor anche in università, tra cui la Syracuse University a Firenze, l’Eth di Zurigo e l’Universidad Politécnica di Madrid, ha partecipato all’organizzazione e alla progettazione espositiva delle XV, XVI, XVIII, XIX e XXI Triennali di Milano ed è stato parte del comitato scientifico della XXI Triennale, del Museo Maxxi di Roma, dell’Enciclopedia Treccani e del festival Miarch. È stato curatore, con “Innesti/Grafting”, del Padiglione Italia alla Biennale di Architettura di Venezia del 2014. www.zucchiarchitetti.com
IL PROGETTO PER LA NUOVA
STAZIONE DI BERGAMO
È STATO REALIZZATO
DA CINO ZUCCHI PER L’ARCHITETTURA, GOBBI
PER LA STRATEGIA URBANA
E IL COORDINAMENTO DI SYSTEMATICA PER GLI STUDI
SULLA MOBILITÀ
Samuele Camolese
Samuele Camolese, architetto, dal 2008 è senior consultant e project manager di Systematica, dove si dedica principalmente alla pianificazione urbana e dei trasporti. Ha lavorato a progetti nazionali e internazionali in Europa, Asia e Medio Oriente. I principali lavori recenti sono in Cina, Medio Oriente e Pakistan, dove ha lavorato a un progetto di rigenerazione urbana sviluppato in collaborazione con il Politecnico di Milano. www.systematica.net
di Samuele Camolese
La progettazione della nuova stazione ferroviaria di Bergamo come hub intermodale rappresenta un’opportunità strategica per ridisegnare il ruolo della mobilità urbana e territoriale, in quanto nodo di connessione cruciale tra diverse scale di trasporto. Questo progetto, all’avanguardia sia in termini di architettura che di funzionalità, punta a soddisfare le esigenze di mobilità sostenibile, efficienza logistica e qualità dei servizi per i cittadini.
Dal punto di vista localizzativo in termini di posizionamento nel sistema infrastrutturale a scala territoriale, l’eccezionale livello di accessibilità che caratterizza il sito di progetto all’interno del contesto urbano agisce sinergicamente con la strategica posizione della città di Bergamo che, grazie alla diretta connes-
sione con l’aeroporto di Orio al Serio, si pone come nodo di importanza europea nell’articolato quadro dei collegamenti nazionali e internazionali.
L’area oggetto di rigenerazione urbana prossima alla stazione ferroviaria si svilupperà come ambito di cerniera fra il centro storico della città di Bergamo e il tessuto urbano che si trova a sud del fascio binari, andando a colmare un intervallo nella città e a ricucire brani urbani non continui. Questo ambito sarà caratterizzato dalla presenza di importanti armature di mobilità e da un’elevata accessibilità al trasporto pubblico che vede confluire nell’hub della stazione di Bergamo servizi su gomma urbani ed extraurbani, i servizi ferroviari nazionali, regionali, suburbani, due linee tran-
In alto, vista degli spazi pubblici e commerciali della stazione. A destra la scalinata di accesso ai binari (courtesy Systematica).
viarie e una linea di e-Brt (sistema di trasporto rapido su bus elettrici). Si stima che potranno transitare oltre 120.000 utenti/giorno a cui si sommano 55.000 spostamenti/giorno di mobilità indotta dalle nuove funzioni insediate nello scalo ferroviario legate al masterplan di Bergamo Porta Sud.
L’hub intermodale si configura quindi come uno spazio centrale dove convergono diversi sistemi di trasporto: ferroviario, automobilistico, ciclabile e pedonale, insieme a servizi pubblici e in condivisione.
Questo ruolo di luogo di scambio è accompagnato dalla capacità di attrarre servizi dedicati alle persone, come spazi commerciali, aree di ristoro, punti informativi e infrastrutture digitali avanzate. Nel caso della nuova stazione di
Sotto, viste aeree dell’inserimento della nuova stazione nel tessuto urbano (courtesy Systematica).
Bergamo, questa visione si traduce nella realizzazione di un polo attrattivo che non si limita a garantire la mobilità, ma crea valore aggiunto per i suoi utenti.
L’elemento chiave degli hub è la capacità di facilitare l’interconnessione tra sistemi di trasporto di diversa scala: nazionale, regionale e urbana. Questo richiede una progettazione accurata di connettivi verticali e orizzontali, come ascensori, scale mobili, sottopassi e passerelle, che devono essere chiari e intuitivi per gli utenti. Una mobilità senza soluzione di continuità non è solo una questione funzionale, ma anche di comfort e accessibilità, aspetti fondamentali per incentivare l’uso dei mezzi pubblici rispetto all’auto privata. Per garantire un’esperienza utente ottimale, il progetto di wayfinding, ossia la segnaletica e gli strumenti che orientano le persone, assume un’importanza cruciale. Il progetto della stazione di Bergamo pone particolare attenzione alla chiarezza dei percorsi e alla leggibilità degli spazi. Gli spazi di connessione, come atrii e gallerie, non sono semplici luoghi di passaggio: possono diventare piattaforme ideali per ospitare attività commerciali e servizi alla persona. L’integrazione di negozi, punti di ristoro e aree di coworking in prossimità delle aree di transito massimizza la funzionalità degli spazi e ne aumenta l’attrattività.
Gli Hub come motori urbani
Gli hub intermodali hanno un ruolo trasformativo nel tessuto urbano. La capacità di connettersi rapidamente al territorio nazionale e locale li rende catalizzatori di sviluppo per le aree circostanti. La nuova stazione di Bergamo, grazie alla sua posizione strategica, rappresenta un’opportunità per riqualificare l’ambiente urbano, generando nuove funzioni e servizi in un contesto accessibile sia a piedi che tramite sistemi di trasporto di superficie. La concentrazione di funzioni terziarie, residenziali e commerciali attorno alla stazione promuove la sostenibilità urbana, riducendo la dipendenza dall’auto privata e favorendo uno stile di vita basato sull’intermodalità. Questo approccio migliora sia l’efficienza dei trasporti sia la qualità della vita nel quartiere, rendendo la stazione un centro nevralgico per la città. Un elemento distintivo del progetto di Bergamo è l’integrazione del concetto di MaaS (Mobility as a Service) e della sua evoluzione verso il paradigma di Mobility as a Community (MaaC). Questo approccio prevede lo sviluppo di una piattaforma digitale unica che unisca tutti i servizi di mobilità offerti dalla città, dai trasporti pubblici ai servizi di condivisione come car sharing, bike sharing e monopattini elettrici: una rete immateriale che agevola un sistema di connessioni puntuali.
La piattaforma non si limita a fornire informazioni in tempo reale, ma incoraggia anche una mobilità partecipativa, dove gli utenti possono personalizzare la propria esperienza di viaggio e contribuire al miglioramento del sistema. Inoltre, grazie a tecnologie innovative, sarà possibile gestire in modo efficiente la rete di trasporti, ottimizzando il traffico e garantendo la puntualità dei servizi.
La progettazione degli hub intermodali moderni non può prescindere dall’integrazione di tecnologie avanzate. Ricerche recenti dimostrano che la distribuzione spaziale delle destinazioni è fortemente influenzata dai costi di trasporto e dalle caratteristiche fisiche dell’hub, creando un effetto di decadimento della distanza nei flussi passeggeri. Questo sottolinea l’importanza di una progettazione architettonica che tenga conto sia degli aspetti fisici che economici.
L’uso di tecnologie intelligenti, come le unità di sensori distribuiti (RSUs), permette di raccogliere e analizzare dati in tempo reale, migliorando la gestione del traffico e ottimizzando le operazioni. Ad esempio, la nuova stazione di Bergamo potrebbe integrare sistemi di comunicazione digitale per informare i passeggeri su orari, ritardi e alternative di viaggio in modo immediato.
Il progetto della nuova stazione ferroviaria di
Bergamo rappresenta un modello innovativo di hub intermodale, in grado di coniugare efficienza, sostenibilità e valore urbano. Connettendo trasporti su diverse scale, integrando servizi avanzati per le persone e utilizzando tecnologie intelligenti, questa infrastruttura si pone come esempio di eccellenza per la mobilità del futuro.
Grazie a una pianificazione attenta e alla sinergia tra architettura e innovazione tecnologica, la stazione non sarà solo un luogo di passaggio, ma un catalizzatore per il cambiamento urbano, capace di rispondere alle sfide della mobilità contemporanea e di generare opportunità di sviluppo per l’intera comunità ■
La stazione non si limita a fornire informazioni in tempo reale, ma incoraggia anche una mobilità partecipativa dove gli utenti possono personalizzare la propria esperienza di viaggio e contribuire al miglioramento del sistema.
Il ponte che connette due antiche sezioni del recinto del castello e la passerella che introduce nel paesaggio con un percorso privo di gradini e barriere architettoniche. Foto Hufton+Crow.
SEZIONE LONGITUDINALE
Il ponte in cifre
> 2 strutture a sbalzo indipendenti per una lunghezza totale di 68,5 metri
> Un vuoto di 50 mm al centro
> Sospesa 57 metri sul livello del mare
> 47,5 tonnellate di acciaio
> 40.000 lastre di ardesia dalla locale cava di Delabole
> 140 metri di legno di quercia
Committente English Heritage
Architettura Ney & Partners e William Matthews
Progetto strutturale Ney & Partners
Data di completamento Agosto 2019
Costo dell’opera 3,9 milioni di sterline
Costruttore American Bridge UK
Premi Riba South West e National Award; finalista
Stirling Prize e Architectural Heritage Initiative
TINTAGEL CASTLE FOOTBRIGE
UN’INFRASTRUTTURA PEDONALE DI COLLEGAMENTO CHE È DIVENTATA
INASPETTATAMENTE UN GRANDE ATTRATTORE TURISTICO
PROGETTO DI WILLIAM MATTHEWS ASSOCIATES + NEY & PARTNERS
Da sempre i ponti sono considerati un emblema dell’ingegno e della tecnica che, realizzando connessioni impossibili sfidano, insieme agli ostacoli della natura, anche un ordine divino. Nell’antichità la loro costruzione era considerata una violazione tanto vicina al sacrilegio che molti ponti sono tuttora identificati con l’appellativo di ‘Ponte del Diavolo’, qualificando un’opera che né essere umano, né divino avrebbero mai osato immaginare. Si tratta pertanto di un tema di progetto che, malgrado venga oggi liquidato con preoccupante superficialità realizzando dozzine di banalissimi viadotti prefabbricati, merita grande attenzione, soprattutto quando si confronta con siti di grande rilevanza storica, caratterizzati da un paesaggio e da una topografia del tutto singolari.
Affacciato sull’Atlantico quasi all’estremo della Cornovaglia, il Tintagel Castle Footbrige è una struttura leggera molto contemporanea,
tecnologica, ma caratterizzata da elementi decisamente riferiti alla storia remota del luogo, che dopo 500 anni vede ricomposto il collegamento tra le due metà del castello di Tintagel. Il sito, la cui storia è legata alla leggenda di Re Artù, è una meta turistica che accoglie quasi 250mila visitatori all’anno, e la nuova passerella contribuisce a ridurre la congestione, soprattutto nei periodi di punta, mettendo a disposizione un percorso privo di gradini e barriere architettoniche verso l’isola sulla quale si trova il castello.
La struttura riprende la medesima larghezza e lunghezza del passaggio naturale e delle strutture, di origine medioevale e dirute da secoli, che collegavano il promontorio alla terraferma, tanto strette che nella lingua locale il castello era noto come Din Tagell (la fortezza dall’ingresso stretto).
Il nuovo ponte è un simbolo che connette due antiche sezioni del recinto del castello e risolve
con eleganza notevoli complessità tecniche e logistiche. Costruito a Plymouth e progettato dagli ingegneri Ney & Partners e dallo studio di architettura William Matthews Associates, si compone di due strutture a sbalzo indipendenti di circa 30 metri di lunghezza che si estendono da entrambi i punti di appoggio. Nel loro punto di congiunzione, al centro del ponte, è stato lasciato un vuoto di 50 millimetri, a rappresentare il passaggio tra la terraferma e l’isola, tra presente e passato, tra storia e leggenda.
Nonostante la rilevanza del sito e la delicatezza del tema, questo nuovo ponte è splendidamente eseguito, rivelando una cura notevole nel dettaglio di progetto a tutte le scale, dall’appoggio sui versanti fino ai materiali che ne caratterizzano l’architettura. Ed è una dimostrazione, ormai sempre più rara, di una tecnica applicata con senno e misura ■
Dopo la laurea a Napoli presso la Facoltà di Architettura dell’Università Federico II, Francesco Iaccarino si trasferisce a Parigi, dove per alcuni anni collabora con alcuni studi di medie e grandi dimensioni. Co-fondatore nel 2009 dello studio di architettura Transform, nel 2022 prosegue la propria ricerca dando vita a Idelson Architecture, che opera soprattutto sulla trasformazione del patrimonio esistente con architetture solide e durature, capaci di evolvere nel tempo.
www.idelson-architecture.com
IN EQUILIBRIO TRA SENSIBILITÀ E RAZIONALITÀ, L’ARCHITETTURA DI FRANCESCO
IACCARINO SI INSCRIVE NELLA PERSISTENZA DI TRACCE CHE CARATTERIZZANO LA STRUTTURA URBANA E I SUOI COSTANTI MUTAMENTI
Particolari del centro di ricerca dell’Università della Sorbona, campus di Jussieu, e della passerella che lo collega all’edificio esistente. Foto Sergio Grazia.
di Luigi Prestinenza Puglisi
Dopo essersi laureato a Napoli nel 1997, Francesco Iaccarino si trasferisce a Parigi dove nel 2009 fonda con Benoit Imbert l’agenzia di architettura Transform che, come suggerisce il nome, interpreta l’architettura come ricerca che va oltre la forma (trans-form) e, insieme, come attività di modificazione più che di creazione ex-novo. Nel 2022 Iaccarino lascia il socio per fondare Idelson Architecture. Per arricchire, come dirà, il suo percorso professionale e orientarlo verso una ricerca ancora più vicina alle proprie aspirazioni.
Tre gli obiettivi.
Primo: puntare sulla trasformazione dell’esistente, intendendolo come la reinterpretazione di un patrimonio insieme di risorse culturali e materiali.
Secondo: ideare una architettura solida e non legata al fluire transitorio delle mode.
Terzo: pensarla come vivente e quindi soggetta nel tempo a cambiare, interagendo con l’ambiente circostante. Si tratta, a ben osservare, di una felice contraddizione ad
essere e a non essere, nel senso che l’architettura aspira nello stesso tempo alla permanenza e al mutamento. Alla permanenza di una forma chiara, estranea alla quotidianità, pensata per durare nel tempo. Al mutamento per essere ‘vivante’, e quindi non estranea alle molteplici vicissitudini umane.
Il mutamento che Iaccarino persegue quindi non è finalizzato a produrre organismi pensati per un incessante trasformarsi nel tempo, secondo logiche metaboliste o high tech. Niente è più lontano dalla sua ricerca che punta a oggetti semplici, chiari, perfettamente definiti. Ad essere auspicati sono, invece, i cambiamenti generati dalla città che organizza e riorganizza in continuazione i suoi spazi e le loro relazioni reciproche. Esattamente come gli edifici progettati da Iaccarino cambiano i rapporti esistenti all’interno di un quartiere o di un brano urbano, così è prevedibile che faranno gli interventi che seguiranno, generando nuove relazioni che però hanno valore perché della città passata conservano e
custodiscono la storia. La città quindi come generatrice di cambiamenti ma, nello stesso tempo, repertorio della memoria.
Non è difficile, a questo punto, intravedere l’influsso della formazione napoletana, e in particolare di quella parte della scuola napoletana che è stata in un modo o nell’altro influenzata dagli scritti di Aldo Rossi sull’architettura della città. Ma per Iaccarino filtrata attraverso una lettura internazionale, più laica e disincantata, che deriva dal contesto culturale francese.
Si osservi, per esempio, il centro universitario di Jussieu. Si inserisce all’interno di un contesto delicato, cercando di semplificare e chiarificare le relazioni che si intessono tra i vari edifici. Nello stesso tempo è un oggetto chiuso in sé stesso, uno scrigno raffinato, quasi minimalista. Oppure il progetto di edificio in legno ad avenue du Maine a Parigi che amplia il Pavillon de la Duchesse, realizzando una piacevole corte urbana. La città, sembra suggerire Iaccarino, vive attraverso mosse perentoree successive, ciascuna delle quali è in sintonia con il proprio tempo. E difatti, in questo caso, l’edificio è pensato completamente in legno, un materiale che bene riflette la nostra crescente cura, se non ossessione, per l’ambiente. Mentre il centro universitario, per esaltarne la chiusura e l’aspetto astratto, è rivestito in metallo.
Per Idelson Architecture, in linea di principio, non esistono materiali privilegiati. Adopera le gabbie di pietre nel rifugio per cani e la lamiera stirata per i progetti di rinnovamento energetico della facoltà di medicina. Per lo spazio Albatros il laterizio e il vetro. Tutti i materiali possono essere appropriati, l’importante è usarli bene. Iaccarino, infatti, è ossessionato dal dettaglio perché un buon edificio, se vuole essere silenzioso, non può distrarti con il disordine. Perché l’architettura, checché ne dicano alcuni architetti di avanguardia, è per lui ordine e non caos, per quanto creativo lo si possa considerare ■
Planimetria, inserimento nel campus e un corridoio dell’area sperimentale. L’involucro in alluminio riflette la luce mutevole del giorno.
La strategia scelta per mantenere una forma compatta e dar vita nello stesso tempo ad ambienti interni luminosi è stata quella di scavare il volume che una passerella aerea collega al corpo esistente, con cavedi sui quatto lati.
SCHEMA CONCETTUALE
Località Parigi
Committente Epaurif - Etablissement Public d’Aménagement Universitaire de la Région Ile-deFrance
Progettazione Francesco Iaccarino Idelson (Transform) capogruppo
Ingegneria Ote Ingenierie
Superficie 2.113 mq
Costo dei lavori 5,2 milioni di euro Cronologia febbraio 2019, in servizio dal 2020
Foto Sergio Grazia
Premi Grand Prix Architecture, Urbanisme et Société 2019 Geste d’Argent
Concepito di concerto con la Sorbonne-Université e i suoi ricercatori, il nuovo Centro di Esplorazione Funzionale della Facoltà di Scienze e Ingegneria si trova nella parte orientale del campus di Jussieu, ai margini del parco interno al campus. Il progetto nasce da due obiettivi: da un lato ottimizzare i flussi delle attività di ricerca per creare un edificio efficiente; dall’altro inserire, nel contesto eterogeneo del campus, una forma neutra e silenziosa.
Collegato da una passerella aerea alla stecca Cassan, il parallelepipedo è scavato sui quattro lati per creare cavedi che portano luce agli ambienti. L’organizzazione della pianta interna deriva dallo studio dei flussi di circolazione e soddisfa le esigenze di un ambiente di lavoro funzionale.
I due piani ospitano uno stabulario organizzato attorno a una zona di ricovero, una lavanderia, un edificio amministrativo e un’area sperimentale con camere bianche isolate tramite una barriera sterile.
L’integrazione di tutti gli impianti tecnici nell’involucro e la cura nei dettagli costruttivi consentono di raggiungere una grande sobrietà formale.
L’involucro in pannelli di alluminio si anima grazie alla luce naturale mutevole, riflettendo gli alberi del giardino e gli edifici circostanti.
La facciata dell’edificio oggetto di intervento vista nel contesto urbano e, a destra, una vista di dettaglio. Tuttora in corso la riqualificazione energetica avviene senza interferire con l’attività didattica quotidiana.
L’edificio 105 si trova nel cuore del complesso della Facoltà di Medicina, Sorbonne-Université, nel quadrante nord-ovest del sito dell’ospedale Pitié Salpêtrière. L’edificio esistente risale al 1966, e venne relizzato nell’ambito di un progetto di accorpamento di siti ospedalieri e di attività cliniche, didattiche e di ricerca. Articolato su sette livelli nei quali si alternano aule didattiche, laboratori e uffici, l’edificio si inserisce nel tessuto urbano denso e variegato del boulevard de l’Hôpital, ritirandosi dal filo strada con un ampio piazzale aperto sul boulevard. Il progetto di riqualificazione, tuttora in corso e condotto salvaguardando l’operatività delle attività quotidiane, si inserisce in una vasta politica di investimento pubblico mirante a riqualificare le infrastrutture universitarie e terziarie statali e migliorarne l’efficienza, il comfort per gli utenti e modernizzando l’immagine e le modalità di organizzazione del lavoro.
La nuova facciata, composta di elementi prefabbricati, è costituita da un telaio di legno massiccio giuntato a pettine al cui interno sono interposti listelli isolanti, costituiti da materiali di origine biologica, rinforzati in base alle specifiche esigenze termiche, acustiche o di aumento dell’inerzia termica.
La pelle esterna del complesso invece è costituita da un assemblaggio di profili metallici nei toni dell’oro, che ricordano il colore della pietra parigina; colonne e marcapiano sono enfatizzati da sezioni metalliche la cui forma è esaltata da un giunto centrale cavo che ricorda gli assemblaggi in ferro; parapetti in lamiera stirata a maglie larghe sono rifiniti con una vernice metallica che alterna due diverse finiture metallizzate.
Località Senlis-Bonsecours
Committente Sanef
Progettazione Francesco Iaccarino Idelson (Transform) capogruppo
Centro operativo autostradale
Senlis-Bonsecours
La ristrutturazione del sito del centro operativo autostradale che si trova accanto alla barriera di Senlis dell’A1 Paris-Lille ha comportato la demolizione di alcuni edifici e il trasferimento delle loro funzioni all’interno dell’edificio principale, dove ai diversi piani sono stati creati ambienti open space per favorire le relazioni tra i diversi team di lavoro e promuoverne le interazioni. Il progetto ha previsto inoltre la costruzione di un nuovo edificio nel quale convergono il posto centrale di esercizio dell’autostrada, il centro di supervisione pedaggi, la sala di crisi e i locali dell’emittente radiofonica 107.7. Gli edifici, il nuovo rivestito con una lamiera stirata di alluminio a maglie larghe con verniciatura dorata e l’altro definito da schermature orizzontali, disposti intorno a una corte vegetata, contribuiscono anche a creare uno spazio esterno di qualità. Le aree di parcheggio sono ombreggiate da alberi e siepi che disegnano partizioni verdi permeabili. Un sistema di percorsi pedonali organizza l’area, in armonia con le geometrie degli edifici.
Il sito del centro operativo di Senlis con gli edifici ristrutturati (sotto uno degli spazi interni) e, sulla sinistra, scorcio del nuovo edificio.
Ingegneria Ote Ingénierie, Otelio, Christophe Gautrand & associés, Abilis (ergonomia)
Superficie 4.230 mq
Costo dei lavori 10,5 milioni di euro
Cronologia Ottobre 2020 (prima tranche), ottobre 2021 (seconda tranche)
Foto Sergio Grazia
Accanto, planimetria del sito. Sotto, il rivestimento in lamiera di alluminio stirata a maglie larghe del nuovo edificio che ospita il centro di supervisione pedaggi, la sala di crisi e la sede della radio.
L’edificio della brigata cinofila a Nanterre, in un’area molto industrializzata si mostra chiuso e compatto all’esterno.
Brigata cinofi la del porto di Nanterre
Il potenziale paesaggistico di un canile
Località Nanterre
Committente Ministero dell’Interno, Driea IF/Sbdec/ Cpan, Unità Costruzioni Pubbliche
Progettazione Francesco Iaccarino Idelson (Transform)
Ds architectes
Ingegneria 7 Concept, Philippe Raguin
Superficie costruita 780 mq
Costo dei lavori 2,4 milioni di euro
Consegna Febbraio 2012
Foto Julien Lanoo
Il rivestimento esterno delle facciate in gabbioni di pietre naturali esprime sia un concetto di sicurezza – la brigata cinofila è un’organizzazione di polizia – sia l’intento progettuale di valorizzare il potenziale paesaggistico del sito, inserito in un contesto fortemente industrializzato ma allo stesso tempo affacciato su un’ampia area verde che si estende fino alla Senna. Il tappeto erboso riveste interamente anche la corte interna che si apre tra le costruzioni che, rispondendo al programma, si articolano nel blocco dell’unità amministrativa, situata all’ingresso del sito, lungo la strada pubblica; negli alloggi dei
cani, situati di fronte agli uffici per consentire al personale di avere sempre una vista diretta sugli stalli; e in una zona per la cura dei cani che comprende un’infermeria, lo spazio per la preparazione dei pasti, un locale per l’addestratore e un’area di deposito.
Confinante con la Senna, l’intervento contribuisce a rinaturalizzare il sito.
Nuova sede di Oppic, Parigi
Per la sua nuova sede l’Oppic (L’Opérateur du patrimoine et des projets immobiliers de la Culture) ha individuato un sito in Avenue du Maine, nel 15esimo arrondissement di Parigi, dove sorge un edificio storico tutelato, che nel 1830 era l’Hôtel de la Duchesse, oggi nascosto alla strada e soffocato da altri edifici sorti nel frattempo, tra i quali un prefabbricato degli anni Settanta.
Il progetto – non vincitore – di Garcés De Seta Bonet Arquitectes e Idelson Architecture ne prevedeva la demolizione, per sostituirlo con una nuova costruzione in legno e vetro, con spigoli arrotondati, per ospitare la direzione e i dipartimenti operativi dell’impresa specializzata nella costruzione e rifuzionalizzazione di edifici pubblici e nel restauro di monumenti storici.
La liberazione del lotto avrebbe offerto l’opportunità di ricostruire il rapporto originario dell’edificio storico esistente con la sua corte/giardino posteriore.
Località Parigi
Committente Oppic
Architettura Garcés De Seta Bonet Arquitectes (capogruppo), Idelson Architecture (associato)
Ingegneria Tpf Ingénierie
Studi ambientali Tribu énergie
Demolizione, rimozione amianto Lmpr
Immagini Filippo Bolognese
Render e prospetto sulla corte interna del progetto per la nuova sede di Oppic.
Render e funzioni del progetto di trasformazione degli antichi studi cinematografici Pathé a Montreuil.
Località Bas-Montreuil
Committente Cdc Habitat & Sci C. Michael
Progettazione Francesco Iaccarino Idelson (Transform) Atelier Novembre, Atelier Donjerkovic
Ingegneria Berim, Oasiis, Lmr, Lamoureux Scenarchie
Christophe Gautrand & Associés
Superficie 10.100 mq
Concorso 2019
Spazio Albatros, Montreuil
Oggetto di concorso nel 2019 ma rimasta incompiuta, la trasformazione degli storici studi cinematografici Pathé prevedeva un programma misto, articolato intorno al nuovo polo culturale Michaël Chelma, che avrebbe occupato la struttura metallica centrale, comprendente alloggi sociali e in co-living, un asilo nido e spazi per attività socioculturali. Una molteplicità di utilizzi atta a generare una nuova dinamica, trasformando il complesso in un luogo della contemporaneità.
Il progetto, sviluppato da Francesco Iaccarino Idelson (Transform) insieme a Atelier Novembre e Atelier Donjerkovic, propone una distribuzione chiara delle entità tra attrezzature e abitazioni con un’architettura sobria, contemporanea e accogliente, simbolo di apertura a tutti i pubblici e capace di raccogliere l’adesione degli abitanti.
Il progetto di Schiattarella Associati reinterpreta i caratteri dell’architettura tradizionale saudita.
Situato nel sito di Diriyah, patrimonio Unesco e antica capitale dello stato arabo, il nuovo progetto di Schiattarella Associati reinterpreta in chiave attuale e non mimetica i caratteri dell’architettura tradizionale saudita
Nella città di Diriyah, a circa 20 km dal centro di Riyadh, Schiattarella Associati, studio radicato in Arabia Saudita da oltre 10 anni, ha progettato il complesso denominato Diriyah Art Futures (Daf), il primo centro per le arti digitali del Medio Oriente e del Nord Africa. Sviluppato dalla Saudi Museums Commission in collaborazione con la Diriyah Company, il Polo Culturale ospita spazi espositivi e gallerie, atelier e residenze per artisti, laboratori di ricerca e un centro di formazione sui new media.
Il progetto reinterpreta in chiave attuale e non mimetica i caratteri dell’architettura tradizionale saudita. Il Diriyah Art Futures è
formato da volumi distinti, compatti e asciutti, che si sviluppano orizzontalmente sul costone del wadi Hanifa, una depressione nel centro dell’altopiano desertico. Pensati per ricucire le parti urbane e quelle agricole del wadi, per ricomporre l’equilibrio fra costruito e natura, i volumi del centro si alternano a passaggi stretti e profondi che creano zone d’ombra e di fresco, secondo l’uso dell’architettura tipica dell’altopiano Najd. Come raccontano i progettisti nel volume Saudiscapes pubblicato da Nero Editions con la curatela di Emilia Giorgi e le fotografie di Giovanna Silva, “ l’architettura tradizionale Najd, la regione centrale dell’Arabia Saudita, costituisce una
Il complesso comprende una serie di volumi compatti, con passaggi stretti e profondi che creano aree ombreggiate e fresche.
In basso, il volume che ospita la caffetteria è caratterizzato da una mashrabiyya contemporanea, una seconda pelle che lascia penetrare la luce creando all’interno giochi ombra e che permette di vedere senza essere visti.
Schiattarella Associati
Guidato da Amedeo Schiattarella in collaborazione con i figli Andrea e Paola (nella foto), lo studio è stato fondato nel 1970 a Roma e opera nella progettazione architettonica, in particolare di musei e strutture culturali, e nel riutilizzo adattivo di edifici esistenti. Schiattarella Associati vanta una significativa esperienza nella progettazione e nel coordinamento di progetti internazionali complessi in Europa Corea del Sud e Giappone e opera in Medio Oriente dal 2010. Lo studio ha sempre affiancato all’impegno professionale una altrettanto intensa attività di ricerca partecipando a concorsi nazionali e internazionali e operando per la diffusione della cultura architettonica. www.schiattarella.com
L’architettura sorge tra l’antico centro storico fatto di vie strette e piccoli edifici, e una zona agricola con orti campi, pozzi.
Il polo Diriyah Art Futures è stato sviluppato nell’ambito del programma strategico Saudi Vision 2030 promosso dall’Arabia Saudita per ridurre la propria dipendenza dal petrolio e diversificare l’economia del Paese sviluppando settori di servizio pubblico come sanità, istruzione turismo e cultura
I volumi elementari della sagoma irregolare sono separati da sottili fenditure, ombreggiate e attraversate da brezze naturali, che sono anche percorsi di connessione con il nuovo parco.
testimonianza, molto attuale, dell’antica sapienza dell’uomo di ricavare dalla natura stessa, e senza consumo energetico, gli strumenti per rendere confortevole la vita in condizioni ambientali difficili. Si tratta di tecniche spesso cadute in disuso che oggi riacquistano il valore di alternative, praticabili e sperimentate, al dissennato ricorso alla tecnologia energivora”. E così per il Diriyah Art Futures “volevamo dare l’impressione che l’architettura nascesse dalla terra; è il nostro modo di affrontare un progetto: utilizzare i valori naturali per costruire un linguaggio contemporaneo profondamente legato al luogo” spiega Amedeo Schiattarella.
Gli spazi fra i volumi dell’edificio richiamano quelli che caratterizzavano le antiche abitazioni, con le strade strette e le piazze di piccole dimensioni. L’idea è stata quella di creare luoghi d’ombra profondi e compatti, dove circola il vento, abbassando la temperatura e proteggendo i percorsi pedonali dal sole e dal caldo. Allo stesso scopo sono stati creati canali d’aria orientati verso il wadi, la zona più umida.
Ispirato ai più moderni criteri di sostenibilità, il complesso è stato realizzato tenendo conto dell’esposizione solare per aumentare le performance e il risparmio energetico garantito
da un sistema di raffrescamento geotermico, oltre che da un metodo di raccolta e riuso dell’acqua piovana.
Negli interni, curati da Paola Schiattarella, tornano materiali locali come l’intonaco di fango e la pietra di Riyadh. L’edificio presenta un ampio spazio vuoto, protetto dalla luce e dal calore del sole, dove si trovano i laboratori e gli atelier per l’arte digitale. Qui i materiali diventano contemporanei: acciaio, vetro, cemento ma anche legno, materiale inusuale negli interni sauditi ■
Il progetto del vuoto è cruciale, come lo è per le case antiche di Riyadh, fatte di cortili e patii introversi. All’esterno, il vuoto è una piazza pubblica semplice e raccolta mentre all’interno è soprattutto il labirintico spazio comune d’accesso agli atelier ipogeo ma illuminato da un grande lucernario.
PLAN BASEMENT 1
CREDITI
Il centro culturale ospita spazi espositivi e gallerie, atelier e residenze per artisti laboratori di ricerca e un centro di formazione sui new media.
Località Diriyah (Arabia Saudita) Committente Ministero della Cultura, Autorità per lo sviluppo di Diriyah, Commissione reale per la città di Riyadh Progetto architettonico Schiattarella Associati General contractor Marco
Consulenti SaudConsult, Proge77, EuroEngineering, Drisaldi Associati, Tekser, Arcadis, EllisDon Superficie 12.000 mq Cronologia 2024 (fine lavori) Foto Hassan A Alshatti, Mohamed Somji, Flavia Rossi
L’involucro intelaiato fronte piazza è costituito da centine metalliche e da cassoni scatolari orizzontali in Betacryl che costituiscono la struttura portante delle partizioni vetrate e opache di facciata e al contempo un efficace sistema di schermatura solare.
A ridosso del centro storico, il nuovo Polo
Universitario di Mario Cucinella Architects è un esempio di architettura che convive in armonia con il paesaggio e con il clima
Realizzato all’interno del sito dell’ex-caserma Testafochi, il Polo Universitario della Valle d’Aosta è un progetto che unisce architettura contemporanea, rispetto per la memoria storica e impegno verso l’ambiente. La riqualificazione di quest’area non è solo un caso di recupero urbano ma rappresenta anche un’opportunità per creare un nuovo centro culturale e formativo. L’intervento mira a rinnovare la zona, integrandola nel tessuto urbano e rispondendo alle esigenze della comunità e alle sfide ecologiche.
Il progetto di MCA prevede la conservazione degli edifici principali dell’ex caserma e la costruzione di un polo universitario che
accoglierà circa 2mila studenti. L’area, situata vicino al centro storico, diventa un nuovo importante punto di riferimento per la città. Il progetto rispetta la planimetria originale ma rivoluziona la zona, aprendo gli edifici verso la città e creando spazi pubblici che collegano l’area con il contesto urbano circostante. Inoltre, il progetto arricchirà il patrimonio verde della città, creando un sistema di spazi vegetati che si estende attraverso Aosta. L’architettura del nuovo polo si pone in armonia con il paesaggio alpino, ispirata alla forma del ghiacciaio. Questa scelta non è casuale, ma riflette un desiderio di legarsi al contesto naturale circostante, pur distaccandosi
Il progetto apre alla città il sito della ex-caserma e rivoluziona il tessuto urbano della zona. Più che contemporaneo, il linguaggio modella un edificio che si confronta con le montagne circostanti, ispirato per forma e colori ai ghiacciai alpini.
Mca. Mario Cucinella Architects
Con oltre 100 professionisti impiegati nelle sedi di Bologna e Milano, lo studio fondato nel 1992 a Parigi da Mario Cucinella è specializzato nella progettazione architettonica che integra strategie ambientali ed energetiche per il cui sviluppo si avvale di un dipartimento di R&D interno. Lo studio ha realizzato numerosi progetti in Italia e nel mondo – tra i più recenti la torre Unipol nel quartiere di Porta Nuova, il museo d’arte di Fondazione Luigi Rovati e il nuovo polo chirurgico e delle urgenze dell’ospedale San Raffaele a Milano – e conta circa 50 progetti in corso di realizzazione. Nel 2015 Mario Cucinella ha fondatoSos School of Sustainability Foundation scuola per fornire a giovani progettisti e neolaureati gli strumenti utili per affrontare le questioni ambientali con un approccio aperto, olistico e guidato dalla ricerca. www.mcarchitects.it
PROSPETTO EST
PROSPETTO SUD
PROSPETTO NORD
PROSPETTO OVEST
dalla rigidità della vecchia caserma. Progettato per ottenere elevate performance energetiche e garantire un buon isolamento termico, è un edificio dotato di autonomia funzionale, con spazi dedicati alla didattica e alle attività comuni delle facoltà.
La Palazzina ex Zerboglio, cuore del progetto, si sviluppa su quattro piani fuori terra e due interrati. Le facciate degli edifici variano in funzione del piano e dell’affaccio, con una particolare attenzione all’illuminazione naturale negli spazi didattici. Al piano terra, in prossimità della piazza universitaria, sono collocati la caffetteria e l’accesso all’Aula Magna, mentre i piani superiori ospitano le aule, tutte orientate verso la città. Nei piani
interrati si trovano laboratori informatici, con illuminazione naturale tramite un cortile interno, e al piano -2 l’Aula Magna, che può accogliere fino a 176 persone.
Il sistema di facciata è un elemento distintivo del progetto, pensato per integrarsi con il contesto urbano. Il fronte che si affaccia sulla piazza è caratterizzato da un involucro intelaiato in metallo, con cassoni in Betacryl che fungono da schermatura solare, mentre il lato verso la città ha un trattamento diverso per favorire la relazione visiva con l’ambiente circostante.
L’edificio è strutturalmente supportato da grandi solai in cemento armato, che consentono ampie campate libere e una maggiore flessibilità
nell’organizzazione degli spazi. Studiato per rispondere alle condizioni climatiche locali, è stata prestata particolare attenzione ai percorsi solari, alle ombre e alla ventilazione, per proteggerlo dalle condizioni meteorologiche estreme senza compromettere l’illuminazione naturale. Le volumetrie compatte e l’isolamento termico elevato sono stati pensati per affrontare l’escursione termica giornaliera e stagionale, riducendo il consumo energetico e utilizzando fonti rinnovabili. In sintesi, questo progetto rappresenta un esempio di come l’architettura possa rispondere in modo innovativo alle sfide contemporanee, valorizzando la memoria storica, rispettando il paesaggio e perseguendo obiettivi di sostenibilità ambientale ■
L’analisi delle condizioni climatiche tipiche del luogo è stata fondamentale nella costruzione di un edificio climaticamente reattivo.
SCHEMA ENERGETICO
-38% HVAC CO2
17 Kg CO2 / mq y
Classe A
Heating 34 kWht / mq y
Cooling 21 kWhf / mq y
Il progetto si sviluppa su 4 livelli fuori terra e 2 interrati. Le caratteristiche geometriche e i materiali delle facciate mutano in funzione del livello e dell’affaccio diradandosi a partire dal primo livello e in adiacenza agli spazi destinati alla didattica, in modo da garantire l’accesso e la modulazione ottimale della luce naturale. A ridosso della piazza universitaria, invece la pelle si deforma e si compatta in modo da consentirne al massimo l’integrazione e trasformando di fatto una parte del prospetto del nuovo fabbricato in elemento di arredo urbano.
Il progetto del Polo Universitario si sviluppa su quattro livelli fuori terra (piano terreno, piano primo, secondo e terzo) e 2 livelli interrati. All’interno dell’Università
viene privilegiata un’organizzazione in cui l’edificio, rifacendosi alle forme organizzative degli organismi vegetali è dotato di propria autonomia funzionale.
Località Aosta
Committente SIV, Société Infrastructures Valdôtaines
Progetto architettonico Mario Cucinella Architects
Team Giulio Desiderio, Donato Labella, Michele Olivieri
Ingegneria strutturale Sintecna
Ingegneria Impiantistica Golder Associates
Metec & Saggese, Energy Services
Superficie 52.000 mq (area totale intervento)
circa 7.500 mq (area fuori terra dell’edificio ex-Zerboglio)
Facciata Betacryl Solid Surface
Controsoffitti acustici e sistemi a secco Gyproc (Gruppo Saint-Gobain)
Pavimenti Forbo
Arredi Aresline
Cronologia 2023 (fine lavori edificio ex-Zerboglio)
Foto Duccio Malagamba
Nella foto, una delle aule didattiche dell’Ateneo con i banchi studio Omnia di Aresline in legno di faggio verniciato, con tavolino antipanico e cablaggio integrato nella struttura. Le aule, tutte arredate da Aresline, sono distribuite a tutti i livelli fuori terra e sono rivolte verso la città.
Strutturalmente l’edificio è basato sull’impiego di grandi solai in cemento armato sostenuti da una serie di setti (anche essi in cemento armato).
Tale soluzione, oltre a consentire la creazione di ampie campate libere da elementi portanti, ha portato vantaggi nel posizionamento delle aule.
Dopo la riqualificazione degli spazi interni, lo studio
Ravalli amplia con nuovi spazi e servizi il complesso museale di Bergamo. Un camminamento su più livelli collega le sale e l’esterno
Più di due secoli dopo l’intuizione dell’architetto e paesaggista ante-litteram Leopoldo Pollack, il complesso neoclassico di Accademia Carrara ora dispone di un grande spazio esterno, da sempre parte della proprietà acquisita da Giacomo Carrara alla fine del Settecento per accogliere la sua collezione di dipinti e l’omonima Scuola. Si tratta di circa 3.000 metri quadrati – i ‘Giardini PwC’, a ricordare il contributo economico sostenuto dalla società globale di consulenza – che confinano a nord con il Baluardo di Sant’Agostino, parte delle mura veneziane che cingono Città Alta. Affacciata sui giardini anche una caffetteria, il Bù Bistrot Carrara,
ricavata dalla trasformazione di un edificio in precedenza adibito a deposito di attrezzi del museo.
Il progetto, sviluppato in collaborazione con InOutArchitettura per il paesaggio, è dello studio Antonio Ravalli Architetti, che già l’anno precedente aveva rinnovato i percorsi di visita, il layout degli spazi interni e l’allestimento espositivo (di particolare interesse le due sale Zeri e Scaglia, ambienti interclusi in parte ricavati e isolati all’interno del nuovo percorso, per le quali è stato progettato un allestimento con strutture realizzate ad hoc).
Appoggiandosi sulle opere di contenimento in
Il nuovo collegamento tra interno ed esterno che percorre i tre piani offrendo un’inedita prospettiva della Carrara nel contesto delle mura veneziane di Bergamo.
Antonio Ravalli Architetti
Lo studio di Ferrara, che nel tempo ha attraversato alcune trasformazioni, è stato fondato da Antonio Ravalli nel 1992. Il suo interesse principale è rivolto alla trasformazione del paesaggio urbano e territoriale, esplorando soluzioni innovative sia alla macroscala, per affrontare le sfide del reale, sia alla microscala. Su quest’ultimo livello, lo studio ricerca una lettura contemporanea dello spazio attraverso un’attenta selezione dei materiali e il loro utilizzo, combinando tradizione e sperimentazione. Fin dai primi anni lo studio dedica particolare rilievo al rapporto tra arte e architettura, con la realizzazione di numerosi allestimenti museali. www.antonioravalli.it
Sopra, vista dei nuovi percorsi interni del museo. Foto courtesy Accademia Carrara.
CREDITI
Località Bergamo
Committente Fondazione Accademia Carrara
Finanziamenti Regione Lombardia, PwC Italia
Edison Next
Architettura Antonio Ravalli
Strutture F&M Ingegneria
Impianti Mascheroni e Associati
Paesaggio InOutArchitettura
Arredi caffetteria Pedrali
Foto Ottavio Tomasini, Antonio Cadei
pietra che proteggono l’edificio del museo dalla collina e dalle falde acquifere che la innervano, il progetto recupera e fa proprio il ‘buffer’ di separazione tra natura e costruito. È qui, dove convergono archeologia, acqua, pietra, legno e metallo, che l’edificio si adagia e trova la propria forma e geometria. Il nuovo collegamento vuole essere un’esperienza: è un oggetto complesso, in parte nascosto dal terreno della collina su cui è posto, è dotato di rampe, scale e un ascensore,
e si compone di spazi di pausa e aperture che permettono di fermarsi a osservare la città, uscire e sostare presso il giardino e i suoi terrazzamenti restaurati, accedere alla caffetteria o viceversa rientrare e proseguire lungo il percorso espositivo.
Fino al 28 febbraio i giardini PwC ospitano la mostra dell’artista fiorentino Il Sedicente Moradi La forza, la paura e la meraviglia, sculture di animali realizzate con legno di recupero.
Il Bù Bistrot Carrara. Segue il dislivello del nuovo percorso esterno anche la caffetteria, sempre progettata da Antonio Ravalli, che nasce dalla trasformazione di un edificio esistente, in precedenza adibito a deposito di attrezzi museali: terrazze disposte su più livelli, un lungo bancone del bar con il doppio accesso, direttamente dall’esterno e dalle sale del museo e, al livello superiore, le due sale del bistrot, con finestre che si aprono sui giardini e in lontananza sulle mura veneziane.
Gli arredi del bistrot sono di Pedrali: sedute Nolita, disegnata da Cmp Design, che per forma e materiali (tubo d’acciaio) rievocano le prime sedie da giardino realizzate da Mario Pedrali nel 1963, un divanetto e poltrone lounge Tribeca e tavoli Concrete per gli spazi esterni; sedie Frida con scocca in multistrato curvato e struttura in legno massello Fsc C114358 verniciata con vernici all’acqua di origine vegetale (design Odo Fioravanti, Compasso d’Oro 2011), tavoli ArkiBase e agili sgabelli Brera per gli interni ■
In alto, i giardini e una terrazza del Bu Bistrot. Gli arredi del bistrot, che nasce dalla trasformazione di un edificio esistente, sono di Pedrali, come la poltrona lounge Tribeca (sopra a sinistra). Foto Ottavio Tomasini.
Sotto, il vasto impianto urbanistico della chiesa e dei servizi parrocchiali inserito nel comparto di Sambuceto attraversato da via Cavour. A sud-ovest l’impianto prosegue con una passeggiata verde.
SEZIONE LONGITUDINALE
SEZIONE TRASVERSALE
Il fronte nord, inclinato di 30° rispetto al suolo, ritaglia tre absidi che diventano l’immagine terminale del presbiterio. A destra, il fronte sud
anch’esso inclinato e con una compressione sul fronte del piano terra dove si trova l’ingresso partendo dal sagrato antistante. Foto Enrico Cano.
L’architetto Mario Botta ha sviluppato l’ipotesi di un impianto centrale dotato di tre absidi. Dalla croce vetrata in copertura la luce del cielo piove sulla tenda dell’assemblea
Si è colti da una lieve emozione aprendo il leporello che tiene insieme la documentazione del progetto. Mostra le foto, il testo essenziale del progettista e quello della committenza. Una serie di schizzi documenta l’iter progettuale per concludersi con i disegni tecnici. Così si legge come nasce l’idea e come giunge in porto l’iter realizzativo che rammenta il ciclo lungo delle cattedrali medievali. L’inizio della costruzione risale infatti al marzo del 2011. Una serie di imprevisti, tra gli altri il Covid, ne ha ritardato la realizzazione.
Fin dai primi abbozzi si nota il volume della chiesa che mostra una ricerca plastica evidenziata dalla croce, essenza e simbolo dello
spazio sacro e sola fonte di luce per l’interno. Connota il variare delle ore e il cambio delle stagioni.
Segue l’ampio sagrato, una piazza per l’incontro dei fedeli prima delle funzioni. Infine il porticato, a segnare il perimetro dello spazio, proteggere dall’acqua e dal sole e accogliere le attività della parrocchia.
L’input ideativo nasce dal luogo: Sambuceto, frazione di San Giovanni Teatino, centro economico della conurbazione tra Chieti e Pescara. In questa ‘città generica’, per dirlo con Rem Koolhaas, sorgono centri commerciali, residenze, industrie. L’autostrada adriatica e l’aeroporto di Pescara hanno ulteriormente
modificato il nucleo originario trasformandolo in una nuova periferia priva del tradizionale centro urbano. In risposta, la committenza ha chiesto un’immagine forte capace di trasformare la chiesa in un luogo simbolico e un riferimento visivo in grado di riqualificare l’esistente.
Si è pensato di ricorrere a un progettista come Mario Botta che aveva già realizzato interventi di notevole importanza dove sacro e architettura trovano una fusione nel suo modo di progettare e indicano un possibile percorso. Con tale presupposto si sviluppa l’ipotesi di un impianto centrale dotato di tre absidi: quella centrale, la maggiore, e due absidi laterali
Mario Botta
A 18 anni realizza la sua prima opera, la casa parrocchiale di Genestrerio (1961-63). Si iscrive all’Università Iuav di Venezia, dove collabora ai progetti di Le Corbusier e di Louis Kahn per la città lagunare. Nel 1970 apre lo studio di Lugano, dal 2011 si trasferisce a Mendrisio, dove con Aurelio Galfetti quindici anni prima aveva fondato l’Accademia di Architettura (oggi facoltà di architettura dell’Università della Svizzera Italiana). La sua architettura si caratterizza per il pragmatismo e la forte geometria. Impiega la pietra e il mattone per volumi puri, con grandi spaccature, come il cilindro tronco nella chiesa di Mogno e nella cattedrale di Évry. www.botta.ch
minori, mentre sulla copertura cresce la croce vetrata, un velo tra la terra e il cielo e un faro, un landmark visibile a distanza.
La dimensione plastica della costruzione tiene insieme segni e significati in forme geometriche rigorose che permettono al progettista di trovare riferimenti pregnanti sia nel paesaggio esteriore che in quello spirituale e nel ricorso alla storia e alla memoria, nel nostro caso al grande repertorio del Barocco, stabilendo una continuità che fa della variazione e dell’aggiornamento di temi classici la connessione con il presente. Ciò rende finalmente attuale il luogo sacro, lo colloca nel contemporaneo e lo apre al futuro. Questa architettura propone un’immagine innovativa, per alcuni oltre le norme ma rassicurante perché tradotta in un edificio ben costruito, denso di significati, che va oltre il tempo dell’effimero.
L’attualità sta vivendo una continua crisi di modelli, frutto della crisi dei valori, che ha condotto alla realizzazione di non-luoghi, identici alle più diverse latitudini, mentre l’essere umano avverte l’insoddisfatto bisogno di sacralità. Botta dona all’uomo luoghi dove esprimere un bisogno atavico come quello spirituale. Le sue architetture tendono ad essere brani unici che si stagliano nel paesaggio sia urbano che naturale e ci parlano della storia infinita del rapporto tra l’uomo e Dio. Emblematica tra i molti realizzati la chiesa di
San Giovanni Battista a Mogno (1986-1996), quella di Santa Maria degli Angeli sul monte Tamaro a Lugano (1992-1996) e la cappella Granato a Penkenjoch in Austria (2011-2013) per la dimensione contenuta. Se è chiamato a intervenire a una scala maggiore, nel passaggio la geometria che regola il rapporto tra pianta e alzato tende a complicarsi, facendosi più densa, mentre
l’articolazione dei volumi favorisce un assoggettamento della luce naturale che concede al soggetto di vivere nel tempo la presenza dell’assoluto. La sintassi del progetto ricorre spesso ad un impianto planimetrico centrale mentre la geometria del volume tende a trasformarsi nello sviluppo in alzato della pianta con il taglio delle superfici vetrate che consentono l’accesso della luce e una forte differenziazione tra interno ed esterno, come in questo caso.
La nostra Chiesa mostra una vasta cavità accogliente, sorta di tenda, ma di calcestruzzo, che tocca l’apice nella triplice cavità dell’abside. L’idea della tenda di Dio si ritrova nella Bibbia che riferisce di quella innalzata da Mosè nella migrazione del popolo ebraico nel deserto.
A Sambuceto Botta attualizza il messaggio che possiamo identificare nelle prime intuizioni messe a punto per la chiesa dell’Autostrada di Giovanni Michelucci. Rende nuovo il messaggio aprendo l’assemblea liturgica, pronta ad accogliere quasi 500 fedeli, in modo armonioso e avvolgente, disposta ad accogliere la luce della vita che proviene dall’alto e pervade il popolo che celebra col sacerdote. Secondo l’autore il firmamento stellato dipinto con cura che rinvia al percorso verso il cielo rappresenta un omaggio a Giotto e ai suoi cicli pittorici. Per il sottoscritto è una offerta a Kant, in tempi di smarrimento, con l’auspicio che la legge morale ritrovi la sua strada ■
La facciata è, come il famoso castello di Heidelberg e molti degli edifici storici della città realizzata in arenaria dura rossa della valle del Neckar, che viene estratta nella regione da oltre mille anni. Foto Achim Birnbaum.
Sviluppato dallo studio Degelo Architekten di Basilea, il primo grande centro congressi della città tedesca appare semplice all’esterno e luminoso e sfaccettato all’interno
Un edificio compatto e sobrio con un interno complesso e sfaccettato. È il primo grande centro congressuale della città universitaria di Heidelberg sviluppato dallo studio Degelo Architekten di Basilea. In grado di ospitare fino a 3.800 persone, si trova nel nuovo quartiere Bahnstadt, vicino alla stazione ferroviaria della città del Baden-Württemberg.
La facciata del centro congressi, che ricorda un sipario teatrale, è caratterizzata da una struttura verticale ondulata, che crea un gioco di luci e ombre che alleggerisce la solidità dell’arenaria rossa locale utilizzata per il rivestimento.
L’entrata in vetro a tutta altezza si affaccia
sulla piazza pubblica Europaplatz, anch’essa di recente sviluppo che si trova appena a sud della stazione ferroviaria. Leggermente incassata nell’edificio, l’area vetrata dell’ingresso crea una piccola piazza. Un secondo ingresso, che si trova sul lato occidentale dell’edificio, si affaccia sullo Zollhofgarten, ampio spazio verde pubblico circondato da caffè, bar e ristoranti.
La facciata quasi priva di finestre non mostra alcuna indicazione diretta del numero di piani dietro di essa: solo gli ingressi consentono di intravedere i foyer e la galleria al primo piano. L’interno – su tre livelli oltre al mezzanino –sorprende per la sua luminosità e apertura. Il foyer di 20 metri di altezza e la sala centrale
Foto ©Joel Heritier
Degelo Architekten
Lo studio di Basilea è stato fondato nel 2005 da Heinrich Degelo con l’intento di creare un’architettura senza tempo, dalle soluzioni sorprendentemente semplici e di alta qualità. Tra le opere più conosciute dello studio la National Art Gallery di Vaduz, la Messeturm della Fiera di Basilea, la ristrutturazione della biblioteca universitaria di Friburgo. Nel 2010 Degelo Architekten ha inoltre modernizzato e ampliato il centro congressi di Davos, in Svizzera. www.degelo.net
Il centro, collocato nel nuovo quartiere Bahnstadt, vicino alla stazione ferroviaria principale di Heidelberg comune del Baden Württemberg, affaccia sulla piazza pubblica Europaplatz, anch’essa di recente sviluppo.
accolgono la luce naturale attraverso lucernari e aperture ellittiche nel soffitto. Il cemento utilizzato per la costruzione appare così quasi come un pezzo di tessuto drappeggiato: il motivo della tenda si ripete ancora una volta. Il gioco di luci e ombre è accentuato dalle lampade rotonde in vetro opale, sospese come bolle di sapone.
Il centro è progettato per ospitare eventi di diversa natura, da congressi scientifici a performance teatrali e concerti. Dispone di due grandi sale, nove spazi per conferenze, alcuni dei quali collegabili tra loro, uno studio per lo streaming live e la produzione video e una
cucina a vista. Al secondo piano si apre uno spazio a corte utilizzato come anfiteatro. La disposizione flessibile degli ambienti consente l’uso simultaneo di aree separate senza creare interferenze. L’elevato grado di flessibilità è fornito dai layout privi di colonne. Le aree pubbliche sono quasi uniformemente chiare, rivestite di cemento bianco e pavimenti in graniglia. Gli unici contrasti, anche tattili, sono forniti dai toni caldi delle porte e dai dettagli in legno di olmo, che viene utilizzato anche come pannellatura in alcune delle sale più piccole. Il nero e i toni più scuri si trovano solo nello studio per lo streaming, nella cucina
a vista e nei servizi igienici. Con la struttura in calcestruzzo riciclato e un sistema di climatizzazione a bassa energia, il centro è progettato secondo le specifiche Passivhaus, con l’obiettivo di ottenere la certificazione di sostenibilità dalla Dgnb (Deutsche Gesellschaft für Nachhaltiges Bauen), l’ente tedesco per l’edilizia
Mentre l’esterno dell’edificio con poche aperture appare compatto, l’interno sorprende con spazi luminosi e ariosi che sembrano quasi smaterializzati. Foto Achim Birnbaum.
sostenibile. È qui che entra in gioco anche il design compatto dell’edificio, che crea un rapporto vantaggioso tra superficie e volume interno: la facciata, fatta eccezione per gli ingressi generosamente vetrati, contribuisce positivamente al bilancio energetico poiché funge anche da massa di accumulo che favorisce l’inerzia termica ■
Al piano terra i due ambienti principali sono il foyer di 1.500 mq e alto 20 metri e la sala centrale di 1.300 mq. In totale, il centro dispone di 6.600 mq di spazio.
Località Heidelberg
Committente Heidelberger Kultur- und Kongressgesellschaft
Progetto architettonico Degelo Architekten
Partner responsabile del progetto Florian Walter
Ingegneria strutturale Awd Ingenieurgesellschaft
Progettazione elettrica pbr Planungsbüro Rohling
Acustica GN Bauphysik
Landscape design Berchtold.Lenzin
Landschaftsarchitekten
General contractor Ggh Gesellschaft für Grund- und Hausbesitz
Direzione lavori Ernst2 Architekten
Superficie 29.500 mq (incluse terrazze)
Cronologia Ottobre 2017 (concorso) - 2024 (fine lavori)
Negli spazi interni l’elevato grado di flessibilità è fornito dai layout senza colonne. Al secondo piano uno scavo nel volume compatto porta luce all’interno e ha consentito di realizzare un ‘cortile sospeso’ utilizzato come anfiteatro. Foto Achim Birnbaum.
Evidente dalle sezioni la soluzione scelta per le piste di ghiaccio aggiuntive, costruite sotto una collina artificiale e invisibili dall’esterno. Quando è attivo il campo di basket l’altezza interna del palazzetto al centro è di 21,5 metri (29,5 quando è attiva la pista di hockey su ghiaccio, nel render ©3XN).
Nel sito dell’Olympiapark la Sap Garden Arena, nuova casa della squadra di hockey su ghiaccio Red Bull e del Bayern Monaco pallacanestro prende il posto del velodromo costruito per i Giochi Olimpici del 1972 Il progetto è dello studio danese 3XN
Sembra una palizzata formata da bastoni di hockey a scala gigante il perimetro della Sap Garden Arena inaugurata nei mesi scorsi all’interno dell’Olympiapark di Monaco di Baviera: 260 lesene composite apparentemente uguali per ritmo e regolarità ma diverse tra loro per altezza e inclinazione (la più grande è alta 18 metri e pesa una tonnellata) che seguono l’andamento asimmetrico dell’ovale dolcemente adagiato sul pendio del parco. Del resto il progetto dello studio danese 3XN con gli architetti del paesaggio Latz + Partner e l’ingegneria di Büro Happold si muove nel rispetto del patrimonio paesaggistico del sito progettato – al pari di alcune infrastrutture
3XN
Con sede a Copenhagen e uffici a Stoccolma, Sydney, New York, Londra e Amsterdam, lo studio, fondato nel 1986, opera nella convinzione che l’architettura debba restituire qualcosa alle persone, alla società e al pianeta, i progetti di 3XN si fondano sui modi con i quali influenzano il comportamento delle persone e l’ambiente. Tra i principali lavori dello studio la sede del Comitato Olimpico Internazionale a Losanna; il nuovo mercato del pesce di Sydney; la Royal Arena e l’acquario di Copenhagen. Nella foto, i senior partner di 3XN Jan Ammundsen e Olaf Skov Kunert. Foto Zuhal Kocan. www.3xn.com
sportive, a cominciare dalla tensostruttura di Frei Otto per lo stadio di calcio – da Günther Behnisch per i Giochi Olimpici del 1972. In copertura, il tetto verde della Sap Garden Arena appare semplicemente come una porzione del suolo che sia stata sollevata dalle lesene per lasciare posto, all’interno dell’edificio, al programma multifunzionale che prevede la pista di ghiaccio per le gare della Red Bull München, un campo da basket e un campo di pallamano (specialità olimpica introdotta proprio a partire dai giochi di Monaco del 1972).
La differente dimensione dei campi di gioco – secondo i diversi calendari di gara basket e pallamano si sovrappongono allo stadio da
hockey, parzialmente interrato – dà luogo a capienze differenti, che nel caso della pallacanestro arrivano a 11.500 posti.
Tribune e catino di gioco sono circondati da ambienti Vip, un ristorante, negozi e dagli spazi del ‘Gaming Garden’ frequentato dalla comunità degli appassionati di sport elettronici. Ma il programma prevedeva anche tre ulteriori piste di ghiaccio, per gli allenamenti dei professionisti e per uso pubblico in tutti i momenti dell’anno.
Piste che sono state ricavate al di sotto di una collina artificiale, così che ciò che emerge dal suolo è l’ovale dell’edificio, mentre il resto continua ad essere paesaggio ■
Dettaglio della facciata sud, con pressori e montanti in gomma e il basamento in policarbonato.
SEZIONE TRASVERSALE
SEZIONE LONGITUDINALE
Antonio Morlacchi
ADEGUANDO SPAZI IN DISUSO ALLE ODIERNE
ESIGENZE DEL LAVORO
LE TRASFORMAZIONI DI BALANCE ARCHITETTURA
RIVELANO UNA
PARTICOLARE SENSIBILITÀ VERSO IL COSTRUITO.
RAPPRESENTATIVO DI QUESTO APPROCCIO
SUPERLAB NE È L’ESEMPIO
PIÙ RECENTE
Sarca 336: quello che una volta era un numero civico, corrispondente a uno degli ingressi della Breda Siderurgica, con la riconversione dei grandi complessi industriali tra Milano e Sesto San Giovanni è diventato una strada (dove è raro trovare parcheggio). Più omogenea sul lato sud, con sequenze di edifici prevalentemente in laterizio costruiti da fine Ottocento, mentre sul fronte nord i vuoti dei bombardamenti erano stati colmati, nel dopoguerra, da edifici funzionali che riflettevano l’urgenza
della ricostruzione avvalendosi tuttavia di tecnologie e materiali moderni. Erano tempi nei quali l’ingegneria italiana, forte delle capacità produttive delle grandi industrie, sviluppava progetti eccellenti nella loro essenzialità, per risparmiare materiali ancora scarsi e preziosi (ecco l’autentica ‘sostenibilità’) ricorrendo anche a colpi di genio come nel caso dell’edificio oggetto della trasformazione operata da Balance Architettura: un’esile struttura in ferro tamponata con pannelli in
Balance Architettura
‘Giovane Talento dell’Architettura Italiana’ nel 2022, lo studio di Torino lavora dal 2011 a livello internazionale nei settori dell’architettura, degli spazi di lavoro dell’urbanistica e degli allestimenti espositivi. Convinzione dello studio è che l’architettura sia essenzialmente assemblaggio e composizione di elementi e funzioni nelle tre dimensioni attraverso l’organizzazione plastica di materiali primari. Attualmente lo studio è composto da Alberto Lessan, Jacopo Bracco, Giorgio Salza, Giulia Barbero Alejandra Mora, Eudes Margaria, Claudio Carrieri, Anita Cauteruccio. Lessan e Bracco insegnano anche progettazione architettonica e design presso il Politecnico di Milano, il Politecnico di Torino e lo Iaad di Torino. www.blaarchitettura.it
L’atrio di ingresso di Superlab è ricavato dall’unione del piano seminterrato e del precedente livello zero. La doppia altezza è attraversata da una passerella sospesa che unisce due aree di lavoro. Tutti gli interni conservano un aspetto di ‘non finito’ che è diventato la cifra stilistica dello studio.
calcestruzzo rivestiti con una finitura in gomma siliconica trasparente – secondo le ricerche degli architetti l’unica costruzione ad adottare una soluzione del genere – fornita dalla vicina Pirelli.
Storia e soluzioni che il progetto dello studio torinese sceglie di conservare e mettere in rilievo realizzando Superlab: un edificio per uffici multitenant leggero, che si sviluppa su quattro piani per una lunghezza di quasi 100 metri e una superficie utile di 1.600 metri quadrati per piano.
Interessante anche per l’organizzazione spaziale interna, la trama strutturale delle travi reticolari è stata mantenuta, verniciata con colori tenui che variano da piano a piano e che
raggiungono la massima espressività la sera, quando l’edificio illuminato rivela attraverso le nuove facciate vetrate i suoi ‘organi’ interni e le sue nervature.
Conservato del pari, e riportato allo stato grezzo anche dove è impreciso e imperfetto, il calcestruzzo originario, che insieme ai nuovi impianti a vista conferisce agli interni quell’aspetto di ‘non finito’ che in questo genere di interventi è diventato un po’ la cifra di Balance Architettura. All’esterno, lungo il basamento e per l’intera altezza delle facciate trasversali, il calcestruzzo è protetto da elementi di policarbonato che contribuiscono alla leggerezza complessiva dell’insieme. Due gli interventi di trasformazione più si-
Società che opera da più di 25 anni nel campo del contract di arredo per gli spazi del lavoro, nasce dalla collaborazione tra due architetti milanesi, Pietro Carullo e Paolo Della Salda. Cardex è una realtà dinamica e originale nella quale la contaminazione di idee, esperienze e persone hanno generato un nuovo modo di progettare e vivere gli spazi, secondo i nuovi paradigmi e i principi del comfort e della sostenibilità. Con un pull di brand partner, leader nel campo dell’interior design e del contract, affianca studi di architettura e ingegneria, progettisti e aziende per offrire in qualsiasi fase della progettazione una consulenza e pianificazione specifica, con soluzioni d’arredo per l’hospitality, l’hotellerie, l’office e l’outdoor. www.cardex.it
Per quanto riguarda gli spazi interni lasciando a vista la struttura interna ogni piano reagisce con lo spazio, la luce e il contesto.
gnificativi operati. In primo luogo il recupero del piano seminterrato, ora unito al livello zero per dare vita a una hall di ingresso/reception a doppia altezza, con una passerella a soppalco che collega le due aree di quello che era il piano zero, recuperando così 1.600 metri quadrati di spazi lavorativi (e affittabili) utili.
Secondo intervento notevole, la apparente scomparsa dei monumentali corpi-scala che caratterizzavano l’edificio, ottenuta con una nuova pelle, uniforme e prevalentemente trasparente, della facciata, che viene leggermente ‘avanzata’ inglobando così all’interno tali corpi-scala, e con la trasformazione della copertura in terrazza, anch’essa protetta dalla facciata continua a nascondere l’emergenza delle macchine degli ascensori.
La terrazza stessa, calpestabile, diventerà un’area arredata esterna fruibile dai diversi tenant, con vegetazione e orti.
Il progetto di riqualificazione ha riguardato anche il cortile interno, sul retro della stecca, trasformato con nuove aree verdi e una nuova viabilità ciclabile e pedonale.
Nell’interno, cui si accede, come prima, da metà della lunga manica edificata ma scendendo pochi gradini per raggiungere il piano in precedenza seminterrato, il non-finito e gli impianti a vista reagiscono con lo spazio, la luce e il contesto, che a sua volta il Superlab, al pari di altri interventi recenti (come ‘Open 336’ di Park Associati, completato nel 2023) contribuisce a riqualificare, rendendo ancora più interessante l’evoluzione della via che una volta era solo un numero civico ■
DOTT.GALLINA
Il policarbonato
alveolare traslucido gioca un ruolo di rilievo sia in facciata sia nelle partizioni e negli elementi di arredo di alcuni spazi interni.
In questo progetto sono stati scelti i policarbonati alveolari dott.gallina per le loro avanzate proprietà tecniche e la capacità di migliorare gli spazi progettati. All’esterno, il sistema modulare Arcoplus 547 opaco con trattamento UV è stato impiegato al piano terra per garantire un’ottima trasmittanza termica e creare una transizione equilibrata tra i volumi dell’edificio. Di sera, grazie ai Led, il materiale si illumina, offrendo un suggestivo effetto
di vedo/non vedo. Sul fronte corto, Arcoplus Onda riveste la struttura in acciaio e legno, producendo prospettive originali grazie alla semitrasparenza. Arcoplus 626 UV opaco è stato utilizzato anche negli uffici di Prometeon Tyre Group per realizzare partizioni, rivestimenti e mobili su misura (nella foto) garantendo luminosità diffusa e durabilità, elementi essenziali per il successo del progetto.
https://gallina.it
La copertura è trasformata in terrazza, anch’essa protetta dalla facciata continua.
Un’area arredata
esterna fruibile dai diversi tenant, con vegetazione e orti.
CREDITI
Località Milano, viale Sarca 336
Committente Masini 011
Progetto architettonico Balance Architettura
Team Alberto Lessan, Jacopo Bracco, Davide Minervini
Alejandra Mora, Giorgio Salza, Giulia Barbero, Alp Arda, Alessandro Stante, Nicolò Acquadro, Sonia Zuccato, Matteo Dossetto, Estefania Mujica, Eugenia Macchia, Francesca Rava, Ottavia Mangiafridda
Gli spazi interni, aperti e luminosi
sono caratterizzati
dal non-finito e dagli impianti a vista che reagiscono con lo spazio, la luce e il contesto.
Sicurezza e Project Management Studio Corradino-Petitti
Progetto strutture Alessandro Ferro
Progetto impianti e involucro Alessandro Manzone
Leed Consultant Macro Design Studio, Amit Anafi
Prevenzione al fuoco Massimiliano Colucci, Angelo Neri
Paesaggio Studio Verde
Facciata Dott.Gallina (policarbonato)
Afep, Secco Sistemi
Climatizzazione Mitsubishi Electric
Schermature solari Omnitex, Baldeschi
Allestimenti interni Lab10100, Dott.Gallina
Pavimentazioni interne Liuni, Uniflair, Forbo
Contract arredi Cardex
Arredi Herman Miller, Hay, Muuto, Knoll
Illuminazione Esperienza in Luce
Erco, Novalux, Sammode, Normalit
Slp 6.500 mq
Cronologia 2022-2023
Foto Filip Dujardin, Beppe Giardino
Sopra, l’area ristorazione. Alla luminosità dell’edificio assicurata dalle vetrate, dall’apertura degli spazi e dall’uso del policarbonato contribuiscono i corpi illuminanti selezionati con Esperienza in Luce che condividono l’anima industriale dell’intervento.
Esclusivista per l’Italia dei prodotti Sammode, per Superlab il centro Esperienza in Luce ha fornito gli apparecchi illuminanti della linea ‘Architectural & Design’, selezionati per coniugare performance tecniche ed estetiche esaltando l’anima industriale e contemporanea dello spazio. Noti per la loro qualità e versatilità, i corpi illuminanti Sammode si integrano con la visione architettonica di Balance aggiungendo carattere al progetto. In equilbrio tra funzionalità e design, in Superlab la luce si trasforma in un elemento espressivo e distintivo. Oltre alla fornitura di prodotti di alta qualità, il centro torinese si distingue
per la capacità di affiancare gli studi di architettura e design offrendo supporto tecnico e progettuale nel campo dell’illuminotecnica. Questa duplice competenza, che unisce la fornitura di soluzioni d’eccellenza con un servizio di consulenza specializzato, garantisce risultati che valorizzano al massimo l’identità dei progetti architettonici. www.instagram.com/esperienzainluce/
ARK BELVÉDÈRE, BORDEAUX
UNA FACCIATA CONCAVA E UN INVOLUCRO STEREOMETRICO
ALLEGGERISCONO LA MASSA
DI QUESTO EDIFICIO PER UFFICI PROGETTATO DA CINO ZUCCHI NEL QUARTIERE BELVÉDÈRE A BORDEAUX
Dalla città minerale color crema, patrimonio dell’Unesco (sono ben 347 gli edifici del centro storico di Bordeaux tutelati) alla città verde. Il segno più rappresentativo dell’evoluzione, per la città di Montaigne, è forse il ponte SimoneVeil disegnato da Oma e inaugurato nel 2024, che collega il centro storico alle aree – trascurate per secoli – della sponda destra della Garonna. Qui, uno dei principali sviluppi è il nuovo quartiere Belvédère, la principale centralità del progetto a lungo termine Garonne-
Eiffel, un masterplan di 150 ettari sviluppato da un team guidato da Tvk. Ed è qui che sorge L’Ark, un edificio per uffici progettato da Cino Zucchi Architetti la cui configurazione tipologica risponde in maniera efficace alle linee guida del masterplan generale, adattandosi alle caratteristiche uniche del sito e alla progettazione complessiva degli spazi aperti circostanti.
La massa dell’edificio, alto 34,5 metri, è stata modellata piegandone il perimetro verso l’interno, creando una configurazione che combina uno schema a forma di h con un layout centralizzato. I lati più corti del volume del pa-
CREDITI
Località Bordeaux
Committenti Nexity, Altarea Cogedim, Pitch Promotion
Progetto architettonico Cino Zucchi Architetti
Design team Cza Cino Zucchi, Andrea Balestreri (project leader in concept design, schematic design, design development, detailed design), Antonello Calabrese (project leader in design supervision), Matteo Ardone
Giacomo Palomba, Alberto Caddeo, Michele Piolini
Progetto strutture e impianti Oteis
Valutazioni ambientali Payet
Controllo e certificazioni Apave
Acustica Lasa
General contractor Demathieu Bard
Area d’intervento 1.329 mq
Slp 4.984,9 mq
Costo 8 milioni di euro
Consegna 2023
rallelepipedo – quelli che si affacciano sul boulevard e sul parco retrostante – si trasformano così in due morbide curve concave. La pelle perimetrale continua è suddivisa in più strati. La parete interna alterna una fascia di finestre a nastro a una superficie opaca, cui si aggiungono elementi frangisole in alluminio anodizzato, mentre le facciate esterne sono animate da colonne di calcestruzzo, di spessore e ritmo variabile, disposte in sette ordini irregolari segnati da cornici marcapiano. Più regolare e snello, l’ordine superiore collega gli ultimi due livelli e apre uno spazio che ospita una terrazza-giardino protetta.
Texture e colore delle colonne richiamano la pietra degli edifici storici di Bordeaux.
L’impiego di macchine a controllo numerico
guidate dal disegno ha consentito di trasferire al calcestruzzo la continua variazione dei parametri compositivi, replicando così, per mezzo della tecnologia moderna, l’antica arte della stereotomia.
Tecnica analoga è stata impiegata per realizzare i quattro grandi pilastri dell’atrio – uno dei quali posto d’angolo, davanti all’ingresso – che, come sezioni di solidi girevoli, si allargano a calice verso l’alto ■
A destra, una delle quattro colonne a calice dell’atrio caratterizza l’angolo di ingresso. Foto Fabrice Fouillet.
Sotto, la Suite del Conte, ricavata nella villa neogotica al centro di una tenuta di 16 ettari in Umbria. Foto Diego De Pol.
IN UMBRIA, IL PROGETTO DI SPAGNULO & PARTNERS
RIQUALIFICA UN COMPLESSO
NEOGOTICO ALL’INTERNO DI UNA TENUTA DI 16 ETTARI
ADEGUANDOLO AGLI STANDARD DELL’ALTA OSPITALITÀ CONTEMPORANEA
Più che altrove, in Umbria il carattere dei luoghi si interseca strettamente con il paesaggio e la storia artistica della regione. Una storia meravigliosa che dalle radici medievali sfocia nella pittura rinascimentale della scuola di Pietro di Cristoforo Vannucci, detto il Perugino. Pur lontano da queste vette e noto piuttosto per il carattere narrativo con il quale dipingeva le battaglie del Risorgimento, anche Lemmo Rossi-Scotti conte di Montepetriolo (18481926) era un pittore.
Sua l’ampia proprietà e la villa neogotica con tanto di torre, guglie, merli e annessi – limo-
naia, casa colonica e altri manufatti – costruita nell’Ottocento sulle rovine di un antico monastero, trasformata all’inizio del Duemila in Relais & Chateaux e ora affidata alla progettazione dello studio di architettura Spagnulo & Partners per adeguarla agli standard dell’alta ospitalità contemporanea. Lo studio milanese è noto per la sensibilità alla cultura del luogo nel quale è chiamato a operare e che nel progetto di interni si esprime, come in questo caso, attraverso una sorprendente gamma di soluzioni cromatiche e decorative. L’intervento di Borgo dei Conti si può definire filologico in
Spagnulo & Partners
Fondato a Milano da Federico Spagnulo (nella foto) con la collaborazione di Alessandra Carbone e Andrea Spagnulo lo studio di architettura e interior design è composto da 15 professionisti tra collaboratori e associati. www.spagnuloandpartners.it
senso lato, inteso cioè non solo come la capacità di restaurare l’esistente attraverso la rilettura storica dell’edificato ma di infondere agli spazi un’atmosfera coerente con la cultura cui il tempo ha dato vita. In questo caso, un’atmosfera di pace che nasce dall’intenso rapporto con la natura e che anima anche le scelte più contemporanee degli arredi, di un’eleganza semplice definita dai colori e dai materiali della terra umbra.
Varcato l’ingresso monumentale, con cui il conte intese riprodurre una porta fortificata medievale, un percorso carrabile attraverso un bosco di alberi secolari conduce al parking, ben celato alla vista, e al complesso del ‘borgo’, dominato dalla villa padronale dove, distribuite su tre piani, si trovano le prime 21
Le due piante si riferiscono alla villa padronale e all’annessa limonaia.
camere e suite (le restanti 19 sono ancora in preparazione nell’edificio della tenuta chiamato ‘colonica’). Annesse alla villa, la ‘limonaia’, trasformata nel ristorante ‘Cedri’, illuminato dalla luce naturale che filtra attraverso le ampie vetrate della veranda, e la nuova Spa, che si sviluppa sia all’interrato sia a piano terra, dove i percorsi dedicati al benessere si concludono in una piscina aperta riscaldata circondata da un uliveto.
Al restauro filologico, che oltre agli esterni ha riguardato i camini in pietra, gli affreschi parietali e le travi lignee dei soffitti in tavelle di cotto a vista, si sono aggiunte trasformazioni funzionali e decorative realizzate grazie al saper fare di artigiani locali che rendono unica la destinazione ■
Località Montepetriolo (Perugia)
Committente The Hopitality Experience
Progetto architettonico Spagnulo & Partners
General contractor Bazzurri
Lavori edili Edilumbria
Porte interne e tagliafuoco Zanini-San.co
Arredi su misura Spaccapanico
Arredi a catalogo Varaschin
Pavimenti in legno Fiemme Tremila
Pavimenti in cotto Fornace Sugaroni, Cotto Etrusco
Tessuti Dedar, Giuditta Brozzetti, Rubelli
Illuminazione Panzeri
Vetri decorati Omnidecor
Bagni Kerakoll (resine), Simas (sanitari), Zucchetti (rubinetteria), Vismaravetro (box doccia)
Climatizzazione Mitusbishi Electric
Foto Diego De Pol, Dario Garofalo
Al restauro filologico si è affiancato un attento lavoro di adeguamento funzionale degli ambienti. Nelle foto due ambienti delle Suite.
ZANINI-SAN.CO
Tutte le porte in legno fornite e installate da Zanini, ripropongono lo stesso motivo: sia quelle interne che quelle tagliafuoco o acustiche sono customizzate seguendo il disegno dei progettisti. Le tinte dei laccati dal bianco al tortora, restituiscono un design aggiornato e allo stesso tempo connesso con la storicità del luogo. Per gli ingressi camera è stato impiegato il modello Isofire LZ30.41 (EI’30 Rw=41dB). Per le zone comuni il modello Isofire L120.41 (REI’120 Rw=41dB) ad anta doppia e singola, con maniglioni antipanico ed elettromagneti. All’interno del progetto le porte di Zanini-San.co rappresentano un filo conduttore che accompagna l’ospite, e attribuisce valore estetico anche ai passaggi di servizio. www.zaniniitalia.com
Dagli schizzi preliminari emerge il principio di connessione con il paesaggio esterno e di protezione delle murature in terra cruda esistenti grazie ad una nuova struttura di copertura. Sotto, la facciata principale superstite. Nel render a sinistra, l’integrazione delle murature esistenti con nuove leggere strutture in legno derivate dalla tradizione costruttiva locale.
IL RECUPERO DEL FUJIAN
TULOU È UN PROGETTO DI CE-A STUDIO NELL’AMBITO DI UN PROGRAMMA COORDINATO
DALL’ARCHITETTO CINESE XU TIANTIAN, SWISS
ARCHITECTURAL AWARD 2022
A sinistra, la corte interna riprende i tratti della vegetazione cresciuta spontaneamente in seguito all’abbandono del palazzo.
I Fujian Tulou sono edifici fortificati di grande interesse architettonico diffusi in tutta la regione del Fujian in Cina. Nel 2008, dopo essere stati nominati patrimonio dell’umanità Unesco, i Tulou sono diventati sempre più noti in tutto il mondo e meta di un crescente turismo. Nell’ottica di potenziamento di questo incredibile patrimonio, Carlo Ezechieli, CE-A studio, è stato invitato dell’architetto Xu Tiantian, vincitrice nel 2022 dello Swiss Architectural Award e coordinatrice in patria di un esteso programma di recupero, a sviluppare il progetto di recupero e riuso di Lingyun Tulou: un edificio risalente alla tarda dinastia Ming, nel villaggio di Tingan, Fujian, nel sud-est della Cina.
Il progetto, che comprende l’intervento di riqualificazione di un’estesa porzione del mera-
viglioso paesaggio circostante, trova la sua idea fondativa nella necessità di preservare, tramite un attento disegno delle coperture, l’integrità dei superstiti muri in terra cruda.
Le tecniche di costruzione prendono ispirazione dalla tradizione, con soluzioni low-tech, tanto da poter essere realizzate anche dai contadini del luogo. La struttura recuperata si propone sia come luogo di incontro per la comunità, sia come punto di riferimento per i visitatori del ricco patrimonio architettonico e culturale della regione. Riconnesso al paesaggio dal quale ha avuto origine, il Tulou ospita un punto di rivendita e commercializzazione di prodotti agricoli del luogo. Attualmente in fase di gara, l’inizio della realizzazione è previsto per la primavera del 2025 ■
CE-A studio
Dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano Carlo Ezechieli vince una borsa di studio presso la Scuola di Architettura e Pianificazione del Mit, Cambridge, Massachusetts e frequenta i corsi della vicina Harvard Graduate School of Architecture che lo avvicinano definitivamente al tema dell’architettura del paesaggio. Con il suo studio ha vinto il concorso internazionale per il nuovo West Sports Park a Chengdu ed è stato premiato nel 2021 come finalista all’European Architectural Heritage Initiative. www.carloezechieli.it
Località Tingan Village, Hua’an Committente Hua’an Province, Fujian, China
Progetto architettonico Carlo Ezechieli CE-A studio
Collaboratori Matteo Colantoni (capoprogetto)
Irene Principi
Rendering Matteo Colantoni
Coordinamento del programma Xu Tiantian
Superficie 500 mq di spazi edificati e 15.000 mq di paesaggio
Cronologia 2023 - in corso
PROSPETTO EST
PROSPETTO SUD (facciata principale)
PROSPETTO NORD
Sopra, una vista del fronte Est con l’ingresso principale. A sinistra, la corte interna vista dal piano superiore. Nella pagina di sinistra, lo spazio per la vendita dei prodotti agricoli. Le tecniche di costruzione traggono ispirazione dalla tradizione, con soluzioni low-tech che potranno essere realizzate anche dai contadini del luogo.
Secondo un recente rapporto Unioncamere, la vita media delle imprese italiane è di 12 anni. Non è il caso delle sette aziende scelte da Angela Zolli, rappresentative della continuità storica e culturale di quell’area di pochi chilometri quadrati in provincia di Udine dove centocinquant’anni fa si radicò la produzione di sedie, sorta sulle caratteristiche del territorio – la disponibilità di legname e di canna e paglia di palude, l’acqua come forza motrice – con un modello di famigliaimpresa caratterizzato da una rigida divisione del lavoro (la tornitura del legno agli uomini, i sedili impagliati alle donne). Nate tra il 1890 e il 1926, affrontando un secolo di sfide economiche e commerciali, Billiani, Calligaris, Costantini Pietro, Fornasarig Tiemmeset, Livoni Edoardo & Figli, Piaval e Tonon sono imprese tuttora attive, controllate e spesso gestite dalle quarte o quinte generazioni. La meticolosa ricerca, di carattere culturale prima ancora che economico, ne ripercorre in quattro capitoli lo sviluppo e la messa a sistema, con la nascita della prima scuola professionale, del Catas, il centro prove e le certificazioni del legno-arredo, le prime fiere, il Salone del Mobile. Decisive per il successo di un distretto diventato “un insieme di filiere distinte che si intrecciano in presenza di segmenti comuni” (pag. 120) la collaborazione con architetti e designer, introducendo quella componente ideale che, scrive nella postfazione Luisa Bocchietto, “apporta una visione critica, a volte radicale, nei confronti della produzione e introduce un dibattito in costante evoluzione”. La sezione finale del volume presenta una rassegna dell’attuale produzione delle sette imprese oggetto della ricerca.
Iconico è aggettivo ampiamente abusato ma appropriato nel caso del Bosco Verticale di Milano, che in dieci anni è diventato uno dei simboli della città, protagonista di film, serie televisive, pubblicità e canzoni. Bosco Verticale. Morphology of a Vertical Forest, edito da Rizzoli e curato dallo studio Stefano Boeri Architetti, ripercorre la storia del progetto in un percorso che evoca la crescita di un albero a partire dalle radici – l’intuizione iniziale di Stefano Boeri insieme a Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra – passando per il tronco, con le sfide affrontate in termini strutturali, tecnologici e ambientali, per arrivare ai rami, che ne tratteggiano la vita: da un lato la considerazione che il progetto ha ricevuto nel contesto dell’architettura internazionale e dall’altro il percorso autonomo come simbolo pop e come catalizzatore di biodiversità. Il volume include un autentico erbario che descrive le principali specie vegetali (geranio, campanula, pervinca, melo ornamentale) che popolano il Bosco Verticale, le loro caratteristiche e la collocazione sulle diverse facciate dei due edifici. Il ‘Bosco’ è un manifesto politico – scrive Stefano Boeri – “semplice e popolare: la natura viva deve tornare
ad abitare gli spazi concepiti per l’uomo. Le ragioni sono innumerevoli: ambientali, sanitarie, estetiche. Ma ciò che conta davvero è che le parole di questo manifesto politico sono fatte di terra, cemento, acciaio, vetro e da 21.000 piante, 360 esseri umani, 20 specie di uccelli e innumerevoli insetti” Con una riflessione di James Wine e brevi riferimenti alle ispirazioni naturalistiche e culturali, apre il volume un inedito portfolio fotografico di Iwan Baan.
Bosco Verticale. Morphology of a Vertical Forest Aa. Vv. Rizzoli, Milano, 2024 240 pp, En, Ill. 75 euro - ISBN 978-88-9184-307-4
tecnologiche alla sorpresa, nel 2002, di fronte alla scala e alle dimensioni della nuova realtà cinese – la società guidata da Antonella Mantica, Marco Ferrario e Massimo Roj affronta con un metodo di progettazione integrata l’urgenza dei temi cruciali dei nostri tempi: sempre un passo avanti. Oltre ai testi di Mario Calabresi, Disegnare il cambiamento comprende contributi del saggista Luca De Biase e dello scrittore Paolo Di Paolo.
La fabbrica di sedie
Angela Zolli
Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2024 168 pp, Ita/En, 30 euro - ISBN 978-88-3665-746-9
Non fermatevi all’aspetto grafico, molto marketing oriented, come vuole lo spirito imprenditoriale, più che autoriale, che fin dall’inizio i suoi fondatori hanno impresso a Progetto Cmr, non a caso oggi al primo posto nella classifica Guamari ‘The Top 200 Architecture and design firms’ con un fatturato 2023 di oltre 44 milioni euro. Leggendo la monografia abbiamo fatto una scoperta: Massimo Roj è anche uno scrittore. Il racconto che scorre lungo i tre decenni che strutturano il volume – ciascuno inquadrato da un editoriale di Mario Calabresi, già direttore di Repubblica e attualmente Ceo e direttore di Chora e Will Media – non parla solo di architettura o degli ultimi tumultuosi trent’anni e non è un’autobiografia celebrativa: è un racconto fluido, diretto, divertente e istruttivo, privo di quelle pompose affermazioni con la quali gli architetti tendono a giustificare il proprio lavoro. C’è molto da imparare per chi voglia, senza arroganza, farsi strada in un mercato del progetto quanto mai affollato e insieme così bisognoso di quello spirito intraprendente, innovativo e curioso con il quale – dalle prime commesse per reimmaginare gli uffici di società
Disegnare il cambiamento. 1994 - 2024. Un viaggio tra società, tecnologia e architettura Massimo Roj Editoriale Giorgio Mondadori, Milano, 2024 208 pp, 28 uro - ISBN 978-88-374-2428-2
L’evoluzione del workplace unisce design e qualità. Spazi flessibili, tecnologia integrata e arredi ergonomici favoriscono produttività e comfort. Luce naturale, aree verdi e zone relax migliorano il benessere mentale, trasformando l’ufficio in un ambiente stimolante, dinamico e accogliente a cura di Elena Riolo
CATIFACARTA Catifa 53, progettata nel 2001 da Lievore Altherr Molina e primo prodotto di Arper a ottenere una certificazione ambientale, è stata ora rinnovata usando PaperShell, materiale derivato dagli scarti del legno, che fornisce la resistenza e il comfort essenziali alla silhouette della seduta, con tre diverse opzioni per la base.
www.arper.com
CARUSO ACOUSTIC
Il brand, nato dall’esperienza di Lamm, realizza soluzioni fonoassorbenti studiate per migliorare il comfort acustico e luminoso degli ambienti. I pannelli e gli elementi fonoassorbenti sono proposti con diversi sistemi di fissaggio (in aderenza, a sospensione e free-standing), applicazioni (soffitto, parete, pavimento e scrivania) e misure, integrabili con illuminazione a Led e personalizzabili con stampe realizzate ad hoc. www.carusoacoustic.com
A 1750. Il sistema di tavoli da conferenza disegnato da Uwe Sommerlade si distingue per la particolare geometria del telaio che si sposa con piani di dimensioni e formati diversi e per la particolare tecnica di collegamento che consente l’unione di più tavoli in modo semplice e veloce senza usare alcun attrezzo. www.thonet.de
BAY WORK POD. La nuova soluzione pensata per il lavoro individuale concentrato e per videochiamate in spazi di lavoro ibridi e open space è disponibile in due dimensioni. Si caratterizza per gli angoli arrotondati, la varietà di rivestimenti esterni, le opzioni di sedute ergonomiche, il lucernario a soffitto. La finitura in vetro smerigliato assicura poi la massima privacy. www.hermanmiller.com
Punto di riferimento a livello internazionale per il design contemporaneo, Jorge Pensi Design Studio, fondato nel 1984 a Barcellona, è specializzato nella progettazione di arredi, lampade e allestimenti. www.pensistudio.com
L’esperienza d’uso e le persone al centro in progetti distintivi, funzionali, ergonomici
Il nostro rapporto con Pedrali è stato da subito intenso e rispettoso. In tanti anni di collaborazione abbiamo sviluppato prodotti di grande successo di cui siamo orgogliosi, come Plural e la sua recente evoluzione Soft, il tavolo ypsilon e il tavolino Diego. Tutti rispecchiano il mio approccio all’ideazione di mobili e oggetti per ufficio che si concentra sul miglioramento della qualità della vita dei lavoratori attraverso un design ergonomico, funzionale e attento
ISOLSPACE SKIN STAND. Il divisorio freestanding è una parete mobile fonoassorbente modulare, disponibile nelle tonalità della palette standard o in colori custom, sia nella collezione Oblique (in foto) che Smooth. La versione Smooth può essere stampata con immagini o serigrafata con loghi o scritte diventando elemento di comunicazione oltre che complemento d’arredo. Le soluzioni Isolspace Skin sono realizzate in Fibtec, una speciale fibra di poliestere ottenuta da Pet riciclato.
www.isolspaceskin.it
all’estetica. Le persone sono centrali nel nostro processo di progettazione: creiamo e testiamo i prototipi per comprendere se rispondono alle esigenze e per migliorarne le prestazioni. Per esempio, abbiamo sviluppato arredi che agevolano il lavoro di squadra e incoraggiano la comunicazione, altri che favoriscono la concentrazione o che massimizzano l’utilizzo dello spazio.
Jorge Pensi
PEDRALI
PLURAL SOFT e DIEGO. La seduta multipla Plural Soft, disegnata da Jorge Pensi Design Studio e presentata nel 2014, è stata recentemente rinnovata: imbottita, diventa ancora più confortevole e accogliente mantenendo un design minimalista e leggero. Nell’immagine sopra, Diego. Il tavolino in alluminio regolabile in altezza risponde alle esigenze di flessibilità e adattabilità assicurando comfort nei momenti di lavoro e relax. www.pedrali.com
DAUPHIN
SEQUEL. Grazie alla dotazione ergonomica completa di tipo A e al meccanismo Syncro-Evolution ogni posizione della seduta disegnata da Rüdiger Schaack è ottimizzata per il massimo supporto. La struttura a nido d’ape conferisce stabilità e durevolezza senza spreco di materiali. La particolare attenzione all’essenziale è testimoniata dal design ottimizzato in termini di peso e risparmio di risorse.
www.dauphin-group.com
iGUZZINI
LIGHT SHED LINEN. Il sistema luminoso modulare e flessibile si rinnova con un materiale di origine biologica, morbido e atipico: l’Nfpp, composto da fibre di lino, polimeri e un trattamento che ne aumenta la resistenza e la facilità di manutenzione. Un materiale leggero, con alte performance meccaniche. Light Shed Linen fa parte di una collezione già ampia, ideata per essere un vero e proprio strumento architettonico. www.iguzzini.com
BRIDGE. Il fondatore del marchio olandese Tonone, Anton de Groof e il suo team di progettazione hanno ideato una lampada lineare in plexiglass riciclato in colori neon. Ispirata alla forma di un ponte, consente un gioco grafico di rette con cui sperimentare diverse composizioni. Proprio come un vero ponte, ha diversi supporti, in modo che la capacità portante sia distribuita uniformemente lungo la sua lunghezza.
www.tonone.com
LAVIGO. Ora disponibile in una grande varietà di colori, la lampada da terra dell’azienda tedesca è stata completamente rinnovata con una superficie di emissione della luce più ampia e con un design più sottile. La principale novità è che la sua illuminazione può essere adattata all’età dell’utente in quanto la necessità di luce cambia durante gli anni e le condizioni visive. www.waldmann.com
ACOUSTIC ROOM. Il box in box è composto da cinque moduli di diverse dimensioni che definiscono isole di concentrazione e privacy all’interno di spazi ad alta frequentazione. Il modulo è costituito da pannelli fonoassorbenti 4akustik e viene fornito con diversi livelli di personalizzazione. Le pareti esterne possono essere in tessuto, pannello melamminico o lavagna scrivibile. www.fantoni.it
Con un portfolio di oltre 4mila progetti, la società di progettazione integrata Progetto CMR ha dimostrato nei suoi 30 anni di attività la capacità di spaziare dai masterplan agli uffici, dagli ospedali agli impianti sportivi, fino all’industrial design. Nel ritratto, Massimo Roj, socio fondatore e amministratore delegato della società. www.progettocmr.com
Nuove visioni dell’office design rese reali dalla progettazione integrata
Sin da quando 30 anni fa Progetto Cmr ha portato per la prima volta in Italia la progettazione integrata come sinergia tra le discipline di architettura, ingegneria e design, abbiamo applicato nei nostri progetti i dettami dell’office space planning, insegnatomi dal mio maestro Luigi Giffone. Questo ci ha permesso di evidenziare quanto la razionalizzazione spaziale e, di conseguenza, economica dei luoghi di lavoro sia stata la chiave di volta di un mercato in evoluzione, e che ancora oggi dimostra tutta la sua attualità. Poter da subito progettare spazi di lavoro che siano già stati ‘processati’ non solo dal punto di vista architettonico, ma anche da
quello ingegneristico permette una realizzazione chirurgica di quanto immaginato su carta, con un risparmio di tempi e di costi. Per continuare a immaginare luoghi di lavoro che siano al passo con le esigenze delle persone è necessario essere costantemente in ascolto delle esigenze, così da poter elaborare nuovi paradigmi del progettare, come quello da noi codificato nel passaggio da working spaces a living places In questo Horizon è un esempio emblematico: una reinterpretazione inedita dell’oggetto scrivania sviluppata per soddisfare la richiesta di un mercato sempre più esigente in termini di design.
Massimo Roj
ZODY LX. L’innovativa seduta ergonomica e sostenibile di Haworth offre l’opzione del supporto dual posture, si adatta perfettamente a differenti corporature ed è ideale per lavorare con tavoli sit-to-stand. Grazie al supporto lombare e pelvico asimmetrico brevettato (Pal) garantisce un alto livello di comfort, per un ambiente di lavoro sano ed efficiente. www.haworth.com
OFFICINE TAMBORRINO
NUVOLA. La collezione di tavolo, consolle e tavolino progettata da MCA Design, studio Mario Cucinella Architects si arricchisce con alcune cromie scelte all’interno della palette Kerakoll Color Collection. I 4 nuovi colori – Petrol Blue, Natural Green, Olive Green e Desert Peach – valorizzano la collezione ispirata alle nuvole che unisce la solidità dell’acciaio alla leggerezza delle forme. www.officinetamborrino.com color.kerakoll.com
HORIZON. Disegnato da Massimo Roj, il sistema operativo si distingue per il suo design che rompe gli schemi delle scrivanie tradizionali. Il sostegno laterale in vetro crea un’illusione ottica: l’arredo sembra una entità fluttuante e sospesa; le gambe tradizionali sono eliminate, sostituite da lastre di vetro trasparente, contribuendo a questa sensazione di leggerezza e modernità. www.estel.com
USM HALLER. In produzione da oltre 45 anni, il tavolo è proposto in numerose dimensioni, fino a 3 metri di lunghezza, e in 37 diverse combinazioni di finiture e colori per completare la struttura in tubolare di acciaio cromato. È la medesima del sistema di scaffalatura, di archiviazione e vani a vista che nel 2025 festeggerà i suoi primi 60 anni.
www.usm.com
KONA. Nata in collaborazione con la direzione artistica di OIL Design Lab e vincitrice del German Design Award 2025, la lampada è stata progettata con l’obiettivo di creare un oggetto leggero, capace di celare le sue dimensioni importanti attraverso un design essenziale e discreto. Elemento distintivo è la bandella di tessuto, che svolge una doppia funzione: passacavo e sistema portante.
www.emporium.it
JAB ANSTOETZ
KALIKA. I nodi e le spaccature del pavimento conferiscono calore all’atmosfera post-industriale degli interni di una vecchia fabbrica di Torino riconvertita nello studio di progettazione Bellissimo Blue Loft. Grazie alle finiture naturali ad alta resistenza, i parquet Woodco possono essere installati anche in situazioni a traffico elevato e soggette a sollecitazioni intense come i luoghi di lavoro. www.woodco.it
SHAPES. La nuova collezione disegnata da Werner Aisslinger offre una soluzione versatile per ottimizzare acusticamente soffitti e pareti attraverso forme tridimensionali che creano effetti di luci e ombre. Si distingue per l’uso di telai in alluminio a bassa emissione e per un’ampia varietà di opzioni di tessuto. Ogni pannello può essere installato singolarmente o utilizzato per creare rivestimenti completi. www.jab.de
VELOUR. La collezione disegnata da Antonio Rodriguez diventa ancora più efficace e d’impatto nell’ambito contract, ufficio e residenziale, grazie ad alcuni nuovi elementi liberamente combinabili nello spazio, anche in configurazione vis-à-vis: sedie, poltroncine, poltrone lounge, pouf e sgabelli che si accostano a divani e dormeuse dall’aspetto essenziale
www.lacividina.com
DECO NUVOLATO. La superficie decorativa a base cementizia si caratterizza per i leggeri giochi di colore che creano pavimentazioni continue dal look sfumato. Le componenti in cemento, quarzo e pigmenti resistenti alla luce e ai raggi UV permettono di realizzare superfici resistenti all’usura, agli urti e al traffico, e – grazie all’aggiunta di appositi sigillanti e protettivi – idrorepellenti, antimacchia, antiolio e antipolvere. www.isoplam.it
AMIS. Il trio Busetti Garuti Redaelli ha disegnato questo versatile social table, ora disponibile nell’ampia versione ovale con 8 postazioni di lavoro. Sono stati rinnovati anche i colori e le finiture del top in legno. Il piano è pronto a ospitare nella fessura che lo attraversa longitudinalmente diversi accessori quali pannelli divisori rivestiti in tessuto, sughero o gomma ecologica, prese o elementi di illuminazione. www.manerbaspa.com
NODE SYSTEM. I giunti di connessione del nuovo sistema lineare indoor a parete, soffitto o a sospensione progettato dal dipartimento R&D dell’azienda consentono una grande flessibilità di installazione così come i molteplici moduli luminosi e accessori di connessione disponibili: barre lineari o con microcelle darklight, proiettori, sospensioni, elementi flessibili a luce diffusa.
www.linealight.com
MEETINGFRAME 44. La sedia girevole autoallineante con braccioli e base a 4 razze con scivoli disegnata da Alberto Meda ha la struttura composta da profilo di alluminio estruso. La seduta e lo schienale sono in rete ignifuga di poliestere spalmata con Pvc, in ecopelle Serge Ferrari, in tessuto Camira, Reviva, Kvadrat o in pelle Pelle Frau www.alias.design/it
NOVA. Vincitrice del Dezeen Awards 2024 nella categoria Workplace Design, la lampada offre un’illuminazione ideale per qualsiasi ambiente: vivida e duratura, uniforme e omogenea che non affatica gli occhi. Nova offre un’opzione di base di ricarica, che riduce il suo ingombro sulla scrivania e fornisce una soluzione comoda e integrata per alimentare i dispositivi. È posizionabile all’altezza, alla profondità e all’angolazione esattamente necessarie. www.humanscale.com
PAPER SOFTWALL. Realizzato con strati di carta strutturati con geometria a nido d’ape, il divisorio autoportante facilmente spostabile può essere modellato per scenari curvi o lineari. Il progetto di Stephanie Forsythe e di Todd MacAllen si espande fino a raggiungere la lunghezza di 4,5 metri; quando viene compresso si restringe fino allo spessore di un libro. Un pannello magnetico può collegare più pareti tra loro. www.molodesign.com
ATOLLO. La collezione per ufficio disegnata da Francesco Favaretto è composta da una seduta imbottita che offre un luogo di riposo quando si ha bisogno di staccare la spina e da scrivanie circolari e rettangolari, accessoriabili con ruote. La seduta, proposta in diverse versioni, è disponibile con o senza spazio di archiviazione integrato o come stand-alone con moduli aggiuntivi per tavolini laterali. www.lightspace.cc
Il lavoro del progettista tedesco Volker Eysing si concentra sulla leggibilità dei prodotti: chiari nella costruzione e semplici da capire. Da sempre è specializzato nel concept di flessibili soluzioni da ufficio e di sedute ergonomiche e funzionali. www.eysing.de
Nei nuovi paradigmi del workplace anche il movimento promuove il benessere
Il mondo del lavoro d’ufficio sta subendo grandi cambiamenti. Tuttavia un aspetto rimane vero: le persone devono sedersi e allo stesso tempo non sono realmente fatte per stare sedute per lunghi periodi di tempo. Da una prospettiva evolutiva, siamo infatti ancora cacciatori-raccoglitori. Ora il nuovo mondo del lavoro offre un vantaggio: non costringe più le persone a passare ore sulla stessa sedia ma stimola a cambiare spesso posizione e ambiente. Ciò garantisce più movimento durante la normale giornata lavorativa. Stare seduti, del resto, consente al resto del corpo di rilassarsi e
MENTHA. La serie di sedute disegnata da Archirivolto trova il suo completamento ora con la versione imbottita per interni in molteplici declinazioni: quattro gambe, a slitta, con gambe in legno, versione trespolo, con o senza braccioli, ruote e imbottitura. Sei le varianti di colore. Nell’immagine, Mentha è accostata al tavolo Squid e ai portavasi Mimosa di Ionna Vautrin. www.s-cab.it
al cervello di concentrarsi sul lavoro mentale. Questo è uno dei motivi per cui esistono così tanti e diversi concetti di seduta sul mercato. Credo che ora ci sia un grande potenziale nel considerare come il movimento e il design possano essere combinati in modo ergonomico ed economico. Potrebbe trattarsi di una nuova generazione di sedie, come la se:mission, che consente più movimento durante il giorno grazie alla sua scocca flessibile, o semplicemente paesaggi e ambienti di lavoro ripensati in questa ottica.
Volker Eysing
SEDUS
SE:MISSION. La seduta ergonomica dal funzionamento intuitivo progettata da Volker Eysing si caratterizza per la possibilità di essere utilizzata in modo trasversale: per conferenze e riunioni, ma anche come sedia direzionale o come semplice piccola seduta operativa per lo smart working e il tavolo da pranzo. Il massimo comfort è garantito dal concetto di movimento DuoMotion. Numerose le opzioni di personalizzazione per adattarsi a ogni ambiente. www.sedus.com
CLIP. Il sistema brevettato di schermi divisori disegnato da SI Design organizza gli spazi in configurazioni personalizzate contraddistinte da elevate performance acustiche. Il sistema è dotato di particolari clip autobloccanti che permettono il fissaggio a incastro dei pannelli fonoassorbenti Snowsound senza dover ricorrere a viti o attrezzi. www.caimi.com
FOLLOW MONOCHROMATIC
La vasta collezione di tavoli con sistema meccanico di regolazione dell’altezza brevettato è una soluzione innovativa che permette di trovare in modo facile, veloce e silenzioso la giusta posizione. Recentemente ampliata con la versione monocromatica, interamente verniciata in tinta per i modelli Desk, Bench, Tilting, Break, Meeting e Meeting Large.
www.marasrl.it
KURTAIN. Disponibile in tre dimensioni e in una palette di 77 colori, la lampada a sospensione in lana ecologica e biodegradabile del brand americano da quest’anno parte del Gruppo Panzeri, ha gli obiettivi di assorbire il suono e di illuminare gli ambienti. Dotata di luce Led dimmerabile ad alte prestazioni, la lampada è ideale per spazi di lavoro condivisi e open space, promuovendo sia la concentrazione sia il comfort visivo.
www.luxxbox.com
ARPEGGIO. Divano modulare progettato da Principioattivo Group. Arpeggio fa della versatilità il suo tratto distintivo. Grazie al telaio tubolare in acciaio e al suo sistema di unione si possono generare molteplici configurazioni. A seconda delle necessità è possibile integrare schienali e braccioli, personalizzare il divano con diversi accessori come pouf e tavolini, dando vita così a soluzioni sempre originali, adatte ad ogni tipologia di spazio. www.diemmeoffice.com
DESIGN SOLUTIONS. Con la nuova linea di pannelli decorativi in lana di legno, opportunamente tagliati e lavorati, si possono creare forme geometriche e composizioni originali acusticamente eccellenti. Nell’immagine, gli uffici di Re/Max a Perugia progettati da Chiara Marchionni con Baffles, pannelli in sospensione perpendicolari rispetto al soffitto.
www.celenit.com
SYNUA. La nuova sedia presidenziale, progettata da Giovanni Ingignoli con schienale alto e medio, è dotata di una base girevole a cinque razze con ruote e braccioli in alluminio. La monoscocca ospita un meccanismo sincronizzato avanzato che consente allo schienale e alla seduta di muoversi secondo i movimenti del corpo. www.sm-milani.com
ARTCORE. La linea modulare di moquette con filato 100% Econyl è stata disegnata da Joris Peutz per dare forma e trasformare gli spazi offrendo illimitate possibilità creative. Ispirandosi alle transizioni naturali e al concetto di design biofilico, presenta quattro collezioni con cui giocare per creare un pavimento completamente personalizzato. www.liuni.com
POINTS. Progettato dallo studio inglese Pearson Lloyd, il sistema flessibile Points è modulare e free-standing e può essere facilmente smontato e riutilizzato. È di semplice installazione negli immobili esistenti e vincolati dato che non deve essere ancorato al pavimento. Molto ampia la varietà di accessori, componenti, materiali, texture e colori. www.bene.com
ECOPHON
ECOPHON FOCUS LP. Il sistema di fonoassorbimento in classe A, ideale per ambienti open space e sale riunioni, grazie alla varietà di formati, bordi, colori disponibili, offre infinite possibilità di personalizzazione e permette di creare ambienti di qualità su misura e funzionali. www.ecophon.com
Gerhard Richter
Moving Picture (946-3) Kyoto Version, 2019–24 fermo immagine proiezione digitale
©Gerhard Richter 2024.
Fino all’1 febbraio Gagosian Rome presenta
Moving Picture (946-3) Kyoto Version (201924), un’installazione immersiva di Gerhard Richter che occupa l’intero spazio della sede romana. Si tratta della prima esposizione di questa versione in galleria e della prima mostra dell’artista in Italia dal 1983. L’opera rappresenta l’apoteosi del progetto Strip, a cui Richter ha iniziato a lavorare nel 2010, dopo aver scoperto strumenti digitali per analizzare e frammentare i suoi dipinti. La serie nasce dalla divisione digitale delle immagini fotografiche in piccole sezioni, successivamente ampliate o specchiate, dando origine a una nuova serie di dipinti e opere in vari formati, tra cui la scultura monumentale Strip-Tower (2023), esposta alla Serpentine di Londra.
Moving Picture è un film, realizzato in collaborazione con Corinna Belz, proiettato su una
superficie di 22 metri, accompagnato da una partitura per tromba di Rebecca Saunders, eseguita da Marco Blaauw. Sei amplificatori circondano lo spettatore, creando un impatto fisico della musica. Questa fusione di immagine e suono è stata precedentemente esplorata da Richter in opere come quelle presentate al Manchester International Festival (2015) e al The Shed di New York (2019).
Nella sua carriera, Richter ha continuamente innovato la pittura esplorando fotografia, casualità e processi sistematici, temi che trovano massima espressione in Moving Picture ■
Fino al 1° febbraio 2025 Gagosian Rome Via Francesco Crispi 16. Roma