ioArch20
























NUOVA COLLEZIONE PIETRA EDITION
LE PIETRE ICONICHE DEL MEDITERRANEO DECODIFICATE DA DEKTON


























Meaningful Design to Inspire People’s Lives





























































NUOVA COLLEZIONE PIETRA EDITION
LE PIETRE ICONICHE DEL MEDITERRANEO DECODIFICATE DA DEKTON
DESIGNCAFÈ
12 Premio Pritzker 2025 | LIU JIAKUN
14 Leggere architetture #3 | MATTEO PERICOLI
16 Art Déco. Il trionfo della modernità | PALAZZO REALE
20 Questa è pittura | EMILIO VEDOVA A FORTE DI BARD
22 La chiave dei sogni | FONDAZIONE BEYELER
24 Io sono Leonor Fini | PALAZZO REALE
28 Fare, disfare, rifare | DANIEL BUREN A PISTOIA
30 Dall’origine al destino | FONDAZIONE GOLINELLI
34 Yukinori Janagi, Icarus | HANGAR-BICOCCA
36 Painting Modern Brazil | TARSILA DO AMARAL A BILBAO
38 Serpentine Pavilion 2025 | MARINA TABASSUM A LONDRA
40 Vittoriano Viganò | LE STORIE DI LPP
194 Northern Lights | FONDAZIONE BEYELER, RIEHEN
90 | 180 Libri
REPORT
di Aldo Norsa
42 Architettura e Pnrr | ARCHEST, ATI PROJECT, ARCHILINEA, CE-A SETTANTA7, PIUARCH
FOCUS
54 Dekton, continuità cromatica | COSENTINO
56 Isotec Parete, la valorizzazione del costruito | BRIANZA PLASTICA
WORK IN PROGRESS
58 Bolzano | BUSSELLI SCHERER, TRILITICA
60 Torino | LAND, PARCO DEL VALENTINO
62 Nogara | TAM ASSOCIATI, LA CHIESA DI NOGARA
64 Bologna | TECHBAU E TECO+PARTNERS, LO STUDENTATO AZZURRO
66 Firenze | GUICCIARDINI & MAGNI, MUSEO DELL’OPERA DEL DUOMO
68 Roma | ADAT, PROGETTO NEL QUARTIERE FLEMING
70 Reggio Calabria | ZHA, NUOVO CENTRO CULTURA MEDITERRANEA
72 Catania | BODÀR E MDU, LUNGOMARE DI OGNINA
74 Ucraina | SCANDURRA, NEW PER LA RICOSTRUZIONE DELLE SCUOLE
76 Scutari. Albania | SELGASCANO ESTUDIO, TORRE ROZAFA
78 Sindalah. Arabia Saudita | LUCA DINI, MASTERPLAN DELL’ISOLA
LPP ARCHITETTI ITALIANI
I profili di Luigi Prestinenza Puglisi
80 Alfredo Vanotti
NETWORK SOCIETY
di Carlo Ezechieli
91 Costruire nodi
92 Jan van Dijk. Reti digitali e nodi materiali
94 Sergio Musmeci. Precorrere i tempi
98 Som. L’esperienza del viaggio
102 Dominique Perrault. La stazione della metropolitana di Villejuif-Gustave Roussy
104 MILANO
Rigenerazione urbana e prezzi delle abitazioni | GIACOMO DE AMICIS
106 COPENHAGEN
Sfida alle convenzioni | BIG
114 HO CHI MINH CITY
Aria e luce per una residenza in Vietnam | TROPICAL SPACE
120 MILANO
Trasparenza sospesa | PAOLO BALZANELLI / ARKISPAZIO
124 MONTICELLI TERME
Casa a Patio | CONTINI ARCHITETTURA
128 LAGO DI COMO
Acqua e luce riflessa | GREGORIO PECORELLI
134 COSTIERA AMALFITANA
Una lounge a cielo aperto | BE.ON DVYSION
Direttore editoriale
Antonio Morlacchi
Direttore responsabile
Sonia Politi
Comitato di redazione
Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli
Antonio Morlacchi, Sonia Politi
In copertina
Estrada de ferro central do Brasil, 1924. Museu de Arte Moderna de São Paulo. ©Tarsila do Amaral. Foto Romulo Fialdini.
Advisor
Giulia Floriani
Contributi
Luisa Castiglioni, Carlo Ezechieli
Alessia Forte, Roberto Malfatti
Aldo Norsa, Matteo Pericoli
Mario Pisani, Luigi Prestinenza Puglisi
Irene Principi, Elena Riolo, Massimo Roj
Grafica e impaginazione
Alice Ceccherini
136 Un prato sollevato dal suolo | CARLO RATTI
140 La formazione che guarda al futuro | URBAN-GAP
146 Un’architettura per la cura e la ricerca medica | ARCHILAB
150 Un Campus sostenibile | GIUSEPPE TORTATO
154 Il teatro di Crotone | POLITECNICA
GLASS ARCHITECTURE
158 Il vetro come una pelle trasparente | MASSIMO ROJ
ELEMENTS
a cura di Elena Riolo
181 Outdoor
Marketing e Pubblicità Elena Riolo elenariolo@ioarch.it
Editore Font Srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it
Fotolito e stampa Errestampa
Prezzo di copertina euro 9,00 arretrati euro 18,00
Abbonamenti (6 numeri) Italia euro 54,00 - Europa 98,00 Resto del mondo euro 164,00 abbonamenti@ioarch.it
Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca IBAN IT 68H02 008 01642 00000 4685386
Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004
Periodico iscritto al ROC Registro Operatori della Comunicazione n. 34540
Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano ISSN 2531-9779
Sistema Pareti 30 - 60 - 90. Acustica. Flessibilità. Modularità. Estetica.
Secondo Liu Jiaukun (Chengdu, 1956), vincitore del Pritzker Architecture Prize 2025, «l’architettura dovrebbe astrarre, distillare e rendere visibili le qualità delle persone che abitano un luogo. L’architettura ha il potere di modellare il comportamento umano e di creare atmosfere capaci di offrire un senso di serenità e poesia, di evocare compassione e gratitudine e di coltivare un senso di condivisione comune».
In trent’anni di attività, con il suo studio ha sviluppato più di trenta lavori in tutta la Cina: istituzioni accademiche e culturali, spazi civici, edifici commerciali e masterplan urbani come West Village (Chengdu, 2015), un progetto che si estende su più livelli per un intero isolato, creando spazi pubblici adatti a plurime esigenze in un’area densamente costruita, dove lo spazio manca, e promuovendo, anche con un perimetro di percorsi ciclopedonali, un vivace insieme di attività culturali, sportive, ricreative, lavorative e commerciali.
Tra gli altri lavori segnaliamo il Dipartimento di Scultura dell’Istituto di Belle Arti di Sichuan (2004), che con livelli superiori sporgenti estende la superficie di un’area ristretta;
la sede Novartis a Shanghai (2014) che reinterpreta con un linguaggio contemporaneo gli edifici di antiche dinastie cinesi; il museo d’arte delle sculture di pietra Luyeyuan di Chengdu (2002), che ospita sculture e reliquie buddiste e ricalca il modello del giardino tradizionale cinese, bilanciando acqua e pietre antiche per riflettere il paesaggio naturale. E, infine, il progetto di recupero delle distillerie Tianbao a Erlang (2021), dove si produce il tradizionale liquore Baijiu: le costruzioni che emergono e si dissolvono sui fianchi rocciosi della montagna sono uno splendido esempio della necessaria reciprocità del rapporto tra l’uomo e la natura ■
di Matteo Pericoli
Architetto, autore, disegnatore e insegnante, Matteo Pericoli vive a Torino dove nel 2010 ha fondato il Laboratorio di architettura letteraria, uno strumento in forma di workshop che utilizza il potenziale narrativo dell’architettura per esplorare la struttura delle storie. I risultati sono raccolti nel suo libro Il grande museo vivente dell’immaginazione (Il Saggiatore, 2022). www.lablitarch.com
Come è fatta l’architettura di un romanzo? Come fanno a stare in piedi le storie?
La lettura è un atto fortemente creativo, e siamo noi, con la nostra sensibilità e la nostra esperienza, a creare quelle strutture che ci permettono di esplorare e abitare liberamente le storie. Ogni struttura quindi non è che una tra le infinite possibili. Con questa rubrica Matteo Pericoli ci offre un viaggio tra una serie di storie trasformate in architetture, alcune sue, altre risultato dei suoi Laboratori di architettura letteraria. In questa puntata, una delle possibili interpretazioni architettoniche de Gli anni di Annie Ernaux, premio Nobel per la letteratura 2022.
Come può il peso di questo edificio essere tale da farlo affossare nel terreno? È possibile che poggi su fondamenta non solide? O fondamenta troppo annose per un suolo in continuo, lieve movimento? Le fessure di cui è costellato, minute e irregolari, non fanno che aumentarne il senso di imponenza. Sul suo lato minore alcune di esse fungono da vie d’accesso. Il percorso all’interno, che da fuori sembrava chiaro e deciso, è così schiacciato dal carico e dallo spessore della struttura esterna da farci perdere ogni riferimento sul suo orientamento. Ad eccezione di quei pochi istanti di abbagliante chiarezza in corrispondenza delle feritoie, l’andamento della nostra esperienza interiore si discosta sempre più dal mondo esteriore fino a farci riemergere altrove, in un piccolo parco al di sotto dell’edificio principale e alla distanza necessaria per provare a rispondere alla domanda che ci attanaglia sin dall’inizio.
A destra, Gio Ponti. Vaso in maiolica policroma Prospettica e piatto ornamentale
La passeggiata archeologica. 1925. Richard-Ginori courtesy Museo Ginori. Alberto Martini. Wally Toscanini, 1925. Pastello su carta.
Cento anni dopo l’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes che si svolse a Parigi, la mostra Art Déco. Il trionfo della Modernità, a Palazzo Reale di Milano fino al 29 giugno, celebra il culmine di un movimento che per la prima volta coinvolse l’arredamento di interni, l’architettura, la moda e, più in generale, lo stile di vita del tempo. Non c’erano riusciti il cubismo e il futurismo, rimasti ancorati al mondo dell’arte e dei media ma dei quali, addomesticati dalla cultura borghese e dall’economia capitali-
stica, rimase traccia nel fenomeno estetico dell’Art Déco, termine coniato però decenni dopo l’esposizione parigina. Allo stesso modo lo stile comprendeva, rivisitati alla luce del progresso tecnico e scientifico dell’epoca e dell’ottimismo generato dalla fine della guerra e dell’epidemia di spagnola, le espressioni decorative del passato, dal neoplasticismo di De Stijl all’Art Nouveau Il Déco fu un movimento per molti aspetti contraddittorio, tanto che insieme ai vasi Richard-Ginori presentati dal giovane diret-
tore Gio Ponti e alle opere di Paolo Venini, Galileo Chini o dell’ebanista Ettore Zaccari, l’esposizione parigina includeva anche il padiglione dell’Esprit Nouveau allestito da Le Corbusier, ovvero quanto di più lontano dalle interpretazioni stilistiche dei miti borghesi e dell’esotismo di matrice coloniale. Ma è proprio dall’antitesi funzionalista e calvinista dell’Esprit Nouveau che nascerà la sintesi destinata a saldare la cesura tra le arti applicate e l’industria: l’Art Déco, che in Europa avrà vita breve, assorbirà, fino a rive -
stirli del proprio stile, i risultati del progresso industriale dell’epoca e, soprattutto negli Stati Uniti, troverà seguito anche in architettura evolvendo, in parallelo con il progresso tecnico, nello Streamline Modern L’esposizione milanese, curata da Valerio Terraroli e prodotta da Palazzo Reale e 24 OreCultura, è realizzata in collaborazione con la Fondazione Museo Archivio Richard Ginori della Manifattura di Doccia: al tempo dell’esposizione parigina, la Richard-Ginori era diretta da Gio Ponti e numerose sono le sue maioliche tra le 250 opere in mostra, che comprendono opere d’arte (pittura, scultura) e oggetti di arte applicata: vetri, porcellane, maioliche e centro tavola, arredi, tessuti, fino ad abiti haute couture, accessori, alta oreficeria.
A sinistra. Antonio
Bucci. Rosa Rodrigo La Bella, 1923-1925. Olio su tela. Courtesy Matteo Maria Mapelli Arte Contemporanea.
Sotto. Galileo Chini
Allegoria della Primavera, 1914-1920. Piastrelle in maiolica a lustri, manifattura
Fornaci San Lorenzo Chini & C.
Alcune vetrate e mosaici ricordano il ruolo dell’Art Déco nella decorazione di hotel, aerei, dirigibili, transatlantici e stazioni ferroviarie. A proposito di queste ultime, una sezione è dedicata al Padiglione Reale della Stazione Centrale di Milano, con un’ampia selezione di fotografie, disegni e arredi conservati negli archivi di Fondazione FS Italiane ■
A sinistra. Francesco Nonni e Anselmo
Bucci, Corteo Orientale (particolare), 1927.
Maiolica a lustri, Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza.
A destra. Emilio Vedova al lavoro su Non Dove 1988 - III
Sotto. Rosso ’83 – V 1982. Colori acrilici pastello, sabbia e cemento su tela.
Fondazione Emilio e Annabianca Vedova. Venezia.
A destra. La sala intitolata Astrazione per sempre con una sequenza di opere che testimoniano il giuramento di fedeltà alla pittura astratta.
FORTE DI BARD, VALLE D’AOSTA
La potenza del gesto e del segno nella pittura di Emilio Vedova (Venezia, 1919-2006) è al centro della mostra Questa è pittura al Forte di Bard, in Valle d’Aosta, visitabile fino al prossimo 2 giugno.
Promossa dall’Associazione Forte di Bard in collaborazione con 24Ore Cultura e Fondazione Emilio e Annabianca Vedova e curata da Gabriella Belli, l’esposizione si concentra sull’aspetto pittorico dell’artista, evitando letture storiche o socio-politiche, per evidenziare la grande qualità del suo lavoro.
La sua pittura sorprende per la vivacità del colore e l’intensità della materia, espressione tra le più alte dell’Informale europeo: Emilio Vedova è stato uno degli artisti d’avanguardia più influenti del ’900. Libero, dissidente, curioso e ribelle, ha tradotto nelle opere il suo impegno civile. Un intreccio per certi aspetti indissolu-
bile che restituisce il profilo di un artista di altissimo talento e nello stesso tempo di una rara capacità di essere dentro il farsi della storia. Difficile distinguere in lui il punto di caduta tra il suo essere uomo di militanza civile e il suo essere un grande pittore.
La mostra presenta 31 grandi dipinti e 22 opere su carta, per la maggior parte prestate dalla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, con alcuni prestiti da collezioni pubbliche italiane come il Comune di Firenze, la Peggy Guggenheim Collection di Venezia e il Mart di Trento e Rovereto, oltre a collezioni private.
Il cortocircuito tra realtà e verità, tra bene e male, che Vedova esprime nel suo astrattismo, è al centro di questa mostra, una rassegna, quasi cinquant’anni dopo l’esposizione del 1975 Emilio Vedova. Grafica e didattica, che si propone di approfondire il lavoro di questo ar-
tista attraverso otto tappe che esplorano le sue questioni esistenziali.
Il rifiuto di Vedova per il realismo e le rappresentazioni concrete era una scelta esistenziale coraggiosa, nella convinzione che il suo messaggio dovesse essere universale e comprensibile per tutti, come ci spiega Alfredo Bianchini, Presidente della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova.
Il percorso espositivo, disposto nelle sale delle Cannoniere, non segue una cronologia rigida, ma esplora periodi della vita artistica di Vedova in cui, mettendo a parte l’impegno civile e la protesta contro le tragedie della storia, l’artista si concentra esclusivamente sulla pittura, lasciando tracce straordinarie di una creatività che ha segnato la pittura europea del dopoguerra ■
www.pietradolomia.com
La Fondation Beyeler ospita in prima mondiale una selezione di circa 50 opere surrealiste dalla Collezione Hersaint, fondata da Claude Hersaint, comprendente artisti come Salvador Dalí, Max Ernst, René Magritte, Joan Miró, Pablo Picasso e altri.
L’esposizione esplora temi surrealisti come sogni, inconscio e metamorfosi, in dialogo con altre opere della fondazione. Il titolo La Chiave dei Sogni si ispira a un’opera di René Magritte (foto a sinistra) e riassume il focus surrealista della collezione, con riferimenti al misterioso mondo dei sogni.
La Collezione Hersaint è stata fondata da Claude Hersaint (1904, São Paulo – 1993, CransMontana), uno dei primi e più importanti collezionisti di arte surrealista. Cresciuto in Brasile, si trasferì poi a Parigi, dove acquistò il suo primo dipinto di Max Ernst nel 1921, all’età di 17 anni. La collezione include capolavori come The Fireside Angel di Max Ernst
Max Ernst L’impressionante
The Fireside Angel (Il Trionfo del Surrealismo) del 1937, diventata a pieno titolo un’icona del Surrealismo.
(in alto) e The Lugubrious Game di Salvador Dalí. La mostra presenta anche opere di Dorothea Tanning, Toyen e Balthus, quest’ultimo in prestito permanente alla Fondation Beyeler. Claude e Françoise Hersaint mantennero stretti legami con Ernst e Hildy Beyeler e le collezioni Hersaint e Beyeler si completano a vicenda, mettendo in luce il dialogo tra le opere surrealiste di entrambe le collezioni. Oggi, la figlia Evangéline Hersaint continua l’opera di suo padre, rendendo la Collezione Hersaint accessibile al pubblico per la prima volta ■
La chiave dei Sogni
Capolavori Surrealisti della Collezione Hersaint Fondation Beyeler Riehen. Basilea. Fino al 4 Maggio 2025.
Autoritratto con il cappello rosso 1968. Archivio fotografico del Museo Revoltella Galleria d’Arte Moderna, Trieste. Leonor Fini. Parigi.
Autoritratto con gufo 1936. Collezione privata. Leonor Fini. Parigi
La mostra Io sono Leonor Fini, inaugurata il 26 febbraio a Palazzo Reale di Milano, offre una delle retrospettive più complete dell’artista italo-argentina Leonor Fini (1907-1996). A cura di Tere Arcq e Carlos Martín e promossa dal Comune di Milano, l’esposizione rimarrà aperta fino al 22 giugno 2025.
Fini è celebrata per la sua visione artistica unica e il suo stile eccentrico, lontano dalle convenzioni, che ha spaziato dalla pittura alla moda, dalla letteratura al teatro. Il titolo della mostra si ispira a una sua citazione: Io sono, un’affermazione forte della sua identità artistica.
L’esposizione raccoglie oltre 100 opere, tra cui dipinti, disegni, fotografie e costumi, divise in nove sezioni tematiche. Il percorso esplora l’eclettismo di Fini, che ha saputo unire arte, intellettualismo e libertà creativa, affrontando temi come il genere, l’identità e la famiglia. La mostra non solo celebra il suo lavoro, ma invita anche i visitatori a interagire, diventando
parte della sua visione attraverso un gioco di specchi e fotografie. Fini, che si è sempre distinta in un contesto artistico dominato dagli uomini, ha creato un linguaggio artistico originale, dove la donna è protagonista, non musa. La sua arte è un viaggio tra il reale e l’immaginario, popolato da figure femminili potenti e misteriose.
L’esposizione, a Palazzo Reale di Milano, raccoglie oltre 100 opere divise in nove sezioni tematiche.
Sopra. Ritratto di Gogo Schiaparelli 1936. Collezione privata. Leonor Fini Estate. Parigi.
Nella torre. Autoritratto con Constantin Jelenski 1952. Collezione privata. Leonor Fini Estate. Parigi.
Il suo lavoro, influenzato dalla psicoanalisi e dal surrealismo, riflette un profondo legame con la letteratura, il teatro e il cinema, e ha attraversato vari ambiti, tra cui la moda, con collaborazioni significative con stilisti come Christian Dior ed Elsa Schiaparelli. Fini ha avuto anche un ruolo importante nel mondo del cinema e del teatro, collaborando con grandi nomi come Federico Fellini e Luchino Visconti. Il suo approccio poliedrico e la sua creatività hanno lasciato un’impronta indelebile, come testimoniano le sue opere teatrali, i bozzetti per il Teatro alla Scala e i costumi per produzioni teatrali e cinematografiche. Con una sensibilità ancora attuale, Leonor Fini ha anticipato temi importanti per la società contemporanea, rendendo il suo lavoro non solo una testimonianza del suo tempo, ma un’ispirazione per le nuove generazioni. La mostra non è solo un tributo alla sua arte, ma anche un invito a riflettere sulla molteplicità dell’identità e a esplorare il suo universo visionario ■
XT-AF porte tagliafuoco Secco EI60 - progetto - Al di là il Fuoco
XT-AF porte tagliafuoco Secco EI60 - progetto - Al di là il Fuoco
Gli infissi tagliafuoco da sempre rappresentano un limite nei progetti di architettura, spesso trascurati nel loro design a causa delle loro rigorose esigenze tecniche. Secco Sistemi, con la sua consolidata esperienza design riconosciuta con ben due Compassi d’Oro, propone serramenti con resistenza al fuoco EI60, con soluzioni estetiche raffinate e uniche nel suo genere, per stabilire un nuovo standard nel settore.
Gli infissi tagliafuoco da sempre rappresentano un limite nei progetti di architettura, spesso trascurati nel loro design a causa delle loro rigorose esigenze tecniche. Secco Sistemi, con la sua consolidata esperienza nel design riconosciuta con ben due Compassi d’Oro, propone serramenti con resistenza al fuoco EI60, con soluzioni estetiche raffinate e uniche nel suo genere, per stabilire un nuovo standard nel settore.
seccosistemi.com
seccosistemi.com
Da sin. in senso orario.
Daniel Buren Galleria Continua San Gimignano. Foto Lorenzo Fiaschi.
Peinture aux formes indéfinies, giugno 1966. Collezione privata, Paris.
Il Soffitto Arlecchino
Griglia per cinque colori, lavoro in situ
Galleria Continua San Gimignano 2003.
Dall’8 marzo al 27 luglio 2025, Pistoia accoglie la mostra dedicata a Daniel Buren (1938), uno degli artisti più influenti della scena contemporanea internazionale. L’esposizione, dal titolo Daniel Buren. Fare, Disfare, Rifare. Lavori in situ e situati 1968-2025, è allestita a Palazzo Buontalenti, centro di un progetto che coinvolge anche altre sedi di Pistoia Musei e spazi pubblici della città e del territorio. Curata dallo stesso Buren con Monica Preti, direttrice di Fondazione Pistoia Musei, la mostra si concentra sull’evoluzione artistica del pittore e scultore francese, esplorando la sua
connessione con l’Italia e, in particolare, con la Toscana. Il percorso espositivo si snoda in dieci sale e nella corte interna di Palazzo Buontalenti, offrendo un’ampia selezione di opere storiche e recenti. Tra queste, i celebri lavori a strisce verticali alternate, bianche e colorate, sempre larghe 8,7 centimetri, provenienti dal tessuto industriale utilizzato dal 1965 per i suoi dipinti e ripreso dall’artista dopo il 1967 in opere realizzate in contesti urbani tra i più riconoscibili, e le iconiche Cabane del 1985 e del 2000-2019. Non mancano alto-rilievi e installazioni lumi-
nose, oltre a disegni progettuali di lavori realizzati in Toscana e creazioni inedite pensate appositamente per l’occasione.
L’idea di trasformazione continua, rappresentata dal concetto di Fare, Disfare, Rifare, si concretizza in un processo dinamico, sfidando le convenzioni e i significati legati alle sue opere, adattandole ai contesti che le accolgono. L’approccio di Buren, noto come in situ, rifiuta l’autonomia delle opere, rendendole intrinsecamente legate agli spazi, alle architetture e alle tradizioni culturali dei luoghi in cui vengono realizzate ■
La Fondazione Falcone per il nuovo Museo del Presente presso palazzo Jung a Palermo, ha scelto Mitsubishi Electric per la realizzazione dei sistemi di riscaldamento e raffrescamento dell’aria. L’obiettivo di questa realizzazione è di raccontare l’impegno dei protagonisti della lotta alle mafie mettendolo in relazione con i fatti storici del periodo in cui hanno vissuto. È stato un vero onore poter contribuire con le nostre soluzioni alla nascita e al futuro mantenimento del clima ideale a preservare il patrimonio culturale della struttura.
Mitsubishi Electric è sempre più coinvolta in prestigiosi e avveniristici progetti, grazie alla qualità delle sue soluzioni tecnologiche e ad un’ampia gamma di servizi dedicati pre e post vendita. Oggi è il partner ideale perché ha a cuore non solo il rispetto ambientale, ma anche il risparmio energetico che si traduce in una significativa riduzione dei consumi.
Mitsubishi Electric, il piacere del clima ideale.
Da sin. in senso orario.
Pablo Picasso Piatto 1949. Museo delle Ceramiche di Faenza.
Ivo Pannaggi Centauro, 1928. Archivio Fotografico Fondazione Massimo e Sonia Cirulli.
Modello di imbarcazione con marinai da Assiut Tomba di Minhotep Medio Regno, XI dinastia. 1990-1939 a.C. ©Museo Egizio Torino.
Radiotelefono Rai portatile anni ’50‘60. Museo Pelagalli Mille voci mille suoni.
BOLOGNA
UN PERCORSO ESPOSITIVO DI RICERCA FRA ARTE, SCIENZA E TECNOLOGIA INDAGA
I PASSAGGI EVOLUTIVI DELLA CIVITÀ DALLE PRIME
INVENZIONI ALL’ARRIVO
DELL’INTELLIGENZA
ARTIFICIALE. IN PROGRAMMA
AL CENTRO GOLINELLI DI BOLOGNA FINO AL 30 GIUGNO
La mostra Dall’origine al destino, in programma alla Fondazione Golinelli di Bologna fino al 30 giugno 2025, esplora l’evoluzione della cultura umana attraverso arte, scienza e tecnologia. Curata da Andrea Zanotti, Antonio Danieli, Luca Ciancabilla e Simone Gheduzzi, la mostra riflette sui momenti cruciali del progresso umano, dall’apparizione dell’uomo sulla Terra all’avvento dell’Intelligenza Artificiale, e sull’impatto della tecnologia sul nostro orientamento nel mondo.
Il vasto programma si divide in due capitoli: il primo esamina i passaggi evolutivi della ci-
viltà, dalle prime invenzioni, come la scrittura e poi la stampa, alle rivoluzioni industriali e digitali. I visitatori esploreranno lo sviluppo umano attraverso reperti storici, manufatti e opere d’arte di maestri come Giacomo Balla, Mario Sironi, e Pablo Picasso, con l’aggiunta di tecnologie moderne come la Ducati Panigale V4 S e la Dallara Stradale. Esposti oltre 150 oggetti provenienti da 50 istituzioni prestigiose, per una lettura che fonde arte e innovazione tecnologica.
Il secondo capitolo invita alla riflessione sulla condizione umana nell’epoca moderna, domi-
La vostra callbox ideale per la comunicazione, la creatività e il tempo libero.
nata da un progresso tecnologico accelerato, che sembra sfuggire al controllo dell’uomo. L’arrivo dell’Intelligenza Artificiale ha creato un senso di spaesamento, e la mostra sollecita una riflessione sul nostro destino in un mondo sempre più virtuale. Artisti contemporanei come Anselm Kiefer e Nicola Samorì esplorano il tema della disillusione, mentre la spirale tridimensionale creata per l’allestimento rappresenta l’accelerazione della storia, conducendo il pubblico verso una riflessione personale. Il percorso si conclude con il T-Simmetry, un’esperienza immersiva che permette ai visitatori di intraprendere un viaggio a ritroso nel tempo, riavvolgendo simbolicamente il ‘nastro’ della vita. Questo exhibit intende far riflettere sull’importanza del recupero di un legame con le origini umane in un’epoca di dominio della tecnica.
In concomitanza con la mostra, sarà visitabile anche Echoes of Africa, una selezione di opere d’arte contemporanea africana, con opere di artisti internazionali come Leila Alaoui e Gonçalo Mabunda ■
Ettore Sottsass Macchina da scrivere Valentina Pino Tovaglia studio pubblicitario pneumatici Pirelli 1960.
Fortunato Depero Volo Tricolore, 1934. Tutti Courtesy Archivio Fotografico Fondazione Massimo e Sonia Cirulli.
Anselm Kiefer Luzifer 2012-2023 ©Georges Poncet. Courtesy the artist and Gagosian.
Camaleontico per il design complanare e la pulizia delle forme, il sistema maniglia si integra senza sporgenze con la porta. Minimale nella sua essenza eppure estremamente sofisticato, Wave supera il concetto classico di leva per abbracciare un’innovativa movimentazione ad onda che risulta completamente complanare all’anta sulla quale è montato. Disponibile sia nella versione per porte a battente che in quella per porte scorrevoli, Wave si dimostra una soluzione progettuale innovativa e universale.
Dall’alto in senso orario.
Project God-zilla, 2025. Icarus Cell, 2008. Foto Road Izumiyama. Hinomaru Illumination 2025.
Sotto, Yukinori Yanagi. Foto Hideyo Fukuda.
Dal 27 marzo al 27 luglio 2025, Pirelli HangarBicocca ospita Icarus, la prima grande antologica europea dedicata a Yukinori Yanagi, che esplora temi contemporanei come nazionalismo, dinamiche governative e contraddizioni sociali. Yanagi, artista giapponese influente ma lontano dalla scena pubblica, è noto per installazioni monumentali che trattano la sovranità, la globalizzazione e l’impatto della tecnologia. Dopo un’importante partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1993, torna in Italia con una mostra che affronta temi universali attraverso simboli storici, come il mito di Icaro, e l’uso di materiali organici.
Yanagi ha studiato alla Yale University e dal 2000 vive in Giappone, dove ha sviluppato il concetto di “vagare come condizione permanente”. La sua opera spesso si confronta con l’idea di cambiamento continuo, mettendo in discussione l’immobilità dei simboli nazionali e politici.
La mostra Icarus, curata da Vicente Todolí e Fiammetta Griccioli, raccoglie lavori significativi come Project God-zilla (2025), che evoca la distruzione nucleare, e Article 9 (1994), che riflette sull’articolo della Costituzione giapponese che rinuncia per sempre alla guerra. Al centro della mostra si trova Icarus Contai-
ner (2025), un labirinto che simboleggia il mito di Icaro e Dedalo, e Hinomaru Illumination (2025), che mette in discussione la stabilità dei simboli attraverso la bandiera giapponese. Il Cubo di Hangar Bicocca ospita The World Flag Ant Farm (2025), un’opera che critica la fragilità dei confini nazionali, utilizzando formiche per dissolvere lentamente le bandiere degli stati, simboli di identità nazionale ■
Yukinori Yanagi Icarus 27 marzo - 27 luglio 2025 Pirelli HangarBicocca.
L’ARTE COME VEICOLO DI RIFLESSIONE, IDENTITÀ E INNOVAZIONE
Fino all’1 giugno 2025 il Guggenheim Museum Bilbao ospita la mostra Tarsila do Amaral. Painting Modern Brazil, curata da Cecilia Braschi e Geaninne Gutiérrez-Guimarães.
L’esposizione celebra una delle figure più influenti del modernismo brasiliano, esplorando la sua arte come strumento per riflettere sull’identità e sulle trasformazioni sociali del Brasile.
La mostra è divisa in sei sezioni tematiche e offre uno spunto per comprendere come Tarsila abbia saputo conciliare la sua identità brasiliana con le correnti artistiche internazionali, in particolare il Cubismo. Nel corso degli anni ‘20, visse tra São Paulo e
Parigi, sperimentando l’influenza delle avanguardie artistiche europee, e il Cubismo divenne il linguaggio che le permetteva di esplorare e reinterpretare la modernità brasiliana, affrontando in modo innovativo il paesaggio fisico e culturale del suo Paese. In questo periodo, l’artista si rese conto dell’interesse europeo per la ‘terra esotica’ del Brasile e attraverso la sua arte cercò di creare una visione autentica e unica della sua realtà, lontana dai pregiudizi occidentali. Riuscì a integrare le tradizioni popolari e indigene con le tendenze artistiche moderne, creando una sintesi visiva che divenne un simbolo della nascente modernità brasiliana. La sua opera, pur rimanendo sem-
A sinistra.The Doll (A Boneca), 1928. Hecilda and Sergio Fadel Collection Rio de Janeiro. Foto Romulo Fialdini. Sotto. Auto-retrato (Manteau Rouge) 1923. Olio su tela. Museu Nacional de Belas Artes / Ibram Rio de Janeiro. Foto Jaime Acioli.
pre legata al contesto socio-politico del Brasile degli anni ‘20 e ‘30 del Novecento, riflette un dialogo tra la tradizione e l’innovazione. La sua capacità di reinventarsi, pur affrontando le difficoltà che una donna artista doveva superare, dimostra la sua forza e la sua resilienza nel panorama artistico mondiale. Questa mostra offre un’occasione per conoscere più da vicino Tarsila do Amaral, non solo come artista, ma anche come donna che ha saputo sfidare i limiti del suo tempo, ponendosi al centro di un cambiamento culturale e sociale. Il suo lavoro rimane una testimonianza potente di come l’arte possa essere un veicolo di riflessione, identità e innovazione■
Serpentine ha incaricato Marina Tabassum e il suo studio Mta di progettare il nuovo padiglione estivo, che sarà inaugurato il 6 giugno nei Kensington Gardens. Il padiglione, intitolato A Capsule in Time, è una struttura curva in legno che combina la tradizione occidentale delle pergole con l’architettura asiatica delle tende Shamiyana.
La costruzione include elementi a volta che formano due alcove semicilindriche protettive e una corte centrale con un albero. Il rivestimento è realizzato con tessuti semitrasparenti e bambù, simile alla tecnica utilizzata nelle feste collettive in Asia meridionale. Il concept del padiglione nasce dalla riflessione di Ta-
bassum sulla permanenza e impermanenza dell’architettura. La memoria del tempo, secondo l’architetta, si lega alla transitorietà degli spazi vissuti, come quelli sotto una tenda durante celebrazioni collettive, dove si intrecciano racconti e storie. Il padiglione diventa così una piattaforma per incontrarsi e condividere esperienze.
La Serpentine Gallery, che commissiona ogni anno questi padiglioni, ha lanciato questa iniziativa nel 2000 con Zaha Hadid, creando una vetrina per architetti emergenti. Quest’anno il progetto è supportato da Goldman Sachs e Aecom.
Marina Tabassum è fondatrice dello studio di
Dacca Mta e ha un forte impegno sociale ed ecologico. Il suo lavoro include progetti come la Khudi Bari, una struttura modulare per persone vulnerabili in Bangladesh.
Ha ricevuto numerosi premi, tra cui l’Aga Khan Award for Architecture, ed è presidente della Foundation for Architecture and Community Equity, focalizzata sul cambiamento climatico e sulla giustizia sociale ■
A Capsule in Time
Serpentine Pavilion Dal 6 giugno al 26 ottobre 2025 Kensington Gardens, Londra.
di Luigi Prestinenza Puglisi
Illustrazioni di Roberto Malfatti
Qui sotto, la sede della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.
Pagina accanto
Casa La Scala a Portese del Garda.
Il testo più convincente su Vittoriano Viganò lo scrive un architetto per molti aspetti a lui simile, Leonardo Ricci. Viganò, sostiene, non è un architetto brutalista, né un eclettico che si ispira a fonti diverse, né un organico, né un formalista e neanche un espressionista. Conclude Ricci: se proprio ne dovessi accettare una etichetta, la migliore sarebbe “esistenzialista”. Non tanto nel senso filosofico, ma semplicemente per cercare di raccontare che si è cercato di esistere, di vagare su un terreno sconosciuto, di non percorrere mai il già noto, “come un cane da tartufo che ne insegue l’odore, che poi è l’odore della vita”. L’epiteto di Brutalista era stato attribuito, come una particolare nota di merito, a Viganò da Reyner Banham, uno dei più importanti critici del Nove-
cento, a seguito della realizzazione del sorprendente Istituto Marchiondi Spagliardi, completato nel 1958, quando in Italia impazzava il Neo Liberty, cioè uno stile ruffiano che, cinguettando con il passato, evitava di assumersi il peso delle contraddizioni del presente. Viganò capisce che, per quanto depistante, l’etichetta poteva giocare a proprio favore e così cerca di dargli un proprio peculiare` significato. Scrive in un testo: “brutalismo: come fatto diretto, esplicito, non finzione spaziale e materica; brutalismo: come riconoscimento di valore (formale e civile) dei materiali poveri; brutalismo: come contestazione dell’atteggiamento elegante, facile, di élite; brutalismo: come assunzione di strumenti materici unificati, interno/esterno, e semplificazione; brutalismo: come espressionismo (come opposto della maniera) come verifica dello spazio e delle proprietà sia delle materie che dell’edilizia”. Per arrivare alla conclusione che non poca cultura contemporanea è brutalista e che il grande avo dell’architettura moderna, Le Corbusier – il quale proprio in quegli anni è alle prese con La Tourette (1956-60) e Ronchamp (1950-55) – è l’ispiratore del nuove stile.
Viganò, come intuisce Ricci, è però un personaggio culturalmente troppo inquieto per essere inquadrato da uno stile o, peggio, da uno slogan. A partire dal suo sogno di leggerezza e di colore che mutua da Franco Albini, del quale è un fervente ammiratore, e da Gio Ponti del quale è stato studente e assistente all’università. E poi è l’arte, nella molteplicità delle sue sperimentazioni, a guidarlo. Suoi sono alcuni splendidi allestimenti per spazi milanesi: la Galleria del Naviglio, la Galleria San Fedele, la Libreria il Salto. Per Viganò l’architettura non differisce da una scultura o da un quadro, anche se è ovviamente soggetta a proprie leggi che la costringono innanzitutto a funzionare. Dall’apertura all’arte nasce la frequentazione con
Tripolina sedia pieghevole in legno e pelle.
uno dei personaggi più importanti dell’architettura europea, il francese André Bloc, che lo porterà a collaborare dal 1947 al 1963 con la rivista da lui diretta, L’architecture d’aujourd’hui, per la quale cura due numeri monografici dedicati alla nuova architettura italiana e diversi articoli tra i quali ne ricordiamo uno su Franco Albini e l’altro su Pier Luigi Nervi.
André Bloc, da committente, lo coinvolgerà come architetto nella realizzazione di quello che, a mio avviso, è il capolavoro di Viganò: la casa La Scala a Portese del Garda del 1958. Rappresenta una vetta inarrivabile per l’architettura italiana di quegli anni. La casa ha una sua concreta materialità sottolineata dallo spessore dei solai ma, allo stesso tempo, si lascia attraversare dallo
sguardo grazie alle vetrate che la circondano. Chi si avvicina all’abitazione può osservare in trasparenza lo stupendo panorama del luogo. Costruita in cemento armato su pilastri in ferro, l’abitazione è attraversata da colori, in primis da strisce rosse e blu. Solo Carlo Scarpa avrà l’intelligenza e il coraggio di accostare materiali, trame e colori tanto lontani e che però si rivelano magicamente necessari. E poi vi è l’atto temerario di una lunga scala che unisce la casa alla spiaggia sottostante. Viganò, come Alberto Burri, nel corso della sua vita sarà affascinato da due colori: il rosso e il nero. Il rosso in quanto materia cromatica portatrice di energia e il nero per la sua capacità di assorbire la luce. Sono i colori che meglio esaltano la poesia del non finito, del provvisorio,
dell’architettura che rifiuta di presentarsi come la soluzione incontrovertibile e definita di una equazione. “Io – racconta – forse, sono più portato per temperamento a un vissuto più sperimentale, più movimentato che persuasivo, mi trovo più a mio agio nel non finito. Gardella è un maestro del finito. Quando si va verso il finito, come lui, il rosa e testa di moro sono quasi un destino. Se vuoi sapere perché io faccio il rosso e il nero, rispondo che il mio rosso è il tuo rosa e il mio nero è il tuo marrone: in altri termini il mio destino”. Viganò è autore di magnifici interni, di cui forse il migliore è la propria abitazione. Uno spazio fluido e intrigante dove l’occhio non trova riposo. L’architettura, come la vita, deve essere fonte di continue sorprese. Così come lo sono i numerosi pezzi di design che progetta, apparentemente minimali ma portatori di complessità spaziale. Diversi i capolavori. Tra questi vi è sicuramente la sede della facoltà di architettura di Milano (197085). Uno dei pochi edifici universitari che insegna agli studenti l’importanza della buona progettazione, a partire dall’esperienza spaziale che riesce a generare.
Ma l’opera più suggestiva di Viganò è stata realizzata almeno dieci anni prima, tra il 1961 e il 1962 ed è un omaggio alla memoria del padre, Vico, che aveva immaginato un edificio verticale che dialogasse con le guglie del Duomo a Milano. Vittoriano realizza tra piazza Duomo e piazza Reale una torre effimera in tubolari metallici alta un centinaio di metri, appena colorata da sporadici pannelli bianchi, arancio e rossi.
È il monumento alla leggerezza e alle trasparenze, realizzato proprio dall’architetto che era stato indicato qualche anno prima come il caposcuola del brutalismo italiano. Opera con la quale dimostra, una volta per tutte, che, come intuisce Leonardo Ricci, ai veri poeti è molto difficile poter affibbiare un’etichetta senza essere prima o poi smentiti clamorosamente dalle loro opere ■
Aldo Norsa
Già professore ordinario di tecnologia all’università Iuav di Venezia, associato al Politecnico di Milano, incaricato all’università di Firenze, a contratto all’università di Chieti e ricercatore all’università di Montréal, Aldo Norsa, master all’università di Princeton, è direttore scientifico della società di ricerca e consulenza Guamari di Milano, che anima l’annuale conferenza Tall Buildings e cura i Report on the Italian Architecture, Engineering and Construction Industry e il Rapporto Classifiche - le Prime 70 Imprese dell’Edilizia Privata www.guamari.it
Come è noto il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) approvato nel luglio 2021 dal governo Draghi ha una dotazione di 191,5 miliardi, la quota maggiore dei 723,8 di risorse messe in campo dall’Unione Europea per il Next Generation Eu, facendo però dell’Italia il Paese più esposto: i prestiti infatti pesano per 122,6 miliardi mentre i finanziamenti a fondo perduto ne valgono 68,9. Il Piano è suddiviso in 7 missioni. Due sono principalmente quelle che interessano l’attività dei progettisti: Istruzione e ricerca, 30,1 miliardi con i quali ristrutturare e/o risanare 2,6 milioni di mq di edifici scolastici e adeguare e/o costruire 230mila mq di strutture sportive. L’altro capitolo riguarda la Salute, con 15,6 miliardi per la realizzazione di 307 ospedali di comunità e l’adeguamento antisismico di strutture ospedaliere esistenti. Pur in un Paese dalla burocrazia inefficiente, il Pnrr ha avuto successo grazie anche all’incombenza di precise scadenze (il 2026, salvo proroghe sempre possibili nella contrattazione tra i singoli Paesi e l’Unione Europea) a cominciare dallo stimolo a un’offerta di servizi di progettazione che in più di un caso ha per la prima volta affrontato il mercato pubblico in alternativa al privato. Il rovescio della medaglia è che uno stimolo circoscritto nel tempo ha in qualche modo drogato il mercato (come peraltro è avvenuto con il Superbonus nel privato) con una dilatazione temporanea della domanda. Per quanto riguarda la progettazione (di architettura e di ingegneria) i dati raccolti dall’Oice denunciano che già nel 2024 il valore dei bandi con ricorso al Pnrr per servizi tecnici e appalti integrati (questi ultimi rivolti anche alle imprese di costruzioni) si sono ridotti dell’81,3% rispetto al 2023. Peraltro, nella sequenza temporale dei servizi di ingegneria/architettura vi è stato un incremento dell’incidenza del valore dei bandi per servizi di direzione lavori, collaudi e supporti ai Rup (responsabili unici dei procedimenti): nel 2024 essi hanno rappresentato il 64,1% del totale contro il 29,5% del 2023. Il passaggio dalla progettazione all’esecuzione ha invece contribuito a sostenere gli investimenti in costruzioni: l’Ance infatti registra nel 2024 una crescita del 21% per le opere pubbliche
e prevede un ulteriore aumento del 16% nel 2025, ahinoi non sufficiente per bilanciare un calo negli investimenti privati, tanto che il dato complessivo (pubblico più privato, nuovo più recupero) denuncia un meno 5,3% nel 2024 che potrebbe diventare -7% nel 2025! A fronte di questo scenario in qualche modo contraddittorio ci è parso interessante capire come l’opportunità di sviluppare la presenza nel mercato pubblico è stata còlta da alcuni significativi player della progettazione architettonica, sia per diversificare rispetto alla monocultura della committenza privata, sia per rafforzare competenze professionali non sufficientemente valorizzate. E questi sono lasciti alle società di progettazione più avvedute destinati a durare al di là delle congiunture, soprattutto quando capaci di selezionare le tipologie di interventi più congeniali e soprattutto di far tesoro di specifiche esperienze di particolare successo tali da arricchire permanentemente i loro curricula. Abbiamo quindi intervistato i rappresentanti di cinque tra le 50 maggiori società di architettura italiane della classifica Guamari e un professionista tra i più coinvolti nei programmi Pnrr.
3 DOMANDE a 6 architetti
• Lucio Asquini Archest
• Lucia Meucci ATI Project
• Lucia Mosconi Archilinea
• Elena Rionda Settanta7
• Monica Tricario Piuarch
• Carlo Ezechieli Ce-A Studio
1 Qual è il motivo che ha spinto la sua società a impegnarsi nell’offerta per interventi finanziati dal Pnrr?
2 Quali sono le tipologie di interventi che ha privilegiato e perché?
3 Qual è il progetto più significativo al quale ha lavorato tra quelli finanziati dal Pnrr?
Lucio Asquini
Archest
1 _ In Archest abbiamo lavorato a diversi progetti con finanziamenti del Pnrr che hanno permesso alla società di crescere economicamente, di potenziare la sua struttura progettuale oltre che di ampliare a livello formativo il personale, anche nei settori più innovativi della progettazione sostenibile, date per esempio, le richieste per l’applicazione dei vari criteri e princìpi per Cam (Criteri Ambientali Minimi) e Dnsh (Do No Significant Harm). È stato stimolante raccogliere una sfida sistemica anche attraverso sinergie messe in atto da organizzazioni di categoria quali Oice, di cui Archest è parte attiva. In tal modo ci siamo sentiti in
grado di contribuire all’evoluzione della filiera delle costruzioni in una modalità responsabile e organizzata assieme a partner evoluti investendo su strumenti innovativi informatici e di sistema, implementando le opportunità di collaborazione sia con altri progettisti sia con imprese, accrescendo le competenze di lavoro in team e applicando i più aggiornati strumenti di condivisione dei dati e della digitalizzazione del progetto.
2 _ Siamo stati impegnati in diversi settori: - edilizia scolastica, realizzando progetti di scuole per l’infanzia per diversi Comuni; - edilizia di carattere sociale e urbana, tra cui un centro civico a Trieste e un centro per il ricovero e il recupero di opere d’arte a Palmanova (Udine); - edilizia sanitaria: abbiamo realizzato una serie di progetti nell’ambito di un appalto integrato per la ristrutturazione di varie strutture sanitarie in Veneto; - infrastrutture energetiche, in particolare una per la produzione e lo stoccaggio di idrogeno verde;
- infrastrutture per la mobilità, settore nel quale abbiamo partecipato, in supporto al team di altre società di ingegneria, a gestire i criteri Cam per la progettazione di alcune nuove stazioni ferroviarie.
3 _ Uno dei progetti Pnrr più rappresentativi è il già citato adeguamento sismico e riqualificazione dell’ex-caserma Montezemolo di Palmanova al fine di realizzare depositi di sicurezza per il ricovero di opere d’arte con annessi laboratori di restauro. Il progetto, realizzato in Ati con Politecnica e Cooprogetti per un importo di circa 25 milioni, prevede la realizzazione di un polo nazionale di tutela, conservazione e restauro del patrimonio culturale per l’area geografica del Nord-est, con sale polifunzionali, deposito e ricovero di beni mobili con annessi laboratori, foresteria, sede di ricerca ed esposizione dei manufatti artistici nazionali e auditorium, oltre a un nuovo edificio denominato Recovery Art - Ospedale delle Opere destinato a custodire e recuperare le opere d’arte italiane in caso di calamità naturale.
Render dell’edificio Volano, parte del piano di riqualificazione dell’ospedale di Siena.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Qual è il motivo che ha spinto la sua società a impegnarsi nell’offerta per interventi finanziati dal Pnrr?
2 Quali sono le tipologie di interventi che ha privilegiato e perché?
3 Qual è il progetto più significativo al quale ha lavorato tra quelli finanziati dal Pnrr?
Lucia Meucci ATI Project
1 _ Partecipare agli interventi finanziati dal Pnrr permette alla nostra società di contribuire concretamente alla riqualificazione del patrimonio edilizio nazionale e di realizzare progetti che generano un impatto positivo sulle comunità locali, un aspetto che consideriamo fondamentale e che di per sé è una sfida motivante. Inoltre il nostro impegno riflette la volontà di consolidare un ruolo di partner strategico per le istituzioni pubbliche mettendo a disposizione le competenze multidisciplinari e un approccio integrato nella gestione di progetti complessi. Il Pnrr rappresenta per noi una preziosa opportunità di collaborazione sia con le pubbliche amministrazioni che con imprese di costruzioni e altri stakeholder per sviluppare soluzioni e progetti innovativi, efficienti e con un impatto ambientale ridotto, contribuendo così agli obiettivi di modernizzazione e sviluppo sostenibile del piano stesso.
2 _ Ci siamo concentrati prevalentemente sugli interventi nei settori dell’istruzione e della sanità, ambiti in cui operiamo sin dalla fondazione della nostra società [nel 2011]. Questa esperienza ci ha permesso di sviluppare un solido know-how che ci consente di proporre offerte concrete e ottimizzate in fase di gara, traducendole poi in progetti funzionali, inclu-
sivi e resilienti, gestiti con metodi collaborativi all’avanguardia. Ma non ci siamo limitati solo a questi, abbiamo anche partecipato a gare e progettato interventi per la riqualificazione delle infrastrutture, dell’edilizia abitativa, delle sedi istituzionali, sempre determinati a dare il massimo contributo e forti della convinzione di poter fare la differenza.
3 _ Tra i progetti Pnrr che abbiamo seguito, spicca l’Edificio Volano, il primo passo di un ambizioso piano di riqualificazione dell’ospedale di Siena Santa Maria alle Scotte. Si tratta di un intervento particolarmente sfidante, che richiede di mantenere attive altre funzioni ospedaliere durante i lavori. Il progetto è stato pensato per essere flessibile, quindi avrà l’onere di fare da ‘polmone’, ospitando nel tempo i reparti presenti negli altri edifici del complesso sanitario su cui è prevista un’importante ristrutturazione antincendio e antisismica. Una volta completata tale funzione l’Edificio Volano diventerà parte integrante del nuovo complesso ospedaliero. Ati Project ha svolto la progettazione definitiva ed esecutiva e siamo entusiasti di vederlo prendere forma.
Il presidio ospedaliero Morgagni Pierantoni di Forlì.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Qual è il motivo che ha spinto la sua società a impegnarsi nell’offerta per interventi finanziati dal Pnrr?
2 Quali sono le tipologie di interventi che ha privilegiato e perché?
3 Qual è il progetto più signifi cativo al quale ha lavorato tra quelli finanziati dal Pnrr?
Lucia Mosconi Archilinea
1 _ La sfida rappresentata dal Pnrr, ovvero la redazione di progetti complessi e multidisciplinari per la realizzazione di opere pubbliche strategiche con un forte e attento controllo di tempi, costi e qualità della realizzazione, è del tutto consona al metodo di lavoro proprio di Archilinea, da sempre impegnata con committenze prestigiose ed esigenti. La nostra società è infatti abituata a fornire risposte tempestive a temi complessi, sostenendo con professionalità e competenza le stazioni appaltanti, siano esse pubbliche o private e, quindi, in questi programmi ci è risultato naturale mettere la nostra competenza a servizio di progetti pubblici di alto valore etico e sociale.
2 _ Gli ambiti che ci hanno visti coinvolti afferiscono ai settori di attività in cui la società esprime la massima esperienza in ambito pubblico: istruzione e sanità in primis. L’esperienza consolidata della società e dei professionisti che la compongono era certamente garanzia di risultato e il valore sociale degli interventi scelti si sposava con lo spirito di Archilinea, da sempre caratterizzato dal senso di comunità, dal rispetto per l’individuo e le istituzioni nonché dalla solidarietà (come numerosi progetti pro bono dimostrano). Non abbiamo quindi esita-
to a mettere a disposizione tempo e competenze per la migliore riuscita delle attività che ci hanno visti coinvolti.
3 _ Tra i molteplici progetti sui quali siamo tutt’ora attivi ci preme ricordare la Scuola dell’Infanzia di Bitetto (Bari) e il potenziamento del presidio ospedaliero Morgagni Pierantoni di Forlì, dedicato al dipartimento materno infantile e al distaccamento delle degenze ematologiche dell’Irst (Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori) di Meldola. Nel primo caso abbiamo lavorato su un’idea di spazio mutevole, capace di adattarsi alle configurazioni pensate dai docenti e rivolte agli alunni, nonché a quelle espresse dalle famiglie. Tutto questo in sintonia con la nostra idea di scuola: non solo spazio a servizio della didattica ma luogo di crescita e di rapporto tra bambini, docenti e genitori che si trasforma declinandosi in base alle plurime esigenze di ogni caso. Nel secondo esempio la funzionalità e l’efficacia di un progetto sanitario si sposano con l’umanizzazione e l’attenzione per l’utenza, mai così diversificata e fragile come nella società attuale.
Il polo scolastico di Castel Volturno nel suo genere sarà il complesso più vasto d’Europa.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Qual è il motivo che ha spinto la sua società a impegnarsi nell’offerta per interventi finanziati dal Pnrr?
2 Quali sono le tipologie di interventi che ha privilegiato e perché?
3 Qual è il progetto più significativo al quale ha lavorato tra quelli finanziati dal Pnrr?
Elena Rionda Settanta7
1 _ Il Pnrr rappresenta un’opportunità per trasformare gli edifici pubblici italiani e dare vita a luoghi catalizzatori di cambiamento sociale e culturale. Settanta7 ha còlto questa sfida con entusiasmo vedendo nel Piano di Ripresa e Resilienza l’occasione per concretizzare la propria visione di un’architettura che unisce bellezza, funzionalità e sostenibilità. Costruire edifici per le comunità significa costruire il futuro: rigenerazione urbana, trasformazione del territorio, edilizia scolastica e social housing, in tutti i casi concepiamo spazi che ispirano ed educano al cambiamento.
2 _ I luoghi che progettiamo scuotono lo status quo e favoriscono la contaminazione. Settanta7 è la società di architettura che ha vinto più progetti scolastici finanziati dal Pnrr in Italia, grazie a un approccio focalizzato su innovazione, sostenibilità e ibridazione degli spazi. I nostri progetti integrano spazi didattici flessibili, illuminazione centrata sul benessere della persona e tecnologie avanzate per il risparmio energetico. Crediamo che una scuola non sia solo un luogo per apprendere ma un ecosistema che nutre la crescita di ogni individuo, favorendo l’inclusione e il benessere psicofisico. La scelta di materiali naturali e
sistemi costruttivi a basso impatto ambientale riflette il nostro impegno verso un futuro più sostenibile e resiliente.
3 _ Il nuovo polo scolastico di Castel Volturno in provincia di Caserta, ‘Progetto dell’anno 2024’ agli ultimi premi Oice, è un esempio emblematico del nostro approccio. Progettato come il più grande complesso scolastico in Europa, questo intervento è pensato per adattarsi alle esigenze di studenti e insegnanti con aule interattive, ampi spazi verdi e laboratori all’avanguardia. Più di un edificio, è un luogo che dà vita a idee, sogni e relazioni. Ogni dettaglio è stato concepito per rispondere alle esigenze delle generazioni future, perché i bambini e i ragazzi che lo abiteranno sono la nostra risorsa più importante e il cuore del nostro lavoro.
Il progetto di trasformazione di Piuarch a Venaria Reale
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Qual è il motivo che ha spinto la sua società a impegnarsi nell’offerta per interventi finanziati dal Pnrr?
2 Quali sono le tipologie di interventi che ha privilegiato e perché?
3 Qual è il progetto più significativo al quale ha lavorato tra quelli finanziati dal Pnrr?
Monica Tricario Piuarch
1 _ Nel caso della nostra società la scelta di impegnarci in un progetto finanziato dal Pnrr nasce dall’incarico ricevuto dal Comune di Venaria Reale (Torino) per il masterplan dell’Hub della Cultura.
2 _ L’Hub della Cultura è in realtà l’unico intervento Pnrr a cui abbiamo preso parte e si tratta di un progetto di riqualificazione di una caserma in stato di abbandono. Un’importante iniziativa che permetterà di riattivare il tessuto sociale di questo luogo in disuso grazie alla creazione di nuovi significati e utilizzi, riconvertendolo in un vero e proprio polo culturale aperto alla comunità.
3 _ L’intervento si inserisce all’interno del progetto integrato Tra Urbano e Periurbano finanziato dal Pnrr, che ha come finalità la rigenerazione delle aree più fatiscenti che fanno da corona alla città di Torino. I fondi destinati all’Hub della Cultura ammontano a 7 milioni, di cui 3,16 nell’ambito del piano nazionale. Il masterplan da noi messo a punto prevede un sistema di corti che richiamano, nella geometria dei loro volumi architettonici, l’archetipo della grande caserma, interpretato in chiave contemporanea in un complesso fluido e modulare. Gli spazi aperti a disposizione degli
edifici sono pensati per essere piazze pubbliche animate dal verde, generatrici di socialità e relazioni tra le persone. Il cuore dell’Hub della Cultura è l’area a nord del sito, dove sorgeranno due nuovi edifici. Il primo ospiterà il museo della storia della città di Venaria Reale, un archivio storico e spazi per associazioni e coworking. Il secondo si svilupperà su due piani e diventerà sede di un nuovo auditorium da 260 posti e di sale polifunzionali indipendenti. Il progetto si pone l’obiettivo di affermare la propria iconicità preservando l’identità storico-sociale e culturale del contesto originale. Gli elementi naturalistici che troviamo nel Parco e quelli più razionali dei giardini all’italiana della Reggia convergono nella definizione del concept del masterplan e diventano l’elemento portante di quelle che chiamiamo ‘stanze verdi’. Lo spazio pubblico, aperto e fruibile, convoglia flussi e definisce nuovi interni, in cui la cittadinanza si può riunire e confrontare. Questo intervento sposta l’attenzione dagli edifici verso gli spazi aperti da esso generati, dando priorità alle relazioni umane e al benessere delle persone.
Wolf Haus vuol dire 50 anni di esperienza nella costruzione di edifici in legno. Il legno, uno dei materiali più versatili e performanti, è il cuore della nostra filosofia. Grazie al nostro know-how e alla tecnologia avanzata di prefabbricazione, offriamo ai progettisti soluzioni e consulenze per creare edifici che uniscono comfort e performance ai massimi livelli.
Wolf System S.r.l. | Zona Industriale Wolf 1 | 39040 Campo di Trens (BZ) | wolfhaus.it
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Qual è il motivo che ha spinto la sua società a impegnarsi nell’offerta per interventi finanziati dal Pnrr?
2 Quali sono le tipologie di interventi che ha privilegiato e perché?
3 Qual è il progetto più signifi cativo al quale ha lavorato tra quelli finanziati dal Pnrr?
Carlo Ezechieli Ce-A Studio
1 _ Con il mio studio di architettura abbiamo vinto, in associazione con Wise Engineering che nel raggruppamento aveva il ruolo di società mandataria, un bando Pnrr per il progetto di interventi di riqualificazione, in chiave di drenaggio sostenibile, destinati a dieci piazze centrali di altrettanti Comuni del Milanese. Il programma, chiamato Città Spugna, ideato dalla Città Metropolitana di Milano e gestito da Cap Holding, oltre ai nostri comprendeva più di 80 interventi. Senza dubbio, per le dieci piazze di cui ci siamo occupati il Pnrr ha offerto un’occasione più unica che rara per riqualificare, dal punto di vista architettonico e ambientale, spazi aperti pubblici di rilievo.
2 _ Gli interventi erano indirizzati specificamente alla gestione sostenibile del drenaggio delle acque piovane: un problema che, con il consumo di suolo e il conseguente aumento di superfici pavimentate non permeabili, insieme a un andamento climatico ormai imprevedibile, sta dando problemi enormi in termini ambientali ed economici. Le azioni previste si basano sull’incremento della capacità drenante del suolo attraverso l’aumento delle superfici verdi e sull’impiego di pavimentazioni permeabili: un tema di idraulica che si converte
in interventi di progettazione degli spazi aperti pubblici e del paesaggio, ambito nel quale il mio studio ha più di vent’anni di esperienza.
3 _ Credo che tutti i dieci progetti da noi sviluppati con Wise Engineering siano di qualità perché rappresentano una grande opportunità di miglioramento per ogni spazio e comunità interessati. Chiaramente come in ogni progetto di architettura i fattori che ne determinano la buona riuscita dipendono, oltre che dalla qualità del progetto, dalla potenzialità a livello di ruolo urbano del singolo intervento, da una buona sintonia con il committente e da un’ottima e fedele realizzazione. Da questo punto di vista i progetti forse più promettenti sono quelli che abbiamo sviluppato per la piazza principale di Cornaredo, per gli spazi antistanti la chiesa di Nostra Signora della Misericordia a Baranzate e per un’ampia ma disfunzionale piazza, da noi convertita in giardino, nel Comune di Opera.
ed essenziale come la
Grazie alla sua eccezionale durevolezza la collezione Dekton Aeris di Cosentino è stata usata per rivestire tutti i pavimenti interni ed esterni della villa creando una piacevole continuità materica.
Si affaccia interamente verso il lago con linee essenziali e pulite la residenza progettata dall’architetto Andrea Maffei a Besozzo, comune collinare tra il lago di Varese e il Verbano. Livellando la pendenza del lotto, il progetto ricava un giardino che accoglie la piscina a sfioro e che separa la casa dall’intorno residenziale, piuttosto convenzionale. Il muro in pietra di contenimento del terreno si conclude, a contatto con l’architettura, in una parete rivestita in lastre di Dekton Eter posate in orizzontale, nere come i profili delle vetrate panoramiche sulle quali si aprono tutti gli ambienti della casa. Per il resto, il colore dominante è il bianco della collezione Dekton Aeris ispirata al marmo calcareo bianco, che riveste sia il
pavimento attorno alla piscina sia tutti gli ambienti interni. «Il nostro obiettivo – spiegano dallo studio – era quello di creare una continuità materica utilizzando la stessa pavimentazione in tutti gli ambienti interni ed esterni. Dekton lo ha reso possibile grazie alla sua eccezionale durevolezza, determinata dalla resistenza al freddo e al caldo estremi e ai raggi UV».
Dekton è stato usato anche nei bagni, con lastre di Dekton Laurent, un colore d’impatto dal fondo scuro attraversato da venature arancio-dorate, che fanno meglio risaltare la doccia e il lavabo su misura.
Un secondo lavabo è stato realizzato su misura con Dekton Neural, una nuance crema con venature chiare ed eleganti che corrono
in un’unica direzione, creando un pattern senza tempo.
«Abbiamo scelto Dekton by Cosentino per la matericità del prodotto, la sua disponibilità in un’ampia gamma di formati e l’alta qualità delle finiture e dei dettagli. La varietà di spessori e colori, la possibilità di utilizzarlo sia all’interno che all’esterno e l’opportunità di impiegare un unico prodotto, installabile sia in orizzontale che in verticale, per armonizzare gli spazi, dal piatto doccia al lavabo su misura, sono solo alcuni dei vantaggi di Dekton», conclude l’architetto Andrea Maffei.
www.cosentino.com
CREDITI
Località Pioltello (Milano)
Progetto architettonico e direzione lavori Vitaliano Banfi
Tecnico asseveratore Nicola Cozzoli, EnneCi
Consulting
Progetto e verifica strutturale Enzo Montini
Impresa affidataria Gruppo di Falco
Isolamento facciate Isotec Parete Black di Brianza
Plastica, spessore 80 mm, passo 602 mm
Rivestimento facciate Lastre in grès 120x60 cm
Superficie facciate isolate 4.500 mq
Completamento lavori 2023
Costruito negli anni Ottanta su progetto di Guido Canella, il vasto complesso di edilizia residenziale sovvenzionata Le Torrette, nell’hinterland milanese, è formato da 14 blocchi residenziali a torre, di sette e quattro piani, disposti ad anfiteatro a est del municipio e della sua piazza, nell’intento di dare vita a un luogo vivo e animato attorno al nucleo di aggregazione di un centro sociale (che non venne edificato).
In sommità gli edifici si caratterizzano per i grandi timpani in calcestruzzo a vista con tamponatura traforata a mattoni, pensata
come citazione delle cascine lombarde. A una distribuzione planimetrica e spaziale quasi signorile, con ingressi indipendenti e tre lati liberi per ciascun appartamento, fa riscontro la semplice linearità dei prospetti, rispondente ai parametri dell’edilizia popolare entro i quali il progetto era inquadrato.
Più di quarant’anni dopo la loro costruzione, gli edifici mostravano evidenti segni di degrado. Così, cogliendo l’opportunità degli incentivi fiscali, per 7 di essi si è deciso di operare una riqualificazione globale – energetica, funzionale ed estetica – il cui progetto è stato af-
Pareti ventilate realizzate con pannelli Isotec Parete Black da 80 mm di spessore ai quali sono agganciate lastre in grès 120x60 (a destra, dettaglio dell’intervento) hanno migliorato le performance energetiche e l’estetica dei sette edifici alti del complesso ‘Le Torrette’ di Pioltello.
fidato all’architetto Vitaliano Banfi, ottenendo benefici immediati sia in termini di risparmio energetico che di rivalutazione degli immobili. L’intervento ha riguardato l’isolamento dei prospetti – con nuove facciate ventilate – e delle coperture, l’impermeabilizzazione dei balconi, la sostituzione dei parapetti, l’aggiornamento impiantistico e la sostituzione dei generatori di calore.
Per l’isolamento delle facciate, Banfi ha scelto il sistema termoisolante Isotec Parete Black di Brianza Plastica, la versione di Isotec Parete con migliorate performance di reazione al fuo-
co (Euroclasse B-s2, d0), che presenta prestazioni di protezione superiori rispetto a quanto richiesto dalle attuali normative.
In un solo passaggio di posa Isotec Parete realizza uno strato coibente continuo e performante e, grazie alla sottostruttura metallica portante integrata, fornisce l’aggancio per qualsiasi tipologia di rivestimento esterno della parete (in questo caso lastre di grès).
«Oltre a generare la camera di ventilazione –spiega l’architetto – il correntino integrato costituisce il supporto ideale per il fissaggio degli elementi di rivestimento»
In generale, quella dell’involucro ventilato è una strategia che comporta numerosi vantaggi: alla protezione termica fornita dai pannelli isolanti, si aggiunge l’azione del flusso d’aria ascensionale che d’inverno favorisce lo smaltimento dell’umidità e in estate disperde il calore in eccesso. Inoltre, la configurazione dell’involucro ‘a schermo avanzato’ riduce il carico di irraggiamento solare diretto sull’isolante, con evidenti vantaggi nel regime estivo.
isotec.brianzaplastica.it
BOLZANO TRILITICA, IL NUOVO EDIFICIO DI BUSSELLI SCHERER AL NOI TECHPARK
Trilitica è un innovativo progetto che sta sorgendo presso il Noi Techpark di Bolzano, l’area dedicata all’innovazione nata dalla riqualificazione dell’area industriale dove si produceva alluminio.
L’edificio, progettato dallo studio Busselli Scherer, ospiterà laboratori, uffici e spazi open e sarà il primo in Italia ad essere certificato Zero Carbon. Un obiettivo che, insieme alla certificazione Ilfi (International Living Future Institute) viene perseguito «lavorando – spiega Roberto Busselli –sull’essenzialità di struttura e involucro» e sulla loro interrelazione, portando lo scheletro strutturale sul perimetro esterno, così da liberare la superficie interna che in questo modo acquisisce massima capacità di utilizzo e flessibilità per future evoluzioni.
Il progetto, di sette piani fuori terra e due interrati, si distingue per un design minimalista e un volume compatto e trasparente, con una facciata ispirata alla forma archetipica del portale e colonne in calcestruzzo che si assottigliano via via che sale. Un approccio che ne esalta l’aspetto Brutalista moderno e la funzionalità, rendendo altamente flessibile lo spazio interno.
I materiali scelti, tra cui un calcestruzzo ad alta percentuale di aggregati riciclati, rispondono a rigorosi criteri di sostenibilità. L’interno è progettato per il benessere degli utenti, con ampie vetrate che favoriscono l’ingresso di luce naturale e grandi spazi verdi disposti su doppie e triple altezze. Trilitica otterrà anche la certificazione ‘my green lab’, che attesta l’impegno dei
laboratori nella riduzione dell’impatto ambientale. L’interior design si caratterizza per l’uso di materiali essenziali e una palette cromatica ispirata all’acqua, un elemento centrale nelle attività di ricerca che si svolgeranno al suo interno ■
Località Bolzano
Committente Noi Techpark
Progetto architettonico e concept strutturale
Busselli Scherer
Progetto statico Baubüro
Render The Moor
Superficie lotto B6 2.100 mq
Slp 8.900 mq
Costo 23,8 milioni di euro
Main Contractor Noi
Previsione di completamento fine 2027
Un buon design è evidente. Il grande design è Trasparente.
A pochi mesi dall’inizio dei lavori, l’apertura del primo lotto in viale Mattioli mostra il volto del nuovo Parco del Valentino. L’intervento, finanziato con fondi Pnrr, rimuove l’asfalto per aumentare la qualità ecologica del parco. Parte di un ampio progetto di riqualificazione, la rigenerazione dell’area verde simbolo di Torino segna una tappa fondamentale nella collaborazione tra la Città di Torino e lo studio Land di Andreas Kipar.
« Se 25 anni fa riqualificavamo i brownfield, oggi rigeneriamo i gioielli della città. Rompere l’asfalto – spiega Kipar – significa restaurare il nostro rapporto con la terra anche nei parchi storici. Le pavimentazioni drenanti e gli alberi
incarnano l’esigenza etica di riportare la natura in città, che si unisce a un aspetto estetico nel vivere quotidianamente la bellezza di questa natura. Torino è in cammino per diventare una naturepositive city».
Il progetto di restauro ecologico, urbano e architettonico, avviato lo scorso anno, include la rimozione di 65mila metri quadrati di asfalto, sostituiti con pavimentazioni drenanti e superfici a prato. Verranno piantati 555 nuovi alberi e i viali principali saranno ridotti da 16-20 metri a 9 metri di larghezza. Il primo lotto ha visto la rimozione di 9mila mq di asfalto, sostituiti da 7.200 mq di pavimentazioni drenanti e 4.500 di nuovi prati, con l’inserimento di 122
Il progetto complessivo di Kipar prevede che vengano piantati 555 alberi. Saranno inoltre rimossi 65mila mq di asfalto e realizzati 20mila mq di nuova superficie a prato.
alberi e oltre 600 arbusti. L’intervento ha anche rinnovato la fontana Mattioli e creato una Ztl all’incrocio con corso Massimo d’Azeglio, restituendo il parco ai cittadini e riducendo l’impatto delle auto.
Il progetto punta a migliorare la permeabilità del suolo e creare spazi sicuri e accessibili, preservando la storicità del luogo e favorendo l’adattamento climatico. Il parco si connetterà con la nuova biblioteca civica e offrirà spazi per socialità e cultura.
Finanziato con 13 milioni di euro dal Comune di Torino, il cantiere coinvolge vari partner, tra cui Tra Architetti, Icis e Recchi Engineering. I lavori si concluderanno entro il 2026 ■
Render dell’esterno e dell’interno. A sinistra assonometria del lotto.
LA CHIESA DI TAM
Il compito principale della nuova Chiesa di Nogara (Verona) è quello di rinnovare il patto di identità e solidarietà tra comunità e territorio. Concepito come un’oasi di pace rispetto al vivace sistema urbano in cui si colloca, e come un’oasi climatica circondata da alberi, il riferimento simbolico alla spiritualità sarà una tenda, come nella tradizione biblica luogo dell’accoglienza e dell’incontro, ove riunirsi per condividere l’amore del Padre.
L’intero lotto verrà reso permeabile da porticati, grigliati, vetrate, ingressi, così da distinguersi per ricchezza di funzioni nello spazio urbano, senza per questo isolarsi; la grande aula, dal semplice
volume ‘a capanna’, evocherà sia il nuovo luogo sacro per la comunità, sia la memoria della chiesa in cui essa si ritrova.
L’edificio è caratterizzato da una grande fascia basamentale che potrà avvolgere il perimetro dell’intero complesso per dare unità figurativa e materica all’intervento, anche nel suo crescere nel tempo.
L’aula liturgica svetta da questa fascia basamentale, che media il passaggio tra esterno (spazio pubblico) e interno (spazio sacro) grazie agli ampi porticati che assolvono il compito di riparo climatico ma anche di spazio di sosta e incontro per la città. L’accesso avviene infatti da due direttrici, entrambe porticate: un ampio
esonartece con il portale rivolto verso il sagrato, e la piazza alberata su via Sterzi per l’aula liturgica. La chiesa si propone con un’unica navata in cui il presbiterio appare decentrato e asimmetrico, così come la disposizione dei banchi per l’assemblea. Battistero da un lato e penitenzieria dall’altro accolgono il fedele all’ingresso ■
Progetto architettonico studio TAMassociati Committente Diocesi di Verona e Parrocchia di Nogara
Liturgista Alessandro Toniolo Superficie lorda 870 mq | coperta 1.062 mq
La struttura, con pianta a U, segue i confini del lotto e si eleva parallelamente all’edificio adiacente creando una corte centrale che promuove un senso di comunità tra i residenti.
BOLOGNA LO STUDENTATO AZZURRO DI TECHBAU E TECO+PARTNERS
NEL QUARTIERE NAVILE
Il progetto di rigenerazione urbana del quartiere Navile a Bologna è frutto della collaborazione tra Techbau, CampusX e lo studio di architettura Teco+partners. L’iniziativa mira a trasformare un’area storica della città in un innovativo campus universitario, pensato per rispondere alle esigenze delle nuove generazioni. La struttura prevede 313 camere singole, 30 doppie, 152 con spazio living e 54 per soggiorni brevi, offrendo soluzioni abitative flessibili.
Oltre 1.500 mq di spazi comuni saranno dedicati a servizi come coworking, lounge, palestra, cucina comune e aree sociali,
promuovendo benessere e inclusione. Il progetto punta anche sulla qualità ambientale, con l’obiettivo di ottenere la certificazione Breeam, grazie all’uso di materiali riciclati e tecnologie avanzate. Il design dell’edificio sarà caratterizzato da una forma a corte con un ampio spazio verde centrale che favorisce il senso di comunità.
Le torri alle estremità aumentano la capacità abitativa e fungono da punti di riferimento architettonici.
La gradazione azzurra delle facciate, che dialoga con il cielo, e la vegetazione integrata rafforzano il legame con la natura,
rendendo l’edificio – spiega l’architetto Luigi Benatti di Teco+partners – parte dell’ambiente circostante.
Andrea Marchiori, Ceo di Techbau, sottolinea che il progetto è un esempio di come innovazione e collaborazione possano generare valore per la comunità. Samuele Annibali, Ceo di CampusX, aggiunge che la realizzazione del campus contribuirà alla crescita economica e culturale del quartiere.
La nuova struttura non solo migliorerà la vivibilità, ma attirerà studenti italiani e internazionali, rafforzando il tessuto sociale e culturale di Bologna ■
Semplifica l’accesso all’avvolgibile e si integra perfettamente con il design degli interni
Versatilità di integrazione con il serramento che garantisce l’idoneo fissaggio sia a filo muro interno, sia in mazzetta e rende il cassonetto quasi completamente invisibile nella versione con fissaggio a pressione. Isolamento termico con trasmittanza tra 0.52 e 0.65 W/m2K e comfort acustico garantito dal
potere fonoisolante tra i 43 dB e i 48 dB. Ispezione frontale del cassonetto dall’interno.
Flessibilità di personalizzazione in base a:
• luce architettonica del foro finestra;
• diametro dell’avvolgibile;
• tipologia di finitura.
FIRENZE
IL PROGETTO DI GUICCIARDINI & MAGNI
RADDOPPIA IL MUSEO
DELL’OPERA DEL DUOMO
Nell’ultima seduta del 2024 la giunta comunale di Firenze ha approvato la delibera, presentata dall’assessora all’Urbanistica Caterina Biti, al progetto di ampliamento del Museo dell’Opera del Duomo che, inaugurato nella sua veste attuale nel 2015, in questi anni ha visto aumentare da 120mila a 600mila il numero annuale di visitatori.
Agli attuali 6.000 metri quadrati il progetto, firmato dallo studio Guicciardini & Magni Architetti e già autorizzato dalla Soprintendenza, aggiunge i circa 5.000 metri quadrati di Palazzo Compagni, l’adiacente edificio storico acquisito per questo scopo nel 2023 dall’Opera di Santa Maria del Fiore. Con la nuova sistemazione, il Museo dell’Opera del Duomo sarà dotato di nuove
funzioni indispensabili per un museo come spazi per mostre temporanee, una sala per incontri e convegni, una caffetteria con annesso giardino e nuovi servizi per i visitatori. L’ingresso al Museo rimarrà quello attuale, da Piazza del Duomo. Un intervento significativo sarà quello sul corpo edilizio presente all’interno del giardino, al posto del quale verrà realizzata una caffetteria. Demolito l’attuale fabbricato, privo di vincoli e che versa in cattive condizioni strutturali, verrà costruito un nuovo edificio che ne ricalca l’impronta in pianta mantenendo la stessa altezza, ma cambiando la conformazione della copertura per creare una zona coperta e una terrazza.
La terrazza di Palazzo Compagni verrà
collegata a questa nuova terrazza in modo da creare un unico percorso coerente all’aperto dal quale ammirare, da una posizione spettacolare e inedita, la Cupola del Brunelleschi.
Insieme ad Adolfo Natalini, Guicciardini & Magni aveva già lavorato al primo ampliamento, avviato nel 1997, con la famosa ‘sala del Paradiso’ con la parete di 36 metri per 20 dove si trova il modello in scala 1:1 dell’antica facciata del Duomo di Firenze realizzata da Arnolfo di Cambio a partire dal 1296, mai completata e distrutta nel 1587 ■
La piazza si sviluppa su una griglia modulare. A nord, un’area di sosta e servizio, al centro il mercato protetto da una copertura in vetro con fotovoltaico integrato, a sud, uno spazio per accogliere spettacoli ed eventi.
Adat Studio ha presentato la trasformazione di piazza Monteleone di Spoleto, nel quartiere Fleming di Roma, con l’intento di trasformarla in un’oasi urbana vegetata con uno spazio pedonale vivibile. Il progetto mira a rispondere alle esigenze di una comunità che cambia, rendendo la piazza un luogo di incontro al servizio di tutte le generazioni. L’idea centrale è quella di intrecciare verde e costruito per migliorare la qualità di vita e contrastare gli effetti del cambiamento climatico. La piazza sarà caratterizzata da una geometria chiara che strutturerà gli spazi, mentre la componente
naturale arricchirà il tessuto urbano, dando vita a uno spazio dinamico, capace di adattarsi alle diverse esigenze nel corso del giorno: al mattino, il mercato e l’edicola daranno vita alla zona; nel pomeriggio, gli spazi saranno dedicati al gioco e alla socializzazione; la sera un sistema di luci accoglienti creerà un’atmosfera intima e sicura.
Il design architettonico prevede una griglia modulare che distribuisce gli spazi con aree di sosta, un mercato protetto da una copertura leggera e una zona aperta per eventi e spettacoli. 16 nuovi alberi
diventeranno protagonisti, fornendo ombra, migliorando l’aria e arricchendo il paesaggio. Insieme a una varietà di specie vegetali, superfici permeabili e sistemi di drenaggio naturale come il ‘rain garden’, la piazza diventerà un piccolo ecosistema che contribuirà alla gestione delle acque piovane. I lavori inizieranno a settembre 2025 ■
Committente Comune di Roma – Municipio XV Progetto architettonico Adat Studio Progetto paesaggio M. Burrascano, C. De Lillo Magliulo
NUOVO CENTRO DELLA
Con la posa della prima pietra da parte del sindaco Giuseppe Falcomatà e di Filippo Innocenti, direttore di Zaha Hadid Architects, è iniziata a costruzione del nuovo Centro della Cultura Mediterranea a Reggio Calabria.
Il nuovo edificio, che integra il recupero della costa cittadina, mira a esplorare la storica e futura relazione della regione con il Mediterraneo, completando i musei archeologici e artistici locali. Progettato come uno spazio culturale e civico, il centro ospiterà eventi, mostre, conferenze e una varietà di strutture come gallerie, un acquario e un auditorium multifunzionale. Il progetto prevede anche nuovi spazi educativi e servizi di svago,
come una libreria e un ristorante con vista sul porto.
L’architettura del centro si ispira alle forme naturali e marine, con cortili riparati dal sole e dai venti, creando un dialogo tra l’ambiente esterno e gli spazi interni.
La sostenibilità è al centro del progetto, con soluzioni passive come una facciata in alluminio anodizzato che riduce il guadagno termico solare, ottimizzando il comfort e riducendo i consumi energetici.
L’uso di piante autoctone per il paesaggio e il recupero delle acque piovane contribuiscono ulteriormente alla qualità ecologica dell’intervento.
Il design organico di Dame Zaha Hadid, ispirato alla simmetria radiale delle stelle
marine, era stato selezionato nel concorso internazionale che si era svolto nel 2007. Il finanziamento per il progetto è stato garantito nel 2021 attraverso il Pnrr e il Programma Operativo Nazionale per le Città Metropolitane, permettendo finalmente l’avvio dei lavori ■
Progetto Nuovo Centro della Cultura Mediterranea
Progetto architettonico Zaha Hadid Architects
Local Architect Artuso Architetti Associati
Ingegneria Interprogetti
General Contractor Cobar
Acoustic Consultant Roberto Candela
CATANIA
Il team formato da Bodàr Bottega d’architettura (Francesco, Giuseppe e Marco Messina con la partner Viviana Ragnini) e Mdu Architetti (Cristiano Cosi, Alessandro Corradini e Marcello Marchesini) ha vinto il concorso per la rigenerazione urbana del lungomare di Ognina a Catania, nell’ambito del progetto di recupero e valorizzazione dell’antico Borgo Marinaro.
Il team vincitore include anche la società di ingegneria Aei per la progettazione delle strutture, Eko - Tek Engineering per la progettazione degli impianti, Smart Engineering per la mobilità e Cangeo per la geologia.
Il progetto si basa sull’interpretazione dell’area di Ognina come spazio-soglia tra la terra e il mare, un piccolo cretto generato dalla concrezione di un magma indistinto e simbolizzato dal contrasto tra formazioni basaltiche, vegetazione e acqua. L’approccio progettuale riflette questa lettura, immaginando le diverse densità del tessuto edilizio della città come una colata lavica solidificata che raggiunge l’acqua. Il progetto è suddiviso in vari sub-sistemi
che creano una sequenza di spazi distinti, composti da superfici minerali e vegetali. Ogni zona è definita da diverse intensità di urbanizzazione, a partire da piazza Nettuno fino al nucleo storico di Ognina, dove il tessuto si riaddensa attorno alla chiesa e al porticciolo. Il progetto, che culmina in un ‘chiosco’ simbolo dell’intersezione tra i vari sistemi ambientali e funzionali, corre su una dorsale a sezione costante lungo l’intero waterfront, connettendo le diverse realtà che incontra e garantendo la continuità dei tre sistemi di mobilità: pedonale, ciclabile, carrabile.
Bodàr e Mdu si erano già distinti nel 2024, ottenendo riconoscimenti per il Parco tra i mari a Milazzo e lo Stadio del nuoto a Taranto che nel 2026 ospiterà i Giochi del Mediterraneo ■
Attraverso il tempo, efficace sempre.
Scandurra Studio ha presentato il prototipo New. Neighborhood for Educational Wonder, progetto vincitore del concorso internazionale Future School for Ukraine, promosso dal governo lituano per accelerare la ricostruzione delle scuole danneggiate in Ucraina a causa del conflitto. Il progetto, sviluppato in collaborazione con Mykhailo VusKanskyi (Ucraina), Deerns Italia per l’energia e i sistemi e Ceas per la struttura e la prefabbricazione, punta a una costruzione rapida, sostenibile e scalabile, utilizzando prefabbricati e design modulare. Il sistema consente di ottenere configurazioni flessibili e spazi adatti a diverse esigenze educative, integrando elementi di economia circolare e riducendo le emissioni di CO 2 I corridoi si trasformano in spazi dinamici per l’apprendimento informale, mentre i giardini e le facciate verdi offrono momenti di bellezza e connessione con la natura. Il progetto rispetta le linee guida per un design non invasivo e per l’efficienza energetica, puntando a creare scuole come centri di comunità e crescita sociale. Il modello, finanziato dal Fondo Lituano per la Cooperazione, sarà disponibile entro la metà del 2025 per le istituzioni ucraine e i partner internazionali.
In Ucraina, oltre 1.600 scuole sono state danneggiate dai bombardamenti russi e la ricostruzione è urgente. Il progetto rappresenta una risposta innovativa, volta a restituire ai bambini un luogo sicuro e a stimolare la rinascita delle comunità attraverso l’architettura, che deve rispondere alle necessità di emergenza e supporto psicologico nei contesti di conflitto ■
Il progetto si basa su una griglia di moduli per un ampio sistema spaziale che consenta di ottenere configurazioni interne flessibili entro un perimetro prestabilito.
LA SOLUZIONE IDEALE, PER IL RISPETTO AMBIENTALE
La direttiva EPBD prevede di raggiungere per gli edifici non residenziali e pubblici la classe di prestazione energetica E entro 2027 e la classe D entro il 2030. Il prodotto Kömmerling, si distingue garantendo il rispetto dei criteri CAM, diventando soluzione ideale nella sfera dei bandi pubblici. kommerling.it
LA TORRE ROZAFA DI SELGASCANO ESTUDIO
Due le specificità di questo progetto mixed-use di José Selgas e Lucía Cano (con Paolo Tringali e Inés Olavarrieta) che sorgerà nel centro della città dal passato veneziano e ottomano di Scutari, che condivide l’omonimo lago con il Montenegro: la planimetria trilobata e la profondità delle facciate. Entrambe contribuiscono a migliorare la percezione dell’edificio – inusuale per altezza rispetto al tessuto urbano della città – e ad alleggerirne la massa. Ad esse si aggiunge l’uso del colore: tonalità pastello di giallo, arancione e verde chiaro che accrescono l’originalità del progetto.
La torre svilupperà una superficie complessiva di 39.000 metri quadrati suddivisi tra un basamento commerciale di tre piani, una sezione centrale di 20 piani destinata ad appartamenti e un hotel con piscina agli ultimi sette livelli. I colori e la geometria delle terrazze, che integrate nell’architettura diventano l’involucro distintivo del nuovo sviluppo, svolgono importanti funzioni climatiche in un territorio che, caldo d’estate, è anche molto piovoso nelle stagioni fredde, proteggendo la facciata vetrata interna. Con pattern di legno differenti che rivestono il soffitto e il pavimento, attrezzate ciascuna con
un ampio ombrellone giallo (che sta diventando un segno caratteristico delle opere di SelgasCano), le grandi dimensioni delle terrazze rappresentano anche un’estensione all’aperto degli appartamenti, valorizzandoli, e delle camere dell’hotel. La disposizione triangolare dei volumi privilegia gli orientamenti migliori, permettendo di offrire viste, impareggiabili via via che si sale in altezza, sul lago, sulle alpi albanesi o sul fiume Boiana. Il nome dello sviluppo – Rozafa – è quello della fortezza difensiva di Scutari, costruita da Venezia e in seguito assediata ed espugnata dai turchi ■
84 ettari circondati dalla barriera corallina nelle acque del Mar Rosso, poco a est dell’imbocco del golfo di Aqaba: Sindalah è una delle cinque regioni di Neom, il progetto visionario voluto dal primo ministro dell’Arabia Saudita principe Mohammed bin Salman che per l’economia del proprio Paese immagina un futuro libero dal petrolio.
Autore del masterplan e delle architetture di Sindalah è lo studio fiorentino Luca Dini Design & Architecture, famoso a livello internazionale per la progettazione custom di super e megayacht.
Il progetto si ispira alle più eleganti destinazioni turistiche italiane e offrirà ai
visitatori e agli ospiti esperienze dello stile di vita che caratterizza il nostro Paese. Il villaggio e la promenade dell’isola presenteranno forme architettoniche fluide che si fondono con il paesaggio, creando un continuum tra spazi interni ed esterni. Sindalah ospiterà anche un porto turistico con 86 posti barca per superyacht, uno yacht-club su due livelli, con terrazze che si estendono verso il mare come i ponti di una barca, un golf club e un campo da golf a 18 buche, 38 ristoranti, lounge e un centro per sport acquatici.
L’offerta ricettiva sarà altrettanto straordinaria, con tre hotel a cinque stelle dotati di oltre 550 camere ultra-premium,
insieme a ville e appartamenti. 51 le boutique del lusso presenti sull’isola. Le componenti urbanistiche si inseriscono in un contesto architettonico armonioso e rispettoso del fragile ambiente marino circostante.
Lo scorso ottobre è avvenuta una prima ‘soft opening’, ma i lavori sono tuttora in corso per completare questa destinazione turistica per miliardari sorta dal nulla e finanziata – come tutte le altre ‘regioni’ di Neom – con un fondo di complessivi 500 miliardi di dollari ■
Alfredo Vanotti si laurea a Milano nel 2004 e nel 2009 fonda a Sondrio il suo laboratorio di architettura, che opera ponendo particolare attenzione alle relazioni tra architettura, natura e integrazione con il contesto ambientale e storico. I progetti, spesso piccoli episodi isolati nel paesaggio dell’arco alpino lombardo, sono caratterizzati da un impiego sorvegliato dei materiali e dal rispetto verso le preesistenze. Particolare cura è posta nelle soluzioni spaziali degli interni e nell’uso delle risorse ambientali. L’artigianalità riveste un ruolo di rilievo per trasformare ogni lavoro in un racconto unico, dove i dettagli sono studiati con cura e ogni spazio è pensato per riflettere l’essenza di chi lo abita.
www.alfredovanottiarchitetto.it
RADICATE NEL TERRITORIO
DELLA VALTELLINA E
RISPETTOSE DELLA NATURA DEL PAESAGGIO E DELLA TRADIZIONE, LE OPERE DI ALFREDO VANOTTI NON RINUNCIANO TUTTAVIA A UNA POETICA CONTEMPORANEITÀ
‘Casa EC’: retti da colonne binate, i blocchi in calcestruzzo dei due volumi si inseriscono nel paesaggio di mezza montagna. Davanti alla casa un piccolo vigneto.
di Luigi Prestinenza Puglisi
Ho chiesto ad Alfredo Vanotti il nome dell’architetto che lo ha maggiormente influenzato. Senza esitazione mi ha risposto Alvar Aalto. Devo dire che mi aspettavo una risposta differente. Nelle sue opere riferimenti espliciti ad Aalto a prima vista non ce ne sono, mentre sarebbe più immediato vederne qualcuno a Mies van der Rohe, come per esempio in ‘casa G’, o anche all’architettura italiana del secondo dopoguerra, come in ‘casa EC’. Eppure, guardando attentamente la sua produzione, quella di Alvar Aalto si rivela come la più sensata chiave di lettura del lavoro di Vanotti. Per la scelta dei materiali naturali e la loro valorizzazione. E per l’idea organica che pervade il progetto, che non esiste mai in sé e per sé ma sempre in funzione del paesaggio circostante che contribuisce a creare.
In proposito si possono individuare cinque strategie. La prima è l’attenzione all’inserimento ambientale. La costruzione deve appartenere al posto. Ciò vuol dire che se si interviene su una preesistenza che ha qualità paesaggistiche,
come per esempio in ‘casa privata 2024’, le trasformazioni devono essere minime. Se le qualità, come nella “Ca’ Giovanni”, sono latenti, occorre farle emergere operando un processo di razionalizzazione. Se la preesistenza non ha valore ambientale, può essere abbattuta per fare posto a una costruzione del tutto diversa ma che, come in ‘casa Privata VI’, sembra appartenere da sempre al luogo e sembra, anche, essere stata oggetto di un accurato e competente restauro che l’ha rinnovata e modernizzata. Se la costruzione è, infine, nuova, come in ‘casa G’ e ‘casa EC’, il nuovo volume si inserisce piacevolmente nel paesaggio evitando atteggiamenti aggressivi e poco rispettosi della natura circostante. La seconda qualità organica dell’opera di Vanotti è da ricercarsi nell’estrema attenzione con la quale la casa partecipa allo spazio esterno. Si osservi in proposito la meticolosità con la quale sono ubicate e dimensionate finestre e vetrate.
La terza qualità è nel saper alternare spazi interni e spazi
esterni. A volte delimitando questi ultimi mediante gli stessi corpi di fabbrica dell’edificio: in ‘casa EC’ e ‘casa B’, a delimitare sono il volume che ospita la zona notte e quello che ospita la zona giorno. Un accorgimento questo che sottolinea la chiarezza funzionale e distributiva dell’abitazione e, allo stesso tempo, esplicita formalmente l’apertura della casa al paesaggio.
La quarta qualità è la semplificazione. Da qui, in fase di restauro, l’eliminazione di tutto ciò che è inutile, puro elemento decorativo. Il risultato è che, per quanto la casa sia antica, appare razionale, essenziale, moderna. Con lo stesso rigore e semplicità Vanotti si pone se la casa è costruita ex-novo. Prevalgono il legno e la pietra. Ma spazio è dato al ferro e al cemento, quest’ultimo trattato come se fosse un materiale naturale.
La quinta qualità è la fluidità dello spazio. Uno spazio decisamente minimale che bene bilancia l’aspetto materico delle pareti in legno o in pietra e che, come notavamo in apertura, fa vagamente pensare alla lezione di Mies van der Rohe, soprattutto in ‘casa G’, caratterizzata da esili pilastrini e grandi aperture sul paesaggio.
A colpire in queste residenze è la scelta di lasciare per quanto possibile libere le pareti. E porre mobili e strutture fisse al centro. Con due obiettivi. Primo: rendere lo spazio interno punteggiato da episodi plastici. Secondo: trasformare l’interno in un esterno. Ciò avviene soprattutto quando le pareti interne sono lasciate in pietra esattamente come se fossero dei prospetti, come in ‘ca’ Giovanni’, o quando sono trattate come pianiparete come in ‘casa EC’. Grazie a questi accorgimenti la costruzione perde il suo aspetto vernacolare e diventa un ambiente composto secondo logiche spaziali e materiche innovative. Riuscendo così nel miracolo di essere rispettosa della natura, del paesaggio e, se volete, della tradizione, ma nello stesso tempo senza rinunciare a una non meno poetica contemporaneità ■
I filtri fotografici di Marcello Mariana cercano di restituire il paesaggio fiabesco dove sorge questa residenza, un luogo ai margini di un piccolo abitato, circondato da prati e boschi, ai piedi delle Alpi Orobie.
Il progetto sfrutta la morfologia del terreno per ottenere la miglior vista possibile sul fondovalle, mentre l’organizzazione dei volumi in moduli che si ripetono dà un ordine alla composizione architettonica rispondendo nel contempo al vincolo di includere una superficie di almeno 4 metri quadrati del sedime di un precedente rustico che la nuova residenza sostituisce.
Sopra, il soggiorno visto dal corridoio di ingresso di ‘casa EC’, interamente rivestito in legno.
Località Albosaggia, Sondrio Architettura Alfredo Vanotti - e|v|a Responsabile di progetto Alfredo Vanotti Superficie 150 mq + 150 mq interrati Foto Marcello Mariana
La strategia, che ha permesso di collocare la nuova architettura al centro del lotto, alterna due ‘tunnel’ aperti e protetti da un tetto piano e due blocchi, con copertura a un solo spiovente, rispettivamente destinati alla zona giorno e alla zona notte della casa.
Le colonne in cemento armato a vista che reggono gli sporti – quasi piccoli portici – sono completate con elementi in carpenteria che rendono aerea la copertura. L’ambiente di ingresso, poco illuminato, aumenta la sorpresa del vasto spazio living, inondato dalla luce naturale che filtra dalle vetrate a tutta altezza.
All’esterno, al calcestruzzo armato a vista si aggiunge un rivestimento a opus incertum in pietra naturale (nelle foto delle pagine precedenti), mentre l’interno è interamente in legno, dai pavimenti al soffitto: una scatola di legno dentro una scatola di cemento.
SEZIONE E
SEZIONE V
PROSPETTO SUD
PROSPETTO OVEST
PROSPETTO NORD
PROSPETTO EST
SEZIONE E
Quattro case in Valtellina - casa B
Visitando casa B si prova quella stessa rassicurante sensazione dell’infanzia di trovarsi in un guscio protetto da esplorare, piccolo labirinto di direzioni diverse che conducono a sempre nuove scoperte.
La pianta articolata si sviluppa entro un recinto austero, che isola l’abitazione dall’esterno. Pur moderno, il cemento a vista che la protegge dalla curiosità del paese, trattato à la Tadao Ando, insieme alle doghe di legno di larice lasciato al naturale del rivestimento esterno fanno apparire l’intervento come parte integrante del tessuto urbano e anzi richiamano, senza mimarle, forme archetipiche delle costruzioni di mezza montagna.
La sequenza degli spazi interni è definita da una corte protetta che collega e separa i due volumi della zona notte e della zona giorno, quest’ultima con un grande affaccio rivolto a sud, verso la valle e le opposte pendici delle Alpi Orobie, che smentisce la chiusura rivolta a nord-est per guadagnare panorama, luce e il calore dei raggi solari. Legno e cemento a vista trattato con casseforme di metallo liscio caratterizzano anche gli interni, più ovvi nel lineare minimalismo del volume che affaccia a sud e più sorprendenti nelle parti di collegamento, nella stanza a cielo aperto del patio pavimentato in legno, nella finestra-lucernario del bagno con vista sul campanile della parrocchiale.
Località Castione Andevenno, Sondrio
Architettura Alfredo Vanotti – e|v|a
Responsabile di progetto Alfredo Vanotti
Superficie 200 mq + 300 mq interrati
Foto Marcello Mariana
Sopra, conservati anche i due ingressi esistenti, da ovest (sopra) e da nord. A destra, l’aspetto esterno rimane quello di un tempo.
PROSPETTO OVEST
PROSPETTO NORD
PROSPETTO EST
PROSPETTO SUD
Località provincia di Sondrio
Architettura Alfredo Vanotti – e|v|a
Responsabile di progetto Alfredo Vanotti
Superficie 60 mq + 60 mq seminterrato
Foto Marcello Mariana
Riportati alla pietra a vista e pavimentati in calcestruzzo, gli interni sono il risultato di un progetto dettagliato realizzato su misura da abili falegnami fabbri e carpentieri locali.
«Generazioni passate hanno costruito questo fabbricato con tanti sacrifici, utilizzandolo come luogo di lavoro per il sostentamento della propria famiglia: nell’intervento di recupero mi sembrava doveroso – scrive Alfredo Vanotti – tenerne conto, mantenendo il più possibile quanto realizzato sia dal punto di vista dei materiali che della forma». Così, sulle facciate esterne sono state rispettate tutte le aperture dell’edificio originario, adibito a stalla e fienile e oggi trasformato in abitazione. L’intonaco, asportato dalle pareti interne per riportare alla luce la pietra con cui era stato costruito, all’esterno è stato mantenuto, e allo stesso modo è stata conservata la copertura, recuperando e ripristinando sia la struttura portante e l’assito in castagno sia il manto di copertura in lamiera ondulata arrugginita.
Il programma è elementare: taverna e studio al piano terra; abitazione al piano superiore, con cucina e soggiorno al posto del fienile e camera e bagno dove c’era un deposito di attrezzi. Sembrerebbe tutto semplice, eppure negli ambienti si coglie un’eleganza che non ha riscontri nei residence di lusso di St. Moritz: perché l’etica non consiste solo nel rispetto del passato ma nel valorizzare l’abile saper fare in via di estinzione di fabbri e falegnami ai quali Vanotti ha affidato la realizzazione degli arredi disegnati su misura: il blocco cucina e il camino in ferro verniciato ma anche i catenacci dei portoni d’ingresso e gli altri dettagli che caratterizzano la casa. Recuperati anche gli arredi – sedie, poltrone, armadi, lampadari – salvati dalla distruzione, restaurati e utilizzati di nuovo.
Nelle foto, pietra a spacco e materiali attuali per un risultato coerente con la tradizione costruttiva del luogo.
L’edificio, in posizione tranquilla ai margini del comune di Caiolo, sostituisce una precedente struttura rurale pericolante. Si tratta di un monolite in pietra e calcestruzzo bucato dai vuoti delle aperture finestrate la cui collocazione, in accordo con le piante e la distribuzione delle funzioni interne, permette di godere da ogni posizione della vista circostante. Al piano terra, dove si trovano i servizi di accoglienza comuni, le grandi vetrate annullano la distinzione tra interno ed esterno, mentre nelle camere ai due piani superiori i letti sono tutti collocati davanti a una grande finestra che indirizza la vista sulle montagne e sui boschi circostanti.
Dal punto di vista dei materiali si è optato per la continuità del linguaggio tipico del territorio utilizzando pietra naturale, calcestruzzo, legno, ferro verniciato e intonaco. Elementi della tradizione architettonica, portati alla contemporaneità, sono stati ripresi nella realizzazione delle scale, dei ballatoi, nella copertura a due falde senza gronde e nella parete nord, dove il rivestimento verticale in legno, tipico dei fienili, funge da oscuramento alle finestre. Riferimenti alla tradizione del luogo anche negli interni, con il grande camino in calcestruzzo al centro della sala a piano terra e nelle pavimentazioni in calcestruzzo.
CORREGGERE REGOLE ANTICHE E NUOVE
Il curatore Guglielmo Bilancioni, già docente di Storia dell’Architettura all’Università di Genova, ha compiuto un’opera meritoria ripubblicando i testi che Paolo Portoghesi ha dedicato a Gurino Guarini, protagonista del barocco piemontese. Architetto e teorico dell’architettura, filosofo e matematico, sacerdote dei Teatini che rinnovarono la vita ecclesiastica segnata dalla riforma cattolica antecedente il Concilio di Trento, insieme a Borromini Guarini è considerato uno dei maestri del barocco in Italia grazie agli edifici “un tempo vastissimi, perseguitati nei secoli da ogni sorta di calamità”. Oggi si può ancora ammirare a Torino la chiesa di San Lorenzo, la cappella della Sacra Sindone in Duomo e il palazzo Carignano. Nel 1956 un giovanissimo Portoghesi gli dedicò una monografia, contribuendo in modo decisivo alla sua riscoperta, dopo che era stato quasi dimenticato. Il testo, assieme ad altri due saggi e alla postfazione di Bilancioni, compone l’attuale volume. Guarini si forma a Roma dove esplora le architetture di Pietro da Cortona, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. Studia l’eredità gotica e annota: “l’architettura può correggere le regole antiche e nuove inventare” Allude a schemi longitudinali, associati a nuclei spaziali, come quelli presenti nei disegni del trattato L’architettura civile, anticipato nel 1686 ma pubblicato nel 1737. Un volume importante perché “interprete massimo degli scambi che specie sul terreno tecnico avvennero in Europa nell’ultima stagione del Seicento” in particolare grazie alla Sacra Sindone: “Chi è salito alla cappella dal vano buio e lucido delle scalette trova nell’immagine della cupola un imprevedibile senso di liberazione, introdotto dal lacerante composto rigore della zona inferiore”
Mario Pisani
Sono più di 1.400 gli architetti e designer che ricorrono nelle 884 pagine della Storia dell’Architettura di Luigi Prestinenza Puglisi. Aggiornata al 2024 e organizzata in due volumi, è disponibile nella libreria online di Amazon, una scelta ‘democratica’ che il celebre critico e assiduo collaboratore di IoArch ha fatto per contenere il prezzo al pubblico e rendere l’opera accessibile a tutti, in particolare agli studenti che vi troveranno informazioni non accademiche. Perché «nonostante i fatti siano fatti –scrive LPP – le interpretazioni che come storici diamo agli eventi che sono accaduti sono le più varie, tanto che continuamente troviamo contro-fatti che mettono in crisi le vecchie interpretazioni, anche quelle considerate più solide e scontate. Per esempio, l’attenzione crescente per le figure femminili ha finalmente reso giustizia a Charlotte Perriand, soffocata dalla presenza ingombrante
di Le Corbusier, non più vista come la sua semplice assistente per gli interni ma come la principale autrice dei mobili capolavoro usciti dallo studio in Rue de Sèvres. O la figura di Lilly Reich, corresponsabile non solo di pezzi di arredo firmati da Mies van der Rohe ma probabilmente anche di Casa Tugendhat e del padiglione tedesco a Barcellona. Le nuove visioni del mondo – in questo caso la consapevolezza di essere vissuti in una società dominata da boss egoisti che non concedevano nulla ai collaboratori, soprattutto se donne, ci permettono di andare a scovare fatti trascurati che ci raccontano altro rispetto alle narrazioni precedentemente accreditate».
Il dono di LPP è quello di dare un’anima alle cose, inquadrando l’architettura all’interno della grande storia del Novecento e dei primi decenni del XXI secolo e della storia ‘minima’ dei suoi protagonisti.
Volume 1 dal 1905 al 1980 534 pp 16,12 euro
Volume 2 dal 1980 a oggi 350 pp 11,44 euro
di Chicago congiungono business e collezione d’arte in un’atmosfera discreta e rarefatta che, ricorda ancora Valerio Paolo Mosco, è uno dei segni che caratterizzano il lavoro dello studio. Un atteggiamento che lascia l’architettura sullo sfondo per avvolgere chi la abita e che ben si legge nelle piante e nelle sezioni, «spesso orientate – scrive ancora Mosco – sul concetto di dilatazione e compressione dello spazio»
Paolo Portoghesi. Guarino Guarini
Edizioni Pendragon, Bologna 2024
192 pp, 22 euro
ISBN 978-88-3364-630-5
La relazione con il paesaggio, ormai un luogo comune negli statement degli architetti ma che talvolta si fatica a intravedere osservandone le opere, nei lavori dello studio Alvisi Kirimoto assume una dimensione «di dialogo con il terreno», scrive Valerio Paolo Mosco nell’introduzione a questo volume, il primo della collana Progressive che Maurizio Carones cura per Forma Edizioni: una collana di agile formato che all’intento divulgativo associa una precisione professionale nella presentazione delle opere. Tredici quelle dello studio romano qui illustrate e di diverse tipologie: dall’edificio direzionale Molino Casillo (2012) alla cantina Bulgari Podernuovo a Palazzone (2013), dalle residenze (villa S a Porto Rotondo e villa K in Nord Italia) agli allestimenti espositivi (la mostra ‘Rivoluzione Vedova’ all’M9 del 2023 e il museo Antonioni di Ferrara, 2024) fino agli uffici di rappresentanza (2018) che, al trentaduesimo piano di un grattacielo
Alvisi Kirimoto. Architetture scelte 2012-2025
Forma Edizioni Firenze 2024 165 pp, Ill, 22 euro ISBN 978-88-5521-193-2
a cura di Carlo Ezechieli
Il ruolo e l’architettura delle infrastrutture fisiche e materiali nella società dell’informazione
CHE ABITIAMO DIPENDONO ORMAI
DA UN SISTEMA RELAZIONALE
RETICOLARE E INVISIBILE
“Voglio una vita spericolata” cantava Vasco Rossi in un brano che tutti conosciamo. Interessante però notare come, più o meno pericolosamente, la nostra vita si svolga ormai ampiamente in rete. Con una media giornaliera procapite di 8-10 ore davanti a uno schermo (come evidenziato da Jan Van Dijk in quest’intervista) è evidente che i nostri punti di riferimento siano molto differenti rispetto al passato. E anche se la forma fisica e tipologica delle città rimane sostanzialmente immutata, la modalità di utilizzo degli spazi che abitiamo, l’Utilitas vitruviana, è profondamente cambiata: contesa tra il contesto fisico tradizionale e un nuovo sistema relazionale, capillare e invisibile. In tutto questo l’architettura, ovvero l’interfaccia primaria potenziale tra questi due sistemi, malgrado l’intenso periodo di dibattito e ricerca tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo, stenta ancora a trovare una propria forma di espressione compiuta. Eppure gli stimoli non mancano. Come per l’architettura della prima fase del Moderno, anche oggi una moltitudine di forme pragmatiche e spontanee sono presenti nel mondo del commercio e dell’industria e si rivelano in esempi che vanno da modalità di space planning del tutto inedite, alla imperante presenza di schermi – in contesti come stazioni ferroviarie, sale riunioni o abitazioni private – fino ai sempre più diffusi assistenti IA come Alexa. Quale architettura saprà rappresentare il dialogo tra mondo fisico, sempre imprescindibile, e l’invisibile e ormai onnipresente sfera che governa le nostre reticolate esistenze? È una domanda che ricorre da tempo, ma forse i tempi sono maturi per trovare una risposta.
Jan A.G.M. van Dijk
Professore Emerito di Scienze della Comunicazione presso l’Università di Twente, nei Paesi Bassi, Jan van Dijk (1952) ha introdotto il concetto di Network Society, descrivendo la società connessa come organizzata attraverso reti sociali e mediatiche. Inizia la carriera come metodologo della ricerca sociale critica negli anni ‘70, per concentrarsi poi sull’impatto della digitalizzazione su individui, organizzazioni e società. Tra i suoi contributi più rilevanti gli studi sul digital divide, la democrazia digitale e l’e-government: tematiche approfondite in The Network Society, The Digital Divide e Digital Democracy. Dal 2020 lavora a Power & Technology, progetto in cui sviluppa una teoria del potere che integra aspetti naturali, tecnici e sociali analizzando il ruolo della tecnologia nella storia umana.
UN COLLOQUIO CON JAN VAN DIJK SUL TEMA DELLA
NETWORK SOCIETY, TERMINE ORMAI DIFFUSO E DA LUI
INTRODOTTO SULLA BASE DI UNA BRILLANTE INTUIZIONE
ALL’INIZIO DEGLI ANNI NOVANTA
di Carlo Ezechieli
L’espressione Network Society, entrata ormai da anni nel lessico comune, identifica una società, quella di ogni paese post-industriale, in cui le reti di comunicazione digitale e i flussi di informazioni giocano un ruolo centrale nell’organizzazione economica, sociale e politica. Jan van Dijk è colui che per primo ebbe questa notevole intuizione, aprendo un dibattitto sempre più attuale e che coinvolge direttamente anche l’architettura.
Da quando ha coniato l’espressione Network Society, nel lontano 1991, quali sceglierebbe come principali caratteristiche economiche, sociali e fisiche che la identificano, anche rispetto al passato?
Nel xix e nel xx secolo la società di massa era il principale tipo di società. Si basava sui mass media e su tutti i tipi di assemblee, imprese,
gruppi (‘masse’) e comunità di individui che comunicavano per lo più incontrandosi di persona. Dal punto di vista economico, la Network Society è costituita da imprese, mercati e media che lavorano in gran parte online. Sono supportati da piattaforme di ogni tipo che attualmente rappresentano le realtà economiche principali, più delle aziende siderurgiche e automobilistiche. Da dieci a quindici Big Tech americane e cinesi sono ora le aziende più potenti del mondo ed entrano in diretta competizione con il potere di governi e parlamenti. Con una media online per individuo di 8-10 ore al giorno, la vita della società delle reti si è parzialmente o in gran parte spostata online. Le caratteristiche fisiche sono infrastrutture assolutamente vitali, costituite da reti via cavo e via etere concentrate in enormi data center. In guerra, piuttosto che bombardare massic-
Nei prossimi anni la maggior parte degli scambi sociali ed economici avverrà online, ma la comunicazione face-to-face rimarrà vitale. Gli architetti devono progettare edifici che rendano possibile tutto questo
Jan A.G.M. van Dijk
ciamente città ed edifici, fazioni avversarie sarebbero ancor più efficaci nell’hackerare e distruggere queste infrastrutture.
Edifici come aeroporti, università, ospedali e anche centri commerciali, sono hub che tendono ad avere un livello di complessità crescente. Secondo i suoi studi sulla società e sui cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, come immagina le città tra 50 anni? Saranno sempre più costituite da un insieme di hub? Nella storia, le città sono sempre state i principali snodi della società e della vita economica. Nella società delle reti, le città sono supportate da hub online, che nell’insieme vengono a volte chiamati ‘smart cities’. Sia gli hub urbani fisici sia quelli online hanno bisogno di architetture, di edifici, strade, binari e reti multimediali che lavorino insieme, senza attriti. Questo è il compito principale dell’architettura contemporanea. La maggior parte degli scambi sociali ed economici delle città nei prossimi anni avverrà online. Tuttavia, la comunicazione faceto-face nei sistemi urbani di una certa densità rimane vitale. Le città si baseranno anche in futuro su un’alta intensità di comunicazione e di scambio di informazioni, e per questo anche gli hub online hanno bisogno di una certa densità urbana. La prossimità è importante, soprattutto nelle città. E questo vale soprattutto negli ambienti più affollati di transazioni digitali presenti nelle città come le Borse: i trader basano le loro decisioni non solo su dati online, ma anche su informazioni privilegiate e colloqui con altri trader nelle vicinanze. Gli architetti devono progettare edifici che rendano possibile tutto questo e che offrano punti di connessione adeguati per lo scambio di informazioni, nonché strade e binari adeguati per lo scambio di informazioni.
Nonostante la diffusa disponibilità di collegamenti che potrebbero rendere più raggiungibili i piccoli e remoti villaggi, le grandi città sono in continua crescita, molte località rurali in tutto il mondo si stanno avviando verso l’abbandono e le differenze culturali si stanno livellando. Non stiamo perdendo
qualcosa di importante? Sarà ancora possibile parlare delle tradizioni e della cultura locale?
Il forte spostamento di popolazione verso le città di tutto il mondo rimarrà e potrebbe anche diventare più forte. Tuttavia, la vita e la cultura rurale non moriranno affatto. Nella Network Society la vita urbana e rurale saranno sempre più connesse e integrate. Le prospettive urbane avranno un impatto sulle culture locali. Al contrario, le culture rurali si sposteranno verso la vita urbana in quartieri o comunità in parte appartati e in parte culturalmente connessi. L’integrazione tra ogni tipo di scambio è il segno distintivo della società in rete, non la sua sostituzione! Tradizione e modernità tenderanno a fondersi accompagnate da inevitabili conflitti culturali.
Qualsiasi dispositivo o miracolosa funzione moderna, dai treni alle automobili, dagli smartphone all’intelligenza artificiale, è inutile senza un’infrastruttura. Data l’attuale e spropositata crescita delle reti fisiche e digitali, come vede il ruolo dell’architettura?
Nell’abbondanza di reti, piattaforme e altre tecnologie, in concorrenza tra loro, l’architettura diventerà ancora più importante dato che, come spiego nel mio ultimo libro Power and Technology (2024, Polity Press), offre la strategia competitiva principale. L’architettura fa parte di un sistema di rappresentazione del potere che nel libro chiamo ‘costruzione’. È una prerogativa primaria ma che può passare in secondo piano. Ad esempio, questa settimana l’azienda cinese Deep Seek, che opera nel campo dell’intelligenza artificiale, ha improvvisamente offerto un’alternativa software più efficiente ed economica alla strategia hardware del progetto Stargate americano che consisteva
nel potenziare i data center rendendoli sempre più grandi, potenti e pieni di chip.
Crede che per reazione a un certo punto sentiremo la necessità di tornare indietro? Si sentirà il bisogno delle vecchie connessioni fisiche, umane?
In effetti, molte persone nella nostra società di massa, ampiamente dipendente da reti tecnologicamente evolute ma alienanti, rimpiangono i vecchi tempi, con comunità ba-
Oggi, con una media online per individuo di 8-10 ore al giorno la vita sociale si è parzialmente o in gran parte spostata online
Jan A.G.M. van Dijk
I tre volumi di Jan Van Dijk che sono diventati pietre miliari nella contemporanea cultura delle reti: The Network Society, 1991. The Digital Divide 2020. Power and Technology, 2024.
sate sulla prossimità fisica, su conversazioni significative con famiglia, parenti, amici e persone vicine. Questa è una delle ragioni per cui il tema dell’identità è diventato oggi così popolare. Tuttavia, non si può tornare ai presunti ‘vecchi tempi’. Dobbiamo adattarci a una società di rete (post)moderna che cerca di trovare un’integrazione soddisfacente tra la vita online e offline utilizzando il meglio di entrambi i mondi. Come, ad esempio, stabilire facilmente contatti online e organizzare incontri significativi in seguito, utilizzando il web continuamente per molte applicazioni, ma anche imponendo dei limiti alla propria presenza online ■
Le ‘dita’ che reggono l’impalcato sollevandosi dalle quattro arcate della struttura. Foto ©Alessandro Lanzetta, courtesy Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
ALLA RISCOPERTA DEL
PONTE SUL BASENTO
DI SERGIO MUSMECI
UN CAPOLAVORO
INFRASTRUTTURALE
E ARCHITETTONICO
Non solo parlando di architettura, ma anche di ingegneria, accade spesso che al di fuori della narrazione legata alle figure più note e rappresentative, tanto influenti da creare scuole e dogmi, si sviluppino le carriere misconosciute di maestri alternativi, meno noti, meno influenti ma non per questo meno degne di nota. Talvolta alcuni di costoro incominciano ad assumere una notorietà che si estende fuori da circoli ristretti, fino a essere oggetto di un vero e proprio processo di mitizzazione, solo in età molto avanzata, se non addirittura successivamente al decesso.
Ed è così che mentre Antoni Gaudí, grande ingegnere e architetto, è diventato celebre dopo la sua morte, e Frei Otto ha ricevuto il Premio Pritzker a 89 anni, paradossalmente un gior-
no dopo la sua scomparsa nel 2015, di Sergio Musmeci, genio della progettazione strutturale, sviluppata in verità secondo metodologie sperimentali di indagine non convenzionali sulla resistenza e sul comportamento della materia molto simili, per l’appunto, a quelle di Otto e di Gaudí, poco ancora si conosca. Le opere di Musmeci non sono moltissime. Tra queste il Ponte sul fiume Basento, progettato nel 1967 e completato nel 1976 (noto anche come Viadotto dell’Industria o Ponte Musmeci), rappresenta sicuramente una delle opere più significative dell’ingegneria e dell’architettura non solo italiana ma internazionale. Il ponte collega l’uscita ‘Potenza Centro’ del raccordo autostradale Sicignano-Potenza con le principali vie di accesso alla città, attraver-
sando il fiume Basento, due linee ferroviarie e tre arterie stradali urbane. Progettato secondo una logica di tipo Thin Shell, quest’opera rappresenta la realizzazione concreta della teoria di Musmeci sul ‘minimo strutturale’, secondo la quale una struttura ideale deve essere delineata da una soluzione matematica e infine morfologica che garantisca il miglior utilizzo possibile del materiale, riducendone al minimo il peso.
Questo approccio ha portato a una struttura composta da una membrana unica di cemento armato con uno spessore uniforme di 30 centimetri per un’opera che si sviluppa attraverso quattro arcate contigue con un interasse di 69,20 metri e una luce libera di 58,80 metri tra gli appoggi. L’impalcato, largo 16 metri, è
Il ponte ad arco sul Basento
> Materiale cemento armato
> Lunghezza 56,00 metri
> Luce massima 58,80 metri
> Larghezza 16 metri
> Campate 4
> Carreggiate 2 a 2 corsie ciascuna
sostenuto da una serie di ‘dita’ di cemento che si innalzano dalla membrana sottostante. La parte più interessante è che la complessità dei calcoli necessari alla progettazione – non supportati dai moderni software di analisi degli elementi finiti e di progettazione parametrica – ha richiesto sperimentazioni su modelli fisici, matematici e geometrici, tra cui l’impiego di pellicole di acqua saponata, una pratica peraltro comune a Frei Otto, fino alla realizzazione di un modello in microcalcestruzzo su scala 1:10 che venne sottoposto a prove di carico per verificarne la resistenza. Notevole infine la visione architettonica e urbanistica del ponte, dove il livello sottostante era pensato per ospitare un percorso pedonale sospeso sul fiume e capace di collegare le due sponde formando un parco fluviale. Questi interventi, affermava Musmeci, « sono molto importanti per conseguire la completa fruibilità dell’oggetto architettonico, per ottenere cioè il suo definitivo inserimento, come
presenza caratterizzante, nel tessuto territoriale». Il ponte è stato progettato infatti come una vera e propria Gesamstkunstwerk, un’opera d’arte totale, per inserirsi nel paesaggio fluviale, quasi per confondersi con questo, seguendone le forme e diventandone parte. Nel 2003 il Ponte sul Basento è stato dichiarato monumento di interesse culturale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali: la prima opera del Novecento a ricevere tale nomina ■
Tutte le foto del servizio (©Alessandro Lanzetta) sono state realizzate nell’ambito del progetto L’Italia raccontata attraverso l’architettura finanziato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
Il terminal visto dall’esterno. In basso le scale mobili di accesso al piano superiore e ai corridoi sopraelevati.
FUNZIONALITÀ E IDENTITÀ NEL TERMINAL 2 DI BENGALURU
PORTA DI INGRESSO AL LUOGO E ALLA CITTÀ NEL PROGETTO DI SOM COMPLETATO NEL 2023
di Irene Principi
Il progetto architettonico degli aeroporti ha subito un’evoluzione significativa nel corso del tempo, passando da soluzioni più monumentali ed espressive a strutture sempre più funzionali e standardizzate. Il Twa Terminal di Eero Saarinen del 1962, ad esempio, era il simbolo dello sviluppo dell’aviazione civile con la sua forma organica che enfatizzava il movimento e la fluidità.
Negli anni successivi, come nel caso del Terminal 1 di Roissy, dell’aeroporto di Charles de Gaulle, progettato da Paul Andreu a Parigi nel 1974, la priorità si spostò verso l’espansione e l’adattamento alle necessità di un traffico aereo sempre più intenso, con una maggiore attenzione alla funzionalità e alla capacità di gestione dei flussi di passeggeri.
Da questo momento in poi la progettazione degli aeroporti divenne sempre più orientata verso l’efficienza operativa, cercando di minimizzare i tempi di attesa e ottimizzare gli spazi, trascurando però la componente compositiva e caratteriale della città in cui venivano costruiti. Con l’aeroporto di Stansted, a nord di Londra, costruito nel 1991, progettato da Norman Foster, la tendenza a ridurre l’impatto visivo e a favorire l’uso di materiali moderni e versatili si consolida. Da questo momento in poi l’architettura aeroportuale, con qualche eccezione, tende sempre di più a dare piorità a esigenze pratiche di sostenibilità e tecnologia avanzata. Per questo gli aeroporti si sono evoluti da spazi monumentali e rappresentativi a centri di transito efficienti e ad alta capacità.
L’area check-in, a destra, uno spazio d’attesa con i grandi lampadari verdi la cui forma richiama la tradizione indiana.
Non è questo però il caso dell’aeroporto di Bengaluru, nel quale i caratteri del luogo in cui si trova sono fortemente riconoscibili nel progetto e convivono perfettamente con l’esigenza di funzionalità. Il terminal reimmagina radicalmente l’esperienza del viaggio innanzitutto presentandosi come una città giardino, ispirata alla morfologia della città, e poi perché diventa un vero e proprio hub multimodale. Infatti, in un mondo dove tutto dipende dalle connessioni, sia fisiche che virtuali, infrastrutture come aeroporti, stazioni e simili non sono più semplici luoghi funzionali, ma si trasformano in nodi essenziali. Esse non solo adempiono alla loro funzione primaria, ma diventano spazi vissuti, in cui l’esperienza del luogo è un aspetto fonda-
Progetto Kempegowda Airport Bengaluru. Terminal 2
Luogo Bengaluru (Bangalore), Karnataka, India
Committente Bengaluru International Airport Limited
Progetto architettonico SOM Skidmore, Owings & Merrill
Data di completamento 2023
Foto Ekansh Goel, Studio Recall
Materiali locali come i tradizionali mattoni di argilla rossi e il solaio in strati intrecciati di bambù ingegnerizzato.
mentale. La città di Bengaluru (in precedenza chiamata Bangalore) presenta al proprio interno numerose aree verdi e l’aeroporto diventa una di queste. Il nuovo terminal è costituito da una sequenza di spazi che si susseguono, integrandosi con elementi paesaggistici che creano oasi di tranquillità nella confusione di un aeroporto.
Il soffitto è realizzato con strati di bambù ingegnerizzato disposti in modo incrociato.
Le finiture fanno un uso sapiente di materiali di provenienza locale, tra cui granito marrone e avorio, mattoni rossi e rattan tradizionalmente intrecciato. Inoltre, il Terminal 2 è concepito secondo avanzate strategie di progettazione sostenibile, che consentono alla struttura di operare interamente con energia rinnovabile.
A destra, il corridoio verde che connette i servizi aeroportuali e gli spazi commerciali del terminal.
Queste strategie includono un ampio utilizzo di pannelli solari e di materiali rinnovabili. La vegetazione viene irrigata con acqua piovana raccolta in serbatoi, e le cascate nell’area commerciale contribuiscono a raffrescare la temperatura interna. Il sistema strutturale del terminal e la sua forma rettilinea si integrano con il paesaggio continuo, che si sviluppa su più livelli, sia all’interno sia all’esterno. La struttura è stata progettata in modo che sia in grado di modificarsi nel tempo parallelamente all’evolversi delle esigenze dei servizi aeroportuali e del traffico, nella previsione di aumentare di altri 20 milioni la capacità di ricevere passeggeri nei prossimi anni ■
Dominique Perrault
Architetto e urbanista francese noto per il suo approccio innovativo, Dominique Perrault (1953) ha ottenuto fama internazionale con la Bibliothèque Nationale de France a Parigi (19891995). La sua ricerca esplora la relazione tra architettura e paesaggio urbano, integrando infrastrutture e spazi pubblici. Tra i suoi progetti più noti l’Olympic Tennis Center di Madrid, la Torre DC di Vienna e il Villaggio Olimpico di Parigi 2024. Dominique Perrault è stato insignito della Grande Médaille d’Or dall’Académie d’Architecture (2010), del Premio Mies van der Rohe per la Bibliothèque Nationale de France (1997) e del Praemium Imperiale per l’architettura nel 2015. www.perraultarchitecture.com
In alto, schizzo concettuale di Dominque Perrault e sezione prospettica della stazione.
A sinistra, il sistema di scale mobili e la copertura di ingresso alla stazione metropolitana.
Foto Cyrus Cornut Société des grands projets.
Località Villejuif, Grand Paris
Committente Société des grands projets
Progetto architettonico Dominique Perrault Architecture Cronologia 2017-2024
Foto Michel Denancé; Arthur Jan (Dominique Perrault Architecte-ADAGP); Cyrus Cornut (Société des grands projets)
Niente ha caratteristiche che meglio identificano il cosiddetto effetto tunnel, ovvero la totale assenza di interferenze lungo un dato percorso, di una linea di metropolitana. Le stazioni sono infatti di norma invisibili. Nei pochi punti in cui emergono in superficie assumono abitualmente la forma di poco più che buchi nel marciapiede, e tutto questo nonostante si configurino come veri e propri punti nodali dotati di un loro enorme potenziale trasformativo e generativo nei confronti del contesto urbano. In questo panorama, la stazione di VillejuifGustave Roussy, recentemente completata, rappresenta un’eccezione degna di nota. Immersa per 50 metri nel sottosuolo, e ubicata accanto all’ospedale Gustave Roussy a Villejuif, nel Sud di Parigi, la stazione fa parte del Grand Paris Express: un sistema di 200 chilometri di linee metropolitane con 68 nuove stazioni e uno dei più grandi progetti infrastrutturali attualmente in corso in Europa. Realizzata in cemento, acciaio inossidabile e vetro, è strutturata attorno a un asse cilindrico centrale che lascia entrare la luce naturale a
Dettaglio della copertura.
Foto ©Arthur Jan
Dominique
Perrault Architecte.
tutti i livelli inferiori. Con un diametro di 70 metri, un enorme cilindro contiene un vuoto di 30 metri al suo interno dove superfici riflettenti, nelle quali è integrata l’opera dell’artista cileno Iván Navarro, massimizzano la distribuzione della luce.
Il tetto si compone di tre strati. Uno centrale circolare trasparente tiene fuori la pioggia e consente all’aria esterna di circolare lateralmente. Questa copertura è formata da una trave periferica su cui tutti i tiranti e i cavi sono collegati al mozzo centrale. Elementi in Etfe si estendono sui cavi. Gli altri due tetti, dischi non concentrici posti a diverse altezze, coprono la stazione estendendosi sulla piazza.
Il fatto di addentrarsi tanto in profondità nel sottosuolo contribuisce in modo significativo alla regolazione delle temperature interne, mantenuto a un livello ulteriormente ottimale di comfort grazie a un sistema di ventilazione. Le stazioni metropolitane sono nodi? Certamente sì e talvolta, come dimostra questo progetto, assumono una forma architettonica commisurata al loro ruolo urbano ■
Giacomo De Amicis
Dal 2022 membro della Commissione Paesaggio della Città di Milano e vicepresidente di InArch Lombardia, l’architetto Giacomo De Amicis (1968) è fondatore e titolare dello studio De Amicis Architetti. La riflessione teorica e progettuale svolta in ambito accademico e professionale sui modi della trasformazione della città contemporanea si è consolidata in un’ampia attività pubblicistica a carattere scientifico/disciplinare. In corso di realizzazione è uno studio sui modi e le procedure della pianificazione attuativa, mentre un nuovo ambito di ricerca riguarda il ruolo urbano e sociale della riqualificazione degli spazi demaniali dedicati allo sport. www.deamicisarchitetti.it
Quali sono i fattori che più influiscono sui valori immobiliari da una zona all’altra della città? Ne parliamo con l’architetto Giacomo De Amicis, esperto di progettazione urbana e membro della Commissione Paesaggio del Comune di Milano, curatore con Gualtiero Tamburini, senior advisor di Nomisma, di un recente rapporto
di Antonio Morlacchi
La dinamica dei valori immobiliari è un fenomeno complesso e influenzato da fattori eterogenei, sia oggettivi, come i tassi di interesse, sia di più ampia portata socio-economica, come la sostituzione della popolazione residente (la cosiddetta ‘gentrificazione’ e l’ingresso di nuovi ceti sociali) o l’accessibilità economica. Fattori che non sono oggetto dell’analisi di Nomisma: l’andamento dei prezzi negli ultimi dieci anni –fonte l’Agenzia delle Entrate – delle abitazioni nuove e usate nelle 40 microzone di Milano, è considerato piuttosto come un indice di desiderabilità delle diverse zone e quindi dell’impatto dell’attività di rigenerazione milanese e degli elementi che ne definiscono la qualità urbana.
Architetto De Amicis, il vostro rapporto individua cinque temi urbanistici principali: le infrastrutture, il verde, la tipologia del tessuto urbano, la presenza di servizi di interesse pubblico e i grandi progetti urbani. Quale di questi influisce maggiormente sull’attrattività di una zona e sui valori immobiliari?
Dall’analisi dei dati la forma urbana, insieme alla capillarità del sistema infrastrutturale,
emerge come il fattore di ‘desiderabilità’ più significativo. A parte poche zone che possiedono proprie dinamiche specifiche, la maggiore crescita di valori si registra nelle aree distribuite intorno alla terza cerchia concentrica della città di Milano – quella percorsa dai filobus della 90/91 – dove la trama urbana è ancora ben definita pur presentando delle ‘porosità’ che favoriscono un processo di densificazione e di possibile rigenerazione. Ma ancora più importante è il ruolo urbano dell’edificio: se riesce a stabilire una relazione tra lo spazio pubblico e quello privato, allora anche la struttura fisica dell’intorno può rigenerarsi e contribuire alla valorizzazione complessiva dell’area.
Anche usate, abitazioni in quartieri densi e animati sono molto richieste e apprezzate. Sicuramente il tessuto storico ottocentesco del piano Beruto, con il piede commerciale degli edifici disposti a cortina lungo la strada, funziona molto bene, ma esistono anche altri modelli insediativi attrattivi, come ad esempio le sequenze di singoli edifici alti poggiati su una cortina più bassa di via Pirelli, o i sistemi di corti concatenate che ritroviamo
Mappa delle microzone di Milano per classi delle variazioni % dei prezzi correnti di abitazioni nuove 2014-2023
in corso Italia o in zona Ticinese, o ancora zone relativamente recenti come il quartiere Frua. Tutti esempi che chiariscono bene, anche se in forme molto diverse tra loro, il rapporto tra spazio pubblico e spazio privato. Quello che non funziona è la recinzione, l’edificio al centro del lotto che ‘difende’ i residenti dall’intorno; altri edifici seguiranno la medesima logica e il risultato sarà il contrario delle attese: nascerà una nuova periferia diffusa che toglierà valore all’area e alle abitazioni che vi sorgono.
In che maniera il verde contribuisce alla desiderabilità di una zona?
Abbiamo constatato che funziona bene quando si tratta di verde urbano diffuso – viali alberati, piccoli ambiti verdi di prossimità – al quale si aggiunge il verde dei cortili interni o il verde dei parchi di grandi dimensioni, mentre il modello della città-giardino, ad esempio il QT8, dai dati non risulta attrattivo: troppo dispersivo, e l’ampiezza della superficie fondiaria riduce anche l’efficienza dei collegamenti. Alcune aree con queste caratteristiche – penso alla zona attorno all’Ortomercato, o al Gratosoglio – sono aree da rigenerare e densificare.
Mappa delle microzone di Milano per classi delle variazioni % dei prezzi costanti di abitazioni nuove 2014-2023
Mappa delle microzone di Milano per classi dell’Indicatore di intensità di mercato 2023 (IMI)
A proposito del Gratosoglio, dove i valori immobiliari sono addirittura in calo, quali le considerazioni sull’edilizia residenziale sociale, di cui ci sarebbe molto bisogno?
A Milano abbiamo esempi di interventi riusciti, dove si è stabilita una relazione chiara tra spazio pubblico e spazio privato – il quartiere Feltre ne è un esempio, così come l’housing sociale di via Cenni – e altri dove questa relazione manca: il Gratosoglio è un insieme di oggetti edilizi buttati lì, senza alcuna relazione con lo spazio pubblico e la città. E riguardo ai presunti motori di rigenerazione devo aggiungere che anche l’inserimento in un quartiere di servizi di interesse pubblico da solo non sembra un fattore di successo: per esempio il trasferimento in via Sile di molti uffici comunali per ora non è bastato a valorizzare la zona del Corvetto.
Quali conclusioni possiamo trarre dal rapporto di Nomisma?
Di maggiore responsabilità sia da parte degli operatori privati sia della pubblica amministrazione. I primi dovrebbero operare con una visione capace di andare oltre il singolo sviluppo e di immaginare la qualità urbana nel medio termine, ma il pubblico
da parte sua dovrebbe sapere fornire una visione, almeno quinquennale, di quel che accadrà, che sia da guida alle operazioni dei privati, contribuendo così a migliorare il tessuto urbano non solo con piccoli spazi pubblici a scomputo ma costruendo una maglia dinamica in grado di adattarsi ai cambiamenti che occorreranno nel medio termine. Ma, soprattutto, si dovrebbe smettere di pensare a Milano come a una città di un milione e mezzo di abitanti chiusa nel suo attuale recinto amministrativo. Il tema, che non ha preso forma, è quello della città metropolitana con infrastrutture di trasporto pubblico efficienti su una scala che coinvolge una popolazione di oltre 4 milioni di abitanti.
Le mappe pubblicate, estratte dal rapporto di Nomisma ‘L’impatto della rigenerazione urbana sui prezzi delle abitazioni a Milano nel decennio 2014-2023’, sono eleborazioni ©Nomisma su dati dell’Agenzia delle Entrate.
Osteggiate dai conservatori, le torri Cactus sono state invece considerate dal Ctbuh “i migliori edifici alti d’Europa”. Contengono 495 micro-appartamenti in locazione.
Parte di un più vasto piano di rigenerazione urbana, le due torri residenziali di BIG presentano caratteri morfologici e modelli abitativi particolarmente innovativi
È dal 2008, con le residenze urbane di The Mountain, ciascuna con un giardino privato sul tetto sottostante e tutte sopra un parcheggio coperto, che la genialità di BIG non finisce di stupire. Sempre a Copenhagen, lo studio internazionale – in Italia autore di CityWave, l’edificio a forma di onda già soprannominato ‘lo sdraiato’ attualmente in costruzione a Milano Citylife – ha disegnato le torri Cactus, due edifici residenziali completati nei mesi
scorsi. Che possono vantarsi, nelle parole di Bjarke Ingels, «di essere sia le torri più brutte della Danimarca sia le migliori d’Europa». Già nel 2017 infatti, resi pubblici i primi render, le Cactus vennero duramente contestate dai conservatori di Architecture Rebellion, mentre l’anno scorso sono state premiate dalla giuria internazionale del Ctbuh (Council on Tall Buildings and Urban Habitat) come i migliori edifici alti d’Europa.
Le torri Cactus fanno parte di un ampio piano di rigenerazione di una porzione di città in prossimità del porto meridionale.
BIG
Fondato da Bjarke Ingels a Copenhagen nel 2005, lo studio oggi conta su un team di 700 persone e sedi anche a New York, Londra, Barcellona, Los Angeles, Shanghai e Oslo. La più recente evoluzione è BIG Leap – acronimo di Landscape, Engineering, Architecture, Planning and Products. All’abilità creativa si accompagna una progettazione basata sull’informazione. Le architetture sono ‘utopie pragmatiche’ con le quali lo studio affronta campi ancora inesplorati per rispondere alle sfide poste dal veloce cambiamento della società. Tra i progetti più noti il Tirpitz Museum in Danimarca, ricavato da un bunker della seconda guerra mondiale, il complesso residenziale Via 57 West a New York e il termovalorizzatore Amager Bakke a Copenhagen, con una pista da sci sul tetto. In Italia Big sta realizzando la sede della San Pellegrino e il building direzionale Citywave a Milano Citylife. www.big.dk
La ‘rotazione’ dei piani gli angoli acuti, gli spigoli vivi e le balaustre inclinate conferiscono alle torri il caratteristico aspetto ‘spinoso’.
A destra, sezioni delle due torri. Entrambe comprendono una parte basamentale a doppia e tripla altezza ricca di spazi collettivi, che si affaccia sul giardino pensile pubblico.
SECTION
Naturalmente, l’aspetto più spettacolare delle torri sono gli spigoli acuti e sporgenti delle terrazze, le balaustre inclinate e la ‘rotazione’ impressa a ciascun piano, che ne spiega plasticamente il nome: spinosi oggetti architettonici che, alti 60 e 80 metri, emergono sul piatto cityscape di un’area di rigenerazione urbana di 7,5 ettari, vicino al porto meridionale, tra l’arteria Kalvebod Brygge e il fascio di binari della ferrovia che separano la zona dai più centrali quartieri di Vesterbro e Fredericksberg.
Le torri poggiano su una piastra basamentale che le solleva dal livello della strada, dando vita a un giardino pensile con 8.600 piante e 180 alberi e arbusti, che un ponte-giardino collega al tetto verde del vicino magazzino Ikea (privo
di parcheggi, progettato da Dorte Mandrup, che ha sviluppato anche l’intero masterplan dell’area).
Intorno a un core centrale in calcestruzzo, su ogni piano delle Cactus sono disposte sedici unità abitative prefabbricate a formare una pianta ottagonale che però, comprese le logge angolari più o meno profonde, si presenta sostanzialmente quadrata: la rotazione impressa a ciascun livello conferisce poi agli edifici il caratteristico aspetto ‘spinoso’ che li contraddistingue all’esterno.
Le due torri – progettate per ottenere la certificazione tedesca Dgnb Silver – sviluppano una superficie lorda di 26.100 metri quadrati per un totale di 495 micro-appartamenti le cui dimensioni variano da 33 a 53 metri quadrati.
Il disegno degli interni è parte del progetto di architettura, con arredi disegnati su misura come il blocco cucina in legno a tutt’altezza. Una logica progettuale e costruttiva che ha consentito di sviluppare un modello adatto a molteplici esigenze abitative – dai nuovi arrivati ai locali, dai giovani agli anziani. Gli appartamenti sono in affitto a prezzo contenuto (il monolocale di 33 mq ha un canone mensile equivalente a 1.300 euro, un buon prezzo per gli standard della Danimarca) e nei due piani di base le torri contengono una quantità di servizi comuni come cucine, aree di co-working, salotti, fitness all’aperto e al chiuso e una sala per le feste.
L’idea è quella di dormire nell’appartamento e vivere l’edificio ■
CREDITI
Località Copenhagen
Committente Catella Group
Progetto architettonico Bjarke Ingels Group
Partners-in-charge Bjarke Ingels, David Zahle, Giulia Frittoli
Project leader Jesper Bo Jensen, Ulla Hornsyld
Design lead Carlos Ramos Tenorio
Project architect Katrine Juul
Architettura del paesaggio Schul Landskabsarkitekter
Ingegneria Artelia
Direzione lavori Høpfner Projekts ApS
Partner HB Trapper, Reform, EL Team Fyn, Geopartner, Olofsson Landskab, Schul
Landskabsarkitekter, Malmos, Soh Wind
Engineering
Superficie 26.100 mq
Numero piani 22 e 20
Micro-appartamenti 495
Cronologia 2017-2024
Foto ©Laurian Ghinitoiu , ©Rasmus Hjortshøj e ©Catella Group
Lo sviluppo possiede una ‘tridimensionalità’ urbana, con una piazza al livello della strada e un’infrastruttura superiore, raggiunta da scale e da un ascensore, con un giardino pensile e un ponte che collega le torri Cactus al tetto verde del vicino centro Ikea.
Il concept del piano tipo: singoli elementi prefabbricati dei micro-appartamenti assemblati a due a due a formare una pianta ottagonale completata dalle logge/balconi esterni. Nella pagina di sinistra, la planimetria del lotto (©Bjarke Ingels Group).
Le pareti in mattoni traforati sono il cuore di questa residenza disegnata da Tropical Space. Un sistema di climatizzazione naturale dove ambienti interni e paesaggio naturale si fondono
Fulcro del progetto di Tropical Space sono le pareti in mattoni d’argilla perforati, una soluzione che garantisce un efficace sistema di climatizzazione naturale diventata la cifra stilistica dello studio vietnamita.
Un’architettura nella quale il mondo esterno si fonde letteralmente con la casa. È in questa armonia tra natura e artificio che risiede la bellezza di Nha Be House, il progetto firmato da Tropical Space, lo studio fondato da Nguyen Hai Long e Tran Thi Ngu Ngon. Un volume monolitico circondato dal verde, situato in un quartiere periurbano a bassa densità abitativa di Ho Chi Minh City, in Vietnam. Pensata per quattro sorelle e la loro madre, la residenza,
che occupa un rettangolo di terreno lungo e stretto, colpisce per la semplicità di materiali e forme. Al centro del progetto l’involucro in mattoni d’argilla perforati, un efficace sistema di climatizzazione naturale, diventato la cifra stilistica dello studio vietnamita, oltre che una strategia passiva per affrontare le caratteristiche climatiche tropicali. Mentre assicura privacy, la trama di mattoni garantisce anche un costante flusso di luce e
Tropical Space
Tropical Space è stato fondato nel 2011 da Nguyen Hai Long e Tran Thi Ngu Ngon. I due architetti realizzano edifici in un ambiente tropicale con clima monsonico (periodi di forte caldo alternati a estati di piogge intense). Per questo in tutti i loro progetti è centrale la ricerca di soluzioni che possano offrire risposte al clima locale e mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Una ricerca che si traduce in strutture permeabili che favoriscono la ventilazione naturale e, pur proteggendo dalla pioggia, annullano i confini fra interno ed esterno. www.tropicalspaceil.com
aria dall’esterno verso l’interno, raffrescando l’abitazione in modo naturale. A migliorare il microclima interno contribuiscono anche due aperture a semicerchio in sommità e il vuoto centrale che favorisce i movimenti convettivi dell’aria, contribuendo a raffrescare i piani inferiori. Le diverse aperture consentono alla luce di penetrare a ogni ora e da diverse direzioni, secondo la ciclicità del giorno. Oltre a potenziare l’apporto di luce naturale e a mitigare il caldo, la permeabilità dell’involucro annulla i confini tra dentro e fuori. Un’intima connessione che dà la possibilità di cogliere i movimenti della natura: i suoni, il soffio del vento, il variare della luce, il profumo degli alberi. A prestare attenzione ai piccoli segni che ci aiutano a percepire l’unione profonda tra noi e il tutto.
Sviluppata su tre livelli, la residenza ospita
La residenza, che occupa un lungo rettangolo di terra colpisce per la semplicità di materiali e forme. Oltre a potenziare l’apporto di luce naturale e a mitigare il caldo i mattoni perforati permettono anche di annullare i confini tra dentro e fuori.
cinque camere da letto, un soggiorno e zone comuni connesse tra di loro che si sviluppano attorno al vuoto centrale, elemento che definisce le aree private e allo stesso tempo mette in comunicazione i membri della famiglia attraverso la scala in legno e metallo disegnata insieme all’architettura, che culmina in un ballatoio e in un piccolo ambiente
impiegato come spazio di preghiera. Gli ambienti del piano terra si aprono su un piccolo giardino su strada e sulla corte del retro, verso il corso d’acqua, dove, come un piccolo anfiteatro domestico, una costruzione circolare in mattoni invita a conversare insieme, seduti di fronte a un albero che occupa la scena al centro ■
Il sistema di climatizzazione naturale è assicurato anche dalle aperture nel tetto. Grazie al vuoto centrale l’aria calda sale verso l’alto, contribuendo a rinfrescare i piani inferiori.
1. Entrance
2. Courtyard 3. Porch 4. Livingroom
Arredati con pochi
mobili dalle linee essenziali, gli interni trasmettono un profondo senso di quiete. Tutti gli ambienti sono aperti verso l’esterno da entrambi i lati, facendo ‘entrare’ la natura in casa.
Località Nha Be, Ho Chi Minh City, Vietnam
Progetto architettonico Tropical Space (Nguyen Hai Long, Tran Thi Ngu Ngon)
Ingegneria Bach Ngoc Hoang
Dimensioni del lotto 350 mq
Superficie costruita 350 mq
Cronologia 2020-2022
Foto Oki Hiroyuki
Una grande abitazione su due piani caratterizzata da un’impronta minimalista e da un ampio terrazzo che ne moltiplica la bellezza. Progetto di Paolo Balzanelli / Arkispazio
Lo studio Arkispazio ha recentemente completato la ristrutturazione integrale di un grande appartamento disposto su due piani – ottavo e piano attico – di un edificio residenziale di Milano. Grazie alla posizione e all’ampiezza inusuale – 215 metri quadrati più 100 di terrazzo – è la luce il primo elemento che caratterizza lo spazio, che il progetto valorizza con intelligenza adottando vetri extrachiari e satinati e disegnando arredi realizzati su misura con laccature finemente goffrate.
L’ingresso accoglie i visitatori con uno spazio ampio e luminoso, con due grandi porte scorrevoli in vetro satinato che catturano e diffondono la luce naturale in modo suggestivo, collegando visivamente, quando necessario, l’ingresso, il soggiorno e la cucina e creando così nuovi scorci prospettici. A lato dell’ingresso, la scala, rivestita in rovere spazzolato come il parquet dell’intero appartamento, conduce al piano attico. Qui il dettaglio più sorprendente è il parapetto:
A lato dell’ingresso la scala, rivestita in rovere spazzolato come il parquet dell’intero appartamento, conduce al piano attico dove si trovano un locale studio una veranda e un ampio terrazzo di cento metri quadrati.
Paolo Balzanelli / Arkispazio
Fondato a Milano nel 2000 da Paolo Balzanelli, Arkispazio opera soprattutto nel residenziale progettando con passione dalla piccola alla grande scala architettonica.
Secondo lo studio, il progetto di architettura è strettamente connesso al disegno degli spazi interni, per realizzare ambienti capaci di emozionare. Arkispazio si occupa anche di uffici, retail ed exhibition design. Sua la realizzazione del Mumac, museo delle macchine per caffè, e il restyling delle facciate della sede di Faema, lungo l’autostrada Milano-Genova. www.arkispazio.it
Le precise linee ortogonali degli arredi realizzati su misura confermano il rigore minimalista a cui è improntato il progetto degli interni. Laccature goffrate in due tonalità di grigio aumentano il senso di luminosità che pervade l’appartamento. Nella pagina di destra la balaustra trasparente della scala che collega i due livelli.
Località Milano
Progetto architettonico Paolo Balzanelli / Arkispazio
Collaboratori Paolo Poggio, Maryam Seddigh
Impresa esecutrice Farnese General Contractor
Parquet Mardegan Legno
Arredi su misura Falegnameria F.lli Zanocco
Fornitura e installazione corpi illuminanti Officina Luce
Superficie 215 mq + 100 mq terrazzo
Completamento 2024
Foto Riccardo Cabella CREDITI
OFFICINA LUCE
Il progetto illuminotecnico di questa abitazione è stato realizzato e messo in opera da Officina Luce, realtà bresciana di Valentino Paletti e Roberto Favero, nata nel 2014. Lo showroom aziendale è sia spazio creativo per lo studio della luce sia ambiente espositivo per lampade di Flos, Artemide, Foscarini, Lodes, Penta, Platek, Panzeri, Simes, Karman, Nemo. Un team lavora a fianco di architetti e designer per configurare il lavoro coniugando le esigenze tecniche ed estetiche e sviluppare calcoli illuminotecnici che simulano l’effetto luminoso che si andrà a creare e, una volta definiti tutti i dettagli, per coordinare l’installazione. www.officinaluce.eu
GENERAL CONTRACTOR
una grande lama triangolare di vetro, sospesa come una stalattite, che sfiora con leggerezza la scala.
Gli arredi su misura, declinati in due tonalità di grigio, si distinguono per un design minimale, caratterizzato da linee grafiche nette e precise, con una predominanza di segni verticali e orizzontali. L’unica eccezione è rappresentata dalla forte linea diagonale della soletta della scala, volutamente lasciata a vista, e dalla lama di vetro del parapetto, che introduce un elemento dinamico
e visivamente potente all’interno della composizione geometrica basata sugli assi ortogonali.
Al piano superiore, uno studio si apre su una veranda e su un ampio terrazzo di cento metri quadrati, offrendo un contatto diretto con l’esterno, valorizzato da un reticolo di travi e pilastri e da una serie di piantumazioni che ne delimitano parte del perimetro ■
Da più di trent’anni Farnese Contractor esegue ristrutturazioni di alto livello di appartamenti, uffici, showroom e negozi. Nel tempo, grazie alla grande cura nell’esecuzione delle opere e all’attenzione ai dettagli, l’impresa è diventata punto di riferimento per i progettisti e per clienti privati. Una struttura particolarmente agile, un’accurata selezione di tecnici, fornitori e maestranze, con le quali Farnese ha rapporti professionali consolidati, permette di eseguire i lavori con qualità, esemplare rapidità e rigoroso rispetto dei tempii. www.farnesecontractor.it
L’articolazione degli spazi e la disposizione delle aperture mira a definire una moltitudine di relazioni visive tra gli spazi interni e l’ambiente circostante inquadrando diverse porzioni di paesaggio da ogni stanza. Foto Davide Galli.
Il progetto di Contini Architettura per un edificio residenziale si caratterizza per la presenza di tre patii di dimensioni e funzioni diverse che definiscono una moltitudine di relazioni visive tra gli interni e il giardino
A Monticelli Terme, ai piedi delle colline parmensi, i progettisti Marco Contini e Sara Chiari dello studio Contini Architettura hanno dato vita a un’abitazione in cui la distribuzione degli spazi rimanda allo schema tipologico delle domus romane.
L’impostazione planimetrica dell’architettura, infatti, ruota attorno a tre patii di forme e funzioni diverse, strategicamente posizionati per garantire condivisione e intimità, apertura e privacy.
attorno a cui si sviluppa la zona residenziale: coperto da un grande lucernario, che ne consente l’utilizzo anche nei mesi invernali, garantisce un rapporto visivo costante in ogni spazio della casa, poiché gli ambienti si sviluppano attorno a esso. Il terzo patio, infine, è un rifugio intimo riservato al bagno padronale.
interni ruotano
al patio
All’esterno il primo grande patio ha la funzione di separare l’edificio principale da quello destinato ai servizi, ovvero box auto e locali per attività professionali. Il secondo patio è il cuore
La casa rievoca anche esempi del movimento moderno californiano: costruzioni caratterizzate da un impianto funzionale e da geometrie pure definite da ampie vetrate in cui luce e paesaggio costituiscono elementi essenziali della progettazione.
L’articolazione degli spazi è apparentemente
Contini Architettura
Lo studio di Marco Contini e Sara Chiari con sede a Langhirano, si occupa della progettazione di edifici pubblici e privati e del restauro e recupero di edifici storici, con particolare riguardo al rapporto con il paesaggio, le preesistenze e gli aspetti tecnologici legati alla sostenibilità e al risparmio energetico. La consolidata esperienza costruttiva e l’attenzione ai problemi ambientali sono valse allo studio il premio sostenibilità 2019 dall’Agenzia per l’energia e lo sviluppo sostenibile. www.continiarchitettura.net
CREDITI
Committente Privato
Progetto architettonico Contini Architettura
Progetto impianti elettrici Giampaolo Vecchi
Progetto impianti meccanici Simone Dalmonte
Impresa di costruzioni Buia Nereo
Serramenti Schüco
Intonaco Calchèra San Giorgio
Pavimenti Isoplam (interni: Deco Nuvolato, colore Clay.
Esterni: Deco Nuvolato Grip, colore Cipria)
Porte Qualis Design
Superficie coperta 693 mq (superficie interna 370 mq)
Cronologia 2018-2020
semplice: la ricerca effettuata dallo studio Contini sulla disposizione delle aperture ha permesso di definire una moltitudine di rapporti visivi da ogni singolo ambiente verso l’esterno.
Sviluppata su un’area di 690 mq, l’abitazione infatti pone grande importanza alla relazione con lo spazio verde circostante. I prospetti alternano sezioni piene in muratura nel fronte di ingresso verso nord e grandi aperture vetrate a tutt’altezza nella zona sud, appositamente studiate per mettere in comunicazione costante gli interni con il grande giardino. I materiali utilizzati si ispirano alla natura. Alle pareti interne ed esterne in intonaco lavato e in pietra ricostruita, infatti, sono stati affiancati controsoffitti in legno di larice e
pavimenti che creano una stretta connessione tra casa e paesaggio, ponendoli in costante comunicazione tra loro.
Per valorizzare gli interni, contraddistinti da divani in pelle e mobili in legno dalle tonalità scure, la pavimentazione a base cementizia è in una nuance molto calda che si armonizza con la selezione di opere d’arte, arredi e oggetti decorativi in stile classico e vintage. Il riscaldamento e il raffrescamento degli spazi interni sono forniti da un sistema radiante a pavimento combinato con la ventilazione meccanica controllata; infine, i pannelli fotovoltaici sul tetto alimentano le pompe di calore per la climatizzazione dell’edificio ■
ISOPLAM
All’interno dell’abitazione progettata da Contini Architettura i pavimenti in Deco Nuvolato di Isoplam nel colore Clay hanno permesso di creare una stretta connessione tra casa e paesaggio. Idrorepellente, antimacchia, antiolio e antipolvere, il rivestimento continuo a base cementizia è altamente resistente all’usura, agli urti e al calpestio. Per le aree esterne, i progettisti hanno optato per il nuovo Deco Nuvolato Grip in tonalità Cipria. Composto da una speciale miscela di cemento, il rivestimento è stato pensato da Isoplam per superfici che devono resistere ai raggi ultravioletti, all’usura e agli agenti atmosferici. La texture materica, inoltre, assicura ottime prestazioni antiscivolo. www.isoplam.it
CALCHÈRA SAN GIORGIO
Il secondo patio, attorno a cui si sviluppa la zona residenziale, è coperto da un grande lucernario. Foto Davide Galli.
Per le finiture, Contini Architettura ha scelto di utilizzare tre diversi materiali di Calchèra San Giorgio. L’Intonaco Lavato Sabbia, malta di finitura dal colore naturale della materia, composta di calce idraulica pozzolanica, polveri di pietra e sabbie calcareo-silicee, è stato applicato con una differente granulometria in esterno e in interno.
Per le pareti dei bagni è stato scelto il Vetus Marmorino, finitura in calce idraulica pozzolanica
che dona alle superfici un aspetto liscio ma non lucido, ad effetto opaco. Infine, per la preparazione dei fondi, è stato impiegato il rasante universale di calce idraulica naturale Rasante ‘900 Plus www.calcherasangiorgio.it
Sul lago di Como, il progetto di recupero di Gregorio
Pecorelli valorizza il fascino romantico di un’antica casa con darsena con innesti contemporanei disegnati su misura e una meticolosa scelta dei materiali
Un tempo la piccola darsena voltata, dove trovava ormeggio e riparo una barca, era l’accesso principale di questa casa costruita in pietra sul pelo dell’acqua ai margini di un declivio alquanto scosceso. E acqua e pietra sono gli elementi che definiscono la qualità degli ambienti oggi, dopo l’accurato progetto di restauro di Gregorio Pecorelli su incarico di un committente straniero, affascinato dall’autenticità della costruzione.
L’accesso avviene da terra, lungo un sentiero che scende a una piccola terrazza sopra il giardino. L’involucro, ristrutturato nelle forme originali inclusa una piccola ala aggiunta nei decenni scorsi, avvolge spazi interni che sono l’autentica rivelazione del progetto.
Svuotato da ciò che conteneva e liberato dai preesistenti orizzontamenti per rivelare l’intradosso delle falde del tetto a padiglione tronco, il piano terra è diventato un grande soggiorno che affaccia direttamente sull’acqua. Al centro di questo ambiente un lineare boxin-box in legno che raggiunge il soffitto di tavole di legno bruciato contiene la cucina, che riceve luce dalla grande porta a vetri dell’ingresso. Costruita su misura, l’isola della cucina è rivestita in pietra Dolomia – i piani di lavoro spazzolati per facilitare la pulizia. La stessa pietra, in tozzetti di 10x10 cm e con una finitura sabbiata, che ricorda le umili origini della casa, è impiegata per i pavimenti, nel soggiorno ricoperti da un grande tappeto su
L’acqua, elemento centrale del progetto entra fisicamente nella vecchia darsena illuminando gli interni con riflessi cangianti e plasmando un legame profondo tra luogo e architettura.
Gregorio Pecorelli
Guidato da un approccio rigoroso e analitico Gregorio Pecorelli, con il suo studio avviato nel 2021, affronta l’architettura a diverse scale, dall’intimità degli ambienti domestici alla dimensione maggiore degli edifici pubblici. La ricerca di semplicità e coerenza conduce ogni progetto verso l’essenza delle cose, con l’obiettivo di infondere concretezza e poesia negli spazi. Attualmente, lo studio è impegnato in progetti residenziali privati e pubblici in Italia e nei Paesi Bassi. www.gregoriopecorelli.com
misura, elemento che, insieme ai tendaggi di lino e agli arredi vintage, contribuisce a creare un’atmosfera di pace fuori dal tempo. Due scale a chiocciola di legno, che il disegno su misura configura come ulteriori elementi di arredo, conducono l’una al livello superiore, una piccola suite per gli ospiti, e l’altra al livello della darsena, dove i riflessi della luce sull’acqua creano uno spazio particolarmente ricco di suggestione. A questo livello si trova lo studio e, affacciata direttamente sul lago, una Spa in legno con Jacuzzi rivestita in pietra all’esterno –in finitura bocciardata – e all’interno (in lastre di agglomerato).
Tornando al livello principale la camera padronale, situata nell’ala secondaria e collegata da un corridoio all’ingresso, si affaccia sul giardino. Una parete attrezzata integra il letto e un piccolo scrittoio a scomparsa. Il bagno, anch’esso rivestito in pietra e legno, è dotato di una vasca e un lavabo in pietra Dolomia realizzati su misura.
L’arredo della casa si completa con numerosi mobili di modernariato, comprati all’asta, che integrano la collezione d’arte del cliente. È questo il caso delle poltroncine modello 814 di Ico e Luisa Parisi, di quelle a forbice di Lina Bo Bardi in legno di Jatobá, di pezzi unici come la scrivania di George Nakashima. La complessa morfologia del sito ha rappresentato una sfida sia logistica che progettuale. La collaborazione con abili artigiani ha permesso di ingegnerizzare ogni dettaglio con la precisione di un modello Bim, riducendo al minimo gli sprechi e garantendo un controllo rigoroso sull’intero processo di realizzazione ■
Il doppio affaccio del soggiorno sul lago con porte-finestra e balaustre conservate come tutto l’esterno.
Sotto, la scala a chiocciola che scende al piano inferiore. Il soffitto è rivestito in legno bruciato.
Località Lago di Como
Committente Privato
Progetto architettonico Gregorio Pecorelli Studio
Arredi su misura Rabatto
Consulente e fornitore illuminotecnico Light center
Impiallacciature legni Alpi
Pietra Dolomia Sevis
Intonaci interni Matteo Brioni
Rubinetteria Cea design
Tappeti CC-Tapis
Superficie costruita 300 mq
Cronologia 2022 - 2024
Foto Francesca Iovene
Come un box-in-box l’elemento scultoreo che raggiunge il colmo separa la zona cucina e le scale dal living.
Oltre che per la cucina e i bagni (foto sotto), la pietra Dolomia è stata impiegata anche in tozzetti 10x10 per i pavimenti.
PIETRA DOLOMIA
Per ragioni estetiche e per ridurre gli sprechi sono state tagliate tutte a casellario, su disegno e dopo verifiche in situ – come avviene nella maggior parte dei progetti curati da Pietra Dolomia – le lastre di pietra naturale impiegate nel progetto. Con sopralluoghi durati più di un anno Claudio Angeli, tecnico commerciale dell’azienda, ha seguito passo passo la posa in opera. Diverse le finiture adottate: bocciardatura spazzolata per i rivestimenti verticali, piani spazzolati nell’isola cucina, bocciardata rustica per il rivestimento esterno della vasca Jacuzzi, rivestita all’interno con lastre di agglomerato, più adatto per l’impiego a contatto con l’acqua. In Pietra Dolomia la maggior parte dei pavimenti, con tozzetti di 10x10 cm in finitura sabbiata, e i gradini delle scale esterne, costruiti con lastre tagliate a 45° che, assemblate, conferiscono l’aspetto di masselli di pietra. Estratta con parsimonia da un sito minerario nel comune di San Tomaso Agordino (Belluno), il marchio registrato Pietra Dolomia designa una pietra calcarea di colore grigio medio di speciale brillantezza, impiegata anche, per le sue proprietà antigelive, per rivestimenti e pavimentazioni esterne.
www.pietradolomia.com
Progetto architettonico Be.On Dvysion
Tra i prodotti selezionati da Be.On le sedute Panarea realizzate con un intreccio artigianale in corda di polipropilene e la chaise longue Nolita, entrambe di CMP Design. Il tavolo Anemos, design Pio & Tito Toso, con base
composta da due gusci di alluminio separati tra loro. Caementum, tavolino monoblocco con base centrale in cemento firmata da Marco Merendi & Diego Vencato. Tutto Pedrali.
Rivestimenti Ceramiche Refin
Cucina Cesar
Rivestimenti cucina Dekton by Cosentino
Light Design Diomede Light
Doccia outdoor Fima Carlo Frattini
Arredi Pedrali
Pergola bioclimatica Gibus
Foto Renzo Raviello
Elegante e funzionale, il progetto outdoor di Be.On Dvysion si appropria dei colori e della luce del paesaggio mediterraneo per creare un angolo di serenità da vivere in ogni ora del giorno
Da millenni, terrazzamenti e muri di contenimento costruiti dalla mano dell’uomo hanno plasmato le fertili e impervie pendici della penisola sorrentina, dove le coltivazioni si alternano alle abitazioni in quel continuum quasi verticale che ha dato forma a uno dei paesaggi più belli del mondo.
Ed è da una di queste superfici dalla planarità minima che lo studio Be.On Dvysion ha ricavato un ambiente a cielo aperto, protetto da una pergola bioclimatica, che è insieme terrazzo, giardino e lounge: un luogo dove trascorrere, volendo, larga parte della giornata lontano dal rumore dell’overtourism. Trasformando radicalmente un’area abbandonata, il progetto degli architetti Vincenzo Falcone e Tonia Pezzuti ha generato un’oasi – protetta da una recinzione decorativa
a motivi geometrici nei toni caldi della terra –che guarda il mare in lontananza. Il comfort di questo ambiente è dato dagli arredi Pedrali, scelti per le linee eleganti e pulite ma anche per la loro durabilità, virtù essenziale in luoghi esposti all’umidità e alla salsedine.
Verdi essenze domestiche spiccano sul colore chiaro dei rivestimenti ceramici, mentre le parti a giardino sono delicatamente trattate con fine ghiaietto bianco separato, con rigore millimetrico, dal soffice tappeto erboso. Sul fondo, una doccia per risvegliarsi dal torpore estivo ■
CRA-Carlo Ratti Associati
Studio internazionale di architettura, design e innovazione con sedi a Torino e New York. Nato dalla ricerca di Carlo Ratti al Mit, è coinvolto in progetti globali alle diverse scale, dal design di arredi alla pianificazione urbana. Carlo Ratti è il curatore della Biennale di Architettura 2025, un ‘laboratorio dinamico’ che con il titolo Intelligens. Natural. Artificial. Collective affronterà con approccio interdisciplnare una molteplicità di temi dall’ambiente alla demografia. www.carloratti.com
PROGETTATA DA CARLO RATTI E ITALO ROTA E GESTITA DAI FRATELLI CEREA, LA NUOVA MENSA-RISTORANTE DI MUTTI È UNA STRUTTURA AVVOLTA DA UNA VETRATA A SCOMPARSA E COPERTA DA UN TETTO VERDE DI TERRA COMPATTATA
Lo studio internazionale di design e innovazione Cra - Carlo Ratti Associati ha completato la costruzione di Quisimangia, la nuova mensa aziendale di Mutti, leader globale nella produzione di prodotti a base di pomodoro. La mensa, che funzionerà anche come ristorante la sera, si trova a Montechiarugolo, in provincia di Parma, nel centro della Food Valley italiana, ed è stata realizzata scavando una porzione del terreno per poi elevarla sopra il livello del suolo, integrando così lo spazio con l’ambiente naturale circostante.
Questo progetto segna la continuazione della
collaborazione tra Cra e Mutti, iniziata con la pianificazione del masterplan per un nuovo stabilimento e sito produttivo, a cui è seguito il progetto The Greenary, una residenza privata che è diventata uno degli edifici più premiati dello studio.
Il nuovo progetto presenta una sala da pranzo coronata da un tetto verde realizzato con terra compattata proveniente direttamente dal sito. I commensali, seduti all’interno di una struttura vetrata a scomparsa, si trovano immersi nella vegetazione circostante, con i tavoli allo stesso livello del prato esterno.
La mensa si inserisce in un giardino di più di un ettaro progettato dal paesaggista Paolo Pejrone.
Il design evoca l’immagine di un blocco di terra sollevato dal suolo. Il terreno si eleva fino a 5 metri sopra il livello del suolo, coprendo una superficie interna di quasi 500 metri quadrati su un’area complessiva di 1.200 metri quadrati. Quisimangia sarà gestita da VCook, il ramo catering dei fratelli Chicco e Bobo Cerea, famosi per i loro ristoranti stellati Michelin da Vittorio a Bergamo, St. Moritz e Shanghai. La struttura sarà aperta sia ai dipendenti Mutti sia, in futuro, al pubblico.
Adiacente alla nuova sala da pranzo, una vecchia taverna visibile dalla strada è stata ristrutturata per ospitare la cucina. La mensa è uno spazio aperto dove le persone
possono incontrarsi in un ambiente amichevole. I giardini esterni — un giardino di 1,1 ettari progettato da Paolo Pejrone — mostrano la ricchezza del territorio, la prima collina dell’Appennino Parmense. Il design rielabora il concetto francese del xviii secolo del “ha-ha”, che consiste nel sorprendere lo spettatore creando una barriera verticale pur mantenendo una vista ininterrotta del paesaggio circostante, permettendo agli ospiti di immergersi nella natura. «Questo progetto illustra la nostra ricerca di unione tra naturale e artificiale – afferma Carlo Ratti, professore al Mit e curatore della Biennale Architettura di Venezia 2025. Que-
Località Montechiarugolo (Parma)
Committente Mutti
Progetto architettonico CRA-Carlo Ratti Associati
CRA team Carlo Ratti, Andrea Cassi (partner-in-charge), Francesco Strocchio (partner-in-charge), Giulia Tolu, Nicolette Marzovilla, Rodolfo Siccardi, Anna Morani, Mario Daudo, Matteo Zerbi, Gary Di Silvio, Pasquale
Milieri, Gianluca Zimbardi
Creative lead Italo Rota
Acustica 2LD Acustica Diego Dellerba
General Contractor Ing Ferrari
Interior & Furniture Contractor Tecnoarredamenti
Landscape Contractor Arcadia Vivai Impianti
Foto Melania Delle Grave, Agnese Bedini, Dsl studio
Il pavimento della mensa, racchiusa da pareti vetrate apribili, è stato realizzato con le bucce di pomodoro scarti di lavorazione dei pelati.
sto blocco di terra che si solleva dal suolo crea un dialogo costante con la natura. Invece di un ‘déjeuner sur l’herbe’ potremmo chiamarlo ‘déjeuner sous l’herbe’, pranzare sotto l’erba». Secondo Francesco Mutti, Ceo dell’azienda, « La Mensa Mutti è molto più di una sala da pranzo; è la più alta espressione del nostro impegno verso la qualità e la sostenibilità. Integrando la bellezza naturale del nostro territorio con un design all’avanguardia, offriamo un ambiente dove i nostri dipendenti possano connettersi in modo significativo sia con la terra sia tra di loro».
I principi della circolarità sono evidenti in tutto il progetto. La mensa presenta anche un
pavimento speciale, realizzato con bucce di pomodoro – sottoprodotti delle linee di produzione Mutti – per creare il quale sono state impiegate più di tre tonnellate di materiale di scarto.
L’edificio inoltre è dotato di avanzate tecnologie di controllo ambientale per minimizzare il consumo energetico.
I progetti di Ratti enfatizzano la relazione tra il naturale e l’artificiale, spingendo i limiti dei materiali innovativi nella costruzione. Durante la Milano Design Week 2019 ad esempio, l’installazione Circular Garden esplorava il potenziale architettonico del micelio, la radice fungina, mentre nel 2024 il progetto sunRice ha
sperimentato il riso come materiale adattabile. Nel 2020 Cra, in collaborazione con Italo Rota, Matteo Gatto e F&M Ingegneria, aveva sviluppato il Padiglione Italiano per Expo 2020 Dubai, un laboratorio vivente per l’avanzamento della circolarità in architettura, integrando fondi di caffè, plastica riciclata e alghe nella struttura.
Il lavoro di Cra su The Greenary e la collaborazione con Big sul grattacielo CapitaSpring di Singapore, che include giardini pubblici interni, esemplificano l’approccio dello studio nell’integrazione della natura all’interno degli spazi artificiali ■
PHILIP MORRIS A CRESPELLANO (BOLOGNA)
L’ossatura lignea dei pergolati continui a protezione della facciata vetrata. Nella pagina di sinistra, il prospetto est e il solaio in legno sopra il quale è stato realizzato un tetto verde calpestabile.
Foto Oliver Jaist.
SVILUPPATO DALLO STUDIO
DI PROGETTAZIONE
URBAN-GAP, L’INSTITUTE FOR MANUFACTURING COMPETENCES È UNA
ARCHITETTURA IBRIDA IN LEGNO, VETRO E ACCIAIO.
UNA COSTRUZIONE LEGGERA ENERGETICAMENTE AUTOSUFFICIENTE
Il progetto di Urban-Gap per il Philip Morris Institute for Manufacturing Competences, il centro del gruppo Philip Morris per l’alta formazione e lo sviluppo delle competenze legate all’industria 4.0, attinge al concetto di protezione e schermatura ispirato ai portici di Bologna per realizzare una particolare soluzione compositiva che definisce l’identità dell’architettura e protegge il corpo di fabbrica interamente vetrato dall’irraggiamento solare diretto. Una pergola continua infatti fa da supporto a una pelle verde avvolgente e a un sistema di pannelli fotovoltaici integrati. Lo spazio outdoor del tetto giardino completa
l’edificio con un’area piantumata ad arbusti, alberi e diverse essenze selezionate per una bassa manutenzione. L’edificio si sviluppa su un solo livello di circa 1.250 metri quadrati di superficie e comprende una reception, un ampio foyer per l’accoglienza, un’aula magna per 120 persone, tre sale per training, workshop e incontri formativi adatte sia alle attività di laboratorio pratico sia a lezioni teoriche, e un asilo nido.
Gli interni si distinguono per la nervatura strutturale composta da grandi portali in legno a vista e per il doppio affaccio filtrato dal pergolato esterno.
Urban-Gap
Federica Cecchi e Valerio Cruciani sono i fondatori di Urban-Gap, un laboratorio di architettura e design con sede a Roma. Forte di oltre 20 anni di esperienza maturata tra Italia e Stati Uniti, lo studio sperimenta nuovi habitat urbani, nell’intento di contrastare il degrado e l’inquinamento che sta minando la salute delle città e del pianeta: una visione che ha permesso a Urban-Gap di elaborare una propria identità volta alla sperimentazione dell’architettura eco-sostenibile in progetti residenziali, di spazi pubblici e per il lavoro e strategie di sviluppo urbano che si concentrano sulla rigenerazione delle città. www.urban-gap.it
Per meglio rispondere ai criteri di sostenibilità ambientale (l’edificio è certificato Leed Gold dal Green Building Council Italia) e condurre in tempi rapidi il cantiere, la struttura, prevista dal progetto preliminare in cemento armato, è stata invece realizzata con una costruzione snella e leggera che combina parti in legno lamellare, elementi in acciaio e una struttura prefabbricata a telaio in legno.
I progettisti, da sempre impegnati in un metodo sinceramente eco-sostenibile, hanno spiegato che «la scelta della struttura in legno è stata consapevole e naturalmente dettata dalla convinzione che si tratta di una soluzione dalle ottime prestazioni statiche e termoacustiche. L’esperienza della progettazione in legno richiede un approccio diverso, particolareggiato,
PROSPETTI
SEZIONE A A’ WINTER SEASON
SEZIONE B B’ SUMMER SEASON
attento al dettaglio e soprattutto finalizzato a ottenere un grado di prefabbricazione non comune nelle tecnologie consuete. Questo porta alla collaborazione stretta con imprese specializzate del mondo del legno: uno sforzo progettuale indispensabile che ripaga in cantiere, nelle fasi di realizzazione e nei tempi certi di consegna dei lavori»
In questo Wolf Haus, realtà industriale leader in Europa nella costruzione di edifici e strutture in legno che qui ha agito in qualità di general contractor, ha lavorato con lo studio di progettazione, fortemente motivato all’utilizzo di materiali sostenibili, per conseguire il massimo risultato in termini compositivi, funzionali ed energetici, applicando le proprie competenze per ottenere un corpo di
fabbrica versatile e orientato al futuro. Le strategie di eco-sostenibilità adottate sono integrate tra loro: l’esposizione dell’edificio permette nei mesi invernali di godere del massimo apporto solare con ampie vetrate perimetrali, contribuendo a migliorare la performance di risparmio energetico, mentre in estate le pergole e il tetto giardino offrono isolamento termico, riducendo il calore dalla copertura.
Gli impianti seguono la stessa logica: quello fotovoltaico inserito nelle pergole assicura il fabbisogno energetico, garantendo il ricambio dell’aria richiesto, e il riscaldamento e il raffrescamento sono assicurati dal sistema radiante a pavimento in sostituzione del consueto condizionamento dell’aria ■
L’Academy si sviluppa su un solo livello di 1.250 mq di superficie e comprende una reception, un ampio foyer per l’accoglienza, un auditorium per 120 persone, 3 sale per training, workshop e incontri formativi. Sotto, vista dal complesso e dettaglio della sezione della pergola.
WOLF HAUS ITALIA
Con 30 sedi in tutto il mondo, il gruppo Internazionale Wolf System fondato nel 1962 in Austria è specializzato nella realizzazione di edifici prefabbricati in legno con certificazione antisismica e ad alto risparmio energetico. L’approccio di Wolf Haus Italia, a livello di progettazione strutturale ed esecutiva, è sempre quello di studiare soluzioni tecniche che rispettino e valorizzino le richieste compositive del progettista.
Per l’Institute for Manufacturing Competences, Wolf Haus Italia ha fatto da general contractor. Gli uffici tecnici dell’azienda hanno collaborato con Urban-Gap per sostituire il materiale da costruzione del progetto preliminare: da cemento
armato a legno. Il sistema costruttivo prefabbricato misto legno-acciaio ha consentito di aumentare le dimensioni dell’edificio, mantenendo tutti i vantaggi garantiti dalla prefabbricazione; travi e pareti sono disegnate in ogni dettaglio, tagliate e preparate in stabilimento, lasciando al cantiere solo la fase di assemblaggio e la realizzazione degli impianti e finiture. Gli standard di comfort e risparmio energetico misurabili del protocollo Wolf Haus Energia Più, insieme alle certificazioni antisismiche e antidanno, alla velocità di esecuzione e al basso impatto ambientale, rendono l’edificio altamente performante e con bassi costi di gestione. www.wolfhaus.it
Grandi portali in legno a vista scandiscono gli spazi interni. A lato, vista del living space e, sotto, del foyer. Realizzato con una struttura ibrida in legno e acciaio, il complesso ha conseguito le certificazioni Leed e Well entrambe a livello Gold. Foto Oliver Jaist.
Località Crespellano (Bologna)
Committente Philip Morris
Progetto architettonico e del paesaggio Urban-Gap
Progetto strutture e impianti Pro Green
General contractor Wolf Haus
Certificazione Leed Green Building Council Italia
Realizzazione tetto giardino e spazi verdi Latifolia Group
Infissi Metro infissi con profili Schüco
Domotica Siemens
Illuminazione Esse-Ci
Pavimento in legno Itlas
Sedute sala conferenze Quinti
Superficie 1.250 mq + 800 mq tetto giardino
Cronologia 2021
Il tetto giardino in una vista invernale. Le aule godono di un doppio affaccio verso l’esterno, il perimetro vetrato continuo è protetto dall’irraggiamento diretto del sole attraverso il filtro del pergolato esterno.
Con le soluzioni luminose di Esse-Ci la performance tecnica e l’estetica si uniscono per dare vita a una particolare identità luminosa a ogni ambiente del Philip Morris Institute. Il marchio non si limita alla fornitura di prodotti illuminotecnici di alta gamma, ma si distingue per la capacità di affiancare architetti e designer con una consulenza tecnica e progettuale specializzata. E così è avvenuto anche per questo progetto, in cui i corpi illuminanti enfatizzano la visione architettonica di Urban-Gap e le scelte illuminotecniche contribuiscono a definire l’atmosfera degli spazi. Sono tre le soluzioni illuminotecniche che
emergono per il loro impatto distintivo. Nei corridoi, gli apparecchi Groove si integrano con il soffitto a doghe, creando un percorso di luce morbida. Nelle sale riunioni, i Bright offrono una luce diretta e confortevole, essenziale per la concentrazione e il dialogo, grazie alla loro emissione controllata che elimina l’abbagliamento. Infine, Teres Exte, versatile e dal design minimalista, è stato scelto per zone specifiche, fornendo una luce discreta che si adatta a diverse esigenze. www.esse-ci.com
La forma ovale del prospetto sud è interrotta dal fronte strombato e vetrato dell’auditorium, porzione terminale del parallelepiedo che attraversa trasversalmente l’intero edificio. Nella pagina di destra, vista d’insieme del nuovo complesso che sorge davanti alla clinica esistente.
GENOLIER INNOVATION HUB
SULLE PREALPI DEL
GIURA SVIZZERO
DI FRONTE AL LAGO
DI GINEVRA, IL
PROGETTO DI ARCHILAB
AGGIUNGE UN NUOVO
IMPORTANTE TASSELLO
ALL’ECOSISTEMA
ELVETICO DELLE
SCIENZE DELLA VITA
All’ingresso sembra di entrare in una biblioteca, con accoglienti sale di lettura distribuite accanto a cavedi vetrati che portano luce naturale all’interno dell’architettura (profonda 70 metri per 130 di ampiezza) del nuovo Innovation Hub di Genolier, un luogo dove convergono tecnologie mediche, farmaceutiche, digitali e della bioscienza.
Ci troviamo in uno dei poli della cosiddetta Health Valley della Svizzera occidentale, che con Zurigo e Basilea – dove si concentra il 40 per cento delle industrie farmaceutiche del mondo – forma il cluster elvetico delle scienze della vita e della salute.
Progettato dallo studio dell’architetto Gabriele Maria Rossi su una griglia strutturale di
8,20x8,20 metri, che presenta notevoli opportunità per futuri sviluppi e installazioni, l’Hub, parzialmente interrato nel pendio del sito, si sviluppa su due livelli sotterranei e due livelli fuori terra, con una superficie complessiva di 10mila metri quadrati, duemila dei quali dedicati a luoghi di incontro come l’ampia sala di lettura e il vasto auditorium da 300 posti, caratterizzato all’esterno da una parete vetrata a doppia altezza entro la forte strombatura del volume che affaccia a Sud.
Perché in tempi come i nostri, nei quali l’architettura tende alla standardizzazione e all’omologazione, nelle parole di Gabriele Maria Rossi, è necessario «sfuggire alla monotonia di un’architettura globale e omologata con edifici
Nato a Milano, Gabriele M. Rossi ha studiato in Italia, in Svizzera e negli Stati Uniti, dove ha ottenuto un master in Architecture and Urban Studies alla Columbia, prima di tornare a Losanna dove nel 1989 ha fondato Archilab, un laboratorio di ricerca architettonica in cui ogni progetto solleva domande sul modo di definire e applicare soluzioni innovative. Un approccio che trova espressione nell’estetica moderna e lineare di edifici come la sede di Msc a Ginevra, la scuola internazionale svizzera di Dubai o la clinica La Prairie a Doha, oltre a residenze private in Svizzera. Le opere di Archilab nascono dall’interpretazione del contesto, dal carattere del committente e dalle sue esigenze funzionali. www.archilab.ch
A destra.
La scala di fronte all’ingresso, a sua volta collocato immediatamente sotto il volume strombato che accoglie i due livelli dell’auditorium.
in grado non solo di esprimere la propria funzione ma anche di trasmettere un forte messaggio», in questo caso di innovazione e di fiducia nel progresso delle scienze della vita. Un ordinato tetto-giardino, il ‘ jardin des cinq senses’, ricopre il primo livello, con aiuole di verde che si alternano a parti pavimentate e ai sistemi di collegamento con la clinica esistente, lasciando la vista dalle stanze di degenza della clinica libera di correre verso il lago Lemano e il Monte Bianco.
Concepito come luogo che promuove la ricerca, al piano terra l’Innovation Hub integra laboratori, uffici amministrativi e l’auditorium da 300 posti circondato da schermi a 270°. Al primo livello interrato si trovano le sale di
radioterapia e di medicina nucleare, mentre il blocco operatorio è collocato al primo piano, la cui copertura è attrezzata con un parco fotovoltaico di 748 mq per una potenza di 150 kW. Rinunciando alla geotermia, per ragioni ambientali legate al sistema idraulico naturale dell’area, che converge nel lago, il sistema di climatizzazione (a pannelli radianti) e la produzione di Acs sono alimentati da tre pompe di calore e due torri di raffreddamento che forniscono una potenza di 680 kW. Naturalmente sono presenti generatori e inverter – con due trasformatori da 1.000 kVA ad alto voltaggio – per assicurare la continuità di energia indispensabile per le sale operatorie e la radioterapia ■
CREDITI
Località Genolier, Canton Vaud, Svizzera
Committente Infracore
Progetto architettonico Archilab - Gabriele M. Rossi
Collaboratori C. Porchet, C. Dominguez, A. Kormann
F. Seppey
Interior design Kristian Gavoille
General contractor Roof
Poltrone auditorium Lamm
Dealer Lamm Schwab System
Area dell’intervento 20.000 mq
Superficie costruita 10.000 mq
Costo 100 mio. Chf (circa 105 mio. euro)
Completamento 2024
Foto Olivier Maire
1. Medicina nucleare
2. Uffici e laboratori
3. Auditorium
4. Sala di lettura
5. Spazio partner
6. Studio di registrazione
L’auditorium del Genolier Innovation Hub è arredato con 220 poltrone imbottite L213 di Lamm, rivestite in tessuto Trevi CS blu. Con un fianco inclinato e dimensioni personalizzate, attrezzate con tavoletta di scrittura ribaltabile a scomparsa e presa Usb, le poltrone sono installate in file diritte su gradoni, secondo un interasse di 56 cm. La fornitura ha previsto anche la realizzazione di 75 cuscini con lo stesso rivestimento, applicati direttamente alle ultime tre file. Il design della L213 si adatta a qualsiasi ambiente architettonico, da quelli contemporanei a quelli storici come ad esempio l’auditorium dell’edificio ottocentesco di Dunkerque, un tempo usato per lo stoccaggio dello zucchero.
www.lamm.it
7. Sala di formazione
8. Spazio tecnico
9. Area di carico/scarico
10. Depositi
11. Deposito scorte
Sopra. La facciata vetrata del nuovo volume è stata realizzata con profilati Metra Building e ha previsto l’installazione di circa 2mila mq di Sistema Poliedra Sky Tech 50 per la facciata gli ingressi e i vari giardini interni, oltre ad altri 500 mq circa di serramenti.
Vista assonometrica dell’intarsio in carpenteria metallica che estende il precedente edificio produttivo.
Nella pagina accanto. L’intervento su un altro edificio del campus.
SIT HQ, PADOVA
DALLA PLANIMETRIA AGLI INTERNI, IL PROGETTO DI GIUSEPPE TORTATO
TRASFORMA UN’AREA INDUSTRIALE DI PADOVA IN UN CAMPUS ALL’AVANGUARDIA
PENSATO PER IL BENESSERE DELLE PERSONE
Il core business di Sit, multinazionale guidata dalla famiglia de’ Stefani, dal 2017 quotata al segmento Euronext Milan, è la sostenibilità. Con più di 2.000 dipendenti e otto stabilimenti nel mondo, l’azienda di Padova sviluppa infatti soluzioni smart per il controllo del clima e la misurazione dei consumi di gas e acqua. E la sostenibilità nel senso più ampio di Esg (Environment, Social, Governance) è anche al centro delle politiche aziendali: nel 2024 Sit ha ottenuto il rating Gold dell’agenzia internazionale EcoVadis; il premio Marisa Bellisario come “azienda work-life balance friendly” per la parità di genere e la valorizzazione del ruolo delle donne nell’economia (il 56 per cento dei dipendenti Sit è di genere femminile); e il Sustainability Award dell’istituto tedesco Qualità e Finanza.
La lunga premessa spiega il brief che ha guidato Giuseppe Tortato e il suo studio nel progetto di riqualificazione della sede centrale dell’azienda, un’area produttiva e direzionale di 20.000 metri quadrati nella zona industriale di Padova.
Con l’esperienza acquisita nello sviluppo di progetti di rigenerazione e valorizzazione di complessi produttivi esistenti – nei quali la razionalità e l’economicità delle opere si accompagna a soluzioni architettoniche e costruttive originali – Tortato ha riqualificato 10.000 metri quadrati di superfici coperte, operando in particolare su un precedente edificio industriale, ristrutturato e ampliato per accogliere il dipartimento Ricerca e Sviluppo, ovvero la principale funzione che caratterizza l’industria
Giuseppe Tortato Architetti
Lo studio Giuseppe Tortato Architetti svolge un’attività di ricerca su tematiche legate all’esperienza sensoriale e alla sostenibilità, ponendo l’uomo e la natura come elementi cardine attorno ai quali sviluppare nuove architetture. L’approccio progettuale è di tipo olistico e prevede l’integrazione degli elementi naturali all’interno di spazi progettati con una funzione ‘catartica’ che aiuta gli utenti a parcepire un maggior senso di benessere. www.giuseppetortato.it
CREDITI
Località Padova
Committente Sit
Progetto architettonico Giuseppe Tortato Architetti
Progetto strutturale Biesse Ingegneria
Progetto Mep Tekser
Ingegnerizzazione Bim Simplex Design Studio
Soluzioni per serramenti e facciate Metra Building
Serramentista Tabaj
Illuminazione Linea Light Group
Arredi e pareti vetrate Estel
Superficie 20mila mq
Cronologia 2021 - 2024
Foto Carola Merello
manifatturiera italiana e ne garantisce la competitività. L’estensione, operata in altezza e in profondità sul fronte dell’edificio, appare come un ‘intarsio’ che dà vita all’oggetto architettonico, confidenzialmente chiamato ‘ l’astronave’, rappresentativo della vocazione dell’azienda all’innovazione: un volume fluido, con un fronte vetrato avvolto da un sinuoso involucro sporgente interamente realizzato in carpenteria metallica che si diparte dal tetto. Alle forme curve dell’esterno si accompagnano le scelte di layout e fit-out degli spazi interni che, ispirati a forme naturali, seguono principi di non-ortogonalità, rompendo con le geometrie tradizionali per creare un ambiente aperto e dinamico, eliminando le controsoffittature per recuperare le grandi altezze originali. Particolare attenzione è stata posta all’impianto di climatizzazione, progettato per gestire gli
ampi volumi interni, in linea con le esigenze di comfort e sostenibilità post-Covid. Sia qui sia negli altri spazi coperti del campus, anch’essi ristrutturati, la progettazione ha prestato particolare attenzione all’afflusso di luce naturale con la creazione di patii verdi esterni che migliorano la qualità del lavoro, le relazioni e l’equilibrio tra spazi personali e professionali. Sulle coperture a botte dei volumi produttivi è stato installato un parco fotovoltaico di oltre 800kW di potenza che contribuisce a ridurre la dipendenza dalla rete elettrica.
Alla scala planimetrica il progetto – che prevede ulteriori interventi a completamento – disegna un insieme articolato che tiene conto sia della complessità del programma produttivo e logistico sia dell’esigenza di creare aree a verde e demineralizzate, con nuove alberature utili a ridurre l’effetto ‘isola di calore’■
Sotto. Negli interni il cui layout segue principi di nonortogonalità per creare un ambiente aperto e dinamico l’eliminazione dei controsoffitti ha permesso di recuperare le altezze originali.
Gli interni del nuovo headquarters Sit combinano arredi custom e prodotti a catalogo, integrando tecnologia e design per promuovere una nuova qualità organizzativa. 1.000 mq di pareti in vetro singolo e doppio, con altezze fino a 4 metri e angoli variabili, sono stati progettati per adattarsi alle forme particolarmente irregolari degli spazi, una sartorialità che si legge anche nella libertà interpretativa delle partizioni. Per rispondere alla crescente richiesta di dinamicità e flessibilità, Estel ha inoltre fornito circa 200 postazioni sit-stand. La boardroom coniuga eleganza e innovazione. Il tavolo riunioni, realizzato su misura da Estel, integra tecnologie avanzate e finiture di pregio che riflettono uno stile contemporaneo e ricercato. www.estel.com
In alto, il teatro Vincenzo Scaramuzza sorge in prossimità del centro storico di Crotone e nasce dal restauro e riqualificazione di un edificio in abbandono. Nella sezione, la nuova torre con due boccascena, uno dei quali apribile verso la piazza per spettacoli all’aperto. Platea e galleria si trovano nell’antico cortile porticato che è stato coperto.
Dalla relazione progettuale
DEDICATO AL MUSICISTA
VINCENZO SCARAMUZZA IL NUOVO TEATRO HA TRASFORMATO UN ANTICO FABBRICATO OTTOCENTESCO IN UNO SPAZIO CULTURALE
POLIVALENTE, CON UN PALCOSCENICO INTERNO E UNO PER SPETTACOLI ALL’APERTO
Inaugurato il 7 ottobre 2024, dopo quasi 18 anni di lavori, il Teatro Comunale Vincenzo Scaramuzza di Crotone è un’infrastruttura che contribuisce alla rigenerazione sociale e urbana del centro storico della città. Il progetto è stato realizzato e diretto da Politecnica Building for Humans, in associazione temporanea con un team di professionisti.
L’intervento ha coinvolto una vasta area in prossimità del centro storico, recuperando un antico fabbricato ottocentesco, ex ospeda-
le cittadino, da tempo abbandonato. Il teatro si propone non solo come sede per spettacoli, ma anche come spazio polivalente per ospitare esposizioni artistiche, happening, conferenze, laboratori formativi, workshop, seminari ed eventi dedicati alle arti visive, diventando un punto di riferimento culturale per la comunità locale.
Il progetto ha restituito alla città di Crotone un importante patrimonio immobiliare in disuso, contribuendo a rigenerare il tessuto
Politecnica
Con oltre 300 collaboratori tra progettisti, pianificatori, ingegneri, consulenti e tecnici specializzati, Politecnica ‘Building for Humans’ è una delle maggiori società italiane di progettazione integrata. Indipendente, fa capo a 46 soci, ingegneri e architetti, che hanno firmato lavori in oltre 60 Paesi. Nel 2023 ha sviluppato un giro d’affari di circa 29 milioni di euro. Quattro le sedi in Italia (Modena, Milano, Firenze, Roma) e presenza internazionale in 10 Paesi. Politecnica sviluppa progetti in campo pubblico e privato, nella scuola e nella sanità, nell’industria, nei servizi, nelle infrastrutture. Con la divisione internazionale ha realizzato opere civili e infrastrutturali in numerosi Paesi in via di sviluppo nell’ambito di progetti finanziati da donors internazionali. www.politecnica.it
“Il recupero del fabbricato nelle adiacenze del centro storico diventerà un elemento essenziale per una fondata politica di valorizzazione dei beni culturali”
Roberto Malfatti
Architetto e socio fondatore di Politecnica
CREDITI
Località Crotone, Italia
Committente Comune di Crotone
Rup Gianfranco De Martino, Francesco Ciccopiedi
Progetto generale e DL Politecnica building for humans in Ati con Luigi Caliterna, Maria Di Benedetto, Eugenio
Caira, Romolo Greco, Pietro Accolti Gil
Responsabile di progetto Roberto Malfatti (Politecnica)
Scenotecnica Alfa System
Acustica Fantoni
Struttura di palcoscenico Teti Arredamenti
Arredi ‘Fabbrica creativa’ e bar Decima
Poltrone platea e galleria Aresline
Lampadari foyer Multiforme
Superficie 3.600 mq, area esterna 1.400 mq
Cronologia 2006 - 2024
Foto Antonino D’Urso, Danilo Riolo
urbano e creando nuove opportunità economiche grazie a una programmazione artistica e culturale diversificata.
Il progetto generale nelle sue linee guida principali ha previsto la ristrutturazione dell’edificio storico, preservandone i corpi di fabbrica più antichi, che sono stati sottoposti ad interventi di restauro, per conservare la parte storicamente più importante dell’organismo edilizio e assicurare le funzionalità derivanti dalla nuova destinazione d’uso mediante un insieme sistematico di opere nel
rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso.
Inoltre, è stata realizzata la nuova torre scenica, in adiacenza della piazza alberata di via Tedeschi. La torre ospita due palcoscenici: uno in affaccio sulla platea, ricavata nel cortile colonnato del fabbricato esistente, e l’altro verso la piazza adiacente, dove sarà possibile assistere a spettacoli all’aperto.
Il teatro si sviluppa su tre livelli: al piano interrato si trovano i camerini e i servizi di supporto alla torre scenica; al piano terreno,
Dettaglio della meccanica di palcoscenico, realizzata da Alfa System.
il foyer introduce alla platea con 400 posti a sedere, affacciata sul palcoscenico; al primo piano, la galleria offre ulteriori 200 posti, oltre ad altri camerini, agli spazi dedicati alla didattica e ai laboratori della nuova scuola di arti performative ‘Fabbrica della Creatività’. La platea, ricavata in luogo dell’antico cortile porticato, è coperta con una struttura leggera rivestita in rame e dotata di pannelli per migliorare la resa acustica interna. Il recupero del Teatro di Crotone è un elemento centrale nella valorizzazione del pa-
trimonio storico e architettonico locale, con un impatto significativo a livello culturale, sociale ed economico. Il nuovo teatro offrirà uno spazio polivalente per favorire la crescita sociale e artistica della città, stimolando l’economia locale attraverso una programmazione ricca e diversificata. Integrandosi nella rete dei teatri regionali, arricchirà l’offerta culturale della città, con un’attenzione particolare ai giovani, a cui saranno dedicati programmi e iniziative specifiche ■
La platea interna ottenuta coprendo con una struttura leggera l’antico cortile porticato ottocentesco. Qui come in galleria le poltrone sono state realizzate da Aresline, realtà che opera in tutto il mondo.
di Massimo Roj
Massimo Roj. Progetto Cmr
Con un portfolio di oltre 4mila progetti, la società di progettazione integrata Progetto Cmr ha dimostrato nei suoi 30 anni di attività la capacità di spaziare dai masterplan agli uffici, dagli ospedali agli impianti sportivi fino all’industrial design. Nel ritratto, Massimo Roj, socio fondatore e amministratore delegato della società. www.progettocmr.com
Nella mia visione architettonica associo il vetro alla pelle dell’edificio, alla facciata. Questo materiale per sua natura interagisce e si adatta a ciò che lo circonda: è come se giocasse sempre una partita a due, anzi a tre o forse a quattro, con la luce, con il buio e con le ombre. Le parole di Edith Wharton, scrittrice e poetessa vissuta tra 800 e 900: “ci sono due modi di diffondere luce: essere la candela oppure essere lo specchio che la riflette”, aprono a una riflessione su quanto il vetro assuma un ruolo chiave soprattutto ora che le sue performance sono migliorate grazie alla tecnologia e alla ricerca, tanto da ottenere una maggiore purezza e trasparenza nel rispetto degli standard di schermatura e protezione termica della luce solare. Penso a nostri progetti dove il vetro è stato strumento estetico, ma sempre orientato a rispondere alle esigenze della persona, seguendo il metodo progettuale InsideOut, dall’interno all’esterno, messo a punto da Progetto Cmr in 30 anni di progettazione integrata.
Dal 2006 al 2012 abbiamo curato la riqualificazione delle Torri Garibaldi, il primo caso di progettazione di eco-tower in Italia con nuove facciate caratterizzate da 3.200 cellule interattive per torre, con quattro inclinazioni diverse, su due assi distinti, per riflettere la luce in modo sempre differente. Il cliente aveva espresso il desiderio che il progetto dovesse essere un regalo per Milano. Allora abbiamo immaginato due torri che, grazie alle cellule modulari, assumessero le sembianze di due grandi diamanti con una vera e propria pelle vetrata, in grado di riflettere i sottili cambiamenti del cielo, il sole e la pioggia, facendole apparire mutevoli e cangianti, come organismi in costante relazione col paesaggio. Sempre nel 2006 abbiamo lavorato per il fondo di investimento Polis Fondi per riqualificare una palazzina a Milano sud. Il fabbricato era stato sede di aziende tra cui il gruppo Saint-Gobain, legata alla produzione e lavorazione del vetro. Questa notizia fu d’ispirazione e spostò la creatività
verso il materiale che apparteneva al genius loci del sito: il vetro. Ci venne l‘idea di una seconda pelle in vetro, creando un filtro all’irraggiamento diretto e la premessa a una ventilazione naturale, che si affiancava all’impiego di pannelli fotovoltaici e a ottimi standard di prevenzione incendio. Poi facemmo arrivare nel nostro studio una lastra di vetro di 60 x 20 centimetri, tagliata in proporzione alla facciata dell’edificio e, in cortile, tirai una pietra contro di essa, che si frantumò in undici pezzi. Da quelle schegge irregolari ottenni il modello per costruire la trama della facciata.
Oltre a un valore estetico, le lastre avevano un impatto sulla vivibilità dell’edificio in termini di radiazioni solari, isolamento acustico e sostenibilità.
Ricordo anche il lavoro per la sede del Gruppo Xiantao a Chongqing, azienda leader in Cina nei big data, che grazie all’utilizzo di questo materiale ha reso tangibile il suo ambito: le facciate in vetro hanno prodotto l’effetto di muri sottilissimi e trasparenti per
comunicare permeabilità tra il mondo virtuale e quello reale.
Negli anni di Expo Milano 2015 a Porta Nuova abbiamo riqualificato il vecchio edificio ‘Rasoio’, poi conosciuto come De Castillia 23. Il vulnus dell’edificio erano i balconi. Abbiamo pensato di conservarli e rivestirli con una superficie pavimentata chiara, un grès porcellanato trattato con biossido di titanio, per portare la luce naturale all’interno, con un risparmio del 78 per cento sull’illuminazione elettrica. Il timore a questo punto era l’eccessivo accumulo di calore. Ancora una volta, l’idea è stata quella di sovrapporre una preziosa pelle di vetro, aperta e fatta di elementi prismatici, fissati con diverse inclinazioni, in modo da creare un canale naturale di ventilazione. Al tempo stesso, questi elementi di vetro restituiscono infiniti giochi di luce e generano una colorazione cangiante, a seconda del punto da cui il palazzo è osservato.
Arriviamo a The Sign, sviluppato da Covivio, oggi sede di aziende come Aon, Ntt Data
Strumento estetico e barriera sempre
più invisibile tra dentro e fuori per ambienti sempre più felicemente luminosi: il vetro offre all’architettura la possibilità di vestire gli edifici e immaginare abitazioni con aperture sempre più ampie, leggere e performanti
e L’Oréal, composto da quattro edifici a uso uffici e due piazze. Il business district sorge su un’area dell’ex Fonderia Vedani, che lavorava sul riciclo dei materiali ferrosi. L’elemento che contraddistingue il progetto è la presenza di un segno di luce, un unico filo conduttore che corre tra gli spazi pubblici, gli edifici e le persone, e che si declina in un percorso definito da materiali e tracce luminose nella pavimentazione. Nelle facciate il segno riappare nel curtain wall vetrato, che si affaccia tra le interruzioni della ‘pelle’ metallica e cangiante, una serie di lembi – color oro per tre edifici e blu per il quarto – che si alternano alle trasparenze del vetro. Questo gesto, questo segno, assicura continuità tra architettura e contesto, tra gli edifici e la vita della città.
Concludendo, il vetro ci offre l’opportunità di vestire i nostri edifici differenziandoli l’uno dall’altro, offrendo l’opportunità a tutti noi progettisti di esprimere al meglio la nostra creatività.
[ 160 ] IOARCH_116
Elegante ed essenziale, la collezione OS2 75 di Secco Sistemi si caratterizza per i profili dagli spessori ridotti. Uno stile minimale che si sposa con il linguaggio sofisticato dell’architettura e che regala ampie aperture sulla vegetazione circostante
SECCO SISTEMI
Si trova in un quartiere residenziale di Città del Messico questa villa progettata dall’architetto Alejandro Escudero. Un’architettura dai volumi ampi e generosi in cui ogni elemento progettuale parla una lingua elegante e sofisticata. Dettagli ricercati e materiali di qualità sono il fil rouge dell’abitazione, un edificio sviluppato secondo un impianto ortogonale con volumi di altezze diverse che si integrano per dare vita a una planimetria rigorosa ma allo stesso tempo fluida, in cui ampi portali in pietra connettono ambienti diversi, anche a doppia altezza.
A defi nire il progetto è soprattutto il suo intimo rapporto con la natura. Tutti gli ambienti al piano terra sono infatti direttamente collegati con il giardino che circonda la villa, uno spazio verde con prati, piante d’alto fusto
ed essenze in vaso organizzate da percorsi in ghiaia che creano aree di relax protette dall’ombra della vegetazione. Un dialogo reso possibile dalle ampie superfi ci vetrate che scandiscono la facciata, con sottili profili scuri in acciaio zincato.
Per i serramenti dell’intera villa è stata utilizzata la serie OS2 75 di Secco Sistemi, una collezione che con eleganza discreta ha saputo interpretare bene le esigenze estetiche del progetto. Lo spessore ridotto dei profili incornicia come in un quadro la superfi cie trasparente e disegna nitidamente le aperture sulle facciate.
Finestre che vengono ulteriormente evidenziate da cornici a rilievo nelle facciate intonacate o che al contrario sembrano dissolversi nelle
pareti rivestite in pietra, a sottolineare l’estrema versatilità della collezione. Sono infatti oltre 40 i profili che il sistema a taglio termico OS2 propone e molteplici le combinazioni con cui esprimere la propria visione progettuale, comunque sempre orientata alla ricerca della purezza formale.
Una flessibilità e cura per i dettagli che si combinano con elevate prestazioni in termini di isolamento termico e acustico. www.seccosistemi.com
I profilati custom realizzati da Metra uniscono solidità resistenza e ottime prestazioni in termini di isolamento termico e acustico
Per sostenere adeguatamente l’involucro edilizio sono state necessarie soluzioni tecniche custom. I profilati in alluminio NC 65STH impiegati per la facciata sono stati infatti personalizzati su disegno di Stefano Boeri Architetti.
Dopo Milano, Utrecht, Eindhoven, Huanggang e Nanchino, Stefano Boeri Architetti porta il suo progetto di forestazione verticale anche nella capitale albanese. Situato nel centro di Tirana, nei pressi del Grande Parco della città, Tirana Vertical Forest è un’architettura caratterizzata dall’alternanza di balconi, che ospitano oltre 100 alberi e circa 3.500 piante, e vetrate a tutta altezza che creano una stretta connessione con il verde della facciata. L’edificio ha un’impronta al suolo di 820 mq e, nel suo sviluppo in altezza, integra una selezione diversificata di piante, fiori e alberature che comprendono specie aromatiche e varie tipologie di arbusti verdeggianti, tipiche del clima mediterraneo di Tirana.
Un ‘bosco’ che migliora la filtrazione naturale dell’aria, ottimizza l’efficienza energetica e fa-
vorisce la riduzione dell’inquinamento acustico. Tirana Vertical Forest permette, infatti, di assorbire CO2 e polveri sottili, riducendo l’inquinamento atmosferico cittadino e promuovendo un nuovo ecosistema urbano.
Un intervento complesso che ha richiesto soluzioni tecniche custom, in grado di sostenere adeguatamente l’involucro edilizio.
Fondamentale in questo il supporto di Metra Building, che per il sistema di facciata ha fornito i profilati in alluminio della serie NC 65 HES – sistema che unisce grande solidità, resistenza e una notevole capacità di isolamento termo-acustico – personalizzati su disegno degli architetti.
www.metrabuilding.com
Tra le soluzioni installate nella nuova sede di Conad a Forlì, Geze ECdrive T2, sistema per porte scorrevoli lineari dal design snello, e Geze Slimdrive SLV, un sistema scorrevole angolare pensato per ottimizzare tutto lo spazio disponibile.
Alla periferia di Forlì, tra anonimi capannoni industriali, sorge Sidera, il quartier generale della cooperativa CIA Conad fi rmato da tissellistudioarchitetti a cui avevamo dedicato un ampio servizio sul numero 114 di IoArch. Un rigoroso edifi cio di 100 metri di lunghezza e 33 di altezza che dà nuovo valore a un territorio privo di identità architettonica. Organismo vivo in dialogo con la luce, la struttura all’esterno è defi nita dall’uso di tre materiali: alluminio, vetro e cemento pigmentato nero. Gli interni sono stati progettati secondo i principi della neuroarchitettura, per favorire il benessere psico-fi sico, con abbondante illuminazione naturale, ventilazione controllata e isolamento acustico.
Un ruolo chiave nel progetto è stato svolto da Geze Italia che ha fornito sistemi avanzati per
l’automazione delle porte, con particolare attenzione alla sicurezza e all’effi cienza energetica. Tra le soluzioni installate, Geze ECdrive T2, sistema per porte scorrevoli lineari dal design snello, con un’altezza costruttiva di soli 100 mm, che offre una grande versatilità progettuale.
A supporto delle esigenze di accesso personalizzato, è stato installato inoltre il sistema scorrevole angolare Geze Slimdrive SLV, che consente l’apertura automatica delle ante con un’angolazione variabile da 90° a 270°, per la perfetta integrazione nel design della facciata. Infine, le automazioni per porte a battente Geze Powerturn F hanno incrementato la sicurezza e semplificato l’accesso al parcheggio sotterraneo. www.geze.it
Fondamentali nel progetto, i sistemi avanzati per l’automazione delle porte di Geze. Una serie di soluzioni contraddistinte da una particolare attenzione alla sicurezza e all’efficienza energetica, in linea con il carattere innovativo dell’edificio
Bernina 7 a Milano
è un edificio che promuove nuovi modi di lavorare e di relazionarsi con l’esterno.
Il sistema per facciate
Schüco AOC60 SG garantisce il massimo apporto di luce naturale e consente di contenere i consumi energetici.
SCHÜCO ITALIA
Promuovere nuovi modi di lavorare e di relazionarsi con il contesto esterno: è questo l’obiettivo di Bernina 7, il progetto di riqualificazione urbana firmato Il Prisma, sorta di avanposto delle future trasformazioni dell’ex scalo Farini. Un organismo vivo e multiforme che pone al centro il benessere delle persone e la riduzione dell’impatto ambientale, dimostrando come la buona architettura rigenerativa possa imprimere uno slancio propulsivo al futuro.
Certificato Leed Platinum, Bernina 7 è un edificio ad alta efficienza energetica che si estende per 10 piani fuori terra circondato da giardini, su un’area complessiva di 26.620 metri quadrati. A caratterizzare l’involucro esterno sono i sistemi di facciate e finestre in alluminio di Schüco, che ha saputo interpretare le complesse esigenze progettuali con soluzioni customizzate performanti e innovative.
Partendo dal basamento e dal piano terra, per garantire il massimo apporto di luce naturale e di conseguenza diminuire i consumi energetici, sono state installate facciate riportate con sigillatura strutturale esterna verticale e copertina in orizzontale Schüco AOC 60 SG L’intervento del team Schüco Custom Engineering si è invece focalizzato sui piani 8° e 9°, realizzati con una particolare facciata ‘plissettata’ che ha consentito, con pochi componenti speciali, lo sviluppo della variante architettonica richiesta, senza alterare i principi costruttivi e di tenuta dei sistemi di origine Schüco FWS 60 SG e Schüco AWS 75 BS.HI+
Nello specifico, Schüco Custom Engineering ha messo a punto soluzioni customizzate per la facciata plissettata: due nuove matrici di montante, un accessorio bloccaggio vetro e una unica guarnizione ‘inclinata’ con cui è sta-
Sono i sistemi di facciate e finestre in alluminio di Schüco
Italia a definire
l’involucro esterno di Bernina 7. Una serie di soluzioni customizzate performanti e innovative che hanno saputo interpretare le complesse esigenze del progetto
to possibile realizzare tutti gli angoli, sia interni che esterni, della facciata stessa.
Un intervento che ha permesso di ridurre il numero degli articoli speciali, velocizzando e semplificando le fasi di lavorazione in officina e posa in cantiere.
www.schueco.it
Bernina 7
> Località Milano
> Committente Kryalos
> Progetto architettonico Il Prisma
> Slp uffici 9.715 mq su 10 livelli
> Slp spazi commerciali 1.044 mq
> Aree verdi esterne 4.700 mq
> Soluzioni Schüco Sistema di facciate in alluminio AOC 60 SG e FWS 60 SG. Sistema di finestre in alluminio AWS 114 SG AWS 75 BS.HI+, AWS 75 SI+
Il rivestimento esterno in alluminio Ral strutturato assicura resistenza e protezione con ottime prestazioni per l’isolamento termico e acustico. Serramenti QR Legno. Sistemi per serramenti Uniform.
Una geometria pura in stretta connessione con l’azzurro del lago e il verde degli alberi circostanti. È nell’intreccio tra architettura e natura che risiede il fascino di questa villa a Sulzano, sulla costa est del Lago d’Iseo, progettata da Studio Bettoni.
Sviluppata attorno a un impianto planimetrico rettangolare, la residenza è composta da due volumi sovrapposti che, grazie a un gioco di aggetti e rientri, definiscono spazi all’aperto e terrazzi coperti, all’ombra dei quali rifugiarsi nei giorni più caldi.
Il disegno rigoroso è sottolineato dalla facciata bicolore, vestita con una tonalità calda nell’at-
tacco a terra e con un bianco candido nella parte superiore.
Al piano terra trovano posto la zona giorno, collegata direttamente con il giardino e la piscina, la sala giochi e il garage, mentre al primo livello sono ospitate le stanze della zona notte. Cuore del progetto sono le grandi aperture che scandiscono la facciata, dissolvendo i confini tra dentro e fuori grazie alla trasparenza dei parapetti in vetro. Un dialogo con l’esterno che prosegue al piano terra attraverso ampi scorrevoli.
Le finestre in legno e alluminio sono state realizzate da QR Legno impiegando il sistema
per serramenti con profilo minimale Slim di Uniform. Una soluzione che ha permesso di disegnare grandi superfici vetrate, assicurando la massima luminosità.
Per creare una sintonia con la tavolozza cromatica della casa, sono stati scelti serramenti con interno in abete lamellare lista intera laccato Ral, mentre il rivestimento esterno è in alluminio Ral strutturato, così da garantire resistenza, durata nel tempo e ottime prestazioni in termini di isolamento termico e acustico. Inoltre, nel progetto sono state adottate soluzioni che favoriscono il benessere come i sistemi oscuranti a lamelle orientabili, oltre a
Per i serramenti realizzati da QR Legno è stato scelto il sistema
Slim di Uniform.
Il profilo minimale ha disegnato ampie vetrate che incrementano la luminosità e creano una connessione visiva con l’azzurro del lago e il verde degli alberi
tecnologie per la pulizia delle facciate come le soglie incassate con scarichi integrati sul quarto lato per gli alzanti scorrevoli e vetri fissi a zero.
www.uniform.it
I serramenti sul lato interno sono in abete lamellare lista intera laccato Ral. Un materiale che si armonizza con i colori della casa. Foto Davide Limonta.
A scandire facciata e copertura, le porte
scorrevoli Fakro
Innoview HST, le finestre verticali Fakro
Innoview e le finestre da tetto Fakro FTP-V
Forme essenziali ed eleganti, spazi ampi e confortevoli inondati di luce naturale, numerose vetrate aperte sul paesaggio: sono questi gli aspetti che definiscono l’abitazione dell’architetto Łukasz Weirauch, titolare del brand Luxury House.
Un’architettura minimale in un borgo rurale nel cuore della Polonia concepita dall’architetto come edificio-manifesto del proprio lavoro. Il desiderio principale del progettista e proprietario della casa era, infatti, quello di poter godere della bellezza della natura circostante. Desiderio soddisfatto grazie all’utilizzo delle superfici vetrate di Fakro.
Nello specifico, nel progetto sono state utilizzate le grandi porte scorrevoli Fakro Innoview HST, che mettono in relazione gli interni con il giardino, e le finestre verticali Fakro Innoview, distribuite lungo tutte le facciate.
I telai di Innoview e Innoview HST sono tutti realizzati con legno accuratamente selezionato e trattato.
Il rivestimento esterno in alluminio conferisce, inoltre, un’ottima durabilità e definisce ulteriormente il carattere contemporaneo dell’edificio. Luce zenitale proviene poi dalle aperture in copertura, dove sono state installate finestre da tetto Fakro FTP-V, le cui dimensioni e posi-
zione prolungano sulle falde la scansione delle finestre verticali in facciata.
La resistenza agli agenti atmosferici è assicurata da quattro guarnizioni di tenuta, con possibilità di ventilare il locale anche con l’anta chiusa grazie al sistema V40P, che consente un ricambio dell’aria fino a 49 mc/h. www.fakro.it
SALAMANDER
GreenEvolution_straight di Salamander è una finestra pensata per l’architettura contemporanea e le ristrutturazioni di alta gamma, che ridefinisce gli standard di estetica, efficienza energetica e sostenibilità.
Il profilo sottile (< 90 mm), con effetto tuttovetro, aumenta la luminosità fino al 28 per cento. Il bordo dell’anta quasi invisibile, composto da una sottile e leggera striscia di alluminio incollata al vetro con adesivo a secco, dona un’estetica raffinata, oltre a migliorarne la staticità.
Valori termici eccellenti (Uw fino a 0,75, Uf 1,1) riducono i consumi energetici e migliorano il comfort abitativo. La struttura in Pvc, con rinforzo in alluminio, assicura stabilità e altezze fino a 2,80 metri, perfette per grandi superfici vetrate.
L’app myWindow di Salamander analizza parametri climatici ed edilizi per suggerire la
soluzione migliore, garantendo estetica e funzionalità.
GreenEvolution_straight rappresenta una sintesi di design, tecnologia ed ecosostenibilità e si rivolge ad architetti, designer e costruttori alla ricerca di soluzioni innovative.
Disponibile in diverse finiture, greenEvolution_ straight si adatta a ogni esigenza progettuale. È realizzata con materiali riciclabili al 100% e prodotta con energia rinnovabile.
www.salamanderpvc.it
GreenEvolution_straight viene proposta in diverse finiture dimostrandosi molto versatile. È prodotta con l’impiego di materiali riciclabili.
Eleganza, luminosità e valori termici eccellenti delle finestre
GreenEvolution_ straight di Salamander che uniscono design, tecnologia e sostenibilità. Ideali per l’architettura contemporanea e le ristrutturazioni di alta gamma
Natura e architettura si fondono nel Rifugio Passo Santner, la piramide rivestita di metallo riflettente disegnata dallo studio di Castelrotto Senoner Tammerle Architekten e premiata nel 2024 con una menzione speciale del Wood Architecture Prize promosso da Klimahouse. Posto a a 2.734 metri di quota sulla forcella dolomitica l’edifi cio, che fi no a qualche anno fa poteva ospitare solo 17 persone, è stato ampliato e trasformato in una confortevole struttura ricettiva. Un intervento importante che reinterpreta il paesaggio alpino con un linguaggio architettonico contemporaneo, materiali e soluzioni adatti alle condizioni climatiche estreme e struttura e interni completamente in legno.
Fondamentali nella nuova costruzione, le ampie vetrate che permettono di ammirare il panorama che si estende dal Latemar al Corno Bianco, fino al Corno Nero. In questo è stato decisivo il ruolo di Finstral, che ha fornito tutti i serramenti. Per la porta d’ingresso e i profili di finestre e pareti vetrate, Finstral ha utilizzato l’alluminio su entrambi i lati sia per motivi estetici che funzionali.
L’obiettivo era infatti impiegare un materiale che potesse adattarsi allo stile della costruzione e al contempo garantire stabilità dimensionale e resistenza in condizioni climatiche estreme. Oltre ai profili, anche il vetro dei serramenti doveva assicurare la massima stabilità, soprattutto nella parte inferiore: i tripli vetri
I serramenti di Finstral sono in alluminio su entrambi i lati.
Un materiale che riprende lo stile dell’architettura e allo stesso tempo garantisce stabilità dimensionale e resistenza alle condizioni climatiche estreme della montagna
sono stati dunque dotati di una lastra stratificata di sicurezza sul lato esterno, per evitare rotture in caso di pressione esercitata dagli accumuli di neve sulle finestre.
Altri aspetti essenziali sono stati il trasporto e l’installazione. I controtelai e i serramenti sono stati portati in elicottero fino alla vetta e poi trasportati al rifugio con l’impiego di una ventosa per vetri e una gru da cantiere. I lavori di posa hanno richiesto la massima efficienza e una grande flessibilità, perché in caso di maltempo l’elicottero non era in grado di mettersi in volo e trasportare al rifugio persone e materiali.
www.finstral.com
EKU PERFEKTION
Eleganza, elevate perfomance, profondo rispetto della storia: sono questi gli aspetti che hanno guidato il progetto di Eku per il Collegio Apostolico dei Penitenziari.
Un intervento di grande pregio nel cuore di Roma, in Piazza Santa Maria Maggiore, di fronte alla Basilica Papale e a una delle cinque Porte Sante, oggi aperta per il Giubileo 2025.
Per salvaguardare le caratteristiche dell’edificio, il serramento ha ripreso le forme dell’originale ad arco, con traversini ridotti per si-
mulare l’effetto inglesina. A questo scopo è stata adottata la serie Eku Perfektion Hps, un sistema in alluminio a taglio termico per aperture a battente che nasce da un’evoluzione della linea Perfektion attraverso l’impiego di barrette isolanti di dimensioni maggiori. Una modifica che permette di ottenere performance termiche superiori e di dare maggiore spazio all’area vetrata, mantenendo lo stesso carattere minimale.
Come per la serie precedente, Eku Perfektion Hps consente infatti di realizzare serramenti
ad alte prestazioni dalle linee snelle ed essenziali. Una pulizia formale che riduce al minimo la superficie a vista del profilo, potenzia la luminosità e al contempo garantisce un elevato isolamento termico e acustico, per offrire un impareggiabile comfort abitativo. Il progetto di questo raffinato disegno minimale non dimentica, infatti, la funzionalità e combina una ricercata qualità dei materiali isolanti con il perfetto funzionamento degli accessori. Accessori che possono anche essere a scomparsa con aperture a 180°, integrati all’interno
del profilo stesso, per realizzare ante pesanti con la massima sicurezza all’effrazione. Il sistema assicura, inoltre, una ridotta trasmittanza termica fi nale (U w) grazie alla minore area dei profili, per una estrema resistenza e una minima manutenzione.
Infi ne, la ricca gamma di profili e fi niture rende EKU Perfektion HPS molto versatile, consentendo di soddisfare qualsiasi esigenza estetica e costruttiva.
www.eku.it
Design essenziale massime prestazioni. Il sistema
EKU Perfektion
HPS permette di realizzare serramenti performanti
dalle linee snelle.
Un’estetica minimale che dà maggiore spazio alla superficie vetrata aumentando la luminosità
Prevedere anta con apertura ad arco totale
Per rispettare le caratteristiche dell’edificio, i serramenti forniti da Eku e messi in opera da Fraioli snc hanno ripreso le forme dell’originale ad arco con traversini ridotti per simulare l’effetto inglesina.
Mantenere posizione e ingombro inglesina originale
Grazie alla loro resistenza, i serramenti in alluminio sono indicati per realizzare finestre e porte finestre di grandi dimensioni. I profili sottili donano un aspetto elegante agli interni e incrementano la luce naturale. Una perfetta sintesi tra estetica e robustezza.
I prodotti di D&V Serramenti vanno ben oltre il concetto tradizionale di finestra. Si tratta infatti di sistemi dalle elevate prestazioni, in grado di definire gli ambienti e di creare una connessione tra interni ed esterni.
Nella ricca gamma di proposte dell’azienda, le finestre in Pvc si rivelano la scelta ideale per chi vuole unire efficienza energetica e personalizzazione. Realizzati con Pvc rigenerato per ridurre l’impatto ambientale, i prodotti di D&V Serramenti sono sicuri e offrono alte performance in termini di isolamento termico, un aspetto essenziale per garantire
comfort abitativo e risparmio energetico. La ricca offerta di formati e finiture, con pellicole e verniciature pensate per adattarsi a ogni contesto, permette di soddisfare qualsiasi esigenza.
I serramenti in alluminio sono, invece, la scelta migliore per chi cerca un prodotto che unisca estetica e robustezza, e per chi desidera finestre e porte finestre di grandi dimensioni.
La loro resistenza permette infatti di realizzare ante, sia battenti sia scorrevoli, dalle elevate dimensioni, con profili molto sottili che
Il cuore delle finestre moderne è il vetro un elemento tanto semplice quanto versatile, che da sempre è protagonista nelle abitazioni.
Sicuri, resistenti e dal design essenziale, i sistemi di D&V
contribuiscono alla qualità estetica dell’abitazione e alla luminosità degli interni. La vera innovazione risiede, però, nella capacità di trasformare la fi nestra in un elemento architettonico. Il vetro, inserito perfettamente nel telaio in alluminio, diventa infatti parte integrante della parete, contribuendo a caratterizzare l’edifi cio e a migliorare l’apporto di luce naturale.
I serramenti in alluminio garantiscono, inoltre, elevati livelli di isolamento termico e acustico.
Sia gli infi ssi in Pvc sia gli infi ssi in alluminio sono disponibili in un’ampia varietà di opzio-
ni: fi nestre e porte fi nestre a battente, sistemi scorrevoli e fi nestre a bilico che consentono di ottenere aperture panoramiche con il minimo ingombro interno. www.dvserramenti.it
Le finestre di D&V
Serramenti sono elementi architettonici che contribuiscono a definire il carattere di un edificio.
Serramenti sono una scelta elegante e performante per creare una connessione tra interno ed esterno. La ricca gamma di formati, materiali e finiture li rende adatti a diversi contesti
PVC
Tutti gli infissi in Pvc di D&V Serramenti sono realizzati con materiale rigenerato per avere il minimo impatto ambientale, sono sicuri e offrono alte performance in termini di isolamento termico. La soluzione migliore per chi desidera unire efficienza energetica e personalizzazione.
Cuore di questo loft a Porta Romana, la terrazza con pergola bioclimatica Joy di Gibus che offre un confortevole rifugio dal caos urbano
Ambienti fl uidi e luminosi, grandi vetrate con vedute spettacolari sulla città, una terrazza in cui respirare quiete e silenzio. È qui che ha scelto di abitare l’interior designer Chiara Dante insieme alla sua famiglia, di ritorno da un’esperienza di vita all’estero. Un loft all’ottavo piano di un edificio dall’anima brutalista, nel cuore di Porta Romana, a Milano, impreziosito da uno spazio outdoor fruibile per gran parte dell’anno. Fulcro della terrazza è infatti la pergola bioclimatica Joy di Gibus, una vera stanza in più composta da
due moduli affiancati che accolgono un salottino e una piccola zona pranzo, con un muro in mattoni a schermarli dal caos urbano. Defi nita da un design lineare e leggero, Joy si inserisce con discrezione in ambienti moderni così come in contesti storici. Gli snelli componenti strutturali, realizzati in alluminio estruso verniciato a polveri, uniscono qualità estetica e resistenza. Le lame orientabili sulla copertura permettono di regolare l’irraggiamento solare, creano un piacevole effetto bioclimatico durante le giornate più calde e
proteggono dalle precipitazioni. Luci dimmerabili consentono di adattare l’intensità dell’illuminazione, a seconda dell’uso. Le vetrate scorrevoli migliorano ulteriormente comfort e privacy. Tutte le operazioni di apertura e chiusura delle lame, di accensione e spegnimento led e di mobilitazione delle schermature laterali di Joy si possono gestire con un telecomando, oppure da sistema domotico.
www.gibus.com
Definita da linee leggere ed essenziali la pergola bioclimatica Joy si inserisce con discrezione in qualsiasi contesto.
Due immagini di Cellia.
Un prototipo della cellula prefabbricata è visibile presso la sede milanese di Progetto Cmr.
Ideata da Progetto Cmr e sviluppata con il gruppo Focchi in collaborazione con Mitsubishi Electric e le aziende partner Agc Flat Glass Italia, Alpac, Linealight, Omnitex e R2M Solution, Cellia è un sistema di involucro integrato personalizzabile nelle finiture e nei livelli prestazionali.
Premiato con un Compasso d’Oro, Cellia è un nuovo componente architettonico realizzato con sistemi di prefabbricazione evoluta pensato sia per immobili esistenti sia per nuove costruzioni. Nel caso di retrofi tting l’applicazione può avvenire mantenendo l’edifi cio abitato e quindi a reddito: la posa viene effettuata per settori, in modo da limitare al minimo i disagi del cantiere, e con tempi di installazione ridotti.
Si tratta di un sistema scalabile: nella confi-
gurazione di base Cellia integra l’impianto di climatizzazione e la ventilazione meccanica controllata, ma può includere anche moduli fotovoltaici già cablati, un sistema schermante fisso con brise soleil esterni e tende tecniche mobili interne, e l’illuminazione.
Un altro aspetto importante della soluzione è il tema manutentivo: uno studio accurato dell’alloggiamento e degli accessi alle unità di climatizzazione interne consente manutenzioni facili e sicure.
Da semplice elemento fisico di separazione tra l’interno e l’esterno, con Cellia l’involucro diventa parte attiva che contribuisce in maniera fondamentale alla sostenibilità dell’edificio e al comfort dei suoi occupanti. www.cellia.it
Cellia è stata premiata con un Compasso d’Oro come prodotto capace di integrare in maniera industrializzata le convenzionali funzioni del componente architettonico con le più avanzate tecnologie di controllo di un edificio evoluto
Flessibile e semplice da installare, Slidy di Yco è un sistema telescopico in vetro che può essere declinato in diversi contesti d’uso
Slidy è proposto in una ricca gamma di finiture. Il vetro è disponibile con caratteristiche e colorazioni diverse. La struttura in alluminio può essere prodotta anche in colori Ral a richiesta.
Slidy di Yco è un sistema telescopico a vetrate scorrevoli per pergole, verande, portici e terrazze pensato per vivere l’esterno in qualsiasi periodo dell’anno, sia nelle abitazioni private sia nei locali commerciali. Grazie alla sua conformazione modulare e flessibile, Slidy può infatti adattarsi a contesti diversi in modo semplice e rapido, risultando una soluzione molto pratica per ampliare gli spazi abitativi senza invadere gli ambienti interni.
Tra le caratteristiche principali: un sistema antisollevamento delle ante che garantisce maggiore sicurezza; possibilità di regolazione in
altezza per ben adattarsi alla struttura; profili paraspifferi laterali in alluminio e guarnizioni verticali in Pvc trasparente per una protezione efficace dagli agenti atmosferici; un sistema scorrevole fluido e silenzioso realizzato a doppia ruota su cuscinetti a sfera.
Per adattarsi a tutte le esigenze, Slidy viene proposto in due diverse configurazioni: con binario a terra, per una guida discreta e funzionale, o con apertura a impacchettamento, per ottimizzare lo spazio.
A rendere il progetto ancora più versatile è l’ampia gamma di finiture. La struttura in allu-
minio può essere realizzata in diverse finiture a scelta e anche in colori Ral a richiesta. Oltre al vetro standard, un float trasparente, sono disponibili varianti di vetri con caratteristiche e colorazioni diverse.
Altro punto di forza del sistema è la semplicità e velocità di installazione. www.yco-outdoor.com
Con Imago++ la posizione del maniglione è spostata lateralmente in corrispondenza del nodo centrale, che in questo modo può avere un profilo più sottile.
Telaio più sottile profilo quasi invisibile, più vetro, maggiore luce naturale.
Imago++ è un alzante scorrevole evoluto pensato per le grandi vetrate dell’architettura contemporanea.
Elevate le prestazioni per sicurezza e isolamento termico
Estetica minimale, performance eccezionali. Imago++ è l’alzante scorrevole di Agb pensato per le grandi vetrate dell’architettura contemporanea.
Una visione alternativa ed evoluta nel sistema degli alzanti scorrevoli che nasce dalla volontà di offrire un prodotto in grado di soddisfare sia esigenze funzionali che estetiche. Imago++ offre infatti un telaio più sottile e profili quasi invisibili, incrementando la superficie vetrata e la luminosità. Una più ampia apertura sull’esterno che garantisce prestazioni elevate in termini di scorrevolezza, sicurezza, comfort abitativo e isolamento termico.
La novità principale del sistema risiede nella posizione del maniglione che viene spostato di lato in corrispondenza del nodo centrale.
Una modifica tanto semplice quanto fondamentale che permette di assottigliare ulteriormente il telaio e liberare il montante anteriore dalla presenza del maniglione, ottenendo un profilo frontale pulito. Grazie alla facilità di impacchettamento, questo sistema consente l’apertura di superfici maggiori rispetto ai sistemi tradizionali a parità di dimensioni del foro architettonico e di realizzare serramenti a due, tre, quattro o più ante scorrevoli. Anche la serratura posteriore è più snella. Basandosi sulla stessa idea di minimalismo dei profili, la cassa della serratura viene posizionata nel montante posteriore in senso perpendicolare alla superficie vetrata, riducendo le dimensioni dei montanti. ww.agb.it
Uscito per la prima volta nel 1995, quando Dieter Rams (Wiesbaden, 1932) terminò la sua carriera quarantennale come direttore del design della Braun, Less but better non è solo il titolo del libro ma la sintesi stessa della filosofia con la quale Artur e Erwin Braun, da pochi anni alla guida dell’azienda, dopo aver assistito a una conferenza di Wilhelm Wagenfeld scelsero coraggiosamente (e l’aggettivo non suoni elogiativo perché è qualità necessaria dell’imprenditore) di rinnovare in maniera radicale tutti i loro prodotti, all’epoca – siamo nel 1955, lo stesso anno in cui Dieter Rams entrò in azienda – principalmente radio, cui seguirono negli anni i rasoi elettrici, gli impianti Hi-Fi e successivamente anche i piccoli elettrodomestici da cucina. Una filosofia condivisa da Rams che si applica non solo al prodotto industriale ma anche – nel capitolo conclusivo – al design del futuro, che sarà giudicato per la sua capacità di contribuire alla sopravvivenza stessa del genere umano riducendo il numero di prodotti e concentrando in ciascuno più funzioni. In fondo è quel che sta avvenendo con i device digitali, ma Rams ha attraversato un’epoca ancora analogica, quando l’innovazione tecnologica era il transistor. Ma quali sono le dieci regole del buon design secondo Dieter Rams? Progettare prodotti realmente nuovi, ovvero con un chiaro miglioramento delle loro funzioni. Prodotti utili, facili da comprendere, non invadenti (sono solo strumenti, non opere d’arte), onesti (che dichiarano la funzione che devono svolgere), durevoli, pensati come un tutto fin nel più piccolo dettaglio. La loro bellezza deriverà dalla capacità del designer di mettere in armonia tutte queste qualità. Un ritorno alla purezza e alla semplicità.
Less but better
Dieter Rams
Gestalten, Berlino, 2025 154 pp, En/De, Ill, 35 euro
ISBN 978-3-89955-525-7
Con una bella introduzione di Marco Biraghi, Pendragon pubblica oggi l’edizione italiana del testo scritto dal critico dell’arte e dell’architettura Reyner Banham nel 1966, quando le opere brutaliste, che oggi godono di incredibile popolarità e su Instagram fanno a gara con i video dei gatti, era inviso alla pubblica opinione.
Il termine, che fa riferimento al béton brut e più in generale alla bellezza dei materiali nella loro essenza raw, naturale, nell’Unité d’Habitation di Le Corbusier a
Il nuovo brutalismo
Reyner Banham
Pendragon, Bologna 2025 224 pp, Ill, 40 euro ISBN 978-88-3364-699-2
Corsi e ricorsi storici: da decenni, scriveva Helmut Jahn, gli architetti nordamericani sembrano privi di scrupoli e ambizioni e la professione è asservita alle logiche finanziarie del real estate. E da oggi possiamo aspettarci che il quadro peggiorerà: la Walt Disney Hall di Frank Gehry (2003) o la Steel House texana di Robert Bruno (2008) non incontrano i gusti di Donald Trump, che probabilmente – come già Xi Jinping nel 2016 – imporrà uno stile Maga, a metà tra Mar-a-Lago e il revival palladiano e dell’antica Grecia. Benvenuto dunque questo volume che, insieme a brevi sintesi dell’evoluzione dell’architettura negli Stati Uniti –dall’impronta coloniale europea alla precisione militare dei grattacieli acciaio/ vetro nati dalla stretta collaborazione tra architetti (spesso rifugiati europei) e industria fino al decostruttivismo –presenta 55 capolavori (30 dei quali su più pagine e splendidamente illustrati) – di architettura nord-americana dell’ultimo secolo. Per la maggior parte dei casi si tratta di opere stranote ma che, raccontate dal giornalista specializzato Sam Lubell (Wired, The Atlantic, Metropolis, Architectural Record), possiamo leggere da un punto di vista più preciso e puntuale
Marsiglia assume forte valenza estetica: il gigantesco edificio è abbellito dal colore e l’impiego del calcestruzzo assume, alla base e sulla terrazza, un carattere monumentale. È anche un monumento alla vita sociale, come conferma il programma dell’Unité, e contiene dunque un messaggio etico che, qualche anno più tardi, verrà reinterpretato nel Regno Unito assegnandogli però un valore strettamente funzionalista, di economia del progetto per costruire abitazioni ‘per tutti’: è il momento del ‘New Brutalism’ promosso dai giovani architetti inglesi Alison e Peter Smithson e il dibattito che ne segue, al quale lo stesso Banham partecipa attivamente quale membro dell’Independent Group, è l’oggetto di questo testo. Un New Brutalism che, per affermare la valenza etica del programma, nega piuttosto quella estetica, mostrandosi incline a una programmatica bruttezza. Ma di nuovo più estetico che etico, dalla Francia e dal Regno Unito il Brutalismo si diffuse poi nel mondo, dall’Unione Sovietica agli Stati Uniti, dal Giappone di Kenzo Tange fino all’Italia, dove oltre alle opere di Vittorino Viganò si può leggere anche nei progetti di Figini e Pollini.
che ci aiuta a inquadrarne la genesi e a meglio comprenderne la forma e le scelte costruttive. Più che divulgativo, il taglio del volume è non-accademico, e anche in questo si manifesta quell’atteggiamento pragmatico e scevro da elucubrazioni intellettuali che, traducendo nella pratica dei budget e delle tecniche di costruzione l’ottimismo degli anni Trenta e l’organicismo della frontiera, fece grande il secolo americano e la sua architettura.
American Icons
Gestalten & Sam Lubell
Gestalten, Berlino, 2024
288 pp, En, Ill, 60 euro
ISBN 978-3-96704-155-2
L’arredo outdoor evolve con soluzioni sempre più essenziali e performanti che annullano la distanza tra interno ed esterno. Metalli leggeri e tessuti hi-tech resistenti agli agenti atmosferici si combinano a materiali naturali come legno e rattan per personalizzare ogni ambiente all’insegna del comfort e dello stile
a cura di Elena Riolo
RALIK. Le sedute, le panche e i pouf della linea modulare disegnata da Ichiro Iwasaki possono essere usati da soli o combinati fra loro per creare infinite soluzioni. I sei moduli di seduta per indoor e outdoor possono essere completati con uno o due tavolini fissi agganciabili, con piani in HPL a tutto spessore effetto pietra resistenti a graffi, abrasioni e sostanze chimiche.
www.arper.com
X-LINE. Progettata da Niels Jørgen Haugesen alla fine degli anni Settanta, il classico del design è ora rilanciato dal marchio danese. Realizzata in sottile filo metallico, la sedia si distingue per la struttura a X che la rende resistente, leggera e flessibile attraverso un uso minimo di materiali e quindi un’impronta di carbonio molto bassa. È adatta per uso interno ed esterno, a seconda della variante. www.hay.com
OUT. Progettata da Víctor Carrasco, la lampada da terra rompe la tradizionale dicotomia tra interno ed esterno: è infatti adatta per entrambi gli ambienti. Disponibile in sei tonalità tenui, è il risultato della connessione di due coni tramite uno stelo flessibile, che ondeggia dolcemente nell’aria. La luce morbida è diffusa verso il basso.
www.vibia.com
ERICA. Lanciata nel 2017, la collezione firmata da Antonio Citterio si arricchisce ora con l’introduzione di nuovi divani e poltrone, tavoli, tavolini, finiture e varianti. La struttura in pressofusione d’alluminio verniciato a polvere offre leggerezza e durabilità e gli intrecci in nastri di polipropilene con un’anima interna ad alta tenacità sono appositamente studiati per l’utilizzo outdoor. www.bebitalia.com
Dal 1998 Odo Fioravanti si occupa di industrial design, sperimentando anche la grafica e l’exhibition design, con la volontà di ricondurre le diverse discipline a una materia continua. Lo studio dà forma a prodotti sempre per la disciplina del design in sé. www.fioravanti.eu
La grande tradizione dell’intreccio per una seduta senza tempo
Philía si distingue per un telaio resistente in tubolare d’acciaio, mentre la seduta e lo schienale sono avvolti da una fettuccia in estruso di pvc dalla superficie goffrata che, ordita orizzontalmente, crea un incrocio centrale in grado di garantire elasticità e resistenza. Il suo sviluppo non sarebbe stato possibile senza una realtà come Pedrali.
La collaborazione in questi anni è diventata armoniosa e la reciproca profonda conoscenza rende le occasioni di lavoro molto produttive. Non si tratta soltanto delle nostre capacità tecniche, delle attitudini della loro produzione,
ma di un rapporto umano che rappresenta la sponda del lavoro assieme. Un tema importante che ci accomuna è la sostenibilità strettamente legata alla longevità dei progetti. Penso che ogni linea aggiunta alla complessità del disegno di un oggetto porti con sé un collegamento alla contemporaneità. Ogni linea è come un’ancora che collega il prodotto al momento che viviamo e gli impedisce di salpare verso il futuro. Quindi poche linee, che poi significa semplicità, portano all’allungamento della vita del prodotto.
Odo Fioravanti
PHILÍA. La sedia e la poltrona disegnate da Odo Fioravanti sono caratterizzate da linee razionali e geometriche, che si fondono con una gentilezza di forme più morbide del corpo umano. La lavorazione manuale dell’intreccio conferisce alla seduta morbidezza e comfort, oltre che un aspetto sartoriale. Struttura e intreccio possono essere monocromatici o a contrasto, proposti in tonalità calde che si integrano facilmente all’interno di paesaggi naturali. www.pedrali.com
G.T.DESIGN
FLAT OUT. La collezione di tappeti per esterni e interni disegnata da Deanna Comellini è realizzata a mano su telai di legno tradizionali utilizzando pet derivato dal riciclo di bottiglie di plastica. La lavorazione a maglia stretta garantisce elasticità, stabilità e durata e una notevole resistenza all’usura e agli agenti atmosferici. Ogni tappeto, disponibile in quattro colorazioni, può essere personalizzato su misura. www.gtdesign.it
RAYGUN. Il piccolo proiettore progettato dal team di Ricerca e Sviluppo dell’azienda è proposto in una vasta scelta di opzioni: tre misure, una generosa gamma di larghezze del fascio luminoso e di potenze tramite ottiche puntuali o diffuse, diversi materiali, finiture, colorazioni. Concepita per integrarsi con una varietà di accessori, la lampada consente una gestione della luce finemente regolata.
www.platek.eu
PERENNIALS AND SUTHERLAND
DUNA. Ispirata alle morbide forme delle dune di sabbia, la collezione di sedute imbottite firmata dal designer catalano Eugeni Quitllet è realizzata con eleganti telai in teak. Le imbottiture sono rivestite con il tessuto Ishi di Perennials, noto per la sua resistenza e somiglianza al lino, disponibile in 40 varianti colore da tonalità neutre a sfumature di blu. www.perennialsfabrics.com
RESTONE. Progettata e realizzata con l’impasto ReSource, che include oltre il 60% di materiale riciclato preconsumo, la linea di rivestimenti è la reinterpretazione in grès porcellanato di un blend tra una limestone e la pietra calcarea di Chauvigny. L’estetica rievoca le distese sabbiose, con una finitura granulare che conferisce uniformità e una texture marmorizzata, impreziosita da venature sottili.
www.mirage.it
CUT. Disegnata da Stephan Veit, la collezione di sedute si declina in due varianti: una per l’indoor e l’altra per l’outdoor. Quest’ultima prevede bergère con poggiapiedi, poltroncina, sedia e sgabello dal profilo disegnato ed essenziale ottenuto da una struttura in tondino d’acciaio verniciato a polveri epossidiche e da un guscio intrecciato a mano in fettuccia di gassa. www.potocco.it
MUSEO OUTDOOR. L’estensione per esterni della gamma Museo Revo è progettata per l’illuminazione di facciate, monumenti, parchi e giardini. Declinati in decine di ottiche e tipologie installative, gli apparecchi, compatti e mimetici, sono studiati in cinque dimensioni e con grado di protezione IP67. Nove le distribuzioni del fascio luminoso, da un preciso spot di 7 gradi a un ampio flood di 60 gradi. www.exenia.eu
Guidato dalla ricerca della purezza formale e funzionale, il lavoro di Spalvieri & Del Ciotto Design Studio racconta un pezzo della nostra storia e cultura, attraverso innovazioni e sperimentazioni.
www.spalvieridelciotto.com
Gli ideali di versatilità, leggerezza e innovazione al cuore del progetto
Volevamo creare un oggetto visivamente etereo, capace di adattarsi a qualsiasi contesto. Atomo è infatti concepito per essere un tavolo versatile, che trasmette una sensazione di leggerezza, pur mantenendo solidità e stabilità. Il brief dell’azienda era preciso: dovevamo rispettare requisiti tecnici e materiali ben definiti, con un particolare focus sull’uso dell’alluminio pressofuso. Questa scelta è stata per noi la chiave per sviluppare una base versatile, in grado di garantire varie altezze attraverso
LE FIL VERT. Tessuta con un filato ottenuto dalla riconversione del pet, la collezione outdoor ideata dalla textile designer Carlotta Fortuna si declina nei tappeti Pierre, Sesame, Coco e Prune. Resistenti all’acqua, mantengono colore, consistenza e integrità anche se sottoposti agli elementi atmosferici e alla luce solare, i tappeti sono riciclati al 100% e a loro volta riciclabili all’infinito. www.amini.it
una gestione intelligente della lunghezza dei tubi di collegamento che uniscono la base al piano del tavolo. La nostra ambizione è stata quella di eliminare ogni dettaglio superfluo, in particolare le viti visibili: attraverso la collaborazione dell’ufficio tecnico abbiamo sviluppato soluzioni innovative ispirate alla tecnologia delle biciclette da corsa, un campo che si distingue per la precisione e la pulizia delle sue componenti.
Simone Spalvieri, Valentina Del Ciotto
S CAB
ATOMO. Leggera e robusta, la struttura metallica del tavolo è composta da una base a terra in alluminio pressofuso su cui si innestano le gambe in acciaio che sostengono il piano. Ogni dettaglio formale, come la connessione a secco tra il basamento e i tubolari, risponde a una ricerca estetica che si avvale della tecnologia produttiva più avanzata. Numerose le varianti, le cromie e le finiture disponibili.
www.s-cab.it
KNOLL
LISSONI OUTDOOR COLLECTION. Ciò che accomuna gli arredi della collezione concepita da Piero Lissoni è la linearità del disegno. Il progettista si è infatti ispirato agli arredi creati da Richard Schultz nel 1966 su richiesta di Florence Knoll, considerati il primo esempio di design esterno moderno. La struttura in alluminio e il motivo microforato del retro dello schienale ne sono i principali elementi di contemporaneità. La collezione comprende divani a due o tre posti, poltrone, pouf e tavolini. www.knoll.com
MILANI
POLLUCE. La lampada da tavolo wireless disegnata dallo studio Basaglia + Rota Nodari è composta da una base in alluminio agganciata a uno stelo in tondino metallico nel quale è inserito il diffusore. Un meccanismo invisibile, frutto di un brevetto, permette al corpo illuminante di scorrere per la lunghezza dell’asta e di ruotare di 360 gradi. Il cono di luce è così modulabile sia in direzione sia in intensità. www.sm-milani.com
VARASCHIN
WELLNESS THERAPY. La collezione outdoor firmata da Alberto Apostoli comprende chaise longue, letto singolo e doppio, side table. In particolare, il classico lettino prendisole diventa una chaise longue sospesa, che si distingue per la scocca sinuosa ed ergonomica. La base metallica è personalizzabile in differenti finiture e cromie, così come il rivestimento in tessuto outdoor è disponibile in un’ampia gamma di proposte. www.albertoapostoli.com www.varaschin.it
MAGIS
SOUTH. In tubo d’acciaio trattato in cataforesi e verniciato a polveri di poliestere, la collezione disegnata da Konstantin Grcic con linee curve e comode è composta da poltrona, poltrona bassa, panca e panca bassa, tutte con braccioli. Include anche quattro tavoli, due tavolini, stuoie intrecciate per le sedute, tappeti, cestini e un plaid, tutti nello stesso tessuto adatto all’outdoor. www.magisdesign.com
POLIFORM
KETCH. Jean-Marie Massaud si è ispirato al mondo della nautica per disegnare il divano Ketch. Come una vela tesa tra i due alberi della imbarcazione da cui prende il nome, lo schienale flessibile è sostenuto da una struttura in massello di iroko: un legno molto resistente qui trattato con idro-oli che ne preservano la bellezza nel tempo. La cuscinatura è in materiali e tessuti specifici per l’outdoor. www.poliform.it
Lo studio con sedi a Stoccolma e Copenaghen Note lavora con un approccio olistico e un potente spirito collettivo. Ogni suo progetto viene sviluppato attraverso la personalizzazione in dialogo con i clienti e un profondo impegno per l’integrità del mestiere. A sinistra, Malin Engvall. A destra, Susanne Wåhlin. www.notedesignstudio.se
Le domande necessarie per aggiungere profondità e significato al progetto
Esploriamo e poniamo il maggior numero possibile di domande nella prima fase del progetto, per aggiungere profondità e significato al risultato finale. E così per Pelagus ci siamo chiesti: che cosa possiamo aggiungere alla gamma outdoor di Fritz Hansen che non esista già? Quali qualità estetiche e funzionali cerchiamo e desideriamo quando progettiamo spazi esterni? Ognuno di noi – product, interior e strategic designer – ha aggiunto al progetto il suo particolare punto di vista. Fin dall’inizio, il nostro obiettivo è stato quello di creare una collezione duratura dal gusto
internazionale, che superasse la tradizionale estetica scandinava per arredi da esterno. Ci siamo concentrati sui materiali, eliminando i dettagli superflui per evidenziare le linee pulite e le ampie superfici in legno, e sulla praticità, facendo in modo che ogni pezzo si possa integrare facilmente in contesti diversi. Per noi creare prodotti significa realizzare oggetti che non solo resistano alla prova del tempo in termini di qualità, ma che diventino più belli con il tempo.
Susanna Wåhlin e Malin Engvall di Note Design Studio
NOA. Elementi componibili, abbinamenti materici e forme scultoree: la proposta outdoor del marchio si arricchisce con la collezione di tavoli Noa, disegnata da Marco Acerbis per celebrare il concetto di convivialità. Il suo forte effetto materico è dato da una finitura in resina spatolata che contribuisce a rendere il tavolo una presenza scultorea e suggestiva. www.gervasoni1882.com
PELAGUS. Sviluppata con Note Design Studio, l’estensione della collezione per l’outdoor vede l’aggiunta di quattro nuovi tavoli e due sgabelli bar: pezzi che valorizzano lo spazio senza sovraconnotarlo con un’estetica minimalista e il legno di teak. L’intera linea comprende quindi oggi sedia, poltrona, lounge chair, lettino, tavolo pranzo, tavolo quadrato, coffee table, due tavoli bar con diverse altezze e due sgabelli bar. www.fritzhansen.com
NARDI
STACK E COMBO. Gli sgabelli in due diverse altezze e i tavoli con piano rotondo, che attraverso l’aggiunta di una prolunga si trasformano in tavoli alti, sono disegnati da Raffaello Galiotto e realizzati in plastica riciclata e riciclabile al 100%. Sono ora disponibili in tre nuove colorazioni oltre all’originario color Terra: Gesso, Basalto, Cactus in finitura mat evidenziano volute striature e una texture opacizzata. www.nardioutdoor.com
ARTEMIDE
KNOP. La collezione dalla struttura minimale e resistente si compone di tre elementi di diverse altezze e di una versione a parete per rispondere alle varie esigenze degli spazi esterni, segnando percorsi o creando grandi aree illuminate. La curvatura della testa riprende la geometria di Gople, un dettaglio che crea un dialogo con le altre proposte indoor e outdoor di BIG per il marchio di illuminazione. www.artemide.com
NORMANN COPENHAGEN
BURRA. La nuova versione da esterno della poltrona lounge progettata da Simon Legald conserva la morbidezza e la linea organica della seduta originale. La struttura è stata rinnovata con l’impiego di legno impermeabilizzato, in grado di resistere alle intemperie, e con l’aggiunta di una copertura protettiva di facile applicazione che riveste la poltrona nei periodi di non utilizzo, prolungandone la durata. www.normann-copenhagen.com
KIRKBY DESIGN
PICNIC OUTDOOR. La collezione di tessuti riciclati per esterni nasce in collaborazione con la designer svedese Tekla Evelina Severin, nota come Teklan. Molto riconoscibile è infatti la palette cromatica forte e decisa. La fibra è realizzata con polipropilene riciclato al 100% proveniente da rifiuti pre-consumo e ha un’impronta di carbonio inferiore del 40% rispetto al filato di polipropilene vergine. www.kirkbydesign.com
TESEO. La collezione disegnata da Amdl Circle, studio fondato da Michele De Lucchi, composta da tavolo e sedia da pranzo outdoor si distingue per un dettaglio sartoriale che unisce le doghe di teak tramite una cucitura continua di corde. Le corde sono trattate con un processo superficiale a base d’acqua che, oltre a renderle adatte per la cucitura e per l’integrazione tra le doghe del tavolo, le fa risultare più scorrevoli e ancora più resistenti all’usura. www.rodaonline.com
TEMPOTEST HOME CAPSTONE
Tessuti altamente performanti e adatti per estetica e funzionalità ad ambienti outdoor e indoor, si contraddistinguono per una morbidezza e un aspetto molto simile ai prodotti in fibra naturale. La nuova cartella colori della fibra Tempotest Home LS rende infinite le possibilità di personalizzazioni. Nel 2025 sono stati introdotti nuovi colori anche per i tessuti in bouclè e ampliata la gamma dei velluti High Performance. www.para.it
ATLAS CONCORDE
BOOST ICOR. La collezione effetto pietra rievoca il calore tipico delle limestone in sei tonalità chiare di grigio e beige adatte a spazi indoor e outdoor. Ne fa parte una proposta sviluppata ad hoc per il rivestimento: superfici 3D ispirate alle pietre incise che giocano con le ombre e le geometrie. www.atlasconcorde.com
MASIERO
TEE OUTDOOR. Le sfere luminose in polietilene per gli spazi all’aperto disegnate da Valerio Cometti +V12Design sono delicatamente animate da un’incisione di linee parallele a spirale, che sembra conferire ai globi una lenta rotazione. Disponibile come sospensione, plafoniera, lampada da terra, tavolo e applique, la famiglia è flessibile nelle modalità di impiego e modulare nelle configurazioni. www.masierogroup.com
CAFÉ. Quella disegnata da Christophe Pillet è una collezione dal gusto contemporaneo e accogliente che unisce la solidità della struttura in acciaio a una nuova maglia progettata ad hoc. La gamma, adatta per spazi esterni e interni, esprime tutta la sua trasversalità nelle versioni sedia, poltroncina e sgabello in una palette di colori molto ampia, in contesti residenziali e contract.
www.emu.it
SALTO. Un’anima in alluminio – o acciaio per la versione outdoor – ricoperta di un impasto di sabbia, acqua, cemento e un ossido colorante: è questa la formula della linea di tavoli e tavolini del brand di Maria Adele Savioli in cui si amalgamano eleganza delle linee e crudezza dei materiali. Due le finiture: con il piano e i lati esterni delle gambe lamati oppure con tutta la texture a vista. www.mas-design.it www.mariaadelesavioli.it
TAO. Dall’estetica minimale ed essenziale, la nuova capsule outdoor è stata sviluppata dallo studio spagnolo Ramón Esteve Estudio a partire dal legno di iroko che ne costituisce la base formale e materica. Al divano modulare, al pouf e alla chaise longue rivestiti in tessuto idrorepellente si aggiungono due coffee table, disponibili in altrettante dimensioni, con top in marmo o grès. www.ditreitalia.com
ELLY. Lo studio di Venezia LCM Marin Design Studio ha disegnato un sistema di lampade in polietilene dal design essenziale con texture a righe. Resistente agli urti, agli agenti atmosferici, alla salsedine e ai raggi UV, può essere utilizzata in outdoor, anche in acqua, e indoor come lampada a sospensione o da terra, con l’aggiunta delle gambe metalliche. Nell’immagine, la versione da terra è accostata al divano modulare Rhor. www.lyxodesign.com
PAOLA LENTI
ROSETO. Resistente e performante per un uso outdoor, il tessuto jacquard dal particolare effetto bouclé e dal disegno che richiama il profilo delle fronde degli alberi riveste i grandi cuscini di seduta e schienale delle poltrone e dei divani Kyo. La struttura in massello di sassofrasso degli arredi è trattata con una finitura idro-oleorepellente a base d’acqua che limita l’assorbimento di liquidi e sostanze grasse. www.paolalenti.it
Un oggetto per illuminare custom e, insieme, universale
Titolare dello Studio FGS, con base a Siena, Filippo Gastone Scheggi lavora come progettista, direttore tecnico e designer di arredi. Segue numerosi cantieri di ristrutturazione e di restauro in tutta Italia sempre nel rispetto del contesto. https://filippogastonearchitetto.com
Come professionista cerco sempre di immaginare il prodotto perfettamente inserito nell’ambiente finale: la sfida progettuale è quella di creare un corpo illuminante customizzato sia per quanto riguarda le prestazioni sia per l’equilibrio estetico e stilistico. Sono le performance tecnologiche che devono adattarsi alle esigenze del contesto. Come nel caso della Cantina di Argiano, il genius loci del sito obbliga a concentrare la luce su aree di camminamenti che collegano il belvedere con i giardini all’italiana.
La luce calda, tenue, circoscritta in aree ben definite, deve garantire, oltre al necessario comfort per la fruizione dei camminamenti, il rispetto per la storicità degli ambienti. Da queste considerazioni è nata la volontà di creare un corpo tecnico di forme semplici, capace di orientarsi in base alle necessità e che vuole risultare estraneo a qualsiasi richiamo stilistico e al design dei giardini. Bellaria risulta, così, adattabile a qualsiasi contesto.
Filippo Gastone Scheggi
BELLARIA. Progettato da Filippo Gastone Scheggi per illuminare i giardini all’italiana di una cantina nel senese, il bollard è concepito per raggiungere una potenza di 6W in dimensioni estremamente contenute. Il suo snodo meccanico consente una rotazione del corpo lampada di 340° sull’asse verticale, garantendo un puntamento preciso. Numerose le varianti disponibili e le possibilità di personalizzazione.
www.qu-lighting.com
ROÈ. La collezione in alluminio disegnata da Francesco Meda e David Lopez Quincoces, composta da poltroncina, tavolini, tavoli bassi, divano e poltrona, si caratterizza per il giunto pressofuso nel quale si innestano profili estrusi in alluminio. Nell’immagine, la poltroncina realizzata da una linea curva continua; la struttura di base in alluminio estruso e pressofuso può essere arricchita da cuscinature. www.fastspa.com
DEKTON PIETRA EDITION. La collezione di lastre ultracompatte e carbon neutral firmata da Daniel Germani si ispira alle pietre classiche del Mediterraneo. Come la sua declinazione Polar, che reinterpreta la ricchezza visiva del Campaspero spagnolo attraverso un motivo iperrealistico che combina una base irregolare nei toni del beige con venature grigiastre e crema, piccoli intarsi e fossili. www.cosentino.com
TEPORIA
JUTA. È una delle sei collezioni del nuovo brand di arredo outdoor, di cui Margherita Rui è direttrice creativa. Il progetto, firmato dallo studio e-ggs, nasce dall’idea di una seduta in tessuto sospesa su un telaio in metallo che si caratterizza per la corda, intrecciata a mano direttamente sulla struttura. La collezione è proposta in quattro varianti cromatiche: dalle tonalità più naturali ad altre più accese e decise.
www.teporia.com
ZAVA
SALVIA. Sviluppata da Bellucci
Mazzoni Progetti, la lampada da giardino per l’illuminazione di vialetti e fioriere, con le sue linee semplici in alluminio, richiama quelle di un ramo e di una foglia. Durante il giorno si fonde e si confonde tra vialetti e fioriere. Al buio disegna piccole atmosfere luminose che valorizzano il contesto e guidano i passi delle persone. www.zavaluce.it
INVICTUS CROSS. La collezione Invictus, ora completata con la nuova versione con venatura trasversale anziché longitudinale, si articola in vari formati e finiture ispirate al travertino. L’offerta si amplia con decori che rievocano intarsi a scacchiera e a incastro geometrico in finitura naturale e krystal. Le colorazioni virano dal bianco al beige caldo con grande fedeltà alla natura del materiale originale. www.ceramicasantagostino.it
EXTERNO. Pensata per trasformare gli esterni in un’estensione naturale degli ambienti indoor, la collezione di pavimenti abbina l’estetica del legno a prestazioni d’eccellenza, come la resistenza alle radiazioni UV, alle escursioni termiche e alle forti sollecitazioni meccaniche. È creata con un ecomateriale innovativo, composto da farine di legno e polietilene riciclato ad alta densità. www.woodco.it
ECLIPSE WIRE. Disegnata da Angelo Pinaffo, è la versione outdoor derivata dall’ampia famiglia Eclipse della casa madre Diemmebi. Le sue linee essenziali e sinuose trasmettono leggerezza, senza però rinunciare all’alta resistenza agli agenti atmosferici. Due le versioni – seduta e sgabello alto – prodotte in sette gamme colore e con cuscino abbinabile. Nell’immagine è abbinata al tavolo Passepartout. www.urbantime.it
CLOU. Sistema ideale per valorizzare con eleganza giardini e terrazzi. Il suo design modulare, disponibile in bianco, nero, corten e verde smeraldo, si fonde con l’ambiente circostante. Il profilo estruso a petalo integra strip siliconiche per abbinare luci d’accento con spot e variare la luce in maniera personalizzata. La sua struttura versatile consente l’installazione sia come bollard sia a parete o soffitto, per creare suggestivi giochi di chiaroscuro. Resistente alle intemperie grazie alla certificazione IP66 e IK06. www.esse-ci.com
OSAKA. Per il proprio debutto nell’arredo per esterni l’azienda friulana ha scelto di proporre in versione outdoor il celebre divano modulare disegnato da Pierre Paulin nel 1967 e rieditato nel 2013. La seduta è quindi aggiornata con tessuti idrorepellenti, imbottiture tecniche e una struttura in metallo trattato, che funge da spina dorsale centrale e che consente di realizzare le curvature desiderate. www.lacividina.com
Edvard Munch Train Smoke, 1900. Oil on canvas, 84,5x109 cm Munchmuseet, Oslo. Foto ©Munchmuseet / Halvor Bjørngård.
Alla Fondation Beyeler fino al 25 maggio, la mostra tematica Northern Lights è incentrata su circa 70 dipinti di paesaggio di artisti provenienti dai Paesi nordici e dal Canada, realizzati tra il 1880 e il 1930, tra cui opere fondamentali di Hilma af Klint ed Edvard Munch. Questi artisti hanno in comune la natura del Nord, in particolare la foresta boreale, anche conosciuta come taiga, la foresta primordiale più grande del mondo, come fonte di ispirazione. Le vaste distese della foresta, la luce radiosa dei giorni estivi senza fine, le lunghe notti invernali e fenomeni naturali come l’aurora boreale hanno dato origine a una forma specificamente nordica di pittura moderna che continua a esercitare un fascino duraturo. L’atmosfera unica di questa parte del mondo, con le sue condizioni
climatiche estreme, ha affascinato e ispirato gli artisti per secoli. Oltre a Klint e Munch, Northern Lights presenta opere di Helmi Biese, Anna Boberg, Emily Carr, Prince Eugen, Gustaf Fjæstad, Akseli Gallen-Kallela, Lawren S. Harris, J. E. H. MacDonald, Ivan Shishkin, Harald Sohlberg e Tom Thomson. Sebbene molti di questi artisti siano celebrati nei loro Paesi d’origine, la mostra offrirà nuove scoperte affascinanti per la maggior parte dei visitatori: è la prima volta che una mostra in Europa è dedicata a questo particolare tema.
Fino al 25 maggio 2025 Fondation Beyeler Baselstrasse 77 Riehen Svizzera.
La prima Collezione di tessuti in PET riciclato e certificata GRS
Dall’iconico al quotidiano, la nostra ampia selezione di arredi riunisce il meglio dei nostri brand. Grazie alla forza del collettivo MillerKnoll, puoi sempre ottenere l’estetica, il prezzo, la funzionalità e l’atmosfera giusti per la lounge o la lobby del tuo hotel.