luglio 2014
N°19
Valore residuo delle opere del servizio idrico: cercasi certezze Laboratorio Servizi Pubblici Locali
Abstract La certezza sul valore residuo delle infrastrutture del servizio idrico e sulle sue modalità di liquidazione è fondamentale per assicurare l’equilibrio economico-finanziario delle gestioni, la partecipazione e il buon esito delle gare, l’afflusso delle risorse finanziarie necessarie agli investimenti. La possibilità sono diverse. Ogni scelta presenta opportunità e limiti: gli effetti indesiderati vanno dal minore interesse degli investitori per il settore sino al rischio di minare le basi della concorrenza per il mercato.
REF Ricerche srl, Via Aurelio Saffi, 12, 20123 - Milano (www.refricerche.it) Il Laboratorio è un'iniziativa sostenuta da (in ordine di adesione): ACEA, Federutility - Utilitatis, SMAT, IREN, Confcommercio - Imprese per l'Italia, CO.MO.I. Group, SIBA. Stesura: Donato Berardi e Samir Traini Editing: Giuseppe Voto e-mail: laboratorio@refricerche.it
La missione del Laboratorio
Dal 1° dicembre 2013 ha iniziato la sua attività il Laboratorio Servizi Pubblici Locali (Lab SPL), un forum di analisi e discussione che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali. Molteplici tensioni sono presenti nel panorama economico italiano, quali la crisi delle finanze pubbliche nazionali e locali, la spinta comunitaria verso la concorrenza, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, il rapporto tra amministratori e cittadini, la tutela dell’ambiente. Nonostante questi avvenimenti, il comparto dei Servizi Pubblici Locali in Italia raramente è fonte di un dibattito “sistemico”: prevalgono nella discussione contrapposizioni e dicotomie (pubblico vs. privato, stato vs. mercato, locale vs. nazionale, …) quasi mai sorrette da analisi quantitative ed economiche. Per esperienza, indipendenza e qualità nella ricerca economica REF Ricerche è il “luogo ideale” sia per condurre il dibattito sui Servizi Pubblici Locali su binari di “razionalità economica”, sia per porlo in relazione con il più ampio quadro delle compatibilità e delle tendenze macroeconomiche del Paese.
Donato Berardi Direttore e-mail: dberardi@refricerche.it tel. 02 87078150
N°19
Valore residuo delle opere del servizio idrico: cercasi certezze Il valore residuo come punto di equilibrio del sistema Le problematiche del riconoscimento dei costi di capitale
La necessità di indicare regole certe per quantificare il valore residuo dei cespiti
Nei nuovi criteri tariffari, aliquote di ammortamento commisurate alla vita utile tecnica dei cespiti
Il settore idrico è tra i servizi di pubblica utilità quello a più elevata intensità di capitale e che necessita di ingenti investimenti in infrastrutture, la cui utilità produce i suoi effetti su un orizzonte temporale pluriennale. Tale fenomeno è la ragione che induce a distribuire il riconoscimento dei costi di capitale nel tempo, sotto forma di ammortamenti. Un siffatto criterio può però indurre le gestioni a interrompere o rallentare il programma delle opere in prossimità della scadenza dell’affidamento, laddove venga meno la certezza sul rientro dei costi dell’investimento.
Per ovviare a questo inconveniente sono fondamentali regole che indichino i criteri per quantificare il valore residuo dei cespiti non ammortizzati e la sua modalità di liquidazione all’occorrenza di un avvicendamento tra gestioni. Come si è avuto modo di argomentare in un precedente contributo di questa collana1, la disciplina del valore residuo e la certezza sulla sua liquidazione sono elementi imprescindibili nella valutazione dell’equilibrio economico-finanziario della gestione.
Queste poche righe qualificano il tema come una priorità per il Servizio Idrico Integrato, anche alla luce dei nuovi criteri tariffari che hanno introdotto aliquote di ammortamento commisurate alla vita utile tecnica dei cespiti in luogo dell’ammortamento fiscale o finanziario concesso dal Metodo Normalizzato (basato sull’applicazione delle aliquote previste ai fini fiscali o sulla durata residua delle concessioni). Un passaggio che ha favorito l’allungamento del periodo di ammortamento dei cespiti oltre la naturale scadenza degli affidamenti, le cui conseguenze sono state in parte mitigate dalla possibilità, sotto talune condizioni, di concludere l’ammortamento entro la scadenza delle concessioni. Valore residuo e modalità di liquidazione sono in ultimo elementi essenziali del bando di gara per l’assegnazione del servizio, in grado influenzare la partecipazione e il livello desiderato di concorrenza per il mercato.
La quantificazione del valore residuo nel settore idrico Le problematiche di un percorso travagliato
Contributi privati
Da più parti è stato avanzato il timore che il travagliato percorso della distribuzione gas potesse ripetersi anche nelle gare per l’affidamento del servizio idrico. Una breve analisi di alcune convezioni attualmente in vigore conferma la presenza di diverse casistiche riguardo alla valorizzazione del valore residuo: in alcune il rifermento è al VIR (Valore Industriale Residuo), calcolato secondo le disposizioni di legge vigenti, in altre al valore netto contabile dei cespiti non ancora ammortizzati, come risultante dal bilancio del gestore.
Nel caso del VIR il riferimento alle disposizioni vigenti fa sorgere un dubbio sull’inclusione o meno dei contributi privati: si pensi, ad esempio, ai contributi per allacciamento da parte degli utenti finali che in linea teorica non verrebbero inclusi2. 1 Si veda Contributo n.17, “Un’azione di sistema a sostegno degli investimenti”, giugno 2014. 2 Inclusione che invece è stata prevista nel caso della distribuzione gas con recenti interventi normativi. Si veda Approfondimento 2. luglio 2014
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N°19 I cespiti hanno natura demaniale
Valore residuo delle opere del servizio idrico: cercasi certezze La normativa nazionale ha affidato all’AEEGSI ampi poteri, tra cui quello di impartire, a pena di inefficacia, “prescrizioni (...) sulla necessità di modificare le clausole contrattuali e gli atti che regolano il rapporto tra l’AEEGSI e i gestori del SII”3. Anche nelle recenti sentenze il Tar Lombardia ha a più riprese ribadito il potere dell’AEEGSI di incidere sulle convenzioni in corso4.
D’altro canto va ricordata la natura demaniale e inalienabile dei cespiti del Servizio Idrico Integrato (a differenza del caso della distribuzione di energia elettrica e gas naturale ove la proprietà può anche essere privata), elemento che rende più cogente la necessità di una tutela nei confronti del gestore uscente.
Pagamento del valore resiguo: le opzioni in campo Tre diverse possibili modalità
Non è chiaro come effettuare la scelta tra le opzioni
1. subentro nelle obbligazioni finanziarie del cedente
In termini di modalità di pagamento le convenzioni attuali fanno generalmente riferimento ad un determinato lasso temporale (tipicamente 12 mesi). Su questo aspetto, l’AEEGSI ancora non è intervenuta ma l’inquadramento delle modalità di pagamento dovrebbe rientrare a pieno diritto nella clausole delle convezioni tipo che verranno predisposte entro la fine del 2014. Del resto già in un documento di consultazione (DCO 356/2013/R/IDR), l’AEEGSI ha indicato tre diverse possibili modalità di pagamento: 1. il subentro nelle obbligazioni finanziarie del cedente: in tale ipotesi, il nuovo concessionario fornisce le garanzie richieste dagli enti finanziatori; 2. il pagamento del valore residuo: il cedente continua a gestire il servizio fino a pagamento avvenuto o finché il cessionario non ha fornito garanzia fideiussoria; 3. il diritto al riconoscimento del costo d’uso: il costo d’uso è coperto da una componente tariffaria esplicita, soggetta a garanzia di ricavo, definita dall’AEEGSI; il cessionario fornisce garanzia fideiussoria per gli importi spettanti, commisurati ad un determinato periodo (ad esempio 1 anno).
In fase di prima applicazione non è chiaro se la scelta tra le opzioni sia lasciata al gestore entrante o se debba essere concordata tra ente competente e gestore attuale all’atto dell’integrazione/aggiornamento delle convenzioni vigenti. Le due scelte non sono neutrali: la prima infatti appare di dubbia sostenibilità, in particolare nei confronti dei finanziatori del gestore uscente che non avrebbero certezza sulle modalità di rientro dei crediti concessi al gestore stesso. Premesso questo, analizziamo i tre casi, cercando di evidenziare gli aspetti positivi e quelli critici delle diverse opzioni.
Il primo caso, quello del subentro nelle obbligazioni del gestore uscente, appare simile a quello previsto normativamente nella fase di subentro nella distribuzione gas: in questo settore, infatti, il nuovo gestore è “obbligato a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguerli e a corrispondere una somma al distributore uscente in misura pari al valore di rimborso per gli impianti le cui proprietà è trasferita dal gestore uscente al nuovo gestore”5. Questa soluzione potrebbe creare qualche problema ai finanziatori, i quali vedrebbero il
3 Art. 10, comma 14, lett. f), d.l. 70/2011. 4 Si vedano i contributi n.8, " Ricorsi sul metodo tariffario AEEGSI: vince il diritto", marzo 2014, e n.15, " Ancora giustizia amministrativa: chiarezza sul perimetro di intervento AEEGSI e riaffermazione del full cost recovery", giugno 2014. 5 Art. 14, comma 4, d.lgs. 164/2000. luglio 2014
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N°19 2. pagamento del valore residuo
3. diritto al riconoscimento del costo d’uso
Il danno da " lucro cessante"
Il concedente non è obbligato a riconoscere il valore residuo
Valore residuo delle opere del servizio idrico: cercasi certezze subentro di un soggetto con una affidabilità creditizia non necessariamente equivalente a quella del precedente affidatario.
Nel secondo caso, se da una parte si delinea il pagamento non dilazionato del valore residuo, dall’altro si configurano due criticità. La prima è l’indeterminatezza dei tempi di gara per l’assegnazione del servizio, con il rischio di assistere a situazioni di prorogatio sine die con evidenti ripercussioni sugli investimenti. La seconda è che nelle realtà ove il valore residuo raggiunge livelli elevati, il pagamento a pronti configura una potenziale barriera all’ingresso, riducendo la platea dei nuovi entranti interessati al servizio. Del resto, in questi casi anche il ricorso alla fideiussione per l'intero importo del valore di riscatto potrebbe risultare così onerosa da disincentivare la partecipazione. Il terzo caso, relativo al costo d’uso, sembrerebbe configurare un accantonamento da parte del gestore del servizio di una quota garantita annuale, a valere sulla tariffa, che permetta la costituzione di un fondo a fine concessione, a copertura del valore di riscatto sul quale il subentrante sarebbe chiamato a fornire una garanzia fideiussoria. In questo caso il meccanismo non è chiaro e comporta altresì l’inserimento di un onere aggiuntivo in tariffa. Oltre alle opzioni descritte, resta il fatto che in tutte le soluzioni che prevedono un dilazionamento del pagamento si configura un potenziale danno nei confronti del gestore uscente (lucro cessante) stante l’impossibilità di investire in attività alternative profittevoli.
Un ulteriore problema risiede nel fatto che nel nostro ordinamento l’ente concedente non è obbligato a riconoscere il valore residuo al gestore uscente in caso di mancata selezione di un nuovo gestore: questo non solo al termine della durata di una concessione, ma anche nei casi di recesso, revoca per pubblico interesse e risoluzione per inadempimento. Del resto, anche qualora lo fosse, l’ente appaltante dovrebbe sottoporsi ad una valutazioni del merito creditizio (rating) che rassicuri i finanziatori del gestore uscente.
Inerzie e gare deserte: commissariare o estendere le concessioni? L’ipotesi di allungamento della durata originaria delle concessioni
L’incertezza di fine concessione
In un quadro di regole ancora poco chiaro in materia di subentri e stante l’avvicinarsi della scadenza di numerose concessioni, da più parti è stata avanzata l’ipotesi dell’allungamento della durata originaria delle concessioni: non una mera proroga a tempo indeterminato quanto piuttosto una estensione predefinita.
È bene ricordare che l’incertezza di fine concessione ruota attorno a diversi aspetti: • l’inerzia delle autorità competenti; • gara deserta per assenza di partecipanti: in alcune realtà non è da escludere che lo stesso gestore uscente non abbia interesse ad aggiudicarsi una nuova concessione (pur restando costretto ad assicurare il servizio in prorogatio sino alla individuazione del subentrante). Nel primo caso, l’inerzia delle autorità competenti potrebbe dipendere dalla volontà di preservare lo status quo o dalla incapacità di bandire una gara in tempi ragionevoli: in entrambi i casi, l’incertezza rischia di ripercuotersi sulla realizzazione degli investimenti. Nel secondo caso, invece, la gara potrebbe andare deserta (bando non incentivante, realtà territoriale poco attraente, ecc.), configurando di nuovo una situazione di prorogatio sine die. luglio 2014
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N°19 Allungamento della concessione per ammortizzare i cespiti
Il ruolo potenziale dell'AEEGSI
Valore residuo delle opere del servizio idrico: cercasi certezze In questi casi una utile via d’uscita potrebbe essere l’allungamento della concessione per il tempo necessario ad ammortizzare i cespiti; in questo modo si permetterebbe al gestore uscente di chiudere il piano di ammortamento dei cespiti realizzati entro il termine originario della concessione, riducendo per questa via il valore residuo alla nuova scadenza che si limiterebbe ai soli investimenti “necessari” realizzati dopo lo scadere originario della concessione.
Nel primo caso l’AEEGSI potrebbe prevedere delle sanzioni (es. mancato riconoscimento spese di funzionamento) trascorso un congruo periodo di tempo senza che sia stata bandita la gara e in mancanza di giustificato motivo; nei casi più gravi si potrebbe persino prevedere il commissariamento dell’ente locale inadempiente da parte dell’autorità nazionale. Nel secondo caso, la materia della durata delle concessioni eccede dalle attribuzioni poste in capo all’AEEGSI, si renderebbe dunque necessario un intervento legislativo.
Dalla concorrenza per il mercato alla contendibilità degli assetti proprietari? Il termine della concessione è un elemento di discontinuità
Le barriere all’ingresso
Dalla concorrenza per le concessioni a quella per i concessionari
Come visto le criticità che ruotano attorno al valore terminale sono diverse e di non facile soluzione. Da più parti ci si interroga sull’opportunità di passare da una prospettiva di contendibilità dei titoli concessori ad uno di contendibilità dei concessionari. La fase finale delle concessioni rappresenta un forte elemento di discontinuità non solo in termini industriali di gestione degli asset, ma anche nel processo di recupero del costo dell’infrastruttura secondo logiche tecniche di degrado. La barriera all’ingresso di natura finanziaria che si frappone nella fase di avvicendamento tra uscente e potenziale nuovo entrante è significativa e crea risvolti di natura competitiva non secondari, che rischiano di minare alla base gli istituti che incarnano la concorrenza per il mercato.
In questo senso, una regolazione efficace ed efficiente, non solo in termini economico-finanziario, ma anche di livelli qualitativi e di obblighi di investimento potrebbe di fatto far venire meno la necessità di mantenere un modello di concorrenza per il mercato dei titoli concessori e considerare l’alternativa di un modello di contendibilità degli assetti proprietari di concessionari titolari di concessioni perpetue, alla stregua del modello inglese.
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N°19
Valore residuo delle opere del servizio idrico: cercasi certezze Approfondimento 1. Il valore residuo nella 643/2013 /R/idr: questioni aperte
In linea teorica, il valore residuo dovrebbe essere quantificato in modo da non creare alcun onere o indebito vantaggio tanto per il gestore uscente quanto per il subentrante. In merito all’ultimo punto il MTI1 appare assicurare la neutralità del valore residuo al passaggio tra le due gestioni: i costi delle immobilizzazioni sono riconosciuti indipendentemente dalla proprietà del bene e dalla natura del soggetto che ha effettuato l’investimento. L’AEEGSI ha indicato chiaramente la metodologia di calcolo del valore residuo: in particolare, l’articolo 33 della deliberazione 643/2013/R/idr, Allegato A, ha indicato un riferimento alla RAB (Regulatory Asset Base), espressa come somma dei cespiti iscritti a costo storico e delle immobilizzazioni in corso (nettati delle dei fondi di ammortamento e al netto dei contributi a fondo perduto, pubblici e privati) rivalutati sulla base dei deflatori. Questo ammontare individua il limite minimo del valore residuo: l’AEEGSI indica anche un valore massimo, che include la valorizzazione di eventuali partite pregresse già quantificate e approvate dagli enti competenti, nonché il costo delle garanzie eventualmente richieste dai finanziatori. In altre parole, il valore terminale coincide con il capitale investito netto sul quale vengono calcolati gli oneri finanziari e fiscali riconosciuti nella tariffa. Il capitale investito netto a fini tariffari è dato da: • costo di realizzazione degli asset relativi al Servizio Idrico Integrato, al netto degli ammortamenti contabili fino al 2011 e al netto degli ammortamenti tecnici (vita utile definita dall’AEEGSI) dal 2012; • decurtazione per contributi netti e allacciamenti; • applicazione dei deflatori per tipologia di cespite; • decurtazione per i fondi tariffari, in particolare dei fondi TFR e dei fondi ripristino beni di terzi; in alcune realtà quest’ultima voce non è secondaria e comporta un abbattimento significativo del valore terminale netto; • riconoscimento forfetario per il capitale circolante. Condizione necessaria e sufficiente affinché si rispetti il principio di neutralità tra gestore uscente e gestore entrante è che il valore residuo sia definito coerentemente con il MTI: se infatti il valore residuo fosse inferiore (superiore) alla RAB ne risulterebbe penalizzato (avvantaggiato) il gestore uscente e avvantaggiato (penalizzato) il gestore entrante. È necessario comunque che il valore risultante sia corretto per tenere conto dei seguenti fattori: • entità degli investimenti, contributi ed allacciamenti realizzati fino al giorno antecedente il subentro del nuovo gestore, al quale devono essere trasferiti le infrastrutture di pertinenza del SII; il MTI infatti riconosce i costi delle immobilizzazioni solo con un ritardo temporale di due anni rispetto all’avvenuta iscrizione nel libro cespite ed è dunque necessario tenere conto degli investimenti realizzati fino al termine effettivo del servizio; • inclusione degli asset e dei fondi di pertinenza del solo servizio idrico nel capitale oggetto del conferimento al nuovo gestore: questo è un principio che interessa in particolare le aziende multiservizi, laddove potrebbe rivelarsi dannoso il trasferimento di asset utilizzati anche in altri business; così il fondo TFR per il personale impiegato su più linee di attività (risulta non trasferibile anche la quota relativa al personale confluito dalla vecchia alla nuova gestione in quanto il gestore uscente è per legge obbligato a liquidare l’accantonamento all’atto della cessione del rapporto di lavoro). Infine si segnala un ulteriore problema legato alla definizione del valore residuo: secondo i criteri della deliberazione 643 nel valore residuo si dovrebbe tenere conto dei conguagli approvati dall’ente competente. Se da un lato questa previsione mira ad evitare eccessive dilazioni nei tempi di indizione della gara, dall’altra può penalizzare il gestore uscente che beneficerebbe di un ritardato pagamento di una quota a lui spettante. L’ipotesi di un riconoscimento postumo espone indebitamente il cedente ai rischi tipici dell’incasso dilazionato, tra i quali anche quello di insolvenza del subentrante. 1 Introdotto con deliberazione 643/2013/R/idr, il cui Allegato A presenta gli schemi regolatori di applicazione del metodo.
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Valore residuo delle opere del servizio idrico: cercasi certezze Approfondimento 2. Il caso della distribuzione di gas naturale: VIR vs RAB
Nel settore della distruzione gas, uno degli aspetti più critici delle concessioni tramite gara unica per Ambito Territoriale Minimo (ATEM) è rappresentato dalla definizione del valore di rimborso degli impianti di proprietà dei gestori uscenti a carico degli operatori aggiudicatari delle gare. La stratificazione non organica di normativa e regole che si è prodotta dal 2000 ad oggi ha visto affermarsi due differenti logiche di valorizzazione delle reti: 1. il valore riconosciuto dall’AEEGSI ai fini della determinazione dei costi di capitale (ammortamenti e remunerazione), la cosiddetta RAB; 2. il valore residuo che spetta al gestore uscente, indicato con l’acronimo VIR. La differenza risiede fondamentalmente nella metodologia di calcolo: per il primo si fa riferimento alle stratificazioni dei cespiti iscritti a costo storico e rivalutati sulla base di deflatori indicati dall’AEEGSI; per il secondo fa fede la volontà della parti così come desumibile dai contratti di concessione. Nella maggioranza dei casi, si tratta del costo di ricostruzione a nuovo delle infrastrutture al netto del degrado fisico-tecnico degli impianti e dei contributi pubblici. La normativa originaria (Decreto Letta1) ha riconosciuto quanto previsto nelle convenzioni e nei contratti tra le parti, rinviando, in assenza di indicazioni, a quanto previsto nel R.D. 2578/1925, cioè al VIR. Negli anni recenti la determinazione del valore residuo è stata fonte di un numero imprecisato di contenziosi. Il problema risiede nel fatto che le due metodologie di calcolo del valore residuo conducono a quantificazioni differenti, con un VIR che risulta generalmente superiore alla RAB. Tra i fattori che contribuiscono a spiegare lo scostamento: • i contributi di allacciamento pagati da privati che il Decreto Letta non prevedeva fossero detratti per il calcolo del VIR; secondo l’AEEGSI la sola mancata detrazione dei contributi privati arriva a spiegare il 40-50% dello scostamento2; • la diversa durata delle vite utili degli impianti, più lunga nel caso del VIR; • le disuguaglianze nel valore lordo dei cespiti dovute ai diversi principi di calcolo. Le stime che sono state prodotte in occasione della preparazione delle prime gare indicano un maggior valore del VIR rispetto alla RAB anche del 40-50%, con differenza stimate nell’ordine di 6 miliardi di euro sull’intero sistema. Considerando che un intervento normativo del 2011 ha previsto che la differenza tra il VIR e la RAB debba essere riconosciuta in tariffa al nuovo gestore dell’ATEM3, la valorizzazione del valore residuo comporta evidenti implicazioni per i corrispettivi di distribuzione negli anni a venire. Il legislatore ha dunque avvertito la necessità di intervenire sul punto cercando di ricomporre la discrasia e includendo i contributi privati nella determinazione del VIR (dunque allineando di fatto la metodologia a quella della RAB) e rinviando a linee guida predisposte dal MSE per gli aspetti sui quali le convenzioni non prevedano una metodologia4. Ha inoltre previsto che nel caso in cui il VIR sia superiore di oltre il 10% alla RAB l’Ente concedente è tenuto ad inviare tutta la documentazione all’AEEGSI per la verifica.
1 Art. 15, comma 5, d.l. 164/2000. 2 Memoria Autorità Energia Elettrica Gas e Sistema Idrico del 9 gennaio 2014. Si ricorda inoltre che dal periodo regolatorio 2014-2017 è stato previsto un meccanismo di gradualità per il degrado dei contributi pubblici e privati inclusi nel calcolo della RAB. 3 Art. 24 comma 3, d.lgs. 93/2011. 4 Art. 1, comma 16, d.l. 145/2013. luglio 2014
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