La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire

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luglio 2019 rifiuti N°123

La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire Laboratorio SPL Collana Ambiente

Abstract L’Europa spinge per dare attuazione al sistema di economia circolare, (anche) attraverso l’introduzione di una tariffa dei rifiuti puntuale, un meccanismo che consente una più equa ripartizione dei costi e può incentivare la prevenzione, la separazione alla fonte dei rifiuti riciclabili e la riduzione dei rifiuti indifferenziati: un percorso che necessita di regole chiare per funzionare al meglio. European institutions call for an effective implementation of a circular economy, through “Pay As You Throw” schemes for waste producers on the basis of the actual amount of waste generated. A mechanism that exhibits more equitable cost sharing and provides incentives for separation at source of recyclable waste and for reduction of mixed waste. Yet it needs clear rules to enhance the functioning at its best.

Gruppo di lavoro: Paolo Azzurro, Donato Berardi, Francesca Signori, Nicolò Valle

REF Ricerche srl, Via Aurelio Saffi, 12, 20123 - Milano (www.refricerche.it) Il Laboratorio è un'iniziativa sostenuta da (in ordine di adesione): ACEA, Utilitalia-Utilitatis, SMAT, IREN, Veolia, Acquedotto Pugliese, HERA, Metropolitana Milanese, CRIF Ratings, Cassa per Servizi Energetici e Ambientali, Cassa Depositi e Prestiti, Viveracqua, Romagna Acque, Water Alliance , CIIP, Abbanoa, CAFC, GAIA, FCC Aqualia Italia, GORI, Veritas, A2A Ambiente, Confservizi Lombardia, FISE Assoambiente, A2A Ciclo Idrico, AIMAG.


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Gli ultimi contributi n. 122 - Acqua - Morosità e bonus idrico: due "facce" della stessa medaglia, giugno 2019 n. 121 - Acqua - La tariffa idrica si “rinnova”: più equa e più semplice, giugno 2019 n. 120 - Acqua - Coniugare sviluppo e tutela dell’ambiente: la “Consapevolezza” di essere un’industria, maggio 2019 n. 119 - Rifiuti - L'ambiente e le istanze autonomiste: evoluzione o involuzione?, maggio 2019 n. 118 - Rifiuti - L'end of waste primo tassello di una politica industriale, maggio 2019 n. 117 - Acqua - Investimenti nell'acqua: la vera "manovra espansiva" per l'economia italiana, marzo 2019 n. 116 - Acqua - Trasparenza e consapevolezza: proposte per uscire dallo stallo, marzo 2019 n. 115 - Rifiuti - Rifiuti urbani e regolazione economica: il ruolo delle regioni, marzo 2019 n. 114 - Acqua - I finanziamenti “green” nei servizi ambientali, febbraio 2019 n. 113 - Rifiuti - L'assimilazione: ostacolo alla concorrenza o opportunità per la gestione integrata?, febbraio 2019

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La missione Il Laboratorio Servizi Pubblici Locali è una iniziativa di analisi e discussione che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali. Molteplici tensioni sono presenti nel panorama economico italiano, quali la crisi delle finanze pubbliche nazionali e locali, la spinta comunitaria verso la concorrenza, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, il rapporto tra amministratori e cittadini, la tutela dell’ambiente. Per esperienza, indipendenza e qualità nella ricerca economica REF Ricerche è il “luogo ideale” sia per condurre il dibattito sui Servizi Pubblici Locali su binari di “razionalità economica”, sia per porlo in relazione con il più ampio quadro delle compatibilità e delle tendenze macroeconomiche del Paese.

ISSN 2531-3215 Donato Berardi Direttore dberardi@refricerche.it

Editore: REF Ricerche srl Via Saffi 12 - 20123 Milano tel. 0287078150 www.refricerche.it

laboratorio@refricerche.it @LaboratorioSPL Laboratorio REF Ricerche


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luglio 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

Premessa e piano del lavoro La recente Direttiva 851/2018, parte integrante del Pacchetto Europeo sull'economia circolare, inserisce la tariffa puntuale tra gli strumenti economici in grado di veicolare segnali di prezzo coerenti con la gerarchia dei rifiuti1. L’art. 1 comma 668 della Legge di stabilità 2014 (L. 147/2013) ha riconosciuto la possibilità per i Comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti di prevedere una tariffa corrispettiva in luogo del tributo (TARI)2. L’Autorità di regolazione nei suoi recenti orientamenti programmatici ha manifestato la volontà di intervenire sul sistema tariffario e sulle qualità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, attraverso adeguati segnali di prezzo e incentivi alla prevenzione, alla raccolta differenziata di qualità, alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani, nel rispetto della gerarchia dei rifiuti. Ad oggi, la disciplina sulla tariffa corrispettiva resta tuttavia incompleta e lascia ampi margini di arbitrarietà e incertezza. Nel presente lavoro ci soffermeremo in primo luogo sulle problematiche legate all’articolazione tariffaria in regime di corrispettivo, prospettando una possibile alternativa (alla misurazione di tutte le frazioni) per la ripartizione dei costi relativi alle frazioni non misurate. Nel lavoro saranno discussi, tra gli altri, i seguenti aspetti meritevoli di attenzione. • Come ripartire i costi del servizio tra utenze? Quanto alle famiglie e quanto alle imprese? Quanti costi fissi? E variabili? • Non tutti i costi sono proporzionali alla produzione di rifiuti. Quali criteri incarnano maggiormente logiche corrispettive? • Come si finanziano i costi di raccolta e trattamento delle frazioni non misurate? Se tutto il costo ricade sulla frazione/frazioni misurate si generano segnali di prezzo che veicolano incentivi perversi, dall’abbandono, alla deassimilazione, al peggioramento della qualità delle RD. • Quanti conferimenti di rifiuto residuo possono essere addebitati all'utenza indipendentemente dall’effettivo conferimento? Un numero elevato disincentiva i comportamenti virtuosi e rende il corrispettivo simile ad un tributo. • La tariffa puntuale, per come è oggi disegnata, veicola incentivi troppo deboli alla prevenzione della produzione di rifiuti. • L’introduzione di sistemi di tariffazione puntuale se non affiancata da efficaci misure di prevenzione dei rifiuti porta con se un aumento significativo dei rifiuti da raccolta differenziata da preparare per il riciclo. Occorre quindi un sistema industriale in grado di gestire i crescenti flussi dalle raccolte (riciclo); canali di smaltimento per le frazioni non riciclabili a valle dei processi di trattamento/selezione, e mer cati in grado di assorbire i materiali derivanti dal trattamento dei rifiuti.

La genesi della tariffa puntuale Il concetto di tariffa puntuale introdotto già nel 1997 per rispondere al principio europeo “chi inquina paga”

Il concetto di tariffa puntuale, introdotto in Italia già nel 1997 dall’art. 49 del cd.“Decreto Ronchi” (che prevedeva il passaggio da tassa a tariffa a partire dal 1° gennaio 2000), è stato più volte indicato come un modello tariffario in grado di sostanziare il principio europeo "chi inquina paga" (polluter pay principle) e di stimolare comportamenti in linea con obiettivi di prevenzione, riduzione della frazione residua ed incremento della raccolta differenziata.

1 L'adozione di sistemi di tariffazione puntuale viene infatti espressamente indicata all'interno del nuovo allegato IV-bis della Direttiva 851/2018 contenente “Esempi e strumenti economici e altre misure per incentivare l’applicazione della gerarchia dei rifiuti” che al punto 2 recita “regimi di tariffe puntuali (pay-as-youthrow) che gravano sui produttori di rifiuti sulla base della quantità effettiva di rifiuti prodotti e forniscono incentivi alla separazione alla fonte dei rifiuti riciclabili e alla riduzione dei rifiuti indifferenziati.” 2 I criteri per la realizzazione di tali sistemi di misurazione sono stati definiti successivamente con l’emanazione da parte del Ministero dell’Ambiente del DM 20/4/2017 - Criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall'utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati. (17A03338) (GU Serie Generale n.117 del 22-052017)

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2,5 milioni di abitanti in Italia pagano sulla base del rifiuto conferito

Negli anni recenti un numero crescente di territori ha abbandonato le vecchie formulazioni del tributo, nelle sue diverse formulazioni (si veda a tal proposito l’Allegato 1) in favore di sistemi (TARI tributo puntuale/tariffa corrispettiva) basati sulla misurazione puntuale di una o più frazioni e sulla quantità/qualità dei servizi resi. L’ultimo rapporto ISPRA censisce 341 Comuni per un totale di 2,5 milioni di abitanti3 per i quali la compartecipazione alla copertura dei costi del servizio di gestione rifiuti si fonda sulla misurazione dei conferimenti di una o più frazioni.

Alcune Regioni hanno incentivato e, in alcuni casi, imposto il passaggio alla tariffa puntuale

Le sollecitazioni giunte da più parti, ivi incluse le rappresentanze dei cittadini e delle categorie produttive, ne hanno sostenuto la rapida diffusione e condotto alcune regioni a individuare percorsi di adozione e tempistiche vincolanti. Tra queste l’Emilia-Romagna, che già nel 2015 ha disposto l’introduzione su tutto il territorio regionale della tariffa puntuale4 (intesa indifferentemente come TARI tributo puntuale o come tariffa corrispettiva) quale strumento per raggiungere gli obiettivi di riduzione della produzione pro capite, aumento della raccolta differenziata e del tasso di riciclaggio5. Una esperienza seguita dalla regione Lazio che nel 20166, valutando la tariffazione puntuale uno strumento per incentivare prioritariamente il contenimento e la riduzione della produzione di rifiuti e per potenziare l’invio a riciclaggio delle diverse frazioni di rifiuti tramite le raccolte differenziate, ne prevede l’avvio su tutto il territorio regionale entro e non oltre il 31 dicembre 2020. Più tardi la Regione Marche, pur non avendo previsto un obbligo, ha posto le condizioni per l’applicazione della tariffa puntuale7 e altre regioni hanno espressamente richiamato l’importanza della tariffazione puntuale e, in alcuni casi, previsto specifici finanziamenti destinati ai Comuni. E’ il caso del Piemonte8 che ha emanato specifiche linee guida a supporto dell'applicazione della Tariffazione Puntuale a livello regionale9, della Sicilia10, dell’Umbria11, della Campania12, dell’Abruzzo13, della Basilicata14 e della Puglia15.

3 Su un campione costituito da 2.593 Comuni e 26.701.613 abitanti. Rapporto ISPRA sui rifiuti urbani – Edizione 2018. 4 Ad oggi sono 81 i Comuni a tariffa puntuale nella Regione Emilia-Romagna di cui 63 a tariffa corrispettiva e 18 a TARI tributo puntuale. 5 Legge regionale 16/2015, recante “Disposizioni a sostegno dell'economia circolare, della riduzione della produzione dei rifiuti urbani, del riuso dei beni a fine vita, della raccolta differenziata e modifiche alla legge regionale 19 agosto 1996 n. 31 (disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi)”. 6 Art. 21-bis (Tariffazione puntuale) della L.R. 27/ 1998, introdotto dall’art.12 della L.R. 10 Agosto 2016). 7 Deliberazione legislativa approvata dall’Assemblea legislativa regionale il 27 marzo 2018, n. 94. Si prevedono infrastrutture informatiche per l’interoperabilità della banche dati tra Comuni e Regione, l’istituzione di un tavolo tecnico che, oltre alla funzione di monitoraggio e controllo, dovrà individuare gli indirizzi per assicurare l'applicazione della tariffa puntuale, nonché realizzare campagne di comunicazione dirette ad informare e sensibilizzare gli utenti. 8 La L.R. individua la tariffa puntuale come uno degli strumenti per responsabilizzare i cittadini e le imprese a ridurre la produzione di rifiuti e a migliorare la qualità dei rifiuti raccolti in modo differenziato. La diffusione della Tariffazione Puntuale del servizio di gestione dei rifiuti urbani compariva già tra le azioni prioritarie del “Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e dei fanghi di depurazione” approvato con la deliberazione del Consiglio regionale 19 aprile 2016, n. 140-14161. Con D.G.R. 85-5516 del 3 agosto 2017 è stato dato avvio ad un programma triennale di finanziamento, per gli anni 2017-2019, a favore dei Consorzi di bacino per la gestione dei rifiuti urbani, finalizzato a sostenere progetti che consentano di incrementare la raccolta differenziata tra cui gli interventi che prevedevano la misurazione puntuale almeno del quantitativo di rifiuto indifferenziato residuo per l’applicazione della tariffazione commisurata al servizio reso, secondo i criteri approvati dal D.M. Ambiente 20 aprile 2017 e da successive disposizioni regionali. 9 D.G.R. 30 novembre 2018 n. 46-7978 - Approvazione delle Linee guida per lo sviluppo di un sistema a supporto dell'applicazione della Tariffazione Puntuale del servizio dei rifiuti urbani a livello regionale, in attuazione della D.G.R. n. 53-6159 del 15 dicembre 2017. 10 DGR n. 247 del 5 luglio 2018 relativa a «Rifiuti in Sicilia – Prime linee guida sulla TARI e sull’introduzione della Tariffa Puntuale» 11 Con D.G.R. n. 34 del 18 gennaio 2016 la Giunta regionale decide di promuovere «il passaggio a sistemi di tariffazione puntuale che, consentano il riconoscimento dell’utenza, la quantificazione dei rifiuti effettivamente conferiti dal singolo utente o gruppo limitato di utenti del servizio di raccolta domiciliare e la modulazione della tariffa per la gestione dei rifiuti in forma differenziata ai sensi dell’art. 42, comma 2, della L.R. 11/2009; con successivi atti, vengono stabiliti i criteri per la concessione di contributi a favore dei Comuni che abbiano conseguito l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata: con D.D. n. 9130 del 28 settembre 2016 è stato approvato il “Programma regionale per la promozione del passaggio al sistema di tariffazione puntuale” volto ad erogare circa 400.000€ ai Comuni che superano il 65% di RD nel 2015 affinché applichino la tariffazione puntuale almeno a partire dall’anno 2018; con D.D. n. 8585 del 25 agosto 2017 viene approvato il “II Programma regionale per la promozione del passaggio al sistema di tariffazione puntuale” volto ad erogare circa 600.000€ ai Comuni che superano il 65% di RD nel 2016 affinché applichino la tariffazione puntuale almeno a partire dall’anno 2019; con D.D. n. 6402/2018 viene approvato il “III Programma regionale di promozione del passaggio al sistema di tariffazione puntuale”, volto ad erogare circa 765.000 € ai Comuni che superano il 65% di RD nel 2017 affinché applichino la tariffazione puntuale almeno a partire dall’anno 2020. 12 L.R. 26 maggio 2016, n. 14 - Norme di attuazione della disciplina europea e nazionale in materia di rifiuti e dell'economia circolare: per raggiungere gli obiettivi di R.D. la Regione «incentiva l’applicazione della tariffa puntuale quale strumento per la riduzione della produzione di rifiuti e di sostegno al miglioramento della qualità delle raccolte differenziate prevedendo specifici meccanismi incentivanti»; «predispone linee guida per la gestione dei rifiuti solidi urbani e la determinazione della tariffa puntuale su scala comunale…» 13 L.R. 23 gennaio 2018, n. 5 - Norme a sostegno dell'economia circolare - Adeguamento Piano Regionale di Gestione Integrata dei Rifiuti (PRGR). «La Regione promuove l'utilizzo di strumenti economici ed etici, in particolare sistemi di tariffazione puntuale, bilanci ambientali, strumenti di certificazione ambientale degli operatori pubblici e privati, nonché dei sistemi di qualità, per contribuire ad un uso efficiente delle risorse e ad un elevato livello di protezione dell'ambiente.” 14 L.R. 16 novembre 2018, n. 35 in materia di gestione dei rifiuti. “Al fine di perseguire gli obiettivi ambientali nel territorio regionale è adottata l’azione volta ad «a) incentivare il contenimento e la riduzione della produzione di rifiuti e potenziare quantitativamente e qualitativamente le raccolte differenziate mediante la progressiva adozione di sistemi di misurazione puntuale dei rifiuti conferiti al servizio pubblico, in attuazione del comma 668 art.1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147;» 15 Nel documento di proposta del PRGRU del 2018, tra le azioni che si intende inquadrare per consentire il raggiungimento degli obiettivi strategici figurano gli «Incentivi ai Comuni per l'introduzione della tariffazione puntuale». Art. 101, L.R. 28 dicembre 2018, n. 67 - Incentivazione per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei rifiuti non inviati a riciclaggio e degli obiettivi di raccolta differenziata e riciclo: “È costituito presso l'Agenzia territoriale della Regione Puglia per il servizio di gestione dei rifiuti (Ager) un Fondo d'ambito di incentivazione alla prevenzione e riduzione dei rifiuti alimentato a decorrere dall'anno 2019 con un importo di euro 1 mln/€ destinato inter alia a «c) a ridurre i costi di avvio della trasformazione del servizio dei comuni che intendono applicare una raccolta porta a porta che comprenda almeno il rifiuto urbano indifferenziato e il rifiuto organico o sistemi equipollenti, che portino allo stesso risultato in quantità e qualità di riduzione di rifiuti non destinati a riciclaggio, finalizzati anche all'implementazione di sistemi di tariffazione puntuale;»

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La diffusione del sistema di tariffazione puntuale in assenza di regole chiare rischia di reiterare i limiti degli attuali regimi ARERA ha annunciato una prima riforma della regolazione tariffaria per il periodo 2020-2021

La diffusione su larga scala delle esperienze di tariffazione puntuale, in assenza di un coordinamento nazionale e di regole chiare di applicazione, reitera molti dei limiti dei regimi tributari che l’hanno preceduta (riassunti nell’Allegato 2) con l’effetto, tra gli altri, che in territori limitrofi, a parità di caratteristiche del rifiuto e qualità del servizio, si affermino condizioni di costo assai differenziate. L’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) che ad oggi ha avviato procedimenti e istruttorie finalizzati a raccogliere informazioni sulle tariffe, la qualità del servizio e gli impianti del ciclo dei rifiuti, ha annunciato un primo intervento di riforma della regolazione tariffaria per il periodo 2020-2021. Pur tuttavia, l’esperienza nel caso del servizio idrico integrato, ove la riforma delle articolazioni tariffarie è giunta solo di recente (2018, a regime solo nel 2022), sembra suggerire l’opportunità di un intervento propedeutico dei regolatori locali al fine di assicurare una transizione armonica e coordinata dei territori verso le logiche corrispettive.

Tassa o tariffa: non è solo una questione definitoria Un primo nodo da sciogliere è quello relativo all’annoso dibattito sulla natura tributaria o patrimoniale del corrispettivo16, le cui implicazioni attengono gli aspetti relativi alla competenza dell’accertamento e della riscossione, all’applicazione dell’IVA, nonché alla giurisdizione di riferimento.

Tributo puntuale

Tariffa Corrispettiva

Regime entrate tributarie

Regime entrate patrimoniali

Fuori campo IVA

In campo IVA

Accertamento e riscossione da parte degli Accertamento e riscossione da parte delle Enti locali aziende Giurisdizione tributaria

Giurisdizione ordinaria

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche Fondamentale è la questione se si tratta di un tributo puntuale o di una tariffa corrispettiva

Ad oggi la normativa statale prevede due tipologie di prelievo: tributario e non tributario. Il primo, di gran lunga il più diffuso (TARI), può seguire una logica presuntiva (sia per la determinazione della quota fissa che della quota variabile), oppure può prevedere la misurazione delle quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalle singole utenze ai fini dell’attribuzione della parte variabile della tassa (la cosiddetta TARI tributo puntuale). Nel caso di prelievo non tributario si parla invece di tariffa corrispettiva: in tale regime l’utilizzo dei criteri di cui al DPR 158/99 è solo facoltativo, mentre si applicano obbligatoriamente i criteri di misurazione, come esplicitati nel DM 20 Aprile 2017. La principale differenza tra TARI tributo puntuale e Tari corrispettiva sta nella natura (rispettivamente tributaria e patrimoniale) del prelievo. Entrambi i prelievi si basano infatti sullo stesso modello di raccolta, ovvero quello con misurazione puntuale dei rifiuti conferiti al servizio pubblico di raccolta.

16 Numerosi interventi della giustizia amministrativa si sono interrogati negli anni sulla natura tributaria della tariffa corrispettiva adottata ai sensi dell'art. 1 comma 668 della L. 147/2013 corrispettivo per il finanziamento del servizio rifiuti, sancendo il più delle volte la natura tributaria, e le relative conseguenze. Fa eccezione una recente sentenza della Cassazione (Cass. civ. Sez. III, Ord., n. 16332 del 21-06-2018) che invece sancisce l’applicabilità dell’IVA alla TIA2 riconoscendo la natura privatistica della TIA2.

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Va evidenziato tuttavia che l’opzione per la tariffa17 corrispettiva non è sufficiente di per se a configurare la natura patrimoniale del regime. Si rileva nel merito che parte della dottrina giurisprudenziale dubita della natura patrimoniale della tariffa corrispettiva, per come attualmente disegnata, ritenendo che vada considerata un tributo. Questo perché il presupposto impositivo della TARIP, analogamente al caso della TARI, (ovvero “il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo locali o aree scoperte operative, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani”), rende di fatto obbligatorio il prelievo anche in assenza di conferimenti. Gli utenti sono comunque tenuti a pagare la quota fissa della tariffa e, in alcuni casi, anche la quota variabile calcolata (i cosiddetti conferimenti minimi). A questo si aggiunge che l'estrema libertà nella definizione dei criteri per l’articolazione della tariffa nonché la previsione di conferimenti minimi più o meno elevati per la frazione residua si traduce in un maggiore o minore grado di corrispettività delle tariffe all'utenza che, in alcuni casi può portare il giudice amministrativo a qualificare il prelievo come un tributo con le relative conseguenze (es. l’esclusione del campo di applicazione dell'IVA e l’indeducibilità delle addizionali provinciali). La possibilità prevista dal DM 20/4/17 di misurare la sola frazione residua del rifiuto urbano, limita la possibilità di veicolare attraverso la tariffa incentivi alla prevenzione della produzione di rifiuto differenziato. I costi di raccolta, trasporto e trattamento delle frazioni non misurate della raccolta differenziata finiscono infatti per ricadere in maniera del tutto indipendente dai comportamenti su tutti gli utenti del servizio. Tra le tante altre questioni vi è anche quella del soggetto titolato a riscuotere il tributo/tariffa e a porre in essere le iniziative di contrasto della morosità. Quest’ultima rimane in capo all’ente locale in presenza del tributo, con esiti di forte evasione che minano l’equità del prelievo e la sostenibilità economica dello stesso servizio, mentre è parte integrante del rischio d’impresa del gestore laddove si abbracciano logiche corrispettive. La riscossione del credito rappresenta una questione delicata, in un settore caratterizzato da livelli di morosità assai elevati18.

Come si finanzia il servizio? Famiglie o imprese ? Quota fissa o quote variabili? Il “Metodo Normalizzato” lascia ampia discrezionalità (costi fissi e variabili; famiglie e imprese, ad esempio) agli Enti locali per allocare i costi del servizio

In merito al finanziamento del servizio, il c.d. “Metodo Normalizzato” codificato nel DPR 158/99 e le linee guida per l’elaborazione del Piano Economico Finanziario19 contengono indicazioni che lasciano ampia discrezionalità agli Enti locali nelle scelte circa l’allocazione dei costi del servizio. La distribuzione tra costi fissi e costi variabili è uno degli elementi intorno ai quali tale discrezionalità si manifesta. L’analisi sui Comuni capoluogo di Provincia mostra ampie differenze, con un peso della quota fissa che va da un minimo del 25% (Potenza) ad un massimo del 77% (Viterbo). Altrettanto ampia è la discrezionalità lasciata agli Enti locali nelle scelte sulla contribuzione da parte delle RIPARTIZIONE DEI COSTI: FISSI E VARIABILI

Comuni capoluogo, anno 2018 100%

77%

25%

75%

0%

23%

QV QF

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

17 Ai sensi dell'art. 1 comma 668 della L. 147/2013. 18 L’ammanco tributario per le casse comunali nel triennio 2014-2016 è pari al 20% dell’accertato, con forti differenze geografiche: i mancati incassi raggiungono gli 1,7 miliardi di euro all’anno. Per un approfondimenti si veda contributo n. 104 del Laboratorio REF Ricerche “Il settore dei rifiuti: nuove sfide e grandi potenzialità”, settembre 2018. 19 Linee guida per la redazione del piano finanziario e per l’elaborazione delle tariffe, Ministero Economia e Finanze, Dipartimento delle Finanze.

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utenze domestiche (famiglie) e non domestiche (imprese). Non esistono infatti regole condivise, al di là di un generico riferimento a criteri di “razionalità” per quanto riguarda la quota fissa e alla quantità di rifiuti prodotti per la quota variabile. Ne deriva una situazione piuttosto variegata, in cui la quota del costo finanziata dalle utenze domestiche passa da un minimo del 33% (Potenza) ad un massimo del 81% (Siracusa). Di sovente il piano economico-finanziario non contiene indicazioni circa i criteri utilizzati per distribuire i

LA RIPARTIZIONE DEI COSTI FRA UD E UND

(%)

UD

UND

49,7%

46,8%

51,2%

50,3%

53,2%

48,8%

Costi totali*

Costi fissi**

Costi variabili**

* Elaborazione costruita su 55 capoluoghi di provincia e copertura pop. del 61% ** Elaborazione costruita su 47 capoluoghi di provincia e copertura pop. del 53%

Fonte: Laboratorio REF Ricerche su dati PEF Comuni

costi nelle diverse componenti di fisso e variabile, per definire la contribuzione a carico delle utenze domestiche e non domestiche e per stabilire la producibilità presunta di rifiuto di ciascuna attività economica. La mancanza di trasparenza non consente di indagare quanta parte delle differenze di costo del servizio ravvisabili in diversi contesti territoriali origina da una diversa organizzazione del servizio, dalla diversa dotazione di impianti nei territori o ancora dalla maggiore o minore efficienza delle gestioni. Ampia discrezionalità genera elevata variabilità della spesa

L’esito della elevata discrezionalità delle scelte operate dagli Enti locali è fotografato dalla variabilità della spesa. La spesa media20 sostenuta da una famiglia italiana per il servizio di raccolta dei rifiuti urbani è pari a 129 euro nel caso della famiglia con un solo componente, che sale a 323 euro nel caso di 3 componenti e 426 euro per 5 componenti, valori medi a cui corrisponde un rapporto tra il 5° e il 95° percentile della distribuzione di 1:3. Come mostrato dalla tabella seguente, la spesa per il servizio dei rifiuti presenta una ampia variabilità fra territori. I fattori che determinano questo esito sono molteplici: la dimensione abitativa del Comune, la modalità organizzativa della raccolta, la dotazione di impianti nel territorio, l'efficienza della gestione sono i principali driver della spesa, come più avanti dettagliato.

20 Le statistiche riprodotte nel seguito si basano su una attività di monitoraggio condotta in circa 1.000 Comuni italiani, ove risiede una popolazione di oltre 31 milioni di abitanti. L’analisi della spesa sostenuta dalle utenze, descritta nel seguito, è funzionale ad isolare le differenze in termini di tassazione/tariffazione ed è basata sulle informazioni contenute nei prospetti tariffari, al lordo dell’addizionale provinciale. I profili “tipo” sono espressi da una combinazione tra numero dei componenti il nucleo familiare o attività economica e superficie occupata (espressa in metri quadri). Le tipologie sono: famiglia monocomponente in 50 mq, famiglia di 3 persone in 108 mq, famiglia di 5 persone in 120 mq e ristorante di 180 mq.

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LA SPESA ANNUA DELLE FAMIGLIE PER IL SERVIZIO RIFIUTI

Euro/anno ed euro/mq, anno 2018

1 componente 50 mq

3 componenti 108 mq

5 componenti 120 mq

Regione

euro/anno

euro/mq

euro

euro/mq

euro

euro/mq

Piemonte

114

2,3

312

2,9

419

3,5

Valle d'Aosta

106

2,1

255

2,4

345

2,9

Lombardia

98

2,0

245

2,3

340

2,8

Trentino-Alto Adige

76

1,5

179

1,7

243

2,0

Veneto

100

2,0

246

2,3

336

2,8

Friuli-Venezia Giulia

81

1,6

218

2,0

318

2,6

Liguria

135

2,7

362

3,4

477

4,0

Emilia-Romagna

116

2,3

278

2,6

369

3,1

Toscana

129

2,6

317

2,9

438

3,6

Umbria

114

2,3

300

2,8

401

3,3

Marche

104

2,1

246

2,3

330

2,7

Lazio

148

3,0

390

3,6

478

4,0

Abruzzo

122

2,4

289

2,7

397

3,3

Molise

94

1,9

225

2,1

304

2,5

Campania

188

3,8

439

4,1

576

4,8

Puglia

145

2,9

361

3,3

467

3,9

Basilicata

95

1,9

218

2,0

300

2,5

Calabria

133

2,7

319

3,0

443

3,7

Sicilia

142

2,8

354

3,3

461

3,8

Sardegna

139

2,8

370

3,4

479

4,0

Nord

108

2,2

273

2,5

370

3,1

Centro

136

2,7

349

3,2

446

3,7

Sud e Isole

152

3,0

370

3,4

486

4,0

Italia

129

2,6

323

3,0

426

3,6

Area

*Campione di 31.609.890 residenti, pari al 52,3% della popolazione italiana Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

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rifiuti N°123

luglio 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

Il costo per l’utenza cresce all’aumentare della popolazione residente nel Comune

Tra i fattori che determinano la variabilità della spesa, la dimensione del centro abitato suggerisce che il costo a carico degli utenti cresce al crescere della popolazione residente nel Comune, la distanza fra i Comuni piccoli (5-10 mila abitanti residenti) e grandi Comuni (>100) sfiora il 50%. Tale evidenza è trasversale ai profili analizzati ed è particolarmente accentuata nel passaggio tra i Comuni di media dimensione (10-50 mila abitanti) ai Comuni medio-grandi (50-100 mila abitanti).

SPESA MEDIA UNITARIA PER PROFILO E CLASSI DI ABITANTI

Euro/mq, anno 2018

2,00

2,34

2,78

3,15

2,80

1 componente, 50 mq

2,25

3,77

3,35

2,63

3 componenti, 108 mq

2,86

3,87

3,21

5 componenti, 120 mq

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche Rilevano anche le modalità organizzative del servizio e la popolazione fluttuante

Tra le altre variabili che influenzano il costo sostenuto dalle utenze occorre citare sicuramente le modalità di organizzazione del servizio, come ad esempio la raccolta con l'ausilio di cassonetti stradali rispetto ad una raccolta domiciliare, l’incidenza della popolazione fluttuante (presenze turistiche, pendolari e escursionisti) che si concentra nei centri di medie e grandi dimensioni.

Simile variabilità si nota anche per le utenze non domestiche

Simile variabilità è riscontrabile anche nella spesa sostenuta dalle utenze non domestiche. Nel caso di un ristorante di 180 mq, a fronte di una spesa media di 4.265 euro/anno, si registrano valori che oscillano fra 1.110 euro/anno (5° percentile) a 5.976 euro/anno (95° percentile).

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luglio 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

La ripartizione del costo tra famiglie e imprese L’analisi del costo sostenuto dalle utenze domestiche (profili: uno, tre e cinque componenti) e non domestiche (profili: albergo, parrucchiere, ristorante, industria) consente di caratterizzare le scelte di ripartizione del costo del servizio tra famiglie e imprese operate nei diversi territori. Nell’esercizio che segue la spesa dei diversi profili di ciascun Comune capoluogo di Provincia è rapportata alla spesa media nazionale, in modo da ricavare un valore indice: un valore dell’indice superiore a 100 indica una spesa superiore alla media nazionale, viceversa nel caso di un indice inferiore a 100. E’ stata altresì calcolata la media semplice delle utenze domestiche e non domestiche degli indici di profilo in modo da esprimere il posizionamento del Comune per il complesso delle utenze analizzate. Per maggior chiarezza espositiva, la Tavola seguente riporta, per ciascun Comune capoluogo, in ascissa i valori indici medi relativi alle famiglie ed in ordinata i valori indici calcolati per le imprese. Dal grafico emerge un’ampia variabilità nella ripartizione del costo della spesa fra utenze domestiche e non domestiche, che appare foriera di sperequazioni e trattamenti differenziati fra le stesse categorie di utenza in Comuni diversi. SPESA ANNUA INDICIZZATA, ANNO 2018

Numeri indici, media nazionale =100 II quadrante

I quadrante

IMPRESE 100

famiglie < imprese

famiglie > imprese

III quadrante

IV quadrante

Comuni capoluogo di provincia Comuni capoluogo di regione

100 FAMIGLIE

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

La definizione di criteri omogenei per la ripartizione dei costi fra utenze domestiche e non domestiche sembra essere una soluzione in grado di contenere la variabilità della spesa sul territorio nazionale. Una soluzione interessante è quella dell’Agenzia territoriale della Regione Emilia-Romagna (ATERSIR) che ha quantificato gli abitanti equivalenti riferiti alle utenze domestiche (residenti e seconde case) e non domestiche (attività economiche e turismo): un parametro utile per guidare le scelte di allocazione del carico da parte dei Comuni.

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luglio 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

La tariffa puntuale: una soluzione non esente da limiti La tariffa puntuale, ad oggi, può essere applicata partendo dai soli costi della frazione indifferenziata, il 31% del costo del servizio

La tariffa puntuale, le cui possibili “varianti” sono illustrate nell’Allegato 3, dovrebbe assicurare maggiore trasparenza ed equità alla copertura dei costi del servizio, oltre che rappresentare uno strumento per promuovere comportamenti virtuosi. Tanti sono però gli aspetti da chiarire e regolamentare. Per come è definita oggi, la tariffa puntuale, sia nella natura tributaria che patrimoniale, può essere implementata a partire dalla sola misurazione del rifiuto indifferenziato e indipendentemente dalle modalità di ripartizione a monte dei costi tra fisso e variabile e tra domestici e non domestici. Ciò suggerisce alcune riflessioni. Innanzitutto i costi di gestione e trattamento della frazione indifferenziata rappresentano solo una parte minoritaria dei costi del servizio: da una analisi dei piani economici e finanziari emerge che in media tale quota si attesta al 31%, a fronte di un ulteriore 31% assorbito da raccolta e trattamento delle frazioni differenziate, e di un 38% di costi fissi.

COMPOSIZIONE DEL COSTO DEL SERVIZIO

Anno 2017

CRT Raccolta e trasporto rifiuti indifferenziati 4% 19%

CTS Trattamento e smaltimento rifiuti indifferenziati CRD Raccolta e trasporto rifiuti differenziati

14% 17%

CTR Trattamento e riciclo rifiuti differenziati CA Altri costi dgestione rifiuti indifferenziati

12%

CSL Costi di spazzamento e lavaggio strade

3% 7%

24%

CC Costi comuni CK Costi di capitale

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche su dati Catasto rifiuti

Pertanto, ove la quota variabile è commisurata al solo rifiuto indifferenziato, quest’ultima può essere chiamata a “coprire” parte dei costi di raccolta, trasporto e trattamento anche delle frazioni differenziate. Ad oggi, infatti, i contributi dei consorzi obbligatori di filiera21, ed in particolare i corrispettivi relativi ai rifiuti di imballaggio da raccolta differenziata, coprono solo una quota minoritaria del costo di gestione delle frazioni da raccolta differenziata22. Vi sono casi in cui, ove la tariffa puntuale è stata avviata a partire dalla sola misurazione del rifiuto urbano residuo, tali costi trovino “copertura” nel corrispettivo puntuale dello svuotamento del rifiuto urbano residuo (RUR), generando un indesiderato incentivo alla deassimilazione delle utenze non domestiche e/o all’abbandono e/o alla migrazione del rifiuto.

21 Anche su questo, spesso nei PEF non è fornito il dettaglio dei ricavi derivanti dalla vendita di materiale ed energia dai rifiuti. 22 Ad oggi il contributo CONAI secondo quanto riportato nell'Indagine conoscitiva sui rifiuti solidi urbani dell'AGCM (IC49) copre circa il 20% del costo, con le nuove direttive la copertura deve salire almeno all’80%.

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luglio 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

In altri casi, tali costi sono coperti attraverso una seconda quota variabile, determinata in maniera forfettaria (e quindi di fatto fissa), ripartita tra gli utenti sulla base di logiche presuntive mutuate dal DPR 158/99; infine vi sono casi ove i costi delle RD sono allocati alla quota fissa della tariffa. In tutte queste fattispecie si tratta di logiche assai poco “corrispettive” e distanti dal principio “chi inquina paga”. Vi è contraddizione anche con riguardo ai conferimenti minimi addebitati

Un’ultima considerazione riguarda il tema dei conferimenti minimi comunque addebitati all’utente a pre scindere dagli effettivi conferimenti. La determinazione del numero dei conferimenti minimi risponde infatti ad una contraddizione: • da una parte, l’esigenza di assicurare la copertura dei costi spinge per conferimenti minimi elevati, per limitare il contributo offerto dai conferimenti aggiuntivi, per loro natura aleatori; • dall’altra parte, l’esigenza di stimolare e incentivare comportamente virtuosi negli utenti, chiamerebbe un numero di conferimenti minimi il più basso possibile.

Si dovrebbe tendere verso una riduzione dei conferimenti minimi, per incentivare comportamenti virtuosi

Se in una prima fase di prima applicazione della tariffa puntuale, la scelta di conferimenti minimi più elevati può assicurare una transizione graduale alle nuove logiche di tariffazione del servizio e anche per la mancanza di conoscenze da parte delle aziende sui comportamenti degli utenti, con il passare degli anni il sistema dovrebbe evolvere verso una riduzione degli svuotamenti minimi per assecondare i comportamenti virtuosi. Dal grafico sottostante emerge come, ad esempio nei Comuni di Bolzano e Ferrara, le famiglie più “virtuose” vedono poco incentivato il loro impegno nella raccolta differenziata per effetto di una elevata incidenza degli svuotamenti minimi. Tali evidenze suggeriscono che laddove non sia tecnicamente fattibile o economicamente sostenibile misurare tutte o alcune frazioni, ai fini della ripartizione dei relativi costi tra gli utenti del servizio, sarebbe auspicabile identificare “modelli teorici” in grado di offrire indicazioni sulla composizione dei quantitativi di

SVUOTAMENTI MINIMI

Litri/anno 2.500 2.000

Mantova

1.500

Bolzano

1.000

Treviso

500

Ferrara

0

Trento Parma

1 comp.

2 comp.

3 comp.

4 comp.

5 comp.

6 comp.

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

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luglio 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

Le campagne di misurazione servono per “tarare” almeno l’avvio della tariffa puntuale

rifiuti non misurati conferiti al servizio pubblico dalle singole utenze. A questo fine, le campagne di misurazione dei rifiuti prodotti dalle diverse tipologie di utenze sono uno strumento imprescindibile per "tarare" almeno in fase di avvio la tariffa puntuale. Le campagne di misurazione consentono altresì di quantificare il contributo di ogni singolo utente alla produzione complessiva di rifiuti, parametro che può essere utilizzato per la ripartizione di alcuni costi fissi (i.e. i costi di capitale, destinati ad assumere un ruolo crescente laddove si realizzino gli impianti necessari alla chiusura del ciclo). Con riferimento ai costi fissi, inoltre, è opportuno riflettere se sia corretto ripartirli sulla base della produzione di rifiuto delle utenze o di altri e più specifici parametri. I costi fissi, per definizione, sono costi non direttamente legati alla produzione di rifiuti23. La definizione dei criteri e delle modalità per la ripartizione di tali costi tra gli utenti, può essere un esercizio particolarmente complesso, che comunque deve essere guidato dal desiderio di garantire una maggiore corrispettività del prelievo. Si pensi ad esempio ai costi amministrativi (CARC), presumibilmente uguali o poco diversi tra utenza e utenza, o ai costi di spazzamento e lavaggio strade (CSL), la cui ripartizione potrebbe essere teoricamente più correttamente effettuata tenendo conto della zona, della qualità e della frequenza di servizio fornito.

Le esperienze di tariffa puntuale: alcune ipotesi di lavoro La Tavola illustrata nel seguito sintetizza le caratteristiche delle strutture tariffarie adottate in sei capoluoghi di Provincia.

23 Rientrano tra i costi fissi i costi amministrativi dell'accertamento, della riscossione e del contenzioso (CARC), i costi di spazzamento e lavaggio strade e piazze pubbliche (CSL), i costi generali di gestione (CGG) e i costi comuni diversi (CCD), i costi d'uso del capitale (CK), nonché gli altri costi di gestione del ciclo dei servizi sui rifiuti indifferenziati (AC).

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La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

STRUTTURA DELLE TARIFFE PUNTUALI ADOTTATE NEI COMUNI CAPOLUOGO DI PROVINCIA

Utenze domestiche Comune

Mantova

Struttura del

corrispettivo

Trinomia

Quota fissa

euro/mq (differenziata sul num. componenti )

2 quote fisse: una espressa in Bolzano

Trinomia

Trento

Binomia

euro/anno e una espressa in euro/anno differenziata per num. componenti e tipo

abitazione euro/mq (articolata sul num.

componenti ) 2 quote fisse: una espressa in euro/anno (differenziata sul

Treviso

Quadrinomia

num. componenti) e una espressa in euro/anno

(differenziata in base al Comune e al num. componenti)

Parma

Ferrara

Trinomia

Binomia

euro/mq (differenziata sul n° componenti )

euro/mq (differenziata sul n° componenti )

Quota variabile 2 quote variabili: una espressa in euro/anno (per RD su

coefficienti MN* rivisti) + euro/svuotamento (RUR) euro svuotamento (RUR)

euro/ svuotamento (RUR) 2 quote variabili:

euro/svuotamento (RUR) +

Svuotamenti minimi Articolazione Diversi per num. componenti

Diversi per num. componenti

Diversi per num. componenti

Diversi per num.

euro/svuotamento (frazioni RD componenti

Criterio di calcolo

Non specificato

Svuotamento Allocazione dei costi di aggiuntivo gestione delle frazioni euro/litro non misurate nel PEF (RUR) 0,06

Quota variabile "base"

Non previsto

0,04

Non specificato

Non previsto

0,09

Quota variabile

Non previsto

Non specificato

0,14

Quota fissa

Non specificato

0,04 ** Quota variabile "base"

RUR prodotta nell'anno

precedente Campagne di misurazione

attivate)

2 quote variabili: euro/anno

(diverso per n° componenti su Diversi per num. coefficienti MN*) +

euro/svuotamento (RUR) euro/ svuotamento (RUR)

componenti

Diversi per num. componenti

Ulteriori frazioni

Rifiuti misurati nel Comune

Rifiuto vegetale (a

richiesta); sistemi a pesatura

Sconti individuali per conferimenti presso ecocentri

Riduzioni per 0,05

Quota fissa

risultati collettivi

rispetto a specifici rifiuti

* MN: Metodo Normalizzato, ai sensi del DPR 158/1999 ** Espresso in euro/svuotamento Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

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La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

VARIABILI DETERMINANTI DELLE TARIFFE PUNTUALI ADOTTATE NEI COMUNI CAPOLUOGO DI PROVINCIA

Utenze domestiche Comune

Mantova

Categorie

(num. comp.) Sì (QF, QV "base" e svuotamenti minimi)

Coefficienti presuntivi

Superficie

Altri parametri

Sì (QF)

No

Sì (QF e QV "base")

(MN* o modificati)

Bolzano

Sì (QF e svuotamenti minimi)

No

No

No

Trento

Sì (QF e svuotamenti minimi)

Sì (QF)

No

Sì (QF)

Treviso

Sì (QF e svuotamenti minimi)

No

Volume contenitori (QV)

Sì (QF)

Sì (QF)

Area del servizio

Sì (QF e QV "base")

Sì (QF)

No

Sì (QF)

Parma Ferrara

Sì (QF, QV "base" e svuotamenti minimi)

Sì (QF e svuotamenti minimi)

* MN: Metodo Normalizzato, ai sensi del DPR 158/1999 Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

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La tariffa puntuale, basata su logiche presuntive, rischia di reiterare i limiti che dovrebbe risolvere

Per misurare gli esiti delle scelte operate si è ricostruita la spesa per una utenza domestica di 3 componenti che risiede in un’abitazione di 108 mq e che produce 1.000 litri di rifiuto indifferenziato all’anno. Limitandosi ai sei capoluoghi di Provincia si osserva un rapporto tra gli estremi della spesa di 1:3, a conferma del fatto che l’adozione della tariffa puntuale, incardinata su logiche presuntive, rischia di reiterare i limiti che si intende risolvere. Un esito sul quale incide anche il diverso peso della quota variabile: a fronte di un dato medio del 30%, di per sé contenuto, l’incidenza della quota variabile, parametrata alla sola produzione di RUR, scende nel Comune di Parma al 12%, a dimostrazione che una quota prevalente dell’esborso continua a non dipendere dai rifiuti effettivamente prodotti, e il potere incentivante della tariffa puntuale alla prevenzione delle produzione di rifiuto indifferenziato è basso.

SPESA ANNUA E INCIDENZA DELLA QUOTA VARIABILE

Famiglia 3 componenti, 108 mq e 1.000 litri RUR 450

41%

400 350 300 250

45%

380,71 39% 38%

343,93 285,52

259,15 25%

232,59

35% 30%

25% 25% 20%

200 150

122,57

15%

12%

100

10% 5%

50 0

40%

Mantova

Bolzano

Trento

Treviso

Parma

Ferrara

0%

Spesa annua % Quota Variabile

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

Al contrario, laddove l’incidenza della quota variabile è superiore al 50% ed il corrispettivo è commisurato ai soli conferimenti della frazione residua, il costo del singolo conferimento aggiuntivo deve essere dosato per evitare due effetti collaterali: il peggioramento delle frazioni differenziate in esito al tentativo di ridurre l’esborso (i.e. conferendo nella raccolta differenziata anche frazioni impure o contaminate) e l’incentivo ad una auto-deassimilazione da parte delle utenze non domestiche. Per prevenire questi effetti indesiderati si potrebbero prevedere compensazioni (ex post) riconosciute alla collettività in funzione della qualità media delle frazioni complessivamente raccolte e della loro valorizzazione sul mercato. Inoltre, con riferimento agli elementi presuntivi, sarebbe ad ogni modo opportuno limitare, correggere o escludere il ruolo delle superfici tassabili e delle categorie previste dal D.P.R. 158/99 (le cosiddette 30 categorie “Ronchi”) che ancora oggi hanno impatto anche sulla determinazione della quota variabile, ad esempio nella determinazione degli svuotamenti minimi. Occorre stimare la produzione di ciascuna utenza per singola frazione e un’articolazione di bacino

Si tratta di analizzare il ruolo delle superfici tassabili e delle categorie di utenza quali determinanti della produzione di rifiuto e indagare percorsi alternativi in grado di sostanziare logiche più vicine alla reale produzione di rifiuto: un “modello teorico” in grado di stimare la produzione di ciascuna utenza per singola frazione (almeno organico, plastica, vetro, carta e cartone,) potrebbe consentire di ovviare a costose misurazioni di tutte le frazioni del rifiuto prodotto. Parimenti auspicabile sembra essere il superamento dei singoli regolamenti comunali in favore di una articolazione di bacino, per prevenire fenomeni di migrazione del rifiuto e/o abbandono.

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La tariffa puntuale : strumento di prevenzione Ridurre l’indifferenziato e ridurre i rifiuti non è evidentemente la stessa cosa. La tariffa puntuale si presta bene al primo obiettivo, mentre non è scontato il contributo al secondo nei sistemi che prevedono la misurazione (e la tariffazione) della sola frazione residua. In tali sistemi, l’adozione di comportamenti virtuosi come ad esempio il passaggio dal monouso a soluzioni riutilizzabili, all’acquisto di prodotti senza o con meno imballaggi, alla scelta del vuoto a rendere nel settore delle bevande, alla riduzione dello spreco alimentare, non ha alcun riflesso sulle tariffe applicate all’utenza. Infatti tali rifiuti anche quando conferiti in RD non danno luogo a nessun costo aggiuntivo per l’utente, pur comportando comunque un costo per il sistema e per l’ambiente. La tariffa puntuale con la misurazione della sola frazione residua non permette quindi di fornire segnali di prezzo pienamente coerenti con la gerarchia dei rifiuti, orientando gli utenti verso comportamenti, misure e soluzioni che comportano una minore produzione di rifiuti. Per ovviare almeno in parte a tale problema, sono possibili tre diverse strategie: 1. misurare e tariffare ulteriori frazioni oltre alla frazione residua; 2. prevedere un articolazione tariffaria che tenga conto della “potenza di servizio installata” per le frazioni non misurate, ovvero la volumetria dei contenitori e della frequenza di ritiro; 3. prevedere riduzioni tariffarie commisurate al quantitativo di rifiuti non prodotti24 in esito all’adozione di misure di prevenzione.

Gli auspici riposti nella regolazione ARERA I compiti assegnati ad ARERA si sostanziano nell’adozione di direttive per la separazione contabile e amministrativa, la definizione di livelli qualitativi del servizio, la predisposizione e l'aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato, nonché la fissazione dei criteri per definire le tariffe di accesso agli impianti di trattamento.

La regolazione ARERA dovrà fornire adeguati segnali di prezzo ed efficientare i processi, per limitare il ricorso alla discarica Il termine 20202021 per l’adozione del nuovo sistema tariffario è decisamente sfidante

Il DCO 713-1825, che illustra obiettivi e tempistiche nell’agenda del regolatore ARERA sul servizio rifiuti, indica che la materia della regolazione tariffaria dovrà trovare un suo primo punto di ricaduta già nel corso del primo semi-periodo regolatorio (2020-2021). Nel più recente documento sul quadro strategico 2019-202126 con riferimento al settore dei rifiuti ARERA ha ribadito la volontà di intervenire sul sistema tariffario per il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e sulla qualità del servizio e il contenimento della morosità. In particolare il sistema tariffario dovrà fornire adeguati segnali di prezzo, in ossequio al principio comunitario "pay as you throw", e incentivare la prevenzione, la raccolta differenziata di qualità, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti urbani e, in generale, l’efficientamento dei processi di selezione, recupero e valorizzazione della materia per limitare il conferimento in discarica. Si tratta di obiettivi ambiziosi, che muovono dal riconoscimento dell’importanza di regole uniformi e dalla consapevolezza della differenze territoriali oggi esistenti, conseguenti all’elevato grado di discrezionalità di cui gli Enti locali sono oggi depositari. Il termine per l’adozione del nuovo sistema tariffario obiettivo appare decisamente sfidante: l’esperienza del servizio idrico integrato suggerisce che il tema dei criteri che informano

24 Ai sensi dell’art. 1 comma 659 lettera e-bis della L. 147/2013. 25 Documento per la Consultazione 713/2018/R/RIF, “Criteri per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani e assimilati dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione”. 26 DCO 139/2019/A.

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la contribuzione delle diverse categorie di utenza ai costi del servizio, per le questioni di delicatezza connesse al carico tariffario/tributario, viene naturalmente a valle rispetto alla disciplina di aspetti come la contabilità economica, la metodologia tariffaria e la qualità del servizio.

IDRICO E RIFIUTI: LE TAPPE DI UN PERCORSO A CONFRONTO DPCM 20 luglio

Definizione del mandato AEEGSI Metodo Tariffario Transitorio

2012

(2012-2013)

Metodo Tariffario Idrico

(2014-2015)

2013

Qualità contrattuale

(2016-2019)

585/2012/R/IDR

643/2013/R/IDR 655/2015/R/IDR

Convenzioni tipo Metodo Tariffario Idrico 2

2012

656/2015/R/IDR 2015

664/2015/R/IDR

Separazione contabile

137/2016/R/IDR

Disciplina del servizio di misura

218/2016/R/IDR

Articolazione tariffaria Bonus idrico Qualità tecnica

Attribuzione compiti di regolazione

settore rifiuti all'ARERA

Richiesta di informazioni in tema di servizi

di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati Avvio procedimento sistema di

monitoraggio delle tariffe per il servizio integrato di gestione dei rifiuti

Criteri per determinazione corrispettivi del servizio - Orientamenti preliminari

2017

714/2018/R/RIF

2018

715/2018/R/RIF

2018

DCO

713/2018/R/RIF Determina 1/2019 -

delle procedure di raccolta dati in materia assimilati

2017, n. 205

2018

Definizione dei contenuti informativi e

di servizi di trattamento dei rifiuti urbani e

Legge 27 dicembre

2019

DRIF

665/2017/R/IDR 2017

897/2017/R/IDR

Articolazione tariffaria

2022?

917/2017/R/idr

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche Un indirizzo degli enti di governo degli ambiti e delle Regioni sarebbe auspicabile, come nel caso dell’EmiliaRomagna

In attesa di un intervento dell’Autorità di regolazione, sia sul versante della classificazione dei costi che della ripartizione a valle degli stessi, sarebbe auspicabile un ruolo di indirizzo da parte degli enti di governo degli ambiti e delle Regioni, chiamate ad individuare linee guida. Per rispondere a tali questioni in Emilia-Romagna è stato avviato un percorso in vista dell’estensione della tariffa puntuale a tutto il territorio entro il 2020: la Regione, l’Ente di governo dell’ambito (ATERSIR - l’Agenzia Territoriale dell’Emilia-Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti) e l’Associazione nazionale dei Comuni italiani dell’Emilia-Romagna (ANCI-ER) hanno siglato un protocollo d’intesa27, per la cui attuazione è stato individuato un Comitato-guida che ha elaborato un “regolamento tipo” per la disciplina della tariffa corrispettiva puntuale28, in continuità con le esperienze in essere nel territorio emiliano-romagnolo. Il regolamento sostanzia l’avvio di un processo che punta all’elaborazione di una nuova metodologia tariffaria che consenta di superare o quantomeno ridurre il peso degli elementi presuntivi presenti nei modelli attualmente vigenti, e di uniformare i criteri adottati per l’articolazione delle tariffe all’utenza.

27 “Protocollo di intesa tra Regione Emilia-Romagna, ATERSIR ed ANCI in materia di tariffazione puntuale, azione cardine per il raggiungimento degli obiettivi regionali di recupero e di prevenzione nella produzione dei rifiuti”. Il Protocollo, sottoscritto a settembre 2017, è finalizzato a incentivare le iniziative volte ad agevolare l’introduzione dei sistemi di tariffazione puntuale entro il 2020 assicurando il massimo coordinamento istituzionale e garantendo un’azione sistematica sul territorio che sia in grado di orientare le politiche ed i percorsi amministrativi dei Comuni. 28 Parallelamente è stata avviata l’elaborazione del Regolamento tipo per la disciplina della Tari tributo puntuale che verrà a breve adottato.

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luglio 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

concusioni La materia della regolazione tariffaria e, in particolare, dell’articolazione dei corrispettivi del servizio rifiuti non ha ancora raggiunto un assestamento. Non hanno giovato le forti criticità insite nel “metodo tariffario” di fine anni ’90, gli innumerevoli tentativi di riforma della materia, il lungo contenzioso intorno alla natura tributaria o patrimoniale della contribuzione. Negli anni recenti, tuttavia, il desiderio di abbracciare logiche corrispettive si è fatto strada negli auspici di cittadini e imprese. La tariffazione puntuale, laddove la contribuzione ai costi è commisurata alla quantità e qualità del servizio reso, è invocata come lo strumento in grado di incentivare la raccolta differenziata, ridurre la RUR e contribuire alla riduzione complessiva dei rifiuti prodotti. Se i primi due obiettivi (aumento della RD e riduzione della RUR) sono normalmente conseguiti con l’introduzione e l’applicazione nel tempo di regimi di tariffazione puntuale, il terzo, la riduzione dei rifiuti prodotti, dipende invece fortemente dal modello di tariffazione adottato, ovvero, dalla sua capacità di veicolare segnali di prezzo coerenti con la gerarchia dei rifiuti anche per le frazioni da raccolta differenziata. La Tariffa puntuale non è quindi una panacea ai tanti limiti della TARI, in particolare laddove si continuano a mutuare coefficienti presuntivi obsoleti, non in grado di riflettere la reale produzione di rifiuto, la qualità delle frazioni conferite e la potenziale valorizzazione delle stesse sul mercato. Rimane poi senza soluzione l’annosa questione della “equa” distribuzione dei costi tra quota fissa e quota variabile, risolvibile solo con l’adozione di una contabilità per centro di costo e linee guida di contabilità analitica. L’utilizzo di coefficienti presuntivi per il dimensionamento delle quote fisse ripropone infatti logiche che difficilmente si coniugano con un approccio corrispettivo. Le esperienze di tariffa puntuale mostrano infatti la persistenza di elementi “presuntivi” incorniciati in una moltitudine di regolamenti di applicazione della tariffa, con il risultato di reiterare quelle difformità di trattamento a cui la stessa tariffa puntuale doveva fornire una risposta. Il DM 20 aprile 2017 che ha disciplinato il tema della misura, prevedendo criteri minimi di misurazione della quantità di rifiuto urbano residuo prodotto, ha infatti confermato la possibilità di far ricorso a logiche semplificative e presuntive per le altre frazioni, laddove la loro misurazione si rivelasse impossibile o non sostenibile. Nella prassi che è venuta affermandosi rimane un ampio ricorso a logiche presuntive che ripropongono e non risolvono molte delle critiche già sollevate in merito al tributo. La mancanza di linee guida di contabilità analitica non chiarisce l’equilibrio tra costi fissi e variabili e parimenti discrezionale rimane la contribuzione ai costi delle utenze domestiche e non domestiche. Inoltre, quote varabili commisurate alla sola quantità di RUR prodotta e/o al numero degli svuotamenti minimi obbligatori, laddove non adeguatamente calibrati, offrono incentivi all’abbandono, alla migrazione o alla deassimilazione di tale frazione del rifiuto, o al contrario, depotenziano il potere incentivante della tariffa. Le scelte compiute in materia di tariffa esaminate mostrano che la discrezionalità e l’autoreferenzialità delle valutazioni compiute finiscono per reiterare gli stessi problemi che la tariffa puntuale intendeva risolvere: a parità di produzione di rifiuto nei capoluoghi di provincia che hanno adottato la tariffa puntuale si osserva una escursione della spesa di 1:3. Urge una riflessione organica.

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luglio 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

Un ruolo guida nell’adozione della tariffa puntuale potrebbe essere giocato dalle Regioni, al fine di tenere conto delle specificità territoriali e lasciare la discrezionalità locale agli aspetti che dipendono dal territorio. Gli obiettivi sono chiari: superare l’articolazione Comune per Comune in favore di tariffe di bacino; superare le logiche presuntive incardinate sulle superfici e sulle categorie economiche; stabilire criteri omogenei ed equi per la compartecipazione delle utenze domestiche e non domestiche. La convergenza verso “modelli” regionali può così diventare il punto di partenza per la futura attività di regolazione nazionale. È necessario riprendere il cammino che segnò l’introduzione della tariffa, in sostituzione della TARSU. Affinché la tariffa non sia solo un modo per assicurare il finanziamento dei costi del servizio ma uno strumento in grado di sostenere i comportamenti virtuosi.

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luglio 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

Allegato 1. Il finanziamento del servizio: 20 anni di “acronimi” Il tema del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi ad esso associati è oggetto di una lunga riflessione, iniziata da più di 20 anni. E’ infatti del 1997 l’introduzione della Tariffa di Igiene Ambientale (TIA)29 in luogo della Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani (TARSU), finalizzata a garantire la copertura integrale dei costi del servizio. Il nuovo sistema fu successivamente disciplinato negli aspetti operativi dal D.P.R. 158/1999, contenente il cosiddetto Metodo Normalizzato (MN) per la definizione della tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani. Il Metodo stabiliva i criteri, le categorie di attività, domestica e non domestica, nelle quali articolare la tariffa, nonché i coefficienti presuntivi di produzione del rifiuto da utilizzare, in assenza o in attesa delle misurazioni30, per quantificare e ripartire i costi tra le singole categorie di utenza. La TIA avrebbe dovuto sostituire la TARSU, ma ebbe invece una scarsa diffusione tanto da risultare ancora una rarità dopo quasi un decennio quando fu a sua volta “superata”, con il Testo Unico Ambientale31 dalla Tariffa Integrata Ambientale (TIA2) che negli aspetti operativi richiamava il D.P.R. 158/1999. Alcuni anni dopo il Decreto cosiddetto Salva Italia32 introdusse il Tributo comunale sui Rifiuti e sui Servizi (TaRES) la cui entrata in vigore, prevista per il 2013, avrebbe dovuto sostituire tutti i regimi previgenti. Poco dopo tuttavia la legge di conversione del D.L. 102/201333 concesse la possibilità ai Comuni di «determinare i costi del servizio e le relative tariffe sulla base dei criteri previsti e applicati nel 2012 con riferimento al regime di prelievo in vigore in tale anno», fatta salva la maggiorazione a copertura dei servizi indivisibili, eliminando di fatto l’obbligo di passaggio a TaRES e aumentando la confusione normativa. Nel 2013 convivevano di fatto quatto tipologie di regimi: TARSU, TIA1, TIA2 e TaRES. L’intera materia ha trovato un assetto più organico all’interno della Imposta Unica Comunale (IUC)34, composta, tra le altre, da una quota a copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati (TaRI) che sul versante operativo non si discosta dai precedenti regimi, in quanto disciplinata sempre dal Metodo Normalizzato. Questo rappresenta quindi ancora oggi il punto di riferimento, nonostante i limiti e le numerose critiche che negli anni sono emerse e rispetto alle quali si auspica l’intervento dell’Autorità di regolazione.

29 30 31 32 33 34

Ad opera del d.lgs. 22/1997. In modo da offrire una soluzione transitoria agli Enti locali non ancora pronti ad organizzare modalità di tariffazione basate su misurazioni effettive. D.lgs. 152/2006. D.L. 201/2011. Legge 28 ottobre 2013, n. 124, art. 5, c. 4-quater. Disciplinata dalla Legge 27 dicembre 2013, n. 147, ovvero la Legge di Stabilità per 2014.

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LUGLIO 2019 La tariffa puntuale: un'opportunità da gestire.

IL FINANZIAMENTO DEL SERVIZIO RIFIUTI

documento istitutivo

ostacoli all'adozione

TARSU

TIA1

TIA2

TARES

IUC

Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani

Tariffa di Igiene Ambientale

Tariffa Integrata Ambientale

Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi

Imposta Unica Comunale

d.lgs 507/1993

d.lgs. 22/1997

d.l. 201/2011

L. 147/2013 (Legge di stabilità 2014)

introduce organicità alla previgente normativa

unica aliquota, ma differenziata in articolazione base all’utenza domestica e non domestica (in €/m2)

imposte

accisa erariale del 10%

addizionale provinciale 1 - 5%

d.lgs. 152/2006

(Testo Unico Ambientale)

avrebbe dovuto sostituire la TARSU, ma si sono susseguite

più rinvii all'applicazione, per la quale poi si è adottato il D.P.R.

Quota fissa - copertura costi fissi (spazzamento, riscossione...)

Quota fissa - copertura costi fissi (spazzamento, riscossione...)

proroghe dei termini

158/99 (per la TIA1)

IVA pari al 10% (fino al 2009)

addizionale provinciale 1 - 5%

IVA pari al 10%

addizionale provinciale 1 - 5%

Possesso o detenzione di locali

Possesso o detenzione di locali

70% comuni in squilibrio finanz.

100% del costo di esercizio

100% del costo di esercizio

Prevenire la produzione di rifiuti

Superare frammentazione delle gestioni (promossa istituzione

presupposto servizio di smaltimento rifiuti è reso in maniera continuativa

suscettibili di produrre rifiuti

suscettibili di produrre rifiuti

(natura di imposta) limite di copertura

obiettivi

50% del costo di esercizio

100% comuni in stato di dissesto

Limitare l’incidenza sull’uomo e sull’ambiente Gestione diretta o mediante municipalizzata Finanziamento tramite tassa

copertura costi di gestione dei rifiuti urbani (fisso + variabile)

Quota variabile - copertura costi Quota variabile - copertura costi fissi (può essere commisurata ai fissi (può essere commisurata ai finanziamento dei servizi rifiuti conferiti) rifiuti conferiti) indivisibili (0.30 euro/m2)

Occupazione di uno o più spazi, adibiti a qualsiasi uso dove il

il d.l. 102/2013, ha "salvato" i regimi previgenti

ATO e gestione integrata)

Integrato dal D.P.R 158/99

(Metodo normalizzato) sui criteri di applicazione della tariffa. Introduzione del principio "chi inquina paga".

Fonte: elaborazioni Laboratorio REF Ricerche

addizionale provinciale 1 - 5%

Per le modalità di applicazione rimanda esplicitamente al regolamento di determinazione della TIA1 (D.P.R. 158/99)

Service Tax )

TARI - copertura costi per la gestione dei rifiuti urbani (adottato DPR 158/99) TASI - copertura dei servizi indivisibili + IMU (accertati sul valore catastale) addizionale provinciale 1 - 5%

TASI+IMU - pagate dal propriePossesso o detenzione di locali tario suscettibili di produrre rifiuti (base imponibile pari all'80% della TARI - possesso o detenzione di superficie catastale) locali suscettibili di produrre rifiuti 100% del costo di esercizio

100% del costo di esercizio

Per le modalità di applicazione si rimanda esplicitamente al

Anche in questo caso, per le modalità di applicazione si rimanda esplicitamente al

Unicità di governo: istituzione obbligatoria delle AATO e rafforzato il principio della gestione integrata

sostituirà i regimi previgenti, TARES e IMU (introduce la c.d.

regolamento di determinazione della TIA1 (D.P.R. 158/99)

regolamento di determinazione della TIA1 (D.P.R. 158/99)

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Ciò che è utile puntualizzare sin da adesso è che i regimi dalla TaRES in poi prevedono un sistema corrispettivo ovvero un importo commisurato alla quantità del rifiuto conferito, ma al tempo stesso consentono ai Comuni di applicare sistemi presuntivi, come appunto disciplinati dal Metodo Normalizzato. L’ultimo intervento normativo è il Decreto Ministeriale 20 aprile del 201735 che fissa alcune importanti regole ai fini della misurazione puntuale dei rifiuti in regime di corrispettivo pur lasciando ancora margini di discrezionalità e di “indeterminatezza” troppo ampi. Secondo il D.M. per l’implementazione di una tariffa puntuale il requisito minimo (Art. 4) è la determinazione della quantità, in peso o volume, della frazione indifferenziata residua (RUR); per le frazioni differenziate invece non è previsto l’obbligo di misurazione, ma la possibilità di ricorrere a misurazione o di adottare sistemi semplificati di determinazione delle quantità conferite. Con riferimento alle modalità di misurazione della quantità di rifiuto conferito la normativa prevede la pesatura diretta, con rilevazione del peso, o indiretta mediante la rilevazione del volume dei rifiuti conferiti (art. 6). Nonostante le novità sembra tuttavia resistere un metodo presuntivo, laddove il D.M. (art. 7) consente per la determinazione dei conferimenti delle utenze domestiche aggregate o in porzioni di territorio particolarmente disperse, se non tecnicamente fattibile o economicamente efficiente, la suddivisione secondo un criterio pro capite o addirittura in base ai coefficienti presuntivi del D.P.R. 158/1999. Stessa possibilità è prevista (art. 8) anche con riferimento alle utenze non domestiche presenti in utenze aggregate. In ultimo è interessante richiamare due punti della normativa (art. 9): con riferimento alla qualità, come previsto già nel 158/1999, il decreto stabilisce che in fase di definizione della parte variabile della tariffa (…), il Comune può adottare criteri di ripartizione dei costi commisurati alla qualità del servizio reso alla singola utenza, nonché al numero dei servizi messi a disposizione della medesima, anche quando questa non li utilizzi, richiamando in questo modo la volontà di dare importanza alla qualità del servizio. Il secondo è invece relativo all’attività di recupero e riciclaggio, laddove è prevista l’applicazione di correttivi alla tariffa per le utenze che conferiscano tramite i servizi a chiamata, centri comunali di raccolta, centri del riuso. Il decreto aveva l’obiettivo di fornire strumenti operativi per l’implementazione della tariffa puntuale, ma lascia ancora numerose lacune, sicuramente nella misura in cui affronta solo il tema della misurazione e quindi della quota variabile, mentre nulla dice sul calcolo e sulla ripartizione della quota fissa, né tanto meno interviene sul delicato tema della classificazione a monte dei costi del servizio tra fissi e variabili e dell’attribuzione tra utenze domestiche e non domestiche, dove permangono quindi le indicazioni del Metodo Normalizzato.

35 Regolamento previsto dall’art. 1 comma 667 della legge 147/13.

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Allegato 2. Il Metodo Normalizzato e i suoi tanti limiti La metodologia delineata dal Metodo Normalizzato è caratterizzata da una scarsa trasparenza del processo di determinazione dei costi del servizio, da una debole aderenza al principio comunitario “chi inquina paga”, e presenta altresì evidenti limiti, in particolare per quanto concerne criteri e parametri utilizzati nell’allocare i costi del servizio. Le principali criticità riguardano: • la mancata definizione di Linee Guida di contabilità analitica che permettano una univoca determinazine e allocazione dei costi del servizio; • la mancata applicazione di uno Schema Unico sul territorio nazionale per la redazione del piano economico-finanziario; • la presenza di algoritmi di allocazione del carico tributario basati su coefficienti presuntivi di produzione di rifiuto in luogo di misurazioni effettive. L’assenza di linee guida di contabilità analitica ha determinato una situazione piuttosto variegata circa il trattamento delle diverse voci che molto spesso rende non immediato il confronto. In particolare, sembra essere fuorviante la definizione della parte fissa contenuta nel D.P.R. 158/99, dove è indicato che essa deve garantire la copertura delle “componenti essenziali del costo del servizio”. Un disposto normativo che si presta a letture e interpretazioni. Tale direzione è rafforzata da alcune indicazioni contenute nel D.P.R. 158/99, laddove tra i costi fissi si raccomanda di imputare una quota non inferiore al 50% dei costi del personale, ricomprendendo oltre al personale amministrativo anche una parte dei costi del personale tecnico. Una operazione giustificabile in quanto trattasi di costi relativi alla componente fissa della gestione. Estremizzando, si può giungere a considerare variabile solo il costo di trattamento, riciclo e smaltimento dei rifiuti differenziati e indifferenziati (CTS e CTR). Seguendo queste impostazioni si può arrivare agevolmente a quantificare una incidenza di costi fissi anche superiore al 70%: in questo modo viene però indebolito il principio comunitario secondo cui “chi inquina paga”, in quanto la maggior parte dei costi viene sganciata dalla produzione (seppur presunta) di rifiuti. Se invece si propende per una lettura più “restrittiva” del concetto di costo fisso, dovrebbero rientrare tra i costi variabili tutti i costi della raccolta, del trasporto, del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, siano essi differenziati o indifferenziati, compresi quelli del personale dedicato a tali attività. In questo caso, è il peso dei costi variabili che può arrivare a superare il 70% del totale. La scelta di allocare alcune voci di costo alla parte fissa piuttosto che alla parte variabile costituisce un elemento di variabilità che determina arbitrarietà nella politica tariffaria, poiché una diversa distribuzione dei costi ha un impatto non indifferente sulle tariffe applicate alle utenze finali, soprattutto nel caso delle famiglie dove la progressività dei coefficienti relativi alla parte variabile è maggiore rispetto a quella dei coefficienti della parte fissa. Per quanto riguarda le famiglie, ad esempio, un maggiore peso della parte variabile tende a penalizzare i nuclei più numerosi, in quanto i coefficienti di producibilità, utilizzati per calibrare i corrispettivi della parte variabile presentano un grado di progressività maggiore rispetto a quelli utilizzati per la parte fissa. Inoltre, un maggiore peso della parte fissa tende a depotenziare l’efficacia delle agevolazioni eventualmente praticate alle utenze per comportamenti virtuosi (come l’autonomo conferimento ai centri di raccolta e di recupero della frazione differenziata o il compostaggio), che hanno impatto solo sui corrispettivi della parte variabile.

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I coefficienti di producibilità presuntiva: una soluzione provvisoria Il D.P.R. 158/1999 si ispira al principio comunitario “chi inquina paga” che nel Metodo Normalizzato di cui al DPR 158/99 si concretizza nel concetto di “producibilità di rifiuto”. La quantificazione dei rifiuti prodotti dovrebbe prevedere la misurazione puntuale dei rifiuti conferiti o, in assenza tecniche di calibratura individuale, l’utilizzo di indicatori di produzione media comunale procapite. Nella prassi, tuttavia, gli Enti locali non hanno mai provveduto ad attrezzarsi per la misurazione puntuale dei rifiuti conferiti, reiterando logiche presuntive che erano state pensate come soluzione transitoria. Nelle more dell’adozione di sistemi di misurazione puntuale la normativa offriva la possibilità di utilizzare un meccanismo presuntivo, basato su coefficienti di producibilità riferiti a ciascuna categoria di utenza domestica e non domestica. Negli anni sono state mosse numerose critiche al metodo presuntivo e più in generale alla capacità dei coefficienti di rappresentare la effettiva produzione di rifiuto. Tra questi, la critica che trova maggiore accoglimento si basa sul fatto che i coefficienti sono ormai datati perché definiti sulla base di misurazioni effettuate in un contesto operativo che in gran parte si è modificato. Negli anni, infatti, i sistemi di gestione dei rifiuti sono cambiati, le tecnologie si sono evolute, la raccolta differenziata ha conosciuto un grande sviluppo, lo stesso perimetro del rifiuto urbano è cambiato perché sono cambiate le logiche di assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi. Del resto, nelle intenzioni del legislatore, l’applicazione dei coefficienti era da considerarsi un compromesso necessario e contingente, pensato per una fase transitoria. Sono riflessioni che suggeriscono l’esigenza di superare il metodo presuntivo per pervenire a misurazioni e a tariffe puntuali, come previsto dalla normativa.

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Allegato 3. Tariffazione puntuale: le possibili varianti Il sistema di tariffazione puntuale è introdotto già dal D.P.R. 158/99 laddove prevede che la quota variabile, funzione dei quantitativi di rifiuti prodotti dalla singola utenza, sia fissata sulla base di misurazioni, sia per singola utenza che per utenze aggregate. I sistemi di tariffazione puntuale si differenziano per: • struttura tariffaria; • modalità di attribuzione delle quantità; • frazione merceologica di rifiuto a cui applicare la tariffa. Per quanto riguarda il primo elemento, la tariffa mantiene il più delle volte la struttura binomia tipica della TIA, con una quota fissa e una variabile, di cui la prima commisurata il più delle volte alla superficie, eventualmente corretta per i coefficienti di producibilità. Solo in rari casi la base imponibile per la quota fissa è costituita da parametri diversi dalla superficie quali ad esempio il numero o la capienza dei contenitori forniti alle utenze. La quota variabile è invece commisurata alla quantità effettiva di rifiuti conferiti, a prescindere dal numero dei componenti del nucleo familiare (per le utenze domestiche) o dall’attività economica esercitata e dalla superficie occupata (per le utenze non domestiche). Con riferimento alle modalità di misurazione delle quantità conferite si riscontra una maggiore diffusione di sistemi di misurazione basati sul volume conferito (la cosiddetta tariffa volumetrica), con una tariffa (espressa in euro/litro o euro/kg), dove la trasformazione del volume in peso avviene moltiplicando il volume conferito per la densità media dello specifico flusso di rifiuto oggetto di misurazione (Kpeso) commisurata al numero degli svuotamenti36. Dal punto di vista operativo, le modalità di misurazione sono diverse, strettamente dipendenti dal sistema di raccolta. Tra le più diffuse si evidenziano: • sacchi prepagati, acquistabili dagli utenti direttamente presso gli uffici comunali o presso rivendite autorizzate, da utilizzare esclusivamente per il rifiuto secco residuo37. • sacchi contrassegnati da cartellini con codice a barre, ritirati e consegnati al gestore per il successivo calcolo (utilizzato, ad esempio, dal Consorzio dei Navigli fino al 2006 e poi abbandonato per l’alta percentuale (5% - 10%) di cartellini non identificata) o letti contestualmente al ritiro dei rifiuti tramite dispositivi portatili; • contenitori o sacchi a perdere dotati di dispositivi automatici per la lettura (cosiddetti transponder); • contenitori stradali (es. campane/cassonetti) con calotte ad apertura controllata tramite tessere identificative fornite all’utenza: ha il pregio di non richiedere la modifica del sistema di raccolta (da stradale a porta a porta), ma spesso rischia di peggiorare la qualità della differenziata se non tutte le calotte sono “presidiate” e di un aumento del fenomeno dell'abbandono, non solo a causa di uno scarso senso civico, ma anche a causa di difficoltà oggettive di conferimento. Basti pensare a quanti non dispongono di una tessera di lettura (smarrimenti, turisti di passaggio, eccetera); • pesatura dei singoli conferimenti. In molte realtà, inoltre, per evitare il fenomeno dell’abbandono di rifiuti, viene stabilito un numero di “vuotamenti minimi” che vengono conteggiati nel calcolo della tariffa, indipendentemente dal fatto che siano stati effettuati o meno. Per quanto riguarda invece la scelta della tipologia di rifiuto a cui commisurare la tariffa, la maggior parte delle esperienze prevede che la quota variabile della tariffa sia applicata al volume di residuo secco, cioè alla frazione residua indifferenziata. Tale scelta è giustificata dal fatto che il rifiuto residuo è quello che ha il costo di smaltimento maggiore e che in questo modo si incentiva la raccolta differenziata. Non mancano però casi in cui la tariffa è commisurata anche agli svuotamenti di rifiuto organico e di verde, con l’obiettivo di incentivare la pratica del compostaggio domestico e la riduzione dello spreco alimentare.

36 La conversione tra volume e peso si basa sulla capacità dei contenitori, siano essi cassonetti o sacchi, e sul peso specifico di ciascun materiale raccolto. Sarebbe opportuno peraltro che i quantitativi di riferimento siano espressi non in peso (kg) ma in volume (litro), ovvero l’unità che si utilizza per la misura, oppure che nell’ambito delle nuove regole sia definito un coefficiente di conversione uguale per tutti. 37 Tale modalità non è tuttavia coerente con le nuove disposizioni del DM 20 Aprile 2017.

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