giugno 2015
Acqua N°43
Inerzie e inadempienze alla prova della riforma Madia Laboratorio SPL Collana Acqua
Abstract Il Paese soffre di un deficit infrastrutturale cronico, che penalizza in particolare l’ambiente: reti fognarie, depuratori, capacità impiantistica per il compostaggio, nella filiera del riciclo e nel recupero energetico dei rifiuti. Si cita spesso la carenza di risorse per poi scoprire che gran parte dei fondi pubblici, resi disponibili dallo Stato centrale o dalla UE, rimane “inutilizzato”: emergono dunque le carenze e le inerzie delle Regioni, la loro incapacità di progettare e avviare i cantieri. Il Governo ha di recente mostrato di voler intervenire, rinforzando il governo dei settori e diffidando le Regioni che ancora non hanno istituito gli Enti di governo degli ambiti (Molise, Campania, Calabria e Sicilia). Il Ministero dell’Ambiente si appresta a commissariare i primi 36 progetti, per un valore di 634 milioni di euro. Occorre rifondare il Governo dell’ambiente, prendendo atto che in materia ambientale il decentramento è fallito.
REF Ricerche srl, Via Aurelio Saffi, 12, 20123 - Milano (www.refricerche.it) Il Laboratorio è un'iniziativa sostenuta da (in ordine di adesione): ACEA, Utilitalia-Utilitatis, SMAT, IREN, CO.MO.I. Group, Veolia, Acquedotto Pugliese, HERA, Metropolitana Milanese, Crif Credit Rating Agency, Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico e Cassa Depositi e Prestiti Gruppo di lavoro: Donato Berardi, Lucia Quaglino, Bruno Spadoni, Samir Traini. e-mail: laboratorio@refricerche.it
Gli ultimi contributi n. 42 - Acqua - Razionalizzazione delle partecipate locali: un'altra occasione mancata, giugno 2015 n. 41 - Acqua - Tariffa pro capite e opzioni tariffarie: l’articolazione 2.0, maggio 2015 n. 40 - Acqua - Coinvolgimento e partecipazione: la via a sistemi idrici resilienti, maggio 2015 n. 39 - Acqua - La razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche: tra risparmi di spesa e decollo industriale dei servizi, aprile 2015 n. 38 - Acqua - Regole, controllo e autonomia: la gestione del servizio idrico 2.0, aprile 2015 n. 37 - Acqua - Remunerazione del capitale e oneri finanziari: alla ricerca di regole coerenti e stabili (Segue), marzo 2015 n. 36 - Acqua - Sviluppi delle tariffe, sostenibilità della spesa e Bonus idrico, marzo 2015 n. 35 - Ambiente - Rifiuti: a quando un 'Autorità indipendente?, marzo 2015 n. 34 - Acqua - Riforma della Costituzione: sull'ambiente decide lo Stato, marzo 2015 n. 33 - Acqua - Servizio idrico integrato: i prossimi passi della regolazione, marzo 2015 n. 32 - Acqua - Diritti degli utenti: da Nord a Sud AEEGSI riafferma l’eguaglianza, febbraio 2015 Tutti i contributi sono liberamente scaricabili, previa registrazione, dal sito REF Ricerche
La missione
Il Laboratorio Servizi Pubblici Locali è una iniziativa di analisi e discussione che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell´impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali. Molteplici tensioni sono presenti nel panorama economico italiano, quali la crisi delle finanze pubbliche nazionali e locali, la spinta comunitaria verso la concorrenza, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, il rapporto tra amministratori e cittadini, la tutela dell’ambiente. Per esperienza, indipendenza e qualità nella ricerca economica REF Ricerche è il “luogo ideale” sia per condurre il dibattito sui Servizi Pubblici Locali su binari di “razionalità economica”, sia per porlo in relazione con il più ampio quadro delle compatibilità e delle tendenze macroeconomiche del Paese. Donato Berardi Direttore e-mail: dberardi@refricerche.it tel. 02 87078150
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Inerzie e inadempienze alla prova della riforma Madia
Inerzie e inadempienze alla prova della Riforma Madia
La capacità di programmazione scarseggia più delle risorse finanziarie
Il Paese soffre di un deficit infrastrutturale cronico, che colpisce in particolare le infrastrutture dei servizi legati all’ambiente: reti fognarie, depuratori, capacità impiantistica nella filiera del riciclo, nel recupero energetico dei rifiuti e per il compostaggio. Le cause non vanno ascritte in toto alla scarsità delle risorse finanziarie, perché non di rado ciò che è venuta a mancare è la capacità di progettazione e di avvio dei cantieri: negli ultimi anni gran parte delle risorse pubbliche, rese disponibili dallo Stato centrale o dalla UE, sono infatti rimaste “inutilizzate”.
Secondo una recente ricognizione operata dalla Presidenza del Consiglio sull’accordo di partenariato 2007-2014, che ricomprende i fondi comunitari stanziati per le politiche di coesione, il rapporto tra la capacità di spesa e la dotazione dei fondi comunitari è pari, in Italia, al 62,2%: un dato che seppur in crescita nell’ultimo anno (era pari al 53% a fine
Stato di attuazione politica di coesione cofinanziata dai Fondi Strutturali
Totale Italia
Fonte: Accordo di partenariato 2014-2020
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Sblocca Italia, Legge di Stabilità e Riforma del Titolo V vanno nella giusta direzione
2013) palesa ancora un deficit di programmazione e una diffusa carenza di capacità tecnica e amministrativa negli enti deputati alla pianificazione.
I recenti interventi legislativi, dallo Sblocca Italia (D.L. 133/2014) alla Legge di Stabilità (L. 190/2014), sino alla Riforma del Titolo V della Costituzione e alla recente Riforma Madia sembrano cogliere la reale natura del problema, prescrivendo l’accelerazione nel riassetto della governance dei servizi pubblici locali e l’attivazione di poteri sostituivi da parte delle amministrazioni centrali nei confronti di Regioni e Enti locali nei casi di reiterata inadempienza. Lo scopo è quello di rinforzare la “catena di comando” ponendo le condizioni per rimediare alle carenze fotografate nelle numerose Sentenze di condanna della Corte di Giustizia Europea e utilizzare al meglio le risorse comunitarie a disposizione (si tratta, in particolare, dei fondi del nuovo ciclo di programmazione degli interventi infrastrutturali per il periodo 2014-2020 - Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e Fondo Sociale Europeo). Il riassetto della governance dei servizi pubblici locali La politica dei servizi pubblici locali di rilevanza economica ha registrato negli ultimi anni un significativo mutamento anche a seguito delle abrogazioni prima dell’articolo 23-bis del D.L. 112/2008 per effetto del referendum del giugno 2011, poi dell’articolo 4 del D.L. 138/2011 per la pronuncia di incostituzionalità della Corte Costituzionale. Ciò ha determinato una correzione di rotta: dalla prevalenza assoluta dell’obiettivo della liberalizzazione ci si è maggiormente concentrati su quelli della politica industriale e della promozione dell’efficienza anche nella prospettiva della razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche e della revisione della spesa. Il Governo è intervenuto a più riprese promuovendo un processo di riforma che negli ultimi anni si è concentrato prevalentemente su: superamento della frammentazione, prevedendo l’organizzazione dei servizi pubblici locali in ambiti o bacini territoriali ottimali; disciplina dell’affidamento dei servizi in base alla normativa europea e obbligo di motivazione delle scelte circa la forma di gestione, con riferimento anche a valutazioni economicofinanziarie; collegamento tra politiche dei servizi pubblici locali e revisione della spesa, integrando nei processi di razionalizzazione delle partecipazioni societarie il criterio dell’aggregazione di società pubbliche che erogano tali servizi.
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I principali fondamenti giuridici degli elementi sopra citati sono rinvenibili nell’art. 3-bis del D.L. 138/2011, nell’art. 34 commi 20 e 21 del D.L. 179/2012, nei commi 609 e ss. della L. 190/2014 (Legge di Stabilità per il 2015) e, per quanto riguarda il settore idrico, nell’articolo 7 del D.L. 133/2014 (Sblocca Italia), che rappresentano i più rilevanti tra i numerosi interventi normativi che hanno caratterizzato l’evoluzione della disciplina in materia di servizi pubblici locali oggetto, nel corso degli ultimi anni, di reiterate revisioni e integrazioni. La complessità del percorso di riordino in atto è desumibile dall’articolazione della governance fondata su un sistema di competenze stratificato lungo l’intera filiera istituzionale: l’indirizzo e il coordinamento strategico attribuiti allo Stato, anche attraverso l’esercizio delle funzioni legislative di sua competenza, in particolare con riferimento alla materia della concorrenza; la programmazione e il coordinamento a livello territoriale in capo alle Regioni, competenti in materia di definizione degli assetti territoriali e organizzativi dei servizi (tra cui delimitazione degli ambiti e individuazione degli enti di governo degli stessi); le funzioni di organizzazione e gestione dei servizi pubblici locali attribuite agli enti locali; L’esercizio delle suddette funzioni da parte degli enti di governo degli ambiti (ai quali gli enti locali hanno l’obbligo di aderire) con particolare riguardo alla pianificazione dei servizi, alla loro organizzazione, alla scelta della forma di gestione e all’affidamento in base ad una relazione (contenente un piano economico-finanziario) attestante sia la conformità alla disciplina europea, sia le motivazioni delle scelte gestionali. Il processo di riordino risulta al momento avviato, sebbene con disomogeneità territoriali e settoriali. Allo stato attuale si riscontrano rilevanti criticità a partire dalla incompleta costituzione degli Enti di governo degli ATO da parte delle Regioni, specie (ma non solo) quelle meridionali, a cui si aggiunge la diffusa mancata adesione degli enti locali agli Enti di governo d’ambito e i ritardi da parte di questi ultimi negli affidamenti su scala d’ambito. Il collegamento degli adempimenti da parte dei diversi soggetti è stretto e, dunque, gli inadempimenti e i ritardi si susseguono a catena. Al fine di completare il riordino, le normative più recenti (da ultime la Legge di Stabilità per il 2015 e lo Sblocca Italia per il settore idrico) hanno previsto l’esercizio di poteri sostitutivi da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri (o dei Prefetti competenti per territorio) nei confronti delle Regioni e da parte di queste ultime nei confronti degli enti locali. L’attivazione di tali misure, sebbene necessaria alla luce del quadro degli adempimenti e delle relative scadenze, risulta avviata ancora molto parzialmente, soprattutto nel settore dei rifiuti, anche a causa di insufficienze informative in merito alla reale situazione nei diversi contesti territoriali.
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Infrastrutture idriche: è emergenza nazionale
Situazione deficitaria per il trattamento dei reflui civili
Il trattamento delle acque reflue urbane è essenziale per assicurare la tutela della vita nei fiumi e evitare l’eutrofizzazione delle coste. Eppure l’Italia registra ancora ritardi nell’adeguarsi agli obiettivi previsti dalla Direttiva 91/271/CE (recepita con il D. Lgs. 152/2006, il Codice dell’Ambiente). Come mostra la Figura seguente, in molte Regioni italiane i carichi inquinanti civili non subiscono un adeguato trattamento, con situazioni particolarmente critiche in Sicilia, dove quasi il 60% dei reflui civili è privo di trattamento.
A dispetto di una graduatoria che vede in testa la maggiore delle Isole, la questione è tutt’altro che confinata al Mezzogiorno, una volta considerato che in Friuli-Venezia Giulia, in Veneto e nelle Marche la quota degli scarichi civili non depurati supera comunque il 50%, e che la stessa Toscana si colloca su valori di incidenza non distanti. La carenza di adeguata dotazione impiantistica è una emergenza nazionale. Carichi inquinanti civili non trattati (%) Piemonte Trentino-Alto Adige Umbria Emilia-Romagna Puglia Molise Basilicata Sardegna Liguria Lazio Campania Abruzzo Valle d'Aosta Lombardia Calabria Toscana Marche Veneto Friuli-Venezia Giulia Sicilia
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Fonte: Istat, censimento delle acque per uso civile - 2012
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Deficit infrastrutturale: estensione dei servizi per area geografica Nord Centro Sud Totale Italia
Acquedotto
Depurazione (carico trattato)
copertura
deficit
copertura
deficit
copertura
deficit
copertura
deficit
95.10% 94.20% 98.00% 95.60%
4.9% 5.8% 2.0% 4.4%
94.8% 92.6% 90.9% 93.1%
5.2% 7.4% 9.1% 6.9%
93.2% 87.2% 71.1% 85.0%
6.8% 12.8% 28.9% 15.0%
84.9% 81.1% 68.6% 78.5%
15.1% 18.9% 31.4% 21.5%
Fonte: Laboratorio REF Ricerche su dati BlueBook e ISTAT
Più di 800 agglomerati non sono in regola
Depurazione (capacità)
Fognatura
Secondo la Commissione Europea (CE) sono più di 800 gli agglomerati con oltre 2 mila abitanti equivalenti che non sono dotati di adeguate infrastrutture di raccolta e trattamento dei reflui, per le quali sono già scattate procedure comunitarie di richiamo o addirittura condanne da parte della Corte di Giustizia Europea (CGE). Mappa delle infrazioni per agglomerato in Italia
Fonte: http://www.acqua.gov.it
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Già incassate due sentenze da parte della Corte di Giustizia
Una terza sentenza è in arrivo
Le stime indicano poco meno di 500 milioni di euro le penalità che rischiano le regioni inadempienti
In due casi (il primo aperto nel 2004, il secondo nel 2009) il rinvio al giudizio della CGE si è già risolto in una condanna: le sanzioni, che devono ancora essere puntualmente quantificate, ammontano a una somma forfettaria di circa 10 milioni di euro, cui si aggiunge una mora che va da un minimo di circa 12 mila euro ad un massimo di oltre 700 mila euro per ogni giorno di ritardo nell’adeguamento a decorrere dal giorno della sentenza. Una terza procedura è in corso: si tratta della n. 2014_2059 per mancata attuazione della direttiva 1991/271/CEE in relazione alla quale un parere motivato, ultimo passo che precede quello del rinvio al giudizio, è stato inviato all’Italia il 26 marzo u.s.
Le prime stime del Ministero dell’Ambiente e dalla Tutela del territorio (MATT) pongono a oltre 485 milioni di euro l’ammontare delle sanzioni in arrivo a partire dal 2016 e fino al completamento delle opere, così suddivise per regione: Sicilia 185, Lombardia 74, Friuli Venezia Giulia 66, Calabria 38, Campania 21, Puglia e Sardegna 19, Liguria 18, Marche 11, Abruzzo 8, Lazio 7, Piemonte, Val d’Aosta e Veneto 5.
A livello locale manca la capacità di pianificare e avviare i cantieri
Il collo di bottiglia dei mancati investimenti è nella gestione locale dei fondi Su oltre 1 200 interventi finanziati con Fondi Strutturali Europei (FSE) solo 76 portati a compimento
La situazione in cui versa il settore idrico nel Paese non è tanto e solo dovuta alla mancanza di risorse necessarie al finanziamento delle opere, quanto piuttosto alle inerzie e alle inadempienze nelle procedure di progettazione e messa in opera dei lavori1.
L’anello più debole è la mancanza a livello locale di adeguate capacità organizzative e progettuali per rispondere in modo efficace alle esigenze di pianificazione che il settore esprime.
Nel biennio 2011/2012 sono stati stanziati dal CIPE, con tre distinte delibere, circa 2,5 miliardi di euro per interventi infrastrutturali nel Mezzogiorno2, cui si aggiungono, a partire dal lontano 2007, circa 4,3 miliardi di euro a valere sui Fondi Strutturali Europei (FSE), destinati al finanziamento di circa 1.236 interventi. Di questi ultimi però, solo 76 sono stati portati a compimento, mentre 768 sono ancora in corso (per un impegno di spesa pari a 1,5 miliardi di euro) e addirittura 452 (per 2,7 miliardi), sono bloccati, non progettati o solo in fase iniziale. Contributo 22, “Lo "Sblocca Italia" e l'inerzia delle Regioni”, settembre 2014. Con tre distinte Delibere del Cipe: delibera 62/2011 per 695 milioni, delibera 87/2012 per 121 milioni e delibera 60/2012 per circa 1,6 miliardi). 1 2
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Emblematico il mancato utilizzo dei fondi della delibera CIPE 60/2012
Emblematico è il caso della delibera CIPE 60/2012, che ha messo a disposizione oltre un miliardo e 700 milioni di euro per il finanziamento di circa 180 interventi3. Ad oggi, il Ministero dell'Ambiente ha esaminato la progettazione relativa a 128 interventi (si veda l’Allegato), pari al 70% del totale impegnato, valutandone positivamente appena 36: ciò implica che oltre il 72% dei progetti sottoposti a valutazione richiede correzioni e integrazioni funzionali a ben 3 anni di distanza dallo stanziamento dei fondi. In particolare, le principali carenze rilevate riguardano la completezza, la congruità e la conformità agli obiettivi attesi degli elaborati progettuali presentati dai soggetti attuatori. In termini operativi, sono stati firmati contratti di assegnazione dei lavori solo per 69 opere su 180, pari a circa 367 milioni di euro, il 20% del totale, mentre i lavori sono stati avviati per appena 32 opere, per un controvalore di 148 milioni di euro. Per i restanti 1,4 miliardi, gli interventi sono per lo più ancora in fase di progettazione.
La percentuale di avanzamento della spesa per le opere finanziate è praticamente nulla (Tabella seguente)4: Utilizzo dei fondi CIPE per il finanziamento delle infrastrutture idriche
Regione
Numero Investimenti progetti finanziati (A)
Intervento
mln euro
Tasso di Investimenti realizzazione realizzati (B) (B/A) mln euro %
Delibera CIPE 60/2012 - Settore Idrico Campania Depurazione - Collettamento
8
211.1
3.2
1.5 %
Delibera CIPE 60/2012 - Settore Idrico Collettamento
9
21.9
0.1
0.3 %
2
10.5
0.0
0.4 %
Depurazione delle acque
18
159.9
0.0
0.0 %
Depurazione delle acque
37
261.4
0.3
0.1 %
15
55.3
0.6
1.1 %
89
720
4.2
0.6 %
Basilicata
Basilicata Calabria Puglia Sardegna Totale
Delibera CIPE 60/2012 - Settore Idrico Depurazione
Interventi nei settori della depurazione delle acque e del trattamento dei reflui
Fonte: Laboratorio REF Ricerche su dati Invitalia 3 Di cui il 79% per adeguamenti di depuratori o fognature esistenti, il 15% per nuovi depuratori o nuove reti di collettamento, il restante 6% per una combinazione di adeguamenti e nuovi depuratori e/o reti fognarie. . 4 Non sono disponibili i dati relativi alla Regione Sicilia.
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Sblocca Italia: il Governo si appresta a sostituire le
L’efficacia dell’intervento indebolito da successivi rinvii delle scadenze
Per superare lo stallo e l’inerzia di Regioni e enti locali lo “Sblocca Italia” ha ribadito la volontà del Governo di attivare i poteri sostitutivi nei confronti delle Regioni inadempienti, anche arrivando al commissariamento5.
L’efficacia di questo intervento è stata tuttavia indebolita da un primo rinvio del termine, inizialmente previsto per il 31 dicembre 2014 e prorogato al 28 febbraio 20156, e quindi con un secondo rinvio al 30 settembre 20157. Considerata la portata dei ritardi, sorge più di un dubbio sulla effettiva possibilità delle amministrazioni regionali di recuperare il terreno perduto e rispettare la data del prossimo 30 settembre pv. Per questo motivo il Ministero dell'Ambiente, sulla base dell'articolo 7 commi 6-7 dello Sblocca Italia, ha già pronta la lista dei primi 36 interventi da sottoporre a commissariamento, per un valore di 634 milioni di euro.
Governance locale: riforma degli enti d’ambito e adesione obbligatoria dei comuni
Dopo l’abolizione delle Autorità d’Ambito non tutte le Regioni hanno riformato i sistemi di governance locali
Per “sbloccare” l’Italia occorre ricostruire una “catena di comando” Accanto alla
gestione delle risorse finanziarie destinate alle opere idriche, lo “Sblocca Italia” è intervenuto anche sugli aspetti di governance del settore prescrivendo:
a) l’individuazione da parte delle Regioni degli Enti di governo d’ambito entro il termine perentorio del 31 dicembre 14 (prevedendo, in difetto, l’attivazione dei poteri sostitutivi da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri); b) l’adesione obbligatoria dei Comuni agli Enti di governo d’ambito (con l’attivazione dei poteri sostitutivi da parte dei Presidenti delle Regioni nei casi di mancata adesione).
Quella degli Enti governo dell’ambito è una storia lunga più di 20 anni. Già la Legge Galli (Legge 36/1994) e quindi il Codice dell’Ambiente (D. Lgs. 152/2006) prevedevano che negli ambiti territoriali ottimali individuati dalle Regioni l’organizzazione del servizio idrico integrato e dei rifiuti fosse svolta dalle Autorità d’Ambito (AATO). Come è noto le AATO sono state soppresse a partire dal 20118 e alle Regioni è stato delegato il compito di procedere al riassetto della governance dei servizi entro il 2012, riassetto che, dove si è concluso, ha comportato una significativa razionalizzazione del sistema e la riduzione del Art. 7, comma 7, del decreto legge n. 133/2014 Art. 9, comma 4, del decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192, cosiddetto “Decreto Milleproroghe”. 7 Art. 9, comma 4, del decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192, cosiddetto “Decreto Milleproroghe”. 8 L. 42/2010. 5 6
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numero dei soggetti interessati (in molte Regioni le AATO provinciali sono state sostituite da autorità/agenzie regionali).
La riforma non è stata tuttavia portata a compimento. Da una recente ricognizione ANEAUtilitatis9 emerge che, su 19 regioni indagate10, il processo di riordino della governance locale: è stato concluso e divenuto operativo nel 47,3% dei casi; è ancora in corso di riordino nel 36,8% dei casi; Secondo ANEA, meno del 50% delle Regioni ha concluso l’iter di riforma
Sette regioni a rischio commissariamento per la mancata individuazione degli enti di governo
è transitorio (in quanto manca parte della normativa) nel 15,7% dei casi.
L’Osservatorio dei servizi pubblici locali - operante presso il Ministero dello Sviluppo Economico – ha operato una mappatura, Regione per Regione, dello stato di attuazione delle norme sull’organizzazione dei sevizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, evidenziando le aree in cui si concentrano i ritardi e le inadempienze (si veda il Riquadro). Anche grazie a questa ricognizione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha diffidato quattro Regioni inadempienti, che a distanza di oltre venti anni dalla Legge Galli e di quasi dieci dal Codice dell’Ambiente, non hanno ancora provveduto. Si sottolinea al riguardo che stati emanati proprio in questi giorni i DPCM di alle Regioni inadempienti a provvedere entro 30 giorni (per Calabria e Molise) e entro 90 giorni (per Campania e Sicilia) alla costituzione degli Enti di governo degli ambiti nel settore idrico.
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ANEA-Utilitatis, “L’assetto di governance locale nel settore idrico”, maggio 2015. Sono escluse dall’elenco le Province autonome di Bolzano e Trento.
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Inerzie e inadempienze: il monitoraggio dell’Osservatorio MISE L’Osservatorio dei servizi pubblici locali - operante presso il Ministero dello Sviluppo Economico – ha operato una mappatura dello stato di attuazione delle norme sull’organizzazione dei sevizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. Con riferimento al settore dei rifiuti i risultati che emergono, in estrema sintesi, dall’indagine evidenziano che la generalità delle Regioni hanno provveduto a delimitare gli ambiti territoriali, in alcune circostanze - in particolare nel caso della Lombardia - avvalendosi della facoltà prevista dal citato articolo 3-bis di fare riferimento all’organizzazione territoriale già definita ai sensi delle disposizioni regionali vigenti. Da questo punto di vista, dunque, risultano sostanzialmente realizzati gli adempimenti riguardanti l’adesione degli enti locali agli enti di governo degli ambiti. Considerando tutte le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano si rilevano ritardi e inadempienze in oltre il 70% dei casi (in 15 situazioni su 21 l’adesione dei comuni agli enti d’ambito non è completata), con il risultato che in 42 casi su 90 (il numero complessivo degli ATO) è mancata l’adesione dei comuni. Si tenga peraltro conto che nell’elenco delle Regioni adempienti è compresa anche la Sicilia che per diversi altri aspetti non risulta coerente rispetto alle disposizioni previste dalla legge (in particolare la dimensione sub-provinciale degli ambiti e la forma organizzativa degli enti d’ambito prevista come società consortile di capitali partecipata dai comuni dell’ATO e dalla corrispondente Provincia). Sotto questo aspetto, quindi, sarebbe da attendersi un tempestivo intervento delle Regioni, considerando che la legge (il richiamato art. 3-bis del D.L. 138/2011 modificato dalla legge di Stabilità 2015) stabilisce una scadenza al 1° marzo 2015 o a 60 giorni dall’individuazione dell’ente d’ambito. Nel settore dei rifiuti un dato di interesse concerne la previsione di bacini sub-ambito considerando che la filiera di questi servizi presenta marcate diversità produttive e di mercato tra il segmento a monte (la componente raccolta) e il segmento impiantistico a valle in ragione delle quali si possono ipotizzare dimensioni ottimali produttive e eventualmente di affidamento diverse. Al riguardo i dati evidenziano che in oltre il 60% dei casi (in 13 Regioni) viene prevista questa possibilità attraverso varie modalità organizzative. L’indagine relativa ai servizi idrici presenta gli stessi contenuti di quella dei rifiuti sia relativamente alla struttura delle informazioni, sia per quanto riguarda le notazioni a margine di ciascuna scheda regionale. Anche in questo settore la delimitazione degli ambiti risulta completata in tutte le Regioni, di conseguenza non si ravvisano le condizioni per interventi sostitutivi. La scala territoriale scelta presenta una certa varietà: in dieci casi si è fatto riferimento alla dimensione regionale, nelle altre situazioni ci si è orientati sul territorio provinciale o su scale infra, sub o sotto provinciali in considerazione dei bacini idrografici. Quanto alla
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individuazione degli enti di governo degli ambiti, come si è già sottolineato in precedenza, il processo è stato realizzato in tutte le situazioni ad eccezione delle quattro Regioni (Calabria, Molise, Campania e Sicilia) per le quali è stato emanato un DPCM di diffida. Per quanto riguarda l’adesione degli enti locali agli enti d’ambito si deve distinguere tra le tre Regioni in cui la mancata adesione dipende dalla coincidenza tra ente d’ambito e ente pubblico (Regione o Provincia) e le sei in cui è riscontrabile una vera e propria inadempienza. In queste circostanze, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 147 del D.Lgs 152/2006 come modificato dall’articolo 7 dello “Sblocca Italia”, occorre prevedere un intervento del Presidente della Regione di diffida e, trascorsi trenta giorni, di esercizio di poteri sostitutivi. Con questa sintetica rassegna di informazioni ci si è limitati a fornire esclusivamente alcuni indicatori di fenomeni che presentano forti differenziazioni tra Regione e Regione per effetto delle quali non tutti i ritardi e le inadempienze hanno lo stesso significato e non tutte le ottemperanze alle norme comportano di per sé una situazione soddisfacente. In considerazione di ciò le schede regionali contenute nell’indagine dell’Osservatorio comprendono alcune notazioni utili a evidenziare eventuali criticità su aspetti concernenti in particolare la delimitazione e la dimensione degli ATO, l’individuazione degli enti di governo, la forma giuridico-organizzativa scelta per l’ente di governo, gli enti coinvolti nell’ente di governo, il processo di adesione degli enti locali all’ente di governo, i processi di transizione ai nuovi assetti organizzativo-gestionali.
Ancora oggi molti Comuni non aderiscono agli enti di governo d’ambito
1 marzo 2015 data ultima entro la quale i Comuni avrebbero dovuto aderire
In questo contesto si inserisce il secondo intervento dello Sblocca Italia che ha sancito l’obbligatorietà dell’adesione dei comuni agli Enti di governo d’ambito. Ancora oggi infatti vi sono Comuni che si sono rifiutati di aderire dapprima alle ex AATO e quindi ai nuovi enti individuati dalle Regioni, molto spesso negando la messa a disposizione delle infrastrutture idriche al gestore del servizio idrico regolarmente individuato. L’obbligo di adesione agli enti d’ambito avrebbe dovuto essere perfezionato entro il 1° marzo 2015 o, nel caso in cui la Regione non avesse ancora adempiuto al riassetto, entro 60 giorni dall’individuazione dell’ente di governo d’ambito.
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In caso di mancato adempimento, lo Sblocca Italia assegnava al Presidente della Regione poteri sostitutivi nei confronti dei comuni inadempienti, una volta diffidati ad adempiere entro trenta giorni11.
Dalle informazioni disponibili il processo di adesione degli Enti locali agli Enti di governo d’ambito non è ancora completo: AEEGSI ha avviato un monitoraggio finalizzato a proporre alla Presidenza del Consiglio dei Ministri le iniziative necessarie a conseguirne l’attuazione12.
Conclusioni L’intricato quadro normativo dei servizi pubblici locali e la loro debole governance, sono le principali cause del pessimo stato delle infrastrutture e del mancato decollo industriale di settori che in larga parte dell’Europa sono volano di occupazione e sviluppo. I ritardi, le inerzie e le inadempienze documentati non appaiono più tollerabili.
Le incertezze e le precarietà originano, da un lato, dalla mole di disposizioni succedutesi nel tempo in modo quasi sempre non coordinato e con frequenti sovrapposizioni; dall’altro da norme, come quelle di valenza Costituzionale che prevedono l’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti della amministrazioni inerti e/o inadempienti, che sono stabilmente disattese. Le recenti diffide ad opera della Presidenza del Consiglio dei Ministri nei confronti di quattro regioni cercano di superare lo stallo amministrativo. La delega alla riforma dei servizi pubblici locali cui il Governo sta lavorando in questi mesi deve essere l’occasione per semplificare e consolidare in un unico testo ciò che di buono è stato finora fatto e non una ennesima riscrittura di regole, che alla prova dei fatti si rivelano lettera morta.
Contributo n.29, “Aggregazioni e in house nella Legge di Stabilità 2015”, dicembre 2014. AEEGSI, con una determinazione del 31 marzo us (4/2015 – DSID), ha definito le procedure di raccolta dati per monitorare gli affidamenti del servizio idrico integrato e l’adesione degli enti locali agli Enti di governo dell’ambito. 11 12
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Inerzie e inadempimenti alla prova della riforma Madia
Acqua N°43
Allegato 1 : Stato di attuazione della Delibera CIPE 60/2012 L’Unità Tecnica Specialistica (UTS), istituita dal Ministero dell’Ambiente e del Territorio (MATTM), che ha il compito di verificare se i progetti consentono di superare le procedure d’infrazione, ha verificato che il 72% dei progetti presenta un livello qualitativo non soddisfacente, per cui non sono efficaci ed efficienti né per superare le procedure di infrazione né a livello gestionale. Sintesi delle verifiche dell’Unità Tecnica Specialistica del MATTM N. interventi Basilicata Calabria
Campania Puglia
Sardegna Sicilia Totali
Fonte: Invitalia
N° Interventi N. interventi con N. interventi con verificati parere positivo prescrizioni
11
3
2
1
37 15 94 183
35 15 63 128
8 6 18 36
27 9 45 92
18
7
8
2
5
5
5
Le prescrizioni sono state ricondotte a specifiche tipologie (*) afferenti ai tre macro-ambiti di seguito riportati: (*) Sono state riportare per semplicità di lettura solo le prescrizioni che avevano una ricorrenza >1 o una rilevanza in termini di impatto progettuale. Distribuzione delle prescrizioni dell'Unità Tecnica Specialistica Macro Ambito
Fognature Depurazione
N. tipologie per ambito
12
Fonte: Invitalia
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Le prescrizioni formulate per gli interventi del macro-ambito “fognature” e “depurazione” sono raggruppabili in 12 tipologie, per un totale rispettivamente di 91 prescrizioni e 56 prescrizioni. Relativamente al macro-ambito degli interventi “trasversali”, si sono rilevate 9 tipologie per un totale di 77 prescrizioni. Prescrizioni per macro-ambito "fognatura"
N
%
Fonte: Invitalia
Prescrizioni per macro-ambito "depurazione" N.
%
Fonte: Invitalia
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