LA VITA È COME LA TERRA SE LA MOLLI VA ALLO SBALASCIU Emanuele Valenti: n. 0503091017
Io non sono pi첫 un uomo libero
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U furnu Il cibo oggi per me è un motivo per stare insieme, in compagnia: sì, perché qui esiste la cosiddetta socialità, che ci raggruppa e ci permette di variare un poco alla monotonia delle nostre giornate e non ci fa pensare a tante cose... Anche un semplice caffè per noi è un modo per stare insieme parlando; qui ne facciamo uno molto buono con la scorza di limone. Prima non sapevo neppure fare un uovo fritto, oggi dopo quasi 7 anni di carcere so fare molte cose, perché qui il cibo è un bene primario. Oggi per me è difficile acquistare il cibo, però noi anche con un piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino siamo a posto.
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In questi anni ho conosciuto tante persone che mi hanno insegnato una quantità di metodi per cucinare sconosciuti al mondo esterno. Per esempio non abbiamo u furnu1 ma con un fornellino a gas e la carta stagnola ne abbiamo inventato uno speciale da cui escono pizza, pasta al forno, torte e persino...bignè! Ma il piatto che mi piace di più è la pasta e patate; da noi, in Calabria, diciamo pasta e patati pasta di carcerati perché si fa con poco e riempie la pancia!
Io sono bravissimo a fare la pasta al forno con un metodo che seguo solo io: tutti mettono la pasta precotta ma io no, la metto cruda ed aggiungo la mozzarella, il formaggio a seconda della disponibilità, poi faccio il sugo con il macinato ma lo lascio “acqua” come diciamo noi. Infine lo metto sul “furnu” e lo lascio lì per 55 minuti: il sugo che non era ancora pronto fa cuocere la pasta.
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Il forno.
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Qui non abbiamo tutti gli ingredienti che vorremmo avere: in carcere a Poggioreale non si vendeva nemmeno la farina e cosĂŹ la si sostituiva con la pasta scotta, con le mani la si impastava e la si usava come base per crostate, gnocchi e pizze. Noi qui a Ranza, nonostante i pochi mezzi, facciamo anche la fileja con la
nduja2 e fagioli. La fileja è pasta fatta in casa: ovvero, nel nostro caso, fatta in cella. Con acqua e farina si fa la pasta e la si avvolge su di un bastoncino di legno. Noi in cella non abbiamo bastoncini e lo facciamo intorno ad un bucatino e si fa arricciare con un mezzo giro, se no viene troppo fine. Questa è una pasta tipica del nostro paese.
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Salame di consistenza morbida e dal gusto piccante.
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Pane e cipuri caccianu di pedi u dotturi Il nonno mi diceva sempre che pane e cipuri caccianu di piedi u dotturi: con pane e cipolla non vai mai dal dottore. Ricordo infatti che mio nonno ogni giorno mangiava la cipolla di Tropea cruda, il pane fatto in casa e beveva un bicchiere di vino. E’ morto a 97 anni. Quando ero malato la mamma non mi comprava le medicine: mi preparava dei piatti speciali e mi spalmava sul torace una miscela di olio aglio e prezzemolo. Anche adesso quando sto male mi cucino una minestra in brodo, e quando sono triste e mi sento solo mi preparo dei dolci... In passato, quando ero ancora un uomo libero, potevo mangiare tutti i cibi della nostra terra perchÊ da noi si fa di tutto.
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A casa mia se non lavori non mangi perché il cibo viene dalla terra; non si butta niente e se avanza qualcosa si riutilizza: con la pasta avanzata si fa la frittata. Quando era tempo di pomodori, tutti a coltivare pomodori, poi quando la pianta cresceva mettevamo le canne per non farla piegare se no il pomodoro tocca terra e, come diciamo noi, impurri3, alla raccolta era una festa perché quando si mangiava un’insalata di pomodori fatti da te aveva un gusto speciale. Quelli che si raccoglievano alla fine si facevano seccare e si mettevano sott’olio e per tutto l’anno si potevano mangiare perché sott’olio non si
perdono mai. Poi le olive...quando andavamo a raccogliere le olive ci alzavamo la mattina alle 4 e tornavamo la sera tardi; alla fine si portava tutto il raccolto al frantoio e si faceva l’olio con cui si cucinava tutto l’anno e ne rimaneva pure per l’anno dopo.
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Marcisce.
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Ogni anno si faceva4 il maiale ed era un giorno molto importante come se fosse Natale. Si facevano delle tavolate in campagna con 20 o 30 persone e tutte le donne cucinavano mentre gli uomini lavoravano il maiale. Con la carne del maiale facciamo: la nduja, la ziringula5, il “salama”, il capicollo... Il salama e il capicollo non sono buoni subito da mangiare: perciò si appendono in una cantina o in uno stanzino o talvolta in soffitta per farli seccare. I fagioli sono il cibo della mia nostalgia....
Ricordo che la mia mamma faceva i fagioli al braciere con la pignata6 e con il pane che faceva il giorno prima o la mattina stessa, lavorato, messo in contenitori di legno pieni di farina e lasciato lievitare per almeno 6 ore. Intanto riscaldava il forno a legna, lo puliva con uno straccio fatto in casa e poi il pane veniva infornato con una paletta di legno. 4
Noi non diciamo mai uccidere il maiale perché è come uno di famiglia, lo amiamo. Era il nonno che diceva quando il maiale era “pronto”. 5 Gelatina fatta con gli scarti del maiale.. 6 Pentola di coccio.
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Mangiare i fagioli con quel pane era veramente una delizia; quando mia madre faceva queste cose mi sedevo al tavolo e mangiando non pensavo a niente, mi impegnavo proprio tutto in quell’attività che mi riempiva corpo e mente. La mamma faceva anche la pitta lenta che sarebbe un pane senza mollica da mangiare caldo con la ziringula. La
mamma
quando
cucinava
era
bellissima,
ci
metteva
tutta
l’anima...Ricordo l’odore della mani della mia mamma…era impressionante…
Ho nostalgia delle melanzane sott’olio, dei peperoncini che mia mamma piantava sulla grasta7 e uscivano i pepi piccoli ma piccantissimi e io li mettevo ovunque; le olive schiacciate, tutto coltivato da noi e mangiato nei periodi giusti perché non crescono tutto l’anno.
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Vaso per piantare piante aromatiche.
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La vita è come la terra se la molli va allo sbalasciu Insomma dove vivo adesso si immaginano milioni di cose nuove a cui aggrapparci per poter dare un futuro ai nostri figli. Quello che ho imparato dalla mia esperienza è che non bisogna mollare mai: la vita è come la terra, se la molli va allo sbalasciu8. Oggi come oggi, il ricordo della mia terra è importante: fin da piccolo il mio papà, che è un gran lavoratore, mi ha insegnato a capire la luna: ad esempio, quando è cresciuta o marcatura9 è perfetta per togliere il vino dalle botti e imbottigliarlo senza farlo andare in aceto. Mi ha insegnato a capire dallo spostamento o dall’apertura delle nuvole se sarà tempo buono per la coltivazione o se può rovinare la vite. Per esempio quest’anno so già che non sarà una buona annata per le olive. Il mio papà mi ha insegnato a lavorare, come ha sempre fatto lui, e mi diceva sempre “tutto nesci da terra10” anche se l’ho capito dopo cosa voleva dire… Ogni volta che io gli chiedevo qualcosa mi diceva “terra amata e terra
lavorata è tavola imbandita”. Anche se in questo periodo sono molto lontano penso sempre alla mia terra e la amo sempre di più: rappresenta le mie radici.
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Sfascio. Calante. 10 Tutto nasce dalla terra. 9
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Tullio Pericoli, Felce Granitica, 1971, tecnica mista su tela, cm 150 x 70 (per gentile concessione dell’artista)
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Ricordo l’odore della mia terra e mi manca tantissimo: qua dove sono io la terra ha un odore diverso... Tutte queste cose mi hanno fatto forte e mi fanno andare avanti e affrontare ogni giorno con entusiasmo e speranza. Oggi frequento la scuola di enogastronomia che durerà cinque anni; per poterlo fare ho chiesto di andare in un carcere della Toscana, molto lontano dalla mia famiglia che vive in Calabria. Ho rinunciato a vedere più spesso mio figlio che non incontro da 6 mesi per potergli dare un futuro migliore. A scuola ci stanno insegnando molte cose, ma quella per me più importante è che il cibo si deve saper cucinare ma la fantasia e l’impegno sono essenziali; inoltre ho capito che a volte ci possiamo esprimere anche con un piatto di pasta, specialmente io che con le parole non sono bravo. Spero che un giorno tutto questo mi aprirà le porte del lavoro e mi permetterà di mantenermi economicamente, di avere un riscatto morale inserendomi nella società e poter vivere una vita serena vicino ai miei cari. L’enogastronomia è il mio futuro; spero un giorno di poter fare qualche mia ricetta fantasiosa e sentirmi dire che piace: per me sarebbe una soddisfazione e un riscatto indescrivibile.
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Spero un giorno di poter tornare a casa e fare qualche piatto speciale a mia moglie e al mio bambino che mi stanno aspettando . 11
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Per l'accesso alla liberazione condizionale in caso di ergastolo, occorre espiare 26 anni; la liberazione anticipata vale come pena espiata, quindi di regola dopo 22 anni circa vi si può accedere. La sottoposizione alla libertà vigilata, che consegue alla concessione della libertà condizionale poi durerà cinque anni. Se tutto andrà bene, decorsi i 5 anni, la pena si estingue e il condannato tornerà completamente libero.
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Vorrei ringraziare tutte quelle persone che mi hanno aiutato ad esprimermi e a realizzare il mio progetto, per avermi fatto tornare indietro di molti anni, riscoprendo la bellezza della mia terra a cui sono molto legato. In questi giorni in cui ho lavorato a questo progetto sono stato trascinato al di fuori di tutto con il pensiero, mi sembrava di risentire tutti gli odori e i sapori che avevo perso, di essere ritornato bambino. In particolare vorrei ringraziare mio figlio che ha 5 anni e che ha partecipato mandandomi i suoi disegni, mi ha reso felice perchĂŠ è la prima cosa che facciamo insieme. Grazie di tutto e spero che tutti i miei pensieri portino i lettori “oltreâ€? come hanno portato me.
Padre e figlio
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