Elia Marconi Sciarroni e Gianluca Monaco (RD1)

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I TERRITORI ONLINE

L’utilizzo di internet per la comunicazione di un’identità territoriale

Elia Marconi Sciarroni, Gianluca Monaco


I TERRITORI ONLINE

L’utilizzo di internet per la comunicazione di un’identità territoriale

Studenti Elia Marconi Sciarroni, Gianluca Monaco Relatore Alessandro Mininno Abadir, Accademia di Design e Arti Visive Tesi di Master di Primo Livello in Relational Design a.a. 2014/2015


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INDICE

Indice Introduzione

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PRIMA PARTE – TERRITORIO

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1.1 Cos’è un territorio

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1.2 Relazioni legate al territorio

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1.2.1 Comunità territoriale e attori locali

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1.2.2 Pubblica Amministrazione

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1.2.3 Aziende

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1.2.4 Flussi turistici

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1.3. L’identità di un territorio

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1.3.1 Cosa costituisce l’identità territoriale

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1.3.2 Perché comunicare l’identità di un territorio

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1.4 Processo metodologico del design territoriale

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1.4.1 Design e territorio

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1.4.2 Portare alla luce i territori

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1.4.3 Branding e territori

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SECONDA PARTE – COMMUNITY

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2.1 Cos’è una community

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2.2 Perché ci si aggrega

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2.3 Organizzazione delle community

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2.3.1 Strutture e caratteristiche delle community

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2.3.2 Tipologie di community

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2.3.3 Ruoli all’interno di una community

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2.4 Brand Community

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2.5 Community spontanee

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2.6 Le community online

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INDICE

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TERZA PARTE – TERRITORI E COMMUNITY ONLINE

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3.1 Reale e Virtuale

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3.2 Sviluppo di una community territoriale online

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3.2.1 Esempio di progetto territoriale personale: Spellin’Catania

3.3 Benchmark internazionale

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3.3.1 Iniziative di singoli e di gruppi

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3.3.2 Progetti editoriali

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3.3.3 Brand Community

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3.3.4 Promozione territoriale da parte delle istituzioni

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3.3.5 Iniziative di enti e associazioni

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3.4 Perché creare una community territoriale online

3.4.1 Cosa funziona di più e perché

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Conclusioni

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Bibliografia



INTRODUZIONE

Introduzione La promozione e la comunicazione sul Web sono pratiche ormai diffuse, tanto che spesso quando non troviamo qualcosa su Internet dubitiamo persino della sua esistenza. Nello specifico, operazioni di comunicazione e promozione online dei territori sono sempre più frequenti. Questo avviene perché essi, nel panorama contemporaneo, giocano un ruolo economico importante e chi li vuole promuovere sa che Internet è uno strumento di divulgazione molto potente. Sia la conservazione che la divulgazione dei valori di un territorio sembrano favorirne lo sviluppo. Entrambe le operazioni fanno leva sulla comunità che vi abita. Gli individui definiscono la propria identità sul modello di un’identità collettiva legata al proprio contesto territoriale e il senso di appartenenza dei singoli influisce nella diffusione e divulgazione di contenuti che riguardano il loro territorio. Quali benefici si riscontrano nel creare una community territoriale online e che effetto possono avere i suoi meccanismi sul territorio stesso? Nel primo capitolo di questa tesi indagheremo le relazioni territoriali e capiremo in che modo queste ultime possono risultare funzionali. Nel secondo si parlerà delle community (online e offline), delle loro caratteristiche, della loro struttura e dei loro benefici. Nel terzo capitolo, infine, capiremo quali vantaggi si otten-

gono creando una community territoriale online e verificheremo soprattutto come ogni caso necessiti di un approccio differente. Non basta quindi creare una community online che rappresenti il territorio ma occorre applicare un metodo progettuale che si adatti alle necessità del luogo e della comunità già esistente al suo interno.

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PRIMA PARTE

TERRITORIO Mentre il mercato globale continua a imporsi sentiamo sempre più spesso parlare di territorialità. Perché questo accade? A cosa ci riferiamo quando parliamo di territori? Quali relazioni implica un territorio? In questo capitolo proveremo a rispondere a queste domande, cercando di individuare quali sono le azioni favorevoli per la crescita e l’affermazione dell’identità territoriale all’interno di un contesto economico e culturale sempre più aperto allo scambio.


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P R I M A PA R T E

1.1 Cos’è un territorio Prima di analizzare le relazioni che si verificano all’interno di un territorio è necessario darne una definizione: il territorio è un’area delimitata, che si distingue dai concetti di ambiente, di spazio e di regione perché implica la pertinenza ad un soggetto.1 Il territorio corrisponde a un’area che è stata caricata di valori da parte dell’uomo, siano essi affettivi, economici, giuridici, politici, linguistici, ideologici o religiosi. È difficile definire l’origine di un territorio, poiché esso è il risultato di un processo inarrestabile. Il processo di territorializzazione, infatti, consiste nell’alternanza continua di due fasi: quella di deterritorializzazione e quella di riterritorializzazione. Per rendere comprensibile ciò che succede nel passaggio da una fase all’altra potremmo servirci di un esempio estremo: un territorio colonizzato. Esso subisce uno svilimento dei valori già presenti e l’inserimento di nuovi valori. Questa dinamica di rimozione/attribuzione, che può avvenire in modi diversi, vale per ogni territorio e ha una particolarità: è cumulativa. Cosa significa? Che i nuovi valori attribuiti ad un territorio non rimpiazzano mai del tutto quelli precedenti.2 Dal momento che non è possibile fermare questo processo, è compito dell’individuo prendersi cura del proprio territorio, facendo in modo che i nuovi valori si integrino con quelli precedenti.

1, 2

Dalla voce “territorio” nell’enciclopedia treccani.it


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1.2 Relazioni legate al territorio 1.2.1 Comunità territoriale e attori locali Tutti noi facciamo parte di una comunità territoriale che determina e influenza il nostro modo di essere e di agire. Sebbene oggi i sistemi di comunicazione generino reti sociali molto estese, nella sua accezione originaria il concetto di comunità è legato a quello di territorio. Cos’è un territorio per la comunità che lo abita? Principalmente è la scena della vita quotidiana: all’interno dei confini territoriali si svolge l’attività delle persone nel lavoro, nel tempo libero, nelle pratiche sociali. L’insieme di queste meccaniche dà origine alla vita comunitaria. All’interno di un territorio, uomo e ambiente si influenzano a vicenda continuamente.3 Ognuno di noi è legato al suo territorio e alla comunità che vi abita, proprio perché ne è il prodotto. Quando ci spostiamo in altri territori, le persone riconoscono in noi delle caratteristiche della comunità territoriale a cui apparteniamo. L’accento, i modi di fare, il modo di vestire, di interagire, di mangiare, di bere, di presentarci agli altri, sono tutti segni caratteristici della nostra origine. Quando incontriamo un siciliano, ad esempio, gli attribuiamo, prima di approfondire la conoscenza, una serie di valori preconcetti tipici della sua comunità e quindi del suo territorio: espansività, calorosità, attaccamento alla famiglia, criminosità, disordine, pigrizia. L’identità dell’individuo non può prescindere dalle sue relazioni con la comunità territoriale di cui fa parte. A cosa serve identificare la relazione tra singolo e collettivo all’interno di una comunità? Ad esempio è utile a risolvere problemi di vita quotidiana al suo interno. E a cosa serve invece rendere l’individuo consapevole riguardo la propria identità in relazione al proprio ambiente? A comunicare se stesso, a rapportarsi meglio con i membri della comunità, a colmare le necessità oppure a farsi portavoce del territorio.

3

Ivan Ferrero, Concetto di individuo, territorio, comunità, appunti su tesionline.it

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Spesso le situazioni di malessere o di degrado sociale sono dovute ad una scar-

sa coesione tra gli individui che compongono una comunità e, il più delle volte, comportano un senso di inferiorità, di disagio, e di vergogna nei confronti della propria comunità. Il tentativo di risolvere dall’alto (top–down) situazioni di questo tipo senza prevedere un piano di sensibilizzazione adeguato, corre il rischio di non essere approvato e condiviso dalla comunità. Partire dai valori territoriali esistenti, creare consapevolezza riguardo le potenzialità del proprio territorio, responsabilizzare la comunità, dare origine a dinamiche bottom–up (che partono dal basso) e adottare delle pratiche di mantenimento, sembrano essere invece dei sistemi vincenti. Vediamo degli esempi. Uno scorcio del Rione Sanità a Napoli.


T E R R I TO R I O

DUE CASI DI RIQUALIFICAZIONE DEL TERRITORIO — RIONE SANITÀ, NAPOLI

La morfologia del quartiere aveva favorito nel tempo una concentrazione di microcriminalità. Sono così state messe in campo delle azioni tese a rafforzare il senso di appartenenza sociale al luogo, l’attitudine ad osservare il contesto con occhi diversi apprezzandone le qualità umane, e ad aumentare il senso di cooperazione e di comunità. Giovani del quartiere, ad esempio, hanno assunto il ruolo di guida accompagnando i visitatori e organizzando serate con gruppi teatrali e degustazioni di prodotti locali. Questo ha reso il rione un luogo più vivibile e accessibile a tutti.4

— LIBRINO, CATANIA

Un altro esempio virtuoso è il recente intervento nel quartiere catanese da parte del gruppo G124, il gruppo di architetti scelti da Renzo Piano per la riqualificazione delle periferie delle città italiane. Ciò che ha colpito gli architetti «sono stati soprattutto i bambini. Giocavano tra le macerie del teatro Moncada, tra le discariche, sulla strada, in situazione di rischio e di degrado».5 Molte persone del posto hanno espresso l’esigenza di avere un luogo dove passare la domenica con i bambini, magari con la possibilità di restare per il pranzo. Con l’aiuto dei Briganti di Librino, un’associazione sportiva locale che pratica il rugby anche come forma di recupero dei ragazzi dalla strada, è stato messa in atto una vera e propria ricucitura del tessuto urbano: alcuni terreni incolti sono stati trasformati in orti sociali, uno spiazzo abbandonato è diventato un campo da rugby. Nella strada che collega la scuola al campo e agli orti sociali, inoltre, è stato realizzato un «parco giochi di strada» con 18 giochi sportivi, interattivi ed educativi. Anche in questo caso l’obiettivo è stato quello di favorire le relazioni e di rendere spazio pubblico un luogo più sicuro e piacevole. 4

Marina Parente, Il design per la valorizzazione territoriale. Il caso del Rione Sanità a Napoli, articolo su tafterjournal.it

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Pinella Leocata, A Librino un parco giochi di strada, articolo su La Sicilia

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1.2.2 Pubblica Amministrazione Che ruolo dovrebbe avere, invece, la Pubblica Amministrazione all’interno della comunità? Intanto definiamo cos’è: la Pubblica Amministrazione è l’insieme degli enti e dei soggetti pubblici che svolgono funzioni amministrative nell’interesse della collettività che vanno a formare il totale della spesa pubblica, necessaria per produrre beni e servizi pubblici.6 La comunità sceglie i propri rappresentanti i quali hanno il dovere di rispondere alle necessità collettive. Affinché questo passaggio del testimone sia finalizzato ad ottenere dei risultati positivi, la PA, oltre a garantire quei servizi di base utili alla cittadinanza, deve compiere una serie di mosse mirate allo sviluppo di risorse per la crescita del territorio. Perché non si verifichi uno spreco della spesa pubblica occorre essere incisivi. Come fare? Il primo passo consiste nel capire su quali risorse territoriali investire. Poi si procede pensando a delle formule adatte di intervento e di sviluppo. Il Guggenheim di Bilbao,

progettato dall’architetto canadese Frank O. Gehry

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Dal sito della Pubblica Amministrazione di qualità, qualitapa.gov.it


T E R R I TO R I O

DUE INTERVENTI SUL TERRITORIO DA PARTE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE — BILBAO

All’inizio degli anni ‘90, il Comune di Bilbao ha intrapreso, seguendo il modello di altre città industriali, un ambizioso processo di rivitalizzazione il cui fine ultimo era quello di trasformare Bilbao in un fiorente internazionale centro di cultura, turismo e attività di business. In seguito ad una devastante deindustrializzazione durata due decenni, Bilbao rappresentava l’esempio di una vecchia città industriale in declino. Oggi, grazie alla sua capacità di assimilare una serie di iniziative di ristrutturazione e di re–imaging intraprese nel 1990 (Rodríguez e Martínez, 2001),7 la città gode degli effetti di una straordinaria rinascita. L’operazione ha fatto leva sulla spettacolarizzazione dell’architettura come caratteristica principale della rivalutazione urbana, facendo ricorso, cioè, alla progettazione di opere dall’alta visibilità tecnica e culturale. Oltre al Guggenheim Museum, l’intero progetto ha previsto l’avvio della rete ferroviaria metropolitana, la realizzazione di torri residenziali nei vecchi centri industriali e del nuovo aeroporto. Senza l’adeguata integrazione con il contesto che la accoglie, un’operazione del genere correrebbe il rischio di entrare in conflitto con lo stesso. Nel caso di Bilbao, però, i piani di sviluppo urbani sono stati coerenti con le esigenze politiche, sociali e culturali del territorio. Le autorità locali hanno saputo coinvolgere nuovi attori nel dibattito nazionalista, tramutando le azioni politiche violente in occasioni di cooperazione allo sviluppo del paese. Gli attori privati inoltre hanno capito che partecipare alla rivalutazione del territorio e del contesto sociale della regione andava anche a loro vantaggio, e così l’intera opera di spettacolarizzazione è diventata un pretesto per l’identificazione e l’emancipazione di un intero popolo.

7 Andrea Ciambra, Processi di rinnovamento urbano e livelli spaziali di governance: il caso di Bilbao e il nazionalismo basco, tesi su academia.edu

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— SALENTO

Un successo tutto italiano è invece quello del Salento. I dati dimostrano come il Salento sia in costante crescita: aumento significativo dei flussi turistici, riqualificazione del territorio, iniziative d’avanguardia a favore dello sviluppo eco–sostenibile e miglioramento dell’occupazione. Eppure il Salento fino a vent’anni fa era una meta pressoché sconosciuta. L’exploit salentino coincide con il lancio di un brand (Salento d’Amare) da parte di alcuni amministratori avveduti, positivamente raccolto dagli imprenditori salentini, e concretizzato attraverso una rete turistica qualificata. Roberto De Donno, professore di marketing territoriale presso la Libera Università Mediterranea “Jean Monnet” di Bari, spiega il processo: il passaggio chiave coincide con la nascita dell’Unione dei comuni della Grecìa Salentina nel 2001, un’area che si trova nel cuore della provincia di Lecce, dove ad oggi si parla ancora il griko (greco antico). Questo percorso di riscoperta della lingua e di ciò che vi ruota attorno (canti, balli tradizionali, artigianato, gastronomia) era stato avviato già negli anni ‘90. Poi nel 1998 è stata inaugurata La Notte della Taranta, un festival di musica popolare itinerante che si svolge nel mese di settembre e che attraversa, con varie tappe, il territorio della Grecìa Salentina concludendosi con un concertone finale. Il successo di queste iniziative non deriva dalla semplice promozione delle risorse materiali del luogo (bellezze naturali o architettoniche) ma anche delle risorse immateriali, ciò che De Donno definisce «l’universo culturale e civico» appartenente a un luogo.8

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Fabio Oliva, Talento e Salento: un eccellente connubio (g)locale, articolo su progetto-rena.it


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La Notte della Taranta si svolge ogni anno in

quindici piazze del Salento, totalizzando circa 300mila spettatori

1.2.3 Aziende Il territorio, inteso come bene culturale e materiale, è anche uno strumento per la comunità che vi abita, costituisce la materia prima dalla quale attingere. Perché è conveniente per le aziende investire sul territorio? Innanzitutto permette loro di ridurre i costi di produzione servendosi delle materie prime locali. In secondo luogo, investire sui valori nei quali la comunità si riconosce, garantisce loro il consenso locale, aumentando la possibilità di ottenere anche quello internazionale. Da questo principio ha origine l’istituzione di tutte quelle sigle nate per tutelare la provenienza dei prodotti inseriti nel mercato (IGT, IGP, DOP, DOC, DOCG). Questi marchi certificano che i processi di produzione, trasformazione ed elaborazione dei prodotti contrassegnati avvengono entro una determinata zona geografica, rendendoli pertanto inimitabili al di fuori di tale zona. Il legame che c’è tra azienda e territorio non è sancito esclusivamente dall’impiego delle materie prime locali. Molte aziende sfruttano con successo quei valori immateriali che il territorio gli offre (cultura, tradizioni, linguaggio) per parlare di sé e per rafforzare la propria immagine. Dolce e Gabbana ad esempio sceglie spesso di ambientare le proprie campagne pubblicitarie in

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Sicilia,9 terra di origine di Domenico Dolce. Nulla è lasciato al caso: dalla location alle decorazioni, dalla scelta dei modelli alla gestualità, ogni elemento è curato nei minimi dettagli. Il risultato è un’atmosfera magica, che esalta i valori e le tradizioni della Sicilia, e il successo a livello internazionale ne è la conferma. Altre aziende investono invece sul territorio offrendo dei servizi alle comunità locali, facendo riferimento al concetto di Corporate Social Responsability, il principio secondo il quale le operazioni di impegno sociale di un’azienda non necessariamente tese ad ottenere un profitto diretto (quindi fuori dalle dinamiche di input/output) gli garantiscono un profitto a lungo termine. Si tratta di una nuova visione dell’impresa che considera la comunità come uno degli stakeholders (possessori o portatori di interesse) dell’impresa e, in quanto tale, parte intrinseca del processo decisionale. Un caso esemplare è quello della Nike. In seguito alle durissime critiche ricevute a causa delle condizioni di lavoro disumane in stati come Vietnam, Indonesia e Cina, negli anni ‘90 ha iniziato a porre un’attenzione maggiore non solo alla tutela dei lavoratori, ma anche al proprio ruolo rispetto alle comunità locali. Sebbene alcuni ritengano che il contributo sia irrilevante rispetto ai profitti dell’azienda, la Nike supporta numerose iniziative e organizzazioni non–profit legate all’educazione e allo sport. Un esempio è PLAY (Participate in the Lives of America’s Youth), il cui intento è quello di dare la possibilità anche ai ragazzi meno fortunati di accedere ad allenatori e campi da gioco in città.10 Un altro stratagemma per investire sull’identità di una comunità locale e sul senso di appartenenza delle persone è quello messo in atto dall’azienda rumena Kandia Dulce, produttrice del cioccolato Rom. Nel 2011 l’azienda ha deciso di modificare il packaging sostituendo la bandiera della Romania con quella americana, sostenendo che i rumeni non fossero più legati ai valori propria nazione. La campagna provocatoria ha risvegliato un sentimento nazionalistico 9

Salvatore Parlagreco, Un nuovo spot D&G firmato Tornatore. La Sicilia nuovamente in scena, articolo su liveuniversity.it

10 AA.VV., Study of Corporate Social Responsability, paper su web.stanford.edu


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apparentemente irrecuperabile, scatenando le proteste di un’intera nazione affinché la bandiera fosse ripristinata. Una settimana dopo l’azienda ha rivelato che si trattava di uno scherzo. L’operazione è stata così rivoluzionaria da rilanciare il brand nel mercato nazionale. Sulla base di questo successo la Kandia Dulce ha deciso di orientare le anche le successive campagne promozionali sul tema dell’identità rumena facendo leva sull’orgoglio nazionale e sul bisogno di riscatto internazionale dei rumeni.

Un’immagine estratta dalla campagna D&G del 2012.

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1.2.4 Flussi turistici Tra i vari attori di un territorio vi sono poi quelli momentanei, i cosiddetti “turisti”. Il fenomeno turistico secondo Leiper (1995) consiste nello spostamento di flussi di persone che, partendo dal proprio luogo di origine, attraversano quelli di transito per poi raggiungere una meta ovvero la destinazione turistica.11 Colui che compie uno spostamento simile, senza essere retribuito, è detto visitatore (visitor). Le dinamiche del fenomeno turistico dipendono da fattori push, ovvero quelli che agiscono all’interno della regione di generazione dei flussi spingendo ad abbandonare temporaneamente le località di residenza, e da fattori pull, che invece agiscono nella regione di destinazione attirando i flussi verso di sé.12 I flussi turistici inoltre alimentano la ricchezza territoriale e determinano lo scambio di valori tra il territorio di origine del visitatore e quello di destinazione. Un territorio può attivare dei fattori pull anche semplicemente offrendo e comunicando nel modo adeguato il proprio insieme di valori. El Sol de Miró è il primo

simbolo astratto utilizzato per identificare un paese (1983)

11, 12

Silvia Tagliaferri, Gli eventi come strumento di comunicazione e promozione di una destinazione turistica: il caso dell’unione montana Acquacheta, tesi su padovauniversitypress.it


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UN LOGO PER LA SPAGNA Una manovra notevole è stata quella attuata in Spagna dall’Instituto de Turismo de España (Turespaña). All’inizio del XX secolo l’Amministrazione turistica spagnola ha iniziato a promuovere la Spagna come destinazione turistica consolidando l’immagine del paese come meta da visitare. Nel 1928 fu istituito il Patronato Nacional de Turismo che dipende dal Ministero dell’Instrución Pública y de Bellas Artes (dell’Istruzione e delle Belle Arti). Da allora la Spagna ha iniziato a creare una rete nazionale del turismo che oggi annovera 31 uffici del turismo spagnolo, che dipendono dalle ambasciate e dai consolati spagnoli collocati all’interno dei vari stati. Anche se spesso l’economia spagnola ha cercato di promuovere il paese come meta per un turismo di massa presso spiagge e le località di mare, Turespaña cerca di presentare un’immagine diversa: la Spagna infatti è anche uno stato con un ricco tesoro culturale e un patrimonio artistico unico.13 La chiave di volta coincide con la creazione, nel 1983, del logo di Turespaña, un sole giallo, rosso e nero, opera di Joan Miró i Ferrà. «Cercavamo un marchio che rappresentasse la Spagna come una destinazione turistica varia e attraente ma che avesse il sole come denominatore comune» spiega Ignacio Vasallo, direttore dell’Istituto di promozione turistica. Oltre ad aver rivoluzionato il turismo spagnolo, il sole di Mirò è un simbolo d’identificazione non solo del turismo ma dell’intera nazione spagnola.14

13

Dalla voce “Turespaña” su wikipedia.org

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Il logo “Turespaña” compie 25 anni, articolo su ambienteeuropa.info

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1.3 L’identità di un territorio 1.3.1 Cosa costituisce l’identità territoriale L’identità territoriale è l’insieme dei valori materiali e immateriali legati ad un’area e a chi la abita. Tra i fattori materiali possiamo annoverare il paesaggio, le materie prime, le produzioni, l’architettura. Alcuni valori materiali sono autoctoni, altri hanno subito l’intervento dell’uomo, altri ancora derivano esclusivamente dalla sua azione (sebbene mai senza alcuna influenza esterna). I valori immateriali sono gli affetti, l’economia, la lingua, il sistema giudiziario, politico, ideologico. Tutti questi aspetti, materali e immateriali, si influenzano a vicenda dando origine, con lo scorrere del tempo, ad un’identità stratificata. Ecco infatti una definizione di “territorio” presa in prestito da On/Off Magazine: «Esso è qui inteso come sistema, fatto di interrelazioni tra componenti sia materiali che immateriali, risultato di lunghi processi di stratificazione nel tempo».15 Essendo un’identità territoriale complessa e multisfaccettata, come si fa a individuare il modo giusto per comunicarla? È necessario selezionare un aspetto di questa identità e concentrarsi su di esso? Oppure è preferibile dare una visione complessiva? Come vedremo in questo capitolo non esiste un unico metodo progettuale, ma ci si approccia diversamente in base alle necessità, alle possibilità, all’obiettivo che ci si pone e al territorio di riferimento. 1.3.2 Perché comunicare l’identità di un territorio Come scrive Marina Parente, per effetto della globalizzazione e della connessione sempre più spinta, stiamo assistendo ad un fenomeno di omologazione territoriale. Gli usi e i costumi dei territori tendono a somigliarsi sempre di più. Ciò ha determinato, in alcuni contesti, la comparsa di atteggiamenti di chiusura verso il cambiamento. Tra queste due posizioni estreme Ezio Manzini (2005) ne inserisce una terza che le collega: il localismo cosmopolita, ovvero un’intersezione equilibrata tra la dimensione locale e la dimensione globale. 15

Restarterritories / Nuovi scenari relazionali, articolo da onoffmagazine.com


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Il localismo cosmopolita è il risultato di una condizione di equilibrio tra il ra-

dicamento (in un luogo e nella comunità) e l’apertura (ai flussi globali di idee, di persone, di cose e di denaro). Questo equilibrio genera inoltre un senso del luogo e della comunità che sono necessari a innescare quei meccanismi di riscatto di un territorio «come nodi di una rete che generano e rigenerano il tessuto sociale e produttivo locale e che connettono quel luogo e quella comunità con il resto del mondo».16 Per identificarsi nella condizione di localismo cosmopolita e sfruttare al meglio le risorse del panorama economico odierno, un territorio deve essere riconoscibile e comunicativo.

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Marina Parente, Il design per la valorizzazione territoriale. Il caso del Rione Sanità a Napoli, articolo su tafterjournal.it

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1.4 Processo metodologico del design territoriale 1.4.1 Design e territorio Sempre secondo le osservazioni di Marina Parente, si è passati dall’osservare il territorio come contesto del design al considerare il territorio come oggetto di design. I motivi sono: – L’evoluzione del concetto di design, inizialmente legato alla produzione di beni materiali, che oggi fa riferimento a dimensioni più estese e sistemiche (design strategico, design dei servizi, design per lo sviluppo territoriale); – L’avvicinamento del concetto di luogo a quello di merce e quindi aumento della “competitività” territoriale. Le città e i territori infatti assumono sempre di più il ruolo di importanti attori economici.17 1.4.2 Portare alla luce i territori Uno dei metodi progettuali utili per dare forma a un’identità territoriale è quello che suggerisce Marina Parente. Si tratta di un sistema generalmente applicato a piccole realtà, poco note o che comunque, per ragioni sociali, culturali o di vicinanza a contesti più importanti, restano nell’ombra. A differenza di quanto accade nei contesti più gettonati, la cui identità è più o meno riconoscibile dall’esterno, in questi casi è importante saper scavare a fondo, osservare con attenzione ma essere anche selettivi. Il primo passo consiste nel rilevare le diversità, ovvero cogliere quelle caratteristiche che il territorio preso in esame ha, rispetto ad altri contesti più conosciuti; quelle peculiarità che possono favorire un effettivo posizionamento competitivo.18 Queste vanno prima riconosciute attraverso una lettura del senso intimo del luogo che è determinato, come afferma Giuliana Bruno nel suo “Atlante delle emozioni”, in uno spostamento dall’ottico all’aptico, dal sightse17, 18

Marina Parente, Il design per la valorizzazione territoriale. Il caso del Rione Sanità a Napoli, articolo su tafterjournal.it


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eing (sight = vista) al siteseeing (site = luogo), dal motion all’e–motion.19 Se ad esempio volessimo capire quali sono gli elementi di spicco di Roccacannuccia, inizieremmo il nostro processo d’analisi confrontando le caratteristiche di questo piccolo borgo con quelle di una realtà limitrofa più nota come Lecce. Osservando e vivendo il luogo con la dose di intimità necessaria, emergeranno una serie di dettagli speciali che differenziano Roccacannuccia da Lecce. Una volta selezionata una tra le caratteristiche individuate, ci si accerterà che possa esserci una corrispondenza con l’identificazione collettiva del luogo. Lo scopo è quello di trasformare le risorse potenziali in risorse effettive. La seconda fase consiste nel raccontare l’identità e costruire scenari di sviluppo congruenti. Selezionata la componente identitaria del luogo, infatti, si passa alla sua visualizzazione, in relazione al contesto nella sua complessità. L’identità andrà interpretata e raccontata così da rendere partecipe la comunità. Si procederà quindi nella costruzione di ambiti di senso e visioni condivise e partecipative. Il passaggio da una visione ad un’azione coinciderà poi con la creazione delle interfacce dei servizi che ne derivano e nel promuovere e realizzare un’efficace comunicazione dell’intero processo.20 Lo stesso Nicolas Bourriaud in Estetica Relazionale afferma: «Da qualche anno si moltiplicano i progetti artistici conviviali, festivi, collettivi o partecipativi, che esplorano multiple potenzialità delle relazioni con l’altro. Il pubblico è sempre più all’improvviso preso in considerazione».21 Tale metodo, adottato nell’ambito artistico, fa riferimento ad ogni tipo di intervento di trasformazione di un contesto.

19

Giuliana Bruno, Atlante delle emozioni. In viaggio tra arte, architettura e cinema, 2006

20

Marina Parente, Il design per la valorizzazione territoriale. Il caso del Rione Sanità a Napoli, articolo su tafterjournal.it

21

Nicolas Bourriaud, Estetica relazionale, 2010

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1.4.3 Branding e territori Dopo aver parlato di come far emergere territori piccoli e sconosciuti vediamo come ci si comporta invece quando si vuole ottimizzare la comunicazione di un’identità territoriale già riconoscibile a livello internazionale: quella, ad esempio, di centri urbani che sono ogni anno lo scenario di flussi turistici considerevoli. Cosa c’è da comunicare dell’identità di un luogo che già tutti conoscono? Forse piuttosto diventa interessante ricorrere alla progettazione di un brand per la città utilizzando nuove formule: fornire contemporaneamente più punti di vista sulla realtà locale, dare vita a processi di comunicazione partecipata o utilizzare un linguaggio legato ai valori del luogo ma al tempo stesso universali. Parte del processo di comunicazione del territorio riguarda la progettazione di un’identità visiva coerente e adatta al territorio. Negli ultimi anni è sempre crescente la richiesta di identità visive fluide e dinamiche, capaci di adattarsi a contesti e a toni comunicativi molto diversi. Non basta più creare un unico segno distintivo che sintetizzi l’identità del territorio, caratteristica che era presente già negli stemmi medievali. In seguito al continuo e rapido sviluppo della tecnologia e dei linguaggi, l’attenzione si è spostata dal segno in quanto tale alle possibilità comunicative e relazionali che esso offre.22 Tra le nuove caratteristiche di un’identità visiva figurano pertanto l’adattabilità e la modularità. Il celebre marchio della

Grande Mela, riprodotto su

un’infinità di poster, gadget e capi di abbigliamento

22

Mario Piazza, Partire dal cuore di una città, articolo su L’architetto, 2015


T E R R I TO R I O

RAPPRESENTARE SIMBOLICAMENTE UNA CITTÀ — NEW YORK E AMSTERDAM

Anticipatore di questa trasformazione del marchio in un segno adattabile e universale è il notissimo marchio I (love) NY, progettato da Milton Glaser nel 1975. L’intuizione del grafico Newyorkese è tanto semplice quanto efficace: non punta a sintetizzare in un disegno un simbolo o una caratteristica della città, ma formula una frase (I love New York) in una forma visiva semplificata e comprensibile da tutti. Sulla stessa scia possiamo citare il sistema di identità di Amsterdam realizzato dallo studio Kessel&Kramer nel 2004. La frase I amsterdam è un invito, rivolto sia ai locali sia ai visitatori, ad identificarsi con la città. Oltre ad essere applicata sui supporti informativi online e offline, I amsterdam è diventata anche un’opera pubblica realizzata in due copie, una fissa e l’altra itinerante in giro per la città. — BOLOGNA E PORTO

Due casi interessanti molto recenti (2014) e anche molto simili riguardano le città di Bologna e di Porto. Entrambi partono da un’attenta ricerca e sintetizzazione di motivi grafici presenti all’interno della città. L’identità visiva viene fuori dalla combinazione sempre diversa dei singoli tasselli, ottenuta attraverso processi di grafica generativa. Nel progetto “è Bologna”, osserva Mario Piazza, l’ampia gamma di simboli e gradazioni di colori utilizzati per comporre l’identità visiva sono «un filo generici e lontani, quindi poco riconoscibili come propri della città». Aggiunge però che la dinamicità del processo generativo riesce a bilanciare la genericità dei componenti, costituendo «un’efficace forma di partecipazione alla costruzione e all’appartenenza dell’identità»: ad ogni lettera dell’alfabeto corrisponde un simbolo grafico diverso; scrivendo parole diverse si generano quindi simboli diversi, a seconda delle lettere da cui è composta la parola. Il sistema d’identità per la città di Porto invece risulta essere più maturo rispetto a quello di Bologna. Ognuno degli elementi visivi riesce a

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P R I M A PA R T E

raccontare un diverso aspetto della città, permettendo di adattare l’identità visiva «ai diversi livelli di identità della città: l’ambito istituzionale, quello fun-

zionale (l’immagine dei vari servizi) e quello della civitas, la comunità che vive e usa lo spazio urbano».23

Lo slogan I amsterdam è

diventato in breve un’icona

della città e un ricercatissimo set fotografico

La nuova identità visiva della città di Porto

23

Mario Piazza, Partire dal cuore di una città, articolo su L’architetto, 2015


SECONDA PARTE

COMMUNITY Uno degli elementi fondanti del territorio è la comunità (o community), oggetto di questo secondo capitolo. Cercheremo di scoprire quali necessità portano l’uomo ad organizzarsi in gruppi e quali altre forme di comunità esistono oltre a quelle territoriali. Analizzeremo le tipologie di comunità esistenti cercando infine di capire cosa sono le community online e in cosa si differenziano da quelle offline.


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S E C O N DA PA R T E

2.1 Cos’è una community La definizione di comunità ha uno stretto legame con quella di territorio. Una comunità è un insieme di individui che condividono lo stesso ambiente fisico e tecnologico, formando un gruppo riconoscibile, unito da vincoli organizzativi, linguistici, religiosi, economici e da interessi comuni.24 Grazie alla tecnologia le comunità hanno assunto una forma sempre più estesa e slegata dal radicamento territoriale, soprattutto quelle virtuali.25 Una caratteristica che ci permette di distinguere una comunità territoriale da una non territoriale è la volontà dei membri di farne parte. Infatti, se il più delle volte si fa parte di una comunità territoriale perché si nasce o risiede all’interno di essa e si deve necessariamente rispondere a necessità comuni, spesso si fa parte di un altro tipo di comunità per scelta. Quando in italiano si parla di comunità che riguardano il mondo virtuale si utilizza comunemente il termine inglese community. Noi tuttavia utilizzeremo questa espressione per indicare una comunità in generale, sia essa online o offline.

24

Dalla voce “Comunità” su wikipedia.org

25

Ivan Ferrero, Concetto di individuo, territorio, comunità, appunti su tesionline.it


COMMUNIT Y

2.2 Perché ci si aggrega Avrete sicuramente sentito pronunciare l’espressione “L’uomo è un animale sociale”. Da sempre gli esseri umani si aggregano in gruppi più o meno ampi, spinti da bisogni e interessi comuni. Potremmo dire che il motivo principale è sempre stato quello di rendersi la vita più facile. Sentirsi parte di un tutto rassicurante e coerente dà forza all’individuo. Secondo la teoria del sociologo e antropologo Le Bon è l’inconscio a muovere le masse e non la coscienza: all’interno di una folla le persone hanno modo di far emergere istinti che altrimenti sarebbero controllati. Nella massa scompaiono le caratteristiche individuali, mentre l’individuo, solo per una questione numerica, si sente potente e invincibile. Scattano quindi dei meccanismi di imitazione e contagio che portano i singoli ad uniformarsi gli uni agli altri, regredendo così ad uno stato primitivo.26 Nella sua opera “La psiche collettiva”, lo psicologo inglese McDougall approfondisce il discorso, contrapponendo al fenomeno estremo e utopico di una massa priva di organizzazione (crowd), il caso di una massa altamente organizzata. Quest’ultima ha delle caratteristiche che secondo Freud le permettono di essere paragonata all’individuo. Una massa organizzata e positivamente produttiva, come si può definire una community, è infatti dotata di continuità, autoconsapevolezza, tradizioni e costumi, connotati tipici dell’individuo. Nella psicoanalisi la prima manifestazione di un legame con un’altra persona coincide con il fattore identificazione. L’identificazione avviene quando l’io riflette su di sé le caratteristiche di un oggetto. Lo si vive dal principio, fin dal momento in cui il bambino si identifica con suo padre. All’interno di una massa il legame reciproco è determinato dall’identificazione comune degli individui con la figura del capo.

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Freud - Psicologia delle masse e analisi dell’Io, articolo su armonie.forumcommunity.net

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S E C O N DA PA R T E

Secondo Trotter, studioso di psicologia delle folle, la necessità dell’uomo di fare gruppo parte dal cosiddetto “istinto del gregge” o pulsione gregaria, che ha la stessa impellenza di quello sessuale o nutritivo e deriva dalla sensazione dell’individuo di essere incompleto. Freud invece motiva diversamente questo bisogno partendo dalle radici fami-

liari dell’individuo. Secondo lui quando il figlio più grande tra due o più fratelli si accorge di non poter più avere l’amore dei genitori tutto per sé, inizia ad identificarsi con altri bambini che vivono una situazione affine, generando un sentimento collettivo. Il “fare gruppo” è quindi, secondo Freud, una conseguenza del bisogno di uguaglianza: se non si può essere i preferiti nessun altro deve esserlo. Questa ricerca di parità tra gli individui, che si verifica già durante l’infanzia, dà poi origine alla coscienza sociale e quindi ai raggruppamenti.


COMMUNIT Y

2.3 Organizzazione delle community 2.3.1 Strutture e caratteristiche delle community Esistono diverse strutture di community, che possono essere sintetizzate in queste tre categorie principali: pool, web e hub.27 – La pool community riunisce le persone con stessi valori e stili di vita (Movimento 5 Stelle, Arcigay, animalisti); – La web community ha lo scopo di creare relazioni one–to–one tra i componenti (Facebook, Tinder, ZeroRelativo); – La hub community connette le persone attorno ad una figura centrale (fan club di Violetta, tifosi di una squadra, quelli che rivogliono il Winner Taco).

Sia le community online che quelle offline possono avere varie forme e nascere per motivazioni diverse, siano esse ideologiche o pratiche. Se pensiamo alla Comunità Europea, ai Boy Scout e al gruppo di anziani che si riuniscono nel bar sotto casa, capiamo subito come, pur essendo tutte e tre delle community, esse si distinguono per estensione territoriale, numero dei componenti, livello di istituzionalità e motivazioni che le hanno generate. Possiamo distinguere quindi una community dall’altra anche in base ad una serie di dettagli significativi che le rappresentano. Esse infatti possono: – Avere un linguaggio comune (l’utilizzo della fotografia su Instagram) – Avere delle barriere:

– Barriere di ingresso (il rito di iniziazione nelle confraternite universitarie) – Barriere d’uscita (sbattezzarsi per uscire dalla comunità cattolica)

– Avere dei segni distintivi (gli hippie con i capelli lunghi e vestiti trasandati) 27

Susan Fournier e Lara Lee, Getting Brand Communities Right, articolo su hbr.org

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– Avere diverse tipologie di legame:

– Legami stretti (i testimoni di Geova, che si conoscono, si supportano e fanno rete)

– Legami blandi (i donatori di sangue presso l’AVIS, che non necessariamente si salutano o parlano tra loro quando vanno a donare)

– Legami formali (i componenti del Rotary Club che si radunano, parlano di affari e intonano l’inno nazionale prima delle cene) – Polarizzarsi attorno a qualcosa (Harley–Davidson club) – Avere un luogo di ritrovo:

– Fisico (il bar di riferimento dei vecchietti del quartiere) – Virtuale (una piattaforma social come Facebook)

– Avere un tempo limitato (legata per esempio ad un evento come Expo, o nata in occasione di una manifestazione o una protesta) – Avere un regolamento (le piattaforme social) – Avere un capo (leader di un partito)

– Essere spontanee (movimento No global) – Partire dall’alto (Chiesa cattolica)

2.3.2 Tipologie di community Le community possono essere “temporanee” o “permanenti”, ovvero nascere in circostanze limitate nel tempo (ad esempio un evento) o avere una durata prolungata nel tempo. In entrambi i casi si instaurano diverse tipologie di relazioni al loro interno e di interazioni con il mondo esterno, in base alle quali potremmo simbolicamente associare queste community a situazioni o luoghi che appartengono all’immaginario collettivo:


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LA TRIBÙ:

Un gruppo con connessioni interpersonali approfondite, costruito attraverso l’esperienza condivisa, rituali e tradizioni (le congreghe locali)

LA FORTEZZA: Un posto esclusivo per sentirsi sicuri e protetti (la famiglia)

IL CIRCOLO DEL CUCITO: Un gruppo all’interno del quale le persone con interes-

si comuni condividono esperienze, fungono da supporto e socializzano. (Lega Nerd) Uno spazio semiprivato che agevola le relazioni approfondite e significative. (i circoli Arci) LA TERRAZZA:

Uno spazio pubblico che permette di stringere relazioni affidabili ma superficiali. (il Salone del Mobile a Milano)

IL BAR:

IL GRUPPO DI VIAGGIO: Un modo per partecipare a nuove esperienze pur rima-

nendo in una zona protetta (un villaggio turistico)

LO SPAZIO PERFORMATIVO: Un luogo dove i membri possono trovare un pubbli-

co per il proprio talento (il teatro) IL FIENILE:

Un modo efficace per svolgere degli incarichi mentre si socializza. (manifestazioni di beneficienza)

IL CAMPO ESTIVO:

(un workshop)

Un’esperienza periodica che riconferma le connessioni.

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2.3.3 Ruoli all’interno di una community Per raggiungere degli obiettivi comuni, inoltre, gli individui di una community ben organizzata si muovono all’unisono verso lo stesso obiettivo pur mantenendo viva la propria indole personale. Più la varietà di ruoli è ampia più la cooperazione si fa produttiva. Pensare di organizzare un team, all’interno di un’azienda ad esempio, significa pensare ad un vasto assortimento di ruoli ricoperti dai membri a seconda dei bisogni. Qui di seguito elenchiamo una serie di ruoli ipotetici:


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MENTORE: Insegna agli altri e condivide il sapere

APPRENDISTA: Ama imparare e cerca di migliorare se stesso

Ricorda ai membri quali sono gli obiettivi e li riporta sulla retta via, se necessario

BACK–UP:

PARTNER: Incoraggia, condivide e motiva

CANTASTORIE: Diffonde la storia della community a tutto il gruppo

STORICO: Conserva le memorie della community, codificando rituali e riti EROE: È un modello d’esempio all’interno della community CELEBRITÀ: È la figura chiave o l’icona del gruppo

DECISION MAKER: Effettua scelte che riguardano la struttura e le funzioni della

community

FORNITORE:

utili

Si prende cura degli altri membri offrendo ospitalità e strumenti

GREETER: Accoglie i nuovi membri nella community

GUIDA: Funge da supporto per i nuovi membri e ne facilita l’integrazione CATALIZZATORE: Introduce nuove idee e persone ai membri PERFORMER: Ha i riflettori puntati addosso

SUPPORTER: Partecipa passivamente come audience per gli altri AMBASCIATORE: Promuove la community agli esterni

CONTABILE: Tiene traccia della partecipazione dei membri TALENT SCOUT: Recluta nuovi membri

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2.4 Brand Community Così come le iniziative legate al territorio, anche le community possono essere il prodotto di operazioni top–down o bottom–up. Al primo caso appartengono ad esempio le strategie aziendali che fanno leva sulle brand community. Alcune aziende infatti non si limitano ad inserire un prodotto nel mercato, ma mettono in moto delle relazioni tra persone ad esso legate. Vediamo quali sono i vantaggi. Le brand community sono utili all’azienda per individuare lo stile di vita del consumatore e il consumatore utilizza la brand community per essere identificato dai suoi simili. Perché accade questo? Secondo la Consumer Culture Theory28 uno dei focus principali della cultura consumistica è l’identità del consumatore, che risulta essere la componente co–produttiva e co–costitutiva del brand. L’attaccamento ad un marchio aumenta la fiducia dei consumatori, che di conseguenza sviluppano atteggiamenti positivi verso il brand e un rapporto a lungo termine con l’azienda (DelVecchio e Smith, 2005). Sappiamo che nella storia dell’uomo è sempre esistita la tendenza ad essere identificati attraverso gli oggetti in proprio possesso: gli oggetti danno modo di intuire qual è lo stato sociale, la nazionalità, lo stile di vita di una persona.29 Veblen, economista e sociologo statunitense, ha dichiarato che le persone cercano di manifestare il proprio peso sociale possedendo oggetti di valore. A poco a poco, quelli che erano dei beni materiali hanno assunto il ruolo di icone culturali di cui l’uomo si è avvalso per definire il proprio status. Queste icone corrispondono a dei marchi globalmente riconosciuti i cui prodotti sono distribuiti nel mondo attraverso l’utilizzo di segni riconoscibili che rappresentano i brand. Le persone che utilizzano questi brand per essere identificate hanno poi iniziato ad organizzarsi autonomamente in community per condividere le proprie esperienze con gli altri utenti che hanno avuto

28

E.J. Arnould and C.J. Thompson, Consumer Culture Theory (Cct): Twenty Years of Research, Journal of Consumer Research, 2005

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Scott A. Thompson, Rajiv K. Sinha, Journal of Marketing, Vol. 72, 2008


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esperienze comuni.30 Ad esempio la Harley Owners Group, associata ai prodotti Harley–Davidson, organizza regolarmente dei raduni per i proprietari di Harley. Nel 1983 l’azienda rischiava il fallimento. Nel 2010, dopo circa venticinque anni, essa è entrata a far parte dei primi 50 marchi globali, con un valore di 7,8 miliardi di dollari.31 Tra le ragioni della sua rinascita e del conseguente successo, ha svolto un ruolo centrale l’impegno dell’azienda nel creare una brand community, ovvero una comunità di persone che condivide lo stile di vita, le attività e i valori su cui si fonda il marchio. La fidelizzazione che avviene attraverso la community ha un altro effetto positivo sul brand ed è quello che illustrano Scott A. Thompson e Rajiv K. Sinha (2008):32 i membri che sviluppano un rapporto di fiducia con un brand, parallelamente mantengono un’oppositional loyalty verso gli altri brand. La tendenza dei membri è quella di dimostrare fedeltà al marchio prescelto per non perdere il rapporto personale sviluppato con gli altri membri e la propria immagine positiva all’interno della brand community. Un motoraduno della

community legata alla Harley-Davidson

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J.A. Gabish, Journal of Brand Management, Vol. 19, 2011

31

Susan Fournier e Lara Lee, Getting Brand Communities Right, articolo su hbr.org

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Scott A. Thompson, Rajiv K. Sinha, Journal of Marketing, Vol. 72, 2008

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Ne deriva che il membro di una brand community influisce sulla capacità di giudizio razionale degli altri membri (Brown, 2000; Hogg 2001).33 Creare una community per incrementare la notorietà e il fatturato di un’azienda è ormai una pratica diffusa, ma non sempre l’operazione ottiene gli effetti desiderati. Ecco una serie di “miti” che ruotano intorno alle brand community, secondo Susan Fournier e Sara Lee: (Indicheremo con M i miti, con R la realtà dei fatti) M: La brand community è una strategia di marketing. R:

La brand community è una strategia di business.

Molte compagnie vedono nella creazione di una community un’operazione esclusivamente legata al marketing. Tuttavia, per sfruttarne al meglio le potenzialità, la community dovrebbe essere posta al centro della strategia aziendale. Ritornando all’esempio della Harley Davidson, gli stessi impiegati sono stati coinvolti nelle attività dell’azienda. Questa responsabilizzazione ha incrementato il loro senso della comunità, facendo in modo che molti altri motociclisti si avvicinassero al brand e si unissero all’azienda. La brand community è al servizio del business. R: La brand community è al servizio della gente che la compone. M:

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Spesso le persone sono più interessate alle relazioni sociali che scaturiscono dall’affiliazione ad un brand, piuttosto che al brand stesso. Il caso di outdoorseiten.net è la dimostrazione di come una community possa addirittura dare vita ad un brand: nato originariamente come un luogo di scambio virtuale sulle escursioni e il campeggi, la community ha poi creato spontaneamente il brand Outdoorseiten, specializzato in accessori per l’escursionismo. Ciò che ha favorito la crescita del brand in questo caso non è stato il senso d’identità condiviso, bensì il desiderio di incontrare le necessità specifiche dei membri.

J.A. Gabish, Journal of Brand Management, Vol. 19, 2011


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La linea di abbigliamento ispirata e in parte

gestita dal campione

Michael “Air“ Jordan,

soprannominato così per le sue doti atletiche

Crea un brand forte, e la community lo seguirà di conseguenza. R: Progetta bene la community, e il brand risulterà più forte. M:

Non tutte le community sono uguali. Generalmente le community che ruotano intorno ai princìpi e i valori delle aziende rientrano nella categoria pool (vedi paragrafo 3.1 Strutture e caratteristiche delle community). Le persone che fanno parte di queste community però non sono spinte sempre dalle stesse ragioni, non interagiscono allo stesso modo e con lo stesso livello di intensità. Per questo in alcuni casi si ricorre allo sviluppo di community satellite (spesso web o hub) per sostenere quella principale. Ancora una volta la Nike ci fornisce un buon esempio: oltre alla community a sostegno del brand (pool), sfrutta l’immagine di star del calibro di Michael Jordan e Tiger Woods (hub) e dà vita a Nike+, una community online che favorisce l’interazione tra i membri (web).

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I veri sostenitori del marchio dovrebbero provare amore disinteressato verso la brand community. M:

R: Le aziende intelligenti accolgono i conflitti che fanno prosperare le community.

A volte le rivalità e i conflitti possono rivelarsi utili. Enfatizzare i confini piuttosto che cancellarli, rafforza il senso di appartenenza ad una community. Basta pensare alle storiche rivalità tra Apple e Microsoft, Coca–Cola e Pepsi, McDonalds e Burger King. Ma bisogna fare attenzione al modo in cui ci si pone. Nel 2014 la Ceres ha pensato di organizzare un Pesce d’Aprile per il pubblico del Web, annunciando il lancio di una nuova birra rivolta ad un target femminile: la Ceres Soft Ale.34 La campagna realizzata per l’occasione proponeva un immaginario completamente diverso dal solito: un video patinato con donne ammiccanti che sorseggiano la nuova birra e un sito tutto rosa in cui poter lasciare un messaggio di benvenuto alla birra. Il pubblico però non ha gradito particolarmente lo scherzo, riempiendo la bacheca del sito di insulti e battute ciniche rivolte al brand. Il sito tutto rosa realizzato

in occasione del finto lancio della birra Ceres Soft Ale

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Michele Boroni, Ceres Soft Ale, burla riuscita o no?, articolo su wired.it


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M: Gli opinion leader rendono solide le community. R: Le community sono più forti quando ognuno svolge un ruolo al suo interno.

Se per i membri di una community le relazioni create sono più importanti rispetto alla community stessa, è importante garantire che ogni membro abbia un ruolo riconosciuto al suo interno. Gli individui sono più propensi ad aderire a una community se hanno la possibilità di partecipare, mettersi in gioco e provare nuovi ruoli. Non sempre, dunque, ricorrere ad una figura molto influente favorisce lo sviluppo della community. 6.

M: I social network sono fondamentali per la strategia di una community. R:

I social network sono soltanto uno strumento, non una strategia.

Oggi l’uso dei social network per creare una brand community è considerato necessario. Anche se nella maggior parte dei casi le pagine Facebook delle aziende non sono altro che sedi virtuali di discussione in cui si riversano i suggerimenti e le lamentele dei consumatori, le potenzialità di una community non si limitano a creare un canale di comunicazione tra consumatore e azienda. I social network permettono di creare una community virtuale molto facilmente, ma non garantiscono dei risultati positivi nei confronti dell’azienda.

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2.5 Community spontanee Soprattutto all’interno di contesti e situazioni sfavorevoli, molte community nasconono spontaneamente secondo una logica bottom–up. Il motore di queste community è un bisogno sociale o quello di raggiungere un obiettivo difficile. Facendo numero le persone riescono più facilmente a trasformare un pensiero in un’azione, a concretizzare un’idea o una volontà. L’umanità ha sempre assistito a situazioni di ingiustizia sociale spesso risolte tramite l’organizzazione di massa: la Rivoluzione Francese, la schiavitù dei neri americani, i colpi di stato, i movimenti femministi, animalisti, ambientalisti. Sono tutti esempi che ci aiutano a comprendere come in alcuni casi la coesione sia il mezzo più efficace di rivalsa o per ottenere qualcosa. Ma non sempre questi movimenti partono da ragioni sociali e politiche. Esistono anche movimenti bottom–up che influenzano le decisioni delle aziende. Il Winner Taco gigante

apparso a Ponte Milvio per la campagna di rilancio del gelato


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FAR SENTIRE LA PROPRIA VOCE Uno tra questi è il caso del rinserimento nel mercato di un famoso gelato dell’Algida: il Winner Taco. Inventato nel 1980 in America e commercializzato poco più tardi dall’azienda anche nel nostro paese, il Winner Taco, ormai parte dell’immaginario giovanile degli anni ‘90, fu uno dei primi gelati a cambiare (insieme al cucciolone) il “formato” del prodotto e ad essere interamente “commestibile”.35 Quando per una scelta commerciale dell’azienda il prodotto fu ritirato dal mercato, i consumatori espressero il loro disappunto. Recentemente sono comparse sul Web numerose pagine come “Ridateci il Winner Taco” o “Algida, ridacci il Winner Taco” con lo scopo di convincere l’azienda a reintrodurre il prodotto. Nel 2014 l’Algida ha deciso di annunciare il ritorno del Winner Taco allestendo un enorme gelato a Ponte Milvio, Roma.

Esempio simile e ancora più attuale è quello della birra CaraPils, una birra belga in lattina tra le meno costose (€0.29 circa per una lattina da 33 cl) venduta dalla catena di supermercati discount Colruyt e reperibile nei minimarket e nei nighmarket del Belgio.36 All’interno di un paese famoso per la produzione di birra pregiata e molto apprezzata dai turisti, la CaraPils, è diventata l’emblema dello stile di vita dei giovani del posto, soprattutto studenti universitari. Di recente l’azienda voleva cambiare il nome, ma in seguito ad una forte opposizione sui social da parte dei ragazzi affezionati al marchio è stata costretta a mantenere il nome originale.

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David Colangeli, Spunta Winner Taco a Ponte Milvio, articolo su vignaclarablog.it

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Dalla voce “Cara Pils” su wikipedia.org

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Uno dei comuni denominatori dei casi appena proposti è la funzione svolta dal Web. Esso non solo funge da canale per comunicare all’azienda una lamentela o una preferenza, ma è anche il mezzo attraverso il quale l’individuo si accorge che le sue idee e le sue necessità sono condivise da altri. La comparsa dei social network, ad esempio, ha permesso alle persone che li usano, di non sertirsi le uniche ad avere una necessità, un pensiero o un’attitudine. L’interfaccia virtuale inoltre, filtro tra individuo e collettività, disinibisce i singoli facendo emergere delle questioni collettive che altrimenti resterebbero celate. Quindi la teoria di Le Bon secondo cui all’interno di una folla emergono degli istinti che altrimenti sarebbero controllati, nel mondo digitale ha una forma amplificata. Possiamo affermare che molto probabilmente alcune ripercussioni nelle scelte commerciali di un’azienda non si sarebbero mai verificate se non fosse esistito il Web. Infatti così come non avremmo mai scoperto che non siamo gli unici a “saltare sulle mattonelle cercando di non mettere il piede sulla linea”, il Winner Taco non sarebbe tornato nei freezer dei bar.

Un raduno della community dei fan di Star Trek


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2.6 Le community online Le community online sono sempre più diffuse. Cosa sono esattamente? Esse consistono in un insieme di persone che comunicano e interagiscono apertamente l’una con l’altra in uno spazio virtuale supportato da un dispositivo finalizzato alla comunicazione virtuale (computer, smartphone, tablet). All’interno delle community online le relazioni che si verificano includono il supporto emotivo, l’intrattenimento, la condivisione delle conoscenze e il commercio. Nascendo con l’avvento delle reti telematiche, esse, a differenza di quelle concrete, superano qualsiasi tipo di barriera geografica. Sebbene anche la community online sia caratterizzata da una serie di politiche e regole comunitarie, tende ad avere barriere d’entrata e d’uscita molto più labili rispetto alle community tradizionali. Se un membro non è d’accordo con le norme e le attitudini del gruppo, la cosa più semplice e veloce che può fare è lasciare la comunità virtuale attuale e unirsi ad un’altra più idonea. Questo accade soprattutto perché il legame tra gli individui di una community online geograficamente lontani e sancito da un’interfaccia digitale, ha meno risvolti concreti. All’interno di una community online ci sono meno possibilità che si instaurino dei legami duraturi e forti tra i soggetti. Ciò rende anche più semplice l’interruzione dei rapporti.

2.6.1 Online brand community Una brand community online è costituita da relazioni sociali tra gli utenti legati al brand e non ha limiti geografici. Ad esempio la community online di Star Trek ha lo scopo di riunire tutti i fan di Wek sparsi per il mondo e raccogliere le loro esperienze e sentimenti che riguardano i relativi film e giochi. LePla e Parker (2002)37 hanno presentato una piramide di identificazione dei consumatori ad un determinato marchio:

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Scott A. Thompson, Rajiv K. Sinha, Journal of Marketing, Vol. 72, 2008

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S E C O N DA PA R T E

1. AWARENESS: quando il consumatore diventa consapevole di un brand 2. PREFERENCE: quando il consumatore seleziona il brand per l’utilizzo 3. LOYALTY: quando l’acquisto ripetuto sviluppa la fedeltà del cliente

quando il cliente sviluppa relazioni con altri clienti sulla base di simili attitudini e comportamenti lavorando insieme a loro per un obiettivo comune. 4. GOALS:

Questo processo dimostra come si forma gradualmente una brand community. Con l’aiuto del Web, che ha avuto il fondamentale ruolo di abbattere le barriere di comunicazione, i consumatori possono accedere più facilmente a piattaforme d’incontro basate sull’interesse comune verso un brand. Robert Kozinets, professore di marketing dell’università di York, nel 1999 ha definito la brand community online un luogo dove i membri condividono conoscenze e benefici legati alle attività di consumo. Questo aiuta il brand a sviluppare delle idee e a migliorarsi sulla base delle indicazioni dei membri appassionati.38 In una brand community online inoltre i consumatori interagiscono esplicitamente con altri che hanno interessi simili, e questo fa ottenere loro delle risposte positive circa le loro abitudini e interessi. Tale aspetto non può che accrescere la sicurezza sociale dei consumatori e garantire loro uno status rispettabile. Questi guadagni immateriali di solidificazione sociale rafforzano le community, nonché il marchio.

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E.J. Arnould and C.J. Thompson, Consumer Culture Theory (Cct): Twenty Years of Research, Journal of Consumer Research, 2005


TERZA PARTE

TERRITORI E COMMUNITY ONLINE Dopo aver assodato che le comunità hanno una forma virtuale, l’obiettivo di questo capitolo è capire invece cosa accade quando un territorio si trasferisce online. In che modo l’identità territoriale prende forma attraverso una community online? Quali sono i vantaggi di comunicare un territorio attraverso il Web e quante possibilità ci sono per farlo?


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T E R Z A PA R T E

3.1 Reale e Virtuale Quasi tutti ormai hanno una seconda vita virtuale. Ciò significa che quasi tutti, oltre a curare la propria immagine nel mondo fisico, fanno parallelamente lo stesso sul Web. Ma come si ripercuotono sulla realtà le dinamiche di questa seconda vita? Il nostro rapporto con un brand, per fare un esempio, oltre ad essere fisico in alcuni casi, è anche virtuale. Una versione estesa della Teoria del Comportamento Pianificato (TPB–Theory of Planned Behavior di Icek Ajzen, 1991) dimostra come l’esperienza virtuale di un brand abbia un impatto sulle intenzioni di acquisto e sui comportamenti dei consumatori nel mondo reale.39 L’esperienza del marchio è legata a sensazioni, sentimenti, cognizioni e le risposte comportamentali evocate da questi stimoli connessi al brand fanno parte del progetto dell’identità del marchio. Così come il packaging, la comunicazione e gli ambienti sono i mezzi attraverso i quali il brand tenta di generare tali stimoli, anche Internet è uno di questi.40 Dopo aver affermato nel primo capitolo che è importante comunicare la territorialità e che gli stessi territori sono sottoposti ad un processo di brandizzazione, possiamo affermare che Internet è uno strumento importante a tal proposito. All’interno di un territorio esiste già una comunità, ovvero un gruppo di persone con delle caratteristiche e dei valori simili che si muovono al suo interno per il bene comune. A differenza delle comunità svincolate dal territorio, che implicano una consapevolezza maggiore e quasi sempre una volontà nel farne parte, la comunità presente sul territorio molto spesso è disgregata e disorganizzata. Questa mancanza di coesione e di coscienza collettiva è molto spesso l’origine dei problemi legati al territorio. L’utilizzo di una community online che dia una forma virtuale a questa comunità già esistente, se direzionata nel modo corretto può andare a risvegliare quel senso di appartenenza e di unione dei componenti di un territorio. 39, 40 J.A. Gabish, Journal of Brand Management, Vol. 19, 2011


T E R R I TO R I O E C O M M U N I T Y O N L I N E

3.2 Sviluppo di una community territoriale online Una volta che si decide di dare vita ad una community territoriale online, non è sufficiente aprire un account, invitare conoscienti e amici a partecipare, condividere contenuti ed aspettare che il gruppo virtuale cresca. Così come non esiste un format di community online replicabile in ogni contesto. Come per i progetti fisici legati al territorio, che differiscono l’un l’altro in base alle necessità, al livello di consapevolezza, alla notorietà del luogo, alle possibilità e soprattutto agli obiettivi che si vogliono raggiungere, anche per creare una community online è necessario fare prima di tutto un’analisi approfondita del territorio e della sua comunità. La creazione di una community online comporta inoltre delle scelte che si influenzano a vicenda. Se ad esempio si decide di dar vita a una community per i “romani che non ne possono più di guidare in città”, prima si cercherà di capire quali sono le caratteristiche del target di riferimento (irascibile, stanco, parla romano, lavora tutto il giorno, odia la pioggia, impiega un’ora per arrivare al lavoro), si inizierà a pensare ad una formula relazionale online adatta (che in questo caso può essere un Forum dove “scambiarsi consigli per mantenere la calma durante la guida”). Poi si cercherà di capire quale tipo di comunicazione usare per ottenere l’attenzione degli utenti interessati (un mezzo potrebbe essere la scrittura), scelta che dipende anche da quelle che sono le possibilità e le capacità di chi amministra la community. Infine si selezionerà la piattaforma online più ideonea, anche in base al tipo di interazioni che ci si aspetta. Il Forum dei consigli automobilistici è solo una strada tra quelle possibili, formula che lascia spazio ad altre alternative; una tra queste può essere ad esempio un gruppo su Facebook dove gli automobilisti possono scambiarsi degli insulti in romano. Le possibilità sono talmente tante che forse il metro di giudizio più indicato per orientare le proprie scelte è, più di ogni altro, l’affinità personale che si ha con quello che si sta per creare.

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T E R Z A PA R T E

PROCESSO PROGETTUALE PER LA CREAZIONE DI UNA COMMUNITY TERRITORIALE ONLINE 1. SCELTA DI UNA O PIÙ CARATTERISTICHE TERRITORIALI

Peculiarità territoriali: Linguaggio, paesaggio, gestualità, cibo, attività, storia, clima, fauna, industria, artigianato, architettura, personaggi di spicco all’interno del territorio, politica; Disagi individuali e caratteristiche comportamentali: difficoltà linguistiche, difficoltà di mobilitazione, carenza di informazioni sul proprio territorio, mancanza di un punto d’incontro, disordine urbano, abitudini sbagliate, lamentele comuni. 2. INDIVIDUAZIONE DI UN TARGET

Giovani che vogliono andarsene, persone che si vergognano del proprio accento, persone sportive che non hanno degli spazi dedicati, persone egocentriche che amano vantarsi, persone lontane dal proprio territorio d’origine, turisti che non sanno dove andare, persone che amano il cibo locale. 3. SCELTA DEL MOOD DELLA COMUNICAZIONE

Ironico, romantico, realistico, futuristico, descrittivo, provocatorio, motivazionale, editoriale, vintage, educativo, pessimistico, fiabesco, scientifico, trash, pop, artistico, culturale, folkloristico, chic, sentimentale, nostalgico, aggressivo. 4. INDIVIDUAZIONE DEL MEZZO COMUNICATIVO

Storytelling, fotografia, video, musica, intervista, illustrazione, infografica, documentario, gioco online, evento online, meme, poesia. 5. INDIVIDUAZIONE DELLA PIATTAFORMA ONLINE

Facebook, Twitter, Instagram, Wordpress, Youtube, Vimeo, Pinterest, Vine, SoundCloud, Google+, Youtube, Tumblr.


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3.2.1 Esempio di progetto territoriale personale: Spellin’ Catania Spellin’ Catania è un progetto di community territoriale online nato nell’estate 2014 durante un corso di Community Design il cui scopo era quello di radunare persone di Catania all’interno di uno spazio virtuale. La community nasce dalla collaborazione di nove persone, non tutte catanesi. Questa varietà all’interno del team ci ha permesso di approcciarci al progetto unendo diverse prospettive.

Internazionalizzazione La prima decisione da prendere era relativa allo scopo della community. Per mantenere una coerenza nella gestione di una community è importante capire prima di tutto quali sono gli obiettivi da raggiungere. Questo lo si fa analizzando la popolazione di riferimento e individuando quali sono gli ostacoli culturali, le necessità concrete, e gli aspetti che accomunano gli individui. Nel caso di Catania è stata rilevata la mancanza di un solido collegamento tra i cittadini e gli stranieri. Complice anche il fatto di essere situata all’interno di un’isola fisicamente distaccata dal territorio italiano, la realtà catanese, come quella siciliana in generale, non è perfettamente integrata. Considerati questi punti, l’obiettivo che ci siamo posti era quello di muoverci verso la sua internazionalizzazione.

Cataneasy La seconda decisione da prendere riguardava l’aspetto (o gli aspetti) su cui concentrarci per far sì che il territorio catanese potesse essere internazionalizzato. Abbiamo deciso quindi di creare una community che ruotasse intorno al dialetto. Il catanese, così come tutte le lingue siciliane, è «abbastanza distinto dall’italiano tipico tanto da poter essere considerato un idioma separato».41 Anche dal punto di vista linguistico, Catania mantiene quindi un suo distaccamento, cosa che costituisce in realtà un punto di forza. Lo scopo era quello di congiungere il valore linguistico del luogo al valore 41

Dalla voce “Lingua siciliana“ su wikipedia.org

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linguistico internazionale che è l’inglese; da qui il nome della community Spel-

lin’ Catania, all’interno della quale il codice linguistico diventa anche un pretesto per parlare dei vari aspetti della cultura catanese. Abbiamo così coniato il termine cataneasy, una pratica che integra le due realtà e che permette ai catanesi di espandere la propria cultura.

Pagina Facebook Persuasi dall’eterogeneità del target a cui volevamo rivolgerci, abbiamo deciso di ricorrere all’utilizzo di una pagina su Facebook, social network che raccoglie una vasta gamma di utenti. La scelta di creare una pagina e non un gruppo è stata finalizzata ad ottenere un risultato meno esclusivo e più virale, determinando una propagazione dei contenuti linguistici anche fuori dai confini catanesi. Per verificare quali fossero le risposte della comunità ai nostri stimoli, inizialmente sono state necessarie diverse prove di interazione. Ma in linea generale abbiamo optato fin da subito per un mood ilare e sarcastico in cui il catanese medio potesse identificarsi e che meglio si prestasse alla condivisione. Determinati a potenziare l’effetto di identificazione, ci siamo avvalsi di un espediente: quello del meme (ovvero un contenuto dal format replicabile e riconoscibile). Tra le varie proposte quella più popolare si è rivelata essere l’immagine di Barack Obama che parla catanese, realizzata con lo scopo di legare alla questione dell’idioma, un’icona internazionale e istituzionale; una figura che fosse complementare rispetto al concetto di localismo, espresso, in questo caso, attraverso il linguaggio popolare. Il meme in questione consiste in un’immagine dallo sfondo giallo, in cui è stata inserita l’immagine di Obama (la cui espressione facciale e il contesto in cui si inserisce cambiano di volta in volta), una didascalia in catanese e relativa traduzione inglese, la maggior parte delle volte letterale. Attraverso il contrasto degli elementi visivi e linguistici, siamo riusciti ad ottenere un risultato divertente e al contempo educativo che i catanesi adottano per parlare di sé e comunicare con altri catanesi o con persone esterne.


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Immagine di copertina e del

profilo della pagina Facebook Spellin’ Catania

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Operazioni top–down Dopo aver inserito qualche contenuto nella pagina, il primo passo per raccogliere dei like è stato quello di invitare dei conoscenti a visitare ed apprezzare la pagina. Abbiamo inoltre contattato amministratori di altre pagine dedicate alla comunità catanese, ottenendo anche delle risposte positive. Inizialmente abbiamo fatto ricorso ad una serie di prove di interazione. Ad esempio creando un evento nominato “La settimana mondiale del detto catanese”, che ci ha permesso di ottenere l’attenzione degli utenti, ma anche di raccogliere del materiale. Abbiamo cercato di coinvolgere il pubblico in modi diversi: partendo dal proporre dei rebus linguistici fino ad invitare le persone ad inviarci dei video di “polentoni” alle prese con alcuni scioglilingua locali. L’operazione più estrema da parte nostra è stata quella di lanciare dei video in cui un Obama in grembiule, enunciando detti catanesi, friggeva un libro, un telefono, un mazzo di carte ed altri oggetti inconsueti. Lo slogan che abbiamo utilizzato per diffonderli era “A Catania #friedisgood”, del quale ci siamo serviti anche in occasione di un evento in città che aveva lo scopo di promuovere la pagina tramite l’esposizione degli oggetti fritti. Operarazioni bottom–up Attualmente Spellin’ Catania è seguita da quasi 9000 persone e gran parte di queste sono attive all’interno della pagina. Puntando al mantenimento di un forte convolgimento da parte dei followers, si tenta di innescare delle azioni che spingono gli utenti a dare dei suggerimenti, permettendo loro di essere co–fautori dell’esistenza della community. Quasi tutti i contenuti che realizziamo infatti, attualmente derivano dai suggerimenti dei fan della pagina. I dati dimostrano che la percentuale di engagement (interazione) è circa del 25% in relazione al numero di like.


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3.3 Benchmark internazionale Una parte consistente della nostra ricerca è stata la collezione di progetti legati al territorio, con una particolare attenzione ai progetti di valorizzazione e comunicazione che avvengono attraverso il Web e le community online. La raccolta è iniziata partendo dalle nostre conoscenze personali ed è stata notevolmente arricchita grazie alla creazione di una community su Facebook che si chiama “Locale e Globale, comunicare l’identità di un territorio”. Il gruppo ha coinvolto principalmente studenti e professionisti che si occupano di territorio, comunicazione e social media. Il materiale raccolto è stato poi ordinato all’interno di un documento consultabile da tutti,42 in cui sono stati riportati una serie di parametri legati ai progetti: luogo, data, tipologia di progetto, link ad eventuali pagine web e profili social, numero di like e di follower, etc. Di seguito proponiamo un’analisi di alcuni dei casi individuati.

3.3.1 Iniziative di singoli e di gruppi I progetti descritti in questa sezione nascono da esigenze e passioni individuali o di piccoli gruppi di persone. Per questo motivo le tematiche possono variare, ma è facile che i progetti appartenenti a questa categoria riscuotano successo se le esigenze e passioni degli autori sono condivise da un pubblico ampio. Dare origine ad una community partendo da una cerchia ristretta di persone e senza dover rispondere ad una struttura gerarchica rigida, sono aspetti che conferiscono una grande adattabilità e favoriscono la nascita di relazioni inaspettate ma positive per la crescita della community. – DON’T BE A TOURIST

42

Sebbene sia legata alla città di Barcellona, una delle mete più gettonate per molti turisti, l’obiettivo di questa community è universale: trasformare i turisti in visitatori. La differenza tra queste due categorie è che i primi spesso seguo-

Link al documento: http://goo.gl/Q96hkB

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no le masse, visitano le principali attrazioni, ma senza il desiderio di scoprire o di esplorare qualcosa di nuovo; i secondi invece sono curiosi, pronti a fare nuo-

ve esperienze, ma soprattutto rispettosi del luogo in cui si trovano. L’opera di sensibilizzazione avviene attraverso delle frasi brevi ma dirette, come “Don’t be a tourist. Barcelona is not a toilet. Thank you.”, accompagnate da immagini che documentano il comportamento scorretto o inadatto da parte dei turisti. #turismo – HUMANS OF NEW YORK

Con più di 12 milioni di followers su Facebook, è uno dei progetti social più conosciuti e seguiti sul Web. Si tratta di una collezione fotografica di persone che l’autore incontra in giro per le strade di New York. Ma l’interazione non si limita soltanto alla fotografia: ogni foto è accompagnata da un pensiero del soggetto espresso durante la conversazione. Gli ingredienti molto semplici: storie di persone comuni, foto frontali, New York come sfondo e il gioco è fatto. Fa parte di quei progetti “replicabili”, cioè adattabile a qualsiasi altro contesto (vedi Humans of Paris, Humans of Rome), diventando un format a tutti gli effetti. #persone #fotografia Due scatti dal progetto Humans of New York


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– IGERSITALIA

È un’associazione italiana che fa parte della community mondiale di Instagramers fondata nel 2011 da Philippe Gonzalez. Ciò che unisce i membri della community è la passione per Instagram e la mobile photography in generale. Oltre all’attività sui social network, l’associazione si occupa di organizzare eventi offline in cui i membri hanno la possibilità di incontrarsi nella vita reale, non solo per migliorare la propria abilità ma anche per fare nuove conoscenze. #fotografia #mobile – IL CAMMINO DELL’ADIGE

Dopo aver fatto esperienza del Cammino di Santiago, un ragazzo ha deciso di riportare l’esperienza nel proprio luogo di origine ed ha deciso quindi di costeggiare il fiume Adige dalla sorgente al mare condividendo ogni giorno sul Web i momenti salienti. L’intero percorso è durato 18 giorni, seguito da una piccola community su Facebook. Alla fine del cammino l’autore ha iniziato a scrivere un libro, con la speranza che la community cresca e porti alla nascita di una nuova tradizione nel suo territorio. #escursione #cammino – IL MARCHIGIANO FUORI SEDE

Gli studenti fuori sede costituiscono un target ben definito ed esteso: si tratta di tutti quei giovani tra i venti e i trent’anni che si spostano dalla propria città per proseguire gli studi universitari altrove. Dovendo convivere e studiare con altre persone, si rendono conto delle differenze culturali e comportamentali rispetto a chi proviene da un’altra regione o città. Questa consapevolezza acquisita comporta un maggiore senso delle proprie tradizioni ed è il motivo per cui pagine come queste nascono e sono molto seguite (vedi anche L’abruzzese fuori sede, Il terrone fuori sede, ...) #studenti #ironia

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– LA GUARIMBA FILM FESTIVAL

Festival internazionale di cortometraggi nato dalla volontà dei locali di ridare vita ad un vecchio cinema abbandonato ad Amantea, in provincia di Cosenza. Grazie a una rete di conoscenze sparse in giro per il mondo, la community si è pian piano espansa ed è riuscita a portare un pubblico internazionale in una piccola cittadina calabrese di soli 14mila abitanti. È un ottimo esempio di come le community fisiche e virtuali possano intrecciarsi e alimentarsi a vicenda. Da tre anni ormai il festival raduna sempre più persone, a vantaggio anche della comunità locale. #cinema #festival – LETTERING DA TORINO

Progetto di Silvia Virgillo, una designer torinese con la passione per il lettering e la fotografia. La città in cui vive rappresenta il campo di indagine ideale: è il posto che da una parte conosce bene, perché vi è nata e attualmente ci vive; dall’altra è tutto da scoprire. Anche in questo caso le foto sono frontali e oggettive, in modo da non interferire con il soggetto principale: le vecchie insegne di negozi, bar, locali per le strade. Il target a cui si rivolge è composto principalmente da persone che lavorano nel campo della progettazione visiva ed è stato replicato in altre tre città italiane: Genova, Milano e Matera. Questo progetto online ha avuto degli effetti anche nella realtà, dando vita a Biciclettering Torino, un safari urbano in bicicletta a caccia di insegne vintage commentate dal type designer londinese James Clough. #lettering #fotografia – SE I QUADRI POTESSERO PARLARE CALABRESE

Uno dei tanti esempi di pagine che fanno leva su argomenti condivisi da molti (come l’arte o lo sport) per conservare o valorizzare un aspetto legato a un territorio (in questo caso il dialetto calabrese) ricorrendo a una buona dose di ironia. Le pagine che hanno fini di intrattenimento sono di solito le più seguite:


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nonostante siano stati postati in tutto dieci contenuti in due giorni, la pagina ha totalizzato più di 2000 like. #arte #dialetto – SOCIAL STREET

Il progetto nasce dall’esperienza del gruppo Facebook “Residenti in Via Fondazza - Bologna”. L’obiettivo del Social Street è quello di socializzare con i vicini della propria strada di residenza al fine di instaurare un legame, condividere necessità, scambiarsi conoscenze, portare avanti progetti collettivi di interesse comune e trarre quindi tutti i benefici derivanti da una maggiore interazione sociale. Per raggiungere questo obiettivo a costi zero, senza aprire nuovi siti o piattaforme, Social Street utilizza la creazione dei gruppi chiusi di Facebook. In poco più di un anno sono sorti 350 gruppi in Italia e all’estero, segno della conquista di un senso di appartenenza che mancava e di un recupero d’interesse per le relazioni con il proprio vicinato. #vicinato – THE GRAND TOUR

Un esperimento per il Padiglione Italiano della 13.Biennale di Architettura di Venezia. Si tratta di un viaggio in Italia avvenuto nel 2012, raccontato attraverso una serie di progetti di professionisti nel settore dell’architettura che si pongono l’obiettivo di lavorare su nuove forme di architettura. Il progetto si pone lo scopo di aggiungere un layer digitale a un sistema culturale tradizionale quale il Padiglione Italiano alla Biennale di Architettura di Venezia. #architettura #digitale – PRETZIADA

Una coppia di creativi girandolona, stabilizzatasi in Sardegna, tenta di costruire un ponte tra i luoghi in cui hanno vissuto e quello in cui vivono. L’obiettivo è quello di svelare i segreti della Sardegna. Infatti Pretziada in sardo significa

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“prezioso”. Utilizzano il Web come mezzo per comunicare, sfruttano i vantaggi dell’epoca odierna per dimostrare che è possibile celebrare le tradizioni di una cultura millenaria adattandola alla tecnologia moderna. #tradizione #cultura

3.3.2 Progetti editoriali Di solito prevedono una redazione che si occupa di raccogliere e generare contenuti di tipo informativo o narrativo. In molti casi gli argomenti sono generali e il ruolo dei membri della community si limita ad una ricezione passiva dei contenuti. – CEREAL MAGAZINE

È un magazine cartaceo ma prevede anche una guida a pagamento online di alcune città del mondo. La fotografia svolge un ruolo fondamentale nella comunicazione e ogni dettaglio, dal linguaggio fotografico alla selezione dei luoghi, è ben curato e ricercato. Data l’importanza delle immagini, il social che riscuote più successo è instagram, ma sono molto seguiti anche su Facebook e Twitter. #fotografia #guida – LONDONIST

Magazine online che tratta di Londra e quello che succede intorno, dagli eventi artistici ai migliori posti dove mangiare. Pubblica dai 15 ai 25 contenuti al giorno ed ha quasi lo stesso numero di fan sui due social principali (Facebook e Twitter). Il successo che riscuote è anche dovuto al fatto di parlare di una città molto viva e visitata come Londra, per cui tra i membri della comunità figurano soprattutto turisti e appassionati della capitale britannica. #guida #informazione


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– ROMATODAY

Fa parte di un network di portali di notizie in tempo reale (MilanoToday, CataniaToday, LecceToday,...) curato da citynews.it. La particolarità è che le notizie sono quasi sempre fornite dalle persone locali, che inviano segnalazioni alla redazione attraverso email o telefono. Il vantaggio di questo sistema informativo sta infatti nella divulgazione delle notizie, che è supportata da un’attendibilità maggiore rispetto a quella di una testata ufficiale, in quanto è la stessa community ad occuparsene. I contenuti risultano quindi più veritieri perché non sono filtrati da un’autorità. #informazione #news – SERIOUS EATS

Una community mondiale legata al buon cibo da tutto il mondo. Dichiarano di avere un «approccio democratico ma scientifico» nel cucinare dei piatti migliori, svelare i falsi miti legati al cibo, consigliare cosa, dove, quando e perché mangiare qualcosa di nuovo. Nonostante producano contenuti di buona qualità ogni giorno, il numero di followers sui social network (intorno a 100mila su Facebook e 300mila su Twitter) sembra essere sproporzionato rispetto al numero di like e di interazioni per ogni post. #blog #cibo – THE HISTORY OF LONDON

Progetto di Peter Stone, membro dei London Historians, che racconta la storia di Londra. Sul blog il racconto è suddiviso in capitoli ordinati cronologicamente, dai tempi dei romani fino alla fine del XX secolo. Sui profili di Facebook e Twitter invece vengono condivisi contenuti più rapidi, spesso delle curiosità legate a cosa succedeva in passato quel giorno, oppure agli spostamenti e incontri dell’autore. #blog #storia

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– THE PERFECT JOB

Una collezione di storie di professionisti in Italia. All’interno di un panorama lavorativo in continuo cambiamento, in cui ogni giorno nasce un lavoro nuovo, The Perfect Job vuole essere un’indagine sulla frontiera del lavoro: un’esplorazione delle modalità in cui le persone, nel 2015, si confrontano con i limiti della natura, con gli elementi, con i materiali ma anche (e soprattutto) con il proprio intelletto. Una collezione dei professionisti di una nazione che plasmano quello che hanno a disposizione, per realizzare sè stessi, per raggiungere una gratificazione economica e per posizionarsi nella società. #lavoro #professionisti – DIN MHIX TAZZA

Studio antropologico-artistico al fine di valorizzare il ruolo delle donne di Bormla (Malta) all’interno del loro ambiente domestico e urbano. Secondo diversi studi vi sono delle disuguaglianze sociali ed economiche tra la città stessa e le altre località urbane sull’isola di Malta. Al suo interno, inoltre, la stessa disparità ed esclusione, è relativa alla popolazione femminile che ha un ruolo sociale marginale. Il progetto vuole conferire a queste donne un ruolo di protagoniste. Grazie all’aiuto di ricercatori ed artisti, ognuna di queste donne, scegliendo un oggetto domestico, evoca e racconta la sua storia. Tutti i racconti, raccolti e ricomposti attraverso delle installazioni in città, sono stati inoltre collezionati in un libro e sul Web attraverso un sito e Facebook. #donne #disparità


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The Perfect Job racconta i lavori e i lavoratori di oggi

anche attraverso le immagini

3.3.3 Brand Community In questa sezione troviamo community aziendali che non si limitano alla promozione e al supporto online, ma forniscono servizi utili alla comunità favorendo anche l’interazione tra i singoli. I brand hanno il vantaggio di ottenere un seguito di persone più rapidamente rispetto a quanto potrebbe fare un singolo; al contempo è molto più difficile trovare il giusto modo di comunicare e il rischio è quello di allontanare le persone dal brand. – GENTE DEL FUD

L’iniziativa dell’azienda Garofalo volta a riscoprire o a sostenere i prodotti di eccellenza in Italia coinvolgendo più di 400 food blogger italiani. Il loro compito è quello di segnalare i produttori e i prodotti di qualità in tutte le regioni d’Italia, che vengono localizzati sulla mappa. Nonostante i nobili intenti, l’azienda non è riuscita molto a stimolare l’interazione da parte delle persone, complice anche il fatto che l’interfaccia della piattaforma lascia un po’ a desiderare. #blog #cibo

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– ITALIAN STORIES

È una piattaforma che unisce la narrazione dell’artigianato italiano all’esperienza reale attraverso i social network. La comunità è composta da artigiani, sparsi nel territorio italiano e che abbiano voglia di condividere il proprio sapere, e viaggiatori, i quali hanno possibilità di visitare o fare esperienze reali per conoscere più da vicino il Made in Italy. Caso esemplare di come una piattaforma online possa essere uno stimolo per svolgere attività e instaurare relazioni offline. #artigiani #storytelling – KLM LOCAL EYES

Ogni settimana la compagnia aerea olandese KLM assegna il profilo Twitter di Local Eyes ad un dipendente della compagnia, che diviene guida della propria città. Il risultato è una collezione di mappe interattive delle maggiori città del mondo abbinate ai consigli di un vero cittadino. Uno strumento utile a tutti i livelli: per l’azienda, perché fidelizza i clienti offrendo loro un servizio utile e gratuito; per i dipendenti, perché li responsabilizza dandogli la possibilità di svolgere un ruolo diverso dal normale; per i viaggiatori, perché possono visitare un posto nuovo attraverso “gli occhi di un locale”. #guida Gli incontri ravvicinati tra

abitanti del posto e blogger stranieri grazie a BlogVille


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3.3.4 Promozione territoriale da parte delle istituzioni – BLOGVILLE

Progetto promosso dalla regione Emilia Romagna che invita dei blogger provenienti da tutto il mondo a fare un’esperienza in Italia e condividerla sul Web. Si tratta quindi di una collezione di storie ed esperienze anche sotto il profilo linguistico. È un buon esempio di come i ruoli all’interno di una community e il giusto equilibrio tra esperienze offline e racconto online possano avere effetti positivi per il territorio. #storytelling #viaggio – CURATORS OF SWEDEN

Lo stato svedese ha deciso di affidare ogni settimana l’account ufficiale della Svezia su Twitter ad una persona nominata dalla rete (non necessariamente svedese). È un’operazione affine a quella di KLM con il progetto Local eyes e punta a presentare un’intera nazione non dal punto di vista delle istituzioni, ma attraverso un mix di esperienze, opinioni e conoscenze di persone diverse. Il vantaggio non è solo quello di rendere la comunicazione è più efficace ed autentica, ma anche quello di rafforzare il senso della comunità e di appartenenza attraverso la responsabilizzazione dei cittadini. #partecipazione #responsabilizzazione – IL TURISMO CHE VORREI IN LIGURIA

È una piattaforma web promossa dall’Assessorato al Turismo della Regione Liguria per ascoltare e raccogliere conoscenze e opinioni utili per lo sviluppo del turismo nella regione. Per quanto la piattaforma preveda la possibilità di commentare, non è collegata ai principali social network e la sua attività si limita alla semplice raccolta di pareri della gente, non stimolando la discussione tra i membri e risultando così una community non particolarmente coinvolgente. #partecipazione

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– STORIE DA VIVERE

Progetto dell’Agenzia Alto Adige Marketing con lo scopo di promuovere la regione attraverso le storie degli altoatesini. La piattaforma web ospita video, interviste, infografiche e immagini, e i contenuti sono divisi per categorie. Non esistono profili sui social network legati all’iniziativa, cosa che rende difficile quantificare la partecipazione della gente. #storytelling – VISIT VENETO

La pagina Facebook ufficiale della Promozione turistica della regione Veneto. Si propone come luogo di conversazione per promuovere e condividere la storia e le bellezze della regione. A differenza dei progetti individuali, il tono della comunicazione è più formale e istituzionale, sono presenti dei moderatori e una lista di norme comportamentali per garantire il corretto sviluppo della comunità. #promozione #turismo

3.3.5 Iniziative di enti e associazioni

Di solito questi progetti non hanno fini di lucro, e puntano alla tutela di prodotti o valori territoriali. Si tratta di grandi comunità, in cui spesso i membri hanno ruoli diversificati e avvengono scambi di conoscenze o competenze per il raggiungimento degli obiettivi comuni. – #7MML

Un progetto di fundraising nato in vista di Expo 2015, i cui fondi sono destinati a sette associazioni umanitarie. Sette team viaggiano in giro per il mondo per documentare le diverse abitudini culinarie. Ogni aspetto dello storytelling è stato progettato con cura, dai testi alle fotografie all’interfaccia del sito, cosa che ha richiamato l’attenzione dei media e del pubblico. Il progetto sarà presente ad Expo 2015, in occasione del quale verrà realizzato un libro fotografico


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che rappresenti la mondialità attraverso il cibo. #storytelling #cibo – SLOW FOOD

Un’organizzazione no–profit nata in Italia in contrapposizione all’emergente cultura dei fast food all’inizio degli anni ‘90 per tutelare la biodiversità, costruire relazioni tra produttori e consumatori, migliorare la consapevolezza sul sistema che regola la produzione alimentare. Dopo più di vent’anni di esperienza, Slow Food è una grande comunità diffusa in tutto il mondo che organizza e sostiene numerose attività, dall’educazione alimentare per adulti e bambini alle iniziative di salvaguardia del paesaggio. #cibo #tutela

Un’illustrazione per il progetto #7MML

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– NEIGHBORLAND

Una piattaforma che incoraggia la collaborazione e il dialogo tra le istituzioni, le organizzazioni locali e i residenti sulle questioni locali (principalmente negli USA). Permette ai cittadini di condividere liberamente le idee, ma il vero obiettivo è quello di trasformare poi queste idee in realtà attraverso fundraising, petizioni, eventi e altre azioni. Fornisce anche un supporto durante il processo di pianificazione e realizzazione dei progetti, siano essi offline o online. #vicinato – MARE MEMORIA VIVA

Un progetto di innovazione culturale, comunità e valorizzazione del territorio palermitano, con particolare attenzione al rapporto tra la città e il mare. Consiste in un ecomuseo urbano multimediale diffuso in più sedi, un geoblog che si arricchisce delle storie e delle immagini di mare degli utenti e un’offerta turistica e culturale innovativa basata sull’incontro di residenti e viaggiatori. Il sito web e i social network permettono ai visitatori di entrare in contatto con la realtà locale e fare un’esperienza del territorio più da vicino. #mare #turismo


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3.4 Perché creare una community territoriale online Alla luce degli argomenti trattati e dei casi studiati precedentemente cerchiamo di capire perché creare delle community online è un’operazione conveniente per i territori: 1. PROCESSO DI TERRITORIALIZZAZIONE

Assecondare il processo di territorializzazione significa integrare i valori già presenti sul territorio con quelli che vengono dall’esterno. Utilizzare una piattaforma online per comunicare le caratteristiche territoriali è un modo per preservare l’identità utilizzando un nuovo linguaggio e un mezzo internazionale. 2. ESISTENZA DI UNA COMUNITÀ NEL TERRITORIO

Il territorio gode già della presenza di una comunità reale (o più di una) al suo interno che trasportata in un mondo virtuale si rafforzerebbe. (1-2.1Comunità 3. IDENTITÀ TERRITORIALE E VIRTUALE DEI SINGOLI

Quasi tutti hanno ormai un’identità virtuale, tutti hanno inoltre anche un’identità territoriale che li rende riconoscibili al di fuori dei confini territoriali. La community territoriale online fonde questi due aspetti. 4. LOCALISMO COSMOPOLITA

L’intersezione equilibrata tra dimensione locale e dimensione globale consiste nel localismo cosmopolita (Ezio Manzini 2005). La presenza di una community territoriale sul web rafforza il senso di appartenenza locale tra i membri al contempo determina un’apertura verso l’esterno.

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5. BRAND E TERRITORIO

Abbiamo visto che i brand si servono delle community per incrementare la loro forza sul mercato. Considerando che il concetto di territorio si avvicina sempre di più a quello di brand, anche il territorio può trarre dei benefici da queste pratiche. 6. DISINIBIZIONE DELL’INDIVIDUO SUL WEB

I membri delle comunità territoriali hanno delle necessità che spesso non sanno comunicare e che non sanno di avere in comune con gli altri membri. L’interfaccia virtuale è un filtro tra individuo e collettività: disinibisce gli individui e facilita l’emersione di questioni collettive. 7. EXTRATERRITORIALITÀ DELLE COMMUNITY ONLINE

Oltre ad essere sottoposto ad un processo di fortificazione, il territorio ne subirebbe uno di estensione in quanto le community online non hanno confini geografici.

3.4.1 Cosa funziona di più e perché

Dai casi analizzati risulta che la creazione di una community online prende forme molto diverse e che ogni progetto ha una risonanza diversa, sia sul Web che sul territorio. Non necessariamente l’efficacia di una community deriva dal numero di componenti che ne fanno parte e non necessariamente il numero di followers di una community online è direttamente proporzionale ai risultati sul territorio. Per quanto difficile verificare caso per caso e in maniera approfondita quali siano questi risultati, in alcuni dei casi elencati abbiamo effettivamente riscontrato dei cambiamenti che derivano dalla gestione di un layer online. Essa in alcune occasioni funge da supporto, in altre gioca un ruolo preponderante. Se ad esempio Lettering da Torino ha generato degli effetti sulla realtà dando luogo a vere e proprie iniziative comunitarie in città, nel caso di Din Mhix Tazza


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il Web funge da supporto di divulgazione e archiviazione delle attività svolte fisicamente sul territorio favorendone la continuità. Che siano di supporto op-

pure costituiscano l’elemento cardine del progetto, alcune delle procedure per chi vuole creare una community territoriale online vanno di pari passo con degli obiettivi prefissati: – UTILIZZARE UN FORMAT ESISTENTE

Alcune community sono progettate secondo dei criteri di adattabilità o comunque sono inconsapevolmente riproducibili nel momento in cui fanno riferimento a situazioni non particolarmente distinte (Il Marchigiano fuorisede, Spellin’ Catania, Lettering da Torino, Humans of New York, Social Street). Spesso utilizzare un format esistente ha i suoi vantaggi. Sebbene questa pratica vada un po’ a discapito dell’originalità e dell’esclusività, replicare un format di community territoriale esistente può rivelarsi utile se non si vuole partire da zero e ridurre il rischio di fare un buco nell’acqua. Questo metodo consente inoltre di allacciarsi ad un network già esistente dando visibilità al territorio e alla comunità. #sicurezza #adattabilità – DIFFERENZIARSI

In altri casi, soprattutto quando si vuole andare a toccare delle tematiche nuove o molto specifiche, risulta adeguato l’utilizzo di una comunicazione su misura per il territorio e per la sua comunità. Esempi possono essere Pretziada, The history of London, Mare Memoria Viva. Di solito in questi casi si cerca di adattare mood, canali, mezzi di comunicazione del progetto a quelli che sono i gusti e le inclinazioni personali in modo da renderlo il meno anonimo possibile. #originalità #customizzazione

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– RIFERIRSI A UN’AMPIA CERCHIA DI PERSONE

Ci sono poi community il cui intento è quello di concentrare in un solo luogo virtuale gran parte delle persone della comunità territoriale di riferimento e buona parte di quelle esterne. Nella maggior parte dei casi esse si collocano all’interno di piattaforme online con un bacino di utenti vasto e variegato, come ad esempio Facebook. L’utilizzo della comunicazione cerca di essere il più universale possibile e nella maggior parte dei casi il tono divertente e/o provocatorio si rivela il più efficace. A dimostrazione di questo basta vedere come la pagina Facebook Se i quadri potessero parlare calabrese, abbia totalizzato 2000 Like nonostante al suo interno siano stati postati in tutto dieci contenuti in due giorni. #universalità #viralità – RIFERIRSI A UNA CERCHIA RISTRETTA DI PERSONE

Alcune community vogliono essere esclusive coinvolgendo categorie di persone con degli interessi specifici all’interno di un territorio. Nel progettare queste community non ci si orienta quindi verso una comunicazione “di massa”, ma la tendenza è quella di far sentire i membri “privilegiati”, conferendo loro anche una certa visibilità verso il resto della comunità (Italian Stories, Din Mhix Tazza, The Grand Tour, The Perfect Job). In questi casi si tenta di utilizzare un tipo di comunicazione più analitica ed indirizzata. Fare leva su dei soggetti specifici all’interno di un territorio attribuendo loro valore, favorisce inoltre la nascita di nuove relazioni sul territorio: quelle tra gli individui della categoria (che poi possono avviare delle collaborazioni reali e fruttuose) e quella tra questi ultimi e le persone esterne. #esclusività #specificità


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– COINVOLGERE ATTIVAMENTE COMPONENTI DELLA COMUNITÀ

Molte community online imperniano sulla presenza attiva dei membri di una comunità territoriale; sono quindi caratterizzate da un metodo di gestione “democratico” delle parti. Un esempio molto noto è l’enciclopedia online Wikipedia, che possiamo ritenere una community territoriale online a livello mondiale. Tra i casi più di nicchia da noi analizzati, possiamo invece annoverare RomaToday, KLM - Local Eyes o Curators of Sweden. Comune denominatore di queste community è il sistema di “autogestione” che le tiene in piedi, il quale conferisce loro un’aura di credibilità e autenticità e le rende socialmente riconosciute. Di solito questa struttura di community è ottima se gli intenti sono di tipo sociale, informativo, politico. #autogestione #credibilità – COINVOLGERE ATTIVAMENTE COMPONENTI ESTERNI ALLA COMUNITÀ

Esistono inoltre community territoriali online che danno la possibilità a persone esterne di comunicare un territorio, sfruttando un punto di vista differente. Il principale vantaggio che si trae da questa tipologia di community territoriale online è il solido collegamento che si ottiene con l’esterno. La forza di questa formula sta nell’attendibilità dei contenuti che si innesca attraverso un sistema di feedback, nel quale i membri fungono da ambasciatori e si fanno portavoce di esperienze extraterritoriali.Tra i casi analizzati Blogville è l’esempio più efficace in quanto si tratta di un progetto generatore di una rete di relazioni tra territorio, abitanti e visitatori. Il metodo è efficace soprattutto se si vuole attivare o potenziare i flussi turistici. #extraterritorialità #feedback

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CONCLUSIONI

Conclusioni Già nella realtà fisica avviene che le persone parlano di sé comunicando i valori del proprio territorio. Questo si verifica anche sul Web attraverso la condivisione di contenuti ad esso legati. In rete questo scambio di informazioni ha, inoltre, una risonanza maggiore perché i processi relazionali della vita concreta si moltiplicano, dando origine a un’espansione dell’identità collettiva di un luogo. Abbiamo cercato di comprendere quali relazioni ulteriori si innescano sul Web attraverso le community, sia quando si parla di brand, che quando si parla di progetti personali o azioni di impatto sociale e abbiamo riscontrato dei risultati favorevoli. Partendo da questo presupposto, e dall’osservazione di una serie di casi raccolti a supporto della tesi, abbiamo dedotto che l’esistenza di una piattaforma territoriale online può aiutare gli individui a riscoprire se stessi e a riconoscersi in un insieme di valori comuni all’interno del proprio territorio. Se è vero quindi che il senso di appartenenza e di comunità sono i punti di partenza per lo sviluppo di un luogo, le community territoriali online lo sono a loro volta.



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