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AI: italiani consapevoli ma non senza qualche perplessità

AI: italiani consapevoli ma non senza qualche

perplessità Gli italiani appaiono consapevoli della potenzialità dell’Intelligenza Artificiale, ma la osservano con un certo timore. E non senza ragione R obot in grado di riconoscere le emozioni e interagire con l’uomo in modo empatico, questo è il desiderio degli intervistati per la seconda edizione del rapporto “Retail Transformation 2.0” elaborato da Digital Transformation Institute e CFMT, in collaborazione con SWG. I dati sono auto esplicativi del fenomeno in corso e della sua inarrestabilità. Rispetto allo scorso anno aumenta dal 64 all’80% il bisogno di confrontarsi con macchine in grado di percepire ciò che provano la persone che hanno di fronte. In aumento, però, anche il grado di scetticismo rispetto alla possibilità di sostituzione dell’uomo da parte delle macchine in alcuni lavori o attività quotidiane. C’è solo da auspicarsi che non si tratti di un wishfull thinking. Se è vero che la cura di figli e anziani è considerata dagli intervistati prerogativa dell’uomo, è altrettanto vero che diminuisce, rispetto alla edizione precedente dello studio, il numero di persone che ritiene l’intelligenza artificiale migliore dell’essere umano nell’emettere giudizi e sentenze legali e nell’arbitrare una partita di calcio (-9%), nel comporre musica (-6%), nel presentare potenziali amici (-5%), ma anche nello scrivere articoli di giornale, selezionare personale, diagnosticare le malattie o guidare (-4%). Ma con chi parlo? Una certa diffidenza cresce. Peggiora infatti il grado di fiducia nelle macchine in prospettiva futura a dieci anni, con l’unica eccezione per quanto concerne il possibile aiuto nelle faccende domestiche, cosa che gli intervistati delegherebbero a una soluzione di intelligenza artificiale più volentieri dello scorso anno (+5%). Insieme alla diffidenza nei confronti dell’AI cresce anche la necessità da parte degli intervistati di differenziare gli assistenti virtuali dagli uomini (+10%) al fine di poterli riconoscere meglio, mentre cala di un 5% il numero di quelli che vedrebbero di buon occhio un umanoide. Di certo, viene da considerare, i film in circolazione non aiutano a percepire un umanoide in termini positivi. Anche in caso di assistenza da remoto, il 90% delle persone vorrebbe tuttavia sapere se sta interagendo con una macchina piuttosto che con una persona. di Giuseppe Saccardi

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Assistenti virtuali I favorevoli ad assistenti virtuali dotati di AI, in grado di dare consigli nel momento in cui si fanno, per esempio, acquisti online o in negozio, restano fermi a circa la metà (53%), come nell’edizione passata. Invariate anche le situazioni in cui si preferisce una macchina al posto di un umano per evitare situazioni imbarazzanti, o per avere una scontistica personalizzata. La “persona” vince (ancora) sulla macchina nel comprendere i bisogni (47% uomo, 36% indifferente) e avere una piacevole esperienza d’acquisto (36% uomo, 44% indifferente). Variazioni significative, invece, si registrano nell’aumento di fiducia nei confronti delle macchine (+8%) per la tutela della privacy e la gestione dei dati personali. A guadagnare punti fiducia rispetto all’anno precedente è invece il settore alimentare, dove gli intervistati sarebbero maggiormente propensi a fare acquisti interagendo con un assistente virtuale dotato di intelligenza artificiale (+10%). In generale, rimane stabile la propensione degli utenti all’utilizzo dell’AI per l’acquisto di vestiti ed accessori, servizi telefonici ed elettrici e device tecnologici, mentre nessun miglioramento delle fiducia verso l’AI si registra negli investimenti di maggiore valore: immobili, finanza, auto.

Cosa è visto con favore In presenza di una evidente perplessità guadagnano terreno in termini di fiducia nei confronti delle AI alcune attività quali: • La sottoscrizione di una utenza domestica (telefonica, energetica, ecc.) parlando (al telefono o in videochiamata) con un operatore virtuale che dà le indicazioni sulle cose da fare e guida il procedimento (+4%). • L’acquisto di una casa con una AI al posto del notaio che fa le verifiche di legge e redige l’atto con la stessa validità legale (+6%). • La guida autonoma, considerata sicura dal 35% delle persone “perché il ricorso al computer per guidare le automobili diminuirà il numero di incidenti”. «I dati mostrano un sostanziale miglioramento nella consapevolezza degli italiani circa il ruolo dell’intelligenza artificiale nella società e nel business. Il problema centrale è che dobbiamo smettere di chiederci - come singoli, come aziende, come istituzioni - se l’intelligenza artificiale sia positiva o negativa, se faccia bene o male, se crei o distrugga posti di lavoro. Dovremmo invece interrogarci su quali sono i passi da compiere perché sia uno strumento utile a perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista sociale ed ambientale che economico», ha commentato i dati dello studio Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute. Tra le cose su cui ci si dovrebbe interrogare, viene da aggiungere, è il fattore tempo, e cioè se un’eccessiva accelerazione nel ricorso incontrollato all’IA sia congrua con lo sviluppo sociale e i tempi necessari per riallocare lavoratori che potrebbero, proprio a causa dell’IA, finire fuori dal ciclo produttivo. Ma questa è un’altra storia. v

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