luglio-agosto 2014
P AR TNERS Informazione e formazione per il canale Ict a valore Lug-Ago n°16
REPORT Il software disegna nuovi modelli di Data Center spingendo i vendor a un’offerta flessibile
Make IT Dynamic
FOCUS TARGET Trend Micro analizza le esigenze di security delle PMI
SAMSUNG TECHWIN La videosorveglianza diventa strumento di business grazie al canale
Concentrati sul Business. PRIMERGY RX300 S8
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MAKE IT DYNAMIC offre soluzioni basate sui server PRIMERGY con Windows Server 2012, che ottimizza le tecnologie esistenti e introduce nuove funzionalità per permettere ai professionisti IT di aumentare l’affidabilità e l’efficienza dell’infrastruttura server.
Partners - Anno III n.16 luglio-agosto 2014 bimestrale
Sviluppato da Fujitsu per aiutare le aziende a ridurre i costi e migliorare le infrastrutture IT, MAKE IT DYNAMIC è un insieme di soluzioni modulari, complete e affidabili che integrano le tecnologie di Fujitsu e dei suoi solution partner.
Videocomunicazione e videosorveglianza sono i fronti dove la convergenza tra tecnologie deve essere accompagnata da una convergenza di canali, all’insegna di nuove competenze
Il video corre su IP
Il tuo business dipende anche dal tuo network
Gli Smart-UPS APC by Schneider Electric garantiscono la disponibilità del network 24/7/365 Il business si basa dalla rete. Per tale motivo è essenziale più che mai proteggere la rete. Gli Smart-UPS™APC™ by Schneider eliminano i tempi di fermo alimentando la rete in maniera affidabile e mantenendo i dipendenti sempre connessi alle applicazioni business-critical ospitate in sede, in co-location o in cloud. Un modello di Smart-UPS per ogni esigenza A prescindere dalla configurazione e dai requisiti informatici, abbiamo il modello giusto di Smart-UPS. La famiglia di prodotti comprende modelli tower, ottimizzati per rack e convertibili rack/tower, per la massima flessibilità e per qualunque ambiente IT, con la possibilità di scalare l'autonomia in base ai requisiti del business. Grazie alla “modalità ecologica”, presente in vari modelli, si possono gestire attivamente gli armadi di rete in remoto e si può ottimizzare l'utilizzo dell'energia. I servizi di installazione Schneider Electric, inoltre, semplificano enormemente l'implementazione. Unità di backup Smart-UPS: la scelta intelligente per la tua rete aziendale! Business-wise, Future-driven.TM
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18 Novembre 2014 | MiCo - Milano Congressi Non mancare questa importante occasione per scoprire come EMC accompagna i protagonisti del Canale Indiretto e Service Provider nel percorso di ridefinizione del business.
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Tra Virgolette Il business del video su IP è “dietro le quinte” SDN: a volte ritornano Passi avanti nella digitalizzazione della PA
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Panorami Il futuro delle professioni digitali I partner promuovono il cloud. Meglio se Open Vendor e canale alla rincorsa dei nuovi modi di fare business
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Primo piano
Partners Anno III - numero 16
Bimestrale luglio-agosto 2014
Video su IP per comunicare e sorvegliare Samsung Techwin, con l’IP la videosorveglianza va oltre la sicurezza Allnet, un partner a tutto tondo per il mondo delle tecnologie IP Da EDSlan un portafoglio completo di soluzioni su IP Con Zycko la proposizione di videocomunicazione è all inclusive
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Direttore responsabile: Loris Frezzato In redazione: Gaetano Di Blasio, Riccardo Florio, Giuseppe Saccardi, Paola Saccardi Grafica: Aimone Bolliger Redazione, amministrazione, pubblicità: REPORTRADE srl via Marco Aurelio, 8 -20127 Milano Tel 0236580448 - Fax 0236580444 www.partnersflip.it partners@reportrade.it pubblicità: commerciale@reportrade.it Diffusione: 12.000 copie Iscrizione al tribunale di Milano n° 515 del 13 ottobre 2011. Stampa: A.G.Printing Srl, via Milano 3/5 20068 Peschiera Borromeo (MI) Immagini: Dreamstime.com Proprietà: Reportec Srl, via Gian Galeazzo 2, 20136 Milano Tutti i diritti sono riservati Tutti i marchi sono registrati e di proprietà delle relative società
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in dettaglio Il canale come motore del business di Dell Cisco rinnova il Partner Program puntando su Cloud e IoE Più potenza per i nuovi UPS di APC Cresce il range di soluzioni VoIP di Snom VMware per una Software Defined Enterprise Con WebRainbow CBT trasforma le informazioni in strumenti di business Arcserve punta alla gestione unificata del backup Focus di DataCore verso uno storage sempre più virtuale Da Var Group un network di partner per le PMI
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Extreme Networks: un canale congiunto per un’offerta potenziata Microsoft CityNext raccoglie i progetti dei partner per una PA “smart” Supporto al canale per l’offerta ampliata di F-Secure Microsoft Yammer: il social network diventa “enterprise” Verticali e PMI nel mirino di 2Win Solutions Redco Telematica, l’esperienza al servizio del business Computerlinks è diventata Arrow ECS Con CARM, i dealer di Exclusive analizzano le falle di sicurezza dei clienti
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focus Proporre sicurezza al mercato Smb
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report VERSO UN Software DEfined Data Center Fujitsu abilita il Bring Your Own Cloud Data Center per un futuro nel Cloud con NetApp Data ONTAP Server HP ProLiant Gen8 più performanti con i nuovi processori Intel Anche le SAN virtuali nel data center di VMware L’SDN di Huawei per il futuro del Data Center
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Il business del video su IP è “dietro le quinte”
Un’immagine vale più di mille parole. Se poi si riescono ad associare le parole con le immagini, la comunicazione si completa. E se poi, ancora, le immagini raccolte possono essere utilizzate per ricavarne dati utili allo sviluppo del business, il gioco è fatto. Alla base di tutto stanno le videocamere, strumento di per sé legato tradizionalmente al mondo analogico, che ora, appoggiandosi sulle reti IP, si trasformano in strumenti per la produzione di dati, utili sia nell’ambito della comunicazione sia in quello della sorveglianza. Una convergenza di tecnologie che ha portato all’esigenza di nuove competenze da parte dei fornitori delle aziende, stimolando la creazione di un nuovo tipo di operatori “ibridi”, con installatori e partner IT che assumono sempre più identità simili. Una convergenza che si sta allargando velocemente ad ambiti adiacenti alla raccolta e produzione di video e immagini, fonte di grandissime quantità di informazioni che entrano di diritto nel calderone dei Big Data, con tutte le problematiche o opportunità connesse, dallo storage alla loro gestione, e la cui possibilità di analisi in tempi brevi consente alle aziende di ricavare elementi utili per orientare in tempo utile le strategie di business nella giusta direzione. Da non scordare, poi, che tali immagini viaggiano su protocollo Internet, quindi soggette al funzionamento
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Videosorveglianza e videocomunicazione sono due esempi di una convergenza di tecnologie e canali che sta sempre più ampliando l’ecosistema di riferimento. Obbligando i fornitori a crescere in competenze
di Loris Frezzato Direttore responsabile
ottimale delle reti, reclutando tutti quegli strumenti che consentono l’ottimizzazione dei flussi, anche in quei luoghi, molti nel Bel Paese, dove l’ampiezza di banda è ancora un miraggio. Le tecnologie su IP, in particolare i video, non sono più, quindi, una convergenza a due, ma riguarda diversi aspetti, sempre più correlati tra di loro, con il risultato di una maggiore fruibilità da parte degli utenti, maggiori funzionalità a disposizione, ma anche una maggiore necessità di competenze da parte del canale che deve andare a proporre tali soluzioni. Il che porta anche a un ampliamento dell’ecosistema che vi ruota intorno. La videocomunicazione entra in quell’ambito di soluzioni per la Unified Communication, che vede i propri plus propositivi sia nell’aspetto economico, evitando spesso trasferte onerose mettendo a diretto contatto gli interlocutori remoti attraverso soluzioni interattive ad alta qualità, ma anche alle tante verticalizzazioni e interpretazioni in base alle singole esigenze dei clienti, ambito dove si possono esprimere gli sviluppatori più fan-
tasiosi e accorti. La videosorveglianza ormai si sta svincolando sempre più dal mero aspetto di sicurezza per diventare mezzo di raccolta di dati comportamentali di potenziali clienti - vedi, uno fra tanti, l’utilizzo nel settore Retail - da analizzare, su cui impostare statistiche e operazioni di marketing o, comunque, risposte puntuali con adeguata strategia di business. Senza contare che il Cloud Computing si sta imponendo come l’infrastruttura elettiva per gestire, archiviare, fruire tutte le possibili declinazioni di tali tecnologie. Puro valore aggiunto, dunque, che spesso fa dimenticare che ciò che rende possibile tutto ciò sono le videocamere, arrivate ormai a livelli tecnologici tali da consentire qualità delle immagini ad altissima definizione nelle condizioni più disparate, buio compreso. Ma sono gli stessi vendor che producono da anni tali dispositivi a considerare i loro prodotti alla stregua di strumenti abilitatori di business, consapevoli che le opportunità per il canale è davvero per chi lavora “dietro” la telecamera. v
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SDN: a volte ritornano La virtualizzazione delle reti, l’esigenza di flessibilità, di semplificazione gestionale in uno scenario che vede procedere l’unificazione tra rete cablata e wireless, a cui si aggiunge la spasmodica ricerca della riduzione di Capex e Opex, sono aspetti che stanno spingendo l’evoluzione verso le reti definite a software. Se in generale per quanto concerne l’IT e il Software Defined Data Center la cosa può costituire una novità, quando il concetto di ridefinizione a software si sposta sulle reti la cosa assume un sentore di ritorno al passato, di déjà vu e quindi non dovrebbe trovare impreparati ad affrontarlo le società di ingegneria, i system integrator o i professionisti della comunicazione che si siano formati come studi ed esperienze a partire dagli anni ottanta e che hanno avuto a che fare con il modello OSI, che per l’appunto definiva e normava come realizzare un sistema di rete, e più in generale di comunicazione, aperto e flessibile e dove le risorse potevano essere richieste dalle applicazioni in base alle specifiche esigenze. Insomma, viene da dire, per quanto concerne le reti nulla di nuovo, o quasi, sotto il sole. Perché allora il tutto viene presentato come una grande novità e una cesura con il passato? Il motivo può risiedere nel fatto
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Le reti software defined riportano all’attenzione i concetti e i benefici dei sistemi OSI definiti negli anni settanta. Si aprono spazi per system integrator e società di progettazione
di Giuseppe Saccardi
che nell’ultimo decennio si era quasi smarrita la memoria storica e si è cercata la semplificazione delle reti e della loro progettazione grazie a elevate capacità trasmissive nonché al sensibile calo dei costi degli apparati come conseguenza sia dell’evoluzione tecnologica che dell’entrata sul mercato di nuovi produttori asiatici, fattori che hanno permesso di accantonare i problemi di ottimizzazione e di razionalizzazione delle infrastrutture ICT in generale e di rete in particolare tipiche degli anni Ottanta e Novanta. Gli ultimi anni hanno fatto riemergere i problemi che avevano portato alla definizione di modelli aperti dove poter inserire dispositivi che potessero cooperare sotto controllo di un sistema di management indipendente. Va da sé che progettare, installare, certificare e manutenere una rete SDN, per un’azienda è più complesso che non una rete convenzionale e mono fornitore, perché seppur ci si possa basare su certificazioni, un’attività di test, una volta integrato il tutto, la si deve pur fare. In sostanza, esiste sempre la probabilità che quanto risparmiato per l’hardware, perché questo sembra essere uno degli obiettivi principali delle SDN, peraltro in un quadro produttivo che vede l’hardware costare sempre meno e quindi incidere parimenti meno sul costo complessivo di un si-
stema, lo si debba poi spendere per la sua realizzazione, test di integrazione, eccetera. Se questo fosse vero, dove stanno i vantaggi? I benefici economici vanno ricercati a livello alto, e cioè per quanto concerne la gestione centralizzata, la maggior indipendenza e la possibilità, tramite la virtualizzazione, di poter adattare in modo automatico l’assegnazione delle risorse ai processi che ne fanno richiesta. Si tratta ovviamente di benefici economici a posteriori, che può essere difficile valutare inizialmente, ma che pur esistono e possono essere consistenti. Anche se il reale risparmio dipende da quanto sia o meno ottimizzata e virtualizzata la rete esistente. È qui che si apre lo spazio per gli integratori e le società di progettazione, che possono assicurare la realizzazione di una soluzione SDN perchè dispongono delle competenze su diversi sistemi di rete e allo stesso tempo le competenze per i test e le necessarie integrazioni. Di certo devono alzare il proprio livello di preparazione, perchè una cosa è progettare una classica rete con backbone e rete di accesso di tipo convenzionale, un’altra è farlo in ottica SDN. v
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Passi avanti nella digitalizzazione della PA Sono stati introdotti alcuni piccoli provvedimenti che potrebbero avere un notevole impatto sulla Pubblica Amministrazione e, di riflesso, sulla vita dei cittadini e delle imprese. In particolare, è stato approvato in via definitiva il Decreto Legge n. 90/2014, indicato come Decreto PA, e convertito in legge dal Parlamento il 7 agosto. Questo contiene disposizioni per la semplificazione, la trasparenza amministrativa e l’efficienza degli uffici giudiziari, anche se manca un progetto complessivo sulla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Come al solito non resta che sperare nei decreti delegati attuativi, guardando al positivo, rappresentato da alcune norme. Prima fra queste l’indicazione che le PA centrali e locali dovranno, entro 180 giorni dall’entrata in vigore, presentare un piano di informatizzazione delle procedure per la presentazione online di istanze, dichiarazioni e segnalazioni. L’autenticazione dovrà essere effettuata attraverso il Sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID). Quest’ultimo, partito come l’ennesimo esempio di complicazione burocratica, è stato semplificato
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La conversione di un Decreto Legge porta novità importanti, che potrebbero semplificare e portare lavoro
di Gaetano Di Blasio
e reimpostato nell’approccio dal governo Letta e si spera possa funzionare. Un passaggio meno visibile per il cittadino, ma dall’impatto potenzialmente enorme, è invece l’introduzione della cooperazione applicativa che impone alle Pubbliche Amministrazioni di mettere a disposizione delle altre amministrazioni, gratuitamente, l’accesso alle proprie basi di dati. Le possibilità che possa funzionare sono aumentate dall’intervento della stessa Agenzia Digitale, cui tutte le PA dovranno fornire l’elenco dei database e degli applicativi con cui vengono gestiti. Entro tre mesi, l’Agenzia Digitale definirà gli standard di comunicazione e le regole tecniche. Ci sono dunque opportunità per chi lavora con le Pubbliche Amministrazioni, soprattutto locali, che dovranno probabilmente adeguare alcune risorse per permettere l’interoperabilità. Un altro tema legato alla digitalizzazione nazionale è quello della larga banda, soprattutto nelle cosiddette zone rurali, le cui reali esigenze, peraltro, sono
tutte da definire. Crescono comunque le pressioni perché vengano liberate alcune frequenze, tuttora riservate ma non utilizzate. È curioso che ci si preoccupi di preservare i ponti radio, certamente fondamentali in caso di conflitti bellici, mentre non ci si preoccupa della proprietà delle reti in fibra ottica o rame. Anche in tema di cloud, il Garante si preoccupa della residenza sul territorio nazionale dei dati, ma la proprietà dei data center e della rete di accesso non viene valutata. A tal riguardo, vale la pena segnalare l’annuncio, sempre estivo, della prossima costruzione in Italia di un data center di SoftLayer, cloud provider posseduto da IBM. Anche qui sono promessi posti di lavoro. Sarà interessante calcolare il bilancio tra posti creati nelle nuove infrastrutture public cloud e posti cancellati dall’efficienza delle strutture cloud private, che a quelle pubbliche si appoggev ranno.
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Il futuro delle professioni digitali In attesa che l’Europa riconosca a livello normativo uno standard ufficiale (l’e-CF) in Italia nasce l’Osservatorio delle Competenze Digitali per monitorare lo stato dell’arte e supportare la professionalità nel settore ICT. Nel 2013 retribuzioni in crescita di Paola Saccardi
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e competenze digitali sono un fattore abilitante per competere nel mondo e senza le quali il nostro Paese rischia di non avere un futuro all’altezza delle sue possibilità. Da questa convinzione è partito il progetto Osservatorio delle Competenze Digitali che riunisce le associazioni Assinform, Assintel, Assinter insieme all’Agenzia per l’Italia Digitale, nell’impegno comune rivolto a monitorare e promuovere la professionalità all’interno del settore ICT. Competenze che saranno fondamentali per favorire il rilancio, l’innovazione e la competitività del nostro Paese. Per questo l’iniziativa ha coinvolto le principali associazioni nazionali che rappresentano le imprese sul territorio nazionale, ossia Confindustria (tramite Assinform) e Confcommercio (a cui aderisce Assintel), insieme ad Assinter che, invece, rappresenta le aziende a capitale pubblico che operano nel settore dell’informatica per la PA. «Siamo riusciti ad attivare un dialogo tra Pubblico e Privato nell’ICT sul terreno comune della valorizzazione delle competenze digitali, fattore strategico per l’evoluzione del nostro mercato. Ora occorre coinvolgere attivamente anche le PMI diffuse sul territorio, dove spesso si trovano le competenze più innovative» ha commentato Giorgio Rapari, presidente di Assintel. D’altronde come ha evidenziato Giancarlo Capitani, AD di Netconsulting «nel nostro Paese esiste già un patrimonio digitale e le aziende hanno ora a disposizione nuovi strumenti tecnologici che consentono un’evoluzione strutturale nel modo di fare impresa». La digitalizzazione sta avanzando velocemente in molti settori e uno degli esempi ricorrenti in ambito aziendale è rappresentato dalla difficoltà di risposta in tempi veloci dei sistemi informativi alle richieste dei responsabili marketing che, magari, necessitano di creare campagne in tempi brevi. Un altro tema ricorrente è «quello della compliance, che riguarda anche il rispetto delle nuove regole come la fatturazione elettronica resa obbligatoria alle imprese nei confronti della PA, un fenomeno che rappresenta un processo virale di digitalizzazione del Paese» fa presente Capitani. A questo si aggiunge un fondamentale driver che avrà un grande potenziale in
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futuro per la digitalizzazione, ossia le smart city, che richiederanno molteplici applicazioni e connessioni per fornire una serie di servizi innovativi ai cittadini all’interno di un unico sistema. Una serie di opportunità che si apriranno per tutti i fornitori di soluzioni ICT.
I dati dell’Osservatorio
In questo scenario nasce l’Osservatorio delle Competenze Digitali con il compito di monitorare di volta in volta gli sviluppi nel settore delle professioni digitali per verificare e offrire un supporto coeso alla strategia digitale del Paese. I primi dati che sono emersi hanno mostrato nel 2013 una ripresa dal punto di vista delle retribuzioni e una certa resilienza alla crisi da parte delle aziende ICT che si manifesta anche attraverso l’intenzione dichiarata da un terzo delle aziende di voler assumere, come conseguenza di una crescita o ripresa della domanda. In dettaglio, tenendo conto dei 539.483 addetti (regolari e atipici) del settore ICT, il saldo 2013 tra assunzioni e uscite è risultato appena negativo (-0,3%) ma sostanzialmente stabile, mentre le retribuzioni, come anticipato, sono in ripresa secondo i dati dell’Osservatorio, con la categoria degli impiegati che ha riportato un +2,7%, i quadri +3,1%, mentre per i dirigenti la percentuale è lievemente negativa (-0,2%). Gli incrementi maggiori si sono manifestati invece per i responsabili commerciali (quadri +9,3%), per i key account manager (impiegati +8,3%) e per i tecnici ERP (+7,8%). Dal punto di vista del recruitment, invece, le aziende ICT lamentano la mancanza di competenze digitali specifiche, sia per quanto riguarda il percorso di studi dei neo assunti (per 48,1% degli intervistati) sia nelle competenze specifiche dei manager e professional (oltre la metà dei rispondenti). D’altra parte risulta che anche le aziende non riescano a offrire un percorso di valutazione e di carriera strutturato, soprattutto all’interno delle piccole imprese, e a questo si aggiunge che gli investimenti
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in formazione sono stati tagliati negli ultimi due anni. Per queste ragioni il ruolo delle Risorse Umane diventa sempre più strategico perché ha il compito di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze del business e i bisogni delle persone, perché saper attrarre persone competenti rappresenta un valore aggiunto per un’azienda.
Lo standard e-CF
Negli ultimi cinquant’anni il settore ICT è cresciuto assumendo un’importanza sempre maggiore, ma a livello normativo è mancata una regolamentazione che, per esempio, inquadrasse all’interno di un contratto nazionale di lavoro gli addetti del settore ICT. Ora con le attività promosse dall’Agenda Digitale Europea qualcosa si sta muovendo e, in particolare, si sta diffondendo l’adozione dello standard e-CF, ossia il quadro di riferimento per le competenze ICT a livello europeo, già utilizzato da alcune aziende. Con l’e-CF si esprimono le conoscenze e le capacità di un lavoratore ICT che può averne più di una integrate tra loro, in quanto l’e-CF non rappresenta dei profili fissi. Le aziende lo possono utilizzare per identificare e valutare le competenze che servono a portare avanti gli obiettivi di business, ma anche per monitorare la crescita professionale delle persone oppure, per esempio, in caso di partnership per stabilire i reciproci ruoli. Attualmente lo standard e-CF è in fase di CWA (CEN Workshop Agreement) che significa ancora in fase di pre-standard europeo, ma è probabile che presto diventerà uno standard CEN, ossia riconosciuto ufficialmente a livello europeo, una volta che il processo di standardizzazione sarà completato, dal momento che nel 2013 è stato istituito il Comitato finalizzato alla normazione dell’e-CF in Europa, tra l’altro, per una volta, presieduto dall’Italia che si è impegnata in prima linea con proposte credibili. In Italia esiste anche un sito, Jobict.it, dedicato all’incontro tra la domanda e l’offerta nel settore ICT che utilizza il modello delle competenze v e-CF.
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I partner promuovono il cloud. Meglio se Open Il cloud consente di affrontare le tecnologie senza investimenti economici immediati, ma le aziende vogliono avere il supporto di system integrator, i quali devono sviluppare competenze specifiche. L’alternativa dell’Open Hybrid Cloud di Petra Heinrich
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all’entusiasmo alla delusione fino alla realtà implementativa, il cloud computing ha attraversato tutte queste fasi negli ultimi cinque anni. Oggi che ci allontaniamo dalla crisi economica, le aziende desiderano crescere rapidamente e prendono in considerazione il cloud computing dato che elimina la necessità di investimenti IT immediati e permette al business di far scalare le architetture IT a mano a mano che crescono. Nonostante molte aziende siano consapevoli dei vantaggi assicurati dal cloud computing, spesso hanno bisogno di supporto quando si tratta di implementarlo, e si rivolgono a partner e system integrator in cerca di aiuto. I partner di canale dovrebbero quindi considerare l’espansione del proprio portfolio al fine di includere servizi cloud e di integrazione. Oggi la vendita dell’hardware non è più sufficiente e, qui di seguito, esploriamo come i partner di canale possono diventare specialisti cloud e chiariamo alcuni dubbi leciti circa le implementazioni sulla nuvola.
Le preoccupazioni del canale
Fino a poco tempo fa il ruolo del canale era ben definito. Che si fosse un independent software vendor (ISV), reseller, distributore o system integrator, ognuno conosceva il proprio ruolo. Oggi sta avvenendo una transizione, guidata in primis dall’introduzione del cloud. Alcuni partner vedono assottigliarsi le loro opportunità di business dato che il cloud computing elimina un po’ dell’expertise associata all’installazione e al setup di nuove soluzioni, d’altro canto però semplifica la personalizzazione e fraziona i costi su diversi periodi di fatturazione. Uno degli altri motivi che preoccupano i partner per quanto riguarda l’ampliamento dell’offerta è dato dal fatto che il cloud computing è poco sicuro - apparentemente perché i dati archiviati al di fuori dei sistemi di proprietà dell’azienda sono maggiormente soggetti ad attacchi cyber. Infine, un’altra remora legata alle implementazioni cloud è relativa alla dipendenza quasi totale da un determinato provider. Per ovvii motivi le aziende preferirebbero evitare il vendor lock-in.
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Petra Heinrich VP Partners & Alliances, Red Hat, EMEA
Opportunità nella nuvola
L’open hybrid cloud computing offre ai partner nuove opportunità di aumentare le vendite tramite tecnologie complementari. Al fine di commercializzare le soluzioni cloud, i partner devono comprendere come implementare l’infrastruttura e i servizi in un modo che sia aperto e adatto a dati on-premise e off-premise. Questo è fondamentale perché un modello hybrid cloud abilita il professionista IT e l’azienda a valutare e a differenziare i dati ad alto rischio, che quindi dovrebbero rimanere on-premise, e quelli invece a basso rischio che possono quindi essere conservati in modo più conveniente off-site. L’approccio flessibile open hybrid cloud consente agli utenti di guardare all’interno dello stack IT e, se viene reso disponibile un servizio più appropriato, economico o ricco si possono facilmente e rapidamente modificare lo stack. L’opportunità per il partner sta in un modello open source in cui un cloud ibrido aperto permette alle aziende di avvalersi di tecnologie messe a disposizione dai vendor più adatti: piuttosto che essere legate allo stack di un unico fornitore, i partner possono fare crossselling di altre soluzioni compatibili. Il canale deve inoltre fugare le tradizionali paure relative a implementazioni cloud computing dei suoi clienti. Esempi concreti hanno dimostrato che l’adozione di un approccio hybrid cloud è sicura e, in effetti, offre alle imprese maggiori livelli di security e assurance circa la posizione dei loro dati. Allo stesso modo, i partner possono cancellare i timori legati all’uso di un unico provider. Una soluzione OpenStack basata su Linux come base di un’infrastruttura cloud permette alle aziende di dare vita a un fondamento basato esclusivamente su standard aperti, assicurando massima flessibilità sia per il partner, sia per il cliente.
Studiare lo scenario
La differenza per il canale nel proporre le soluzioni cloud-based sta nel
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modo in cui sono in grado di mostrare la loro expertise rispetto ai cloud vendor. Nello stesso modo in cui i giornali si sono reinventati online, i partner devono reinventarsi per soddisfare le esigenze del mercato. L’approccio con il cliente oggi deve partire dalle necessità del dipartimento IT piuttosto che da ciò che potrebbero acquistare. In questo modo, il ruolo del partner cambia e passa dalla vendita di alcune linee di prodotto alla posizione di vero e proprio service provider competente in grado di associare diversi prodotti per fornire la miglior soluzione. In qualità di consulenti, ci sono diversi passi che i partner devono fare al fine di essere cloud ready: •V alutare quali sistemi operativi server e piattaforme di virtualizzazione sono in essere omprendere in che percentuale l’ambiente è già virtualizzato •C •V alutare quali applicazioni standard e self-developed sono implementate e quali sono adatte alla migrazione • S timare le dipendenze tra applicazioni •C onsiderare le normative relative allo storage e all’archivio dei dati • E saminare quali service level agreement già in essere devono essere considerati
Un successo assicurato
Essere partner nel mondo delle nuvole richiede l’adozione di un nuovo approccio: si deve trasformare in un esperto in grado di comprendere rapidamente nuovi prodotti interessanti per i propri clienti e costituire un punto di riferimento per fornire supporto e best practice in questo ambito. Se opera in questo scenario, il partner trarrà notevoli benefici e, in ultima istanza, vedrà aumentare il proprio giro d’affari. Un modello open hybrid cloud assicura la realizzazione di una piattaforma multi-tenant scalabile e flessibile. In questo modo il business mantiene la sua libertà di v scelta, che è la natura stessa dell’open source.
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Vendor e canale alla rincorsa dei nuovi modi di fare business Rincorrere o anticipare le tendenze, secondo le proprie attitudini. Ma senz’altro un fornitore ICT deve rispondere alle esigenze dei clienti, che evolvono velocemente. Al Forum Grandangolo le riflessioni di vendor e operatori del trade di Loris Frezzato
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ziende e fornitori tecnologici ai nastri di partenza, in attesa dello sparo di inizio di una nuova ripresa del mercato. Muscoli allenati ma ancora manca lo scatto che dovrebbe fare ripartire l’economia, e nel frattempo i vendor e il canale IT cercano di venire incontro alle mutate esigenze aziendali, che mettono semplificazione e ottimizzazione, sia nelle tecnologie sia negli investimenti, al primo posto delle priorità, spinte dalla necessità di associare la spesa informatica a un effettivo, tangibile, beneficio per il business aziendale. Per capire se il mercato è finalmente arrivato alla tanto attesa svolta, l’agenzia di comunicazione Grandangolo ha riunito, in occasione del tradizionale Forum, ormai arrivato alla quindicesima edizione, alcuni vendor, distributori e system integrator per discutere sulle strategie messe in atto per affrontare l’attuale situazione. Ognuno con la propria ricetta, ovviamente, come per Lifesize, che occupandosi di sistemi di videoconference, ha già nel DNA della propria offerta l’attenzione ai costi dei clienti, oggi ancor più di prima, orientandosi verso una proposizione in the cloud. «Ѐ sotto gli occhi di tutti che il mercato italiano stia incontrando delle difficoltá, ancor più rispetto ad altri Paesi – esordisce Enrico Leopardi, regional director Sud EMEA di Lifesize -. Una situazione generale dalla quale il mercato del video risente meno degli effetti, potendosi proporre alla clientela con un ROI immediato che ha l’obiettivo dichiarato di tagliare i costi delle aziende, rimanendo, quindi, un ambito ben visto dall’utenza in un momento di crisi. Un mercato che, comunque, sta seguendo nuovi trend, con le soluzioni su un’infrastruttura che è in declino, comportando costi importanti, e che privilegia sempre di più l’aspetto cloud, venendo incontro alle esigenze di mobilità espresse dagli utenti, avvezzi all’utilizzo di device mobili e personali, mentre le sale riunioni video soffrono di più. Per questo ci siamo orientati verso una proposizione di tipo cloud, presentando Lifesize Cloud, che offre servizi pay per use alle aziende a fronte di un risparmio dei costi». Il cloud utilizzato, quindi, per applicazioni a minore impatto sui costi, che non possono, però, prescindere dalla qualità del servizio. Da qui la necessità di avere una rete particolarmente fluida che ne consenta la trasmissione. Ѐ questo l’ambito di interesse di
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Riverbed, che punta proprio all’ottimizzzione della fruibilitá degli applicativi sulle Wan, svuotando, di fatto, la banda e facilitando così l’accesso agli utenti mobili. «Un’offerta che nel tempo si è poi evoluta - afferma Albert Zammar, country manager di Riverbed Italia -, venendo incontro a esigenze di una quantità dei dati che è sempre in crescita, come anche delle applicazioni a disposizione. Gli utenti accedono a sempre più applicativi, e molti di questi sono anche in competizione tra di loro. La nostra piattaforma si è quindi evoluta per consentire di capire quali sono le applicazioni erogate dalla Wan e dare delle prioritá di accesso. Bisogna poi tenere conto che molti operatori oggi sono vincolati anche da SLA verso i propri clienti, dovendo garantire l’accesso alle applicazioni e consentire di verificare il funzionamento della rete agli utenti. Per questo motivo Riverbed si è spostata verso la software defined network, in modo da potere controllare i percorsi dei singoli pacchetti. Un’evoluzione della nostra offerta resa possibile anche dalle varie acquisizioni effettuate, quali Opnet e Zeus, che sono andate nel tempo ad arricchire la piattaforma con strumenti di trouble shooting o dil delivery controller». Certo è che tutto quanto passa dalla rete non può esimersi da un controllo anche in termini di sicurezza, come sperimenta quotidianamente Alessandro Armenia, amministratore delegato di PMC security Lab, spinoff del gruppo PMC: «Abbiamo iniziato con una focalizzazione sui firewall perimetrali, e poi nel tempo abbiamo sviluppato un’offerta orientata alla security pura e allo storage. A oggi le nostre soluzioni coprono gli aspetti del networking, della sicurezza e dello storage dei dati con soluzioni non invasive, in modo che l’azienda non veda la sicurezza come ostacolo. Tempo fa la sicurezza era focalizzata sul perimetro, oggi è invece più incentrata sull’utente, non dovendoci proteggere solo dagli attacchi. Un approccio stimolato dalla crescita del cloud, che ci ha portato a garantire una user experience sulla fruizione del contenuto, sviluppando soluzioni che siano fruibili rispetto alla banda, che tutt’oggi rimane un problema per le aziende. Per ovviare a ciò, aggreghiamo le connessioni disponibili, anche a basso costo, costruendo virtualmente un’unica banda di uscita, sulla quale potere controllare cosa passa e decidere, così, a cosa dare priorità e stabilire i vari limiti di banda». Esigenze nuove dei clienti che evolvono velocemente, di pari passo con le tecnologie abilitanti, che devono stare al passo con le mutate richieste del mercato. Tecnologie che corrono, e che bisogna attentamente vagliare sia da parte del cliente che da quello del distributore, che sui brand che decide di mettere a listino vi deve investire risorse su cui basare sviluppi futuri. «Quello di portare le tecnologie sul mercato è il nostro compito, ma oggi tali tecnologie evolvono a velocità crescenti, aumentando i rischi per un distributore - conferma Piera Loche, managing director di Zycko Italia -. Noi abbiamo vagliato attentamente alcuni brand che davano fiducia, quali Riverbed, Lifesize e Brocade, che all’interno della
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loro nicchia di specializzazione propongano una soluzione innovativa sulla quale investire per prevederne e seguirne le evoluzioni. Soluzioni specifiche che nel tempo si arricchiscono velocemente. In Italia, sia per cultura sia per i problemi economici, non siamo molto innovatori, e ci troviamo a dovere seguire quanto succede nelle altre country, che sono particolarmente attive in ambiti quali l’healthcare e l’education. Ma una cosa è certa: oggi le aziende, anche qui da noi, vogliono collegarsi da ovunque e accedere all’infrastruttura aziendale con qualsiasi device. E i vendor che abbiamo a listino sono in linea con questo trend, essendo, tra l’altro, interoperabili tra di loro. Il BYOD e la consumerizzazione consentono di approcciare aree molto specifiche ma in maniera convergente, con operatori che stanno diventando eterogenei, sia sul fronte della fonia sia su quello dell’IT, che integrano la videoconferenza, che necessita di sicurezza e di performance di rete, consentendoci di lavorare con operatori di networking o di storage, che integrano temi sempre più convergenti. Anche il cloud sta diventando un’opportunitá concreta, senza dovere chiedere un cambio radicale ai clienti, puntando a un forma ibrida che porti alcuni servizi su cloud e non tutto. Come per esempio la parte di videocomunicazione, o di archiviazione delle mail. Per questo motivo abbiamo creato un cloud portal, che consente di pagare i servizi per quanto li si utilizza. Attraverso il nostro portale il cliente acquista, per esempio, la licenza SteelHead di Riverbed, pagandone solo l’uso che ne fa, a beneficio di una gestione dei picchi d’uso, senza dovere dimensionare a priori il massimo dell’utilizzo. Il portale calcola e fattura l’uso concreto. Una modalità che stiamo pensando anche per altri prodotti». Un’offerta cloud sulla quale tutta la filiera si deve abilitare per farla percepire come appetibile ai clienti, anche perché per il resto si osservano ancora pochi investimenti per funzioni quotidiane e addirittura niente dal punto di vista strategico. Da qui la decisione anche di Brocade di orientarsi verso questi temi, come conferma Paolo Lossa, regional manager di Brocade: «Tutti gli operatori si devono preoccupare di mettere a disposizione nuove tecnologie e servizi per rendere allettante l’offerta cloud, la quale si sta, tra l’altro, orientando verso una declinazione di software networking, con l’effetto di complicare le capacitá decisionali da parte del cliente. Anche noi, che siamo dei vendor storicamente focalizzati nell’hardware, stiamo investendo molto in ambito software networking, portando noi e il nostro canale a essere più orientati verso una proposizione sempre più di tipo consulenziale, prevedendo anche un supporto dal punto di vista finanziario. Una strategia sulla quale cerchiamo di allineare tutta la filiera, con diverse iniziative, a cominciare dal training, per fare comprendere al canale la necessitá di passare da una proposizione fatta di hardware a una che comprende una parte sostanziale anche di software. Il che richiede un salto culturale, ma necessario, perchè il valore aggiunto sta arrivando dal software, visto che l’hardware sta portando sempre meno valore e margine». 15 panorami
Consulenza che fa apprezzare sempre più la fornitura di servizi più che di prodotti. Una tendenza che coinvolge anche brand di sicurezza, come Blue Coat. «Sul fronte della sicurezza, le aziende hanno dovuto subire un adeguamento nelle normative, che si sono trovate loro malgrado a dovere recepire, indipendentemente dai budget a disposizione - afferma Alberto Dossena territory sales manager di Blue Coat -. Gli investimenti a lungo termine non si fanno più: in ambito pubblico l’andamento schizofrenico dei governi non consente di fare pianificazioni a livello annuale, ma anche i responsabili degli investimenti ragionano a livello di pochi mesi, preferendo di gran lunga un approccio di tipo a servizio. E il cloud computing, in effetti, consente di superare questo limite, essendo un servizio che non prevede investimenti in infrastruttura. Ed è proprio su queste tematiche che stiamo notando un crescente interesse da parte delle aziende, con forte richiesta di customizzazione del servizio». «Panda giá da anni offre una sicurezza basata su cloud - interviene Domenico Fusco, direttore vendite di Panda Security -, con una strategia in anticipo rispetto a molti altri vendor. All’inizio è stato difficile: anni fa il cliente non aveva ancora sviluppato una cultura della sicurezza via cloud, ma oggi questo vantaggio non è più del prodotto, essendo il cloud ormai integrato nella piattaforma. Da circa un anno abbiamo cercato quindi di differenziare la nostra offerta spostandoci anche sulla gestione e controllo, attraverso Panda Cloud System Management, un servizio che via cloud monitora un sistema informativo, dal server al client, operando anche via mobile, potendo controllare aggiornamenti ma anche accesso alle app. Ciò ci ha consentito di andare anche su dei dealer con cui prima non lavoravamo, che magari vendono altri brand di sicurezza, ma che possono usare soluzioni Panda per la gestione. La nostra azienda è focalizzata sulla media piccola impresa, dove il rischio dovuto alla sicurezza non è considerato un grande valore, mentre la parte di gestione sì, potendo tradursi immediatamente in un ROI, evitando uscite del personale per la gestione che può avvenir via Internet. Ma alla base di tutto rimane la cultura per il cloud. Per questo stiamo facendo dei webinar basati sul concetto di cloud, e non sulla nostra soluzione. Perchè è importante por-
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tare la cultura del cloud sul mercato e sul canale, che così potrà affrontare e apprezzare le nostre soluzioni basate su cloud». Approcci diversi ai problemi che prevedono anche un cambio dei riferimenti all’interno delle aziende, «Con gli IT manager che stanno progressivamente perdendo potere decisionale all’interno delle aziende come osserva Roberto Navone, account manager project enterprised di CDH -. Oggi, infatti, molti processi vengono decisi dal business, sia nella scelta del fornitore sia della soluzione. Al CIO si chiede solo di fare funzionare e aggregare il tutto. Si va quindi verso delle infrastrutture integrate, prevalentemente basate sulla virtualizzazione, che consente scalabilitá e di modulare gli investimenti nel tempo. Senza per forza andare su cloud, molte aziende infatti sono più propense all’hosting, in cui i servizi sono fatti su misura secondo le singole esigenze. La virtualizzazione ci consente di astrarre l’hardware a livello server e storage, con una gestione da parte del cliente o da parte nostra. Per questo noi spingiamo sulla “zero client initiative”, andando a cercare tecnologie che definiscano un ambiente in modo da ripensare l’IT aziendale. Portandolo tutto su Web, su un portale, attraverso cui gestire il tutto, per consentire ai clienti di abbandonare i client, promuovendo il BYOD. Potendo accedere agli strumenti aziendali attraverso un browser. Anche perché l’IT non è il core business dell’azienda, ma un servizio funzionale al business». «Il mercato cambia, i vendor devono cambiare ma, ancor prima, siamo noi system integrator a dovere cambiare - chiude Mario Paladini, amministratore delegato di PMC International service -, ponendoci nei confronti dei nostri clienti in una veste di consulente, cercando di portare cultura in un contesto che si muove in veloce trasformazione. E la nostra consulenza la dobbiamo esplicare non tanto con l’IT manager, ma con la proprietá dell’azienda, che non capisce le nuove dinamiche del mondo IT, e usa un linguaggio che non è quello a cui siamo abituati. Dobbiamo spiegare loro dove e come investire, secondo le loro caratteristiche ed esigenze. Consentendo alle medio-piccole aziende di competere con quelle più grandi anche se non sono strutturate come loro, o almeno di v potere dire loro in un mercato sempre più agguerrito».
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Gestione delle Patch
Valutazione delle vulnerabilitĂ
Compliance reporting
Network auditing
Network security insights
Con l’affinarsi delle tecnologie di ripresa e di gestione dei video e della loro ottimizzazione nella trasmissione su protocollo IP, si rendono sempre piÚ accessibili le soluzioni di videocomunicazione e di videosorveglianza basate su IP, veicolate da un canale che evolve nella direzione di una convergenza di competenze e di riferimenti. Equilibri la cui regia è in mano ai distributori
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di Claudia Rossi
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Samsung Techwin, con l’IP la videosorveglianza va oltre la sicurezza
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ualità e valore, questi i pilastri su cui Samsung Techwin, società del gruppo Samsung, ha basato da sempre lo sviluppo dei suoi prodotti di videosorveglianza, soluzioni capaci di distinguersi sul mercato soprattutto per l’eccellenza tecnologica e l’elevato grado di innovazione. Un’offerta completa, che abbraccia mondo analogico e mondo digitale in un passaggio di testimone che ha già iniziato a toccare fornitori e clienti. «Oggi la percentuale di prodotti Samsung Techwin veicolati sul mercato vede un netto e consolidato trend di crescita per la nostra offerta digitale IP, che ci porta ad avere un sostanziale equilibrio, in termini di fatturato, tra IP e analogico, a testimonianza di un deciso passaggio alla tecnologia digitale da parte del mercato» esordisce Peter Ainsworth, head of product and marketing di Samsung Techwin Europa. Si tratta di una progressione sostenuta dai tanti benefici che il digitale è in grado di offrire in questo ambito, nonostante le iniziali resistenze tra gli stessi operatori.
La logica Open Platform del vendor coreano offre ai partner la possibilità di integrare software specifici all’interno dei prodotti, indirizzando le esigenze di qualsiasi verticale, ma soprattutto trasformando i dispositivi di videosorveglianza da semplici device di sicurezza a veri e propri strumenti di supporto al business
Serve un nuovo approccio ai clienti «Parlare di soluzioni di videosorveglianza su IP significa cambiare il linguaggio con cui si parla ai propri clienti, vuol dire essere in grado di sviluppare progetti articolati e, quindi, proporre nuove competenze sul mercato» chiarisce Ainsworth, sottolineando come il digitale stia trasformando gli strumenti di videosorveglianza da semplici tool di sicurezza a dispositivi video capaci di offrire un importante supporto al business delle aziende che li utilizzano. «L’IP non apre solo le porte a una mi-
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Peter Ainsworth head of product and marketing di Samsung Techwin Europa
gliore risoluzione delle immagini o alla possibilità della remote connectivity, introduce anche l’uso di piattaforme aperte che permettono l’implementazione di applicazioni verticali all’interno delle telecamere - continua il manager -. Per fare un esempio concreto, avvalendosi della tecnologia IP, un centro commerciale può pensare di caricare sui device di videosorveglianza software specifici di monitoring e analisi dei flussi delle persone per raccogliere tutte le informazioni necessarie alla messa a punto di nuove e più efficaci iniziative di marketing. Attraverso il digitale i prodotti di videosorveglianza stanno dunque cambiando volto, trasformandosi in una nuova categoria di strumenti, capaci di fornire ai vari contesti aziendali dati critici su cui riformulare le proprie strategie di business». Si tratta di un cambio di passo importante, che nell’offerta del vendor coreano trova un’ulteriore accelerazione grazie ai numerosi atout garantiti da un portafoglio prodotti sviluppato sulla base delle indicazioni fornite dagli stessi utenti. Innanzitutto la possibilità di avvalersi di un chipset di ultima generazione come WiseNet III, che attraverso la sua capacità di elaborazione offre funzionalità e prestazioni di altissimo livello, garantendo un’elevata qualità e fluidità delle immagini riprese. La risoluzione video supportata, da 1.3 a 5 MegaPixel (queste ultime previste entro la fine del 2014), fornisce un range abbastanza ampio e adattabile alle diverse esigenze dei clienti che non sempre hanno necessità di ricorrere al top di gamma. Ampia anche la scelta tra i formati delle telecamere Samsung Techwin, men-
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tre la caratteristica della Zero Configuration ne garantisce una implementazione semplificata. Proprio l’immediatezza dei dispositivi, nel loro uso e nella loro installazione, rappresenta per i prodotti di questo vendor un punto fortemente qualificante. «Nei progetti di videosorveglianza su IP l’incidenza dei prodotti è solo una delle voci da prendere in considerazione - sottolinea Ainsworth -. Sull’investimento generale incidono anche il tempo d’installazione e quello di manutenzione, per questo abbiamo lavorato molto allo sviluppo di prodotti caratterizzati da un’elevata facilità d’implementazione e dalla grande affidabilità. Per la manutenzione, offriamo poi servizi avanzati di supporto ai nostri clienti, come l’advanced replacement su tutte le nostre telecamere e apparati di registrazione».
Applicazioni per vari settori Numerosi i settori in cui Samsung Techwin sta registrando forte vivacità nella richiesta delle sue soluzioni, che trovano, quindi, terreno fertile in alcuni ambiti specifici. Tra questi spiccano soprattutto il Retail, il settore dei Trasporti e il Finance. «Tre verticali a cui non indirizziamo tecnologie dedicate, preferendo puntare a un’offerta trasversale, capace di adattarsi facilmente alle diverse esigenze dei clienti - precisa Ainsworth -. È la possibilità di declinare la tecnologia in modo assolutamente flessibile che mette i nostri partner nella condizione di proporre le soluzioni migliori in funzione degli ambiti in cui operano». Questa flessibilità, abbinata all’elevata adattabilità dei prodotti, è sostenuta soprattutto
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La parola ai partner
Sprinx Technologies
Sprinx Technologies, Spirit of Research and Innovation (www.sprinxtech.com), è una società italiana di engineering e sviluppo software focalizzata nella progettazione e fornitura di soluzioni di videosorveglianza e analisi video. Sul mercato la società di Meda (MB) si è sempre distinta per l’approccio innovativo e l’attenzione alle esigenze dei vari segmenti di mercato, mettendo a disposizione della clientela la propria competenza tecnologica. In particolare, grazie all’esperienza del proprio team nel settore della Tvcc e all’alta specializzazione del proprio laboratorio interno di R&D, Sprinx si è guadagnata un ruolo di primo piano nel settore verticale del Traffico, offrendo soluzioni dedicate di videosorveglianza, Automatic Incident Detection, Automatic Number Plate Recognition, Total Video Management & Video Monitoring, tutte connotate da un elevato grado di integrazione sia con gli altri impianti tecnologici sia con sistemi di supervisione superiore. «La collaborazione con Samsung Techwin è nata dall’esigenza di trovare partner qualificati in grado di inserirsi e integrarsi nel nostro ecosistema, completando con i loro prodotti le nostre soluzioni e garantendo un risultato finale superiore alla sommatoria dei singoli elementi - esordisce Paola Clerici, general manager di Sprinx Technologies -. Fin dal primo incontro avvenuto circa due anni fa, Samsung Techwin ha dimostrato di voler instaurare un rapporto di fattiva collaborazione, mettendo a disposizione, oltre a un catalogo prodotti interessante per le nostre applicazioni, anche strumenti di natura commerciale e tecnica, permettendoci di essere “win-win” in un vero rapporto di partnership». I progetti su cui Sprinx ha avviato la collaborazione con Samsung Techwin sono soprattutto in ambito Traffico, con interventi all’interno di alcune tra le maggiori opere stradali a livello nazionale: dalla A3 Salerno-Reggio Calabria, alla Pedemontana Lombarda, passando anche per forniture all’interno di opere quali Brebemi ed Expo2015. «La presenza di alcune feature specifiche nei loro prodotti, la possibilità di integrare alcune funzionalità addizionali e sfruttarne e/o potenziarne altre attraverso le nostre applicazioni e, non da ultimo, una sinergia commerciale consolidata, ci permette di offrire soluzioni performanti e a valore aggiunto» chiarisce Clerici, che sottolinea come l’attività di Sprinx si concentri soprattutto su progetti, che necessitano di un rapporto di collaborazione intenso con i partner fornitori coinvolti, dalla proposta tecnico-economica fino alla manutenzione. «Il coinvolgimento di Samsung Techwin su progetti specifici parte dall’elaborazione dell’offerta, al supporto tecnico e commerciale durante le varie fasi di confronto con il cliente attraverso un rapporto di vera partnership - precisa la manager -. Inoltre, la possibilità di accedere, in qualità di Smart Partner, a corsi formativi e di aggiornamento dedicati e a tool specifici per la progettazione del sistema, ci consente di beneficiare di validi strumenti per svolgere, comunque, in autonomia buona parte delle fasi di gestione del progetto».
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dalla logica Open Platform su cui è costruito il cuore tecnologico dell’offerta Samsung Techwin. L’architettura dei chipset WiseNet III garantisce, infatti, piena libertà nella scelta della perfetta combinazione di software per l’analisi e la gestione video da inserire all’interno del sistema di videosorveglianza. «Siamo convinti che questa “apertura” avrà un grande impatto sulla richiesta delle soluzioni di videosorveglianza over IP, dando un forte impulso alle opportunità di business dei nostri partner - afferma Francesco Paradiso, IP Business Development Manager per l’Italia -. Si aprono di fatto nuovi scenari e nuove possibilità di applicazione e di utilizzo delle nostre soluzioni, dando la possibilità di “intercettare” investimenti che fino ad ora non rientravano nelle aree di business normalmente frequentate da noi e dai nostri partner».
Un Partner Program per il supporto al canale «Per cogliere in pieno questa opportunità, in autunno sarà lanciato anche in Italia il nostro nuovo programma di canale - prosegue Paradiso -. Il programma, denominato Step (Samsung Techwin Eco Partnership - ndr) vedrà Samsung Techwin operare in stretta sinergia con i propri partner, portando concetti particolarmente innovativi per il settore dal momento che si ispira ai tipici partner program del mondo IT, tenendo però in considerazione le peculiarità del mercato della Sicurezza». Perno principale attorno a cui ruoteranno le relazioni con i partner sarà una nuova piattaforma on-
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Case study
Il grande progetto per la sicurezza del Duomo di Milano
Meta di 5 milioni di visitatori all’anno (cifra destinata a salire a 20 in occasione di Expo2015), il Duomo di Milano rappresenta in Italia uno dei luoghi in testa alla lista degli obiettivi sensibili da proteggere. In risposta a questo livello di rischio, a settembre 2013 la Veneranda Fabbrica del Duomo ha deciso di dare il via ai lavori per la messa in sicurezza della Cattedrale e di tutta l’area circostante il monumento attraverso un avanzato sistema di telecamere in grado di garantire la tutela e la salvaguardia del simbolo di Milano. La Fondazione Enzo Hruby ha immediatamente raccolto l’invito, deliberando in tempi rapidissimi il sostegno degli oneri. «Siamo molto felici di poter offrire un contributo concreto alla nostra città, dopo numerosi progetti di protezione sostenuti in tutta Italia - ha dichiarato Carlo Hruby, vice presidente della Fondazione Enzo Hruby -. Questo progetto unisce la tutela di un bene culturale unico al mondo e simbolo stesso di Milano con il controllo urbano di un’area estesa, la cui protezione giova alla tranquillità dei cittadini e dei turisti. Nell’ambito della sicurezza la videosorveglianza è il settore oggi in più rapida evoluzione e per la realizzazione di questo progetto verranno impiegate le tecnologie più avanzate, in grado di offrire alle Forze dell’Ordine un ausilio insostituibile alla loro attività». Il progetto ha visto l’importante partecipazione di Samsung Techwin come fornitore di alcune tra le tecnologie di videosorveglianza più innovative oggi disponibili sul mercato. «Abbiamo deciso di entrare in questo progetto per poter utilizzare le nostre soluzioni più avanzate per la protezione di un’area che sta a cuore a tutti i cittadini di Milano e non solo - ha dichiarato Fabio Andreoni, Head of Business Development South Europe per Samsung Techwin -. Siamo particolarmente soddisfatti di poter dimostrare inoltre come la tecnologia, quando è utilizzata in modo corretto, può contribuire a incrementare l’efficienza dell’operato delle Istituzioni e, in un’ ottica più ampia, la qualità della vita dei cittadini. È un tassello di un mosaico più articolato, ma se rendere più sicura Piazza del Duomo contribuirà a una gestione più efficace dell’area, all’aumento dei visitatori e dell’indotto che ne consegue, avremo dimostrato come, operando in sinergia tra diversi soggetti pubblici e privati, sia possibile raggiungere obiettivi importanti, in tempi rapidi e con risultati positivi». Incaricata della realizzazione del progetto è la società Umbra Control di Perugia, che nei mesi scorsi è stata impegnata anche nell’importante intervento sostenuto dalla Fondazione Enzo Hruby e da Samsung Techwin per la protezione del nuovo Grande Museo del Duomo di Milano.
line, ritagliata all’interno del sito Samsung Techwin e accessibile esclusivamente attraverso login e password. Qui i dealer registrati potranno trovare tutti gli strumenti commerciali e di marketing indispensabili per il loro lavoro: dall’area per la deal registration, a quella per la definizione di attività di co-marketing fino all’area che raccoglie tutta la documentazione e i tool tecnici e commerciali da utilizzare nell’attività di progettazione e proposizione. «Questa nuova piattaforma rappresenta un’occasione di razionalizzazione dei tanti strumenti già disponibili per i partner, ma ne introduce anche di nuovi, particolarmente importanti, soprattutto ora che la tecnologia IP fa crescere la necessità di sviluppare capacità progettuali tra i nostri dealer» chiarisce Paradiso. Ad oggi Samsung Techwin è attiva con una rete distributiva capillare con partner che operano sia a livello locale, con presenze radicate sul territorio su aree geografiche regionali, che con distributori con copertura nazionale. «Il mercato italiano della videosorveglianza richiede grande vicinanza ai clienti - precisa Paradiso -. L’installatore è molto spesso abituato a fare riferimento a un Francesco Paradiso IP Business Development Manager per l’Italia di Samsung Techwin
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distributore vicino anche in termini geografici che, conoscendo perfettamente il territorio, è in grado non solo di intercettare le opportunità, ma anche di supportarlo nelle varie attività». Per coadiuvare in pieno la crescita dei partner nel processo di migrazione da analogico a IP, Samsung Techwin ha recentemente predisposto sessioni di training e percorsi formativi di avvicinamento alle soluzioni IP, con giornate di formazione sul territorio in collaborazione con i propri distributori. L’iniziativa denominata Samsung Training on Tour, ha toccato dodici sedi nel corso della prima metà del 2014, e ha offerto un’occasione di formazione e aggiornamento a un audience molto alta. «La formula del Samsung Training on Tour ha avuto un grande successo - sottolinea Paradiso -. Tutte le tappe hanno registrato il sold out: abbiamo registrato più di 300 partecipanti che hanno aderito con interesse a un corso volutamente molto tecnico. Questo testimonia ancora una volta il forte interesse degli operatori nei confronti del digitale e delle opportunità che la tecnologia IP sta progressivamente aprendo sul mercato». Il prossimo obiettivo di Samsung Techwin è quello di ampliare la rete di partner aderenti all’ecosistema STEP, rivolgendosi ad aziende, system integrator, operanti sul mercato della Sicurezza dell’IT e del Networking che, abituati a lavorare secondo la logica dell’integrazione, del progetto e della partnership, siano in grado di cogliere le opportunità che la tecnologia Samsung oggi offre per fare crev scere il proprio business.
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Allnet, un partner a tutto tondo per il mondo delle tecnologie IP Particolarmente ricco in ambito videosorveglianza, il portafoglio di soluzioni di videocomunicazione offerto dal Vad si articola attorno a due brand principali, cui potranno presto aggiungersene altri in considerazione della fase di grande effervescenza che il mercato delle soluzioni IP sta attraversando
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l 2013 ha fatto registrare al fatturato di Allnet una crescita a doppia cifra nel segmento d’offerta legato alle tecnologie su IP, anche se l’incremento non è stato omogeneo per tutte le categorie o per tutti i produttori a listino. «Indubbiamente il settore sta attraversando un periodo di forte evoluzione, con la presenza sempre più dominante della tecnologia IP, che soppianta la tecnologia analogica offrendo opportunità di integrazioni prima impensabili - esordisce Emiliano Papadopoulos, amministratore delegato di Allnet -. Il cloud, la domotica e la mobilità sono trend tecnologici che trainano l’uso del video in ambienti business, anche in settori molto diversi tra loro».
I diversi impieghi dell’IP Oggi, ai nuovi sistemi di videosorveglianza non si chiede più di adempiere a fini esclusivamente legati all’ambito della sicurezza. All’analisi video vengono delegati ormai compiti di tipo commerciale o statistico in settori come la Gdo o la logistica. Esempi simili si possono trovare anche nel segmento della videocomunicazione, oggi sempre più richiesta in
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ambito business per i risparmi innescati nei costi di trasferta e il successo riscontrato da tutti gli strumenti di fascia più consumer. «L’avvento dei sistemi cloud ha, tra l’altro, contribuito a ridurre a una frazione i costi di gestione e implementazione di un’infrastruttura - prosegue Papadopoulos -, aggiungendo flessibilità di utilizzo e permettendo anche alle piccole e medie imprese di dotarsi di sistemi avanzati precedentemente appannaggio esclusivo delle grandi aziende». Per quanto riguarda la videosorveglianza il portafoglio di Allnet vanta un’offerta particolarmente completa: da soluzioni professionali stand alone di Mobotix, a telecamere IP di fascia economica con un rapporto prezzo/qualità eccezionale come le Grandstream, a telecamere ad altissima risoluzione per progetti verticali come quelle di Arecont. A listino il Vad conta, inoltre, un produttore leader internazionale, specializzato nella tecnologia a infrarossi come Flir, oltre che telecamere a marchio proprio (Allnet) per nicchie specifiche di mercato. L’offerta si completa, poi, di sistemi di gestione e archiviazione di Qnap e Axxon, oltre che da accessori come Tamron per le ottiche e Tekno System e Microlight per illuminatori a infrarosso, per finire con sistemi videocitofonici IP di 2N e videotelefoni di Grandstream e Yealink. Per quanto riguarda i sistemi di videocomunicazione, il distributore vanta accordi con due produttori di riferimento sul mercato: Polycom e Lifesize (gruppo Logitech).
Un’offerta in crescita «Monitoriamo costantemente l’evoluzione tecnologica nei nostri ambiti di interesse - precisa Papadopoulos - e, considerando gli altissimi tassi di innovazione e la velocità a cui questi cambiamenti avvengono, siamo sempre alla ricerca di nuovi
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Da EDSlan un portafoglio completo di soluzioni su IP Emiliano Papadopoulos amministratore delegato di Allnet
Il settore della videoconferenza e quello della videosorveglianza sono coperti attraverso un’offerta ricca e articolata, capace di indirizzare le più diverse esigenze del mercato
brand da inserire a portafoglio, purché abbiano una visione innovativa e un alto potenziale di crescita e rappresentino un valore aggiunto per la nostra offerta. Oggi diversi produttori sono in valutazione e sicuramente entro l’anno la nostra offerta sarà integrata con nuovi brand». Il servizio più importante che Allnet mette a disposizione dei suoi partner è sicuramente la capacità di affrontare insieme progetti specifici, fornendo soluzioni alternative ed innovative, identificando sempre la soluzione migliore in termini economici e tecnologici in funzione delle richieste dei clienti. «Per fare questo, oltre ai servizi standard come la logistica, la finanza, il marketing, il supporto pre e post vendita e formazione, ascoltiamo i dealer e le esigenze del mercato - conclude Papadopoulos -. Lavoriamo assieme ai nostri partner e ai produttori, per offrire le soluzioni migliori, che permetteranno loro di portare il business a casa e offrire un servizio eccellente al proprio cliente». v
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anno 2013 ha segnato per EDSlan una crescita sostanziale delle vendite di prodotti di videoconferenza, in linea con la crescente domanda da parte del mercato di soluzioni in grado di migliorare la comunicazione e la collaborazione. «L’uso delle soluzioni di collaborazione video per sfidare le distanze può dare risparmi notevoli sulle spese di viaggio - esordisce Elena Semplici, business developer & channel manager divisione Ip Telephony & Uc -, ma questo è solo l’inizio della proposta a valore: la collaborazione video oggi è semplicemente essenziale affinché le aziende continuino a operare con efficienza e contribuiscano a un rapporto lavoro/vita privata più equilibrato». Le videoconferenze, infatti, servono a condividere i contenuti (concetti, dati e idee) in tempo reale, creando opportunità di dialogo che abbreviano il processo decisionale. «Il 96% dei decision maker aziendali ritiene che la videoconferenza rimuova le barriere dovute alla distanza tra gli interlocutori e migliori la produttività dei team dislocati in diverse città e Paesi - continua Semplici -. È questo quanto emerso da una recente ricerca commissionata da Polycom e condotta su oltre 1.200 decision maker in 12 Paesi». Analizzando più in dettaglio i dati forniti dallo studio, si evidenzia la crescente diffusione della video collaborazione che si classifica al terzo posto (con il 47%) tra gli strumenti di comunicazione preferiti tra gli intervistati, dopo le e-mail (89%) e le chiamate/conferenze vocali (64%). Questo risultato deriva essenzialmente dai vantaggi legati a una migliore collaborazione tra colleghi dislocati a livello globale (54%), una maggiore chiarezza degli argomenti in discussione (45%) e riunioni che risultano più efficaci (44%). Proprio per questi benefici, la metà degli intervistati (52%) crede che nei prossimi tre anni il video diventerà il loro strumento preferito.
Video IP per comunicare Per quanto riguarda l’offerta di videoconferenza, oggi il portafoglio d’offerta di EDSlan ruota attorno a due brand: Huawei e Polycom, due vendor con cui il Vad vanta un rapporto consolidato da alcuni anni e che offrono un’ampia gamma di soluzioni sia per sale riunioni sia per utenti mobili dotati semplicemente di pc, tablet o smartphone, il tutto supportato da una piattaforma di infrastruttura che consente di gestire anche ambienti
Marco Tietto business developer & channel manager divisione Networking/Videosorveglianza di EDSlan
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più complessi e articolati. «Per completare questa offerta - precisa Semplici -, abbiamo inserito anche prodotti complementari quali monitor Samsung, videoproiettori Panasonic, matrici video e supporti quali carrelli, staffe e accessori». Il supporto che EDSlan garantisce ai propri rivenditori è a 360° in tutte le fasi di vendita: dall’analisi congiunta delle esigenze del cliente, alla progettazione, all’installazione e configurazione dei vari apparati, fino al supporto tecnico di primo livello in fase di post vendita. «Questo è sicuramente un fattore che ci differenzia sul mercato, posizionandoci nella fascia alta della distribuzione a valore aggiunto» conclude la manager.
Video IP per controllare In ambito IP, oltre alle soluzioni di videoconferenza, EDSLan ha strutturato da tempo un’offerta particolarmente ricca anche nel settore della videosorveglianza. In particolare, il 2013 è stato per il distributore l’anno in cui ha registrato il maggior incremento nelle vendite da quando questo tipo di soluzioni sono entrate a far parte del suo portafoglio. Il fatturato realizzato in questo ambito è cresciuto, infatti, attorno al 50% rispetto all’anno precedente, un risultato ottenuto in parte grazie all’inserimento di nuove tecnologie, in parte per l’interesse sempre più diffuso da parte dei dealer e degli installatori in generale. «Negli ultimi due anni la tecnologia per la videosorveglianza IP ha
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subito processi di crescita molto significativi - sottolinea Marco Tietto, business developer & channel manager divisione Networking/Videosorveglianza -. Nuovi sensori, nuove telecamere, nuove modalità di trattamento delle immagini consentono di realizzare sistemi con eccellenti risultati a costi decisamente più contenuti rispetto al passato». Il “vedere bene” e in qualsiasi situazione ambientale attraverso un sistema di videosorveglianza non è più solo un privilegio di chi poteva, come in passato, investire in soluzioni molto costose e complesse. «Credo che uno dei settori che offra maggiori opportunità di business sia quello dell’analisi video - prosegue Tietto -. Le telecamere stanno diven-
tando “più intelligenti” e in grado di svolgere funzioni di controllo sempre più precise e sofisticate. Una banale funzione di monitoraggio per intrusioni, controllo fumi/incendi, furti, manomissioni, controllo targhe e controllo veicolare può essere convertita con le nuove telecamere in sistema di allarme vero e proprio grazie all’intelligenza residente all’interno delle telecamere». È su queste basi e conoscenze che i dealer di EDSLan sono chiamati sempre più a orientarsi nel proporre le soluzioni di videosorveglianza ai propri clienti. «Non deve essere solo il fattore prezzo il “discriminante” per le scelte dei clienti - sottolinea il manager -. Gli operatori che vendono Sicurezza devono garantire soprattutto prestazioni e affidabilità».
Con Zycko la proposizione di videocomunicazione è all inclusive Il distributore è sempre più P impegnato ad assicurare completo sostegno sul territorio, organizzando iniziative di lead generation che promuovano le sue soluzioni di video collaboration in modalità all inclusive: dall’identificazione degli utenti fino alla gestione dell’agenda per fissare gli appuntamenti con i partner
articolarmente attiva nella distribuzione di soluzioni di videocomunicazione, Zycko ha registrato nel 2013 un trend in crescita nella richiesta di questo tipo di soluzioni e per il 2014 già prevede un anno ancora più interessante. «I decision maker aziendali sono sempre più consapevoli che le soluzioni di video-collaborazione semplifichino i processi e le relazioni con clienti, fornitori e colleghi in tutto il mondo, con un impatto positivo sulla produttività - chiarisce Piera Loche, managing director Zycko Italy -. Anche i costi aziendali sono drasticamente abbattuti: perché prendere un aereo e affrontare spese di trasferta ogni volta che si deve vedere qualcuno?». Nell’esperienza di Zycko, oggi il settore più sensibile al tema della videocomunicazione è quello della Pubblica Amministrazione che può abbattere i costi dei dirigenti in viaggio tra i vari uffici italiani. «Ovviamente non sono solo le PA a mostrare interesse per questo tipo di soluzione - prosegue Loche -. Lo sono anche tutte le aziende “modernamente” organizzate che si trovano a operare in un contesto globalizzato e senza barriere geografiche, con clienti e fornitori, oltre che collaboratori, in ogni parte del mondo».
Lifesize offre videocomunicazione on cloud L’offerta di videocomunicazione di Zycko ruota attorno a Lifesize, un fornitore che dal primo giorno ha innovato e imposto nuovi standard
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In ambito videosorveglianza l’offerta di EDSlan è molto ampia. Il mercato chiede, infatti, le soluzioni più varie e il Vad vuole essere in grado di identificare e proporre soluzioni soddisfacenti per tutti. I brand su cui l’offerta è stata strutturata sono Sony, Selea, Ganz, Panasonic, SkillEye e Arecont. «Il nostro obiettivo - precisa Tietto - è quello di farci conoscere sempre di più come distributore di soluzioni di videosorveglianza, dopo aver ormai conquistato una solida posizione nella distribuzione
di Cabling e Networking. Competenze e presenza territoriale capillare sono per noi punti estremamente qualificanti, mentre per quanto riguarda l’offerta abbiamo in mente ulteriori ampliamenti». Numerosi i servizi di supporto garantiti ai delaer, che in aggiunta a quelli classici di pre e post vendita e di consulenza per le progettazioni, da quest’anno possono appoggiarsi a EDSLan anche per la certificazione Sony Videosorveglianza per gli Installatori. Personale EDSlan ha acquisito, infatti, il ruolo di Certificatore Sony sul territorio nazionale. Questo consentirà ai dealer interessati al brand Sony di partecipare a corsi specifici nelle sedi del distributore e acquisire l’attestato di installatore Sony. v
sul mercato. «Recentemente Lifesize ha lanciato sul mercato la prima soluzione di video collaborazione 100% cloud based che non richiede nessun tipo di infrastruttura, implementabile su sistemi da sala tradizionali così come su tutti i dispositivi mobili - ha sottolineato la country manager di Zycko -. Si tratta di una soluzione rivoluzionaria che ci sprona a continuare nel nostro impegno orientato a supportare in modo concreto e continuativo i partner nella distribuzione a valore delle soluzioni IT da noi certificate come Lifesize, assicurando elevata professionalità, sia tecnica sia commerciale». Zycko, infatti, non aspetta ordini da evadere, ma costruisce con i dealer strategie e crea con loro nuove opportunità di mercato. Tutte le sessioni formative e i numerosi webinar del distributore puntano a questo: offrire sempre più risorse ai partner perché possano creare nuovo business in linea con i trend di mercato. «Oggi siamo sempre più impegnati ad assicurare il più completo sostegno sul territorio, organizzando anche iniziative di lead generation che possano promuovere le soluzioni dei vendor in modalità all inclusive, partendo dall’identificazione degli utenti, fino alla gestione dell’agenda per fissare direttamente gli appuntamenti con i nostri partner - sottolinea Loche -. Per supportare il business dei dealer, da maggio abbiamo reso di-
sponibile anche il nostro Cloud Portal, un portale online aperto a tutti i clienti con un altissimo livello di automatizzazione e in grado di offrire un sistema flessibile e immediato per l’erogazione e la gestione delle licenze necessarie ai reseller».
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Provare, prima di acquistare Per quanto riguarda l’offerta LifeSize, nello specifico, Zycko ha poi messo a punto un’iniziativa esclusiva che permette ai partner di testare i molteplici vantaggi della soluzione totalmente cloud based. «Per chi richiederà una versione completa di LifesizeCloud di prova sul sito www.lifesize.com/solutions/cloud/trial?partnernumber=EMEA-4900 metteremo a disposizione per lo stesso periodo anche un LifesizeIcon in modalità Try&Buy» ha concluso Loche che ha sottolineato come la strategia Zycko, anche per l’ambito videocomunicazione, sia sempre quella di creare ecosistemi tecnologici, con vendor complementari tra loro, per la definizione di una infrastruttura IT performante ed efficiente, senza che ci siano soluzioni “concorrenti” tra di loro. «Il nostro obiettivo e il nostro valore è far riconoscere l’unicità di ogni soluzione offerta» ha chiosato la manager. v
Piera Loche managing director di Zycko Italy
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Crescita sul mercato attraverso il canale. Dell rinuncia alla diretta sui nuovi clienti, ampliando di fatto la quota di business seguita dai partner
Il canale come motore del business di Dell
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ei anni fa il canale non esisteva per Dell, in antitesi con la strategia della vendita diretta che la distingueva dal resto del mercato. Ma mai dire mai. Infatti, gradualmente, l’intermediazione delle terze parti si è fatta strada nel go-to-market del vendor, prima con un modello one tier per poi passare con decisione alla distribuzione più classica. Fino ad arrivare ad oggi, dove Dell indica proprio il canale come principale veicolo per raggiungere il mercato. Ancor più nel
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nostro Paese, dove «Il canale rappresenta il vero motore del nostro business - si spinge a dichiarare Filippo Ligresti, amministratore delegato di Dell Italia -. Una base importante di operatori sul mercato funzionale anche per svincolarci dalle grandi gare e puntare piuttosto a sviluppare un mercato locale basato sul territorio».
40% il business che passa per il canale Una virata al timone che ha fatto solo che bene a Dell, che ha visto il proprio fatturato lievitare del 26% del Q1, con crescite su tutti i fronti, ma in particolar modo sull’enterprise, che cresce, anno su anno, di oltre il 60% nel Q1. Mentre il canale è cresciuto del 300% nel giro di 4 anni, al punto che oggi l’indiretta è responsabile del 40% del fatturato realizzato in ambito business, con una numerica imponente che a livello mondiale fa conto di 140.000 partner, 4.200 dei quali sono certificati. 40% anche la quota che passa dal canale italiano, sempre in ambito business, con quattro distributori, Esprinet, Computer
Filippo Ligresti amministratore delegato di Dell Italia Adolfo Dell’Erba channel director southern Europe di Dell
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Gross, Datamatic e Sidin, che seguono qualche migliaio di partner, di cui 190 certificati. «A oggi deteniamo tra il 15 e il 20% di share sulle grandi aziende e il 7% su quelle di piccole dimensioni, e puntiamo a incrementare fino al 25% di share medio in 3 anni, ossia più che raddoppiare il fatturato - riprende Ligresti -. Soprattutto indirizzando più clienti, con più persone che vadano a proporre soluzioni per la modernizzazione dei data center, ottimizzazione, big data, analytics e sicurezza. E in Italia recluteremo proprio il canale per acquisire nuovi clienti, non andando più direttamente e incrementando di fatto la quota di aziende seguite dall’indiretta. Su un numero limitato di named account (500/600 circa, tra italiani o filiali di multinazionali) andremo in maniera diretta, indiretta o con un modello misto, secondo quanto richiederá il cliente. Il resto del mercato, invece, sarà solo in mano al canale, in modo da definire in maniera decisa i ruoli ed evitare sovrapposizioni». Il risultato è una movimentazione di circa 100 milioni di fatturato dalla diretta all’indiretta, col passaggio delle medie aziende, che prima erano seguite direttamente, verso il trade.
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“In Italia recluteremo il canale per acquisire nuovi clienti. Soprattutto per quanto riguarda il target delle medie aziende, prima seguite direttamente, che ora saranno indirizzate verso il trade” Le medie aziende in mano al trade «Un coinvolgimento dei partner che ci consentirà di guadagnare share sui clienti medio/piccoli, attraverso l’aiuto dei distributori - interviene Adolfo Dell’Erba, channel director southern Europe di Dell -. A oggi attraverso la distribuzione passa il 60% del nostro business di canale, mentre il resto sono un centinaio di Var che acquistano in one tier. Una distribuzione che ora vede ampliarsi notevolmente il portafoglio a disposizione, anche grazie alle nuove tecnologie che sono entrate a fare parte della nostra offerta, a seguito delle recenti acquisizioni, come il software e la sicurezza. In linea con la nostra strategia che punta all’essere riconosciuti dalle aziende e dai partner come unici riferimenti per le
tecnologie. Complice la compressione dei costi, che va a favore del consolidamento delle partnership e avere a che fare con meno nomi che in passato e a un’ottimizzazione dell’offerta, tra mobilitá, data center, software, sicurezza, analisi e archiviazione e gestioni dei dati. Ottenendo un risparmio generale dei costi: avendo a che fare con un solo channel account manager e una definizione unica dei rapporti, si può,infatti, gestire più facilmente il business e la fornitura al cliente».
Servizi finanziari e un portale per i partner A riprova dell’impegno indirizzato all’indiretta, Dell promette che il 60% delle risorse saranno indirizzate verso il canale classico, mentre un investimento diretto, per
seguire la grande impresa, andrà sui system integrator, una decina di aziende ritenute la chiave di volta per seguire questo target, su cui il vendor sta impiegando risorse dedicate. Tra queste, i Financial Services, per i quali è stato annunciato un progetto su un numero selezionato di partner, ai quali vengono dati termini di pagamento migliorativi a fronte di un incremento del business effettuato. Un nuovo portale self service consente al partner di fare un credit check in autonomia e di stamparsi la proposta per noleggio, locazione operativa e finanziaria, con finanziamenti che hanno come soggetto sia il cliente sia il partner. «Oggi, dopo 6 anni di trasformazione, siamo diventati in tutto e per tutto dei solution provider - conclude Ligresti -, con una nuova proposizione evoluta che non necessita di box mover, ma di partner che abbiano le necessarie competenze per portare la nostra offerta a risolvere le esigenze dei clienti». v
“Il canale è cresciuto del 300% nel giro di 4 anni e oggi l’indiretta pesa per il 40% del fatturato realizzato in ambito business, con 140.000 partner a livello mondiale, 4.200 dei quali sono certificati” 29 in dettaglio
Cloud e Internet of Everything tra i punti chiave della strategia con cui il vendor illustra il futuro della tecnologia ai partner e al mercato. Cambiano i livelli di certificazione, con promozioni all’80% sui corsi e nascono nuove specializzazioni
Cisco rinnova il Partner Program puntando su Cloud e IoE
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ue giorni per condividere opportunità e problematiche del mercato, per aggiornarsi sulle tecnologie che vanno incontro ai trend del mercato e cercare di trovare, insieme, una risposta da dare ai clienti. Una formula che Cisco ha replicato per la terza volta in occasione del proprio Partner Club, l’evento con cui il vendor ha riunito a Riccione oltre 200 aziende partner italiane, 40% in più rispetto alla scorso anno, per mettere a fattor comune qual è il percorso che in-
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tende fare insieme al canale nel prossimo futuro. Un percorso che passa per il Cloud e per l’Internet of Everything, ma che si basa soprattutto su un nuovo modo di interpretare le tecnologie a vantaggio del business e che mette in primo piano la comunicazione collaborativa. «Una declinazione locale del Partner Summit che si tiene a livello mondiale, che ha una grande valenza per i partner italiani, consentendoci di trasferire la nostra vision sulla base delle reali esigenze del canale nostra-
no, oltre alla possibilità di creare un diretto confronto tra le terze parti e un gran numero di persone di riferimento di Cisco Italia» secondo Eric Moyal, Partner and Commercial Segment Director di Cisco Italia, che spiega come finalmente quest’anno si sia iniziato a parlare di Cloud in maniera concreta e non teorica: «Negli ultimi mesi, l’Italia si è distinta per essere una delle migliori country per il Cloud business di Cisco, principalmente focalizzata su Infrastructure as a Service e molto sbilanciata sul midmarket, oltre a iniziare a mostrare una buona recettività per gli Hosted Collaboration Services. Un business che sta interessando sia i partner tradizionali, ma che ci consente di avvicinare anche nuove realtà orientate, per esempio, alla parte applicativa, le quali possono trovare all’interno di BizMall uno spazio, gestito attraverso Computer Gross, adeguato alle proprie applicazioni per il cloud. Una sorta di marketplace che ormai funge da vetrina a oltre 80 soluzioni sviluppate da una quarantina di partner».
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InterCloud: un ecosistema abilitante per i partner Risultati che Cisco sta stimolando anche attraverso l’iniziativa InterCloud, che prevede l’investimento di un miliardo di dollari per i prossimi due anni per lo sviluppo del mondo cloud insieme all’ecosistema dei propri partner «mettendo a loro disposizione l’infrastruttura dei nostri 6 Data Center dislocati a livello globale, consentendo ai partner di ridurre gli investimenti necessari per potere andare su cloud. In un modello ibrido e opensource, partendo dall’infrastruttura ma coinvolgendo anche altri fronti, sfruttando le nostre tecnologie, tra Webex, Meraki, Cisco Security, Analytics, Hana as a Service» spiega Moyal, che presenta tale ecosistema come piattaforma abilitante per quell’Internet of Everything su cui il vendor fermamente crede e per il quale è stato creato un apposito team in preparazione dell’imminente esplosione del fenomeno. «Anche in Italia sono già partiti 4 progetti in merito, e ci attendiamo una grande e veloce crescita per il nuovo anno fiscale appena iniziato, per il quale Internet of Everything rappresenta uno degli obiettivi principali - commenta il manager -, con il vantaggio che la Penisola rappresenta già uno dei migliori
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Paesi nella vendita dei prodotti IoE, come i rugged switch e router, anche se si sta lavorando per trasformare i progetti esistenti in soluzioni replicabili e proponibili al mercato. Progetti cui solitamente partecipa un gran numero di aziende, ognuna con il proprio contributo sulle tecnologie in cui è specializzata e che si integrano con le nostre, per potersi presentare al mercato con una soluzione completa, in grado di comunicare con altre, nell’ottica dell’ecosistema dell’IoE». Se sul fronte dell’Internet of Everything siamo ancora in fase preparatoria, concretezza di business si sta invece vedendo sul lato del Cloud, con partner che si sono convinti e hanno a loro volta convinto i propri clienti che il futuro percorrerà questa direzione. Crescono, infatti, le terze parti
che investono sul cloud, organizzandosi in apposite business unit e con le dovute competenze per seguire progetti di Hosted Collaboration Services o di IaaS, «in modo da potere affrontare il mercato con una vendita diversa da quella del passato, non più basata sui prodotti, ma ampliando i propri orizzonti di business in preparazione a quanto potrà arrivare in futuro, ossia un’offerta basata sui servizi a valore orientati al Cloud, proponendosi in veste consulenziale ai propri clienti, a favore di una maggiore marginalità».
Nuove competenze per un nuovo modo di fare business Un nuovo modo di fare business che si basa sullo sviluppo di competenze, punto fondamentale su cui Cisco ha riorganizzato il proprio Partner Program, che rispetto al passato si concentra su tre livelli, Select, Premiere e Gold, cancellando di fatto i Silver, i quali avranno 2 anni di tempo per diventare Gold o, in alternativa, scendere di qualifica. Per man-
tenere il livello Gold, pur senza avere target definiti in termini di fatturato, è necessaria la vendita di almeno 4 soluzioni Cisco Cloud o di relativi servizi all’anno, a scelta tra 16 offerte (Webex, HCS, Meraki, Security, ecc), oltre ad avere in azienda almeno una persona certificata come Cisco Business Value Practitioner, in grado di fornire consulenza ai clienti sulle diverse offerte Cloud o di Managed Service. Qualifica ottenibile attraverso un apposito corso che, per un anno, viene proposto con l’80% di sconto. Ai Premiere Partner è invece richiesta la vendita di un solo Cloud Managed Services e avere una persona qualificata come Cisco Express Architect. Nuove anche le Master Specialization aggiunte dal vendor, Enterprise Networking e SP Technology, oltre a 5 nuove Solutions Specialization su FlexPod, Vspex, Desktop Virtualization, Enterprise Mobility e Cisco Telehealth. Semplificato, infine, attraverso un unico tool online anziché tre diversi, il processo di richiesta di finanziamenti e di scontistiche speciali. v
Eric Moyal Partner and Commercial Segment Director di Cisco Italia
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APC by Schneider Electric introduce una nuova gamma di UPS monofase online che arricchisce le funzioni di protezione con maggiore attenzione agli aspetti di potenza ed efficienza. Un Programma di Canale dedicato fornisce training e tool gratuiti di supporto al canale
Più potenza per i nuovi UPS di APC
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PC by Schneider Electrics si presenta al mercato e al canale dei propri partner rinnovando il portfolio di soluzioni di Gruppi di Continuità con una nuova gamma di prodotti, gli Smart UPS On-Line che vanno dai 5.000 ai 10.000 VA. Un rinnovo di gamma presentata all’inizio dell’estate, che rispetto alle versioni di UPS precedenti aggiunge nuove caratteristiche. «Si tratta sempre di macchine monofase a doppia conversione online, come le precedenti, ma caratterizzate
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da un design più compatto sia nelle versioni rack che in quelle tower - spiega Valeria Santoro, Director of Distribution Sales di Schneider Electrics -. In comune con le versioni precedenti, queste macchine dispongono di smart slot, che consente l’inserimento di schede di management nell’UPS, hanno la possibilità di regolare la tensione sia in automatico che in manuale e consentono la sostituzione delle batterie a caldo. Di nuovo, invece, è stato introdotto il doppio ingresso, per
le macchine da 8 e da 10 kVA, le quali hanno beneficiato di un notevole miglioramento del fattore di potenza, che ne ha portato l’efficienza al coefficiente uno, ossia al massimo, mentre la versione a 5 kVA arriva a un coefficiente di potenza (cos phi) pari a 0,9». In parole povere, più il coefficiente di potenza è vicino a 1, e più la potenza Attiva, espressa in Watt, è pari a quella Apparente (espressa in VA). Altre novità sui nuovi modelli riguarda l’autoconfigurazione dei moduli esterni delle batterie e una nuova versione del display LCD, a colori e retroilluminato, che consente di monitorare lo stato delle batterie stesse e di identificare eventuali malfunzionamenti nell’alimentazione, oltre al fatto che i nuovi UPS si possono accendere senza bisogno di avere la batteria a piena carica.
Un’occhio al Green per un risparmio energetico «Un’attenzione particolare poi, e non solo in questi ultimi modelli, è stato posto all’aspetto dell’efficienza energetica, adottando una politica Green - prosegue Santoro -, bypassando la corrente solamente quando effettivamente richiesta, assicurando una minore dissipazione del calore e quindi un miglioramento del raffredda-
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mento. Un ulteriore accorgimento in tal senso è dato dall’Energy Meter, un contatore integrato di energia direttamente accessibile dal dislpay ed è stata introdotta anche la possibilità di controllare i gruppi di prese switch senza dovere spegnere l’UPS, con scollegamento dei carichi non critici per una salvaguardia delle batterie, oltre alla programmazione dello spegnimento. Infine, la garanzia degli UPS, che da due anni è stata estesa a 3 anni, mentre quella relativa alle batterie rimane di 2 anni». Prodotti che Schneider Electric veicola attraverso il canale delle terze parti, coinvolgendo i partner per tutta l’offerta monofase, mentre per l’offerta informatica si appoggia alla distribuzione per tutti gli UPS fino a 20 KVA, tramite Esprinet, Computer Gross, Ingram Micro, Tech Data, Datamatic ed Elmat, che complessivamente forniscono circa 10.000 rivenditori all’anno. Per un mercato che vede una variegata tipologia di utenti, dagli utenti home-office che utilizzano gruppi di continuità di piccole dimensioni, tra i 350 ai
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1.500 VA, passando a quella che il vendor identifica come Business Power, cui vengono indirizzate le gamme di prodotti Smart e Smart Online, che coprono esigenze dai semplici server fino a server critici midrange e di reti aziendali evolute, applicazioni wi-fi, sistemi di archiviazione di dati, applicazioni VoIP e per la protezione degli apparati di comunicazione in genere. A questi si aggiungono quelle applicazioni destinate alla Sanità, per assicurare continuità operativa a ospedali o banche del sangue. Clienti seguiti, dicevamo, da rivenditori certificati grazie ad un Programma di Canale che presenta vari livelli in base al loro impegno, alla fascia di prodotti trattati e alle competenze acquisite attraverso le certificazioni.
Supporto per i partner «Mettiamo a disposizione del canale una nostra struttura di training gratuiti via Web e percorsi formativi diversi - dettaglia Santoro -. Aumentando la complessità delle soluzioni, cresce anche l’impegno legato alla formazione on demand, fino alle specializzazioni per il data center e delle reti aziendali ad alto livello, destinate
Valeria Santoro Director of Distribution Sales di Schneider Electric
“A disposizione del canale una struttura di training gratuiti via Web e percorsi formativi on demand, fino alle specializzazioni per il data center e delle reti aziendali ad alto livello” ai rivenditori Elite, cui mettiamo a disposizione anche formazione in aula completamente gratuita. Il raggiungimento dei livelli di certificazione più alti consente ai dealer l’accesso a fondi per attività di marketing e supporto per seguire trattative complesse e protezione delle opportunità segnalate. Oltre a potere accedere a un portale altamente qualificato che mette a disposizione tool di configurazione che consento-
no di valutare adeguatamente la fornitura ideale di soluzioni in base alle esigenze e alle caratteristiche del cliente, dai Gruppi di Continuità, agli armadi, alla gestione software, ai sistemi di raffreddamento necessari». v
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Una carrellata di nuovi prodotti per abbracciare nuovi target di utenza con politiche di prezzo adeguate. Investimenti per il supporto al canale sia sul fronte tecnico sia commerciale
Cresce il range di soluzioni VoIP di Snom
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na raffica di annunci, attuali e futuri, preparano il mercato di Snom per la telefonia su IP. Un mercato che il vendor conferma di volere affrontare attraverso la collaborazione dei partner di canale, cui è stata dedicata la tradizionale giornata di incontro per comunicare le direttive strategiche e di roadmap, che si è tenuta al Golf Club di Tolcinasco, alle porte di Milano. «Negli ultimi 10 anni Snom non ha mai smesso di crescere - ha esordito Michael Knieling, executive director di Snom - mostrandosi fortemente dinamica nel rilascio continuo di nuovi prodotti, con particolare attenzione ai costi, pur senza rinunciare al potenziamento delle funzionalità. Entro la fine di quest’anno lanceremo Snom110, un device con costi e funzionalitá ottimizzate, 2 porte Ethernet e 2 linee SIP e lo Snom120, con 4 linee Ethernet e 2 chiavi programmabili per BLF. Inoltre, il nostro portfolio si arricchirà con nuove soluzioni Snom DECT,
due prodotti in versione single o multicell, rispettivamente a c100 base station e c200 base station autogestibile. A fine anno sará disponibile anche un USB/BT conference phone, con connessione USB o bluetooth, 4 microfoni, 8w speaker e software DSP avanzato in grado di operare con app pc o smartphone, come Lync, Skype o Viber. Infine, per il Q2 2015, il telefono high end da desk, in grado di supportare Android e arricchibile attraverso app dal Google play store». Un ampliamento dell’offerta che va incontro anche alla necessità di coprire la richiesta di prodotti di fascia più bassa e che con i nuovi telefoni, disponibili a fine anno, il vendor si propone di soddisfare. A beneficio soprattutto del target di aziende del Bel Pae-
se, il quale ha ottenuto, anch’esso, risultati in crescita, con un aumento del 10% in volumi sulle vendite rispetto al 2012. «E ora ci proponiamo con nuovi prezzi e una nuova strategia di vendita per alcuni dei nostri prodotti, come lo Snom300, che è il più venduto, e l’entry level Snom320 - interviene Fabio Albanini, managing director di Snom Italia - e un adeguamento del listino anche per lo Snom710 e il 760. Tutti prodotti sui quali abbiamo voluto dare 24 mesi di garanzia. Un listino rinnovato che ha visto l’entrata degli Snom715 e lo Snom7EM, mentre lo Snom370 e l’870 escono di produzione, pur continuando a essere supportati». Crescita anche sul fronte di Microsoft Lync, piattaforma per la quale i telefoni Snom 710, 720 e il 760 sono certificati «rispondendo alle esigenze di quelle aziende che hanno filiale in Italia e la cui casa madre utilizza Lync. E Microsoft sta puntando molto su Snom, perchè ci ha visto reat-
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tivi sia dal punto di vista tecnico sia commerciale, potendoci proporre con costi minori rispetto ai competitor» osserva Albanini, che continua: «Dal canto nostro, cerchiamo di lavorare al fianco del nostro canale, non stando semplicemente ad aspettare gli ordini, e cerchiamo di essere presenti con il dealer anche presso il cliente, a garanzia di un supporto locale del vendor. Tutto il nostro businesss passa per l’indiretta, attraverso un canale certificato in crescita, che nel 2013 contava 132 aziende e che quest’anno già è arrivato a 188 e per il quale investiamo con attività di marketing, organizzando eventi in collaborazione con i partner, per i loro clienti. O anche visite congiunte sui clienti di dimensioni più grandi, per mostrare che noi e il canale lavoriamo come un unico team. A queste si aggiunge il nostro sito snomchannel.it, attraverso il quale forniamo informazioni su eventi e prodotti e il VoIP Lab, un’area di approfondimento tecnico con articoli che arrivano come risposta da input diretti dei nostri partner». v
Fabio Albanini managing director di Snom Italia
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NON SCEGLIERE TRA PROTEZIONE E VELOCITÀ. WATCHGUARD PRODUCE I FIREWALL UTM PIU’ VELOCI E SICURI DEL MERCATO CON TOOLS DI VISIBILITÀ E CONTROLLO INCLUSI.
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Il software come gestore del data center diventa la strada da percorrere che il vendor indica ai clienti e al canale, a vantaggio di una innovazione stimolata dall’IT che riesca a stare al passo con le esigenze di business
VMware per una Software Defined Enterprise
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empre più software al servizio dell’hardware nei data center, a svolgere quelle funzioni di automazione che caratterizzano quel Software Defined Data Center enfatizzato da molti e che VMware porta da qualche anno a bandiera di un ammodernamento e snellimento delle infrastrutture aziendali, che interpreta come “Software Defined Enterprise”. Concetti ribaditi a partner e clienti, riuniti in occasione della tappa milanese dell’edizione 2014 del VMware
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vForum, ai quali sono stati sottolineati gli sforzi in innovazione che il vendor compie. «Cresciamo a un tasso del 18%, con una strategia volta all’acquisizione di nuove tecnologie, Netcyra ed Airwatch tra le ultime, per estendere la nostra offerta su più fronti, tra cui quello del mobile e
device managament - ha esordito Maurizio Carli, senior vice president e general manager Emea di VMware -. VMware è un’azienda che crede fermamente nell’innovazione, al punto che investe il 23% del proprio fatturato in ricerca e sviluppo, contro una media delle altre aziende, che arrivano al 14%. Un’innovazione che ci sta portando a ridefinire i paradigmi del Data Center, che crediamo debba essere Software Defined, per arrivare a un mondo IT che vedrá sempre più una separazione tra hardware e software, con quest’ultimo che assumerà un fondamentale ruolo nell’automazione delle componenti hardware, che via via interesserà anche l’ambito networking. Una tendenza che notiamo essere ovunque nell’area di mia competenza, l’Emea, con un progressivo coinvolgimento dei provider nella gestione dei data center aziendali, svincolandosi dall’utilizzare risorse e investimenti interni, ma con la possibilitá di portare all’interno le applicazioni, con buone prospettive per lo sviluppo di un vero e proprio hybrid cloud. In li-
Maurizio Carli senior vice president e general manager Emea di VMware
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Matteo Uva channel manager di VMware per l’Italia
nea con la nostra strategia, che non ci vuole come costruttori di data center, ma come partner di chi i data center li ha».
L’IT deve rincorrere le esigenze di business delle aziende Un’offerta che si sposta sempre di più nell’ottica di servizio, quindi, con una tendenza sulla quale il vendor stimola il proprio canale dei partner, per lo sviluppo di competenze che li renda in grado di proporre le tecnologie IT come risposta concreta alle esigenze di business dei clienti. Cosa che purtroppo non sempre accade, come mostra un survey che ha coinvolto un gruppo di executive in area Emea, all’interno del quale 250 di nazionalità italiana. «C’è un forte scollamento tra le esigenze di business e i tempi di risposta che l’IT interno è in grado di dare - evidenzia Alberto Bullani, regional manager Italia di VMware -. Un gap che si è venuto a creare perchè il business viaggia a velocitá crescente, con accelerate date dalla consumerizzazione, dai social, dal BYOD, e alla quale l’IT
aziendale non riesce a tenere il passo. Uno scollamento che varia da 4 a 6 mesi e che porta a una perdita di competitivitá, con tutti i reparti che, secondo il 38% dei rispondenti, riducono il livello di innovazione. E se l’azienda non riesce a innovare rischia di uscire dal mercato». Lo sanno bene i CIO, visto che oltre i due terzi degli intervistati hanno dichiarato di sentire la pressione del CEO per portare innovazione in azienda nel giro di un anno, anche per un crescente timore che la globalizzazione faccia arrivare competitor più rapidi a intercettare i fenomeni del mercato. Una percezione che per i CIO italiani è del 59%, mentre è del 71% tra gli anglosassoni, probabilmente a causa di una maggiore consapevolezza del mercato. «Il responsabile IT deve quindi essere più allineato al business, e VMware con i propri partner si
propone proprio per aiutare i CIO a colmare questo gap - riassume Bullani -. La consumerizzazione dell’IT sta avvicinando la tecnologia anche a chi non ha competenze specifiche, e quindi agli executive delle aziende, che avranno sempre maggiore voce in capitolo sull’orientamento degli investimenti IT. E il CIO diventerá via via una sorta di broker che dovrá interpretare le esigenze dell’azienda e decidere se affrontarle internamente o appoggiandosi a fornitori esterni, i nostri partner, i quali, a loro volta, dovranno cambiare connotazione, andando nell’ottica dei service provider per soddisfare le esigenze dei clienti che necessitano risposte flessibili al dimensionamento delle proprie infrastrutture».
Ci vogliono competenze per gestire l’IT con il software E la strada identificata da VMware per colmare il gap tra le aspet-
tative del business e le risposte dell’IT interna, liberando risorse dall’IT tradizionale per dedicarlo all’innovazione, è il software, nell’ottica di un “mobile-cloud world”. «Un terzo dei clienti VMware ha giá raggiunto un equilibrio paritario tra l’IT maintenance e l’innovazione» avvisa il regional manager. Ma l’evoluzione dell’offerta verso una gestione tramite il software richiede, necessariamente, partner più competenti, in grado di dare supporto «con il vantaggio di ricavarci margini maggiori, seguendo la logica che ogni dollaro di VMware venduto si traduce in servizi al cliente e in margini al canale - interviene Matteo Uva, channel manager di VMware per l’Italia -. Molti partner si stanno quindi certificando e specializzando, anche grazie alle nuove opportunitá prospettate dalle nuove soluzioni entrate a portafoglio. Un’offerta che si sta ampliando con le recenti acquisizioni, come AirWatch, e che ci sta facendo ereditare nuovi partner, a vantaggio di una ancor maggiore copertura del mercato». v
Alberto Bullani regional manager Italia di VMware
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CBT punta con forza sulla propria piattaforma di EIM, che propone come vero e proprio “hub” delle informazioni aperto verso il social, la collaboration e il mobile. E abilita il canale alla vendita del pacchetto o allo sviluppo di progetti ad hoc
Con WebRainbow CBT trasforma le informazioni in strumenti di business
L’
Enterprise Information Management come tassello fondamentale per quel processo di Business Transformation che CBT sta proponendo al mercato. Il concetto dell’EIM si traduce così in una piattaforma per la gestione di tutte le informazioni, interne ed esterne, delle aziende, alla stregua di un “hub” attraverso il quale è possibile gestire anche tutte quelle fonti spesso sottovalutate da parte dei clienti, quali il Social, la Collaboration e il
di Loris Frezzato
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Mobile. È questo l’obiettivo che che si è posto CBT-Cosmic Blue Team con Web Rainbow, la propria architettura per l’Enterprise Content Management, già da qualche anno parte della propria offerta, ereditata da un’acquisizione avvenuta nel 2005, e che ora l’azienda intende spingere con forza, proponendola ai clienti, ma anche al proprio network di partner, i quali possono venderla a pacchetto o utilizzarla come base per costruirvi progetti ad hoc per i loro clienti. Una spinta
su Web Rainbow che si evidenzia con importanti investimenti da parte della società, che ha recentemente potenziato il team, inaugurato una nuova sede, e che si sta predisponendo con attività di marketing dedicate, anche in vista di una prossima “esportazione” della piattaforma sui mercati esteri. Il momento è propizio: «Le informazioni arrivano nelle aziende da sempre più fronti, e necessitano di essere analizzate e sfruttate per ricavarne strumenti utili al business, contestualizzandole attraverso processi di Workflow Management - spiega Flavio Radice, General Manager di CBT-Cosmic Blue Team -. Le imprese per molto tempo si sono concentrate sui dati transazionali e derivati, tra ciclo attivo e ciclo passivo, fatture clienti e fornitori, bolle e così via, che tra l’altro rappresentano dati più di natura gestionale, sicuramente importanti per gli adempimenti fiscali, ma privi di un valore abilitante per il business o per i processi». WebRainbow si propone proprio come strumento di gestione dei dati, attraverso il quale fare
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Flavio Radice General Manager di CBT-Cosmic Blue Team
transitare tutte le informazioni aziendali che hanno la necessità di essere elaborate, analizzate, organizzate, ricercate, ma anche di essere sottoposte a processi, consentendo di approvare una fattura, un ordine, un’offerta, oppure rilevare informazioni, da remoto e in mobilità. «Modalità particolarmente utili per chi fa manutenzione o per aziende appaltatrici, per esempio, permettendo la gestione dei documenti digitali nativi, raccolti “in loco” senza dovere passare dal processo di stampa e scansione dei documenti - riprende Radice -, i quali possono, inoltre, essere convalidati attraverso firma elettronica su tablet o in genere su un device mobile, per poi passare alla fase di conservazione del documento stesso o quella di processo per l’avvio di un contratto. Con la garanzia del rispetto di tutte le normative, avendo la firma grafometrica integrata in maniera nativa nella piattaforma, assicurando, così, la validità giuridica dei documenti». WebRainbow rappresenta un pillar importante nell’offerta di
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CBT, che nel tempo ha subito una veloce evoluzione, fino a oggi, che si vuole proporre come un vero e proprio “portale” interno o esterno all’azienda attraverso il quale trattare informazioni e processi. Una piattaforma basata su standard opensource sulla quale, negli anni, sono state sviluppate soluzioni verticali, tra cui la Gestione del Protocollo, la Gestione del fascicolo del Dipendente, Ciclo attivo e Ciclo Passivo. «Soluzioni che possono essere portate attraverso i nostri partner direttamente ai loro utenti finali oppure costituire un “semilavorato” sul quale avviare attività progettuali - dettaglia il General Manager -. Molti partner del nostro network stanno, infatti, utilizzando WebRainbow come hub per fare convergere ambiti applicativi differenti, riuscendo a rendere trasparente il processo di condivisione di alcune informazioni, con il vantaggio di salvaguardare gli ambienti già presenti in azienda». Una piattaforma che CBT assicura essere cross-industry, adatta a tutti i diversi settori, dal pubblico al privato, dal manifat-
turiero al retail, fino a Banche e Assicurazioni e Sanità, ovunque vi sia necessità di gestione e trattamento delle informazioni, e che veicola anche grazie alla collaborazione delle aziende facenti parte del Partner Network, tra software house interessate a completare la propria offerta applicativa o system integrator che vedono nella piattaforma di CBT un fattore abilitante per gestire le pluralità di processi dei loro clienti. Duplice è anche la forma di erogazione delle soluzioni, che può essere on premise oppure fruibile in modalità cloud, sia sul cloud dei partner attraverso il loro data center sia in modalità as a service appoggiandosi ai data center di Roma e di Milano di CBT. «Siamo di fronte a un passaggio generazionale dei sistemi,
che prima erano documentali e ora sono più ampiamente di gestione dell’informazione - conclude Radice -, in grado di estendere tali operazioni a tutta una serie aggiuntiva di sistemi aziendali e in grado di rispondere con dei ROI in tempi brevi, dal momento che vanno a impattare direttamente sull’ottimizzazione di processo». Un nuovo modo di intendere la gestione delle informazioni che, dicevamo, CBT ha intenzione di portare anche fuori confine, prevedendo entro fine anno di intraprendere un processo di internazionalizzazione di WebRainbow, facilitato dal fatto di essere già multilingua e compliance con le normative internazionali, attraverso partnership con aziende in altre countries. Un impegno sottolineato anche dalla recente inaugurazione di una nuova sede a Bologna interamente dedicata a WebRainbow, una factory dove vi lavora una quarantina di persone, coordinate da Pino Grimaldi, in qualità di CTO, impegnate sull’evoluzione e sviluppi della piattaforma o su progetti ad hoc per i clienti. v
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Arcserve Unified Data Protection è la soluzione proposta dalla BU di Ca Technologies appena passata a Marlin Equity Partners. Per il vendor una maggiore focalizzazione sulle aree core di business, mentre la divisione ceduta conferma la linea strategica presa con clienti e canale.
Arcserve punta alla gestione unificata del backup
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emplificare la gestione nella protezione e recupero dei dati aziendali attraverso una soluzione unificata. Un obiettivo che Ca Technologies, con la propria divisione di data management, appena ceduta in blocco a Marlin Equity Partners, si è posta evidenziandolo già dal nome della nuova versione di Arcserve, che ha presentato con il nome di Arcserve Unified Data Protection. La cessione della divisione, che conta complessivamente 500 persone dedicate e oltre 7.300 partner attivi, sarà portata a termine entro il Q2 del fiscal year 2015, e consentirà, secondo gli obiettivi dichiarati da Ca, di concentrarsi sui business ritenuti più core. Nulla, assicurano, cambierà sul fronte dell’offerta relativa di Arcserve e sui rapporti con clienti e canale. A conferma ne è il recente rilascio,
Giampaolo Sticotti channel sales director Italy e Iberia di Ca Technologies
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secondo la road map prevista, della nuova versione di Arcserve: «Una soluzione ormai sul mercato da una ventina d’anni, man mano acquisendo tecnologie che l’hanno arrichita di nuove funzionalitá ed estesa verso il cloud - ha spiegato Giampaolo Sticotti, channel sales director Italy e Iberia di Ca Technologies -. Oggi la nuova versione porta questa esperienza all’interno di una soluzione di unified data protection». Il momento pare essere propizio, coincidendo con un periodo in cui le aziende si trovano a dovere affrontare nuove sfide, pensando a cambiare i propri sistemi di backup, spinte anche da frustrazioni dovute ai costi e complessitá di gestione
di ambienti eterogenei e complessi, che richiedono competenze specifiche e multiple, senza contare l’innarrestabile crescita della mole dei dati, che rendono l’orientamento verso i dischi sempre più costoso. Il panorama si complica poi con il fatto che anche le applicazioni hanno caratteristiche diverse tra loro, ognuna con una sua criticitá, con un diverso volume di dati richiesto ed esigenze di ripristino e, dall’altro lato, le compliance di legge che obbligano il riversamento dei dati su dischi da conservare e archiviare. Insomma: si fa presto a dire backup, ma gli aspetti da tenere in conto sono tanti. Serve così una protezione completa e unificata, in grado di rispettare gli SLA richiesti, e le tecnologie disponibili sono disparate: bisogna solo scegliere quale utilizzare per risolvere il problema. Ed è su queste premesse che è stato presentato il nuovo Arcserve «un prodotto nuovo, totalmente riscritto in ottica cloud, e che ribadisce il cambiamento anche con un nuovo logo - riprende Sti-
di Loris Frezzato
cotti -, con il quale vogliamo dare una maggiore identità al prodotto e renderlo la soluzione elettiva per il backup, per la quale abbiamo anche aggiornato il sito Web relativo. Una soluzione “aperta” che integra sia il mondo VMware sia quello hyperV di Microsoft. Tecnologie che sono disponibili ai service provider, e sulle quali oggi integriamo funzionalità di multitenancy, con una console che consente loro di gestire tutti i propri clienti, ciascuno in maniera sicura e privata, e in modalità agentless, senza quindi richiedere alcuna installazione da parte delle aziende». Sul fronte del supporto al canale, il vendor ha predisposto la localizzazione degli strumenti, con i portali e i documenti, anche tecnici, in lingua italiana. Ribadita l’importanza della deal registration, e di rebate crescenti in base al grado di partnership, con il 15, 20 e 25%, rispettivamente per i Registered, gli Advanced e Premier, di margine aggiuntivo al costo al distributore per chi registra il deal, oltre a versioni not for resale per uso interno per il dealer. v
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Con la versione 10 di SANsymphony il vendor propone un virtual storage come piattaforma trasversale in grado di gestire tutti i tipi di storage di ogni brand, indipendentemente dal fatto che sia software, hardware o su cloud
focus di DataCore verso uno storage sempre più virtuale
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arrivato il momento di puntare con decisione al software, anche per lo storage. DataCore, dal canto suo, ci aveva già pensato, con la propria piattaforma di software defined storage SANsymphony, che ora arriva alla versione 10 e che propone a un mercato italiano che George Teixeira, presidente e CEO della società con sede in Florida, ritiene essere particolarmente appetibile: «L’Italia rappresenta una grande opportunità per il software defined storage, proprio per il ritardo che ha nell’adozione di queste tecnologie rispetto al resto dell’Europa, essendo un mercato ancora orientato a un’offerta tradizionale basata sull’hardware e nel quale DataCore ha ancora molto da dire». E nei 16 anni trascorsi dalla fondazione della società, Texeira ne ha avute parecchie di cose da dire, con una lungimiranza che già da allora puntava a una “software driven storage architecture” e che oggi sempre più vede come necessariamente “trasversale” alle diverse architetture presenti sul mercato. «Soprat-
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tutto negli ultimi tre anni, abbiamo assistito a una frammentazione del mercato dello storage - commenta Texeira -, al punto che oggi si presenta con numerosissime sfaccettature, ognuna delle quali gestita in maniera indipendente e separata, con un proprio software, e solo con quello è in grado di lavorare. Perché è il software che ormai sta segnando il passo della nuova era dello storage, il vecchio storage non esiste più, e anche i big vendor ormai si stanno, infatti, orientando verso un approccio di software defined storage. Ma ognuno con il proprio software». Ed è proprio in questo contesto che SANsymphony trova la propria collocazione, offrendo una virtual SAN di classe enterprise, con un singolo nodo, in grado di
gestire ogni tipo di storage, da quello fisico a quello software o su cloud. «SANsymphony è oggi arrivata alla versione 10 con una serie di miglioramenti potendo gestire anche combinazioni miste di SAN virtuali e fisiche - riprende il CEO -, con un raddoppiamento della scalabilità, che è passata da 16 a 32 nodi, supporto iSCSI ad alta velocità da 40/56 GigE e con strumenti per la visualizzazionedelle prestazioni dei dischi e Flash. Inoltre, è possibile ottimizzare l’utilizzo delle schede Flash attraverso l’auto tiering, con un vantaggio economico, e consente la loro ottimizzazione e il livellamento automatico del carico della CPU per un aumento complessivo delle prestazioni. Con tutte le features che
George Teixeira presidente e CEO di DataCore
Remy Bargoing country manager di DataCore per l’Italia
di Loris Frezzato
sono funzionali al virtual storage». Un approccio “apartitico” che ha consentito al vendor una crescita sul mercato italiano del 50%, ottenendo particolare attenzione soprattutto dalle medie aziende del Nord Est, seguite da una trentina di dealer i quali ultimamente hanno avuto una riconferma e riqualificazione delle competenze, aspetto, questo, su cui il vendor tiene in maniera particolare: «Oggi la rete dei partner di DataCore è molto forte, con terze parti che hanno alti livelli di skill e che sono in grado di proporsi ai clienti aggiungendo valore alla nostra offerta - dichiara Remy Bargoing, country manager di DataCore per l’Italia -. Non si tratta, infatti, di una mera vendita di prodotto, ma di essere in grado di spiegare ai clienti perché dovrebbero “aprire” la propria SAN a una gestione basata su tecnologia virtuale. Un canale competente attraverso il quale veicoliamo interamente il nostro mercato, anche nel caso di grandi clienti o di Pubblica Amministrazione, e che viene gestito attraverso i nostri due distributori Ready Informatica e Icos». Quattro sono i partner di livello Gold, con Matica, Sinthera, 3Cime e Datef, mentre il resto sono partner Silver. v
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Il network, che conta una sessantina di aziende, si propone alle PMI con un’offerta che spazia dal cloud, agli applicativi e che ora punta con forza agli strumenti di social commerce
Da Var Group un network di partner per le PMI
U
n Gruppo fatto di una sessantina di aziende, riunite in network per coprire il mercato italiano con complementarietà di competenze e sinergie strategiche. È la struttura di Var Group, che ha recentemente incontrato, in occasione del proprio tradizionale meeting annuale, le aziende facenti parte del network e i loro clienti e prospect, con una risposta che ha visto quest’anno la partecipazione di 550 persone e di 13 dei brand che sono a listino del Gruppo. «Si tratta di un gruppo di aziende che evolve, sia nella numerica sia nella tipologia, natura e competenze - spiega Giovanni Moriani, amministratore delegato di Var Group -, seguendo i nuovi trend del mercato e l’evoluzione stessa dell’offerta e delle esigenze dei clienti. Aziende che abbiamo riunito nel nostro evento annuale per confrontarsi sul tema della gestione della complessità, ossia come si può essere efficienti risolvendo i problemi di complessità, che altrimenti rallenterebbero i processi di innovazione aziendale. Un momento per fare il punto su come funzioniamo in qualità di ecosistema, ossia identificare
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quali sono le leve che fanno funzionare bene un network, perché solo conoscendole ed evidenziandole si possono sfruttarle proficuamente». Una modalità di porsi sul mercato che accomuna Var Group ad altre realtà, quali Teamsystems o CBT, anch’esse invitate a portare la loro testimonianza all’evento. Con CBT, in particolare, Var Group a volte collabora (soprattutto per la vendita di Web Rainbow, la piattaforma di EIM di CBT - ndr), ma con cui si trova anche spesso in competizione, il cui presidente Paolo Angelucci è infatti intervenuto per spiegare come quello del network di partner, con la sua pluralità di competenze, rappresenti un modello vincente di proporsi alle aziende. «L’occasione è stata, comunque, utile per ribadire il nostro impegno sul fronte del cloud e delle implicazioni di business derivanti dall’utilizzo del social e dei video che rientrano nella nostra
offerta, ma sempre per cercare di capire come tali impegni vadano incontro alla risoluzione delle esigenze della piccola e media impresa - riprende Moriani -, che è e rimane il nostro target elettivo. Cercare, quindi di capire, insieme, come portare il nostro sistema a essere sempre più efficiente nel proporsi ai clienti, cercando di trovare un equilibrio tra le attività di consulenza, tipiche delle grandi aziende, e le dinamiche di vendita a volume di molti vendor. Ossia quelle necessità delle PMI alle quali possiamo dare il nostro contributo di competenze e di tecnologie». Un target di aziende che, dal punto di vista di Moriani, sta vivendo un momento di evoluzione, più ancora che di difficoltà, dove si riescono ad evidenziare punte di successo soprattutto tra i settori tipici del Made in Italy, come il fashion, il mobile, il food di qualità. E in particolar modo gli
Giovanni Moriani amministratore delegato di Var Group
di Loris Frezzato
investimenti si vedono tra quelle, di queste aziende, che si sono indirizzate all’export, e il risultato lo si vede anche dall’andamento del fatturato di Var Group, che infatti è cresciuto anno su anno nell’ordine dell’8,5%. «Le PMI cui ci rivolgiamo stanno investendo sui social commerce, ossia su quell’integrazione tra la catena e il cliente utilizzando strumenti che comprendono social Crm, in definitiva, con l’obiettivo di accorciare la filiera della comunicazione tra cliente e impresa - dettaglia l’amministratore delegato -. Un sistema valorizzato dalla possibilità di effettuare tutti gli analytics, che trasformano le informazioni raccolte in strumenti utili al business dell’azienda». Altro fronte caldo individuato da Var Group è anche l’evoluzione architetturale, che sta puntando con sempre maggiore decisione verso il cloud, a coprire anche tutte le implicazioni portate in azienda da un utilizzo crescente della mobility. Un’offerta per la quale l’azienda si è strutturata attraverso differenti business unit specifiche, tra Cloud, Servizi Gestiti, Sviluppo Software, Digital Communication e Social Commerce e la divisione che svolge attività di ISP, sia di proprietà sia internazionali. v
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Dopo la completa “metabolizzazione” di Enterasys Networks, le due società si muovono come una realtà unica, puntando a potenziare il canale e l’offerta, che si arricchisce di nuova architettura per le reti SDN
Extreme Networks: un canale congiunto per un’offerta potenziata
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rmai “digerita” l’acquisizione di Enterasys Networks, conclusasi a Febbraio di quest’anno, ora Extreme Networks si appresta ad affrontare il mercato operando come una singola azienda e un unico brand «ponendoci ora con forze potenziate e con alte aspettative a livello di risultato e fatturato - avvisa Renzo Ghizzoni, country manager Italy di Extreme Networks e giá responsabile commerciale di Enterasys -. Come prima cosa stiamo lavorando per spingere sulla nuova brand identiity, partecipando a eventi di grande rilievo, come quelli organizzati da Gartner, o fiere sui mercati verticali, come l’healthcare o, ancora, a fiere internazionali come il Cebit. E anche il nostro Web portal è stato completamente reingegnerizzato sulla nuova realtá, come anche stiamo accelerando sullo sviluppo di una roadmap congiunta, con un portafoglio che si arricchisce delle applicazioni sviluppate da Enterasys e delle soluzioni di networking tipiche di Extreme, continuando ovviamente a spingere su Purview, il nostro application engine che si appoggia esclusivamente su prodotti di
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networking». Un potenziamento del brand e dell’offerta che ha portato Extreme Networks a prendere contatti con nuovi clienti, come anche a siglare partnership strategiche con molti stadi statunitensi per l’utilizzo delle tecnologie Wi-fi del vendor con la possibilità di analizzare i dati provenienti dai social dei fan. «La sfida che ci siamo posti è di mettere la customer experience al centro della nostra offerta tecnologica - riprende Ghizzoni - e proporre le nostre soluzioni e la flessibilità che le caratterizzano come concreti strumenti di business per i clienti. Un’offerta che veicoliamo attraverso il nostro canale dei partner, che diventa sempre più fondamentale nella nostra strategia di sviluppo. Un canale che grazie all’acquisizione si trova oggi ad essere potenziato, e alla cui guida, in veste di Channel Director per Italia, è stato chiamato Roberto Benedetti». E ora i lavori in corso sono per
Renzo Ghizzoni country manager Italy di Extreme Networks
delineare un partner program congiunto, per attivare il canale sulle cross solution delle due singole realtá, anche attraverso la certificazione sulle soluzioni dei due portafogli. «In modo da rendere operativi e interscambiabili i due canali - spiega il country
di Loris Frezzato
manager -, tra i quali, tra l’altro, c’è pochissima sovrapposizione, con la possibilitá di sviluppare una sinergia positiva tra quei 25 partner attivi al momento, di cui 6 con la massima certificazione Diamond e Platinum. Ma l’obiettivo è crescere anche un po’ di numerica, pur mantenendo alta la specializzazione». In atto anche una razionalizzazione dei distributoriin Italia, con Westcon comune ad entrambe le aziende, mentre Enterasys già aveva contatti anche con Itway Vad e Asit. E per ottobre è attesa anche la prima partner conference globale, che si terrà a Lisbona, per incontrare il canale Emea e Sud America. v
La nuova offerta Extreme Networks Sull’onda dl BYOD, continua a svilupparsi il mercato della mobile economy, seguita dallo sviluppo dell’application economy, ossia la creazione o trasformazione degli applicativi aziendali per renderli fruibili da dispositivi mobili. E da qui l’effetto social che si sviluppa, con il risultato che l’IT deve riuscire a generare delle esperienze positive sui consumatori nonostante gli vengano richieste prestazioni sempre più complesse e potenti. «La nostra mission è creare una rete semplice e veloce per consentire una fruizione ottimale delle soluzioni disponibili – dichiara Gianluca de Risi, technical manager di Extreme Networks -. Esigenze che noi combiniamo con un approccio SDN, proponendo un sistema di gestione unico, fornendo informazioni contestualizzate e di semplice utilizzo, senza prevedere “isole” separate di gestione delle reti. Con l’SDN andiamo, così, a colmare quel gap esistente nel collegamento tra le applicazioni e la rete, rendendo questa “consapevole” dell’identitá dell’utente». Per fare fronte alle richieste del mercato, il vendor si propone ora con una nuova architettura per SDN, che si compone di soluzioni sia software sia hardware. Un’offerta che si basa sulla nuova soluzione per la gestione centralizzata NetSight 6.0; la piattaforma per l’application analytics Purview, l’architettura SDN 2.0 e le Schede BlackDiamond X8 a 100 GbE.
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G L I S P R OV V E D U T I S I A F F I DA N O ALLA SORTE. p r i n t 3 . 0 I L V O S T R O VA N TA G G I O Alcune persone prendono la vita come viene, augurandosi che la fortuna le aiuti. Altre sono determinate a contare sulle proprie forze, e non si affidano al caso. Sanno riconoscere i vantaggi, da ogni punto di vista, e non se li lasciano sfuggire. La nuova Brother MFC-J6920DW è destinata a loro. Offre velocità di stampa più elevate, stampa su cloud senza PC, Wi-Fi, tecnologia NFC, funzione Smart Scan, collegamento a Dropbox ed Evernote. Ogni caratteristica è progettata per uno scopo: rendervi protagonisti del vostro successo. B R OT H E R . I T
Partner del vendor si attivano interpretando progetti per una PA intelligente, in grado di offrire servizi utili al cittadino. Le soluzioni basate su tecnologie del vendor raccolte in una sorta di marketplace e gestite via cloud
Microsoft CityNext raccoglie i progetti dei partner per una PA “smart”
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na città è “smart” non tanto quando è di per sé informatizzata, ma, piuttosto, quando è in grado di essere interconnessa con quanto sta al di fuori dei propri confini, dal territorio, alle infrastrutture alle Regioni, ai ministeri, solo così diventa realmente di aiuto ai cittadini nel facilitare i loro rapporti con la Pubblica Amministrazione e i tantissimi servizi che può, o potrebbe, erogare. Un concetto che sta a cuore a Paolo Valcher, Direttore Sviluppo Smart Cities e Sanità all’interno della divisione della Pubblica Amministrazione di Microsoft, la quale si occupa, nel suo complesso, sia della PA Centrale, Locale, Sanità ed Education. «Una Smart City è tanto più Smart quanto più riesce ad andare oltre i confini cittadini, abbracciando tutto quanto collega la città con il resto del mondo, comprendendo infrastrutture e ciò che la collega con il territorio, dalla provincia alla Regione, fino al mondo centrale. Anzi, più la città è “espansa” e relazionata con il territorio,
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e più si connota come Smart City - dichiara il manager -, e si tratta di un ambito critico, soprattutto per un Paese come il nostro, dove la mancanza di una governance di tali aspetti rischia di inficiare ciò che di buono già esiste, come le tecnologie e le informazioni, evidenziando invece le difficoltà proprio nella comunicazione tra, per esempio, il comune con il ministero». E per raccogliere i progetti atti a rendere più agevole il rapporto tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione, da circa un anno Microsoft ha dato il via al progetto City Next, una sorta di marketplace delle soluzioni in tale ambito create dai
partner basandosi su tecnologia del vendor. «Microsoft, in tal senso, si propone come fornitore ai partner di più tecnologie abilitanti per la costruzione di tali progetti, alla stregua di tanti “mattoni” che, integrati, possono contribuire a realizzare progetti utili alle PA - riprende Valcher -. E i fronti su cui puntare sono davvero infiniti, dall’emergency, all’assistenza sociale, al collegamento degli eventi social di un Comune, fino all’organizzazione di feste di paese: dal progetto più semplice fino agli aspetti più complessi e importanti come il risparmio energetico». Progetti che Microsoft punta a che siano basati su un modello cloud, per poterlo successivamente “vestire” di servizi, con aspetti social, di mobility e via dicendo, in maniera che si renda possibile l’analisi di dati relazionati tra di loro. Senza, ovviamente, abbandonare le infrastrutture cittadine esistenti,
di Loris Frezzato
ma indirizzando l’evoluzione delle stesse in maniera da renderle abilitanti per una nuova serie di servizi al cittadino. Tanta, ancora, la strada da fare nel nostro Paese, come si evince da un survey effettuato dal vendor, che indica come la percentuale di utilizzo di Internet per interfacciarsi con la PA sia al 9%, contro una media del 29% a livello mondiale, con il picco dei Paesi del Nord Europa, dove l’Islanda arriva addirittura all’85%. Certamente un effetto della mancanza di cultura alla tecnologia dei cittadini, ma probabilmente anche dovuto al fatto che i progetti attualmente proposti non sono così vantaggiosi e utili per i cittadini. «Un dato che fa pensare che la PA non pensa i servizi per un utilizzo da parte dei cittadini, ma piuttosto, li usa per sé stessa - commenta Valcher -. Ed è proprio su questo gap che si attiva il progetto CityNext, con l’obiettivo di creare un ecosistema locale di aziende IT fornitrici di progetti di abilitazione di una PA più efficiente e che rappresenti realmente un beneficio per il cittadino che vi accede». v
Paolo Valcher Direttore Sviluppo Smart Cities e Sanità di Microsoft Italia
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Il nuovo Partner Program del vendor guarda alle nuove soluzioni per il cloud backup e la collaboration che allargano l’offerta di sicurezza tradizionale a un più ampio concetto di security dei dati in linea con l’operatività business delle aziende
Supporto al canale per l’offerta ampliata di F-Secure
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in arrivo un nuovo programma per il canale di F-Secure. Un programma potenziato nella sua gestione dall’implementazione di Salesforce in tutte le varie filiali dell’azienda, un lavoro che prenderà qualche mese ma che «ci consentirà di avere informazioni dettagliate sui nostri rivenditori e potere interagire meglio e più velocemente con loro» secondo Michele Caldara, sales manager channel business di F-Secure Italia, che ci ha fornito qualche
di Loris Frezzato
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anticipazione riguardo al nuovo Partner Program che sarà pienamente operativo verso fine anno. Nel frattempo, in questo lasso di tempo, il vendor sta valutando uno per uno i “vecchi” partner, per capire se hanno o meno i requisiti in linea con quanto richiesto dal nuovo Partner Program ed eventualmente agevolarli nella migrazione, mentre i nuovi partner con cui verrà in contatto in questi mesi saranno accreditati già secondo le nuove regole. «Il cambiamento del sistema con
Salesforce e l’organizzazione del nuovo Partner Program evidenziano i forti investimenti che F-Secure sta effettuando nei confronti del canale - commenta Caldara -, per il quale vuole armonizzare e unificare la gestione delle varie country per ottimizzare le azioni e agevolare il business dei nostri dealer». Segno di una volontà di cambiamento che coinvolge anche gli strumenti Web con cui canale e clienti interagiscono con il vendor, che è soprattutto funzionale all’ampliamento dell’offerta a nuovi prodotti. Dopo 25 anni dediti esclusivamente al proprio antivirus, infatti, oggi il vendor finlandese guarda anche a strumenti per la condivisione e lo storage in sicurezza dei documenti in cloud arricchendo il portfolio, rispettivamente, con Younited for Business e con Freedome, in versione consumer e business. «Nuovi prodotti che ci avvicinano anche a nuove tipologie di dealer rispetto al passato - riprende il manager -, con la creazione di un canale differente che in precedenza, con nuove esigenze, per
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il quale era necessario pensare a strumenti di supporto appropriati». Tre i gradi di certificazione, dai Partner, i Gold Partner, fino ad arrivare ai Platinum Partner, con relativi, crescenti, livelli di impegni e di vantaggi. Tra questi ultimi, una nuova versione del Partner Portal, con listini, datasheet, eventi e promozioni e dove ogni partner trova l’elenco dei propri clienti e i relativi scadenzari e la possibilità di acquistare tutte le tipologie di prodotti, tramite i distributori autorizzati, ossia Sidin, Alias e Symbolic. Sempre dal portale è possibile accedere all’area di training, dove seguire corsi tecnici e commerciali, propedeutici all’ottenimento delle certificazioni, oltre al tool per la registrazione delle opportunità per l’ottenimento di sconti aggiuntivi e uno strumento per la gestione dei lead sollevati dal vendor ai rivenditori. A tutto ciò si aggiunge l’Online Channel Marketing Tools, ossia la possibilità per tutti i partner di inserire un minisito dedicato a F-Secure, mentre i Gold e i Platinum hanno in aggiunta
l’opzione di gestire dei mailer, anche utilizzando template messi a disposizione dal vendor. Per quanto riguarda, invece, gli impegni richiesti, i Partner di livello base non devono soddisfare alcun requisito, mentre i Gold devono avere almeno 2 persone certificate, un tecnico e un sales, e garantire un minimo di fatturato. Raddoppia l’impegno in termini di personale certificato per i Partner Platinum, per i quali cresce anche il livello di fatturato richiesto, parte del quale deve essere fatto su nuovi clienti. v
Younited e Freedome: offerta allargata al backup e alla condivisione dei dati Younited e Freedome sono soluzioni che, provenendo da un’azienda da anni dedita alla sicurezza, pongono particolare accento sull’aspetto della privacy. «Basti pensare che i maggiori player di storage e social in cloud sono americani - osserva Caldara -, con l’obbligo per legge di copiare tutto ciò che vi viene postato (Snowden docet - ndr), oltre al fatto che i vendor stessi si prendono i diritti di quanto viene pubblicato, per non parlare dei cookies che indirizzano pubblicità mirate in base agli interessi personali. Noi ci vogliamo proprio distinguere da questa modalità, senza volere sapere alcunché dei dati degli utenti, ma semplicemente offrendo un servizio, su server europei - con il vantaggio che la legge europea sulla privacy è molo più restrittiva - che già in entrata cripta tutti i dati che entrano in cloud». In particolare, la versione business di Younited permette la gestione di tutti i device che l’utente associa, con costi in base al taglio di Gigabyte di utilizzo, da 5, 100 o 500 Gb e si distingue da quella consumer per il fatto di potere essere gestita da console, e quindi delegabile al rivenditore qualora - caso tipico delle piccole imprese - non sia presente un IT manager in azienda. Console attraverso la quale si possono gestire i Gigabyte di competenza installando i client sui vari dispositivi, indipendentemente dall’ambiente in cui operano, dei quali si può scegliere i documenti di cui fare backup, aggiornando e sincronizzando su cloud in tempo reale e definendo le cartelle condivise, accessibili da chi ne ha i requisiti e attraverso qualsiasi dispositivo. Con il vantaggio, rispetto ad altre soluzioni disponibili sul mercato, che qualsiasi documento venga caricato su cloud è “pulito” e controllato dalla presenza di virus. Nel caso di Freedome, invece, si tratta di una soluzione, anch’esse multipiattaforma, per la sicurezza per il mondo mobile, in grado di proteggere a livello di rete il dispositivo attraverso la creazione di una VPN criptata che tutela la navigazione dell’utente anche se questa avviene attraverso reti free poco protette, oltre ad altre funzioni anti-theft che bloccano il dispositivo in caso di furto o smarrimento.
Michele Caldara sales manager channel business di F-Secure Italia
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Una soluzione business di tipo privato, pensata per creare gruppi di lavoro, condividere documenti e partecipare a conversazioni virtuali con cui la Casa di Redmond punta a semplificare la comunicazione e migliorare la condivisione delle informazioni per le decisioni strategiche
Microsoft Yammer: il social network diventa “enterprise”
L’
acquisizione di Yammer nel Giugno 2012 ha ampliato l’offerta di Microsoft, che ha definitivamente deciso di appoggiare su questa piattaforma la propria visione strategica per il Social Enterprise, un trend emergente anche in Italia, che punta a portare all’interno dell’ambiente professionale le modalità d’interazione che i dipendenti sono abituati a usare nella loro vita privata. Un percorso che nel nostro Paese sembra favorito proprio dagli “information worker” che, in base a un recente Survey globale commissionato da Microsoft a Ipsos (su circa 10mila iWorker in 32 Paesi) per il 50% dichiarano che l’utilizzo degli strumenti social ha migliorato la loro produttività sul posto di lavoro. Yammer è un social network privato che connette persone, conversazioni e dati, che permette di condividere informazioni pro-
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venienti da diverse applicazioni aziendali e di organizzare progetti attraverso lo scambio di messaggi visibili solo all’interno dell’organizzazione aziendale. Il tutto integrato in un’esperienza social. Grazie a un’App mobile per Windows, Windows Phone iPhone/iPad e Android, l’interazione può avvenire in modo semplice e immediato anche attraverso dispositivi mobili, per restare aggiornati in tempo reale sui temi e contribuire ai progetti sempre e ovunque ci si trovi. Attraverso un plug-in è, inoltre, possibile rendere social i dati distribuiti tra diverse applicazioni business, facendoli confluire su Yammer; la Yammer App Directory permette invece di trovare applicazioni aziendali utili e di connetterle alla piattaforma. Questa soluzione conta già oltre 8 milioni di utenti in tutto il mondo e Microsoft sta raffinan-
do la roadmap che porterà alla sua integrazione all’interno della piattaforma cloud Microsoft Office 365. Già ora l’integrazione prevede alcune funzionalità quali il Newsfeed per SharePoint Online e Office 365, l’App di Yammer disponibile sull’Office Store, l’interoperabilità con l’e-mail, le funzionalità ottimizzate di messaggistica e comunicazione esterna e la funzione di ricerca integrata con SharePoint. L’utilizzo di Yammer parte dalla creazione di un Profilo. Una volta registrati è possibile creare Gruppi pubblici o privati all’interno dei quali lavorare in team, condividere documenti e rimanere informati su un argomento. La gestione dei messaggi avviene attraverso un Inbox da dove visualizzare, assegnare priorità e gestire le conversazioni a cui si è partecipato o in cui si è stati citati. Il Feed prevede una suddivisione delle
di Riccardo Florio
visualizzazioni delle conversazioni tra Top (le più importanti per l’utente in base agli elementi sottoscritti), All e Following (ovvero sottoscritte in modo attivo). Grazie alla funzione Segui si possono visualizzare i messaggi altrui nel proprio feed e seguire le persone e gli argomenti d’interesse. La funzione Rispondi abilita l’interazione mentre l’immancabile funzione Like permette di evidenziare i contenuti che riscuotono maggiore consenso. Tra le funzionalità va citata anche Enterprise Graph, una mappatura dei processi in atto in azienda che aiuta a trovare le informazioni utili e a collaborare. L’implementazione della piattaforma social enterprise di Microsoft può essere realizzata molto semplicemente affidandosi all’infrastruttura cloud di Yammer, mentre le impostazioni di sicurezza permettono di configurare la gestione delle sessioni, delle restrizioni IP e delle policy per le password del network con la possibilità di monitorare parole chiave e inviare “alert” automatici tramite e-mail. v
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Lo storage Software Defined è una tendenza ormai irreversibile che sta cambiando completamente le regole del gioco. Per i partner questo trend costituisce un’opportunità interessante per conoscere un segmento di mercato in crescita ed entrare a farne parte da protagonisti Il Software Defined Storage sfrutta il software per separare e astrarre dinamicamente le funzionalità di storage offerte dai dispositivi fisici e/o virtuali indipendentemente dalla loro tipologia o collocazione, con l’obiettivo di migliorarne l’agilità e offrire un’elevata qualità del servizio ottimizzando allo stesso tempo i costi. Grazie all’orchestrazione, i sistemi di storage mettono a disposizione dei layer software funzionalità interoperabili e programmabili in tempo reale tramite la separazione dei piani controllo e dati. In questo contesto, DataCore Software è un’azienda leader, con oltre 10.000 installazioni in tutto il mondo che propone oggi la sua decima generazione della piattaforma per la virtualizzazione dello storage SANsymphony-V. Il software di DataCore supporta l’intero ecosistema di storage, a partire da piccole soluzioni con meno di un terabyte di spazio fino ad architetture multi-nodo capaci di gestire fino a 32 petabyte di capienza. Per avere un’idea delle opportunità che riserverà nei prossimi anni il mercato dello storage, basta guardare i dati stimati da IDC, secondo cui la quantità media di spazio di storage acquistato dalle aziende crescerà a una media annua del 40% per lo storage esterno e fino al 38% per quello inter-
no. Per la commercializzazione delle sue soluzioni, DataCore si affida interamente al canale, garantendogli la completa protezione degli investimenti fatti per generare nuovi ricavi. Le soluzioni di DataCore permettono ai partner di differenziarsi in un mercato affollato, proponendo ai clienti un approccio diverso per superare le difficoltà legate allo storage. DataCore dispone di un Partner Program che offre numerosi vantaggi, tra cui registrazioni dei lead, premi e riconoscimenti per i partner orientati alla vendita delle soluzioni DataCore. I benefici del Programma sono strutturati in quattro tipologie, in base al fatturato e alle competenze: Business Partner, Certified Business Partner, Silver Solution Provider e Gold Solution Provider. Far parte del Partner Program di DataCore non significa solo ottenere fondi per il marketing, ma anche supporto tramite analisi di mercato, liste di potenziali clienti e assistenza nella realizzazione dei piani di marketing. DataCore conosce bene il valore dei lead qualificati e organizza frequentemente attività finalizzate alla generazione della domanda che si traducono in nomina-
informazione pubblicitaria
DataCore: Software Defined Storage affidato al canale tivi di clienti potenziali distribuiti ai partner. I partner di DataCore godono inoltre di vantaggi offerti e promozioni trimestrali e annuali pensati per supportare le attività di vendita sia sulla base installata sia nell’acquisizione di nuovi clienti. Per esempio, i programmi dedicati ai settori dell’istruzione e della PA offrono prezzi interessanti, consentendo ai partner di incrementare il loro fatturato. DataCore offre ai suoi partner anche corsi di formazione, sia gratuiti via Web, sia in classe, garantendo così tutta la conoscenza necessaria per individuare e valutare i settori di applicazione, implementare e aggiornare le soluzioni basate sul suo software per la virtualizzazione dello storage. Il vendor fornisce assistenza diretta ai clienti finali, ma i rivenditori che dispongono di DataCore Certified Engineer hanno l’opportunità di aumentare il loro fatturato attraverso i servizi, fornendo assistenza a prezzi e condizioni definite in modo autonomo. I dealer che decidono di non certificare il proprio personale possono comunque sfruttare i Professional Services erogati da ingegneri qualificati di DataCore, per realizzare fatturato in un mercato in rapida espansione come quello del Software Defined Software. I partner che dispongono di ingegneri certificati hanno comunque accesso a un’offerta complementare che offre servizi di consulenza avanzata, diagnostica e ottimizzazione. Tutti i servizi sono acquistabili dal cliente esclusivamente attraverso i rivenditori, esattamente come tutti gli altri prodotti DataCore.
La newco, Gold Partner di Infor, nata da AGS e WCM, si delinea sempre più come gruppo per una compartecipazione di competenze, offerte e clienti che devono rinnovare un parco ERP obsoleto. Nuovi clienti e un piede sui mercati internazionali
Verticali e PMI nel mirino di 2Win Solutions
È
passato quasi un anno dalla 2Win Solutions nasce, infatti, fondazione di 2Win Solu- proprio per fare fronte comune, tions, realtà italiana focalizzata con competenze e specializzasull’offerta Infor per le PMI nata zioni complementari tra le due dalla partnership di WCM (World aziende costituenti, puntando a Class Manufactoring Solutions) una sempre maggiore compartee di AGS (Advanced Governance cipazione a livello di gruppo, con Solutions), aziende che hanno l’obiettivo di fare gradualmente portato rispettivamente in dote le confluire le aziende e i clienti nel competenze relative a Infor LN e gruppo stesso e a far convergere Infor SyteLine del vendor di ERP i clienti sulle soluzioni cross ofstatunitense. Un periodo passato ferte fino ad ora distintamente da a lavorare sulla riconoscibilità da WCM e da AGS. parte del mercato, che gradual- «Clienti che prima di passare mente risponde «nel rispetto dei con noi usavano solo strumenti piani di crescita prefissati - di- per l’amministrazione - riprenchiara Paolo Aversa, Ceo e Part- de Aversa -, senza pensare alla ner di 2Win Solutions, oltre che gestione dei processi e che ora Service Director di WCM - aven- possono trovare un’offerta più do acquisito, sempre sull’offerta completa e in grado di rispondere di Infor, due clienti di medie dimensioni, nel settore pompe e valvole oil and gas e un terzo che lavora nel settore dell’indotto aeronautico. Obiettivi raggiunti dalla collaborazione stretta tra le competenze e le conoscenze del mercato delle due aziende che hanno costituito 2Win Antonio Gentile Ceo e Partner di 2Win Solutions». Solutions e CEO di AGS
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alle loro esigenze più complesse di business». «Un’esigenza e un’aumentata richiesta che coincide anche con l’obsolescenza dei gestionali presenti ormai nelle aziende - fa eco Antonio Gentile, Ceo e Partner di 2Win Solutions e già CEO di AGS -. Ci aspettiamo, infatti, presto un ulteriore domanda da aziende che hanno in casa gestionali vecchi di 15 anni e non più in linea con un contesto di mercati globalizzati. Investimenti fatti in passato sull’onda del terrore diffuso con il Millennium Bug del 2000, che ha via via generato una certa sfiducia nei confronti dei fornitori IT».
Una risposta alle esigenze di mobility, con attenzione ai social e alle analytics A tali esigenze, 2Win Solutions risponde proponendo la piattaforma middleware Infor 10x, che comprende funziona-
Paolo Aversa Ceo e Partner di 2Win Solutions e Service Director di WCM
di Loris Frezzato
lità evolute in base ai nuovi trend tecnologici, i quali impongono una gestione degli aspetti social, mobile, cloud e di reporting analitico dei dati, grazie alla riscrittura delle applicazioni verticalizzate in linguaggio HTML5, rendendole integrabili con Infor ION. «Il fatto di avere un unico vendor di riferimento tra WCM e AGS, facilita 2Win Solutions, consentendoci di proporci con un solo brand ma con due soluzioni, LN o SyteLine, in base alle esigenze dei clienti - dettaglia Gentile -. Con un’offerta che ormai riesce a coprire gran parte delle problematiche, riducendo, di fatto, quella tendenza del passato che portava alla personalizzazione delle soluzioni, con il rischio di perdere i vantaggi che il vendor ha previsto nello sviluppo evolutivo delle proprie soluzioni». Cinque le persone assunte come consulenti dalla nascita della società, e l’entrata di altre due è prevista a breve, portando a 56 le risorse congiunte che WCM e AGS mettono a disposizione per rispondere alle esigenze del mercato. Intanto l’azienda si sta muovendo anche all’estero, attivandosi attraverso una partnership con la spagnola Semantic Systems, per creare una newco per proporre SyteLine sul mercato iberico. v
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Un’esperienza trentennale nel settore della tecnologia, iniziata con l’attività di scouting fino a diventare system integrator. Adesso Redco si è data anche un nuovo assetto societario per sviluppare il business nel mercato italiano
Redco Telematica, l’esperienza al servizio del business
N
asce quasi 30 anni fa, nel 1984, Redco Telematica, azienda con sede a Busto Arsizio, ma con uno sguardo più internazionale e rivolto soprattutto verso l’America dove fin da subito ha cercato collaborazioni con realtà ancora sconosciute in Italia per importare soluzioni nel settore della trasmissione dati, voce e comunicazioni multi-media. Un’attività di scouting di tecnologie nel mercato americano intrapresa fin dall’inizio che le ha permesso di importare e distribuire per prima nel mercato nazionale brand di un certo livello, come per esempio Radvision, poi diventata Avaya, ma anche Palo Alto Networks. «Siamo stati i primi, per esempio, ad aver importato il brand Dialogic in Italia, un’azienda di un certo rilievo nel settore della videoconferenza» fa presente Elisa Mancassola, direttore generale e commerciale di Redco Telematica. Adesso Redco, con un fatturato medio di 5 milioni di euro, si è data un nuovo assetto societario e un nuovo amministratore delegato, Pietro Rusca, che avrà il compito di rafforzare il mercato italiano e definire le
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strategie di sviluppo, e nel frattempo ha già iniziato a puntare su una maggiore visibilità. Attualmente, la società si definisce un system integrator che si occupa della progettazione e implementazione di soluzioni per i propri clienti, tra cui annovera grandi nomi del settore bancario e dell’energia, rivolgendosi con le sue soluzioni al settore enterprise. «Il nostro approccio avviene essenzialmente per tecnologia, come quelle di Avocent o RSA, che ci portano a servire soprattutto grandi organizzazioni che necessitano di certe soluzioni» fa presente la manager. I settori in cui la società opera sono quello del networking, della security,
Pietro Rusca ed Elisa Mancassola rispettivamente amministratore delegato e direttore generale e commerciale di Redco Telematica
della unified communication e collaboration e data center. Inoltre a seconda dell’ambito hanno diversi approcci, per esempio nel settore della security si muovono in qualità di system integrator con le soluzioni di vendor tra cui RSA Security, Sophos e Websense, mentre «per quanto riguarda la UC vendiamo tramite il canale soluzioni “building block” che vanno poi integrate presso il cliente» precisa Mancassola. Quando il cliente è seguito direttamente, invece, Redco offre un servizio completo che le ha permesso di guadagnarsi la fidelizzazione nel tempo, poiché è in grado di partire dalla progettazione per arrivare all’implementazione
di Paola Saccardi
e, infine, al servizio di supporto e manutenzione. Inoltre Redco è in grado di fornire assistenza on site ma anche da remoto e a tal fine ha creato il Redco Operations Center (ROC) un servizio di monitoraggio delle reti e dei sistemi dei clienti. I tecnici che lavorano per la società «sono sottoposti a formazione continua che in parte è anche richiesta dai partner delle soluzioni, con certificazioni che periodicamente sono da rinnovare, ma anche al di fuori di queste spingiamo per motivare i dipendenti a rimanere aggiornati» spiega Massimo Cotta, direttore marketing e pre-vendita di Redco Telematica. Infine la società ha appena presentato una nuova soluzione di autenticazione e protezione dei dati sensibili che si adatta alle caratteristiche di diversi mercati verticali come spiega Mancassola: «Grazie alla sua flessibilità, RSA Adaptive Authentication, può essere integrata in molteplici contesti, dalla PA alla Sanità, ma anche alle PMI». La soluzione è stata sviluppata da RSA e consente di proteggere gli accessi che avvengono tramite credenziali degli utenti grazie alla capacità di valutare oltre un centinaio di indicatori con un mix di diverse tecnologie. v
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È disponibile il libro sul Cloud Computing In oltre 280 pagine analizza gli economics e le strategie alla base dell’adozione del Cloud come strumento per rendere l’IT più efficace, razionale e meno costoso, nonché gli aspetti connessi ai nuovi paradigmi dell’IT e del cloud. Tra questi l’Hybrid Cloud, i Big data e il Software Defined Data Center. Completa l’opera l’esame della strategia e della proposizione di primarie aziende dell’IT internazionale che hanno fatto del Cloud uno degli elementi portanti del proprio portfolio di soluzioni e servizi.
Cloud Computing e IT as a Serv
ice
loud è un nuovo modo di fruire dell’IT ormai ampiame nte accettato. Il crescente è stato decretato è peraltro successo che favorito dall’attuale situazion e economica, che rende prop stare gli investimenti verso ensi a il core business e a dosare le spes e in IT in modo che corrispondano isurabili risultati economic i. in un quadro generale di sua crescita nuovi paradigmi sono apparsi. La tendenza princ resentata da un Cloud di tipo ipale è ibrido, che abilita la coesisten za dei benefici di una compone ata con quelli di una pubb nte lica. Una seconda è rappresen tata dai Big Data, campo nel d permette di disporre della quale il capacità elaborativa e di stora ge senza dover investire mass te in infrastrutture. Contemp icciaoraneamente si è assistito all’apparire di un nuovo para o del Software Defined, perc digma, epito come passo ulteriore della virtu alizz azio ova generazione alla base ne dei Data Center di ambienti Cloud. tutti aspetti del Cloud che vengono esaminati in ques ta nuov a ed aggiornata edizione del me, che dopo una parte di analisi generale dei concetti e degli economics ne cons onenti, dall’IaaS al SaaS, nonc idera le hé le strategie e le soluzion i di primari operatori del setto re. ppe Saccardi
edizione 2014
è autore e coautore di num erosi libri, rapporti, studi o in società di primo piano e survey nel settore dell’ICT. nel campo dell’informatica Ha e delle telecomunicazioni ali, maturando una trentenna nazionali e interle esperienza nel settore. È laure ato isti della Lombardia. È cofon in Fisica ed è iscritto all’or dine dei datore e President di Repo rtec. o Di Blasio ha lavorato press o alcune delle principali rivist e specializzate nell’ICT. Giorn sta, è iscritto all’ordine dei alista progiornalisti della Lombardia ed è coautore di rapporti, dell’ICT. Laureato in Ingeg studi e survey nel neria, è cofondatore e Vice President di Reportec. o Florio ha collaborato con le principali case editrici speci alizzate nell’ICT. È coautore Survey nel settore dell’ICT. di rapporti, È laureato in Fisica ed è iscrit to all’ordine dei giornalisti datore e Vice President di della Lombardia. Reportec
Cloud Computing e IT as a Service
Hybrid Cloud, Big Data, Sof tware e Servizi per un’azienda agi Defined Data Center le e competitiva
EDIZIONE 2014
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Giuseppe Saccardi
Gaetano Di Blasio - Riccardo Flor
io
StoRAGe
dove risiedono per questo le storage basato forma di Cloud crescita dei dati ne del business, nte considerate sporre di servizi ali. Quelli citati, mpleta il volume e nello storage e
sicurezza2012 c28.indd
Riccardo Florio ha collaborato con le principali case editrici specializzate nell’ICT. È coautore di rapporti, studi e Survey nel settore dell’ICT. È laureato in Fisica iscritto all’ordine dei giornalisti ed è della Lombardia. È cofondatore e Vice President di Reportec, dove ricopre carica di direttore responsabile la della testata “Direction”.
StoRAGe Lo storage nell’era del Cloud
Ogni azienda è tenuta per legge alla governance. Questa passa attraverso la gestione rischio, che nell’impresa del moderna deve essere affrontato trasversalmente alle funzioni aziendali. Vanno dunque considerati i diversi aspetti della sicurezza aziendale protezione delle informazio : dalla ni, alla continuità operativa, alla sicurezza dei lavoratori, salvaguardia degli asset fisici. alla Il primo passo è adottare una visione globale del problema, che consenta di discrimina re tra i pericoli imminenti e quelli meno probabili, tra i rischi che realmente corre la propria impresa e quelli che non si applicano al proprio caso.
SicuRezzA AzienDAle e continuità Del BuSineSS controllo del rischio e conformità alle normative guidano gli investimenti per la protezione degli asset e l’innovazion e
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e per rispondere alla sfida dei Big Data
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e e to in Fisica ed è i giornalisti della datore e Vice Predove ricopre la esponsabile della
Gaetano Di Blasio ha lavorato presso alcune delle principali riviste specializzate nell’ICT. Giornalista professionista, è iscritto all’ordine dei giornalisti della Lombardia ed è tore di rapporti, studi e Survey coaunel settore. È laureato in nel setFisica iscritto all’ordine dei giornalisti ed è tore dell’ICT. Laureato in Ingegneria, è della cofondatore e Vice Lombardia. È cofondatore e President tec, dove ricopre President di Reporla carica di direttore di Reportec. responsabile della testata “Solutions”.
SicuRezzA AzienDAle e continuità Del BuSine SS
03/06/14 16:14 Giuseppe Saccardi è autore e coautore di numerosi libri nel settore dell’ICT. Ha lavorato in società di primo piano nel campo dell’informatica e delle telecomunica zioni, maturando una trentennale esperienza
Giuseppe Saccardi - Gaetano Di Blasio -
Riccardo Florio
Riccardo Florio
29/05/12 18.05 22/04/13 15:05
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Si palesa l’acquisizione del distributore tedesco in Italia da parte di Arrow ECS con il cambio della denominazione sociale. Non sono previsti stravolgimenti nel team, ma solo sforzi per far crescere il business, grazie alla complementarietà dell’offerta
Computerlinks è diventata Arrow ECS
A
fine Agosto del 2013 erano trapelate le prime intenzioni del distributore americano Arrow Electronics di acquisire la tedesca Computerlinks per proseguire la fase di espansione nel mercato europeo. Intenzioni che si sono poi concretizzate a fine anno per giungere nello scorso aprile al re-branding da Computerlinks ad Arrow ECS, con cui è stato completato il processo di integrazione delle due società. Un percorso che non andrà ad apportare modifiche drastiche all’interno del distributore con sede italiana a Bolzano, come precisa Laurent Sadoun, president EMEA e responsabile dei worldwide services di Arrow Enterpirse Computing: «La nostra intenzione è quella di supportare il team di manager di Computerlinks che diventerà il nuovo management di Arrow ECS in Italia. Non vogliamo attuare stravolgimenti, ma vogliamo, invece, continuare l’attività di Computerlinks a cui si aggiungerà, però, la complementarietà con l’offerta di
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di Paola Saccardi
buon mercato, ricco di aziende di piccole e medie dimensioni e di un vasto ecosistema di rivenditori, proseguendo il nostro percorso per diventare strategic leader nella data center security. Un ulteriore investimento per i nostri reseller che ci porterà sempre di più verso il cloud» fa presente Sadoun.
Arrow». In Italia, dunque, Federico Marini rimane alla guida della società nel nuovo ruolo di Managing Director della divisione italiana di Arrow Ecs, Laurent Sadoun Arrowsphere, una che ha commenpresident EMEA e responsabile Federico Marini piattaforma per tato di aver fin da dei worldwide services di Managing Director della Arrow Enterpirse Computing aggregare l’offerta subito appoggiato divisione italiana di Arrow Ecs cloud l’acquisizione da parte del distributore americano per oltre 100 mila OEM, reseller Un esempio dello sforzo di Arper le nuove opportunità di mer- e clienti commerciali, attraverso row verso il cloud è anche rapuna rete globale di oltre 460 sedi presentato da Arrowsphere, una cato che avrebbe offerto. nel mondo con 16.500 dipenden- piattaforma di aggregazione per Elettronica e informatica: ti. Il fatturato del 2013 di Arrow l’offerta cloud, per ora presente le due anime di Arrow Electronics ha raggiunto quota in Germania, Francia, Uk, SpaLa storia di Arrow Electronic inizia 21,3 miliardi di dollari, per un gna e Danimarca, che consente nel 1935 in America come punto utile di 399,4 milioni di dollari, all’ecosistema dei partner di cavendita di radio e componenti col- di cui 13,5 miliardi merito della nale (MSP, solutions provider, ISV) legati per poi passare alla compo- divisione componenti elettronici di entrare nel business dei servizi nentistica elettronica in senso più e i restanti 7,9 miliardi di quella cloud in modo veloce e convelargo fino a comprendere in segui- Enterprise Computing Solutions. niente. Per ora, comunque, gli to il più ampio settore IT in qualità In Europa Arrow è presente in 29 sforzi di Arrow ECS in Italia sono di distributore a valore aggiunto. Paesi grazie a una serie di acqui- orientati «a supportare il team Attualmente Arrow Electronics è sizioni che gli hanno permesso italiano, che rimane lo stesso, con suddivisa in due unità dedicate di allargare il proprio raggio di un approccio che si basa più sul l’una ai componenti elettronici e azione e ora con Computerlinks, mantenimento della continuità l’altra alle soluzioni informatiche distributore storicamente focaliz- che sullo stravolgimento nell’otti(Arrow ECS - Enterprise Compu- zato nel mercato della sicurezza, ca di rispettare le caratteristiche ting Solutions). Il distributore si «possiamo sviluppare il business locali, come facciamo in ogni Paepropone come partner di canale anche in Italia, che riteniamo un se» precisa Sadoun. v
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Vocazione allo scouting e al supporto ai dealer per i brand di sicurezza che seleziona e promuove fino a svilupparne il mercato. È il compito di Exclusive, che all’inflazionato VAD sostituisce la qualifica di Super VAD
Con CARM, i dealer di Exclusive analizzano le falle di sicurezza dei clienti
S
icurezza e reti, un mercato in controcorrente. Almeno per quanto riguarda l’andamento, rappresentando una delle poche oasi rigogliose nel mezzo della crisi del mercato dell’IT. Un’oasi dove Exclusive Networks, ha da tempo trovato la propria collocazione «in un mondo, quello della sicurezza, che è estremamente dinamico e in evoluzione, che per forza bisogna seguire con passo sostenuto, e sul quale i clienti stanno ponendo sempre maggiore attenzione - dichiara Edoardo Albizzati, country manager per l’Italia -. Focus business è la sicurezza IT, che affrontiamo come distributore a valore aggiunto, anzi, un “Super VAD”, proprio per distinguersi da chi abusa del termine», concetto sottolineato anche nel logo, dove compare un omino-supereroe, oltre a rispondere a quei requisiti definiti da Canalys, che identifica come Super Vad chi ha capacità mar-
Edoardo Albizzati country manager di Exclusive Networks
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keting, svolge attività di lead generation ed è in grado di fornire supporto pre e post vendita. «Vogliamo essere riconosciuti per essere un distributore che dà supporto completo ai reseller su tutto ciò che abbiamo a listino, ma soprattutto per essere coloro che vanno a fare ricerca di nuove tecnologie da proporre ai partner. Scouting di tecnologie poco note per portarle poi a conoscenza del mercato, come è successo con Paloalto Networks, Imperva o Arbor Networks, distinguendoci, noi e il nostro canale, dalla concorrenza che propone nomi fortemente distribuiti e su cui si è da tempo scatenata la battaglia sui prezzi e marginalità». Brand che non sono presenti in Europa e per i quali funge da “ac-
celeratore” per il loro go-to-market locale. «Si tratta, certo di una sfida, visto che si parla di nomi che ancora non hanno riscontri importanti di mercato - continua Albizzati -, ma il nostro fiuto e l’esperienza delle nostre persone raramente ci fanno fallire la scommessa». Tutti brand per la fascia medioalta del mercato, tendenzialmente complementari tra di loro nelle tecnologie, che il distributore segue con una struttura italiana composta da 15 persone, focalizzati su circa 200 reseller selezionati in base alle loro competenze. E su questi brand oggi Exclusive arricchisce le proprie attività di supporto con CARM (Cyber Attack Remediation & Mitigation), una piattaforma di soluzioni integrata che aiuta le aziende ad affrontare i problemi che seguono a un attacco andato a segno. «Abbiamo voluto creare uno strumento utile sia al canale sia agli utenti, mettendo a disposizione una struttura per verificare la bontà delle soluzioni presenti - dettaglia il country manager -. Siamo partiti dalla considerazione che un dealer, quando si presenta di fronte
di Loris Frezzato
a un cliente finale, deve identificare o sollevare eventuali esigenze/problemi, basandosi, però, sulle funzionalità di prodotti che ha a portafoglio. Mentre vorremmo risolvere le esigenze facendo leva non solo sulle competenze del singolo brand. Abbiamo quindi creato dei laboratori, in UK, collegandosi ai quali è possibile effettuare una verifica della rete del cliente, identificando, attraverso le nostre soluzioni, possibili falle o attacchi. La piattaforma CARM, che include le soluzioni LogRhythm, Paloalto, FireEye e Imperva, serve proprio a presentare una soluzione completa al cliente sulla base delle verifiche dello stato del suo sistema di sicurezza, evitando di andare a presentare la singola soluzione per il singolo problema». Obiettivo, ovviamente, è ripristinare le condizioni ottimali di sicurezza con il minore disagio possibile. Perché prevenire è fondamentale, ma in un modo o nell’altro gli attacchi continuano ad avvenire: l’importante è riuscire a identificarli, renderli inoffensivi e porvi rimedio nel migliore dei modi. v
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Nuova HL-S7000DN, la stampante monocromatica a tecnologia ibrida che grazie ai suoi 100 ppm di velocitĂ di stampa, ai costi copia contenuti e alle basse emissioni fa decollare il lavoro in ufficio.
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Proporre sicurezza al mercato Smb In Italia sono ancora molte le piccole e medie imprese sprovviste di una strategia di security. Eppure sono tanti i pericoli in cui rischiano di incorrere quotidianamente. Trend Micro fa il punto sulle vulnerabilitĂ piĂš frequenti, spiegando come intervenire attraverso una famiglia di soluzioni dedicate (Worry Free) e una serie di servizi a disposizione di dealer intenzionati a specializzarsi in questo ambito
PMI focus target
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di Claudia Rossi
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Il target
Pmi sotto attacco Spina dorsale del tessuto economico italiano, il mercato Smb conta nel nostro Paese circa quattro milioni di imprese, per la maggior parte orientate ad appoggiarsi agli operatori di canale per affrontare tutte le esigenze IT e di sicurezza. Si tratta di un segmento che per quanto riguarda l’evoluzione delle minacce rappresenta da sempre un terreno particolarmente fertile e questo per una serie di motivi. Il primo è di natura squisitamente tecnica. Oggi chi produce malware sfrutta l’etereogeneità delle piattaforme in uso, il più delle volte sprovviste di una strategia di protezione all’interno degli ambiti small business. Spesso nelle piccole aziende manca, infatti, una figura in grado di sviluppare policy di security o formare il personale sui rischi legati all’uso dei social media o di più dispositivi (personali e aziendali) per la gestione delle informazioni. «Oggi l’Italia è al terzo posto mondiale per la produzione di Spam e una delle nazioni più esposte alle Botnet - commenta Denis Cassinerio, senior channel sales manager di Trend Micro Italia -. Si tratta di fenomeni che, in combinazione con il tessuto economico italiano e l’evoluzione delle minacce, ren-
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dono il mercato Smb un contesto particolarmente facile da attaccare, anche perché spesso le Pmi trascurano il tema della security convinte di non essere d’appeal per chi sviluppa malware». In realtà tutti i dispositivi contengono dati interessanti (da quelli relativi alle carte di credito a quelli più personali), tutte informazioni monetizzabili dal mercato del cybercrime. Va poi considerato che spesso le realtà Smb, anche se non sono oggetto di attacchi mirati, vengono sfruttate come veicoli di malware inconsapevoli, sviluppando porzioni di attacchi che verranno elaborati in una fase successiva. «Un ulteriore elemento che ostacola la diffusione di efficaci strumenti di sicurezza all’interno delle piccole e medie realtà italiane è la lenta progressione verso il cloud, un modello cloud “as a service” che riesce a garantire la protezione dei dati dal momento che non risiedono sul dispositivo” prosegue Cassiniero che sottolinea come la mobility rappresenti in questo contesto un altro fattore di rischio.
«Se le piattaforme desktop rappresentano un rischio per la presenza di numerose vulnerabilità, quelle mobili soffrono di una situazione anche peggiore - chiarisce il manager -. Oggi Android è la piattaforma su cui si concentra il maggior numero di applicazioni malevoli. Dopo aver censito le applicazioni sviluppate per questa piattaforma, alla fine del 2012 avevamo trovato 129.000 app sospette. A marzo 2014 erano già oltre 2 milioni». C’è poi un ultimo elemento di pericolo per l’Smb, costituito dall’uso di servizi di collaboration e storage in the cloud di tipo consumer, spesso privi di qualsiasi forma di governo per quanto riguarda l’interscambio d’informazioni: una porta spalancata su tutte le possibili forme di attacco elaborate dal cybercrime. Denis Cassinerio senior channel sales manager di Trend Micro Italia
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Le soluzioni
Da Trend Micro prodotti ad hoc per l’Smb
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in questo caso una migliore protezione degli endpoint attraverso l’accesso diretto alla Smart protection network. La release 9.0, annunciata lo scorso aprile, ha ampliato le funzionalità di entrambe le versioni, introducendo un nuovo elemento d’efficienza con l’importante estensione alla protezione delle piattaforme mobili. «Ma Worry Free non offre solo ottime feature di sicurezza, mette anche a disposizione interessanti tool di gestione operativa, particolarmente adatti al mer-
Label Informatica “Con Worry Free è più facile gestire i clienti Smb” Parola di partner
Da sempre Trend Micro ha rivolto una particolare attenzione alle specifiche problematiche di security dell’Smb, tanto da aver sviluppato per prima un prodotto di security ad hoc per le piccole e medie imprese. Si tratta di una famiglia di soluzioni che, proteggendo gli end point (server, client fissi e mobili), è in grado di portare a livello small business tecnologie di classe tipicamente enterprise. «La forza dell’offerta Worry Free fa leva sulla capacità di correlazione delle informazioni garantita dalla Smart protection network, un motore che ogni giorno scansisce 200 milioni di minacce, elabora oltre 16 miliardi di Url e analizza più di 6 Terabyte di dati secondo un principio di Big Data Analytics - chiarisce Cassinerio -. Si tratta di una piattaforma di facile utilizzo, capace di coprire aspetti essenziali di security, come la protezione del contenuto e lo scambio delle informazioni digitali». Installato nella maggior parte dei casi in modalità on premise, Worry Free è disponibile anche in versione Saas, offrendo
cato delle Pmi - sottolinea il manager -. Si tratta di un mercato fatto di tante aziende di piccole dimensioni, che spesso si rivolgono a operatori di canale dalla vocazione locale, impegnati a gestire una molteplicità di clienti dagli ambienti eterogenei. Con Worry Free questi operatori possono semplificare il loro lavoro quotidiano, sfruttando una console di gestione che permette di consolidare la visione dei diversi utenti attraverso un’unica piattaforma Saas». Recentemente è stata aggiornata anche la piattaforma per la gestione del licencing. Tramite il nuovo Lmp (License Management Portal), Trend Micro punta a offrire agli operatori la possibilità di accelerare il passaggio alla gestione della sicurezza come servizio. Attraverso questa
Nata 37 anni fa in ambito small business, la romana Label Informatica si è progressivamente affermata nel mercato della system integration sviluppando competenze in ambito security e networking. «Ancora oggi il 60% del nostro business si concretizza sul target small business - esordisce Caterina Bretti, direttore tecnico della società -, un settore nelle mire di molti fornitori e operatori per il numero di organizzazioni presenti in questa classe dimensionale d’impresa e il contributo allo sviluppo dell’economia nazionale che questa fascia di aziende è ancora oggi in grado di apportare». Nasce 18 anni fa la partnership di Label con Trend Micro, un vendor selezionato per la capacità di offrire quei prodotti antivirus su cui allora si concentravano le esigenze di security delle piccole realtà italiane. «Si è trattato di una scelta strategica - prosegue Bretti - che nel tempo ha sviluppato una vera e propria partnership esclusiva per il vantaggio tecnologico che questo vendor è sempre stato in grado di offrire a noi e ai nostri clienti». Oggi abbandonato un approccio di vendita esclusivamente impostato sull’antivirus, Label punta soprattutto a proteggere ambienti virtuali, promuovendo nuovi skill interni anche grazie alla formazione che Trend Micro eroga costantemente. «Oltre al supporto marketing e a campagne che facilitano il lavoro dei nostri commerciali, Trend Micro è costantemente impegnata nella formazione del canale, offrendo servizi di consulenza e affiancamento che ci permettono
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piattaforma è possibile, infatti, beneficiare di una gestione integrata sia per quanto riguarda la policy di sicurezza che i piani di servizio, arrivando fino alla mensilizzazione della fatturazione ai clienti. In questo modo l’efficienza non viene garantita solo dal prodotto in sé, ma dall’esperienza complessiva che include anche i servizi di gestione. All’offerta Worry Free, specificatamente indirizzata al mercato Smb, Trend Micro affianca, infine, alcuni prodotti complementari come SafeSync for Business, una soluzione che garantisce lo scambio sicuro di dati tra le varie piattaforme.
Operatori
Vendere al mercato Smb Poiché il mercato Smb è fortemente eterogeneo, anche la rete dei rivenditori Trend Micro focalizzati su questa fascia di utenza è altrettanto ampia e diversificata. In Italia l’ecosistema conta circa 4.500 entità, una buona fetta dei 20.000 operatori ICT attivi su tutto il territorio. A loro disposizione lo specialista di security mette tutta la capacità distributiva di quattro realtà come Arrow, Computer Gross, Esprinet e Systematika. «Con loro riusciamo a coprire tutte le esigenze operative, abilitando i partner attraverso percorsi specialistici non solo per quanto riguarda i prodotti di sicurezza, ma anche l’uso di soluzioni destinate ai service provider» chiarisce
costantemente di anticipare ai clienti le problematiche di sicurezza che si profilano all’orizzonte». Oggi gli ultimi progetti sviluppati da Label in ambito small business fanno leva soprattutto sulla componente di Remote Management dell’offerta Worry Free di Trend Micro. «Spesso le piccole e medie imprese non dispongono di personale IT interno e devono quindi appoggiarsi a fornitori esterni per la gestione delle problematiche di sicurezza - conclude Bretti -. Con Worry Free Remote Manager abbiamo la possibilità di tenere sotto controllo più aspetti di security da un’unica console, monitorando contemporaneamente e da remoto più clienti. Questo garantisce al cliente tutta la sicurezza che serve, mentre per noi costituisce una modalità operativa più semplice e dai costi decisamente inferiori».
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Cassinerio che sottolinea come recentemente sia stato rivisto anche il portale e il portafoglio corsi a disposizione dei dealer in modo da riuscire a offrire sempre più strumenti formativi e di vendita al canale. In particolare, attraverso l’iscrizione al portale i reseller possono ora usufruire di licenze ad uso interno (fino a 25 postazioni di lavoro) e accedere a una raccolta particolarmente ricca di materiale sales & marketing, predisposta per informare ed educare gli utenti finali sulle tecnologie Trend Micro. Oltre al tool di deal registration, tra gli strumenti a disposizione sono previste anche attività commerciali pensate per migliorare la profittabilità dei rivenditori e il passaggio dalla competition alle soluzioni Worry Free. «Nel programma di canale annunciato il giugno scorso conclude il manager -, l’Smb si conferma per i partner una specializzazione chiave, su cui intendiamo continuare a puntare con determinazione, offrendo tutti gli strumenti e il supporto necessario a proporre con efficacia le nostre soluzioni sul v mercato».
Caterina Bretti direttore tecnico di Label Informatica
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VERSO UN Software DEfined Data Center L’evoluzione in atto spinge verso nuovi modelli di data center, che puntano ad allocare in modo dinamico le risorse in base ai requisiti delle applicazioni e ai livelli di servizio attesi. Si tratta di un processo che interessa server, storage e rete, che spinge a un livello piÚ avanzato il disaccoppiamento tra risorse logiche e fisiche avviato con la virtualizzazione.
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l data center come lo conoscevamo è negli ultimi anni profondamente mutato. I trend che l’hanno interessato e lo stanno tutt’ora interessando, sono numerosi. Vediamo di elencarli, anche se non in ordine temporale o di importanza e abbinando aspetti puramente architetturali con altri più operativi. Nell’insieme danno però una idea dei problemi che un CIO e il suo staff si trovano giornalmente ad affrontare e quali decisioni si trovano a dover prendere. La virtualizzazione, il cloud, la ri-centralizzazione delle funzioni prima demandate ai server in un’architettura client-server che ha dominato le scene sino ad ora, la virtualizzazione dei desktop, il BYOD e cosa ciò implica per la sicurezza dei dati e la gestione delle immagini e dei dati attinenti i dispositivi remoti, il cloud nelle sue diverse incarnazioni (public, private o hybrid) e, ultimo in ordine di tempo ma con un effetto dirompente, il Software Defined Data Center (SDDC). Con quest’ultimo termine, in particolare, si intende in sostanza la capacità di organizzare un data center in modo che sia facilmente gestibile a software, con un disaccoppiamento tra hardware e la sua immagine virtuale così come viene proposta allo strato delle applicazioni e con la implicita possibilità di gestire in modo trasparente le diverse tipologie di risorse, sia che si tratti dei server, dello storage o della rete. È immediato capire come una tale evoluzione sia congruente con le esigenze sia di chi desidera adottare un cloud di tipo ibrido che public. La complicazione ovviamente non si ferma al contorno, perché se Software Defined (SD) deve essere un data center, software defined devono necessariamente esserlo tutte le sue componenti, come ad esempio lo storage e il substrato di
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rete. Non a caso parallelamente all’interesse degli user è fortemente cresciuto l’interesse e il coinvolgimento dei produttori per il Software Defined Storage (SDS) e il Software Defined Networking (SDN). Quella dell’SDDC è un’evoluzione che era nell’aria e sembra essere la conseguenza diretta della virtualizzazione, oramai fortemente attuata dalle aziende, e dalla crescente diffusione del cloud, soprattutto di tipo ibrido, che appare sempre più essere la strada che imboccheranno le aziende nel passaggio ad un nuovo modo di concepire e fruire di un infrastruttura ICT il più possibile basato sul concetto di dinamicità nell’uso delle risorse, e del loro pagamento. Esaminiamo due degli elementi fondanti di questa evoluzione, quella dello storage e quella della rete e le relative implicazioni. Prima però vediamo perchè interessa sia gli operatori che gli utilizzatori. Dal lato degli utilizzatori e cioè dal punto di vista di chi gestisce un data center, software e servizi interessano la maggior parte delle risorse e assorbono buona parte degli investimenti. Perché allora si dovrebbe parlare di qualcosa di così diverso? Semplicemente perché ci si propone di farlo in un modo diverso da come lo si faceva sino a ora e abilitando un grado di libertà e una rapidità di intervento nettamente superiore a quella sperimentata. Naturalmente quello che è chiaro e auspicato come punto di arrivo, e cioè l’indipendenza teoricamente assoluta tra applicazioni e infrastruttura hardware, richiederà del tempo per essere raggiunta, ma è comunque un processo in itinere che appare oramai inarrestabile. In sostanza, quello che ci si aspetta abiliti concettualmente un SDDC è di disaccoppiare del tutto le
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applicazioni dalla componente fisica sottostante, e tramite un strato software e un insieme di API (che permettano alle diverse componenti di interagire in modo standardizzato), far si che ad una applicazione vengano automaticamente assegnate le risorse che le servono in funzione di parametri prestabiliti, come la potenza elaborativa necessaria, il volume di dati da trattare, il grado di sicurezza, il livello RAID, la dispersione geografica dei dati da accedere, eccetera. In sostanza, ciò vuol dire poter orchestrare automaticamente l’assegnazione delle risorse alle singole applicazioni, e farlo non solo in modo fisso, ma anche in base alle esigenze del momento. Per esempio, se un’applicazione di BI o ERP deve analizzare una certa mole di dati per estrarne informazioni decisionali utili, ma deve farlo in un tempo massimo prestabilito, si deve vedere assegnata in modo automatico la capacità di elaborazione e di storage necessaria, nonché la banda e le connessioni di rete conseguenti, senza che per farlo si debba procedere manualmente. In pratica, ciò corrisponde a un tuning dell’assegnazione delle risorse fatto in modo tale da ottimizzare al massimo le risorse stesse, con in più il vantaggio che, avvenendo l’interazione tra strato di orchestrazione e macchine fisiche in accordo a protocolli e API standardizzate, quest’ultime possono essere sostituite (per manutenzione, upgrade o a causa di guasti) senza interrompere il funzionamento e in modo trasparente per l’applicazione. In pratica, ci si viene a trovare in presenza di un sistema che è in grado di scalare automaticamente sia verso l’alto che orizzontalmente, garantendo (perlomeno teoricamente) la assoluta continuità del servizio. Altro corollario è che se a gestire l’orchestrazione delle risorse è un livello software soprastante il piano fisico che disaccoppia applicazioni e infrastrut-
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tura, e lo fa tramite interfacce standard definite da enti o associazioni dedicate (si pensi per esempio a Open Stack e a Open Flow), si ha la possibilità implicita di poter adottare hardware di terze parti e non si è più vincolati al mono fornitore, Va da se che limiti ne esistono sempre, così come esisteranno differenze tra piattaforma e piattaforma. Se un server non ha la capacità di memoria necessaria, o un dispositivo di storage non ha il tipo di RAID richiesto dalla applicazione, diventa impossibile adottarlo anche se costa di meno di un’altra macchina perché altrimenti avrei un degrado delle prestazioni complessive e l’impossibilità di soddisfare specifici SLA. Prevedibilmente, in un quadro di progressiva standardizzazione a livello di interfacce sarà su questi aspetti che i produttori si giocheranno la loro quota di mercato nello spazio che si apre per la realizzazione di questo nuovo concetto di data center.
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Per quanto concerne la componete rete di un SDDC vale quanto esposto in generale, e cioè l’interesse nel poter impostare a software le caratteristiche che deve avere il substrato di trasporto in funzione delle esigenze applicative. Ciò dal punto di vista architetturale e nel contesto della rete è ottenuto adottando un principio da tempo usato nei grandi sistemi di comunicazione pubblici e internazionali dove l’esigenza di poter far interagire reti costituite da apparati di fornitori diversi esiste da decenni. In pratica, si è adottato il medesimo sistema di operare su due piani, un piano di alto livello software e un piano fisico di connettività costituito dai nodi di commutazione, in sostanza i router di backbone o periferici. È compito del piano di controllo (e cioè del software che risiede su una macchina specifica o è a sua volta distribuito) determinare quale risorsa, quale canale, quale banda va assegnata alla applicazione, e che si preoccupa
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di orchestrare il tutto in modo da garantire ai dati di quell’applicazione un canale di comunicazione per il tempo necessario corrispondete alle esigenze, allo SLA e così via. Come sempre, dato un accordo di massima tra gli operatori di mercato, il diavolo si nasconde nei dettagli ed esistono punti di vista diversi sotto il profilo terminologico. Per alcuni il punto centrale di un tale approccio, che effettivamente permette di creare una infrastruttura di rete molto flessibile e potenzialmente del tutto indipendente dal fornitore, è nella separazione tra piano di controllo e appa¬rati di rete mentre altri puntano sulla trasformazione in accordo al concetto di openess delle interfacce di controllo sugli apparati quali i router. In realtà lo scenario si presenta ben più complesso anche se entrambi i punti di vista ne possono far a ragione parte e il concetto di separazione tra piani è già noto e attuato da anni. Un consistente passo avanti è quello che si è posto come obiettivo la definizione del protocollo OpenFlow, che dal campo accademico, una volta che è stato adottato dalla Open Networking Foundation (ONF), ha finito con il costituire un solido riferimento nel lavoro di standardizzazione in questo critico settore del data center. Come tutti gli standard nella loro fase iniziale i problemi non sono mancati e alla sua definizione iniziale sono seguite attività di messa a punto favorite anche dal crescente interesse e coinvolgimento da parte dei produttori. Quale sia il punto di arrivo di una tale evoluzione è difficile da dire al momento, ma è prevedibile che sul carro del “software defined” in breve saltino anche i pochi che ancora non l’hanno fatto, fosse solo per opportunità di marketing. Una storia che si è già vista con il cloud compuv ting.
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Fujitsu abilita il Bring Your Own Cloud Con la Cloud Initiative e la Cloud Integration Platform, il vendor rende disponibile una piattaforma che consente ai CIO l’adozione e la gestione del cloud privato o pubblico all’interno delle aziende
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l cloud permea sempre più la società e le aziende vi ricorrono con crescente frequenza. Le soluzioni cloud private o pubbliche stanno rivoluzionando l’approccio all’IT, ma, mette in guardia Federico Riboldi, business program manager di Fujitsu: «Non sempre è facile individuare le tecnologie e i servizi realmente utili e il rischio di non ottenere i benefici sperati può essere elevato». Per ridurre al minimo i rischi, ed ottimizzare i benefici che possono derivare dall’adozione delle diverse forme di cloud, Fujitsu ha adottato negli anni un approccio pragmatico costituito dalla sua Cloud Initiative. Parte saliente della Cloud Initiative è ora anche la Cloud Integration Platform, una piattaforma che consente ai CIO, in un’ottica di “Bring Your Own Cloud”, l’adozione e la gestione del cloud all’interno delle aziende. La soluzione, annunciata al recente Fujitsu Forum 2013, permette ai dipartimenti IT di agire come elemento abilitante del cloud nell’ambito del business aziendale per il delivery di soluzioni IT in modalità altamente reattiva. In pratica, ha spiegato Riboldi, con la Cloud Initiative Fujtsu ha realizzato uno stack di servizi cloud, e cioè fruibili anche via Web, che si basano innanzitutto su una robusta piattaforma di Infrastructure as a Service costituita dalle sue soluzioni server, storage e di rete. Su questa ha poi reso disponibile una proposta di Platform as a Service (PaaS) e infine su quest’ultima ha realizzato il layer di Software as a Service. «Le SaaS sono dei servizi volti fondamentalmente alla protezione del dato, quali il “Backup as a Ser-
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vice”, l’”IT Management as a Service” o la “Cloud End User Protect” (basata su Symantec - ndr). Sono tutti servizi che sono parte della ampia Cloud Initiative che è la riformulazione che abbiamo dato al Cloud al fine di combinare la sua formulazione classica con una più aderente alle esigenze del mercato, partendo dalla considerazione che introdurre il cloud in azienda non è semplice e che occorre discriminare attentamente cosa realmente serva, o sia possibile fare» ha osservato Riboldi.
Private cloud e provisioning automatico Come evidenziato, la strategia Fujitsu si è evoluta lungo due direzioni complementari, quella volta a mettere a disposizioni infrastrutture per il private cloud e quella di soluzioni per il public cloud, soluzioni che possono essere combinate in una soluzione ibrida qualora le esigenze aziendali o una fase di analisi approfondita lo suggeriscano. Il portfolio per il private cloud prevede un layer di base costituito da un portfolio di prodotti che comprende una componente elaborativa che spazia dai server stand alone ai server in versione rack sino a sistemi molto evoluti come i Fujitsu PRIMEQUEST, delle macchine molto potenti tipo “Mission Critical” che sono partizionabili, particolarmente adatte per realizzare cloud multiutente o far girare applicazioni intensive. A questa si abbina la componente storage, con un ampio corollario di funzioni di virtualizzazione e di applicazioni per la data protection. Server e storage, oltre che la componente di rete, permettono non solo, evidenzia Riboldi, di realizzare una efficace infrastruttura IT, ma anche di porre le basi per una successiva evoluzione verso il privare o hybrid cloud. Gestire una infrastruttura cloud può però rivelarsi un’attività complessa. Per risolvere questo problema Fujitsu ha completato la sua offerta con ServerView
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Integrare private e public cloud con RunMyProcess
Resource Orchestrator Cloud Edition (ROR CE), un software per l’orchestrazione e il provisioning delle risorse IT. Il software aiuta il settore IT di un’azienda nell’orchestrare un servizio IaaS aziendale e porre rapidamente a disposizione quanto necessario ai diversi dipartimenti. Oltre al provisioning provvede a fornire anche numerosi altri servizi, quali la protezione di server fisici o virtuali, il recovery di server o di chassis blade, di componenti storage, sino a servizi di disaster recovery.
Il servizio Fujitsu per il public cloud su scala globale All’ampio portfolio per il private cloud Fujitsu ha affiancato un servizio world wide di public cloud. È un servizio basato su sei data center di Fujitsu (e sue tecnologie) che è denominato Fujitsu Cloud IaaS Trusted Public S5,. La sicurezza del servizio è garantita tramite il ricorso a molteplici standard e strumenti (credenziali e password, SSO per la gestione credenziali, PKI manager, VLAN, SSL VPN, firewall, sicurezza fisica dello storage con cifratura equivalente a AES 128, data center Fujitsu Green Tier III). Target ideale del servizio sono quelle aziende del settore pubblico o del settore finanziario che devono utilizzare un cloud pubblico con il massimo delle garanzie di sicurezza e con l’assoluta certezza che venga mantenuta la più stretta confidenzialità nel trattamento dei dati finanziari dei propri clienti. In Europa il servizio è erogato tramite un data center situato in Germania, con la possibilità di avere un backup tramite un pari data center in UK nell’ambito del servizio BaaS, al fine di garantire a chi fruisce dei servizi di backup dei dati che i medesimi siano in ogni caso residenti in Europa e soggetti alle sue normative sulla riservatezza delle informazioni sensibili.
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Molto spesso, evidenzia Riboldi, la soluzione ottimale risiede in un mix di private e di public cloud. Per rendere più facile e trasparente la realizzazione di una infrastruttura ibrida Fujitsu ha sviluppato una piattaforma e servizi correlati che vanno sotto il nome di Fujitsu Cloud Integration Platform. La possibilità di integrare soluzioni cloud sia “private” che “public” è sicuramente fondamentale per poter realizzare una infrastruttura ibrida ma è anche importante che servizi applicativi esistenti in azienda possano concorrere a realizzare tale infrastruttura. In questo senso, da tempo Fujitsu ha integrato nel proprio portfolio di soluzioni la piattaforma RunMyProcess. È una applicazione basata su un motore che consente alle aziende di combinare liberamente applicazioni, servizi e dati on-premis sia nel cloud pubblico che privato e di creare così nuove tipologie di sistemi business, compresa la definizione di processi (workflow) e interfacce web. Comprende un’ampia gamma di connettori (oltre 2000) che ne rendono pressoché immediata l’integrazione con i servizi cloud pubblici. I connettori provvedono a creare un tunnel protetto che collega i sistemi interni all’azienda a quelli esterni che vengono acceduti tramite cloud. Utilizza a tal fine un protocollo standard che forma un link sicuro tra le applicazioni che girano sulla piattaforma RunMyProcess e il Client installato sul sistema on-premise. In sostanza, la soluzione fornisce la capacità di far leva sui servizi disponibili sia nei cloud pubblici che in quelli on premise, partendo con progetti circoscritti per poi scalare via via in base alle esigenze. E se dopo un’attenta analisi ancora ci sono dei dubbi da dove iniziare, cosa conviene fare? «Partire dalle esigenze di business. Se si deve rispondere rapidamente alle richieste del mercato la cosa migliore da fare e rivolgersi al cloud», ha v affermato Riboldi.
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Data Center per un futuro nel Cloud con NetApp Data ONTAP Clustered Data ONTAP 8.2.1 apre la strada al Software Defined Storage e al Software Defined Data Center
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ell’affrontare il problema dei data center di nuova generazione, altamente virtualizzati, software defined e che devono poter diventar parte attiva di una realtà cloud ibrida atta a ottimizzare Capex e Opex, la considerazione di base di NetApp è che il ruolo del CIO si sta evolvendo e l’evoluzione tecnologica deve favorire tale evoluzione. Se prima poteva essere descritto come “costruttore” e “operatore” del data center, oggi si avvia sempre più ad essere un broker di servizi informativi e applicativi. In sostanza, evidenzia Roberto Patano, senior manager Systems Engineering di NetApp Italia, i CIO stanno adottando tecnologie e modelli di servizio di nuova generazione per erogare l’IT in maniera più rapida, economica e intelligente, al fine di rendere l’organizzazione più reattiva e competitiva. In essenza, la strategia di NetApp per i data center di nuova generazione e il cloud si incentra su Data ONTAP, il sistema operativo per lo storage che funziona come piattaforma universale per i dati. Elemento essenziale è che Data ONTAP abilita la portabilità dinamica dei dati e lascia alle aziende utilizzatrici ampia facoltà di scelta in termini di applicazioni, tecnologie e partner a cui far riferimento. L’approccio adottato da NetApp ha portato IDC a definire Data ONTAP come “il sistema operativo per lo storage brandizzato numero uno al mondo”. Il problema che si sta affrontando, evidenzia Roberto Patano, consiste nel fatto che ci si trova ad affrontare contemporaneamente evoluzioni complesse che coinvolgono le architetture di riferimento, ad esempio con la diffusione dei Software De-
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fined Data Center (SDDC) e del Software Defined Storage (SDS), la necessità di sfruttare macchine installate, ma ancora valide anche se datate, l’esigenza di utilizzare i big data per decidere strategie e la conseguente necessità di memoria flash per velocizzare i calcoli degli analytics, nonché la crescente spinta verso il private e l’hybrid cloud e la loro integrazione.
Clustered Data ONTAP concretizza il software defined storage Clustered Data Ontap risponde a numerosi degli aspetti che caratterizzano data center di nuova generazione. Va infatti considerato, osserva Patano, che sono in aumento le organizzazioni IT che integrano l’infrastruttura di cloud privato con servizi di cloud pubblico, il tutto in un quadro evolutivo verso il SDDC, una cui componente essenziale è il SDS. In un tale scenario, Clustered Data ONTAP consente di disporre di un’unica struttura per lo storage e la gestione dei dati in tutte le risorse cloud. Disponibile nei sistemi ottimizzati di NetApp (FAS), per hardware di terze parti (con V-Series), all’interno di infrastrutture convergenti (piattaforma per data center FlexPod) e come appliance per lo storage virtuale su dischi commodity (Data ONTAP-v), costituisce in essenza una piattaforma storage ideata per abilitare operazioni senza interruzioni e una scalabilità virtualmente illimitata. Le finalità di SDS si allineano a quello che da molti anni è l’orientamento strategico di NetApp, confermato dal rilascio della versione 8.2.1, che comprende una serie innovativa di funzionalità ideate per aumentare l’agilità dei data center e accelerare l’erogazione di servizi storage per i team che si occupano di applicazioni e di sviluppo. «Da tempo l’obiettivo di NetApp è quello di offrire
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un’elevata agilità dello storage che si estende direttamente a un’applicazione o un processo di business. Questo approccio impone di adottare una prospettiva olistica», ha osservato Roberto Patano. In linea con gli obiettivi di SDS e di un SDDC, la vision tecnologica di NetApp comprende: • Servizi storage virtualizzati che forniscono un insieme dinamico di funzionalità basato su classi di servizio virtualizzate invece che su funzionalità definite dall’hardware. • Un’ampia gamma di piattaforme per standardizzare i servizi storage e accedervi all’interno di una serie di opzioni hardware adattabili alle diverse disponibilità di budget o modello di implementazione. • Applicazioni self-service che consentono ai proprietari delle applicazioni e ai team di sviluppo di utilizzare direttamente i servizi storage attraverso l’integrazione nelle interfacce di gestione native e nelle API aperte e programmabili. È nello scenario evolutivo esaminato e di esigenze specifiche dei CIO che si sono inseriti tre suoi nuovi annunci, volti a rispondere alle necessità di Unified Scale-out e di gestire e controllare i dati in modo flessibile ed efficiente in una singola piattaforma in un contesto SDS e Cloud ibrido. Esaminiamo nei paragrafi seguenti l’impatto positivo che i tre annunci possono avere sullo storage, sull’architettura IT e sulle operation aziendali.
I sistemi storage FAS8000: ROI assicurato entro 9 mesi FAS8000 è una linea di apparati ideata da NetApp per supportare una vasta gamma di carichi di lavoro SAN e NAS, con un singolo sistema predisposto in modo nativo per lo scale-out. L’architettura di storage è stata ottimizzata per l’I/O tramite l’adozione di chipset con microarchitettura Intel,
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memoria espansa e un migliore supporto flash. Quello che ne è derivato, ha spiegato Patano, è una capacità di 2,6 milioni di IOPS e una scalabilità di sino a 57 PB di storage. La certezza nei benefici che la linea FAS8000 può apportare allo storage aziendale è così forte che NetApp garantisce, in base a sue best practice e analisi iniziali, il ritorno entro nove mesi dell’investimento. FlexArray è un software che consente alle aziende di continuare ad utilizzare lo storage in uso come capacità per i FAS, in modo da ottimizzare il ritorno sull’investimento fatto nell’asset. Supporta SAN e NAS, senza add-on complessi, e consente di unificare l’architettura IT in un unico ambito di gestione dei dati più semplice da amministrare. Rappresenta un passo concreto verso il SDS e può essere acquistato e attivato in qualsiasi momento su FAS8000.
Clustered Data ONTAP 8.2.1 L’ultima release di Clustered Data ONTAP, la 8.2.1, consente di costruire una piattaforma universale per i dati che supporta la loro portabilità dinamica in cloud pubblici e privati, abilitando in pratica un’ampia scelta di opzioni tecnologiche, applicative e di partnership. Il follow-up immediato dal punto di vista operativo, ha chiarito Patano, è che con la sua adozione diventa possibile eliminare i downtime pianificati ed eseguire la manutenzione delle infrastrutture senza interrompere l’accesso alle applicazioni e ai dati dell’utente. Permette anche di semplificare e rendere automatica l’erogazione di servizi IT a utenti e applicazioni, rappresentando così un punto di partenza concreto per realizzare cloud privati, v pubblici e ibridi.
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Server HP ProLiant Gen8 più performanti con i nuovi processori Intel
Rilasciato il sistema ProLiant DL580 di nuova generazione che si distingue per le elevate prestazioni che lo indirizzano verso l’analisi dei dati e workload di elaborazione su larga scala.Annunciati anche aggiornamenti ai server DL560 e BL660c Gen8
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er rispondere alle crescenti esigenze prestazionali dei data center HP ha rafforzato la propria gamma di sistemi x86 di tipo scale-up rilasciando ProLiant DL580 Generation 8 (Gen8), un server di livello enterprise a quattro socket basato su processori Intel Xeon E7-8800/4800 v2, indicato per applicazioni mission-critical, business intelligence e database e che viene proposto da HP come un sistema con prestazioni record capace di rendere le transazioni aziendali fino a 30 volte più veloci. Il ProLiant DL580 può ospitare 2, 3 o 4 processori con un numero di core variabile (6, 8, 10, 12, 15). Rispetto alla generazione precedente (HP DL580 G7) il DL580 Gen8, grazie ai processori Intel Xeon E7-4800 v2, offre prestazioni del processore raddoppiate e il 50% di core in più; incrementati anche il numero di slot a disposizione per i moduli di memoria a doppia linea di contatto (DDR3 RDIMM) portandolo fino a 96, per una capacità massima di 3 TB. La dotazione storage prevede fino a 10 unità SAS/ SATA/SSD SFF con un miglioramento delle prestazioni grazie alla presenza del controller SAS HP Smart Array da 12 Gbps, mentre la larghezza di banda I/O è stata aumentata grazie a 9 slot PCIe Gen3.0 (tra cui 5 slot FL/FH x16).
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Il server HP ProLiant DL580 Gen8 è dotato anche di funzionalità di sicurezza e protezione dei dati come, per esempio, il supporto della modalità UEFI (Unified Extensible Firmware Interface), la funzione di avvio sicuro, HP Secure Encryption e Intel Secure Key. Gli interventi effettuati a livello di architettura e di gestione intelligente contribuiscono a incrementare l’efficienza di questo server, mentre l’utilizzo di HP Advanced Error Recovery per l’isolamento proattivo degli errori e di HP Memory Quarantine aumentano rispettivamente l’affidabilità del processore e la capacità di memoria. I nuovi server HP ProLiant Gen8 sfruttano HP Serviceguard for Linux, un software di clustering ad alta disponibilità per predisporre un tempo di disaster recovery molto breve e si avvalgono del servizio HP Proactive Care che migliora la disponibilità e la stabilità degli ambienti virtualizzati. Il nuovo server di HP prevede funzioni di gestione “intelligente” e tramite HP OneView è possibile ottenere una visualizzazione unificata integrata dell’infrastruttura IT. Usufruisce dei servizi HP Proactive Care Services che integrano uptime e produttività. HP continua a far evolvere i propri server sfruttando le caratteristiche dei nuovi processori Intel. A inizio anno con l’introduzione dei processori Intel Xeon E5-2400 v2 sui sistemi biprocessore ProLiant DL360e Gen8, DL380e Gen8, ML350e Gen8 v2, BL420c Gen8 e SL4540 Gen8, HP aveva portato un ‘incremento di prestazioni nella virtualizzazione che, secondo il vendor, arrivava al 38%, con anche la possibilità di incrementare di 4 volte il numero di Virtual Machine supportate. Ora HP ha annunciato le prossime evoluzioni che interesseranno i modelli HP ProLiant DL560 e BL660c Gen8, server rack e blade indicati per ambienti applicativi complessi e workload intensivi, che saranno aggiornati a breve con il supporto per la famiglia di processori Intel Xeon E5-4600 v2 che ne espanderanno le caratteristiche di performance v e scalabilità.
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Mware prosegue nella strada dello sviluppo di soluzioni per la virtualizzazione dei data center e dell’ICT aziendale. Tra le novità più recenti, la soluzione Virtual SAN, mentre cresce anche la volontà di offrire servizi IaaS (Infrastructure as a Service). Partiamo da questi ultimi: dopo un accordo con un provider statunitense è arrivato l’annuncio di un servizio vCloud Hybrid Service erogato per l’Europa dal data center di Slough, in Gran Bretagna. Tale centro garantisce la residenza dei propri dati in Europa, in linea quindi con le esigenze di compliance e di sovranità dei dati posseduti dalle imprese del Vecchio Continente. Secondo l’annuncio si tratta di un primo passo nello sviluppo del servizio VMware vCloud Hybrid in Europa. Contemporaneamente, i responsabili di VMware hanno reso disponibile VMware Virtual SAN, una soluzione per il Software-Defined Storage. Basato su tecnologia VMware vSphere e operante in architetture server X86, spiegano i responsabili del prodotto, Virtual SAN permette di mettere in pool dischi convenzionali e dispositivi flash, in modo da creare uno storage condiviso per macchine virtuali ad alte prestazioni e resiliente. Secondo benchmark realizzati internamente, VMware Virtual SAN raggiunge sino a 2 milioni di IOPS (operazioni input/output al secondo) su un cluster a 32 nodi. «VMware Virtual SAN è una soluzione ottimizzata per ambienti virtuali che porta nella gestione dello storage un nuovo approccio incentrato sull’applicazione. I clienti che conoscono VMware vSphere po-
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Anche le SAN virtuali nel data center di VMware Continua l’impegno nell’espansione delle infrastrutture basate sulla virtualizzazione, grazie al rilascio di Virtual SAN, mentre partono i servizi cloud anche in Europa tranno contare sulla familiarità che hanno già con la tecnologia di virtualizzazione per capire rapidamente il funzionamento di VMware Virtual SAN e ritrovare lo stesso approccio», ha osservato Alberto Bullani, Regional manager di VMware. Più nello specifico del prodotto, VMware Virtual SAN si propone di semplificare il provisioning dello storage riducendo al tempo stesso il TCO e dando vita a un modello operativo più agile. È proposto dall’azienda per utilizzi in ambienti virtuali, dalla Virtual Desktop Infrastructure (VDI), al test e sviluppo, al disaster recovery. VMware Virtual SAN può essere implementato su un’ampia gamma di server, essendo indipendente dall’hardware. Virtual SAN Ready Nodes (configurazioni di server prevalidate) e una lista di hardware compatibili consentono di scegliere le componenti che si preferiscono. Più di 150 componenti e 13 nodi sono certificati per VMware Virtual SAN. v
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L’SDN di Huawei per il futuro del Data Center Le soluzioni di rete del colosso asiatico puntano su un modello software-defined in grado di supportare le nuove esigenze di mobility, BYOD e cloud
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n un momento di rapida evoluzione, con tendenze e tecnologie emergenti come il cloud computing, i big data, la mobilità e i servizi di social networking, le reti aziendali e dei carrier devono affrontare, evidenzia Huawei, tre grandi sfide: la capacità insufficiente di elaborazione; le difficoltà di localizzazione dei guasti e le risposte lente di un servizio di rete. In sostanza, e come conseguenza di ciò, Huawei ritiene che le aziende necessitino, per supportare adeguatamente i loro data center, di reti in grado di fornire servizi più agili e flessibili. Ciò porta necessariamente a riconsiderare architettura, piattaforme e modalità di realizzazione delle reti di campus e aziendali tramite nuove tecnologie. Un esempio è l’infrastruttura di rete di Campus e i data center. Si tratta di una realtà in rapida evoluzione a causa della natura dinamica della mobilità aziendale, delle implementazioni BYOD, dei servizi cloud, delle applicazioni multimediali in tempo reale e della Unified Communication, della crescita dei servizi video, così come della necessità di un approccio globale alla sicurezza di tutta l’infrastruttura IT aziendale. Per le reti aziendali Huawei ha ideato soluzioni integrate che possono costituire le fondamenta di una infrastruttura IT ed ICT dinamica adatta sia per il mondo enterprise che per la PMI, appartenente al settore privato o pubblico. Nello specifico, ha reso disponibili modelli flessibili per il delivery di soluzioni di rete e cloud. Questi modelli rispondo-
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no a tre tipologie di utenze ed esigenze IT: la realizzazione di una propria soluzione di rete privata su base end-to-end; la realizzazione in partnership con gli operatori di piattaforme che abilitano l’erogazione di servizi di rete al mondo delle aziende; la realizzazione di partnership e il supporto alle aziende in modo da permettere loro di erogare servizi di rete e cloud ai propri clienti. In funzione delle esigenze dell’azienda e della complessità della infrastruttura di rete richiesta, Huawei provvede anche a fornire soluzioni chiavi in mano che possono comprendere componenti hardware e software di partner industriali nel campo della virtualizzazione, della sicurezza, delle facility o del consulting. In particolare, le soluzioni per Data Center sono state sviluppate da Huawei per permettere alle aziende di migliorare la user experience. Il portfolio include lo switch di core CE12800, un apparato caratterizzato da elevate prestazioni, e gli switch CE6800/5800, degli apparati predisposti per un accesso a 10GE/G. Tutti i dispositivi della serie CE per data center si basano sulla piattaforma software VRP8 di Huawei e supportano un ampio insieme di servizi di rete, di campus e di data center. Come evidenziato, i dispositivi della serie CE12800 sono degli switch per il core di una rete a elevate prestazioni progettati per le esigenze di rete di data center e di Campus. Forniscono sino a 64 Tbps di capacità di commutazione e hanno una elevata densità di porte operanti a velocità di linea. I diversi equipaggiamenti dei dispositivi della serie sono equipaggiabili rispettivamente con sino a 128*100GE, 384*40GE, o 1536*10GE porte. La serie CE12800 si basa su una architettura di switching riferita come “rete di Clos “, che permette di gestire i pacchetti in transito in modalità non bloccante. A questo aggiunge un canale di ventilazione di tipo front-to-rear progettato per garantire un elevato grado di affidabilità. Gli switch della serie comprendono anche funzionalità di virtualizzazione e servizi specifici per data center. Non ultimo, sono stati progettati con tecnologie che hanno permesso v una forte riduzione dei consumi energetici.
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Gli Smart-UPS APC by Schneider Electric garantiscono la disponibilità del network 24/7/365 Il business si basa dalla rete. Per tale motivo è essenziale più che mai proteggere la rete. Gli Smart-UPS™APC™ by Schneider eliminano i tempi di fermo alimentando la rete in maniera affidabile e mantenendo i dipendenti sempre connessi alle applicazioni business-critical ospitate in sede, in co-location o in cloud. Un modello di Smart-UPS per ogni esigenza A prescindere dalla configurazione e dai requisiti informatici, abbiamo il modello giusto di Smart-UPS. La famiglia di prodotti comprende modelli tower, ottimizzati per rack e convertibili rack/tower, per la massima flessibilità e per qualunque ambiente IT, con la possibilità di scalare l'autonomia in base ai requisiti del business. Grazie alla “modalità ecologica”, presente in vari modelli, si possono gestire attivamente gli armadi di rete in remoto e si può ottimizzare l'utilizzo dell'energia. I servizi di installazione Schneider Electric, inoltre, semplificano enormemente l'implementazione. Unità di backup Smart-UPS: la scelta intelligente per la tua rete aziendale! Business-wise, Future-driven.TM
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