Riflesso Magazine Novembre-Dicembre 2017

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SOMMARIO EDITORIALE

9 Contaminazione tra storia, arte, architettura e ristorazione

PRINCIPATO DI MONACO

10 Sportel Monaco 2017

AGENDA NEWS

14 Eventi nazionali selezionati

EVENTI

ARCHITETTURA

42 47 51 55 58 61 64 66

Mettere radici La nuova Reggia di Versailles è a Colorno La scultura moderna a Matera La Cattedrale di sale a Realmonte La Cattedrale di Troia Il Castello di Fènis Rocca di Ripalta Vecchia Il villaggio minerario di Ingurtosu

BORGHI

18 Mercatini di Natale

TRADIZIONI

68 Il Castello di Roccascalegna 70 Seborga, l'autoproclamato principato ligure 72 Gerace e la sua storia millenaria

22 Oh bej, oh bej

DESIGN

GIRI DEL GUSTO

24 Le vie del Compasso d'Oro 28 Fondazione Franco Albini

74 El turoon di Cremona

AMBIENTE

FOTOGRAFIA

76 Una microrete intelligente 78 Incendi e alluvioni

32 Gaia Federighi

ARTE

34 Napoli 38 Christmas free 40 Marco Bagnoli: 'noli me tangere'

47

34

55

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DIRETTORE RESPONSABILE Mario Timio VICEDIRETTORE Carlo Timio DIREZIONE ARTISTICA Alessio Proietti REDAZIONE CENTRALE Alessia Mencaroni, Giulio Siena, Noemi Furiani, Marilena Badolato, Walter Leti, Elisabetta Bardelli, Elisa Giglio, Laura Patricia Barberi REDAZIONI REGIONALI Piemonte: Margherita Carpinteri Valle d’Aosta: Francesca Pollicini Liguria: Jessica Chia, Samantha Chia Lombardia: Francesco Colamartino, Francesca Fregapane, Elena Ciulla, Stefano Spairani Righi, Cinzia Chitra Piloni, Alessandra Mastantuoni, Angela di Leone, Antonella Andriani, Paola Albini Trentino Alto-Adige: Giuseppe Doria, Francesco Taufer, Mauro Volpato Veneto: Carolina Bruno, Fosca Parisi, Caterina Chiarcos, Riccardo Martin Emilia-Romagna: Elena Brozzetti Toscana: Livia Ballan, Ilaria Vannini Lazio: Marica Spalletta Umbria: Claudio Cattuto, Alessandro Biscarini, Giuliana Spinelli Batta, Italo Profice, Giovanna Ramaccini, Pietro Elia Campana Marche: Elisa Cataluffi, Carlo Trecciola, Olga Puccitelli Abruzzo: Sara Bernabeo, Maria Concetta Dercole, Davide Gerbasi, Alba Fagnani Campania: Giuseppe Ariano, Mariella Sportiello Molise: Andrea Mastrangelo Basilicata: Marco Caldarelli Puglia: Veronica Sonoro, Mariangela Serio, Calabria: Antonio Pangallo Mariagrazia Anastasio, Marzia Manica Sicilia: Paola Faillace Sardegna: Marina Sotgiu, Anna Paola Olita Principato di Monaco: Marinella Cucciardi Miami: Francesco Famà New York: Giovanni Bruna EDITORE Ass. Media Eventi REGISTRAZIONE Tribunale di Perugia n. 35 del 9/12/2011 IMPAGINAZIONE E GRAFICA R!style Project STAMPA Tipografia Pontefelcino Perugia CONTATTI direzione@riflesso.info editore@riflesso.info artdirector@riflesso.info info@riflesso.info SITO WEB www.riflesso.info

In copertina Un anno di riflessioni sul tema della contaminazione e ibridazione culturale, espresse attraverso le copertine prodotte grazie alla partnership tra Riflesso e l’ABA - Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia. L’Accademia, intitolata al “Perugino”, maestro di Raffaello, è la seconda più antica d’Italia, fondata nel 1573. L’offerta formativa spazia dalle scuole triennali di Pittura e Scultura a quelle di Scenografia e Design fino al biennio specialistico in Arti visive. Credits Autore: Khalifa Farhat Docente: Francesco Mazzenga



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Per i numeri speciali si ringraziano: ADI - Associazione per il Disegno Industriale e POLIMODA - Istituto Internazionale di Fashion, Design & Marketing

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La Redazione RIFLESSO ringrazia tutti i suoi collaboratori e lettori, augurando un Felice Natale e un Buon 2018!

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Alba Fagnani

Alessandra Mastantuoni

Alessandro Biscarini

Alessia Mencaroni

Alessio Proietti

Carlo Trecciola

Carolina Bruno

Caterina Chiarcos

Cinzia Chitra Piloni

Claudio Cattuto

Fosca Parisi

Francesca Fregapane

Francesca Pollicini

Francesco Colamartino

Francesco Taufer

Ilaria Vannini

Italo Profice

Jessica Chia

Laura Patricia Barberi

Livia Ballan

Marina Sotgiu

Marinella Cucciardi

Mario Timio

Mauro Volpato

Noemi Furiani


Andrea Mastrangelo

Angela di Leone

Anna Paola Olita

Antonella Andriani

Carlo Timio

Davide Gerbasi

Elena Ciulla

Elisa Cataluffi

Elisa Giglio

Elisabetta Bardelli

Giovanna Ramaccini

Giuliana Spinelli Batta

Giulio Siena

Giuseppe Ariano

Giuseppe Doria

Marco Caldarelli

Margherita Carpinteri

Maria Grazia Anastasio

Mariaconcetta D'Ercole

Marilena Badolato

Paola Faillace

Samantha Chia

Stefano Spairani Righi

Veronica Sonoro

Walter Leti

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EDITORIALE

Contaminazione tra storia, arte, architettura e ristorazione di Mario Timio

N

ulla c’è oggi che non sia contaminato. Non da germi ma da accostamenti che fanno tendenza. Se vai a Venezia nell’imponente palazzo del XIII secolo situato di fronte al Ponte di Rialto e restaurato dall’archistar Remment Koolhaas all’interno trovi non solo lo shopping tra i migliori marchi (con prevalenza del made in Italy), ma anche raffinate espressioni di arte e cultura che coinvolgono gli astanti. Il tutto fa pendant con un ristorante di primo livello e bistrot Amo a firma del tristellato Massimiliano Alajmo. Qui si festeggia il primo anno di vita del regno del lifestyle di T Fondaco dei Tedeschi, leader mondiale nel travel retail di lusso Dfs Group. Ma passando da una parte all’altra del palazzo ti accorgi appena di chi ha organizzato l’emporio del lusso. Al primo piano accanto all’artigianato veneziano trovi un’accurata selezione di prodotti enogastronomici, mentre sotto la grande cupola dell’ultimo piano fa mostra di sé l’Event Pavillon pensato per ospitare eventi, incontri e installazioni artistiche. Il tutto come espressione massima del diffuso fenomeno della contaminazione. Un’altra testimonianza è estraibile dalla manifestazione Lucca Comics per sua natura ibrida con tante contaminazioni che vanno appunto dai fumetti alla narrativa, cinema, mostre, arte, pittura, spettacoli e ristorazione tipica a gogò. Con la presenza speciale di Netflix a

testimonianza delle felice e feconda contaminazione tra arti e supporti, dalla carta al piccolo schermo, alla storyboard cinematografico. Contaminazione che possiamo recepire anche in ambienti e manifestazioni meno famose, ma sempre sature di interesse di persone che oggi esigono vedere in contemporanea aggregazione di segmenti diversi delle umane attività culturali e ludiche. Compresa la ristorazione. Direi che la contaminazione è iniziata con i bistrot in cui la consumazione di un pasto, anche modesto, era allietato dalla musica di una fisarmonica. L’abbinamento si è poi spostato verso l’arte esposta tra i tavoli di rinomati ristoranti, nei quali si discettava non solo della qualità del pasto, ma anche delle caratteristiche di una qualche pittura nota o meno nota. Nei ristoranti ci sono entrate le sfilate che possono essere allestite anche tra i meandri di fastosi palazzi. Una tendenza nel passato neanche immaginabile, ora è una pratica routinaria. Tutte queste cose riescono bene poiché siamo alla rincorsa perenne della perfezione estetica che è costituita da tante tessere che cerchiamo di mettere insieme nel più breve tempo possibile. Già il tempo. Perché mettiamo insieme tante cose che si contaminano tra di loro, perdendo forse la loro peculiarità se non l’originalità? In poco tempo, in poco spazio, con poca tolleranza. Purché non si perda la “fame” di cultura che è bellezza, pazienza e attesa, mai assemblaggio.

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PRINCIPATO DI MONACO

Sportel Monaco 2017: Meet the Elite di Marinella Cucciardi

A

nche quest’anno Monaco ha accolto la nuova edizione di Sportel, il Salone internazionale del marketing e dei media del mondo dello sport. Cornice ideale per l’evento, il Principato è sempre in primo piano per lo sviluppo del business e organizza appuntamenti sportivi di rilevanza mondiale. Non sorprende quindi che H.S.H. il principe Albert II, membro del Cio, sportivo entusiasta, abbia patrocinato questo evento, élite del settore. Da oltre ventotto anni, dirigenti provenienti

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Da oltre ventotto anni i rappresentanti di canali di sport, federazioni internazionali, agenzie di marketing e nuovi media si riuniscono per determinare il futuro degli eventi sportivi per le piattaforme multimediali

da tutto il mondo che rappresentano canali di sport, federazioni sportive internazionali, agenzie di marketing sportivo, imprese di produzione, proprietari di contenuti sportivi, distributori, nuovi media, si riuniscono per determinare il futuro degli eventi sportivi essenziali per le piattaforme multimediali. Nel 2016, Sportel Monaco presentava oltre 3.000 partecipanti che rappresentavano 1.034 aziende provenienti da ottanta paesi. L’edizione 2017 si è articolata su quattro giorni di incontri, discussioni, conferenze stampa per approfondire,

condividere e determinare le nuove tendenze, le nuove tecnologie, le migliori strategie marketing per promuovere e sponsorizzare lo sport e gli atleti di tutto il mondo. Come di consueto l’evento imperdibile del Salone è stato SportelAwards, cerimonia di premiazione, considerata uno dei momenti più prestigiosi per l’industria sportiva e per i media e presieduta da numerose personalità sportive internazionali. Durante la serata sono stati attribuiti i famosi premi del Golden Podium ai video e alle opere sportive più belle dell’anno. La

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giuria, presieduta dal famoso regista Jaen Becker, ha assegnato prestigiosi riconoscimenti. Il Best Slow Motion che premia la sequenza a rallentatore che ha saputo meglio mettere in evidenza le emozioni del momento sportivo è andato con una scelta unanime a Stadium of tears di Piero Pontico (As Roma, Italia), il video che ha immortalato l’ultima partita di Francesco Totti, mitico capitano della Roma, e l’addio commosso di tutto lo stadio Olimpico. Il Discovery Prize ha premiato il filmato breve che ha permesso di promuovere e far scoprire uno sport, una squadra o una personalità sportiva (Ice Call - Blackyards project d’Antoine FriouxPVS Company, Francia). Innovation Prize, è stato il premio per la sequenza giudicata più innovativa (Kerguelen d’Hervé Borde-Nefertiti production, Francia). Best Promotion Programme ha scelto il miglior trailer, teaser o programma per promuovere lo sport in generale, uno spettacolo sportivo, o un evento sportivo (Wake Up de Tim Ahlfeld, Red Bull Media House, Austria). Il Peace and Sport Documentary Prize ha selezionato Girl unbound (Blackacre entertainment-USA), che racconta la storia di Maria Toorpakai, giocatrice pakistana di squash, che ha dovuto travestirsi da uomo per poter praticare questo sport nel suo paese controllato dai

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Talebani. Il video sottolinea il ruolo positivo dello sport nella promozione della pace e della libertà. Il Premio della Giuria ha consacrato infine la sequenza Camps to champs, de Olympic channel (Spagna). La serata inoltre con lo “Sports Book Prize” ha ricompensato il miglior libro illustrato che con le immagini ha saputo comunicare le emozioni di un evento sportivo. I premi sono stati consegnati ai vincitori da campioni olimpici o personalità sportive internazionali. Quest’anno tra gli invitati erano presenti: Flavio Briatore; Thierry Omeyer, portiere della mitica squadra francese di handball, soprannominata Les Experts, due volte campione del mondo; Paula Mbe Radcliffe, primatista mondiale femminile di maratona con il tempo di 2h15’25”, record stabilito a Londra nel 2003 e ancora imbattuto; Sarah Ourahmoune, atleta di box francese; Kevin Mayer, campione del mondo 2017 di decathlon; Daniel Herrero, giocatore di rugby, oggi scrittore e giornalista. La serata è stata seguita da un after-party privato al noto locale La Rascasse, luogo icona dello spirito festaiolo del Principato e mitica curva del tracciato del Grand Prix di Formula1. Sportel si è confermato anche quest’anno l’evento e il galà da non perdere per gli appassionati di sport.



AGENDA NEWS a cura della Redazione

MANTOVA

FIRENZE MODAPRIMA 83 dal 10 al 12 novembre

MOSTRA “PICASSO - CAPOLAVORI DAL MUSEO PICASSO, PARIGI” dal 10 novembre al 6 maggio 2018

Occasione di incontro e confronto tra tradizione e innovazione. Si tratta della Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea di Mantova, che è ospitata nel Museo Diocesano Francesco Gonzaga. Un evento ideato per coinvolgere numerose esperienze artistiche in un grande rave mondiale. Pittura, scultura, grafica, fotografia, videoart e ceramica. Un prestigioso spazio artistico nel quale i visitatori hanno l’occasione di poter visionare opere d’arte provenienti da ogni parte del globo.

Alla Stazione Leopolda di Firenze Pitti Immagine presenta l’83esima edizione di Modaprima, il salone di riferimento per le collezioni ready-to-wear di abbigliamento e accessori donna e uomo, per l’autunno/ inverno 2018-2019 e con un focus sui bestseller per la primavera/estate 2018. La kermesse punta sull’internazionalità, con un format espositivo pensato per rilanciare la qualità della sua proposta, sullo scouting, con una selezione di aziende tra le eccellenze del settore, e su una sempre maggiore sinergia con tutti gli attori del mercato. Novità di questa edizione è l’anticipazione funzionale delle date per rispondere alle esigenze del settore, sempre più dinamico e immediato.

La mostra di Palazzo Ducale a Genova presenta una selezione di opere provenienti dal Musée Picasso di Parigi, suddivise in sezioni tematiche, che permettono di ripercorrere la straordinaria avventura umana e creativa dell’artista. Da quelle d’ispirazione africana dei primissimi anni del Novecento sino alle più mediterranee bagnanti e ai celebri ritratti di donna degli anni Trenta e Cinquanta: la mostra fa emergere la poetica di Picasso in tutta la sua travolgente bellezza.

ROMA

VENARIA REALE (TO)

BIENNALE INTERNAZIONALE D’ARTE CONTEMPORANEA dal 4 al 10 novembre

REGGIO NELL’EMILIA

MOSTRA “KANDINSKY→CAGE: MUSICA E SPIRITUALE NELL’ARTE” dall’11 novembre al 25 febbraio 2018

Un percorso tra arte e musica, che parte da Kandinsky e approda a Cage. È su questo piano che si muove l’esposizione a Palazzo Magnani di Reggio nell’Emilia. Le nozioni di interiorità e spiritualità vengono indagate come temi aperti, capaci di raccogliere molte suggestioni. Tra i vari, preziosi bozzetti di opere di Richard Wagner dell’Archivio Ricordi di Milano, la “Fantasia di Brahms” di Max Klinger e una serie di Lubok, le stampe popolari russe ottocentesche che hanno ispirato la cultura artistica successiva. Segue un importante nucleo di una cinquantina di opere di Wassily Kandinsky - dipinti, acquerelli, grafiche - provenienti da musei e collezioni private, tra le quali spiccano quelle di carattere eminentemente musicale.

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MOSTRA “ARTISTI ALL’OPERA. IL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA SULLA FRONTIERA DELL’ARTE DA PICASSO A KENTRIDGE (1881-2017)”

GENOVA

IL SOGNO DEL NATALE

dal 18 novembre al 7 gennaio 2018

dal 17 novembre all’11 marzo 2018

Il rapporto del Teatro dell’Opera con i più grandi artisti del Novecento. È questo quello che viene celebrato nella mostra al Museo di Roma a Palazzo Braschi. Si tratta di una galleria di meraviglie d’arte scenica, realizzata da alcune tra le più grandi figure dell’arte del Novecento: da Pablo Picasso a Renato Guttuso, da Giorgio De Chirico ad Afro, da Alberto Burri a Giacomo Manzù, da Mario Ceroli ad Arnaldo Pomodoro fino ad arrivare a William Kentridge. Un percorso nella storia del Teatro dell’Opera di Roma tra piccoli capolavori inusuali, bozzetti, figurini, maquette. Sotto osservazione anche il lavoro delle maestranze, ricreato con un sapiente gioco d’allestimento, così da ribaltare la normale prospettiva.

Il Sogno del Natale: un imponente magico villaggio nei Giardini della Reggia con il corridoio degli antenati, l’ufficio postale, la fabbrica dei giocattoli, la casa degli Elfi, la stanza di Babbo Natale, il ricovero della slitta, tante altre giostre, laboratori per bambini, eventi, spettacoli ed attrazioni. Il Sogno inizia in città con la manifestazione “Natale a Venaria Reale 2017”, con numerosi eventi ed i tradizionali mercatini del Borgo Antico cittadino.


PRATO

MERANO (BZ)

ROMA

MOSTRA “MADE IN AMERICA - LE MILLE LUCI DI NEW YORK” dal 18 novembre al 27 gennaio 2018

MERCATINI DI NATALE dal 24 novembre al 6 gennaio 2018

ROMART 2017 BIENNALE INTERNAZIONALE DI ARTE E CULTURA dal 24 novembre al 10 gennaio 2018

La Galleria Open Art di Prato ospita la mostra “Made in America - Le mille luci di New York”. L’esposizione, curata da Mauro Stefanini, ruota attorno alla personalità di Martha Jackson, che con la sua galleria di New York ha scritto un importante capitolo della storia dell’arte contemporanea statunitense. La rassegna propone 30 opere di autori, quali Paul Jenkins, Sam Francis, James Brooks, Norman Bluhm, Fritz Bultman e Michael Goldberg, e di altri esponenti dell’Espressionismo Astratto americano, quali John Ferren, John Grillo e Conrad Marca-Relli e le sculture di Beverly Pepper.

Altera, affascinante ed elegante, Merano, che come una nobile dama accoglie i viaggiatori nel suo centro cittadino, offrendo loro una sessantina di stand ricolmi di proposte per il Natale. Idee fantasiose, alcune legate alla tradizione, altre nuove e insolite, tutte accomunate da un unico denominatore: la cultura altoatesina nella “preparazione” al Natale. Solcata dallo scorrere del torrente Passirio, la città intriga per i suoi contrasti: nella sua area, infatti, coesistono paesaggi alpini e vegetazione mediterranea, stili di vita prettamente “urban chic” e, nelle immediate vicinanze della città, antiche abitudini rurali.

Torna, con la sua seconda edizione, RomArt, la Biennale Internazionale di Arte e Cultura in una veste tutta nuova. L’evento occupa gli spazi museali dello Stadio di Domiziano in Piazza Navona raccogliendo, anche quest’anno, artisti da ogni continente, per una manifestazione caratterizzata da quattro sezioni espositive dedicate rispettivamente a pittura, scultura e installazione, fotografia e grafica, video e digital Art. La selezione delle 150 opere - una per artista -, scelte dal comitato scientifico, si snoda lungo il percorso archeologico dello Stadio di Domiziano e l’obbiettivo è quello di creare sinergie e canali di diffusione e promozione dell’arte e della cultura internazionale.

AOSTA

MONREALE (PA) MOSTRA “VAN GOGH MULTIMEDIA EXPERIENCE” dal 25 novembre al 29 aprile 2018

MOSTRA “EMISFERI SUD” dal 1° dicembre al 25 febbraio 2018

Un vero e proprio villaggio alpino con i suggestivi mercatini di Natale avvolti in una magica atmosfera creata dal calore del legno, dalle luci, dagli addobbi e dai caratteristici chalet. Si tratta di Marché Vert Noël, che offre ai visitatori oltre 50 chalet ricchi di produzioni artistiche locali, prodotti enogastronomici doc e dop, artigianato locale, sapienti manufatti tra cui scegliere un prodotto creativo e originale. I visitatori possono curiosare tra le “vie” del villaggio alla ricerca di idee regalo inconsuete tra specialità del territorio, vini, oggetti di artigianato respirando aria di festa natalizia. Oltre ai mercatini vi è un ricco programma di eventi e di animazioni che pone il Marché Vert Noël tra gli eventi più affermati del Nord Italia.

Si tratta di un’esposizione multimediale sulla vita e le opere del grande pittore olandese, che è inaugurata il 25 novembre nei locali del Complesso Monumentale Guglielmo II di Monreale (Pa). La mostra multimediale prende in esame, attraverso proiezioni in diversi grandi monitor, la vita e le opere di Van Gogh, con la visione in video di molti dipinti e disegni realizzati nel corso della sua esistenza, completata con informazioni in italiano ed inglese dei periodi artistici vissuti da Van Gogh negli ultimi dieci anni della sua vita.

Al Museo Man di Nuoro la mostra “Emisferi Sud” di Michele Ciacciofera, a cura di Bonaventure Soh Bejeng Ndikung. L’esposizione ha come tema di fondo la dimensione sociale, culturale, storica e attuale del macrocosmo mediterraneo. Un mare i cui popoli hanno da sempre tessuto relazioni di ogni tipo, dando vita a un amalgama di etnie, linguaggi, sapori, leggende e tradizioni. Culla di civiltà millenarie, luogo di transiti, di scambi commerciali, ma anche di guerre e di conflitti, così come oggi di migrazioni e naufragi, il Mediterraneo diventa, nella visione dell’artista, metafora di un nuovo umanesimo per la creazione di valori sociali, politici e culturali alternativi.

MERCATINI DI NATALE dal 25 novembre al 7 gennaio 2018

NUORO

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AGENDA NEWS

NAPOLI

SESTRIERE (TO) SNOW BREAK REVOLUTION dal 7 al 10 dicembre

FIERA DEGLI “OH BEJ OH BEJ” dal 7 al 10 dicembre

Al Museo Duca di Martina in Villa Floridiana una rassegna tutta dedicata al magico mondo di Harry Potter, personaggio creato da J.K. Rowling. Si percorrono idealmente i corridoi, i passaggi segreti e si conoscono da vicino gli oggetti che appartengono ai personaggi della saga e del mondo magico della Rowling così disposti nelle sale del museo. Inoltre, si può assaggiare la Burrobirra, indossare il cappello parlante e tanto altro. A fianco ad una delle maggiori collezioni italiane di arti decorative, oltre seimila opere di manifattura occidentale ed orientale databili dal XII al XIX secolo, si trovano gli straordinari oggetti magici del mondo Harry Potter.

Snow Break Revolution è il viaggio evento sulla neve più caldo e grande d’Italia. Quattro giorni di puro divertimento, in una delle località sciistiche più rinomate e suggestive d’Italia e d’Europa a Sestriere (To) nello Snow Village del Villaggio Olimpico insieme ad altri 2000 snowbreakers. Arrivata alla sua dodicesima edizione, l’evento si svolge in oltre 72 ore di musica, neve, sport, giochi e tanto altro. Apres Ski a bordo pista, per bere in compagnia, conoscere gente nuova e fare festa fino al tramonto, ma anche tornei sportivi, party e serate a tema.

Con la fiera degli “Oh Bej Oh Bej” a Milano iniziano ufficialmente le feste di Natale. Per quattro giorni, da giovedì 7 a domenica 10 dicembre, lungo il perimetro del Castello Sforzesco centinaia di espositori propongono la propria merce: dai rigattieri agli artigiani, dai fioristi ai giocattolai, dai fabbri ai venditori di libri. E poi dolci, caldarroste, vin brulè e produttori di miele a rendere ancora più lieto questo evento.

MOSTRA “INCANTESIMI IN FLORIDIANA” dal 4 dicembre all’8 gennaio 2018

CORCIANO (PG) ACIREALE (CT)

MILANO

ORVIETO (TR)

IL PRESEPE DI CORCIANO dall’8 dicembre al 7 gennaio 2018

MOSTRA “CALL FOR IOLAS HOUSE” dal 14 dicembre al 25 febbraio 2018

UMBRIA JAZZ WINTER dal 28 dicembre al 1° gennaio 2018

Organizzato dalla Parrocchia di Corciano (Pg) rappresenta ormai una tradizione di successo che anima l’intero paese. La tipica struttura del centro cittadino ben si amalgama con quella del Presepe; in una tale scenografia prende corpo l’ambientazione di scene vivaci della vita quotidiana di un tempo, vita grama di soddisfazioni materiali, ma densa di emozioni e di gioie che riempivano il cuore e che ben si rimanifestano nel clima natalizio. Fulcro della rappresentazione è naturalmente una stalla in cui si celebra il luogo della natività. Musiche tradizionali e di zampognari contribuiscono a rievocare il più significativo evento della storia cristiana.

Una mostra su una casa non d’artista ma di gallerista. E per di più non in Italia ma ad Atene. La propone la Fondazione Galleria Credito Valtellinese nel Palazzo Costa Grimaldi ad Acireale (Ct). La casa è quella di uno dei maggiori protagonisti dell’arte del secolo scorso, il gallerista “cittadino del mondo” Alexander Iolas (Alessandria d’Egitto, 25 marzo 1907 - New York, 8 giugno 1987). La rassegna vuole raccontare la storia della villa e proporre testimonianze degli artisti della galassia Creval, che vi hanno lavorato (Novello Finotti, Fausta Squatriti, Marina Karella) e non solo. Il titolo “Call for Iolas House” suggerisce un monito e una richiesta rivolti alla comunità internazionale.

Quest’anno la versione invernale di UJ compie 25 anni, e per festeggiare degnamente è stato organizzato un festival di alto livello: ben 100 eventi che sono ospitati in diverse locations del centro storico di Orvieto - dal Palazzo dei Sette al Duomo, dal Palazzo del Capitano del Popolo al Teatro Mancinelli -, con 25 band e un totale di circa 150 musicisti coinvolti. Ad aprire il festival è il concerto del trio formato da Riccardo Biseo, Massimo Moriconi e Gegè Munari, e da lì in poi si va avanti con un flusso ininterrotto di note, che dal mattino fino a notte inoltrata colorano i locali e le strade della città umbra.

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EVENTI

Le bellezze italiane da nord a sud tra mercatini, addobbi e leccornie tipiche del Natale di Elisa Giglio

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S

e parliamo di Natale, non possiamo non citare i mercatini natalizi che puntualmente ci permettono di immergerci nel clima delle feste di fine anno con qualche settimana di anticipo. Per tutto il mese di dicembre ci tengono compagnia tra suoni e decorazioni tipiche del periodo di festività. L’Italia, ovviamente, ha una tradizione molto antica di mercatini di Natale: sono molte le città del bel paese che, da nord a sud danno l’opportunità di sperimentare la magia delle feste con luci, addobbi, decorazioni, mercatini artigianali e prelibatezze tipiche del periodo, spettacoli e molto altro ancora. Tra le varie mete, sicuramente il più antico del nostro Paese è il mercatino di Natale di Bolzano dal 24 novembre al 6 gennaio 2018: la città dell’Alto Adige è stata tra le prime a proporre un grande evento dedicato alle feste di fine anno, con prodotti locali, attenzione all’ambiente e tanto altro ancora. Molto famoso anche il mercatino

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natalizio di Vipiteno (Bz), una cittadina medievale del Sud Tirol, dove mangiare dal 24 novembre al 6 gennaio 2018 il cibo tipico delle feste, profumato di spezie, accompagnato da vin brulè, che scalda sempre gli animi. Non possiamo non citare, inoltre, il mercatino di Trento dal 18 novembre al 6 gennaio 2018, che propone il meglio dell’artigianato locale e dell’enogastronomia, come lo strudel, ad esempio, un dolce che è buono tutto l’anno. Da non perdere quelli di Torino, che da anni nel Cortile del Maglio, nel quartiere di Borgo Dora, ospita dal 1° al 23 dicembre un mercatino con prodotti handmade, dal design accattivante. Bellissimo poi il presepe torinese di piazza Castello. Scendendo in Toscana, a pochi metri dalle mura del Castello di Babbo Natale, vi aspetta un mercatino natalizio caratteristico, quello di Montepulciano (Si), dal 18 novembre al 7 gennaio 2018, con ottanta casette di legno e addobbi a tema, dove gustare, tra l’altro, specialità e cibi caldi tipici dello street food di qualità. Spostiamoci a Roma, per il mercatino di Piazza Navona, uno dei più famosi anche a livello internazionale: dal 2 dicembre al 6 gennaio 2018 possiamo trovare decorazioni, artigianato e prodotti tipici, delle

feste e non solo. Poi, appuntamento immancabile il mercatino di via San Gregorio Armeno a Napoli, la patria delle statuine per il presepe. Infine, concludiamo il nostro viaggio con i mercatini di Agrigento, che animano la città siciliana dall’8 dicembre al 7 gennaio 2018 con anche numerosi eventi collaterali e momenti musicali. Nella chiesa di San Giacomo è possibile visitare il tipico presepe di cioccolato. Insomma, ce n'è per tutti i gusti.

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TRADIZIONI

Oh Bej Oh Bej, se Sant’Ambrogio è in anticipo su Babbo Natale dal 1500 di Francesco Colamartino

S

ono molti i motivi per cui Sant’Ambrogio è, appunto, santo, ma quello che forse batte tutti è l’essere riuscito a far fermare Milano almeno un giorno ogni anno: il 7 dicembre. Ma i milanesi, a modo loro, non perdono l’occasione di lanciarsi nello shopping neanche in quel santo giorno e per farlo allestiscono ogni anno, dal lontano 1510, lo storico mercatino natalizio degli Oh Bej Oh Bej. Sebbene la festa patronale affondi le radici nel 1288, tutto ebbe inizio quando papa Pio IV decise di inviare a Milano il Gran Maestro dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, Giannetto Castiglione, con la missione di riaccendere l’entusiasmo religioso nei fedeli milanesi. Per accattivarsi le simpatie della popolazione locale, il Gran Maestro cominciò a distribuire ai bambini pacchi pieni di dolci e stracolmi di giocattoli. Mentre il corteo di

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Giannetto Castiglione procedeva in parata verso la basilica ambrosiana per rendere omaggio alla tomba di Sant’Ambrogio, il suo seguito diventava passo dopo passo un tripudio di bambini in festa che, alla vista di tutte quelle prelibatezze, cominciarono ad esclamare felici “Che belli, Che belli!”, che in dialetto milanese suona proprio come: “Oh Bej Oh Bej”. Sembra quindi che Milano, da sempre città veloce e proiettata al futuro, sia riuscita ad anticipare Babbo Natale di un paio di settimane. A distanza di secoli, l’atmosfera magica del tempo non è mutata tra gli Oh Bej Oh Bej. Passeggiando tra le bancarelle nei giorni che vanno dal 6 e all’8 dicembre, i visitatori possono trovare di tutto, dalle leccornie tipiche come il castagnaccio e la mostarda a bambole di pezza, qualche vestito “retrò”, oggetti artigianali, di antiquariato e persino maestri del cuoio e del vetro. In realtà la


Ogni anno Milano si ferma per ricordare il suo patrono con una fiera dove è possibile trovare di tutto. A partire dall’identità, spesso dimenticata, del cuore economico d’Italia

festa in onore di Sant’Ambrogio è nata nella zona di Santa Maria Maggiore, che oggi coincide con l’attuale Piazza dei Mercanti. Nel 1886 si è spostata intorno alla basilica di Sant’Ambrogio, dove è rimasta fino al 2006. Oggi si svolge al Castello Sforzesco ed è sempre più alla ricerca di prodotti provenienti da ogni parte del mondo, tanto che gli organizzatori hanno deciso di ingrandire il mercatino e suddividerlo nelle sezioni Italia, Europa, Paesi Extraeuropei. Nel giorno esatto della festa patronale si svolge anche il corteo storico “Ambrogio e Milano capitale dell’Impero”, una parata di oltre 70 figuranti in costume, guidati dal Vescovo Ambrogio, che sfila da Castello Sforzesco a Piazza Cairoli, e poi giù per via Dante, Piazza Cordusio, via Mercanti, Piazza Duomo e ritorno. Perché in quei giorni è un po’ tutto un ritorno alla parte più semplice e vera di noi.

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DESIGN

Le Vie del Compasso d’Oro di Antonella Andriani

Alberto Torsello, serramenti OS2, Secco Sistemi, Menzione d’Onore al Compasso d’Oro 2011

Per scoprire il magico mondo del design e di tutte le sue variabili, fino al 7 gennaio 2018 sarà possibile tuffarsi in questo itinerario milanese anche con il supporto di una guida interattiva

L Vetrofania che identifica le tappe de Le Vie del Compasso d’Oro 2017 in studi di progettazione, showroom, università, musei e fondazioni, ma anche ristoranti dove sperimentare e comprare il buon design

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e mille facce del design si raccolgono a sistema e si fanno nodi di percorsi che fino al 7 gennaio 2018 attraversano la città di Milano e il suo territorio per coinvolgere amanti, cultori, neofiti e curiosi, cittadini e viaggiatori, per lavoro, per studio o per passione, nella scoperta del mondo del design attraverso i progetti selezionati nel corso di oltre sessanta anni di vita del Premio Compasso d’Oro. Per addentrarsi nel viaggio di scoperta de “Le Vie del Compasso d’Oro” è bene iniziare dal premio che costituisce il filo conduttore dell’iniziativa: correva l’anno 1954 quando, a partire da La Rinascente, prendeva avvio la gloriosa storia del riconoscimento aureo che pochi anni più tardi diventava patrimonio dell’ADI, Associazione per il Disegno Industriale, e che nel tempo ha alimentato una collezione dichiarata


Masaya Hashimoto, Vibram Furoshiki The Wrapping Sole, Vibram, selezione ADI Design Index 2017, in corsa per il Compasso d’Oro 2018

Davide Groppi, Enzo Calabrese, lampada Sampei, Davide Groppi, Compasso d’Oro 2014

Happycentro, carte Fedrigoni Freelife, Fedrigoni, selezione ADI Design Index 2017, in corsa per il Compasso d’Oro 2018

“bene di eccezionale interesse artistico e storico”. Oggi il Premio, che nel 2018 giungerà alla sua XXV edizione, è conosciuto in tutto il mondo ed è considerato l’ “Oscar” del design. Riconoscimento tanto ambito quanto selettivo, oggi è organizzato secondo cicli a cadenza biennale ed è assegnato da una giuria internazionale che, a partire dai progetti selezionati per l’ADI Design Index dei due anni a cui il ciclo si riferisce, conferisce al massimo venti Compassi d’Oro e alcune Menzioni d’Onore. Le selezioni annuali dell’ADI Design Index – l’Index per antonomasia nei circuiti del design – avvengono secondo un triplice livello di giudizio in cui intervengono oltre centocinquanta professionisti che operano in Italia e che sono organizzati in dodici commissioni territoriali, tredici commissioni tematiche e una commissione finale. In particolare,

Alberto Meda, pannelli fonoassorbenti Flap, Caimi Brevetti, Compasso d’Oro 2016

le Commissioni tematiche sono cresciute nel corso degli anni per incorporare i nuovi ambiti in cui il design interviene: così alle più longeve categorie del Design per l’abitare, del Design per la mobilità, del Design per il lavoro, del Design per la persona, si sono aggiunte quelle relative a Food Design, Design dei materiali e dei sistemi tecnologici, Design dei servizi, Design per il sociale, Ricerca per l’impresa, Design per la comunicazione, Exhibition design, Ricerca teorico-storico-critica e progetti editoriali. Completa infine la serie la categoria che prende il nome di Targa giovani e che è dedicata ai progetti realizzati in ambito scolastico dagli studenti affinché i più talentuosi possano raccogliere l’attenzione che meritano. La candidatura dei progetti all’Index avviene in forma spontanea da parte di aziende o progettisti ed è ammissibile purché almeno uno

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Ocostudio (Marco Fagioli, Emanuel Gargano), Giampiero Castagnoli, rubinetto 5mm, Rubinetterie Treemme, Compasso d’Oro 2016

90018, Riccardo Dalisi, Compasso d’Oro, 1981 Nuovo Milano, Ettore Sottsass, cons. Alberto Gozzi, Compasso d’Oro, 1989 Pasta Pot, Patrick Jouin, cons. Alain Ducasse, Compasso d’Oro, 2011

Fondata da Giovanni Alessi nel 1921 a Omegna, sul lago d’Orta, Alessi ha realizzato nella sua storia migliaia di oggetti, molti dei quali divenuti icone del design contemporaneo. L’universo Alessi conta più di trecento autori provenienti da tutto il mondo e include diverse categorie di prodotto tipiche del paesaggio domestico ma anche dedicate alla persona. La missione di Alessi è di tradurre la ricerca della più avanzata qualità culturale, estetica, esecutiva e funzionale nella produzione industriale di serie. Una delle sue principali caratteristiche è la capacità di conciliare le esigenze tipiche di un’impresa moderna con l’essere un laboratorio di ricerca nel campo delle Arti Applicate, operando su una linea di confine, in equilibrio tra le espressioni più avanzate della creatività internazionale e i desideri del pubblico.

ALESSI FLAGSHIP STORE

Founded in Omegna on Lake Orta by Giovanni Alessi in 1921, Alessi has produced thousands of products over the decades, many of which have become icons of contemporary design. The Alessi universe numbers more than three hundred designers from all over the world and includes different categories of typical products for the home as well as personal products. The Alessi mission is to research the most advanced cultural, aesthetic, executive and functional quality and translate this into mass produced items. One of its main characteristics is its ability to combine the typical needs of a modern business with being a research laboratory in the field of the Applied Arts, striking a fine balance between the most advanced international creativity and the desires of the public.

07.10.2017-07.01.2018 Mon 10.00-14.00/15.00-19.00 Tue-Sat 10.00-19.00

Tonale, David Chipperfield, Compasso d’Oro, 2011 (fig.)

ADIMEMBER www.alessi.com info@alessi.com

Location (click for map)

Via Alessandro Manzoni 14-16, Milano Opening

Info

+39 02 795726 www.alessi.com srmil@alessi.com

Compasso d’Oro alla carriera, 1987

Discover other awards at the store

Michele De Lucchi, tavolo Pangea, Riva 1920, selezione ADI Design Index 2016, in corsa per il Compasso d’Oro 2018

Milan and around 07.10.2017 07.01.2018

9090, Richard Sapper, Compasso d’Oro, 1979

Dry, Achille Castiglioni, Compasso d’Oro, 1984

Pagine della Guida elettronica per navigare ne Le Vie del Compasso d’Oro scaricabili gratuitamente dal sito ADI (www.adi-design.org/le-vie-del-compasso-d-oro-2017.html)

dei due soggetti sia italiano. Prodotti, servizi, libri e ricerche selezionati, menzionati o premiati dal “sistema” Compasso d’Oro sono dunque i grandi protagonisti che animano l’esposizione diffusa nelle tante location che hanno aderito alla manifestazione: oltre ottanta le tappe da scoprire, visitare e rivisitare a più riprese per il piacere di condividere soluzioni che ancora oggi sono capaci di suscitare meraviglia e di migliorare la vita di tutti noi. La Fall Design Week di Milano avviata il 7 ottobre, le celebrazioni dell’ADI Design Index 2017 inaugurate il 9 ottobre e la premiazione dell’ADI Compasso d’Oro International Award – la versione internazionale del premio dedicata nel 2015 al Food e nel 2017 allo Sportsystem – del 1º dicembre sono le occasioni raccolte dalla delegazione territoriale ADI Lombardia per definire la finestra temporale, aperta dal 7 ottobre 2017 al 7 gennaio 2018, entro

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Eero Aarnio, seggiolina Trioli, Magis, Compasso d’Oro 2008

cui è possibile percorrere i molteplici itinerari di scoperta dei luoghi più suggestivi in cui il design si manifesta: negozi, gallerie, studi di designer e impianti di produzione, musei e fondazioni, ma anche luoghi pubblici e di riunione informale, dove vivere, sperimentare e comprare il buon design. La mappa e la guida interattiva, scaricabili gratuitamente dal sito internet ADI sono in continuo aggiornamento, supportano la navigazione virtuale e fisica dei tanti luoghi segnalati all’ingresso da una vetrofania a fondo nero su cui campeggia il compasso giallo oro. Mentre il corposo programma di incontri e di iniziative dedicate arricchisce la manifestazione per amplificare le opportunità di approfondimento di ciascuna tappa. Tante le traiettorie possibili lungo “Le Vie del Compasso d’Oro” che si offrono a più livelli di lettura, permettendo uno sguardo inclusivo, eterogeneo e plurale, reso possibile dall’adesione di un gran


Michele Cuomo, pasta Canna di Fucile 2011, Pastificio F.lli Setaro, Compasso d’Oro International Award 2015

Paolo Ulian, lavabo Introverso, Antoniolupi, selezione ADI Design Index 2017, in corsa per il Compasso d’Oro 2018

Bodin Hon, pentola solare Solari, IED Istituto Europeo di Design, Targa Giovani International 2015

numero di protagonisti del progetto che continua a crescere ogni giorno. Che siate amanti, cultori, neofiti o curiosi, milanesi o viaggiatori, per lavoro, per studio o per passione, “Le Vie del Compasso d’Oro” sono per tutti voi: accendete il cellulare, la mente e il cuore e partite alla scoperta del magico mondo del design e de Le Vie del Compasso d’Oro.

Le tappe de Le Vie del Compasso d’Oro 2017 Acerbis International – Bredaquaranta; Agape12; Alessi Flagship Store; Alias Shop; Antoniolupi Showroom; Archivio Giovanni Sacchi – Spazio MIL; Arper Showroom; Arrital Showcase; Boffi Solferino; Caimi Brevetti – Cardex; Caimi Brevetti – Matis; Cea Showroom; Ceramica Flaminia – SpazioFlaminia; Ceramica Globo Showroom; Cini&Nils – Milano Design Store; Curioni Falegnameria – Refrigiwear Store; Davide Groppi Spazio Esperienze; De Castelli Flagship Store; De Padova Store; Desalto – Misura Arredamenti; Design Group Italia; Dws – Shapemode; Esseblu; Ethimo Showroom; Fantini Milano; Federico Delrosso Architects; Fedrigoni – Fabriano boutique; Fima Carlo Frattini – Rogari Milano; Flos Showroom; Flou Showroom; Flou – Natevo Showroom; Fondazione Achille Castiglioni; Foscarini Spazio Brera; Galbiati Arreda – Main showroom; Galbiati Arreda – Lab3 Interior Design; Galbiati Arreda – Presotto; Galbiati Arreda – Aran Cucine Flagship Store; IED – Istituto Europeo di Design; Kartell Museo; LaCividina – Inkiostro Bianco; Luceplan; Magis Showroom; Marazzi Showroom; Martinelli Luce Showroom; MDF Italia Showroom; Moroso Showroom; Oikos – Spazio Oikos; Oikos Venezia – Theatro; Pastificio F.lli Setaro – Fratelli La Bufala; Pastificio F.lli Setaro – Mamma Oliva; Pedrali – Fondazione Achille Castiglioni; Phosphorus Imperfect – Ferrario; Rexite – Avanguardia arredamenti; Rexite – Moroni Gomma; Rimadesio Flagship Store; Riva1920 – Riva Center Showroom & Museo del Legno; RovattiDesign; Rubinetterie Treemme – Ceramiche Speretta; Rubinetterie Treemme – Maison Privèe; Rubinetterie Treemme – So.Co. Ma.S.; Salvatori Showroom; Schiffini Space Milano; Sblu-spazioalbello; Secco Sistemi Showroom; SPD – Scuola Politecnica di Design; Tecno Showroom; Tubes Radiatori – Vivere Il Bagno; Unical – Archiproducts Milano; UniFor Showroom; Unopiù Showroom; Valextra Flagship Store; Vibram Store; Zanotta Showroom; Zucchetti. Kos Showroom.

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DESIGN

Mostra presso il Politecnico di Milano

La Fondazione Franco Albini e le celebrazioni dei primi dieci anni di Paola Albini

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007-2017, in Fondazione Franco Albini si festeggiano dieci anni di attività, con dieci eventi nell’arco di dieci mesi. Obiettivo, tracciare un “Segno tra ieri e domani”. L’anno di celebrazioni si è aperto a gennaio con un concorso under 30 per realizzare il logo che ha accompagnato tutti e dieci gli eventi. Ci si è poi rivolti ai bambini per educarli, attraverso laboratori, all’attenzione ai dettagli, all’etica del fare, al valore della professione come mezzo per comunicare sé stessi nel mondo. Si sono poi portati in scena esempi di emancipazione come quello di

Numerose iniziative hanno permesso di mettere al centro la storia, l’archivio che diventa la memoria per il futuro, i traguardi già raggiunti e le nuove imprese creative da cui ripartire 29


Franca Helg, socia di Albini dal 1952, una donna che ha saputo realizzarsi pienamente attraverso la propria professione nonostante le difficoltà del proprio tempo. Un’operazione che ha confermato l’efficacia del teatro per avvicinare i Maestri alla vita della gente, rendendoli esempi umani ed afferrabili. Nel corso del Salone del Mobile, sono stati poi realizzati due Murales sul ponte di fronte alla Triennale, definiti i più lunghi dedicati al Design: un’operazione sostenibile che ha regalato bellezza ad un luogo tanto significativo per il Design, imprimendo un pezzo di storia di Milano sui muri della città. È stata poi la volta di due mostre pensate per essere itineranti: “La sostanza della Forma”, che rilegge le opere di Franco Albini e Franca Helg

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Spettacolo teatrale: I colori della ragione


Mostra presso la Fondazione Franco Albini

da inediti punti di vista: i fondamentali “incontri” con altri protagonisti del suo ambito storicoculturale; le immagini intime di una vita intensa e al contempo riservata. E poi “Sguardi sul mondo”, invece basata sulle testimonianze dirette e sulla vita quotidiana di Franco Albini con immagini immortalate direttamente dal Maestro milanese, in qualità di turista o viaggiatore. L’intento è quello di spiare tra le suggestioni che hanno dato vita a progetti che hanno fatto Scuola nel mondo e suggerire che l’ispirazione è intorno a noi. In programma anche nuove visite guidate sull’architettura, in cui gli architetti Marco e Francesco Albini raccontano come rilanciano oggi la tradizione metodologica del passato, indicando i principi della Scuola di Metodo di Albini, tuttora

utili alla contemporaneità. Non mancano tre nuove pubblicazioni e per finire, un documentario coprodotto dalla Fondazione e da Skyarte, in cui lo sguardo leggero di Franco Albini viene raccontato da Peter Greenaway, Oliviero Toscani, Tatti Sanguineti, Vittorio Gregotti e molti altri. Tutte iniziative che cercano di tracciare un “Segno tra ieri e domani”, nella convinzione che continuità non significhi imitazione delle forme ma coerenza con un metodo di progettazione. Quello che fa la Fondazione in fondo è raccontare storie cercando linguaggi sempre nuovi, perché come dice Ferré: “La storia è formazione, esempio, analisi, confronto con esperienze già compiute, con traguardi già raggiunti da cui partire per nuove imprese creative. In quest’ottica l’archivio è la memoria per il futuro”.

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FOTOGRAFIA

Gaia Federighi e i suoi dettagli creativi di “Still life photography” Glass Selfie

di Laura Patricia Barberi

G Lets go to the beach

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aiapuntozen. Vira il proprio talento sui toni del rosa del grigio e dell’azzurro: tonalità desaturate impiegate per la costruzione di uno storytelling visivo potente. Gaia Federighi, Instagramer milanese ama i viaggi e l’architettura, divoratrice seriale di mostre fotografiche. Il suo progetto in Instagram nasce dal mix di passioni che ha per lettura, scrittura e foto dai toni pastello. Fotografia creativa, quindi, in cui si alternano elementi di design, architettura a dettagli di Still Life Photography di matrice creativa: il tutto in chiave pastello. Lavora molto sulla caption (didascalia pubblicata assieme alla foto) vista la sua professionalità di copywriter: le piace pensare che testo e immagine siano un elemento unico, un tuffo nella creatività a 360 gradi. Ci parla del suo Mondo così: “Ogni cosa diventa un’ispirazione: dalla goccia di sugo che espandendosi diventa rosa al frullato schizzato sulla strada; a volte, mi sembra di vivere nelle mie foto o forse sono loro a vivere in me”. Si avvicina al mondo di Instagram circa un anno fa quando parte da sola per una vacanza che originariamente doveva essere di coppia: complice il tanto tempo, luoghi bellissimi da fotografare e un po’


Pink coffee

di idee cui pensare nasce la sua Instagram-ossessione. Nella vita si occupa di copywriting e strategie digitali legate al mondo dei Social Media. Vive nel mondo pubblicitario da sempre: sua madre, infatti, era copywriter proprio come lei. Per questo Gaia è cresciuta tra briefing, macchine da scrivere, gare pubblicitarie e immagini di grande efficacia. Si definisce una “sognatrice per indole e attitudine”: pensare idee e creare storie non la stancano mai. Oggi, il suo progetto Gaiapuntozen sta influenzando sempre più il suo lavoro: molti contatti e progetti nascono grazie al suo account Instagram, ragione per la quale lavora sempre di più con il mondo della fotografia e dell’immagine. Sopravvivere e differenziarsi nel mondo dei Social Network, come? Ritiene che un fotografo che desideri distinguersi nel flusso mediatico di Instagram debba necessariamente elaborare e studiare una strategia ben definita, quindi fare delle scelte ben precise. Diviene necessario crearsi una personalità singolare, capace di far emergere il proprio lavoro di creativi e fotografi in maniera quasi spontanea. Seguite i sogni in rosa, grigio, azzurro di Gaia e la sua passione per il Giappone su www.instagram.com/gaiapuntozen/

Pouf breakfast

Friends intersection

Watch your back

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Ph. Luciano Romano

ARTE

Andy Warhol, Vesuvius, 1985. Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli

Napoli e la sua contemporanea sensibilità artistica

L’

di Mariella Sportiello

antica città di Neapolis si attesta ormai tra le realtà più rappresentative e prolifiche dell’arte contemporanea in Italia e nel mondo. Una città con una impronta artistica costantemente in divenire, con una incessante ricerca e un fervore

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che la fanno assurgere a “madrina” della produzione e della rappresentazione artistica contemporanea. Le stazioni Metrò dell’Arte di Napoli, il museo di Capodimonte, il museo del Novecento a Castel Sant’Elmo, il museo Pan rappresentano il fil rouge lungo cui si dipana la sensibilità artistica


Ph. Amedeo Benestante. Bianco-Valente, 2015. In comodato a Madre-museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli

Una vera contaminazione tra modernità e reperti archeologici che si fondono in un’intima fragilità, raffigurando ogni civiltà e cultura in cui immergersi in un viaggio sensoriale

della città. La perfetta fusione tra l’anima antica e classica di Napoli con quella vivace, innovativa e moderna la si ritrova nel Museo Madre, il Museo di arte contemporanea Donnaregina e si incarna totalmente nella mostra “Pompei@Madre. Materia Archeologica”. Un evento culturale unico

in Italia, frutto di una inedita collaborazione fra il Parco Archeologico di Pompei, uno dei più importanti siti archeologici al mondo e il Madre, il museo regionale campano d’arte contemporanea, premiato più volte come il miglior museo d’arte contemporanea d’Italia. A partire dal confronto

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Museo d'Arte Contemporanea Donnaregina - Cortile Cavallo

fra le rispettive metodologie di ricerca, ambiti disciplinari, collezioni, questa mostra si addentra nello studio delle possibili, molteplici relazioni fra patrimonio archeologico e ricerca artistica, proponendo un dialogo fra straordinari ma poco conosciuti e raramente esposti materiali archeologici, tutti di provenienza pompeiana, e opere d’arte moderna e contemporanea. Un incontro scientifico e culturale che ha dato vita al più ambizioso e spettacolare progetto di esposizione e ricerca, in cui la materia archeologica incontra l’arte contemporanea, dando vita ad una

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contaminazione spettacolare e di grande impatto. La mostra vede oltre novanta artisti e intellettuali moderni e contemporanei coinvolti e si articola in due capitoli: Le Collezioni visitabile fino al 24 settembre 2018 e Materia Archeologica, che resterà aperta fino al 30 aprile. Per la prima volta, reperti archeologici poco conosciuti o inediti vengono messi a confronto con opere di arte moderna e contemporanea, riuniti nella suggestiva location del museo Madre. Lo spettatore si ritrova immerso in un viaggio sensoriale attraverso trenta secoli di contemporaneità della Campania


Ph. Amedeo Benestante Olla per la bollitura degli alimenti con lapilli dell’eruzione del Vesuvio, I sec. d.C., bronzo. Pompei, Casa di Lollius Synhodus. Parco Archeologico di Pompei Ingresso Museo Madre

Felix e della cultura mediterranea. Inoltre la prospettiva temporale estesa, che l’accostamento fra archeologia e contemporaneità evoca, permette di rivelare ed esplorare la materialità dei reperti archeologici nel loro stato di conservazione attuale: ovvero l’intima fragilità, la natura effimera e il destino entropico di ogni opera d’arte, di ogni civiltà e di ogni cultura e quindi della storia umana stessa. Opere, manufatti, documenti e strumenti provenienti dalle campagne di scavo a Pompei che ripercorrono la vita quotidiana della città antica, con un focus sul ruolo rivestito

dalle arti e dalle scienze, incontrano documenti e opere provenienti dalle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, del Museo e Real Bosco di Capodimonte, del Polo Museale della Campania, oltre che di importanti istituzioni nazionali e internazionali quali la Biblioteca Nazionale e l’Institut Français di Napoli, la Casa di Goethe e la Biblioteca dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, la Foundation Le Corbusier e l’École Nationale Supérieure des Beaux Arts di Parigi, oltre che da importanti collezioni private nazionali e internazionali.

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ARTE

Tullio Pericoli, Attraverso l’albero. Piccola storia dell’arte, 2012

Christmas Free di Giovanna Ramaccini

N

el descrivere come rappresentare correttamente un albero, Bruno Munari afferma: “Quando disegni un albero ricorda sempre che ogni ramo è più sottile di quello che viene prima. Nota anche che il tronco si divide in due rami e che questi si dividono ancora in due, e così ancora ed ancora fino a quando tu hai un intero albero sia esso diritto o curvo in alto o in basso o inclinato per via del vento”. E poiché, come dichiara un proverbio orientale, “la perfezione è bella ma è stupida: bisogna conoscerla ma romperla”, una volta che lo schema è noto si hanno tutti gli elementi per abbandonarlo e superarlo. Basti pensare a come sia possibile riconoscere

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Correnti artistiche e architettoniche hanno creato nel tempo forme di alberi di Natale con diversi stili, dal gotico al barocco, da quello slanciato a quello rigoglioso con un unico scopo: abbandonarsi a un senso di meraviglia e leggerezza


Gli alberi di Natale degli architetti, 2011

Alberi di Natale “in stile”, 2012

la mano di un artista proprio dal suo modo individuale di rappresentare la natura. Un aspetto, questo, reso evidente dal lavoro di astrazione fatto da Tullio Pericoli che ripercorre la storia dell’arte a partire dalla decontestualizzazione degli alberi dai relativi quadri, facendone l’elemento per ritrarre e identificare l’autore. Dalla simmetria e dal rigore geometrico degli alberi sagomati di Paolo Uccello, alla rappresentazione contorta ai colori densi e vivaci di Vincent Van Gogh, alle chiome concepite come macchie di colore racchiuse tra le linee dinamiche di Paul Klee. E poiché con il trascorrere delle epoche variano anche gli stili e le stagioni, perché non riassumere correnti artistiche e architettoniche in forma

di albero di Natale? Da quello gotico, leggero e slanciato, a quello barocco, rigoglioso e riccamente ornato, a quello minimalista, dal volume conico, puro ed elementare. O ancora, perché non immaginare come celebri architetti contemporanei avrebbero pensato o penserebbero il proprio? Ridotti di scala, schemi compositivi e ossatura strutturale diventano gli elementi per riconoscere gli alberi di Natale associati a Frank Gehry, a Zaha Hadid o a Santiago Calatrava. Non resta quindi che provare a disegnare il vostro, abbandonandovi a quel senso di meraviglia e leggerezza provocato “dall’aprirsi inatteso della porta e dall’apparire di un albero adorno di candele, mele e dolciumi”, o meglio, di ciò che più vi piace.

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ARTE

Atelier, visione notturna

Marco Bagnoli: 'noli me tangere' di Cinzia Chitra Piloni

M

entre pedalo in un pomeriggio di sole, ferma sul bordo, guardo l’acqua che scorre in vortici nell’artificio leonardesco. E penso che l’arte si rifà a quelle fonti che l’uomo ha compromesso, nel tentativo forse di riveder danzare in tondo un Purusha e una Prakriti un po’ stanca. E penso che, compromessa la natura, diventa in parte compito dell’arte ripristinare equilibri di elementi e trasformare così ambienti e atmosfere per permettere a noi – esseri ancora così umani – un accesso a una dimensione più alta. Deve essere stato il richiamo che genera la medesima

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“L’opera d’arte è sempre un miracolo, perché essa avviene nel mondo e per il mondo ed essa si fa nonostante ciò che esiste nel mondo”


SPAZIOX TEMPO - Atelier Marco Bagnoli Via della Quercia 9, Montelupo Fiorentino spazioxtempo@gmail.com

Noli me tangere, 1997-2017 Marmo, acciaio, acqua, colore 350 x 350 x 350 cm

terra d’origine o la considerazione che l’arte sia una porta, che mi porta (e chiedo scusa per il gioco di parole) con la mente a un’opera di Marco Bagnoli vista al Forte di Belvedere a Firenze. Un uomo di pietra, statuario, fermo sul bordo di una vasca che, nel vortice d’acqua ai suoi piedi, accoglie il cielo specchiato e il canto di corvi vivi sopraggiunti al richiamo di gracchiare di rane che, artisticamente, dal nido posto fra la canna e l’albero fanno da tappeto sonoro all’opera. Un Noli Me Tangere di 3 metri e mezzo di marmo per una scultura che – finita Ytalia (la collettiva che raccoglie 100 opere di arte contemporanea) – cercherà dimora.

Fortunato il giardino, il parco, la piazza o la collezione che la potrà permanentemente ospitare. Magari si potrà chiedere del destino dell’opera allo studio inaugurato il maggio scorso da Bagnoli e che, oltre ad essere luogo di genesi e creazione delle opere di tanto geniale artista, è anche spazio deputato a un rinnovato incontro fra arte e impresa. Uno spazio e un’arte al servizio del territorio dunque? E di chi il territorio lo abita? Interrogativo che già fa giungere sulle ali di un’aquila strana il profumo di un’arte di valore. E come sostiene Marco Bagnoli “L’opera d’arte è sempre un miracolo, perché essa avviene nel mondo e per il mondo ed essa si fa nonostante ciò che esiste nel mondo”.

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Ph. Chris Barbalis

ARCHITETTURA

Stefano Boeri Architetti, Bosco Verticale, 2009-2014, Milano

Mettere radici: nuovi e antichi modi di vivere l’altezza

L’

di Alba Fagnani

ambizione di costruire opere grandiose è connaturata all’uomo. La costruzione è di per sé un segno, particolarmente efficace quanto più esso è percepibile: simboli del potere temporale e religioso, le strutture alte nascono per

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Alla ricerca della scala umana in una città che si espande in elevazione


Ph. Enrico Cano Renzo Piano Building Workshop, Intesa Sanpaolo Office Building, 2006-2015, Torino

essere apprezzate da terra e a distanza. La città è presto uscita dalla finitezza delle proprie mura per riversarsi nell’ambiente circostante. La crescente densità abitativa ha trovato una possibile risposta nell’espansione in altezza, con implicazioni non tanto simboliche, quanto economiche e commerciali.

Nei contesti urbani consolidati, se i sistemi del tipo chiesa-campanile mantengono un’immagine d’insieme armonica, le nuove costruzioni alte sono spesso accolte con delle riserve, poiché pongono il problema dell’integrazione di nuovi landmark urbani. Un interessante esempio, in tal senso, è il

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© Michael Green Architecture, Réinventer Paris, 2015, Parigi

grattacielo Intesa Sanpaolo, progettato a Torino dall’architetto Renzo Piano. Inizialmente dibattuto per la sua elevazione, appena inferiore a quella della Mole Antonelliana, l’edificio si è reso disponibile alla città con un attacco a terra aperto e permeabile. Un importante compromesso sta poi nel coniugare l’integrazione in termini energetici. Pur rimanendo edifici altamente tecnologici e specializzati, i grattacieli si ingentiliscono, cercano una scala umana e un maggiore contatto con l’ambiente. L’architetto Michael Green, sostenitore degli innovativi sistemi multipiano in legno, crede che questi edifici possano metterci

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in sintonia con la natura nell’ambiente costruito. Un’esemplare declinazione in tema di integrazione urbana è stata recentemente proposta da Boeri Studio (Boeri, Barreca, La Varra) con la realizzazione del Bosco Verticale, progetto caratterizzato da due iconiche torri ricoperte di alberi, nel quartiere Porta Nuova di Milano. Manufatti proverbialmente a grande scala assumono un’impronta naturale e a misura d’uomo, parlando direttamente al bisogno umano di contatto con l’ambiente in aree fortemente antropizzate. Sarà per questo che la forestazione verticale sta conoscendo una diffusione rapidissima, con progetti


© Stefano Boeri Architetti, Liuzhou Forest City, 2016-2020, Liuzhou (Cina)

in corso di realizzazione in Europa, Cina e Stati Uniti. È notizia recente l’aggiudicazione del concorso Marne Europe allo studio dell’architetto Stefano Boeri, con il progetto Forêt Blanche a Villiers sur Marne, una torre foresta con strutture interamente in legno. La sfera vegetale diviene un elemento essenziale della progettazione, e non semplicemente aggiunto ad essa. Il bosco introduce un’importante biodiversità, riduce il riflesso delle luci intense e il rumore, protegge dall’irraggiamento, migliora il microclima e la qualità dell’aria. Il verde verticale non si sostituisce a quello a terra,

ma anzi stimola la sensibilizzazione pubblica sui temi della presenza e della salvaguardia ambientale nelle realtà urbane. Lo stesso progetto di Porta Nuova sarà completato con un parco che circonderà l’intera area. Questo concept ha il pregio innegabile di rivalutare in modo innovativo il ruolo della natura nell’urbanistica, riportando il contatto con l’ambiente ad una tipologia che si basa sul distacco da terra. È un diverso modo di mettere a sistema due ambiti, il costruito e il naturale, che oggi appaiono sempre meno distanti. Un nuovo modo di mettere radici.

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Ristorante

Il Convento

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ARCHITETTURA

La nuova reggia di Versailles è a Colorno di Elena Brozzetti

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el piccolo comune di Colorno, nel cuore della Pianura Padana, sorge l’imponente Reggia Ducale. Conosciuta come la Versailles dei duchi di Parma, il palazzo racchiude nelle sue quattrocento stanze secoli di storia, bellezza e magnificenza. La dimora sorge sulle antiche mura della rocca di Colorno, eretta nel 1337 a scopi militari da Azzo di Correggio, signore della città. Sotto il ducato di Parma e proprietà della famiglia Farnese dal 1612, il palazzo nei secoli ha

L’imponente struttura dallo stile ducale, oltre ad ospitare iniziative musicali ed esposizioni di piante e giardinaggio, è anche la sede della Scuola Internazionale di Cucina Italiana dello chef Gualtiero Marchesi 47


subito numerose trasformazioni per raggiungere il suo attuale splendore. La prima avvenne sotto la guida di Ranuccio Farnese che a fine '700 commissionò i lavori di trasformazione all’architetto Ferdinando Galli Bibbiena. Per discendenza diretta, il palazzo passò nelle mani di Filippo di Borbone e di sua moglie Luisa Elisabetta, che affidò la ristrutturazione interna all’architetto Ennemond Alexandre Petitot con il compito di rendere la Reggia quanto più possibile simile a quella di Versailles. Con Petitot lavorarono Fortunato Rusca e Benigno Bossi per gli stucchi, J.B.Boudard per le sculture, Gaetano Ghidetti e Antonio Bresciani per le pitture.

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Dopo la successione a Ferdinando di Borbone, alla sua morte il ‘Palazzo imperiale’ divenne proprietà francese. Nel 1807, Napoleone assegnò il ducato a sua moglie Maria Luigia d’Asburgo. “In circa trent’anni di regno l’amata duchessa di Parma impresse agli appartamenti ducali e al grande giardino un segno indelebile del suo gusto”, spiega l’ufficio stampa della Reggia. Nel 1870, dopo l’Unità d’Italia, il Palazzo venne acquistato dalla provincia di Parma ricavandone un ospedale psichiatrico. Restituito al suo antico splendore dopo i bombardamenti delle due guerre mondiali, dal 2004 la Reggia Ducale ospita la sede di Alma, la Scuola Internazionale


di Cucina Italiana di Gualtiero Marchesi. Non può essere certamente trascurata l‘importanza dedicata allo splendido giardino, anch’esso con una storia architettonica d’eccellenza. Con aiuole, siepi di sempreverdi e disegni floreali su prati curatissimi, la prima forma che assunse fu quella di un classico giardino all’italiana nel 1400, realizzato da Roberto Sanseverino. L’arrivo dei Farnesi ampliò la bellezza della Reggia, grazie all’intervento del celebre ingegnere idraulico francese Jean Baillieul e al giardiniere di Versailles Francois Anquetil, modificando lo stile italiano in un perfetto parco alla francese. La geometria attuale è frutto delle

trasformazioni volute da Maria Luigia d’Austria che trasformò il giardino in un romantico bosco all’inglese, avvalendosi della collaborazione di Carlo Barvitius. La Reggia ospita numerosi eventi e iniziative musicali nella prestigiosa cappella ducale di San Liborio o la nota esposizione di piante e giardinaggio ‘Nel segno del Giglio’, nel periodo primaverile e autunnale. Aperta tutto l’anno, per visitare gli interni del palazzo ducale è necessaria la prenotazione, mentre i giardini sono sempre aperti al pubblico. Per maggiori informazioni, orari e vendita biglietti, consultare il sito: http://reggiadicolorno.it/

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cinzia verni

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ARCHITETTURA

MUSMA, ipogeo

La scultura moderna nel cuore antico di Matera

Q

di Italo Profice

uando si parla di Matera si pensa ai Sassi, patrimonio dell’umanità dell’Unesco dal 1993, un vero e proprio paesaggio culturale in cui le necessità urbane si sono adeguate nel tempo alle risorse fornite dalla natura. E l’intervento degli artisti ha compenetrato l’arte modellatrice della natura. Il risultato è ammirabile nella suggestiva cornice di Palazzo Pomarici dove ha sede il Museo della Scultura Contemporanea di Matera, il Musma. Questo possiede una vasta collezione di opere

Nella città dei Sassi divenuta patrimonio dell’umanità Unesco nel 1993, si trova il Museo in cui l’arte contemporanea si modella sugli ambienti rupestri degli ampi ipogei scavati nella roccia 51


Sale della Caccia

esposte che narrano la storia della scultura italiana e internazionale dalla fine del XIX secolo ai giorni nostri. Il palazzo è anche conosciuto come Palazzo delle Cento Stanze, rinominato così dalla fantasia popolare sempre piena di vezzeggiativi fantasiosi. L’edificio è immerso nel cuore del Sasso Caveoso e fu costruito tra il XVI e il XVII secolo su preesistente nucleo di grotte scavate nel tufo, una porzione delle quali era stata sede, nel XIII secolo, di un convento domenicano. Nel 1697 l’edificio fu venduto dal proprietario dell’epoca, conte Placido d’Affitto, a Cesare Pomarici, giovane patrizio discendente di una nobile e benestante famiglia del potentino. L’allestimento segue un duplice criterio in virtù del fatto che la grotta esistente è stata completata dalla costruzione di un’altra, trasformando il retaggio storico in testimonianza di nuova cultura.

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Il piano “nobile”, un tempo abitazione della famiglia Pomarici, ospita opere in ordine cronologico; gli ipogei, invece, espongono opere di artisti nazionali ed internazionali, dando vita ad un allestimento “ambientale”. Grazie all’arte contemporanea e in particolar modo alla scultura, l’ambiente espositivo non è più un mero contenitore ma diventa parte integrante del manufatto. La maggior parte degli artisti predilige una visione dello spazio come protagonista dell’azione plastica e questo si invera se vige parità tra opera e luogo di esposizione. Tutto ciò è riscontrabile nei sette ipogei e nei tre cortili del piano terra. Alcune opere sono state ideate appositamente per il Musma, altre entrano in simbiosi con l’ambiente, alterandolo e alterandosi. Completano le aeree espositive le Sale della Caccia, quattro ambienti con pitture parietali risalenti al 1600 e destinati alle


Ipogeo

Grottino

mostre contemporanee, e la scaletta della Grafica e della Ceramica. Inaugurato nel 2006, il Musma è un progetto culturale della Fondazione Zétema di Matera ed è inserito nel programma Distretto culturale dell’Habitat Rupestre della Basilicata. C’era un tempo in cui lo storico dell’arte Giuseppe Appella, insieme al Circolo culturale La Scaletta, organizzava le grandi mostre dei Sassi. Furono delle antologiche di scultura contemporanea che a partire dal 1978 rappresentarono un punto di riferimento per il fermento culturale della città. Si trattava dello spunto originario per la costituzione di un museo di scultura contemporanea nella città dei Sassi, il cui l'allestimento è a cura dell’architetto Alberto Zanmatti. La collezione proviene esclusivamente da donazioni di artisti, collezionisti privati, critici d’arte, gallerie nazionali e internazionali a cui si aggiungono le

Ipogeo

opere progettate e realizzate appositamente per il Musma. Il museo dispone anche di una biblioteca intitolata all’editore milanese Vanni Scheiwiller, con più di 6000 volumi e 200 video. Raccoglie inoltre una ricca collezione di monografie, cataloghi, libri d’artista, documentari, a disposizione di studiosi e studenti dell’Università, delle Accademie di Belle Arti e dei Licei artistici. Con una diversificata offerta didattica il museo si indirizza anche ai giovani scolari: le iniziative mirano a vedere con occhi diversi la scultura, dall’ideazione alla creazione, stimolando la curiosità e l’interesse per il bene culturale. Infine, oltre alle mostre temporanee, il Musma si impone come polo culturale di tutto rispetto grazie anche ai numerosi eventi teatrali e musicali che animano l’affascinante scenografia del Palazzo delle Cento Stanze. www.musma.it

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ARCHITETTURA

La cattedrale del Sale scolpita nel sottosuolo di Realmonte

L’

di Paola Faillace

estrazione del sale è una delle attività produttive della Sicilia. La terza miniera di salgemma più grande della Sicilia è un giacimento di sale che si è formato in epoca mesozoica circa sei milioni di anni fa in una montagna a tre chilometri di distanza da Realmonte, un piccolo centro di cinquemila abitanti situato in provincia di Agrigento. Da questa miniera di salgemma gestita dalla società Italkali si estraggono ogni giorno grandi quantità di sale da cucina per uso industriale e altri sali potassici. Nel sottosuolo oltre ai giacimenti naturali è possibile ammirare anche dei tesori nascosti: la caratteristica unica di questa miniera è la presenza di una vera e propria “cattedrale del sale”, una cappella sotterranea

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A oltre settanta metri dalla superficie è possibile visitare un altro luogo in cui si può ammirare un rosone naturale costituito da cerchi concentrici che creano una spirale dai colori contrastanti

ricavata dai minatori scavando e lavorando le pareti di halite purissima, ovvero scolpendo il salgemma. Una chiesa, un luogo di culto voluto e realizzato dai minatori stessi che si trova a cento metri sotto la superficie e a trenta metri sotto il livello del mare. Per visitare questa cattedrale si accede tramite bus navetta e si devono percorrere gallerie e cunicoli di vari livelli. La Cattedrale presenta una altezza di otto metri, una larghezza di venti metri e una lunghezza di duecento metri e conta ottocento posti a sedere. L’acustica derivata dalla conformazione delle pareti saline è ottima. In questa struttura il 4 dicembre viene celebrata la messa di Santa Barbara, la patrona dei minatori, cerimonia alla quale partecipano i minatori e le famiglie. All’interno

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della cattedrale sono presenti diverse opere, alcune scolpite nelle pareti come dei bassorilievi che raffigurano Santa Barbara e la Sacra famiglia nella parete di destra e Gesù Crocifisso nella sinistra. All’ingresso sono collocate due acquasantiere ricavate scolpendo due blocchi unici di sale. Sono presenti anche altri elementi religiosi: una cattedra vescovile, la mensa, un ambone, una croce e un cero pasquale. La singolarità dell’elemento usato per realizzare questo luogo di culto rende unica questa cattedrale in cui tutti gli elementi strutturali ed ornamentali sono di sale. A settantacinque metri dalla superficie è possibile visitare un altro luogo in cui si può ammirare un rosone naturale formatosi dall’incrocio tra il salgemma e altri cristalli salini

disposti a cerchi concentrici che creano una spirale dai colori contrastanti. In questi luoghi sono presenti dei veri e propri arabeschi naturali che arricchiscono i tunnel e le grandi sale e offrono uno spettacolo di irripetibile bellezza ai visitatori. La direzione della Italkali consente le visite solo su prenotazione l’ultimo venerdì di ogni mese a gruppi di massimo trenta persone, che vengono dotate di tutte le attrezzature di sicurezza necessarie per garantire un accesso sicuro alla miniera ed è prevista la presenza di una guida. L’accesso libero a grandi gruppi non è consentito perché interferirebbe con le attività di estrazione essendo una struttura presente all’interno di una miniera funzionante e fruibile in orari lavorativi.

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ARCHITETTURA

Troia Cattedrale

La cattedrale di Troia e i suoi significati simbolici di Mariangela Serio

L

a cattedrale di S. Maria è il fulcro della cittadina di Troia, situata in provincia di Foggia, a ridosso del Tavoliere delle Puglie. Da un punto di vista storico, la cattedrale, costruita fra il 1093 e il 1125, è considerata una grande raccolta di documenti inconfutabili per le numerose annotazioni incise sulle pietre, sulle sculture e sui pannelli modellati in bronzo fuso delle due più antiche porte del tempio. Documenti che testimoniano le vicende delle fasi di lavoro che portarono al compimento dell’opera, così come la conosciamo oggi. La sua costruzione fu influenzata dallo stile pisano-orientale, ma vi confluirono comunque

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Troia Cattedrale, particolare portale


elementi dell’arte bizantina. Sulla facciata spicca al centro il rosone, eccelso esempio di tecnica scultorea a traforo, di uno stile simile all’ordine corinzio, che si differenzia per una particolarità che lo rende unico al mondo: ha undici spicchi divisi da altrettante colonnine. Di solito i rosoni erano divisi in sei o dodici parti, più facili da realizzare. Le colonne si irradiano dal centro del rosone secondo angoli uguali e sono a loro volta connesse con un gioco di archi che fanno da cornice. Gli “spicchi” sono decorati con diaframmi traforati diversi tra loro e dalla decorazione degli archi, creando così ventidue decorazioni differenti ottenute esclusivamente con la tecnica del traforo, facendo apparire il rosone come un ricamo merlettato. Al centro del rosone le undici colonnine poggiano su un cerchio di pietra lavorata a squame che ricorda una corda che si chiude o un serpente che si morde la coda, simbolo dell’eternità, della morte e resurrezione, oltre alla forma circolare, simbolo della perfezione. Il centro del rosone, dunque, simboleggia la figura di Gesù Cristo. Poiché le colonnine sono in numero dispari, il rosone appare asimmetrico. La scelta di questo numero di colonnine non è casuale perché 11 ha un forte significato simbolico poiché è il numero degli apostoli senza Giuda Iscariota, il traditore, escluso per sottolineare che chi pecca veramente non è più innestato su Gesù. Anche gli archi che sormontano le colonne sono 11. Partendo dall’apice di una colonna e seguendo l’andamento degli archi, per tornare al punto di partenza è necessario compiere due giri del rosone. Quest’ultimo, dunque, è composto da una serie di 6 + 5 archi che si rincorrono. Anche in questo caso si ha un significato simbolico importante: 6 e 5 rappresentano rispettivamente macrocosmo e microcosmo, Cielo e Terra. Il numero undici, essendone la somma, simboleggia l’unione tra queste due realtà, tra terreno e divino. Sopra ogni colonna, come cornice di ogni arco, è presente una forma composta da 3 lobi. Anche in questo caso siamo di fronte ad un simbolo: la forma, generata dall’intersezione di 3 cerchi distinti e separati, simboleggia la Trinità. Il rosone, pertanto, è la sintesi di diversi influssi stilistici, prodotto unico e originale di raffinatezza stilistica, priva di esemplari con cui possa essere paragonato. Fonte viaggiareinpuglia.it Fotografie di WildRatFilm

Troia Cattedrale, particolare portale

Troia Cattedrale, particolare interno

La struttura dall’inconfondibile stile che si rifà all’arte bizantina, presenta alcuni elementi che simboleggiano l’unione tra le due realtà, il terreno e il divino

Troia Cattedrale, interno

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Il castello di Fénis

Il Castello di Fénis, una fiaba senza tempo di Francesca Pollicini

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er immergersi in atmosfere fiabesche dal sapore medioevale, basta fare qualche chilometro ad est di Aosta, superare la cinta muraria del castello di Fénis e sarà impossibile non immedesimarsi nelle gesta di una dama o cavaliere medioevale che lo hanno abitato. Entrati nel cortile, le pareti affrescate con decorazioni pittoriche in stile gotico internazionale, danno inizio a questo viaggio indietro nel tempo. San Giorgio e il drago e diversi saggi con pergamene

In un clima cavalleresco dal sapore medioevale, una volta entrati nel cortile, ci si può immergere in un viaggio indietro nel tempo nel sito storico-artistico più visitato della Valle d’Aosta 61


Ph. Andrea Vallet Vista notturna del castello di Fénis

riportanti proverbi e massime morali in francese antico, scandiscono le pareti della balconata, accogliendoci e invitandoci ad entrare. Forse una villa rurale romana di cui ad oggi non si hanno testimonianze archeologiche, le origini del castello rimangono sconosciute fino all’inizio del XIII secolo, quando il castrum Fenitii viene citato per la prima volta in documenti storici come parte del patrimonio della famiglia Challant, la più importante famiglia nobiliare della Valle d’Aosta, che lo ha impreziosito con eleganti decorazioni pittoriche, grandi camini, scaloni monumentali e singolari simboli apotropaici. Ci sono volute svariate campagne costruttive e oltre cento anni (XIII - XV secolo) per la definizione del maniero così come lo conosciamo oggi, con un corpo centrale di forma pentagonale, circondato da una doppia cinta muraria merlata. Ma questo imponente elemento difensivo non deve trarci in inganno perché il castello di Fénis non ha assunto nei secoli alcuna funzione difensiva: edificato in una piana, è stato il castello di rappresentanza degli Challant. L’edificio rimase di proprietà della famiglia nobiliare fino al 1716. Successivamente conobbe un periodo di degrado che lo portò ad essere un’abitazione rurale con le stalle al pianterreno ed il fienile al primo piano. Grazie all’intervento di Alfredo d’Andrade, profondo conoscitore dell’architettura

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Il castello di Fénis, particolare, le torri

medioevale e allora Soprintendete alle Belle Arti per la Liguria e il Piemonte, il castello fu restaurato e da lui donato allo Stato. Oggi il castello di Fénis è il sito storico-artistico più visitato della Valle d’Aosta. Un’ultima cosa. Se vi dovesse capitare di visitare il Borgo Medioevale di Torino, riproduzione alquanto fedele di un tipico borgo tardo medioevale, nato all’interno del Parco del Valentino come padiglione dell’Esposizione Generale Italiana del 1884, e vi dovesse sembrare di aver varcato la soglia del cortile del castello di Fénis, non vi state sbagliando: il maniero degli Challant è solo uno dei castelli valdostani a cui il Borgo si è ispirato.


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Rocca di Ripalta Vecchia: una testimonianza di fortificazione medioevale di Andrea Mastrangelo

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all’alto dei suoi quattrocento metri d’altitudine, la collina di Ripalta Vecchia domina tutto il paesaggio circostante. Dalla sommità di quel colle di gesso, tra il profumo incontaminato della natura, le rovine della rocca sveva donano al visitatore una vista mozzafiato che spazia a trecentosessanta gradi: dalle Tremiti e il vicino Gargano, passando lungo tutta la valle del Trigno fino alle sommità della Maiella e del Gran Sasso. Non a caso, e a ragion veduta, si suppone che i resti della rocca siano il segno ancora tangibile di quella rete di fortificazioni volute da Federico II di Svevia in difesa dell’amatissimo regno in fondo alla penisola italiana. “Ci sono più e più ragioni – afferma il parroco Don Nicolino Calvitti nel suo libro Mafalda: il tempo, i testimoni, la memoria – per cui il genio, anche militare, di Federico II e i suoi collaboratori scelsero l’antica Trespaldum perché fosse Rocca superba agli occhi

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Le rovine di quello che fu un castello risalente alla fine del X secolo, rappresentano un simbolo storico delle rete di fortezze situate nella collina che domina il paesaggio circostante


delle popolazioni vicine o motivo scoraggiante di avventate incursioni”. Gli studi successivi condotti dall’archeologo Davide Aquilano non fanno altro che confermare quanto detto in precedenza. Sul blog “I love Mafalda” si legge: “La prima menzione documentaria dell’abitato, allo stato attuale, risulta nel Catalogus baronum (metà XII secolo), tra le terre tenute in suffeudo da Roberto de Rocca per conto di Ugone di Attone. È probabile, però, che la sua nascita sia da porre tra la fine del X e gli inizi dell’XI secolo, quando l’area di confine sud-orientale tra gli odierni Abruzzo e Molise fu interessata da un’intensa e capillare riorganizzazione generale basata sulla creazione di abitati accentrati (incastellamento). Non sappiamo se Ripalta sia identificabile con uno dei castelli creati alla fine del X secolo da Montecassino trasformando alcune sue curtes ubicate lungo la sommità del versante destro della bassa valle del Trigno: possiamo però affermare con certezza che doveva trovarsi ai margini dell’estesa

proprietà fondiaria del monastero. Ricordata da altri documenti di epoca successiva, se ne perdono le tracce nella seconda metà del Trecento, fino a quando non ritorna in un privilegio emanato da Alfonso il Magnanimo nel 1457, con cui il sovrano aragonese l’assegnava ad Andrea di Eboli. Nel documento risulta che l’insediamento all’atto della cessione era “inabitato”. All’abbandono, avvenuto nel corso della seconda metà (la leggenda parla di un’invasione di formiche) del XIV secolo in seguito ad una profonda crisi strutturale dell’area adriatica, seguì nel tardo Quattrocento il ripopolamento con profughi croati che sfuggivano all’avanzata turca. I nuovi arrivati, preferirono però insediarsi, probabilmente per la presenza in loco di un convento, sulla collina dove sorge attualmente Mafalda. Senza ombra di dubbio, il sito di Ripalda Vecchia diventa simbolo e testimonianza incontaminata di un Molise medioevale tutto da scoprire.

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ARCHEOLOGIA

Il villaggio minerario di Ingurtosu

Il villaggio minerario di Ingurtosu

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di Anna Paola Olita

l villaggio minerario di Ingurtosu, chiamato anticamente “Su Gurtosu”, appartiene al comune di Arbus e si trova all’estremità della valle Is animas. Questa valle conduce verso il mare della Costa Verde e termina con la stupenda spiaggia di Piscinas, circondata da dune di sabbia finissima. Ingurtosu è stata una realtà mineraria importantissima per la Sardegna. Vi risiedevano circa seimila abitanti, i minatori e le loro famiglie. Oltre alle abitazioni vi era l’ospedale che fu indispensabile per far fronte ai frequenti incidenti in miniera e per curare le malattie professionali e la chiesa di Santa Barbara. Quest’ultima è una costruzione a capanna con un arco trilobato cieco e un ingresso sormontato da una lunetta che reca

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tracce di un dipinto deteriorato; il suo interno ha tre alte navate con pilastri di ordine dorico coperte da soffitto piano con affreschi e marmi decorativi. Poco lontano, ai piedi della scalinata esterna, si trova un monumento in forma di guglia neogotica, che commemora uno dei proprietari della miniera, Lord Brassey. Nella vicina località di Naracauli vi è infatti la suggestiva laveria Brassey, costruita nel 1900 che ci trasporta nel passato lavorativo minerario della Sardegna. Il vero gioiello del villaggio di Ingurtosu è il palazzo della direzione, chiamato il Castello, realizzato intorno al 1870 dall’ingegnere tedesco George Bornemann, che sovrastava il villaggio. Vennero inoltre edificate le scuole e incrementata l’attività del laboratorio medico. Nel 1871 si costruì il primo tratto di ferrovia privata per


Un borgo immerso in un rigoglioso contesto naturale ricco di fascino dove si scorgono i ruderi delle antiche strutture minerarie e dove domina incontrastato il cervo sardo che è possibile vedere al calare del sole collegare gli impianti di trattamento del minerale alla stupenda spiaggia di Piscinas circondata da eucalipti, ginestre e ginepri. Negli anni, con il recupero e la ristrutturazione dei fabbricati della società mineraria, un imprenditore investì nella costruzione della sua azienda alberghiera nella spiaggia incontaminata di Piscinas che ben si integra col paesaggio naturale e che richiama tantissimi turisti da tutto il mondo. La miniera, dalla quale si ricavano piombo, zinco e argento, cessò di funzionare nel 1943, molti minatori vennero licenziati; pochi anni dopo la situazione migliorò fino alla crisi che portò alla chiusura definitiva di Ingurtosu negli anni ’60 col crollo del prezzo dei metalli. Ci furono diversi scioperi non solo contro l’odiato “Patto Aziendale” che caratterizzerà anche le miniere di Montevecchio (altra perla sarda) ma anche contro le precarie condizioni di lavoro e l’estrema pericolosità dei cantieri. La miniera di Ingurtosu fa parte del parco geominerario, storico e ambientale della Sardegna, riconosciuto dall’unione europea come sito di importanza comunitaria. Oggi solo poche decine di abitanti hanno deciso di non abbandonare questo meraviglioso borgo immerso in un rigoglioso contesto naturale ricco di fascino dove si scorgono i ruderi delle antiche strutture minerarie e domina incontrastato il cervo sardo che è possibile vedere al calare del sole col suo portamento fiero ed elegante.

Piscinas

Piscinas con vagoni

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BORGHI

Il Castello di Roccascalegna e la leggenda della prima notte di nozze

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di Sara Bernabeo

egli innumerevoli castelli disseminati nel territorio abruzzese, a guardia e vanto degli antichi borghi che costellano la regione, quello di Roccascalegna è senz’altro uno dei più conosciuti e apprezzati. La cittadina di Roccascalegna, che conta poco più di mille abitanti, si trova sulle colline che circondano il fiume Sangro; qui si stanziarono i Longobardi, a partire

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dal VII secolo, ed è a questa popolazione che si deve la costruzione della torre prima, e del castello in seguito, quale punto strategico di difesa dagli attacchi dei Bizantini, posizionati lungo le rive dell’Adriatico. Successivamente rimaneggiato per adattarsi alle nuove esigenze delle armi da fuoco, il castello continuò a svolgere la sua funzione di baluardo all’epoca degli scontri tra Angioini e Aragonesi, e la sua struttura venne più volte


Nel segreto delle stanze del barone De Corvis nel XVII secolo fu introdotto lo Ius Primae Noctis cui si dovevano sottoporre tutte le fanciulle del feudo

modificata e restaurata nel corso del tempo. È del 1705 l’atto notarile che descrive il lavoro di restauro della gradinata di accesso. Tuttavia, a partire da questa data, il castello conobbe circa tre secoli di abbandono, fino al 1985, quando venne donato al Comune di Roccascalegna dagli ultimi proprietari – la famiglia feudataria dei Croce Nanni. Iniziò così l’opera di restauro che, terminata nel 1996, ha conferito al castello il suo aspetto attuale. Oggi è possibile visitare il castello anche all’interno, durante i giorni e gli orari di apertura, e camminare lungo il percorso tortuoso disegnato dalla pianta della fortezza, che segue l’andamento irregolare dello sperone di roccia sul quale è costruita. Dopo aver salito la lunga gradinata di accesso, si arriva al ponte levatoio e quindi al portone in rovere massiccio; si entra poi nel vestibolo, dal quale si nota subito la torre di sentinella. È possibile visitare la torre del carcere e quella angioina, e proseguire fino alla chiesa e alla torre di avvistamento. I vari ambienti sono adibiti inoltre a spazi espositivi che ospitano mostre permanenti e temporanee. Grazie alla sua posizione, sulla sommità di uno

strapiombo, dal castello è possibile ammirare una vista davvero suggestiva sull’intera vallata. Come ogni castello che si rispetti, anche il castello di Roccascalegna vanta un’antica e misteriosa leggenda ambientata nel segreto delle sue stanze: si tratta della leggenda del barone De Corvis e dello Ius Primae Noctis. Si narra che il barone, signore del castello nel XVII secolo, avesse reintrodotto questo diritto medievale, obbligando dunque le fanciulle del feudo di Roccascalegna a trascorrere la prima notte di nozze con lui anziché con il proprio marito. Una notte, tuttavia, il barone venne accoltellato, non si sa con certezza se da una sposa novella oppure dal marito travestito da sposa. Morendo, il barone De Corvis lasciò l’impronta della sua mano insanguinata sulla roccia del castello, e la leggenda vuole che questa continuasse a riaffiorare, nonostante i tentativi di lavarla via. Tutt’oggi numerosi appassionati di questo genere di storie e curiosi di ogni tipo si recano nel castello – e alcuni vi trascorrono la notte – nella speranza di vedere l’impronta del barone De Corvis apparire sulla roccia.

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BORGHI

Seborga: l’autoproclamato principato ligure di Samantha Chia

S

ul territorio europeo esistono diversi microstati, dall’Andorra al Principato di Monaco, da San Marino a Città del Vaticano. Quest’ultima è l’entità statale più piccola riconosciuta, con 842 abitanti. Tuttavia, in Liguria ci sono poco più di trecento persone che non concordano su tale primato; sono gli abitanti di Seborga (Im), che nel 1963 hanno deciso di autoproclamare la propria indipendenza dallo stato italiano e di nominare un principe, Giorgio I (Giorgio Carbone). Se il principato fosse riconosciuto costituirebbe il microstato più piccolo d’Europa. Capire quello che è insolitamente accaduto a Seborga è impossibile senza un breve excursus storico. I primi documenti che attestano l’esistenza di Seborga, risalgono al V secolo a.c. La storia del borgo è segnata da diverse annessioni. A dominio della città si sono succeduti i romani, i longobardi, i francesi, fino all’annessione all’impero Carolingio. Nel 789 Carlo Magno istituisce la contea di Ventimiglia, che comprenderà anche Seborga fino al 954, anno in cui il conte Guidone di Ventimiglia, in partenza per andare a combattere “contra perfidos Saracenos”, dona il territorio ai monaci benedettini dell’Abbazia di Sant’Onorato di Lerino. A partire dal 1079, con l’autorizzazione di Papa Gregorio VII, gli abati di Sant’Onorato di Lerino assunsero il titolo di Principi-Abati di Seborga, conquistando un’indipendenza che avrebbero mantenuto fino al 1729. A causa della precaria situazione finanziaria della città, i monaci cercarono di risolvere la

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La suggestiva posizione geografica del borgo, circondato da ville, giardini, terrazzamenti di ulivi, mimose e ginestre, presenta un panorama che si estende fino ad oltre il Principato di Monaco


situazione appaltando la gestione di una nuova zecca per battere monete proprie: i luigini. La situazione economico-finanziaria non sembrò migliorare e i monaci valutarono l’ipotesi di vendere il borgo. Il 1729 è l’anno della fine dell’indipendenza, a Parigi viene sottoscritto l’atto di vendita della città al Duca di Savoia Vittorio Amedeo II. I seborghini sostengono che l’atto in realtà non venne mai registrato e che non prevedeva esplicitamente che il Re di Sardegna avrebbe acquisito la sovranità su Seborga, ma semplicemente che il territorio sarebbe diventato suo possedimento personale, sul quale avrebbe esercitato il ruolo di protettore. Su questa tesi, gli abitanti sostengono ancora oggi che il territorio sia indipendente, in assenza di un’esplicita clausola sull’atto che prevedesse il trasferimento di Seborga al Re di Sardegna. L’annessione al Regno d’Italia prima, alla Repubblica Italiana poi, sarebbero di conseguenza atti unilaterali e illegittimi, perché violano la legittima sovranità del popolo seborghino. L’esilio dei Savoia nel 1946, per giunta, avrebbe sancito la fine dello ius patronatus, secondo gli abitanti. Oggi, le voci sull’esistenza di un autoproclamato principato in Liguria, alimentano le curiosità di giornalisti e turisti, e appassionati di numismatica e filatelia. Il principato batte l’antica moneta (il luigino) emette francobolli, passaporti, targhe automobilistiche da applicare accanto a quelle italiane. Diversi contenziosi si sono succeduti dal 1963 ad oggi, rivendicazioni e addirittura un tentato golpe, avvenimenti più unici che rari per una piccolissima realtà di provincia. Le vicende

politiche della cittadina non devono però far dimenticare il fascino del luogo, centro nominato tra i borghi più belli d’Italia, con tre importanti monumenti religiosi. All’ingresso del paese troviamo la piccola chiesa di S. Bernardo, dedicata a Bernardo di Chiaravalle, costruita in pietra risalente al XIV secolo. Nel nucleo del paese domina la chiesa parrocchiale di S. Martino, costruita intorno al 1615, con facciata barocca che risale alla metà del Settecento. In Piazza S. Martino si trova quella che oggi è un’abitazione privata, ma un tempo era conosciuta come il “palazzo” dei monaci, dove alloggiavano quando erano in visita in città. Al piano terra del palazzo si trova un vasto salone con un camino in ardesia, sulla cui trave orizzontale giace una lastra con lo stemma del Cardinale di Vendôme e i gigli di Francia, con la frase in francese “Sebourge sois assurée que je quitte sans regret”. La facciata, precedentemente in muratura, oggi in pietra, presentava uno stucco con lo stemma dei Savoia, poi modificato per adattarlo allo stemma di Seborga concesso dal Re di Sardegna attorno al 1760. A protezione del nucleo storico cittadino, un tempo vi erano quattro porte d’accesso. Ancora oggi ben identificabili sono la porta San Martino, quella di San Sebastiano e la Porta del Sole, della porta nord rimangono solo i cardini. La posizione geografica del “principato” è suggestiva. Seborga è situata ad un’altitudine di 500 metri, circondata da ville, giardini, terrazzamenti di ulivi, mimose e ginestre. Il panorama si estende sulla Costa Azzurra fino ad oltre il Principato di Monaco.

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BORGHI

Gerace e la sua storia millenaria di Mariagrazia Anastasio

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ncastonata nel Parco Nazionale dell’Aspromonte, si erge tra le valli dei fiumi Novito e Gerace su un plateau morfologico che si osserva spiccare tra i colli vicini. È infatti la sua particolare orografia che la fa nascere come borgo al riparo dalle incursioni nemiche. I saraceni minacciavano le colonie greche lungo la costa ionica ed è dallo ‘sparviero’ che indicò il punto esatto di dove costruire l’acropoli che probabilmente la città prese il nome. Gerace vanta di essere uno dei nove borghi più belli d’Italia della Regione Calabria, l’unico con una spiccata impronta greca, ma con una storia millenaria che affonda le sue radici nella preistoria passando dalla Magna Grecia alla dominazione romana, normanna e bizantina fino al medioevo e al Risorgimento. Conserva il fascino antico delle sue antichissime chiese, del borgo dagli stili architettonici variegati, della suggestiva cattedrale di epoca normanna e del castello a essa coevo. Nonostante sia un piccolo borgo, attualmente abitato da 2700 persone, Gerace è una cittadina in cui è presente una gran quantità di architetture ecclesiastiche e laiche di elevata qualità. Ciò le fece acquisire una grande importanza nel panorama della cristianità della Calabria meridionale. Tra le ‘chicche’ che si incontrano visitando il borgo, di sicuro merita una visita per la sua particolarità la chiesa rupestre scavata a mano e scolpita nell’arenaria dedicata a San Nicola del Cofino. Si tratta di una grotta bizantina paleocristiana un po’ nascosta tra i vicoletti lastricati in pietra, che conserva tracce di affreschi del X-XII secolo ben visibili e in buono stato.

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Dal borgo dagli stili architettonici variegati, si può godere una vista mozzafiato, osservando la lunga costiera ionica, con il mare che fa da sfondo alle dolci colline circostanti Nella Piazza delle Tre Chiese si incrociano architetture di tre epoche differenti: la più recente Chiesa ottocentesca del Sacro Cuore, di rimpetto alle purissime linee gotiche della Chiesa di San Francesco (1252) e a fianco alla chiesa greco-ortodossa di San Giovannello (XI secolo), considerata la più antica Chiesa Ortodossa d’Italia e attualmente di rito greco ortodosso. Ma chi va a Gerace ed è spinto a tornarci più volte lo fa per ammirare due suoi gioielli: il Castello e la Cattedrale. Dal piazzale dinnanzi al castello normanno, denominato ‘Baglio’, si gode di una vista mozzafiato, è un’ampia terrazza dalla quale si può osservare la lunga costiera ionica, con il mare che fa da sfondo alle dolci colline che circondano la rupe di Gerace. Del castello non rimangono che dei ruderi, proprio perché molto antico. La sua prima edificazione risale al VI secolo d.C. ma fu con l’avvento dei normanni che nel 1050 che venne ristrutturato e fortificato assumendo la forma in pianta che attualmente è visibile. Nel centro del borgo, quasi mimetizzata tra i palazzi storici, si apre la Cattedrale normanna del 1085-1120. È la più grande chiesa romanica dell’Italia Meridionale ed è un edificio con stile architettonico misto tra il bizantino, il romanico e il normanno, semplice ed essenziale nella sua maestosità. All’interno della Cattedrale è suggestivo partecipare alla celebrazione di un matrimonio che include l’antico rito della velazione, un rito utilizzato nei primi matrimoni cristiani e reintrodotto nel cerimoniale cattolico nel 2004.

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GIRI DEL GUSTO

El turoon di Cremona di Marilena Badolato

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er santa Lucia era il primo torroncino da gustare. Atteso lungamente dai bambini, chè poi sarebbero arrivati quelli di Natale. Il torrone andava sciolto in bocca senza masticare, ma si gustava anche quello di seconda categoria, il ciballo, venduto nelle bancarelle. Era quello di scarto, preferito dai bambini perché gommoso, che si lasciava masticare a lungo e quindi molto più buono. Ricordi di cremonesi sul loro torrone. In origine albume, miele e frutta secca appena tostata, ad arricchire un dolce lievemente abbrustolito: dal latino torrere, tostare e poi da “turun”, riportato nel trattato tradotto nel 1150 da Gherardo Cremonese “De medicinis et cibis semplici bus” di Abdul Mutarrif, un medico arabo di Cordoba dell’XI secolo. Con solo miele che permetteva il fantastico rompersi in mille briciole di quella “scheggia” o di quel “quarto

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di stecca”, e solo più tardi con lo zucchero aggiunto. E Cremona lo fa subito suo. Vuoi per le quattro T di gloria cremonese – Torrone, Torrazzo, Tettazze, Tognazzi – vale a dire il dolce manufatto, l’antica torre campanaria, le abbondanti forme muliebri e il famoso attore italiano nato a Cremona; vuoi per la antica consuetudine delle spezierie e drogherie della città di radunare, a fine giornata, gli albumi avanzati dalla mescita del tuorlo d’uovo all’ostrica servito con qualche goccia di limone che i clienti chiedevano sin dal mattino. Tutti questi albumi venivano uniti al miele, rigorosamente di erba medica, trifoglio e ladino, e a quelle mandorle appena tostate con la loro sottile pellicola. La miscela di albumi e miele cuoceva lentamente in “fornacette” dal doppio fondo di rame, e veniva rimestata continuamente. Quando era cotta i “menatorrone” aggiungevano le mandorle tostate


RICETTA E il “mèena turòon” è uno che la fa troppo lunga

in precedenza. Il processo durava oltre dieci ore tanto da avere creato il proverbio “essere un mèena turòon” a definire uno che la fa troppo lunga. Dopo tagliatura manuale, i torroncini venivano avvolti nel “pergamyn” una carta leggermente oleata e ancora dopo nella stagnola azzurra, quella stessa che si usava un tempo per fare i laghetti nel presepio di Natale. Venivano distribuiti poi con un carrettino tirato a mano o con appositi tricicli nei vari negozi della città. Il torrone, quello di seconda scelta, era venduto sfuso a pezzetti e tenuto in vasi con tappo a smeriglio affinchè non soffrisse l’umidità. Famoso, prezioso e tipico di Cremona era il “torrone giardiniera”, farcito di frutta candita, non difficile a farsi in una città che produceva la squisita mostarda. Già nel 1500 il torrone è attestato a Cremona. Veniva infatti donato nella ricorrenza del Natale dai rappresentanti cittadini alle autorità

Semifreddo al torrone 200 g di torrone duro alle mandorle pestato grossolanamente, 250 g di panna liquida, 2 uova, 70 g di zucchero. Montate in una terrina la panna, unite i tuorli montati con lo zucchero, e poi delicatamente gli albumi montati a neve, infine il torrone spezzettato. Mescolate e ponete nel freezer in uno stampo rivestito di pellicola trasparente per almeno 5 ore. Potete servirlo a fette cosparse di cioccolato fuso caldo.

spagnole e al Senato di Milano:“[…] mandiamo scatole de copeta et torono […]. De Cremona alli 2 dicembre 1544” si legge in una lettera conservata nell’Archivio di Stato di Cremona. Copeta, parola originata dall’arabo qubbiat, cioè mandorlato, era un dolce simile al croccante, spesso preparato e inviato insieme al torrone. Ma in occasione del Natale anche nelle case si produceva il torrone. Le squisite croste ottenute dalla sua preparazione, quella goduriosa raschiatura, el chisòol, piatta e durissima e molto gustosa che rimaneva, alta un dito, sul grande paiolo, era attesa da tutta la famiglia, in special modo dai bambini. Per fare festa, perché significava che il Natale era vicino. Alla vigilia in tavola: tortelli di zucca, uno o due frutti belli di mostarda e poi, accanto al camino, i torroncini, il regalo tanto atteso. Ma solo per i bimbi bravi.

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AMBIENTE

Una microrete intelligente per l’autonomia energetica di Pietro Elia Campana

L’

isola greca di Tilos si trova nel sud del Mar Egeo, all’incirca a metà strada tra Kos e Rodi. Attualmente, l’elettricità di Tilos viene fornita tramite un cavo sottomarino che trasporta l´elettricità generata utilizzando combustibili fossili da Kos a Tilos, attraverso l’isola di Nisyros. L´attuale sistema energetico è stato caratterizzato da diverse interruzioni di fornitura di energia elettrica nel corso degli anni. Inoltre, simile a molte

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delle isole europee, Tilos soffre della cosiddetta insularità, che determina uno stato di lontananza e isolamento che la rende sconveniente per la vita stabile sull´isola e lo sviluppo commerciale, e che implica notevoli problemi di approvvigionamento energetico e dipendenza da combustibili fossili. Ciò nonostante, Tilos rappresenta un banco di prova e un veicolo eccellente per la dimostrazione e l’ulteriore diffusione di nuove soluzioni energetiche in grado di sostituire efficacemente i metodi


convenzionali di generazione e stoccaggio di elettricità. Attualmente, i ricercatori del progetto Tilos (Technology Innovation for the Local Scale Optimum Integration of battery Energy Storage) finanziato dall’Unione Europea stanno studiando un approccio alternativo. Per fornire l’autonomia energetica all’isola di Tilos, verrà creata una microrete intelligente (smart microgrid) utilizzando energie rinnovabili, stoccaggio di batterie su larga scala, contatori di electricità intelligenti (smart meter) e dispositivi di gestione della domanda di elettricità (demand side maagement). Anche se la soluzione innovativa renderà autonoma l’isola di Tilos da un punto di vista energetico, la microrete intelligente Tilos rimarrà comunque connessa con la macrorete di Kos che interagisce con il mercato greco dell’elettricità per importare ed esportare elettricità. Per il successo del progetto, i ricercatori hanno lavorato a stretto contatto con la comunità locale per istruire gli abitanti sull’efficace funzionamento della microrete intelligente e ascoltare le loro preoccupazioni e feedback. Nel 2016, l’autorità di regolamentazione greca per l’energia ha emesso la licenza di produzione per il primo sistema energetico isulare ibrido in Grecia, composto da parco eolico, parco fotovoltaico e sistema di stoccaggio dell´energia, e anche tra i primi in Europa. Questa decisione è stata un importante passo avanti per l’ulteriore sviluppo di schemi di accumulo di batterie basati su energie rinnovabili e per la graduale eliminazione della dipendenza da combustibili fossili per numerose regioni insulari sia in Grecia che altrove. Alla fine di giugno 2017, la turbina eolica da 800 kW e il parco fotovoltaico da 160 kW sono stati installati con successo nell´isola. Lo stoccaggio di energia con una capacità energetica totale di 2,88 MWh sarà installato nel gennaio 2018 da Fz Sonick, una società nata dal gruppo italiano Fiamm (Fabbrica Italiana Accumulatori Motocarri Montecchio). Entro la fine del 2017, 150 smart meter e dispositivi di demand side maagement verranno installati nel settore residenziale dell’isola per consentire una comunicazione intelligente tra le fonti di alimentazione energetica, la batteria e gli utenti finali. L’innovazione del progetto Tilos è stata riconosciuta nel concorso Europeo Eusew (European Sustainable Energy Week), come miglior progetto nella categoria relativa alle innovazioni

Una dimostrazione concreta per la diffusione di nuove soluzioni energetiche in grado di sostituire efficacemente i metodi convenzionali di generazione e stoccaggio di elettricità

per i sistemi energetici insulari. Il progetto europea è stato premiato anche nella speciale categoria per l´impegno nel coinvolgere la popolazione locale. Il progetto Tilos è coordinato dal Soft Energy Applications & Environmental Protection Lab of the Piraeus University of Applied Sciences in Grecia ed è implementato con il contributo di un più ampio consorzio europeo composto da 13 partners e 7 paesi, insieme al fondamentale supporto della comunità locale e del comune di Tilos.

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AMBIENTE

Incendi e alluvioni: le responsabilità dell’uomo di Walter Leti

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ncendi, alluvioni, frane, con il tragico corollario di vittime e danni incalcolabili sono diventati ormai accadimenti anche troppo frequenti. Di fronte a questi eventi estremi la reazione è spesso quella di un rassegnato fatalismo. In realtà la mano dell’uomo è la maggiore responsabile dei disastri che con micidiale frequenza si abbattono sul nostro Paese. Cominciamo con le alluvioni: le canalizzazioni e la cementificazione selvaggia dei corsi d’acqua, senza la garanzia della manutenzione ordinaria di sponde

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Interventi mirati dell’essere umano quali la speculazione edilizia o il deterioramento del suolo provocano la scomparsa della biodiversità e un complessivo degrado ecologico


e argini, costituiscono un vulnus ambientale responsabile di un conseguente grave dissesto idrogeologico. A causa di ciò è stato calcolato un consumo del suolo pari a novanta ettari al giorno. Altro fattore di degrado è rappresentato dal numero crescente delle nutrie in libertà. Questi animali, originari del Sudamerica, sono stati importati in Italia negli anni ‘60 come valida alternativa alle più costose pellicce di visone. Passata la moda, gli allevatori se ne sono liberati aprendo le gabbie. A causa della loro elevata prolificità le nutrie si sono

moltiplicate a dismisura alterando la biodiversità ambientale e indebolendo gli argini di fiumi, dove i roditori hanno costruito le tane. Il Wwf, contrario all’abbattimento degli animali, chiede che venga piuttosto messa in atto una azione di rinaturazione del territorio, accompagnata da un’efficace manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua. Anche per l’accensione degli incendi la responsabilità quasi esclusiva risiede nell’opera dell’uomo. Le dimensioni del fenomeno sono imponenti. Secondo le stime di Legambiente nei primi sette mesi del

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2017 sono andati letteralmente in fumo 74.965 ettari di aree boschive fra le varie regioni. La Sicilia è in testa a questa particolare classifica con 25.071 ettari. Occorre sfatare una volta per tutte la nozione che gli incendi abbiano inizio per effetto di “autocombustione” nei torridi mesi dell’anticiclone sahariano. Non è così, occorrono temperature ben più alte di quelle registrate in estate nelle nostre latitudini per dar luogo a un incendio spontaneo. I “piromani” naturali sono individuabili essenzialmente nei fulmini e nelle eruzioni vulcaniche per una percentuale di “colpevolezza” inferiore all’uno per cento. La responsabilità residua è appannaggio, di diritto, dell’attività umana, da dividere equamente fra incendi colposi e dolosi. Nel primo caso la causa dell’innesco è legata all’incuria e alla negligenza, come l’utilizzazione

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del fuoco da parte dei contadini per eliminare residui dell’attività agricole o il gettare il classico mozzicone di sigaretta in ambienti con alto tasso di infiammabilità. Anche un semplice frammento di vetro, agendo da concentratore dei raggi solari, può causare un disastro. Nel caso degli incendi dolosi, invece, è presente la precisa intenzione di causare danno. Annoveriamo in questo gruppo i comportamenti legati alla speculazione edilizia, al bracconaggio, all’ampliamento della zona agraria o anche alla volontà di creare occupazione nei settori preposti alla domatura del fuoco. I danni provocati dalle fiamme sono drammatici: il deterioramento del suolo, l’inquinamento da fumi, la scomparsa di biodiversità, il disordine idrogeologico, il complessivo degrado ecologico solo per citare i guasti più macroscopici.


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