Ristora Magazine Organo sociale di GastroTicino anno IX/n°40 4° bimestre settembre 2011 chf 12.distribuzione gratuita a tutti gli associati
DI CHE PANE SEI? IL CESTINO DELLE OPPORTUNITà
APPROFONDIMENTO Pane al ristorante, si può fare di più / INTERVISTA Dario Ranza e la ristorazione negli alberghi BuFAlE A TAVOlA C’è carne sul fuoco / ECCEllENZE Mostarda mon amour / PARlIAMO DI Errori nei menu
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EDITORIALE
PANE E MENU
PARLANO DI VOI Si sente parlare sempre più spesso delle pecche nei ristoranti, tant’è che viene da chiedersi: la ristorazione è in coma? Forse, ma di sicuro la malattia che l’ha ridotta così è un cocktail micidiale di problematiche (che la crisi mondiale e il franco forte non ha certo reso più dolce), dalla quale è veramente difficile uscirne. Soprattutto senza una base solida e una professionalità capace di reagire a questi importanti cambiamenti. Tuttavia, per ribattere a questa critica, rispondo che vale la pena essere ottimisti ed avere torto che essere pessimisti ed avere ragione; cioè vale la pena parlare di queste pecche, cercare di risolverle fintanto che è possibile e tentare di rianimare il nostro paziente in coma, piuttosto che togliergli la flebo e reputarlo già morto. Non troverete in Ristora gli antidoti anti-crisi, non troverete come incassare di più a fine giornata e pagare tutte le fatture ai fornitori. Non troverete come riempire i ristoranti ticinesi con il franco così alto. Troverete però qualche dritta per sfruttare delle opportunità, per trovare dove si può migliorare, anche con piccoli accorgimenti potenzialmente molto importanti. Una pecca che vogliamo approfondire in questo numero ha a che fare con qualcosa di tanto radicato in Svizzera: il pane. Biglietto da visita di un ristorante, in poche fette è in grado di smontare definitivamente la voglia di stare a tavola o, al contrario, di stimolarci ad ordinare qualcosa di non previsto. Perché, in una nazione così creativa in fatto di pane, sono ancora così pochi i ristoratori in Ticino ad avvalersi di un buon pane come valore aggiunto? Le potenzialità non mancano e sostenendo l’importanza di un pane di qualità sulle tavole dei ristoranti, vi proponiamo un breve ma intenso viaggio all’interno di questa tematica. Fresco, surgelato o precotto che sia, il pane rimane un’opportunità ancora da sfruttare ampiamente e sulla quale è utile riflettere. Altra eloquente “targa” di un locale, personalizzabile almeno quanto le varietà di pane esistenti, è la carta delle pietanze o menù: un territorio davvero ricco di sorprese. Fra piatti poco comprensibili, definizioni inesatte, traduzioni azzardate e pietanze non proprio fedeli alle descrizioni, ci siamo divertiti, a caccia di refusi, errori e stranezze, in un percorso a ostacoli nella comprensione, probabilmente dovuto al nostro plurilinguismo, che certo non giova ad una ristorazione già in sofferenza. Insomma, se è vero che non si ha mai una seconda chance per fare una buona prima impressione, è importante dare un’occhiata in più e non sottovalutare l’influenza che può avere ciò che si trova il cliente sotto gli occhi i primi cinque minuti.
ARIANNA LIVIO ROTA
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USCITA NR. 04/2011 - SETTEMBRE 2011
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ROFON 16 APP
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organo sociale di GastroTicino PERIODICITà cinque VOLTE L’ANNO Editore RM Ristora Magazine S.A. Via Motta 18 - C.P. 1564 - 6830 Chiasso www.ristoramagazine.ch - info@ristoramagazine.ch
t ta” eri e p r a c s “ La dei desid
Direttore Arianna Livio Rota arianna.livio@ristoramagazine.ch Hanno collaborato a questo numero Mattia Bernardoni, Davide Comoli, Roberta Donadini, Carlotta Girola, Paolo Grandi, Alessandro Pesce, Maurizio Rota, Riccardo Rota, Attilio Scotti
a cura di Carl
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24 intervista
Redazione RM Ristora Magazine S.A. Tel. 091 682 49 35 - Fax 091 682 49 58 www.ristoramagazine.ch - redazione@ristoramagazine.ch
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A tu per tu con DArio rAnzA , i segreti DellA chef Al VillA ristorAzione principe leopo All’interno Delle lDo, e tentA Di AbbAt strut ture Alber tere i pregiuDizi ghier e Dei clienti che “non frequentAn o”
Scegliendo dove cenar e, ci Si inerpi volte diffici ca per Sentie li, perdendoSi ri a in dedali e dalla Scelta labirinti dettat preSSoché infinita. a i di traScurare volte, però, l’opzione capita del riStor di un hotel ante all’int . Siamo andati erno alla scope questo tipo rta di gioie di ristorazione, e dolori di che differis ca per molti ce da quella versi, ma che classicertamente accontentare vive i bisogni e del tentativ i desideri della o di A farci da guida, lo propria cliente chef Dario la. all’Hotel Princip Ranza, da e Leopoldo, anni in forza del quale aziendali che condivide vanno nella i principi sua stessa ne. Ecco cosa , personale, ci ha raccon direzio tato. ancora molto SpeSSo, Scegl hotel è una iere il riStor preferenza ante di un di nicchia. clienti Scelg molto più ono un riStor SpeSSo i “Questa è ante. perch un’attitudine é, Secondo legata alla lei? tenente al figura dell’ho passato. tel apparstatica, e ancora Prima, infatti, la cucina negli Hotel ta al metod era o più classic Oggi gli stessi o e abitud ospiti che inario. soggiornano mobili e la pratica della in hotel sono mezza pensio più declino senza ne sta suben ritorno. Il cliente do un libero, meno ha bisogn o di sentirs vincolato da i più luoghi e orari l’hotel di vecchi ben precis o stampo i che offriva. Alcuni il ristorante all’interno vedon o ancora dell’hotel come passato e una realtà soprattutto legata al non è ancora che i cambi arrivato a amenti nelle percepire strutture alberg tinuano ad hiere sono essere notevo e conli. Se, in passat mere in alberg o, avere 100 o significava caavere 100 oggi le propor tavoli al ristora zioni sono nte, ben diverse na è quella . La tenden di andare za odierverso più dell’hotel e punti ristoro che abbian all’interno o caratteristiche e proposte culi-
Grafica Grazia Campolo Foto Ristora Magazine, Foto Garbani Pubblicità RM Ristora Magazine S.A. www.ristoramagazine.ch - info@ristoramagazine.ch Tel. 091 682 49 36 - Fax 091 682 49 58 Ristora Magazine è distribuita a
a cura di Carlo
tta Girola
narie diversi ficate. Aumen tare la possib cliente, signific ilità di scelta a non farlo per il “scappare diverso. La fuori” alla gente, oggi ricerca di più che mai, e vivere spazi ha bisogno diversi: per di vedere questo gli sempre più Hotel propon spesso la colazione gono sala da pranzo in location . Non annoia diverse dalla re, ma stupire rezione verso : è questa la quale si la ditende ad andare la staticità della vacanz oggi. Un tempo a, l’abitud , tavolo, e i ine ad avere riti costan il proprio ti che accom o una cena pagnavano in hotel erano un pranzo ben apprez clienti stessi. zati e ricerca Ora, invece ti dai , il cliente re alla routine tipo cerca dell’hotel e di sfuggile strutture tentando di alberghiere andare incontr stanno o a queste prefissati e esigenze. poco elastic Gli orari i sono sempr negli hotel, e meno e anche lo una costan stesso modo te da prima. di mangiare Fino a qualch è diverso e anno fa, albergo era infatti, la vacanz sinonimo di a in mezza pensio pensiero di ne. Ora, invece cenare con 3 o 4 portate , il più così positiv ogni sera, o per tanti non è clienti che, andare in invece, preferi riva al lago a mangiare scono rante la gita una pizza, a prendere fermarsi duun panino, le abitudini ecc. Insomma, un po’ ingess bandite ate legate za che oggi ad un tipo non esiste di vacanpiù, anche cambiament gli hotel si i sociali e adattano ai fisiologici della cliente la”. approSSimat ivamente, in percentual ti viSitano il Suo riStor e quanti clienante pur dell’hotel? non eSSen do oSpiti “La percen tuale di estern i, al Ristora Leopoldo, nte di Villa è molto alta Principe e si aggira frutto di circa intorno all’80% 20 anni di , ma è il politica aziend so. Ci sono ale in questo hotel che lavoran sennoi non possia o molto meno con gli estern mo certo lament i, arci.
24 DALL’ISOLA 62 TENDENZE DEL VINO
RISTORATOri: Tutti i ristoranti, bar e locali del Ticino - Stellati Michelin in tutta la Svizzera - Migliori ristoranti svizzeri GaultMillau - Ristoranti Grand Tables - Ristoranti svizzeri Le Soste - Membri Club Prosper Montagné Ristoranti della Guida Veronelli - Mense pubbliche e aziendali Ticino Ospedali e cliniche private Ticino - Case per anziani Ticino Albergatori: - Alberghi, Hotel, Motel e Camping in Ticino - Alberghi 4 e 5 stelle in tutta la Svizzera Associazioni di settore: - Association Suisse des Sommeliers Prof. - Associazione Cuochi Diplomati - Associazione Fourchette Verte - Associazione Maître Italiani Associazione Pizzaioli Ticinesi - Associazione Ticinese Negozianti di Vino - Associazione Viticoltori Vinificatori Ticinesi - Delegati e soci GastroTicino - Federviti - Gilda Svizzera dei Ristoratori-Cuochi Hotelleriesuisse Ticino - Jeunes Restaurateurs d’Europe - La Chaîne des Rôtisseurs - Ordre de Coteaux de Champagne - Scuola esercenti GastroTicino - Scuola Superiore Alberghiera e del Turismo - Slow Food Ticino - Società Mastri Macellai Salumieri - Società Mastri Panettieri Pasticceri Confettieri - Swiss Barkeeper Union sezione Ticino Ticinowine - Unione Svizzera Maîtres d’Hôtel Professionisti: - Direttori di Hotel - Chef - Maîtres - Sommeliers - Barmen - Importatori, distributori svizzeri - Enoteche Ticino - Società di catering e banqueting Aziende del settore - Enti turistici del Cantone Ticino Esperti del settore - Giornalisti - Opinion leader Fiere: - in tutte le fiere di settore in Svizzera: Igeho, Gastronomia, Zagg, - in Ticino: Ristora, SwissWine Festival, PiùGusto, Sapori e Saperi - fiere internazionali di settore: Vinexpo, Equip’Hotel, RistorExpo - fiere diverse: LuganoExpo, LuganoNautica
50 50 ECCELLENZE
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MOSTARDA
MON AMOUR a cura di Riccardo Rota
Più o meno Piccante, accostata aLL’arrosto o aL boLLito misto o anche soLo accomPagnata da un buon Pezzo di formaggio, La mostarda è da temPo una chicca gastronomica festosa. Ogni anno infatti, proprio nel periodo autunnale, ricompare sulle nostre tavole l’agrodolce specialità, ritenuta non solo uno status simbol culinario che ci accompagna fino a Natale, ma soprattutto un prodotto che, grazie al suo particolare gusto, può essere impiegato anche in modo più creativo e vivace. Usata in tutto il mondo dai migliori Chef in ricercate combinazioni, dagli antipasti, ai piatti principali fino alle fantasie creative dei dessert, la mostarda è diventata molto più di un vasetto di frutta candita in agrodolce. Le origini Risalire ad una data precisa in cui ha fatto la sua apparizione la mostarda è molto difficile, visto le antichissime origini, mentre si discute molto a proposito del suo nome: alcuni ritengono derivi dal francese “moutarde”, che indica un condimento a base di senape, altri dal latino “Mustum Ardens”, facendo riferimento all’impiego conservativo che aveva in antichità il mosto di vino reso “ardente” dai grani di senape. La prima traccia della mostarda nella storia sembra risalire intorno al 1600 e ci giunge dalle zone alpine dove già a quel tempo era legata alla tradizione natalizia. In Italia, questa usanza si è tanto radicata al punto che, col passare degli anni, su questo prodotto sono sorte diverse scuole di pensiero che si differenziano loro solo per qualche ingrediente (ricordiamo, per esempio, quella vicentina, mantovana, cremonese o piemontese).
A CAdenAzzo lA Fredo SA è l’uniCA AziendA SvizzerA A produrre moStArdA. trA trAdizione e nuove idee rinnovArSi non è SempliCe, mA puntAndo Su grAnde quAlità e ArtigiAnAlità il riSultAto è dei migliori. un “mAde in tiCino” Con rAdiCi CremoneSi e AmAnti in tutto il mondo
L’azienda In Ticino la Fredo SA è attiva da oltre cent’anni nella produzione di frutta candita e mostarda, utilizzando esclusivamente la migliore frutta candita, non trattata geneticamente e di qualità superiore. Fondata nel 1890 da Alfredo Marcionni di Brissago, viene subito riconosciuta regionalmente la qualità del suo prodotto a cui è affiancata anche la produzione dei biscotti “Oss da Mord”, prodotto tradizionale ticinese. Nel 1992 la società viene rilevata da Angelo Belotti, che intensifica la commercializzazione dei prodotti, espandendo a livello nazionale e internazionale il proprio mercato. Fino ad oggi la società ha continuato a svilupparsi ingrandendosi sempre più e arrivando a diversificare la sua attività nell’importazione e distribuzione di prodotti destinati all’industria alimentare, alla ristorazione, alla vendita al dettaglio e alla distribuzione organizzata. La storia della società è perfettamente in linea con la filosofia che sostiene da sempre, la visione del futuro come crescita ed espansione, non dimenticando mai l’importanza della salute, della sicurezza e dell’ambiente. La qualità è al centro di tutto per la Fredo, che produce, sceglie, propone e fornisce alla sua clientela unicamente prodotti di elevata qualità, esenti da qualsiasi ingrediente potenzialmente nocivo quali conservanti, coloranti o derivati OGM e affidandosi, per quanto riguarda i prodotti di importazione, ad aziende d’esperienza sul piano internazionale. L’azienda si pone come obbiettivo la garanzia di un servizio ottimale, con una piena soddisfazione del rapporto azienda/cliente.
otta Girola
SOMMARIO
Sommario
NUOVEAPERTURE
OPEN NYX LOUNGE BAR
SCHEDA:
Spizzicare a cena, divertirsi con un aperitivo o incontrare gli amici per un cocktail al bancone. Il nuovo locale all’interno del Casino si chiama Nyx Lounge e ha inaugurato da poco, appena qualche mese dopo il suo disco club omonimo. Essendo un lounge bar, lo spirito è proprio quello di non essere propriamente un ristorante, ma un gradevole luogo di incontro dove la gente possa gustare qualcosa di sfizioso, senza far rimpiangere una vera e propria cena. Informale, fresco e, volendo, anche veloce: la rivisitazione della cena, qui, ha un sapore che sta tra oriente ed occidente. Non mancherà il sushi per gli amanti del genere, ma spazio anche a chi predilige il buon vino e non rinuncia alla sua coppa di champagne. Tra un divanetto ed un cocktail al bancone, ecco un luogo accogliente dove trascorrere la serata insieme agli amici, grazie anche ad un’atmosfera piacevole studiata da designer ispirati dal concetto di “relax in compagnia”.
DAtA ApERtURA: 01 agosto 2011 INDIRIzzO: Via Staffaucher 1, 6901 Lugano (presso Casino) ORARI: da martedì a sabato dalle 17.00 alle 1.00 GIORNI DI chIUsURA: domenica e lunedì GENERE: lounge bar AmBIENtE: Moderno e con calde atmosfere internazionali che richiamano i locali alla moda di Miami e Dubai. pOstI A sEDERE: 150 circa FILOsOFIA: “Sentirsi come a casa con gli amici” ecco come si presenta la filosofia di questo locale appena nato, ma che vuole entrare nelle abitudini quotidiane dei suoi clienti, che qui troveranno eleganza, ma anche semplicità e accoglienza. F&B: Il giovane chef Alessio Pegurri segue la filosofia del locale proponendo: ceviche, tartare e carpacci di carne e pesce, delizie di primi (in particolare quelli italiani). E ancora sushi, canapè, alcuni tipi di caviale (nero, di salmone, di aringa, di carpa, di luccio) e tutto ciò che è semplice da gustare e, allo stesso tempo, ricercato e goloso. Federico Salvetti, ospitality manager, vi guiderà nella scoperta del buon bere, con vini e champagne d’eccezione, cocktail internazionali e non solo. Aperitivo: sull’onda dell’aperitivo all’italiana, qui si riscopre un momento gustoso ed informale, dove la parola d’ordine sarà “libertà assoluta”: il servizio è libero e i cocktail spaziano dai classici internazionali a rivisitazioni targate Nyx.
10
6 NEWS
48 CURIOSITÀ
Colpo d’occhio
Dal Mondo
10 NUOVE APERTURE
Alberghi fuori di… testa
50 ECCELLENZE
La mostarda ticinese
- Ristorante Don Diego del Cassarate - Nyx Lounge
14
WEB
53 RICETTA
Tortelli rustici al capriolo in salsa
alla ricotta ed erbe spontanee
Consigli per risto-naviganti
54 IL PELO NELL’UOVO 80 BOOK
Carlos I Impe rIal So DISTILLATI
& DINTORN
I 71
82 AGENDA
Probabilmen te la SPagn a è Stato modo
conSiStent il Primo PaeSe e l’arte della euroPeo che loro domin diStillazion ha aPPlic azione iniziat e, aPPreSa ato in a nel 730, conquiSta” dagli arabi ed in Pratic e caPitolazion durante la a terminata e di grana Il brandy è nel 1492 con da, ultimo il più antico la “reavamPoSto distillato di metà del dician vino prodo del domin novesimo tto nel mondo io arabo. secolo. È vino e poi che nasce una bevan invecchiata nella secon da che deriva in botte di da dell’Andalusi legno. dalla distilla Nella zona a, già intorno zione del di Jerez de all’anno mille per produ la Frontera, rre medicinali, gli arabi introdu nel cuore essenze e ssero la distilla La parola profumi. Brandy deriva zione del vino dal sostan con il quale tivo olande i pratici merca se brandewijn nti olande Francia meridi (vino brucia si, che lo onale e dalla to), il nome importarono Spagna nel bruciato o nel Nord Europ bollito, per XVI secolo a dalla poterlo distilla , definivano Ed è a Jerez il vino che re. de la Fronte era stato ra, nelle famos nacque il Carlos Primer e cantine dei o, un brand Fratelli Dome gradazione y ottenuto cq, che nel alcolica (65% dalla distilla 1927 vol.) di vino viene poi invecc zione contin ottenuto soprat ua a bassa hiato secon tutto da uve do il metod quercia americ Palomino. o detto “Criad ana che hanno Il brandy eras y Solera Oloroso Amont in precedenza ”, ovvero in illados: propri contenuto botti di ed invecchiato o questa partico dello Sherry larità gli dona Il sistema il suo caratte solera è comun ristico aroma . emente utilizza ogni anno. L’operazione to con travas favorisce l’ossid o del distilla dy. Ad ogni to anche tre azione ed travaso viene volte una rapida aggiunta una o distillata, maturazione per ridurre piccola quanti del brangradualmen tà di acqua ricchi vini te la grada di Jerez, della demineralizz zione alcolic ata Rioja oppur tondità ai prodo a. Si aggiun e la mistella per gono anche tti spagnoli. donare aromi, ricchezza e roEsistono tre categorie di brandy solera - sei de Jerez: mesi in legno solera Reser va - un anno in legno solera Gran Reser va almeno tre anni in legno Sono due i brandy che portano il Solera gran nome Carlos reServa I: colore ambra to con rifless i dorati, dal equilibrato, profumo rotond non estrem amente secco o e pieno vecchiato ed il gusto e moderatame per almen o dodici anni, nte persistente. imPerial gradazione Viene inalcolica 38°. invecchiato anch’esso col metod minimo quindi o “Solera Gran Reser ci anni. Di va”, ma per intenso color finato e pulito, ambrato, caratterizzato dal lungo invecc con profumo rafarricchito da sentori hiamento nel di tabacco, e soave, è legno, noci e fichi. molto equilib Il gusto, rotond rato e persis alcolica 40°. o tente in bocca . Gradazione
Bufale a tavola: c’è carne sul fuoco
56 GIOIELLI NELL’ORTO
lera Gran reS erva
dalla Spagna tutto il calo di un diStillatre che ha fat o to la storia
Libreria golosa
Il cetriolo e la verdura delle rocce
Date e appuntamenti
16 APPROFONDIMENTO
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58 CHE ANNATA PER I TICINESI?
Vini di casa nostra,
tra scaramanzia ed ottimismo
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VINO E STORIA
24 INTERVISTA
Morcote come Bordeaux,
Dario Ranza:
ecco il vino del castello
la ristorazione negli hotel
La “scarpetta” dei desideri
(al ristorante il pane è opportunità)
62 VINI ISOLANI 30 DERBY A TAVOLA 25 63
a cura di Carlotta Girola
La macro rivoLuzione dei micro ortaggi
Gianni Materni
VS Bartolomeo Piacenza
32 CHI SBAGLIA…
Ecco gli errori nelle carte dei menu
Attenzione: non sono bonsAi, mA piccoli Ecco la storia di 6 aziEndEortAggi vitivinicolE sicilianEe dAi chEsApori si prEsEntano dAi profumi intensi, sul mErcato svizzEro. una storia fatta di altrE millE storiE E di tradizioni riservAti Ai professionisti dellA ristorAzione sEnza tEmpo chE non si sono mai pErsE, a giudicarE dalla qualità E dal carattErE dEi loro prodotti
Locanda Ticinella, Ascona
Fantascienza? No, cibi del futuro
71 DISTILLATI & DINTORNI Carlos I Imperial Solera Gran Reserva
72 CLUB PROSPER MONTAGNÉ
Il gioco dei Kyathos
38 USI E COSTUMI
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Cucina ticinese e globalizzazione
40 PROVATI PER VOI 46 INCHIESTA
- Grotto del Pan Perdü, Carona
- Ristorante San Michele, Arosio
44 GRANDE DISTRIBUZIONE
* CATERING IN TICINO: a cura di Attilio Scotti
36 IERI E OGGI
A primAverA, si sA, sbocciAno i fiori, le piAnte germogliAno e tutto è più verde. mA ci sono luoghi dove, tutto l’Anno, crescono piAnte che sono speciAli e che oggi vogliAmo presentArvi.
LA CENERENTOLA
X Wine, storie “divine” dalla Sicilia
70 TENDENZE
STORIE DI VINI DALLA SICILIA Avete mai visto (o assaggiato) un micro-basilico, un’insalata nana al gusto intenso di peperoncino, una minuscola fogliolina al sapore d’ostrica? Non è fantascienza, ma la nuova frontiera dei microvegetali, piantine che hanno in media 6/7 giorni di vita coltivate su cellulosa pura irrigata prima della semina. I sapori sono tutti naturali, spaziano dalla semplice rucola al miele, dal pisello dolce al broccolo, dal cumino alla bietola. Alcuni germogli e piccole infiorescenze hanno gusti dolcissimi, come (e più) dello zucchero, altri ricordano gli aghi di pino, altri ancora sono sorprendenti al gusto, rilasciano una piccola scarica elettrica, frizzante. Il tutto, condito dal loro aspetto unico: sono belli, colorati, dalle forme inconsuete ed eleganti come solo la natura riesce a regalarci. Insomma una vera rivoluzione per le cucine ed i banconi dei professionisti. Non è da tutti poter offrire un cocktail che, al posto dello zucchero di canna, vede una piccola pianta nel bicchiere che sortisce lo stesso effetto! Tutto questo nasce in Olanda, a Monster, quando nel 1987 nasce l’azienda che nel 2002 prende il nome di Koppert Cress.
46 INCHIESTA
L’estate ticinese è caratterizzata da grandi eventi di richiamo internazionaLe, daL FestivaL Jazz di ascona aL Pardo d‘oro deL cinena a Locarno, da un imPortante consorso iPPico internazionaLe a svariate maniFestazioni di ottimo LiveLLo; una serie di eventi straordinari che richiamano PubbLico e turisti da tutto iL mondo, generando anche una Forte richiesta di ristorazione coLLettiva. Questo tiPo di ristorazione - che dovrebbe essere PaLcoscenico ideaLe dei Prodotti ticinesi è escLusivamente gestito da catering d’oLtre gottardo che, Pur ProPonendo cibi di buona Fattura, consegnano una ristorazione anonima, internazionaLe e senza nessuna concessione ai saPeri & saPori ticinesi
(*) CATERING: dal verbo inglese “to cater” che significa “ provvedere al cibo, rifornire”, indica il complesso delle operazioni di rifornimento in massa di cibi e bevande pronti che vengono effettuate da apposite organizzazioni nell’ambito di eventi, cerimonie, riunioni, concorsi, meeting, comunità, compagnie di trasporto ecc. Importante settore della moderna ristorazione indissolubilmente legato alla attività di banqueting, il catering prevede la vendita o somministrazione di cibi caldi o freddi in un luogo diverso da quello in cui esso viene prodotto anche con l’allestimento di tutte le attrezzature e i servizi relativi al consumo dei cibi stessi (tavoli, piatti, stoviglie, sedie, mise en place, camerieri, ecc.)
A caccia di selvaggina prelibata
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Grandi eventi: catering in Ticino
74 GASTROTICINO
GastroSuisse presenta
un decalogo sul “franco forte”
INFO aziende informano 78 - Igeho: edizione 2011 79 - Tamborini Vini: Cantina Velenosi
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COLPOD’OCCHIO
BOOK NEWS FLIRT: UN NOME, UNA PROMESSA Riedel garantisce: ve ne innamorerete a prima vista. Slanciato e con un elegante collo “da cigno”, il nuovo decanter dell’azienda austriaca è sinuoso ed ergonomico e garantisce una romantica cena a due. Il lato convesso alla base del decanter “ostacola” il vino mentre lo si versa, quindi permette una maggiore ossigenazione, inoltre rende l’impugnatura perfettamente aderente al pollice, consentendo di versare il vino anche con una sola mano. L’azienda ci ha abituato, in questi ultimi anni, alle novità in fatto di design, permettendoci di apprezzare a pieno la funzionalità e la ricerca nell’immagine di decanter e non solo. Flirt è il nome del prodotto Riedel, ma anche la garanzia della riuscita di una serata importante.
LA SIGNORA DEL MORELLINO E’ Elisabetta Geppetti il nuovo presidente del Consorzio del Morellino, carica che già aveva ricoperto nel 1992. Da oltre vent’anni il suo nome è legato a quello di Fattoria Le Pupille, una delle prime aziende a credere nel vino in Maremma; non a caso nel 2006 l’autorevole rivista tedesca di settore “Der Feinschmecker” ha deciso di eleggerla “Produttrice dell’Anno”. Il commento della ormai nota come Signora del Morellino, non si è fatto attendere, riportando tutto il suo orgoglio e l’impegno per l’incarico ottenuto, ricordando quanto oggi più che mai sia importante evitare un approccio occasionale al mondo del vino, al fine di valorizzarne ed esaltarne ogni aspetto.
PERRIER: LA FEMME IN LATTINA D’ora in poi potremo gustare anche l’acqua in lattina, Perrier ha infatti deciso di tenere fede al suo spirito di innovazione, dedicando il nuovo formato a tutte le femme fatale del cinema internazionale. La lattina è stata appunto battezzata “La Femme” con particolare dedica, ne siamo certi, alla mitica regina della Costa Azzurra, Brigitte Bardot. La nuova nata ha già fatto il giro del mondo, a New York è stata madrina della serata “Toy Drive” al David Barton Gym, una delle palestre più in degli USA, a Miami era presente alla famosa mostra d’arte contemporanea “Pulse Art Faire” e a Milano invece è stata protagonista della sfilata di Frankie Morello. Non è mancata inoltre sulle spiaggie della California e della Costa Azzurra. Apprezzata universalmente in tutto il mondo, la nuova Perrier è una vera rivoluzione di glamour e freschezza.
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GIORNO DA FAVOLA AL CASTELLO Da Via Pessina al Castello di Morcote il passo è… breve. Ha pensato proprio questo il team di Gabbani, il gruppo storico che oggi offre la possibilità di “gustare” la filosofia Gabbani attraverso i negozi, il ristorante e il bar. Uscire dalla città, quindi, significa per questa azienda scegliere un luogo di pregio assoluto e trasformarlo nel castello dei vostri sogni anche solo per un giorno. Succede questo proprio tra le mura del Castello di Morcote, dove Gabbani offre la possibilità di passare un giorno delle nozze indimenticabile. Oltre alla location senza pari, panoramica e incorniciata tra verde e lago, il servizio catering firmato Gabbani si avvale di una tensostruttura elegante e offre la possibilità di personalizzare completamente il menu in base al tipo di cerimonia o ricorrenza che avete deciso di festeggiare. Oltre al classico matrimonio “da favola”, infatti, il nome di Gabbani potrà diventare una garanzia per i vostri eventi e tutti i vostri momenti da ricordare. Una fortezza medievale che non sarà semplice dimenticare.
UN AMARONE DA AMARE Ottimo successo al recente Concorso Internazionale Expovina di Zurigo per il vino Amarone della Valpolicella Doc 2006 prodotto da Graziano Prà e importato in Svizzera da Tamborini Vini Lamone. Una vita dedicata alla vigna tra le antiche terre nere di Monteforte d’Alpone, quella di Graziano Prà. Nato come “bianchista” è approdato alla bellissima avventura della Morandina in Valpolicella. L’avvio dell’agricoltura biologica per i vini della Valpolicella sono un atto d’amore verso un territorio integro e incontaminato che eleva la vigna dall’antica marna fossile. Dal vigneto La Morandina provengono le uve tipiche veronesi per la produzione dell’Amarone. Vengono colti i grappoli spargoli che poi verranno appassiti due mesi. La Corvina dona note speziate e di ciliegia, il Corvinone la struttura glicerica e la freschezza vibrante, la Rondinella il frutto delicato e la gentile componente floreale.
IL CIOCCOLATO SI FA MAGRO Villars, noto Maître Chocolatier di tradizione svizzera, ha lanciato il primo cioccolato da guarnitura “60% Fondente” senza zuccheri aggiunti, ma con dolcificanti di origine naturale. Il tutto nasce da alcuni studi condotti proprio in Svizzera sul rebaudioside A, un composto che viene estratto dalla pianta stevia ed è un vero e proprio dolcificante naturale. Il suo potere edulcorante è circa 300 volte superiore a quello dello zucchero ed è privo di controindicazioni, ciò consente ai professionisti del settore di creare liberamente e al consumatore di goderne senza preoccuparsi troppo della bilancia. Villars sottolinea che il prodotto in questione contiene circa l’1% di zucchero, che è naturalmente presente nel seme di cacao e lo propone ad un prezzo di 13 chf al chilo. La stevia è una pianta originaria del Sudamerica ed è stata impiegata in Asia fin dal ’70 e da oggi garantirà il connubio tra gusto e mangiare sano.
dalmondo
BOOK NEWS
L’APPETITO VIEN MANGIANDO
RECENSIONE SALATA Chi crede che il mondo di internet sia libero e regnato dall’anonimato si deve ricredere. Secondo quanto riportato da “Want China Times” a Taiwan, piccola isola dell’estremo oriente, quasi due anni or sono una blogger si è recata a mangiare in un ristorante di Taichung, ha consumato il suo pasto e poi ha recensito il tutto sul suo blog, giudicando ciò che aveva mangiato come troppo salato. Il ristoratore, venuto a conoscenza dell’avversa opinione della ragazza ha subito provveduto a denunciarla per calunnia presso l’autorità locale. A distanza di tre anni è stata emessa la sentenza che vede la blogger colpevole e dunque punita con una multa da 7.000 dollari e due anni di libertà vigilata. Andate tranquillamente a gustarvi il tipico cibo del posto, cercando di evitare però le critiche.
Iniziare a mangiare delle patatine e non riuscire più a smettere è ormai un classico, un’esperienza che a tutti è capitata e che fino ad oggi è rimasta inspiegabile. Fino ad oggi, già perché quello che sembrava un gesto frutto della golosità è stato invece spiegato scientificamente dall’italiano Daniele Piomelli dell’Università di Irvine. Il team di studio mediante la sperimentazione su topi ha studiato il comportamento dell’organismo dopo aver ingerito cibi grassi; questi alimenti portano lo stomaco a sviluppare delle droghe naturali note come endocannabinoidi, che accendono il desiderio di mangiare. Dunque l’appetito non sarebbe generato dal gusto, ma dallo stesso mangiare quei cibi che creano la fame. Questo effetto è generato unicamente dai grassi visto che, dopo approfondimenti sullo studio, è emerso che altri elementi contenuti nelle pietanze sotto esame, come le proteine, non hanno lo stesso risultato.
STRAUSS-KAHN VERSIONE HOT DOG è nato a Parigi il “Dsk”, un nuovo hot dog che promette di stupire e fare notizia. Il nome del nuovissimo panino è ispirato dal recente caso internazionale che vede coinvolto Dominique Strauss-Kahn, ex direttore dell’FMI, indagato e di recente assolto per stupro dopo ciò che è successo a New York. Salsiccia extra large e ironia sembrano essere le armi per un successo culinario di cui è fautore un ristorante specializzato in cucina newyorchese di Neuillysur-Seine. Il “Dsk” propone una doppia salsiccia kasher, servita con delle cipolline, patatine fritte e insalata di cavoli, il tutto per 14.99 euro, circa 18 franchi. Il Ristorante “Rotz Delicatessen” per promuovere il nuovo sandwich ha distribuito circa 20.000 volantini, che ritraggono una ragazza nera che sorride, con la sagoma dell’ Empire State Building ben visibile sullo sfondo.
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UN LATTE ANTI-STRESS Arrivare brillanti e in forma ad un esame sembra ormai essere alla portata di tutti, molti studenti che faticosamente sopportano lo stress saranno infatti contenti di apprendere che il rimedio a tutto ciò è già conosciuto e naturale. Il latte infatti ha tutte le caratteristiche necessarie allo scopo; ricco di fosfolipidi, che agiscono positivamente sulle funzioni cognitive, sull’umore e sulla risposta allo stress del nostro corpo, calma ed evita cali di concentrazione e repentini cambi di morale. A rivelarlo sono gli esperti dell’Università di Treviri, in Germania. Un rimedio inaspettato ma ben accolto da chiunque, goloso e nutriente nonché amato dai bambini di tutto il mondo. In Italia, l’INRAN, Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, ricorda come la buona abitudine di consumare prodotti lattiero caseari non dovrebbe mai abbandonarci nel corso della vita, consigliando come consumo ottimale tre porzioni quotidiane di latte o yogurt e tre porzioni settimanali di formaggi. Dunque finalmente un riconoscimento scientifico per un alimento che fa parte della nostra tradizione e che, mangiato o bevuto, forse da oggi farà parte della dieta di ogni buon studente.
ITALIANI BOCCIATI IN ENOLOGIA Sebbene l’Italia abbia fatto stappare nel mondo durante l’anno 2010 più di due miliardi di bottiglie, gli italiani vengono bocciati in enologia da uno studio promosso da Pasqua Vigneti e Cantine in occasione della kermesse Vinitaly. Gli abitanti del Bel Paese infatti, interrogati sul mondo del vino, hanno deluso le aspettative, con varie défaillance, confondendo ad esempio il Blanc de Blanc con un titolo nobiliare. Lo studio ha evidenziato come quasi la metà degli italiani che acquistano vino dicano di badare molto alla provenienza ed essere ferrato sull’argomento enologia, nonostante un terzo degli intervistati trovi difficoltà a leggere le etichette. Molti ammettono la complicatezza della scelta della giusta bottiglia con il conseguente problema dell’abbinamento della giusta pietanza. Uno su dieci dichiara di avere conoscenze pessime, ma nonostante tutti i problemi e tutte le incertezze, il vino in Italia rimane una perla in continuo sviluppo, tutta da conoscere.
HOME FOOD Un ristorante a casa. Sembra essere questo l’obiettivo della nuova tendenza nota come Home Food, che certamente sarà molto apprezzata dai più pigri. La novità è veramente bizzarra e intrigante, l’idea infatti è quella di portare lo chef del ristorante tra i propri fornelli di casa per una serata diversa da godersi con amici o parenti. In questo nuovo modo di vivere la convivialità è interessante notare come sia proprio il cibo ad essere elemento catalizzatore dell’evento, capace di trasformare una normale cena in un evento culinario. Il nuovo trend però non si limita solamente al pasto serale, potrete organizzare in questo modo anche buffet, aperitivi e degustazioni. Il tutto è ancora in via di sviluppo, ma in Italia c’è già chi ci si cimenta; come Marco Nebiolo, proprietario di alcuni ristoranti, che a Torino propone questo servizio sotto il nome di “Chez Vous”. Un’occasione per uscire dalla quotidianità, con gusto!
OPEN
NUOVEAPERTURE
RISTORANTE DON DIEGO
SCHEDA:
Non si può propriamente definire una nuova apertura, ma il Ristorante Don Diego di Cassarate si è guadagnato la nostra attenzione per un cambiamento che potrebbe essere considerato una rinascita. È proprio la nuova anima della cucina che ci permette di inserire in questa rubrica questo locale, semplice e piacevole che ha scelto come suo timoniere lo chef Gionata Bianchi. Da prevalentemente orientata su piatti di carne, oggi Don Diego a Cassarate propone una cucina dove è possibile scegliere tra carne e pesce, dove le ricette mediterranee risultano gustose e sapientemente composte. Un locale attivo e vivo, dove non mancano eventi e appuntamenti con la cucina di carattere internazionale, piuttosto che cene a tema, come quella più recente che ha visto protagonista la tartare (nelle infinite accezioni e ingredienti possibili). Tra le delizie del Mar Mediterraneo e le specialità culinarie del Sud America, lo chef non sapeva cosa scegliere e, quindi, non ha scelto. Le specialità della casa, dunque, spaziano dalla vicina Italia alla lontana Argentina.
Data apertura: la “rivoluzione” in cucina risale a marzo 2011 Indirizzo: Via Fusoni 18, 6900 Lugano Orari: lunedì: aperto solo a pranzo dalle 11.30 alle 14.30; da martedì a venerdì dalle 11.30 alle 14.30 e dalle 18 alle 1.00; il sabato dalle 18.00 alle 1.00 Giorni di chiusura: a partire da ottobre domenica Genere: Ristorante Ambiente: Graziosa terrazza esterna con circa 30 coperti, oltre ad una saletta romantica con camino e ad un’altra privata da 18 posti. Zona bar. Situato lungo il fiume Cassarate Filosofia: Non ha grilli per la testa il Don Diego: il locale è semplice e propone una cucina, allo stesso tempo, semplice e di sostanza. Grande attenzione all’uso di prodotti stagionali, che consentono al visitatore di trovare un menu sempre differente in base alle stagioni e alle materie prime tipiche
del periodo dell’anno. Le specialità alla griglia, si tratti di carne o pesce, sono il punto forte del ristorante F&B: Carne e pesce si alternano piacevolmente all’interno di un menu semplice e che prevede, ogni giovedì, una diversa specialità regionale italiana. Tra i cavalli di battaglia sulla carta troviamo la battuta di manzo argentino con scaglie di Tartufo di Norcia, ma anche la tartare di ricciola o la pasta con ricci di mare e bottarga di muggine. Calamari, gamberi e diverse prelibatezze di mare, si alternano armonicamente a picanha e altri tagli gustosi di terra. Al Don Diego si incontrano il Mediterraneo e lontane influenze sud americane. La carta dei vini è di carattere internazionale, e predilige etichette italiane, argentine e anche una piccola selezione di quelle francesi. Presenti, ovviamente, anche i vini del nostro Canton Ticino.
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OPEN NYX LOUNGE BAR Spizzicare a cena, divertirsi con un aperitivo o incontrare gli amici per un cocktail al bancone. Il nuovo locale all’interno del Casino si chiama Nyx Lounge e ha inaugurato da poco, appena qualche mese dopo il suo disco club omonimo. Essendo un lounge bar, lo spirito è proprio quello di non essere propriamente un ristorante, ma un gradevole luogo di incontro dove la gente possa gustare qualcosa di sfizioso, senza far rimpiangere una vera e propria cena. Informale, fresco e, volendo, anche veloce: la rivisitazione della cena, qui, ha un sapore che sta tra oriente ed occidente. Non mancherà il sushi per gli amanti del genere, ma spazio anche a chi predilige il buon vino e non rinuncia alla sua coppa di champagne. Tra un divanetto ed un cocktail al bancone, ecco un luogo accogliente dove trascorrere la serata insieme agli amici, grazie anche ad un’atmosfera piacevole studiata da designer ispirati dal concetto di “relax in compagnia”.
NUOVEAPERTURE SCHEDA: Data apertura: 01 agosto 2011 Indirizzo: Via Staffaucher 1, 6901 Lugano (presso Casino) Orari: da martedì a sabato dalle 17.00 alle 1.00 Giorni di chiusura: domenica e lunedì Genere: lounge bar Ambiente: Moderno e con calde atmosfere internazionali che richiamano i locali alla moda di Miami e Dubai. Posti a sedere: 150 circa Filosofia: “Sentirsi come a casa con gli amici” ecco come si presenta la filosofia di questo locale appena nato, ma che vuole entrare nelle abitudini quotidiane dei suoi clienti, che qui troveranno eleganza, ma anche semplicità e accoglienza. F&B: Il giovane chef Alessio Pegurri segue la filosofia del locale proponendo: ceviche, tartare e carpacci di carne e pesce, delizie di primi (in particolare quelli italiani). E ancora sushi, canapè, alcuni tipi di caviale (nero, di salmone, di aringa, di carpa, di luccio) e tutto ciò che è semplice da gustare e, allo stesso tempo, ricercato e goloso. Federico Salvetti, ospitality manager, vi guiderà nella scoperta del buon bere, con vini e champagne d’eccezione, cocktail internazionali e non solo. Aperitivo: sull’onda dell’aperitivo all’italiana, qui si riscopre un momento gustoso ed informale, dove la parola d’ordine sarà “libertà assoluta”: il servizio è libero e i cocktail spaziano dai classici internazionali a rivisitazioni targate Nyx.
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PANE, CHE PASSIONE! www.painsuisse.ch/it Il sito ufficiale dell’ISP, Informazione svizzera sul pane, è attento e realizzato con cura. Oltre ad una veste grafica gradevole, questo spazio web offre ai visitatori informazioni, consigli e storie legate al mondo del pane fatto in Svizzera. Come usare il pane a colazione? Quali gli abbinamenti migliori? In che modo riutilizzare il pane avanzato? A queste, e molte altre domande, viene data risposta dagli esperti del settore, non dimenticando un certo gusto per la storia e le usanze legate al pane, alimento principe sulle tavole da millenni. Il sito è supportato da una ricca sezione di fotografie, oltre che a dei quiz che testano le vostre conoscenze sul pane. Dal cereale alle nostre tavole, questo sito informativo vi accompagna in un viaggio interessante dagli albori fino agli usi più tradizionali del pane, passando attraverso le fasi di preparazione e persino da quelle di macinazione della farina. Pane svizzero, insomma: dalla A alla Z.
MASABA, CAFFÈ AFRICANO D’ECCELLENZA Nel nuovo sito www.masabacoffeeclub.com, la giovane torrefazione Masaba presenta una linea di caffè pregiati provenienti dall’Uganda. Qui, nel cuore dell’Africa - continente da cui il caffè ha origine - un’associazione ticinese forma i contadini ai migliori metodi di coltivazione, nel rispetto dei principi dell’agricoltura biologica e del commercio equo. Il caffè viene poi tostato da Masaba stessa in una sua piccola torrefazione artigianale alle porte di Milano. Ne risultano delle miscele e dei single origin d’eccellenza (fra cui il famoso Mount Elgon Arabica). Già molto apprezzato in Italia e in altri paesi d’Europa, è ora anche possibile trovare questo caffè in diversi negozi specializzati in Svizzera (a Lugano da Gabbani), oppure riceverlo direttamente a casa visitando lo shop on-line.
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Che è più buona lo sanno tutti. Che è più pratica lo sapete solo voi.
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16 APPROFONDIMENTO
La “scarpetta
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Un biglietto da visita tra i piÚ basici e allo stesso tempo importanti per un ristorante. Il soggetto è il pane, il piÚ semplice e famigliare alimento che a tavola non manca mai, che si sia a casa o al ristorante
scarpetta� dei desideri a cura di Carlotta Girola
18 APPROFONDIMENTO
La Svizzera è considerata uno dei paesi cardine della cultura eclettica del pane. I connubi culturali e storici da cui è composto il nostro paese hanno permesso che, nel corso di secoli e forse anche millenni, i pani di casa nostra avessero tante e tali diverse caratteristiche da portare oggi la Svizzera ai vertici internazionali come quantità differenti di pane. Riconosciuto questo merito, chi di noi ha davvero compreso cosa significa un’opportunità di questo tipo? Quantità, qualità, offerta. Ci sono, in effetti, tutti gli elementi per poter sfruttare l’elemento pane come si fa già con altre eccellenze “swiss made”, con altri prodotti locali che caratterizzano il nostro paese. Un’opportunità di offerta che i nostri ristoratori, a volte, non hanno la capacità di sfruttare. Dal pane nero a quello bianco, dalle farine biologiche ai pani poveri di sale, dalle trecce ai panini all’olio: la lista è lunga e conta tante varietà di pane quante non ne immaginereste neppure. Una quantità che non è fine a se stessa, ma che costituisce una vera opportunità nella filosofia d’offerta per i ristoratori “illuminati” che vedono nel pane un possibile strumento di “valore aggiunto”. Se pensiamo che il cliente, sedendosi a tavola, molto spesso inizia il suo pranzo o la sua cena proprio con un boccone di pane, mentre attende il resto delle vivande, possiamo intuire le potenzialità di un alimento troppo spesso bistrattato e lasciato ai margini. Il pane, insomma, se ben usato potrebbe diventare un gioco forza della propria offerta culinaria. Non è solo accompagnamento: oltre ad essere il primo sapore e la prima impressione gustativa di una cena fuori casa, diventa sempre più spesso un vero compagno di viaggio culinario, un sostegno ai piatti forti, un “fidato amico” che accompagnerà la scelta dell’ospite fino al momento del dolce. Le potenzialità non mancano, ma in tanti potrebbero sostenere che il costo aggiuntivo del pane e la scelta di non avere una voce “coperto” possano, a loro volta, fare la differenza sui bilanci di un ristorante pur attento ai clienti.
Per sfatare questo mito, e sostenendo l’importanza de “l’investimento pane di qualità” sulle tavole dei ristoranti, ecco un breve ma intenso viaggio all’interno di questa tematica. PANE E PANI Non è un’esagerazione dire che da millenni la Svizzera produce e mangia pane. Sapevate che il più antico pezzo di pane è stato ritrovato a Twann (BE) nel 1976 e risale al 3530 a.C. circa? È stato prodotto con semi di frumento pestati con una macina manuale. Da allora ne è passata di acqua sotto i mulini dei mugnai, e il pane oggi è diventato solo un genere che raggruppa potenzialmente infinite variabili. In Svizzera, la fantasia e l’estro dei panificatori alle prese coi gusti del luogo e con le materie prime hanno portato alla nascita di diversi tipi di pane. Sono tanti, tanti, tanti. Chi ama la tradizione di casa (ticinese) sceglierà il pane bigio o quello prodotto da antiche qualità di spelta. A chi piace sperimentare, sono invece dedicati i pani dei cantoni più lontani dal nostro, come quello di segale del Grigioni o la doppia pagnotta di Basilea. Oltre alla quantità di diversi pani presenti sul territorio nazionale, non possiamo dimenticare la qualità. A partire dalle farine usate, fino ad arrivare ai metodi di preparazione e cottura, e ancora all’attenzione crescente per le richieste della società. Oggi, infatti, in panetteria è possibile scegliere tra pani più o meno ricchi di sale, senza glutine dedicati ai celiaci, pane arricchito ed impreziosito da noci e altri ingredienti. Ogni regione ha il suo cavallo di battaglia, la sua storia e le sue usanze nella produzione di pane. Questa eclettica caratteristica appartiene ad un alimento che, troppo spesso, viene scelto “a caso” per approdare sulle tavole dei ristoranti. Non è riduttivo vedere nel cestino qualche fetta di pane, senza poter scegliere almeno tra un paio di opzioni? La valorizzazione del prodotto locale, dell’eccellenza tipica e dell’alimento nostrano sono concetti all’ordine del giorno per la maggioranza dei ristoranti: ma la Svizzera “patria dei mille pani” dove sta in tutto questo?
Presentare un buon piatto con in abbinamento il pane corretto è un valore aggiunto per un ristorante
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COSA SUCCEDE AL RISTORANTE: PROVOCAZIONI E IDEE E se esistesse una carta dei pani? Sì, insomma, un cameriere che dicesse “Con questo buon brasato al Merlot consiglio di scegliere un pane nero a lunga fermentazione, il più adatto a questa ricetta”. La provocazione, tutto sommato, c’è, ma costituisce il punto di partenza, lo spunto per riscoprire l’alimento base per eccellenza e rivalutarlo nelle sue caratteristiche più apprezzate, nel suo millenario potere di accompagnamento al resto del pasto. Oggi le strategie di marketing del settore food tendono sempre più verso un’infinita offerta personalizzata, in favore del’appagamento e della soddisfazione ad hoc, pensata per tutti i clienti (o meglio dire per ciascuno), per tutti i gusti, per tutte le preferenze. Nel menu, quindi, troviamo piatti vegetariani, qualche proposta vegana, commistione di ricette tradizionali e locali con piatti ed ingredienti del mondo, ricette light e tanto altro. Tutto, o meglio di tutto un po’. Il tutto viene accompagnato, nei casi più esemplari, da un cestino di pane con un paio di scelte (quando il cliente è fortunato), che solitamente cadono su un pane bianco ed uno scuro. Quando proprio si è fortunatissimi, allora ci si imbatte in qualche chicca come panini di piccole pezzature belli da vedere ed ottimi da assaggiare. Il più delle volte, invece, il nostro
splendido piatto dovrà essere accompagnato da un pane dall’aspetto pallido che ha poca personalità, che troppo spesso è affettato ore prima e lasciato a seccare, che non è adatto alle portate che abbiamo scelto. Esattamente come è importante mettere a proprio agio il cliente, coccolarlo e accontentarlo quanto possibile nelle sue richieste di companatico, ecco che il pane si colloca in una fascia di offerta che è al limite della banalità, dove invece evidentemente il ristorante potrebbe fare la differenza. Attenti a non pensare che questo “affare del pane” sia il proverbiale pelo nell’uovo: ricordate sempre che ogni singolo fattore ha la sua importanza, che la percezione del cliente di personalizzare il proprio pasto in favore dei propri gusti, persino nella scelta del pane, potrebbe a voi costare poco e valere un rapporto continuativo col cliente. In Svizzera interna le fette di pane aggiuntive richieste dal cliente, molto spesso finiscono in una voce a parte quando si è alle prese col conto. In Italia, nel coperto il ristorante ammortizza il conto del pane e di altre spese aggiuntive. In Canton Ticino, invece, sappiamo bene come vanno le cose: più avanti scopriremo quanto incide l’offerta “pro-capite” del pane per un ristorante, e capirete meglio quanto sia irrisoria paragonata ad un conto totale e ai guadagni che potrebbe portare un’offerta di pane attenta e personalizzata.
20 APPROFONDIMENTO
L’ESPERTO: “TAMPONARE I BUCHI CON IL PRECOTTO” È un grande conoscitore del pane, di tutto il suo mondo, a partire dalla tecnica e dai metodi di produzione, fino ad arrivare alla sua storia, ed alle usanze ad esso legate. Marco Pasotti, membro della SMPPC, Società Mastri Panettieri - Pasticceri del Canton Ticino e docente del settore pasticceria al Centro Professionale di Trevano ha concesso a Ristora Magazine un’intervista a tutto tondo sull’uso del pane al ristorante, partendo dai costi e dall’importanza che può rivestire sulla tavola al suo uso forse meno nobile (ma più gustoso) come la beneamata scarpetta. Partiamo dal principio, ossia dal pane sulla tavola. “È un elemento fondamentale” parola di Marco Pasotti “un vero e proprio biglietto da visita per un ristorante. Per essere semplici e diretti, una buona varietà nella scelta del pane a tavola farà sentire meglio accolto un cliente. La stessa attenzione che si riserva per esempio ad un bel tovagliolo, sarebbe buona cosa che un ristoratore la dedicasse anche al cestino del pane.” Cosa dire a chi vede nel pane solo una voce di costo e non crede che possa essere un valore aggiunto che poi ha il suo ritorno? “Torniamo al nostro tovagliolo. Il ristoratore, nelle voci di spesa, mette in conto i costi del lavaggio o del noleggio del suo tovagliolo, vivendolo come una spesa dovuta e necessaria. Anche il pane è un elemento necessario, un prodotto che non può mancare e che, forse più di un tovagliolo, potrebbe costituire un investimento intelligente. Il costo del pane non si può certo paragonare a quello di altri alimenti che andranno a costituire il cuore della cena o del pranzo al ristorante. Il conto è veloce: ogni giorno gli svizzeri consumano 135 grammi di pane a testa. Stimando che, a pasto, se ne consumino 40-70 g, circa la metà, con il prezzo attuale del pane, ad oggi il costo a testa per il ristoratore si aggirerebbe tra i 20 e i 50 centesimi di franco. Io credo che una cifra di questo tipo sia facilmente ammortizzabile all’interno del conto finale del ristorante. Anzi, direi proprio di esserne certo. Se poi ripenso al “famoso” tovagliolo, ne sono convinto: per un costo davvero relativo come quello per il pane, sarebbe giusto fare un investimento e decidere, una volta per tutte, di offrire un pane di qualità ai propri clienti. Altro che i grissini confezionati industrialmente, molto più grassi e calorici di una fetta di pane, indubbiamente e
notevolmente più costosi e, diciamocelo, anche molto meno affascinanti di un cestino con una bella varietà di pani del panettiere! Alcuni hotel o ristoranti di un certo valore, ad esempio, sono disposti ad offrire un tipo di pane a piccola pezzatura, quindi bello ed elegante oltre che buono, investendo ovviamente un po’ di più. Il pane a piccola pezzatura è notoriamente più costoso di quello grande, ma questi locali hanno voluto “investire” anche nella voce pane, intuendone l’importanza all’interno di un servizio che si possa definire davvero di qualità. È una questione di prospettiva e anche di passione verso questo lavoro, una passione votata ad accontentare il cliente e a farlo affezionare al ristorante. Il pane è uno degli elementi meno presi in considerazione in questo ambito di scelte, ma non è corretto, e sottovalutare la sua importanza adducendo costi troppo elevati, oltre ad una falsità, è sintomo di poca lungimiranza.” Quindi, un servizio. Perché altro investire sul pane? “Abbiamo detto che, comunque, il pane costituisce una voce di spesa necessaria, perché in tavola non deve mancare. In un hotel, per esempio, il pane (o meglio, diversi pani) sono assolutamente necessari per la colazione. Da tenere in considerazione è anche il fatto che l’avanzo del pane costituisce una materia prima da riutilizzare in cucina. Diverse, infatti, sono le ricette che vedono il pane d’avanzo come protagonista: una su tutte, la nostra celebre torta di pane ticinese, ma non solo. Abbiamo anche il pan cotto, i timballi, le zuppe, le bruschette e i crostini di accompagnamento: tutti piatti semplici da realizzare e “poveri” anche se ancora oggi molto graditi a molti. Capita, a volte, soprattutto nelle pizzerie, che si trovi in tavola del pane fatto in casa. Al riguardo, io credo che ognuno debba fare il proprio mestiere. Fare il pane significa avere delle competenze e delle capacità specifiche che si acquisiscono grazie una formazione specialistica e tramite esperienza. Il cuoco o il pizzaiolo, a volte, pur essendo competenti nel loro campo, non hanno le competenze specifiche per realizzare a regola d’arte il pane. A volte nell’economia di un ristorante si fanno speculazioni che vanno davvero poco lontano. Avere una fornitura di pane di qualità, con la possibilità di consegna all’ora corretta è una comodità e una possibilità da sfruttare. Una persona in più in cucina occupata a fare il pane non significa veramente un risparmio!”
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Tanti ristoratori usano il pane pre-cotto. Cosa ne pensa? “Non sono un purista, ma sono realista. Chi “demonizza” questo tipo di pane sbaglia clamorosamente. Mi riferisco però ad un pane di qualità del panettiere e non a prodotti industriali di basso valore, nonché ad alimenti prodotti magari a centinaia o forse migliaia di chilometri dal luogo di consumo. È ovvio che il pane, per essere buono, deve essere prodotto rispettando tutti i crismi del caso. In particolare non accelerare i tempi di fermentazione e cottura, usare materie prime di qualità e lavorare con cura e, non da ultimo, si deve evitare di conservarlo troppo a lungo. Se un pane che risponde a queste caratteristiche, viene subito congelato (dopo averlo cotto per metà del tempo di cottura) e infine completata la stessa sul posto, è ovvio che potrebbe essere buonissimo. Meglio di un pane fresco realizzato malamente. Vi dirò di più: anche un esperto potrebbe facilmente confondere il fresco col precotto, ma di qualità! Se penso ai ristoratori, allo spettro costante degli sprechi che in tempi come questi sono davvero da evitare nella maniera più assoluta, sono convinto che un buon alleato a questo scopo potrebbe essere il pane pre-cotto. I vantaggi e la comodità di questo prodotto sono indubbi: far fronte a più coperti del previsto, all’improvviso, è possibile se si ha del precotto che vada a “tamponare” la situazione. Il rischio, altrimenti, è quello di non offrire il servizio correttamente e magari servire un piatto senza pane, quando lo richiederebbe. Il vantaggio di razionalizzare è indubbio. Per avere un precotto di qualità, però, è necessario che gli ingredienti siano impeccabili, la fermentazione gestita con senno e, infine, che la fine della cottura sia attenta e precisa. Un paio di minuti in più o in meno, ad esempio, possono cambiare il risultato finale, anche questo in base alle condizioni atmosferiche che potrebbero influire sul prodotto finito. Insomma, è chiaro che come in tutte le arti, anche in quella panificatoria ci sono delle regole e delle competenze specifiche che bisogna necessariamente avere. Da valutare, comunque, i costi del precotto: un prezzo superiore al fresco, la necessità di avere celle dove mantenerlo in temperatura considerando lo spazio e rispettivi costi energetici delle stesse, nonché le infrastrutture necessarie per ultimare la cottura. Inoltre, collaborando con i panettieri, si sostiene l’economia locale, si promuove la formazione degli apprendisti del settore nelle aziende di produzione e si è vicini alla produzione a chilometro zero. Per questi motivi non del tutto irrilevanti e anche di immagine, è buona cosa la collaborazione con le panetterie locali.”
22 APPROFONDIMENTO
IL PANE AL SUPERMERCATO Andare in panetteria e/o fornirsi di pane precotto. Ma quando il tempo è poco, e il panificio resta chiuso? Ecco la terza ipotesi: il supermercato. Tanti ristoratori, è innegabile, si servono attraverso la grande distribuzione che in alcuni casi offre un servizio continuativo e a portata di mano. Ecco come trattano il pane due dei leader della GDO nazionale
La lente d’ingrandimento di Ristora Magazine, ora, si posa sulla grande distribuzione che riveste un ruolo importante all’interno del discorso più ampio sul pane che in questo numero stiamo affrontando dettagliatamente. Le scelte di ciascuno nell’ambito della ristorazione dipendono da diversi fattori e dalla stima di questi ultimi sui costi, sul valore della merce, sull’accessibilità dell’offerta e altro. È indubbio che gli orari flessibili di un supermercato costituiscano un valore aggiunto alla loro offerta sul fresco, ossia su quei prodotti che hanno un uso quotidiano e costante, come accade per il pane nei bar, nei ristoranti e negli hotel. Inoltre, è altrettanto palese che l’offerta al dettaglio del supermercato sia a portata di mano (sono ormai capillarmente distribuiti ovunque, e i più sono accessibili solo
percorrendo qualche chilometro al massimo) ed è decisamente ampia. Diverse decine di tipi di pane, offerte dedicate a chi è più attento alla salute e alla linea, a chi ha intolleranze alimentari, a tutte le possibili preferenze del cliente. Sugli scaffali, quindi, possiamo trovare il pane nero in cassetta, diversi tipi di trecce, pane bianco o semi-bianco classico, le ultime novità che vengono incontro alle preferenze della clientela. Oltre al fresco, o al precotto finito di cuocere all’interno della filiale del supermercato, si può scegliere anche sui prodotti precotti. Insomma, la grande distribuzione si adatta alle richieste di mercato, che a volte accomunano il ristoratore alla semplice massaia. Non è ovviamente possibile stimare quanti ristoratori si forniscano di pane nei supermercati, ma noi sappiamo bene che esistono eccome.
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STRADA DI GUIA D.O.C.G.
Bisogna sottolineare che, in entrambi i casi non troverete sull’etichetta la specifica se si tratti di pane fresco o precotto ultimato in sede. Poco cambia visto che anche Marco Pasotti della SMPPC ha dichiarato che, in alcuni casi, la qualità del pane (ove prodotto a regola d’arte) è la stessa che si tratti di fresco o precotto. La qualità del pane, insomma, è alla ricerca di miglioramenti anche per quanto concerne la grande distribuzione: Coop, ad esempio, riesce oggi ad applicare un metodo tradizionale di produzione del pane che a livello industriale era stato abbandonato tempo fa. Diminuita anche la percentuale di sale che oltre a rendere più longevo il pane lo rende anche più sano. Stessa cosa accade da Migros, dove da qualche mese è presente negli scaffali un pane che addirittura contiene solo lo 0,7% di sale. Resta il fatto, indipendentemente dalle strategie di mercato e dalle differenze da un distributore all’altro, che la quantità di pani tra cui poter scegliere è notevole in entrambi i casi, ed è lo specchio di quello che il singolo consumatore preferisce. E, se lo preferisce a casa, figuratevi se non si aspetta qualcosa di più al ristorante. COME, COSA, QUANDO SCEGLIERE? Non saremo certo noi di Ristora a dirvi cosa dovete scegliere e come gestire il vostro ristorante. Ma noi saremo quelli che vi ricorderanno quanto sia importante un curato e variegato cestino del pane. L’offerta personalizzata e studiata in base alla carta del ristorante è da considerarsi una scelta ottimale.
PRAA
Pane precotto: il processo di cottura viene protratto fino al 85% della sua durata totale. Se la fase di rigenerazione viene effettuata con cura, il prodotto finale è molto simile a quello fresco. Pane semicotto: conservato in congelatore o in confezioni ad ambiente modificato. Il processo di cottura viene interrotto molto presto, e questo spesso non consente (nemmeno con la fase di finitura nel forno) la normale perdita di umidità, oltre a non consentire la formazione della crosta. Pane congelato: quando il pane è freschissimo, si può congelare alla temperatura più bassa possibile (-25°C). Durata: 2/3 giorni per le pezzature piccole, mentre il pane in formati più grandi può essere conservato per 5/6 giorni. Per allungare il tempo di conservazione, una volta congelati, dovrebbero essere posti in sacchetti di plastica leggera e posti ad una temperatura più mite tra i -14 e i -16°C (in questo modo si possono triplicare i tempi di conservazione). Consigli: Mai congelare il pane fresco alla fine della giornata: non è più abbastanza fresco per mantenere intatta la sua qualità d’origine. Per scongelarlo, esistono due opzioni: a temperatura ambiente (e poi è necessario rigenerare in forno per 2-3 minuti); oppure dal congelatore metterlo direttamente in forno a 200°C, poi avvolto in un panno umido per 5 minuti. Questa tecnica funziona anche col pane raffermo. Mai conservare il pane in luoghi umidi. Il pane bianco apporta più calorie di quello scuro (260 contro le 230). Nei pani scuri c’è minor amido (quindi sono meno calorici) ma più proteine, sali minerali e vitamine. Come si serve? Per il pane tagliato le fette devono essere spesse tra gli 8 e i 12 mm. Il pane di segale può fare eccezione, con fette anche più spesse. Il pane deve essere fresco ma non caldo, a meno che non sia in cassetta o tostato per cibi che lo richiedano.
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Tirando le somme
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PER AVERE SUCCESSO
CI VUOLE FLESSIBILITÀ
A tu per tu con Dario Ranza, chef al Villa Principe Leopoldo, che ci racconta i segreti della ristorazione all’interno delle strutture alberghiere e tenta di abbattere i pregiudizi dei clienti che “non frequentano” Scegliendo dove cenare, ci si inerpica per sentieri a volte difficili, perdendosi in dedali e labirinti dettati dalla scelta pressoché infinita. A volte, però, capita di trascurare l’opzione del ristorante all’interno di un Hotel. Siamo andati alla scoperta di gioie e dolori di questo tipo di ristorazione, che differisce da quella classica per molti versi, ma che certamente vive del tentativo di accontentare i bisogni e i desideri della propria clientela. A farci da guida, lo chef Dario Ranza, da anni in forza all’Hotel Principe Leopoldo, del quale condivide i principi aziendali che vanno nella sua stessa, personale, direzione. Ecco cosa ci ha raccontato. Ancora molto spesso, scegliere il ristorante di un hotel è una preferenza di nicchia. Molto più spesso i clienti scelgono un ristorante. Perché, secondo lei? “Questa è un’attitudine legata alla figura dell’hotel appartenente al passato. Prima, infatti, la cucina negli Hotel era statica, e ancorata al metodo più classico e abitudinario. Oggi gli stessi ospiti che soggiornano in hotel sono più mobili e la pratica della mezza pensione sta subendo un declino senza ritorno. Il cliente ha bisogno di sentirsi più libero, meno vincolato da luoghi e orari ben precisi che l’hotel di vecchio stampo offriva. Alcuni vedono ancora il ristorante all’interno dell’hotel come una realtà legata al passato e soprattutto non è ancora arrivato a percepire che i cambiamenti nelle strutture alberghiere sono e continuano ad essere notevoli. Se, in passato, avere 100 camere in albergo significava avere 100 tavoli al ristorante, oggi le proporzioni sono ben diverse. La tendenza odierna è quella di andare verso più punti ristoro all’interno dell’hotel e che abbiano caratteristiche e proposte culi-
a cura di Carlotta Girola
narie diversificate. Aumentare la possibilità di scelta per il cliente, significa non farlo “scappare fuori” alla ricerca di diverso. La gente, oggi più che mai, ha bisogno di vedere e vivere spazi diversi: per questo gli Hotel propongono sempre più spesso la colazione in location diverse dalla sala da pranzo. Non annoiare, ma stupire: è questa la direzione verso la quale si tende ad andare oggi. Un tempo, la staticità della vacanza, l’abitudine ad avere il proprio tavolo, e i riti costanti che accompagnavano un pranzo o una cena in hotel erano ben apprezzati e ricercati dai clienti stessi. Ora, invece, il cliente tipo cerca di sfuggire alla routine dell’hotel e le strutture alberghiere stanno tentando di andare incontro a queste esigenze. Gli orari prefissati e poco elastici sono sempre meno una costante negli hotel, e anche lo stesso modo di mangiare è diverso da prima. Fino a qualche anno fa, infatti, la vacanza in albergo era sinonimo di mezza pensione. Ora, invece, il pensiero di cenare con 3 o 4 portate ogni sera, non è più così positivo per tanti clienti che, invece, preferiscono andare in riva al lago a mangiare una pizza, fermarsi durante la gita a prendere un panino, ecc. Insomma, bandite le abitudini un po’ ingessate legate ad un tipo di vacanza che oggi non esiste più, anche gli hotel si adattano ai cambiamenti sociali e fisiologici della clientela”. Approssimativamente, in percentuale quanti clienti visitano il suo ristorante pur non essendo ospiti dell’Hotel? “La percentuale di esterni, al Ristorante di Villa Principe Leopoldo, è molto alta e si aggira intorno all’80%, ma è il frutto di circa 20 anni di politica aziendale in questo senso. Ci sono hotel che lavorano molto meno con gli esterni, noi non possiamo certo lamentarci.
26 intervista Noi siamo stati i primi, a Lugano e dintorni, a offrire la possibilità di non fare mezza pensione. Abbiamo “spinto” e valorizzato una cucina di tipo tradizionale, ma non classicamente da albergo. Importantissimo, in questo frangente, avere un accesso diretto al ristorante, senza che il proprio cliente sia costretto a passare all’interno degli spazi dell’hotel e della reception, sentendosi così più libero. Anche la scelta di offrire diversi spazi tematici, contraddistinti da differenti tipi di offerta culinaria, ha una notevole importanza se il tentativo è quello di aumentare sempre più la percentuale di esterni. Un buon 50% di clienti esterni all’hotel è abituale. Siamo riusciti a fidelizzare il cliente andando incontro alle esigenze di ciascuno, perché se si vuole avere successo, oggi, la parola d’ordine è flessibilità. La domenica, ad esempio, per i nostri affezionati (che in questo caso sono in maggioranza famiglie) offriamo un menu semplice che possa accontentare tutti; per i pranzi d’affari i nostri habitué sanno di poter contare su una carta leggera e di un servizio veloce. Tutto, insomma, è costruito a misura di cliente.” Quali i difetti e i pregi della cucina in hotel? “La classica cucina da hotel è spesso un po’ troppo pesante, troppo ricca, e anche ripetitiva. La presentazione dei piatti, a volte, non è curata come al ristorante, perché a volte si è costretti a preparare in anticipo e il risultato finale non è così curato come al ristorante. Qui, il livello dell’hotel fa la differenza: è chiaro che una mezza pensione da 30chf non permette il lusso di preparare al momento i piatti e nemmeno una quantità di personale così ampia. Un indubbio pregio, invece, è quello della formazione dei cuochi: la cucina di un hotel è una palestra davvero unica per gli aspiranti chef perché qui si prova a fare un po’ di tutto. Diversi tipi di cotture, differenti tagli di carne da cucinare, e molta esperienza che fuori dall’hotel è difficile da compiere. Questo tipo di esperienza fornisce delle solide basi per il futuro che, difficilmente, il ristorante può dare ad un futuro chef, perché si lavora stagionalmente su un certo numero di piatti e si ha meno margine di sperimentazione a largo raggio. In Hotel, invece, il cliente potrebbe richiedere il classico e banale piatto di spaghetti al pomodoro: questa è, per certi versi, la base della cucina. Al ristorante questo tipo di piatto, oltre a non essere in carta, potrebbe creare difficoltà in cucina: questo per ribadire che in hotel si può fare esperienza anche di piatti semplici
e dai quali partire per realizzare, in futuro, pietanze più elaborate. Questo, ovviamente, vale per Ristoranti di un certo calibro, in quelli di categoria media gli spaghetti al pomodoro ci sono eccome!” Ci sono differenze nell’organizzazione della cucina tra un ristorante e uno all’interno di un hotel? “Per prima cosa, le differenze stanno nella suddivisione dei turni di lavoro. Ad esempio, il Villa Principe Leopoldo è aperto 365 giorni all’anno, 7 giorni su 7 e fornisce servizio di cucina attiva dalle 7 alle 23. I giorni e gli orari di lavoro di un ristorante, pur impegnativi, sono comunque minori rispetto ad un hotel (e anche per quelli stagionali, per tutto il periodo dell’apertura, vale la stessa regola). La flessibilità del lavoro richiesta in hotel è davvero notevole: questa è la differenza più sostanziale. In hotel si cerca di andare incontro ai bisogni e a tutte le richieste del cliente (a quello che chiede il brodino, a quello che ha voglia di qualcosa di speciale, a quello che non sta bene). Qui bisogna davvero accontentare tutti, e quindi bisogna avere davvero di tutto in cucina, cosa che al ristorante succede più difficilmente. Infine, la spesa. Come al ristorante anche da noi ci si regola sui consumi medi e si fanno stime su cosa e quanto comprare. La differenza sta nella dispensa: da noi ci deve essere una gamma di prodotti molto superiore rispetto al ristorante. Partendo dai cibi per la prima colazione, fino ad arrivare alle infinite richieste “particolari” che possono venire dai clienti dell’hotel (un brodo, una cotoletta, o una improvvisa voglia di “qualcosa di speciale”). Noi dobbiamo essere flessibili, e i nostri fornitori devono esserlo altrettanto perché tutto funzioni a regola d’arte.”
Per un cuoco è fondamentale sapersi adattare alle richieste: in un hotel capita di servire il caviale come di cucinare la pappa per un neonato
Ci sono differenze anche a livello di personale? “Certo. Tornando sui turni di lavoro, infatti e sul fatto che un hotel sia aperto 7 giorni su 7: nel mio caso ho sempre due secondi disponibili per la cucina, che si alternano (e questo anche con lo chef pasticcere e i suoi due secondi). Solo in occasione di manifestazioni come grandi banchetti siamo presenti tutti insieme. Bisogna consentire a tutti di avere dei turni di riposo. Pensate che la nostra brigata è composta da 25 elementi in estate e una ventina in periodo invernale. Questi numeri sono più alti rispetto ad un ristorante, dove con gli orari e i giorni di apertura si riesce a riposare anche con minor turnazione di personale. Da segnalare un’altra differenza: al ristorante, solitamente, si lavora sempre con il medesimo team. In hotel,
27 invece, data questa alta turnazione, capita di lavorare con una brigata anche molto diversa dal giorno precedente, quindi è necessario codificare più precisamente il lavoro, in modo che si crei armonia e che chi rientra dalla pausa il giorno successivo non abbia sorprese”. Nello studio del menu, invece, ci sono differenze? “Diciamo che per un ristorante è più facile cambiare anche la metà dei piatti sulla carta, semplicemente dando precise direttive al personale. In Hotel questo accade con più difficoltà. Nel mio caso personale, ad esempio, compilo “solo” 6 carte diverse in un anno. Per poter offrire qualche alternativa alla clientela, ci sono i piatti fuori carta (nel nostro caso molto spesso si tratta di pesce proposto a voce al tavolo). Inoltre, a pranzo e a cena si diversificano i menu, pur restando fedeli alla nostra carta principale, cerchiamo sempre di dare qualche opzione di scelta in più, proprio come avviene anche nei ristoranti.” E per quanto riguarda la formazione del personale? “Sono convinto che chi aspiri davvero a diventare un bravo chef, debba seguire il classico percorso passando da una cucina di un hotel. Poi, nel corso del tempo, è bene che ci si specializzi anche con altre esperienze. Da uno chef di hotel ci si aspetta una visione più ampia: non una semplice infarinatura, ma una vera sicurezza sulla base della cucina e i suoi capisaldi, e poi eventualmente la creatività e la voglia di sperimentare e rivisitare, ma sempre partendo da solide basi. Per un cuoco è fondamentale sapersi adattare alle richieste: in un hotel capita di servire il caviale come di cucinare la pappa per un neonato. Quando devo scegliere un secondo in cucina, preferisco venga dall’esperienza in un ristorante di hotel, perché in questo caso non è necessario formarlo, bensì si può procedere a farlo evolvere. Anche per i camerieri ci sono delle differenze. In hotel, infatti, capita a chi serve in sala, di avere a che fare per diversi giorni continuativi con la stessa clientela, andando a creare un rapporto di fiducia più personale che al ristorante. A volte mi si dice che in hotel il personale di sala sia più professionale: a riguardo, credo sia un problema più del datore di lavoro che del cameriere in sé. Per la cucina è facile trovare nuove forze attive, perché i numeri dei neo-diplomati in questo settore è buono. Invece, ci sono sempre meno camerieri con una buona formazione in uscita dagli istituti. Noi, ad esempio, spesso attingiamo dalle forze della vicina Italia, fresche di Scuola Alberghiera. Sono convinto, comunque, che anche nel settore “servizio in sala” l’hotel costituisca una buona palestra, perché un cameriere è obbligato a confrontarsi con il servizio della colazione, del pranzo, della cena, del servizio in camera ecc. Negli anni ’70 con il boom della nouvelle cuisine i cuochi hanno iniziato a lavorare in proprio aprendo diversi ristoranti e mettendo le mogli a lavorare in sala, risparmiando sui costi di un maître. Dalla cucina, quindi, ha iniziato ad uscire tutto già impiattato, e forse proprio da quel momento il cameriere ha iniziato a perdere di attrattiva come mestiere. Oggi credo che se si tornasse (come in diverse strutture ed occasioni capita di vedere) a rinobilitare il
Sopra DARIO RANZA al lavoro Sotto ancora lo chef con, a sinistra, Gabriele Speziale e, a destra, Claudio Recchia , maître sommelier all’Hotel Villa Principe Leopoldo
28 intervista mestiere con la possibilità di porzionare i piatti al tavolo, e restituire una manualità quasi persa al personale di sala, diversi giovani potrebbero sentirsi più motivati ad investire il loro tempo nella formazione di un mestiere che, secondo me, è davvero nobile.” Cosa ne pensa della proposta dei ristoranti negli hotel del Canton Ticino? “Sono positivo. Vedo anche in Canton Ticino che si guarda al futuro e si tenta di abbandonare un tradizionale modo di intendere la cucina in favore di proposte sempre più interessanti, più flessibili. Grazie a quelle che potremmo chiamare “cucine satellite” all’interno degli hotel si diversificano spazi e proposte culinarie, andando incontro alle esigenze della clientela, che è sempre meno favorevole a spazi grandi, rumorosi e pre-fissati. Da questo punto di vista, noto un grande rinnovo nella nostra regione. Spesso ci si muove anche in favore di una valorizzazione dei prodotti locali, anche se questo risulta più semplice per i ristoranti che per gli hotel. Infatti, non è sempre possibile avere pesce fresco di lago, né per poterlo offrire a tutti i clienti, né per un tempo preciso. Ma sui formaggi, i salumi, il miele, ad esempio, è tutto più semplice e, sempre più spesso, durante la colazione si propongono specialità ticinesi. Risulta ben gradita dalla clientela anche una classica polenta e altri piatti della tradizione. Ad esempio, gli americani sono sempre molto aperti alla sperimentazione di tipicità del territorio, mentre i russi sono più orientati verso i classici della cucina italiana. Chi apprezza decisamente questa riscoperta della tradizione, sono i clienti esterni all’hotel che vengono da vicino: sono proprio i ticinesi! Riguardo al vino, invece, la grande maggioranza della
clientela, sia locale che internazionale, predilige le etichette ticinesi. Qui non ci sono problemi, perché il vino è di ottima qualità e certo può soddisfare anche numeri consistenti di richiesta.” Suggerimenti per le cucine di hotel? “Credo che si stia lavorando bene, quindi bisogna proseguire sulla strada della versatilità e della flessibilità. Offrire sempre più alternative grazie a diverse proposte culinarie all’interno della stessa struttura alberghiera è il futuro. Trovo che anche l’orario fisso abbia fatto male alla ristorazione: sia quella in hotel che fuori. La gente mangia ad ore diverse, quindi è la cucina che si deve adattare alle nuove abitudini alimentari della clientela, e non viceversa.”
CONSIGLI PER IL RISTORANTE DELL’HOTEL • AVERE UN INGRESSO AUTONOMO • DIVERSIFICARE L’OFFERTA CULINARIA CON DIVERSI PUNTI RISTORAZIONE • AVERE DEI FORNITORI DISPONIBILI • ABBANDONARE LA CUCINA TRADIZIONALE IN FAVORE DI PROPOSTE PIÙ NUOVE • EVITARE SALE DA PRANZE TROPPO AMPIE E RUMOROSE • AVERE ORARI DI CUCINA PIÙ FLESSIBILI • CREARE MENU AD HOC PER LE OCCASIONI • AVERE UNA BRIGATA COESA E CHE SAPPIA LAVORARE IN TEAM • TENERE DEI PIATTI FUORI CARTA DA PROPORRE QUOTIDIANAMENTE • PUNTARE NUOVAMENTE SULLE PORTATE SERVITE DIRETTAMENTE AL TAVOLO
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Gianni Materni
Direttore di mercato Prodega Cash & Carry
Bartolomeo Piacenza
Direttore Ipergros
DERBY A TAVOLA GUSTI E PREFERENZE A CONFRONTO
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Gianni Materni
Bartolomeo Piacenza
- Nato a Locarno il 28 marzo 1962 - Professione: dir. di mercato Prodega Cash & Carry - Altro: motociclista e viaggiatore
- Nato il 13 dicembre del 1961 a Canosa (Italia) - Professione: dir. Ipergros - ALTRO: Sposato, 1 figlio
Gianni Materni 1. Goloso ? 2. Preferisce sapori dolci o salati ? 3. Sport preferito? 4. Squadra del cuore (hockey o calcio)? 5. A quale piatto paragonate la vostra squadra? 6. Piatto preferito? 7. Il piatto che non mangerebbe mai? 8. Per avere successo nel suo campo occorre… 9. Se la sua azienda fosse un piatto, quale sarebbe?
10. Se l’azienda concorrente fosse un piatto cosa sarebbe? 11. Sa cucinare? 12. Il piatto che le riesce meglio? 13. Chi inviterebbe a cena? 14. Vino preferito? 15. Pregi e difetti del mercato ticinese?
16. Quale la ciliegina sulla torta della sua azienda? 17. Il suo prodotto ticinese preferito? 18. Cosa cucinerebbe per cena al suo “avversario”? 19. Amo il mio lavoro perché… 20. Brindisi finale al settore cash & carry
Bartolomeo Piacenza
Si abbastanza, da dovermi spesso moderare… Si, sono goloso. Sono sia buona forchetta che buon cucchiaio Salato, ma non disdegno i dolci Decisamente quelli salati Bicicletta Non prediligo una particolare squadra, sono piuttosto un appassionato “globaledomenicale” Non avendo preferenze, più che un piatto unico sarebbe un gran buffet Linguine al pesto La testina di vitello. E’ una questione di approccio visivo più che gustativo…. Avere uno spirito imprenditoriale, essere orientato alla clientela ed amare le nuove sfide Probabilmente un piatto molto amato in Svizzera come la Sella di capriolo, nel quale vari abbinamenti di più alimenti si fondono in un perfetto mix di sapori e colori Un buon risotto con i funghi Certo anche se non ho spesso l’occasione di mettermi ai fornelli Risotto alla milanese Bartolomeo Piacenza I grandi piemontesi come il Barolo e il Barbaresco Di pregi ve ne sono moltissimi, tra i tanti, la nostra posizione geografica, nodo cruciale di culture e tradizioni, ma il difetto è quello di non riuscire sempre a valorizzarli come meriterebbero Il fantastico team di collaboratori che vi lavorano La polenta (con brasato, capretto o semplicemente con il latte) Pollo al limone con patate al forno (la ricetta genovese che adoro), accompagnato con un buon Chianti Mi entusiasma ogni giorno ed è una continua sfida Brindiamo ad uno sviluppo professionale e continuo di questo fondamentale servizio per i settori della gastronomia e della vendita al dettaglio
Hockey Una delle due ticinesi di massima lega … il piatto verrà preparato a breve … gli ingredienti, per entrambe le squadre, ora ci sono tutti! Risotto e … quello che offre la stagione Quello vuoto Il buon uso dei 5 sensi Sella di capriolo con tutti i suoi variopinti e gustosi contorni
Züri-geschnetzeltes Si, è una grande passione E’ quello che realizzerò domani Jerry Scotti … riso a parte! I grandi Merlot ticinesi Il pregio è quello dato dal territorio, ricco e variegato. Il difetto è quello di essere un mercato piccolo e dipendente dalla meteo La ciliegina è la grande flessibilità e il contatto umano che da quasi 50 anni ci contraddistingue Sicuramente uno dei tanti formaggi d’alpe ticinesi Gli cucinerei un brasato al Merlot Amo il contatto con le persone Per il bene dei nostri clienti … viva la concorrenza
32 CHI SBAGLIA...
Strafalcioni imbarazzanti e ossessivi abbellimenti delle ricette più semplici e nostrane. Oggi il menu di tanti (troppi) ristoranti è da consultare con un dizionario sottobraccio, perché non sempre risulta di facile lettura o interpretazione
in collaborazione con Davide Comoli
TRA LINGUA E PALATO
MENU QUASI SUFFICIENTI A partire dai classici errori di battitura o refusi vari, siamo passati al tentativo ormai diffuso di stravolgere il nome originale del piatto, in favore di elucubrazioni che lasciano il cliente in preda a mille dubbi. Ecco un viaggio, a tratti esilarante, negli errori dei menu che Ristora Magazine ha scandagliato in lungo e in largo nel Canton Ticino. Partendo dal presupposto che la carta delle vivande è un vero biglietto da visita per il locale dove il cliente ha scelto di cenare, è d’obbligo sottolineare che anche i semplici refusi e gli errori di battitura sono difficilmente “digeribili”, perché risultano sempre un po’ indigesti a chi tiene alla forma, oltre che alla sostanza. Prima di far stampare un menu, quindi, è sempre meglio controllarlo più e più volte, in modo da non incappare spiacevolmente in pesce che diventa “pece”, in Mar “Cantarbico” o in qualcosa che potrebbe fare ridere di gusto i vostri clienti
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La lista delle vivande Con questo termine oggi si intende la “lista” o l’elenco dei piatti disponibili in un ristorante, per indicare lo stile di cucina proposto nel suo insieme, che permette allo chef di programmare gli acquisti delle materie prime e al sommelier di organizzare la cantina. Allo chef, in collaborazione con il sommelier, è affidata la stesura del menu e questi deve tener conto di numerosi fattori tra i quali i più importanti sono l’ubicazione e l’ambiente del locale, le stagioni e il mercato. Questa lista si tradurrà in un documento che il cliente avrà a disposizione per effettuare la scelta dei piatti. Escoffier, che scrisse un libro sull’arte di comporre i menu, affermava che la loro composizione era uno degli aspetti più difficili nel mestiere di ristoratore, dato che bisognava trovare il giusto equilibrio nelle proposte tra la disponibilità dei prodotti. I punti di forza del locale sono le loro specialità, la necessità di rinnovarsi ma anche compiacere la clientela abituale, oltre alla proposta di pranzi leggeri, tradizionali o innovativi. Tutti questi problemi esistono tutt’oggi anzi si sono moltiplicati perché, se è vero che il miglioramento delle comunicazioni ha reso l’offerta del mercato molto più ricca e flessibile, eliminando gran parte delle difficoltà relative alla stagionalità dei prodotti, è anche vero che l’espansione dell’informazione e della comunicazione ha accelerato il flusso e il riflusso delle mode e dei gusti, rendendo davvero difficile il mantenimento del “famoso equilibrio”. Infatti, i tentativi di stabilire codici e regole su come comporre i menu, si trovano spesso superati dagli eventi: gli unici punti fermi rimangono comunque sempre la capacità tecnica, la fantasia e il talento dello chef. Il “menu scritto”, inteso come l’insieme dei piatti e delle bevande che compongono il pasto esiste da tempi assai remoti. A partire dai primi dell’Ottocento, sull’esempio della Francia, la lista delle vivande trascritta su carta viene distribuita ai clienti dei ristoranti perché possano scegliere i piatti secondo le loro preferenze oppure, nel caso di banchetti, proposta ai commensali per dare notizie di tutto ciò che verrà servito. Molto spesso i menu venivano curati con grafica raffinata e coerente con l’argomento e con l’ambiente. Il menu deve essere sempre in ordine, facilmente leggibile ed elegante. Deve essere di facile interpretazione e per questo i nomi dei piatti non dovrebbero essere fantasiosi e indecifrabili, ma far capire chiaramente di che tipo di preparazione si tratta. In occasione di banchetti o particolari manifestazioni, il menu presentato ai commensali non è “alla carta”, ma indica i piatti prescelti e i vini già stabiliti in abbinamento dal sommelier, il cui compito è, in questo caso, particolarmente importante. PICCOLI CONSIGLI DA METTERE IN PRATICA Innanzitutto il menu deve essere pianificato in base al calcolo preciso dei costi, alla stagione, alle richieste della clientela e alla necessità di diversificazione. Le regole dettate dal “galateo del menu” se così vogliamo chiamarlo,
vorrebbero anche la composizione ragionata di ogni singola tipologia di menu: quello per bambini, per il pranzo di lavoro, per le cerimonie, o addirittura quello povero di calorie. È consigliabile anche avere il menu del giorno, dove si possono offrire i piatti cucinati in giornata ed è gradevole dedicare un menu ai soli dessert. Non scegliere un tipo di scrittura troppo piccola o non facilmente comprensibile, perché il menu deve essere chiaro e ben leggibile. Le specialità dovrebbero distinguersi dal resto delle portate ed essere messe in evidenza, i prezzi devono sempre essere leggibili e sottolineare se la pietanza ha necessità di una lunga preparazione (considerati anche i ritmi quotidiani dei clienti dei ristoranti, che a volte hanno poco tempo per pranzare). Ecco un piccolo e veloce sunto delle buone regole per il menu, ora concentriamoci sul lessico e la sostanza. DILEMMI DA RISOLVERE Ci sono, poi, quelle classiche domande sempre aperte che mettono tutti in difficoltà, ma che chi stila un menu non può permettersi il lusso di sbagliare e “interpretare” a proprio gradimento. Luccio perca, lucioperca? Arduo decidere se si tenessero in considerazione i tanti menu che sono passati al vaglio di Ristora Magazine, ciascuno con la sua rivisitazione della parola. Bandite le versioni fantasiose che spezzano o uniscono il termine a piacimento, il “nostro” pesce per eccellenza è buona regola (oltre che corretto) presentarlo come lucioperca. Uno dei sughi classici per il primo piatto di pasta è, spesso, bistrattato dai menu ticinesi: la matriciana, l’amatriciana, o l’amatricciana? Ognuno ha la sua interpretazione del termine. I romani, però, potrebbero offendersi a morte, perché quella vera è solo l’Amatriciana. Dall’Inghilterra, invece, arriva un altro tranello: dimenticatevi “rosbeef”, “rostbef” e chi più ne ha più ne metta. Il termine corretto è “roastbeef”! La soia ha due possibilità e varianti accettate: potete scrivere soia o soja, ma non inventatevi soya! I neologismi sono licenze da poeti, non da ristoratori! Lo stesso vale per polipo, termine corretto, ma corretto tanto quanto polpo. Ossobuco è una parola unica, paté si scrive in questo modo, come in questo modo si scrive entrecôte, la tartare ha la “e” finale, le crudité in pinzimonio hanno l’accento finale ed il couscous è una parola unica. Gli errori possibili, ovviamente, sono potenzialmente infiniti, ma ne esiste davvero una lista di quelli che, con più frequenza di altri mettono un po’ tutti in difficoltà. Ad esempio, se scegliete di mettere in menu la mitica Chateaubriand, sappiate che nella preposizione e nella lettera conclusiva starà la correttezza o l’errore del termine: per “Chateubriand” si intende il piatto di carne che prende il nome dal famoso letterato francese, noto anche per il suo appetito da lupo; invece “di Chateubriant” si intende la carne proveniente da un piccolo paesino nella Loira francese dove viene allevata una particolare specie di mucca.
34 CHI SBAGLIA... Per finire, il bouchon è una parola francese che significa “tappo”, ma riadattata al dialetto ticinese ha assunto il significato condiviso di formaggino, con la dicitura di büsción. GIOCHI DI PAROLE, MA CHE SI MANGIA? La tendenza di questi ultimi anni vede la decorazione dei piatti allungare le sue grinfie anche sulle descrizioni dei menu, raccontando (ma non spiegando) alcuni piatti che, da soli, non avrebbero bisogno di fronzoli, perché come si dice parlano da soli. Partiamo, quindi, dagli errori di concetto, se così vogliamo chiamarli, quelli che più sgradevolmente potrebbero essere interpretati come volontà di raggirare e abbindolare il cliente. Cosa sarà mai il “pescato del giorno”? Letteralmente è di facile intuizione, ma attenti cari ristoratori a non offrire delle seppie o del branzino sotto tale dicitura: viviamo in Svizzera, in una regione ricca di laghi e di fiumi, ma certo non c’è il mare. Il pescato del giorno, quindi, dovrà riferirsi ai prodotti di lago e di fiume, per coerenza tra menu e il luogo in cui ci troviamo. Diversamente, per favore, scegliete un altro nome per il vostro piatto! Si sente puzza di bufala anche nel caso, che Ristora ha trovato in un altro menu di locale ticinese, in cui si scelga un nome per il piatto. Fin qui tutto lecito, ma se il nome del piatto è “Sogno di mare” e poi si tratta di carpaccio di salmone scozzese, allora c’è qualcosa che non quadra. Il salmone, in Scozia, viene pescato nei fiumi e nei laghi, non certo in mare! Ci sono, poi, una infinita serie di terminologie e modi di dire assolutamente incomprensibili. Cosa saranno mai i fiorelli di spinaci? Per non parlare di neologismi sui tipi di pasta, come ad esempio i Lingotti. Che cosa mangerò se deciderò di ordinare “caviale di melanzane”? Non siete stanchi anche voi delle “rivisitazioni” che rivedono, ristudiano, rianimano e chissà cos’altro i piatti più comuni? Sdoganato un po’ ovunque il termine vellutata, in quanti sanno che la vera vellutata conta l’aggiunta di panna e tuorlo d’uovo? Il resto può tranquillamente essere definito crema o passata. Siamo sicuri che quella che chiamate vellutata lo sia per davvero? La cucina è un’arte, e l’arte dovrebbe stare più dentro al piatto che sulla carta. I camerieri che si troveranno a dare spiegazioni a chi chiede lumi sul caviale di melanzane, ad esempio, saranno costretti a banalizzare e semplicizzare il termine, svilendo in questo modo il tentativo pretenzioso della carta. Le maiuscole per i nomi dei piatti potrebbero bastare per dare nobiltà, soprattutto, a quei prodotti di eccellenza che a volte costituiscono l’ingrediente forte di un piatto. Invece, per accentuare l’unicità del piatto, in molti hanno adottato la tecnica dell’articolo determinativo “IL risotto”, o “LA nostra lasagnetta”. Si tratta, ovviamente, di una scelta stilistica personale, ma è indubbio che questa opzione costituisca un metodo di ingentilimento, a tratti forzato, di piatti anche molto semplici e appartenenti alla cucina tradizionale. Ci raccomandiamo, quindi, di ricordare che per gnocchi, l’articolo corretto sarà “GLI” e anche che millefoglie è un termine femminile!
Un cenno è d’obbligo anche per i diminutivi o i vezzeggiativi: risottino, zuppetta, e addirittura scamoncino? Forse se la vostra carta prevedesse una sezione dedicata ai più piccoli si potrebbe anche chiudere un occhio, ma diversamente restiamo perplessi da questi docili (ma inutili) tentativi di rendere più graziosi i piatti. Che dire, poi, dell’ “uovo a lunga cottura con la sua bottarga?” Tornando ai “menu comprensibili”, come potete pretendere cari ristoratori che un cliente possa ordinare una “Fantasia di mare alla mediterranea” che vuol dire tutto ma non significa niente? Il rischio è quello che l’avventore più attento, e più pignolo forse, possa credere che il vostro menu sia sommario ed approssimativo, non chiaro e a volte persino “fuorviante”. Oltre al vostro personale da sala, il menu è lo strumento che parla per voi direttamente ai vostri clienti, è il mezzo attraverso il quale chi non vi conosce si farà la prima impressione del vostro modo di essere e di lavorare. Forse, se ripensato in questo modo, sarebbe “cosa buona e giusta” studiarlo con un po’ più di attenzione e dedicarci qualche attimo in più. L’INCOMPRENSIONE CULINARIA La chiarezza del menu è un’arte. Il cliente che si trovi di fronte una lista delle vivande con parole poco comprensibili, piuttosto che errori o ingentilimenti forzati farà sicuramente più fatica a scegliere cosa ordinare rispetto ad un menu classico e ben articolato. Immaginate l’espressione interrogativa dell’avventore che si trova a leggere “Zuppa fredda di ramati all’origano fresco con spilli di calamaro”, oppure la dicitura fuorviante, per i non addetti ai lavori, “funghi di Parigi” al posto che, semplicemente, champignons. Quello che potrebbe accadere, e che forse già accade, è l’insinuazione del dubbio: “che vorrà dire? Perché non chiamano le pietanze col loro nome? Qualcuno mi sta vendendo una cosa per un’altra”? Non è una scelta purista quella di Ristora Magazine, perché come in tutte le cose la verità sta nel mezzo. Un noto ristorante stellato ticinese ha adottato, in controtendenza rispetto al dilagare di carte delle vivande sempre più barocche, un menu basico. Un esempio? “Dalla Bretagna: astice – couscous al mango – vaniglia di Tahiti – lime”. Apprezzabile l’intento di chiarezza, pulizia e la semplicità assoluta, ma come è cotto l’astice? E dove sta la vaniglia? O ancora “tartar di manzo angus - carota - semi di zucca - fiore di cannella”, oltre all’errore lessicale sulla tartare, come sarà mai composto questo piatto? Gli eccessi, si sa, non sono mai apprezzabili, e nemmeno l’amore per la linearità e la semplicità giustificano l’incomprensibilità. Tornando a chi, invece, eccede nell’operazione contraria, se le aspettative, dati i nomi e le descrizioni altisonanti, non venissero rispettate, pensate che il cliente tornerebbe? Se l’avventore si aspettasse un trionfo (per usare un’altra espressione abusata) di cibi mirabolanti e incomprensibili prelibatezze, e poi tutto fosse tradotto in qualcosa che resta al di sotto del grado di aspettativa del vostro beneamato? Potrebbe, in questo caso, essere un’arma a doppio taglio la scelta di rendere il menu più elaborato di quanto poi nella realtà sarà il piatto. Pronti a rischiare?
35 OCCHIO ALLE TRADUZIONI E ALLA COERENZA Parola d’ordine: coerenza. Se scegliete di italianizzare, italianizzate tutto e non parzialmente. Menu è una parola francese che non richiede accento finale, quindi se decidete di adottare questo termine nel suo lessico originale, all’interno della carta non si dovrebbero italianizzare altri termini culinari e gastronomici. Non cadete, insomma, nell’errore (o nella incoerenza) di rinominare a vostro piacimento “Spaghetti alle vongole veraci con verde di zucchina in giuliana”. Insomma, usare termini originali, nella lingua di loro provenienza, non è certo un errore se ne vengono rispettate le regole lessicali e grammaticali. Spesso accade, comunque, che nella traduzione dei menu in altre lingue gli ingentilimenti tanto discussi si perdano per strada, e i nostri beneamati spaghetti sopracitati diventino semplicemente “Spaghetti mit Venusmuscheln und Zucchetti”. La traduzione, insomma, a volte riesce nel lavoro di semplificare e tornare alle origini del piatto, nella sua stesura lineare e semplice. A volte, invece, nasconde insidie legate puramente alla conoscenza della lingua. La coerenza, inoltre, presuppone che in una “caprese con mozzarella di bufala e pomodorino cherry”, sia da preferire l’italianissimo pomodoro di Pachino. Coerenza, infine, è anche legata alla stagionalità: trovare in menu tagliatelle ai funghi porcini o piatti di selvaggina in piena estate suona male oltre che fuori tempo. Lo stesso vale per i piatti con il tartufo: per mettere la dicitura “d’Alba”, non sarà possibile né credibile che ci si trovi oltre dicembre o prima di ottobre. Ricordatevi, inoltre, che se presentate una “Tagliata di salumi misti all’italiana” state commettendo un’errore mescolando due tradizioni culinarie: la “tagliata” in Canton Ticino significa un piatto di affettati nostrani ticinesi, men-
tre se scegliate salumi italiani, dovrete presentarli come “affettati”. Abbandonate le “lasagne alla moda del cuoco”, col terribile sospetto che dentro possano esserci tutti i resti di cucina di una intera settimana (allora sarebbe da preferire un “piatto del giorno” nella dicitura del menu) ecco qualche utile consiglio aggiuntivo sulla vostra carta delle vivande. Gettate nella spazzatura gli antichi ed anacronistici menu plastificati! La carta deve essere igienicamente impeccabile, pratica ma anche accattivante, e non dimenticate mai che il benvenuto ai vostri clienti lo darete anche con questo strumento. Cari ristoratori, non prendetela sul personale. Nel fare i complimenti al vostro lavoro siamo sempre i primi, ma è giusto anche metter i puntini sulle “i” quando c’è qualcosa da puntualizzare. Se voi stessi volete segnalare errori o avete qualche dubbio amletico a riguardo, scrivete pure e Ristora Magazine vi risponderà. In attesa della prossima uscita del magazine a novembre, quando affronteremo, sempre con il prezioso contributo di Davide Comoli, lo stesso argomento ma esaminando le carte dei vini. Quindi, appuntamento al prossimo numero! Bibliografia: - Pauli Eugene/ Technologie Culinaire, 1996 - 2° ed. Lucerna (Svizzera) Ed. Union Helvetia - La Rousse Gastronomique, a cura di Robert J. Courtine, 1986 Parigi Ed. Librairie Larousse
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36 IERI E OGGI
LA TRADIZIONE che guarda
AL FUTURO
Ad Ascona i sapori antichi e quelli moderni convivono in una Locanda che ha mantenuto tutto il fascino di un servizio d’altri tempi (al guéridon), ma ha saputo anche rinnovarsi e aprirsi alle cucine del mondo. Ecco il riuscito mix tra piatti esotici e cucina regionale della Locanda Ticinella Un solido nucleo di storia e tradizione, un cuore pulsante di cucina territoriale che viene, quotidianamente, contaminato attraverso l’apprezzabile tentativo di regalare qualcosa di nuovo ai clienti abituali e a quelli di passaggio. Ecco, in un solo concetto, la filosofia della Locanda Ticinella, locale storico di Ascona che da oltre 30 anni coccola i suoi clienti attraverso una cucina ricca e “carnosa”, un
ambiente famigliare ma elegante, un servizio d’altri tempi. Da tre anni il gruppo Enjoy, alla guida di ben nove locali nel Locarnese, ha preso le briglie di questa locanda dal sapore antico, facendo un apprezzabile restyling della sala interna e andando incontro alle richieste crescenti di una clientela più esigente (aperto 7 giorni su 7). La terrazza esterna resta un’oasi piacevole soprattutto negli assolati pomeriggi estivi, dove ci si può riparare dal sole gustando piatti freschi e studiati proprio nel rispetto della stagionalità. Il menu della Locanda si divide in due parti: i grandi classici tradizionali, da sempre qui proposti alla carta e che ancora oggi hanno i loro affezionati catturando quella parte di clientela legata ai piatti più semplici e popolari; poi ci sono le fantasie intriganti dello chef Raffaele Fiorenza, che porta sulle tavole del Ticinella una ventata di aria nuova ed eclettica. Nato in Galles, di origini napoletane, vissuto in Trentino Alto Adige e poi approdato dopo diverse esperienze culinarie in Canton Ticino, lo chef è riuscito a dare un carattere tutto personale ad un menu che sposa con assoluto garbo le ultime tendenze della cucina (e il
suo amore per i piatti e gli ingredienti asiatici) ai classici che non tramontano mai. Qui, le carni sono le regine della tavola, avendo mantenuto intatta la trentennale predilezione del ristorante per ricette “di sostanza”. Anche la carta dei vini, di conseguenza, conta una prevalenza di etichette di rosso, con particolare attenzione ai vini di casa nostra (Merlot ticinesi in maggioranza), ma anche italiani e qualche chicca cilena. Ecco, allora, che il piatto forte della casa, Chateaubriand abbinato con sette tipi di verdure (rigorosamente diverse in base alla stagione) viene presentato con servizio al guéridon. L’intera brigata di cucina, ci ha raccontato lo chef, è un bel mix tra tradizione e innovazione, ognuno ha i suoi compiti che rispettano l’indole di ciascun membro, sia più portato agli gnocchi fatti in casa piuttosto che al “rivisitato” vitello tonnato scomposto (impiattato come tonno scottato, carne di vitello e salsa allo jogurt) . Le verdure del giorno sono davvero verdure del giorno, nulla di surgelato e tutto, rigorosamente, dettato dalla stagione. Sulla carta troverete anche qualche pesce, di lago e di mare, per accontentare gli inguaribili amanti del genere. Invece, non cercate nel menu delle vivande i dolci, perché non li troverete! “Non ci sono dessert alla carta” prosegue Raffaele Fiorenza “perché dipende da come mi alzo la mattina. Diciamo che preferisco l’attualità”. La battuta dello chef sta a sottolineare che le portate dolci sono sempre freschissime e ispirate dal momento e dalla creatività dello chef. Un esempio? La spuma di jogurt al frutto della passione, apprezzatissima dalla clientela che ha imparato a sperimentare la predilezione dello chef per i frutti tropicali. Su questo filone si colloca anche uno dei piatti meno tradizionali, ma più apprezzati, del Ticinella: Pollo ripieno ai gamberoni glassato all’ananas su salsa al curry rosso e timballo di riso Venere. “Questa ricetta è realizzata interamente con ingredienti di Ipergros, che abbiamo scelto come nostro fornitore. Dal pollo, ai gamberoni, al curry, al riso, i prodotti Ipergros hanno un buon rapporto qualitàprezzo.” La scelta di questo distributore per tante materie prime in cucina è dettata, però, non solo da fattori economici e di comodità, come ci spiega Fiorenza, “io faccio la spesa quasi tutte le mattine. Da Ipergros mi trovo bene per la qualità dei prodotti, ma per me è molto importante anche il rapporto interpersonale. È bello poter scambiare quattro chiacchiere facendo la spesa, rende il mio lavoro più piacevole, e mi permette di contare su un servizio sempre cordiale e personalizzato. Questo è il vero valore aggiunto di Ipergros.” La Locanda Ticinella, a partire dal mese di settembre, tornerà ad ingolosire il pubblico di affezionati con la rassegna a tema selvaggina, con la sella di capriolo con castagne glassate e cavolini di Bruxelles, filetto di cinghiale con salsa all’uva americana, salmì e costolette di cervo. E quando sarete soddisfatti da una bella ricetta classica e regionale, ci sarà la firma del cuoco, un piccolo pomodoro cherry, a ricordarvi, oltre alle sue origini napoletane, anche il suo tocco creativo che dalla cucina, la prossima volta, farà uscire nuove ed inconsuete pietanze.
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Dal 1964 Partner Per Professionisti www.ipppergros.ch
38 USI E COSTUMI
Cucina TICINESE E GLOBALIZZAZIONE In due miei contributi apparsi su questa rivista, cercavo di ragionare su quale fosse oggi l’offerta cucinaria nel nostro cantone e mi riallacciavo alla nuova diversa realtà ambientale, sociologica, famigliare, ed anche territoriale del Ticino con un confine geografico e politico, a nord e a sud, sempre meno divisione, separazione e sempre più passaggio, integrazione “Con il termine globalizzazione si indica il fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti, il cui effetto principale è una decisa convergenza economica e culturale tra i Paesi del Mondo.” Così Wikipedia, settembre 2010, e così in questi giorni il piccolo Canton Ticino si trova confrontato con una tempesta valutaria e finanziaria che mette in pericolo i bilanci degli stati europei e porta il rapporto franco-euro vicino alla quasi parità (1 euro = 1.10 franchi). Vita sicuramente non facile per i commerci ed i ristoranti locali che assistono, impotenti, all’esodo dei cittadini svizzeri verso gli esercizi di oltre confine, resi attraenti da questa situazione monetaria globale. Se si cerca di analizzare la situazione della gastronomia e della offerta cucinaria, bisogna ammettere che dare delle soluzioni non è per nulla facile. Lasciando ai politici, al Consiglio federale e a tutte le entità preposte di proporre validi strumenti per affrontare il problema che tocca tutta l’economia cantonale, limitiamoci in questa modesta rubrica ad esaminare cosa fare nella gestione di un ristorante o di un esercizio pubblico confrontato con questa attualità. Cosa rende attrattiva una visita in un ristorante, un caffè, un grotto in Canton Ticino? La prima cosa è la cucina che deve soddisfare il cliente: piatti della tradizione preparati con sapienza, professionalità e amore, perché non siano solo un cuocere o riscaldare, ma rispecchino una sensibilità per il territorio. Prodotti locali di filiera corta per una continua ricerca delle migliori materie prime: prodotti genuini, di qualità, da prendere direttamente alla fonte, in una attenta e costante collaborazione tra produttori e ristoratori, come auspicato dalla Conferenza agroalimentare e da GastroTicino. Si parla di ortaggi, verdure, frutti, aromi, erbe medicinali.
a cura di Paolo Grandi
È cronaca attuale la notizia dell’utilizzo dell’acqua calda ricavata dal calore della combustione dei rifiuti nel termovalorizzatore di Giubiasco, per tele-riscaldare le serre di quattro grandi aziende agricole (metà della produzione ticinese) ed avere pomodori, cetrioli, melanzane senza forzature e senza utilizzo di prodotti fossili. Sulla valorizzazione del vino del territorio: il Merlot del Ticino, da più di 100 anni ormai presente nel cantone, oggi è arrivato a traguardi di qualità ed apprezzamento a livello internazionale. Bianco, rosato o rosso, dal bel colore rubino, il vino accompagna i vari piatti in ogni stagione, soprattutto le carni rosse. E ancora, la scoperta delle strade del formaggio per arrivare agli alpeggi, dove si producono in ogni valle formaggi DOP, tipici, per la razza delle bovine e per la flora naturale. Confezionati durante l’estate ci sono i Piora, Ravina, Lucomagno, ecc.ecc. Un bel piatto di formaggio d’alpe, assieme ai formaggi tipo robiola, freschi e maturi, sono una ricercata pietanza, abbinati a salse, marmellate, miele. Credo che tutti dobbiamo lavorare per valorizzare e preservare le peculiarità del territorio di questo Cantone, ricuperando le radici del passato, ma guardando al futuro, perché il turismo e la clientela, oltre al prezzo, vedono soprattutto l’atmosfera che si respira nei nostri panorami, la bellezza della storia e dell’arte che ispirava i Maestri Ticinesi, Comacini e Antelami mentre costruivano le loro cattedrali e palazzi. La clientela di oggi ha una certa “viscosità” e non abbandona un luogo che conosce e dove si trova bene: dobbiamo sforzarci di tenercela stretta, mantenendo le attuali posizioni gastronomiche che fanno del Cantone un luogo privilegiato e qualificato nelle guide di settore, anche in questo difficile momento valutario!
)L PORTALE DELL ENO GASTRONOMIA TICINESE
40 PROVATI PER VOI
TRADIZIONE NEL PIATTO E NELLO SPIRITO Nella versione estiva, con le fronde degli alberi a fare da contorno, fiori ovunque e la piacevole frescura del bosco di castagni, è senz’altro un locale suggestivo e caratteristico. Ma è l’autunno secondo me, quando l’aria frizzantina invoglia ad entrare per scaldarsi davanti al camino con un buon bicchiere di Merlot, il periodo più generoso del Grotto del Pan Perdü. Da settembre, dopo le calure estive e i suoi caroselli di grigliate, di costine e di affettati nostrani, il chiacchiericcio rilassato degli avventori, accompagnato dalle inconfondibili musiche ticinesi in sottofondo, si sposta dalla terrazza esterna, con i suoi tavoli in sasso, alle calde e rustiche sale interne, sempre con le tovaglie a quadretti bianchi e rossi a farti compagnia, prima che vengano coperte da invitanti specialità locali tipiche d’autunno. Ma anche il miglior piatto non verrebbe così apprezzato senza quell’accoglienza unica del luogo che la propone; prima dei prodotti locali di qualità, prima dell’atmosfera semplice e tipica, prima della genuina piacevolezza del posto, è il suo patron, Giovanni Albisetti, a colpire nel segno. Colpisce per il suo essere diretto, per la sua travolgente simpatia, per la sua semplicità, sempre e comunque. Colpisce per la sua perseveranza e caparbietà, nonostante oltre quarant’anni di lavoro in questo settore così faticoso. Le stesse qualità che Giovanni ha sfoggiato nel passato nel mondo del ciclismo: ciclista di spicco dal 1957 al 1962, in sella alla sua bicicletta ha partecipato a tre Campionati del mondo, nel 1960, nel 1961 e nel 1962 a Salò come professionista. E prima di arrivare alla famosa squadra San Pellegrino con Bartali, nel 1961, Giovanni Albisetti è stato il miglior dilettante svizzero con la conquista del Campionato di Zurigo. Insomma, uno che non molla l’Albisetti. E che dalle fatiche delle due ruote è passato, da tanto tempo ormai, a quelle della ristorazione, non certo meno impegnative, con tutte le salite di questi tempi…
Al Pan Perdü di Carona trovi tutto l’anno il piacere della cucina semplice e nostrana. E in autunno, la gioia della selvaggina
a cura di Arianna Livio Rota
Conferma Albisetti: “È vero, sono periodi difficili. Proprio per questo sono convinto sia importante, pur nella semplicità, essere coerenti con la propria linea di ristorazione. Per distinguermi da altri grotti che propongono una cucina più globalizzata, cerco di mantenere nel menù ciò che so fare meglio, senza disperdermi in proposte che non riuscirei a gestire e che non appartengono alla mia filosofia. Naturalmente è fondamentale, in parallelo, assicurare al cliente una buona qualità dei prodotti, dalla semplice fetta di pane ai salumi della mazza casalinga, dalle carni fresche e di prima qualità alle patate e alla verdura di contorno.” Presentata al tavolo in un caratteristico tegame in rame e autentico cavallo di battaglia del grotto, la sella di capriolo preparata al Pan Perdü è da anni il richiamo d’autunno di molti appassionati di selvaggina. “Una specialità che richiede una grande cura nella scelta della carne, che deve essere tenera, di prima scelta e ripulita da eventuali nervetti. La serviamo in un bel tegame di rame, con il suo classico contorno di stagione: funghi porcini, castagne, spätzli fatti in casa, ribes e gli immancabili crauti.” La carne di capriolo, tenera e delicata, viene proposta e molto apprezzata anche in altre varianti, come in piccoli medaglioni e in salmì. Fra i primi piatti del Pan Perdü sono degni di nota i tortelloni alla salsa di tartufo bianco con burro e salvia, che i più tradizionalisti potranno accompagnare da un buon piatto di polenta e coniglio o di polenta e brasato. Il tutto annaffiato da un Merlot del Ticino DOC, Riserva Giovanni Albisetti o da uno fra gli altri buoni vini ticinesi e italiani in carta (a cura di Riccardo Minesso dell’Enoteca Paradiso). E dopo il formaggio dell’alpe e il dolce, come una deliziosa torta di pane o una cassata artigianale, ci sta anche un buon bicchierino di distillato. Fra le tante varianti di grappa che Giovanni ogni anno prepara ce ne sarà sicuramente una che farà al caso vostro! Grotto del Pan Perdü, 6914 Carona, Tel. 091 649 91 92 (giorno di chiusura lunedì)
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Giovanni Albisetti , insieme al figlio Tiziano,
vi accoglie con un sorriso, un buon Merlot e buoni salumi nostrani
La sella di capriolo con i suoi contorni di stagione
42 provati per voi
Ristorante San Michele in Arosio
salvia fritta & kokoda
La cucina lontana, solare e sconosciuta delle Isole Figi (oltre 322 isole e 522 isolotti sparsi nel sud dell’Oceano Pacifico) rivive tutto il suo splendore ad Arosio. Locale d’antan, arredamento odoroso di legni tra sculture di angeli; in sottofondo, una straordinaria musica klezmer, quasi lamento ebraico, che si fonde coi profumi di curry, cocco, lenticchie rosse e chili. All’ombra dei suoi grandi castagni, la cena inizia con foglie di salvia fritte in pastella. Questo è il mondo di Monica Bürgin, patron, cuoca, artista, amica della musica. Sorpresa delle sorprese, qui i piatti del territorio ticinese sono da 10 e lode
a cura di Attilio Scotti Il KOKODA è il piatto nazionale delle Isole Figi e sfrutta la grande risorsa del mare di questi luoghi: il pesce. Ovviamente non si sceglie, la ricchezza sta in quanto portano a riva i pescatori (nel Mediterraneo si direbbe pesce di paranza): ombrine, piccoli spada, aragostelle, cefali, branzini, granchi, ecc. Si pulisce, si taglia la polpa in piccole tocchetti e lo si “cuoce a freddo” ingredienti per 4 persone: in succo di limone fresco (minimo g 400 riso Carnaroli due ore); poi s’aggiungono verdure 2 pere mature, sbucciate e tagliate a fettine g 100 gorgonzola dolce e cremoso e chili e si serve nelle noci di cocco. 1 litro di brodo di pollo (fatto in casa) Ecco un capolavoro che sprigiona una cipolla note aromatiche nuove, fresche con un etto di burro sensazioni di libertà marittima sulle 1 bicchiere di vino bianco ticinese papille. A questo piatto si aggiunsale e pepe q.b. ge un antipasto quale il MULLIGATAWNY, una crema tradizionale peProcedimento: patissima a base di lenticchie rosse Sminuzzare la cipolla, soffriggere in padella e verdure al latte di cocco. E ancora con burro fino alla doratura, immettere il pollo rigorosamente al curry ed altre riso e sfumare con mezzo bicchiere di vino, spezie tropicali (gradevolissimo), e poi aggiungere, sempre poi risotto alla polpa di granchio e rimestando il tutto, con un mestolo il brodo (caldo) fino a tre quarti dalla cottura. crema di cocco. Aggiungere le pere, rimescolare, infine Sapori unici ed introvabili in altri riaggiungere il gorgonzola e mantecare il tutto, storanti svizzeri, ma Monica Bürgin lasciando riposare a fuoco spento due minuti. – ormai da venticinque anni ad AroServire con una spruzzatina leggera di pepe sio – ci regala non solo le emozioni nero. delle Isole Figi, ma una attenta inter-
pretazione dei piatti ticinesi, quasi tutti realizzati con maniacale ricerca di prodotti a “chilometro zero” o, al massimo, del Cantone, senza il ricorso a precotti o surgelati. Noi abbiamo scelto un originale risotto alle pere e gorgonzola, molto buono (vale la pena di darvi la ricetta). Ma c’è di più: da segnalare anche una cucina a base di erbe spontanee selvatiche e aromatiche che la padrona di casa affronta con cipiglio da navigata chef. Un consiglio: fatevi preparate la salvia fritta, è una delizia! Costi contenuti: la sera per una cena completa si spendono circa quaranta franchi, bevande escluse. Per i piatti delle isole Figi è d’obbligo la prenotazione. E ogni quindici giorni Monica organizza serate con concerti (jazz, musica klezmer, blues, rock, mainstream jazz all’organo hammond, ecc) ai quali abbina dei menu ispirati al genere proposto. Il sogno nel cassetto della Bürgin? Tornare presto alle Isole Figi, dove ha vissuto periodi bellissimi. In cucina con Monica il ticinese Sebastiano Spörri.
RISOTTO ALLE PERE E GORGONZOLA DOLCE
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Risotto alle pere e gorgonzola, cavallo di battaglia del San Michele La gerente Monica B端rgin insieme alla figlia
44 GRANDE DISTRIBUZIONE
Prodega Cash+Carry Quartino: oltre 800 vini meravigliosi, continue esposizioni temporanee con degustazioni e consulenza competente. Graziano Cebulski , Sost. Capo reparto Vini/Bevande Gino Fontana , Capo reparto Vini/Bevande
A caccia di selvaggina prelibata La stagione della selvaggina è imminente e sin d’ora Prodega Cash+Carry si prepara per poter offrire nuovamente alla sua clientela una vasta e ben assortita offerta di specialità di selvaggina, con i “classici” accompagnamenti raccolti nei nostri boschi e prati, uniti alle novità della macelleria. Anche quest’anno le offerte sono su misura per ogni chef e intenditore di selvaggina con grandi esigenze di qualità e di geniali idee creative
Da sempre la caccia è intrinseca nella natura dell’uomo. Da quando eravamo cacciatori e raccoglitori di funghi e bacche, sono cambiate molte cose. Oggigiorno non si va più a caccia di un bel bottino, vestiti di verde, con il cappello da cacciatore in testa e con un fucile sulle spalle. Con l’avvento dell’industrializzazione, abbiamo lasciato ai professionisti il compito di abbattere gli animali selvatici affinché, anche nella caccia, siano rispettati determinati parametri nell’interesse della natura e della biodiversità. Il vecchio e il nuovo A dispetto di tutti i cambiamenti storici ed evolutivi, la domanda di prelibati piatti di selvaggina non ha subito nessun calo, al contrario, è pur sempre grande. Il cervo, come il capriolo, il cinghiale, ecc. sono i protagonisti dell’offerta della stagione culinaria autunnale. Si sbagliano coloro che credono che la selvaggina, in fondo, offra ogni anno sempre la stessa cosa. Ci sono molte novità da scoprire nel vasto reparto di macelleria del mercato Prodega. Oltre al capriolo in salmì o alle scaloppine di capriolo, nel nostro mercato ben assortito, trovate un’ampia offerta di prodotti di selvaggina in continuo sviluppo, dalle qualità straordinarie e affidabili. Per esempio, lo sminuzzato di capriolo, di cervo, di cinghiale e di lepre viene tagliato esclusivamente a mano. Le singole confezioni sono state adeguate alle esigenze della clientela, motivo per cui, ora, sono anche più interessanti. La clientela è particolarmente lieta di conoscere questi nuovi prodotti lanciati sul mercato. Infatti ora potete trovare anche il filetto di capriolo, il magatello e le scaloppine in porzioni. Mentre per gli intenditori amanti della Fondue Bourguignonne, il cervo si distingue per il magatello e i cubetti di carne. Oppure, che ne direste di uno sminuzzato di cinghiale o di una sella di camoscio “Royal”? Potete esserne certi, tutti i vostri clienti resteranno entusiasti della vostra fantasiosa cucina a base di selvaggina! Selvaggina e funghi Quest’anno lasciate i vostri cestini per raccogliere i funghi in cantina, poiché, d’ora in poi, non avrete più bisogno di qualcuno nella vostra cerchia di conoscenti per andare a raccoglierli. Quello che vi occorre, invece, è una carta clienti di Prodega. In ogni caso, sia i funghi selvatici che quelli coltivati, freschi o surgelati, fanno parte del nostro assortimento standard. Inoltre, dal 12 settembre fino al 1° ottobre 2011, il nostro mercato Cash+Carry per la ristorazione e il commercio al dettaglio vi riserva un’ulteriore sorpresa: i cacciatori delle superofferte troveranno questi meravigliosi funghi di bosco e di campo a prezzi promozionali davvero allettanti. Ulteriori informazioni: PRODEGA Cash+Carry / 6572 Quartino / www.prodega.ch
Davide Gianoni, macellaio, salumiere Capo reparto Macelleria Mercato Prodega Quartino/TI
46 INCHIESTA
CATERING IN TICINO:
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LA CENERENTOLA
a cura di Attilio Scotti
L’estate ticinese è caratterizzata da grandi eventi di richiamo internazionale, dal Festival Jazz di Ascona al Pardo d‘Oro del Cinena a Locarno, da un importante ConCorso Ippico Internazionale a svariate manifestazioni di ottimo livello; una serie di eventi straordinari che richiamano pubblico e turisti da tutto il mondo, generando anche una forte richiesta di ristorazione collettiva. Questo tipo di ristorazione - che dovrebbe essere palcoscenico ideale dei prodotti ticinesi è esclusivamente gestito da catering d’oltre Gottardo che, pur proponendo cibi di buona fattura, consegnano una ristorazione anonima, internazionale e senza nessuna concessione ai saperi & sapori ticinesi
(*) CATERING: dal verbo inglese “to cater” che significa “ provvedere al cibo, rifornire”, indica il complesso delle operazioni di rifornimento in massa di cibi e bevande pronti che vengono effettuate da apposite organizzazioni nell’ambito di eventi, cerimonie, riunioni, concorsi, meeting, comunità, compagnie di trasporto ecc. Importante settore della moderna ristorazione indissolubilmente legato alla attività di banqueting, il catering prevede la vendita o somministrazione di cibi caldi o freddi in un luogo diverso da quello in cui esso viene prodotto anche con l’allestimento di tutte le attrezzature e i servizi relativi al consumo dei cibi stessi (tavoli, piatti, stoviglie, sedie, mise en place, camerieri, ecc.)
53 Per Ristora Magazine abbiamo seguito due di questi catering e riportiamo fedelmente impressioni e giudizi con qualche accenno ironico. Senza nessuna polemica, constatiamo che occasioni eccezionali come i grandi eventi non sono sfruttati per valorizzare il “made alimentare ticinese”. Arrivano turisti da tutto il mondo: palestra ideale per far loro conoscere gli immensi nostrani del Ticino: dai formaggi ai vini, dalla polenta taragna al riso, dai salumi alle luganeghette, dai piccoli frutti alle verdure e, perché no, anche la mitica “gazosa”. Ascona: Festival mondiale del Jazz, luglio 2011 La scatola di Barbie Mia nipote, quando era bambina, giocava con la bambola in auge a quei tempi, una Barbie biondissima che vestiva con tanti abiti e scarpine. Poi riponeva con cura i capi in una delle tante scatole bianche a corredo di quel gioco. E la scatola della Barbie me la sono ritrovata a tavola in un Gala Dinner, in quel di Ascona, capitale mondiale del jazz, seduto nel fresco di una bellissima serata d’estate punteggiata dalle musiche jazz di Lilian Bouttè & Gumbo Zaire e Jazz Burlesque. Quando la cameriera me l’ha portata al tavolo, pensavo ad un souvenir, invece era l’antipasto. Recita lo spartito e leggo: selezione di antipasti. Apro la scatola di Barbie e, messi in tre bicchieri ben sigillati, crespelle all’origano, verdure grigliate, prosciutto crudo di Parma, pomodorini, mozzarelline e tre grissini (mini) al pepe (?) della valle Maggia. Segue un duo di manzo svizzero accompagnato da polenta di rafano (duo sta per due fette): duro come le suole della mie scarpe. Si termina con un assortimento di dolci. Servizio perfetto da parte di bionde valchirie, ottime cameriere, tutte con tanto di auricolare all’orecchio che regola portate e mescita di vini, al comando di un maître che non si vede (è in cabina di regia). Questo catering viene da lontano, da Zurigo. Ascona: Gran Premio Ippico Internazionale, luglio 2011 Pranzo tra cavalli e cavalieri targato Lucerna Certamente degustare piatti deliziosi durante un concorso ippico, sulle tribune, a pochi metri dai volteggi dei cavalli, è senz’altro cosa emozionante. E Ascona con il suo Gran Premio Internazionale Ippico 2011 non poteva non consegnare ai Vip che arrivano da tutto il mondo questo spettacolo nello spettacolo. Con un servizio perfetto si è degustato: carpaccio di daino servito con zuppa di fieno (il daino non è una specie protetta? - convenzione di Berna 5.9.1981 n.503), a seguire mignon di filetto di manzo con salsa café de Paris e patate al cartoccio con “crème fraîche” di verdure e rondelle di patate. Per finire “dolce trilogia” ovvero panna cotta, fragole marinate e gelato alla stracciatella. Costo 90 franchi, vini e bevande a parte. Dei sapori del Ticino neanche l’ombra. Questo catering è targato Grand Casino Luzern Bankette-Catering-Restaurant Lucern Ag.
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ALBERGHI
FUORI DI TESTA… Attirano i clienti grazie alle loro caratteristiche insolite E divertenti: giro del mondo fra gli alberghi più pazzi
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L’originalità è ciò che in momenti difficili come quello che stiamo vivendo può fare la differenza tra un successo e una débâcle. Il concetto è stato colto al volo dai proprietari degli hotel più pazzi e unici del mondo, di cui vi proponiamo qualche foto in queste pagine. Dall’Attrap’ Rêves (1), in Provenza, che propone notti sotto le stelle dentro a sfere trasparenti in PVC, all’Atomium (2) di Bruxelles che, costruito in occasione dell’Esposizione Universale del 1958 con la forma di un vero e proprio atomo, nel 2006 è stato reinventato trasformandosi in un ristorante e persino in dormitorio per scolaresche. C’è poi chi preferisce puntare su una tematica che affascina tutti i bambini, come il Wigwam Motel (3) di Rialto, negli USA, dove le camere sono la riproduzione di vere e proprie tende indiane edificate in cemento, o come lo Xilani Resort in Messico che propone case sugli alberi su cui sperimentare lo yoga. Come rappresentante della Svizzera in questa lista di alberghi strambi troviamo l’Hotel Palafitte (4) di Neuchâtel che, come dice il nome, propone come camere delle moderne palafitte sul lago. In Costa Rica invece, il Costa Verde Resort (5) utilizza come suite un Boeing 727 il cui interno è stato lussuosamente reinventato; per i più romantici invece consigliamo il Lighthouse Harlinghen (6), in Olanda, dove è possibile soggiornare nel suggestivo faro cittadino. Creatività ormai fa rima con design, ed ecco che in Spagna l’Hotel Puerta America (7), sviluppato su dodici piani da diciannove diverse agenzie, propone un mix di stili e design differenti mai visti prima. E se tutto questo ancora non vi basta, aspettate di vedere il DogBarkParkInn (8) negli USA (Idaho) e il The Boot Bad’ n Breakfast (9) in Nuova Zelanda, due B & B rispettivamente a forma di cane beagle e di stivale. Creatività e fantasia al servizio del cliente, per un soggiorno indimenticabile.
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MOSTARDA MON AMOUR a cura di Riccardo Rota
Più o meno piccante, accostata all’arrosto o al bollito misto o anche solo accompagnata da un buon pezzo di formaggio, la mostarda è da tempo una chicca gastronomica festosa. Ogni anno infatti, proprio nel periodo autunnale, ricompare sulle nostre tavole l’agrodolce specialità, ritenuta non solo uno status simbol culinario che ci accompagna fino a Natale, ma soprattutto un prodotto che, grazie al suo particolare gusto, può essere impiegato anche in modo più creativo e vivace. Usata in tutto il mondo dai migliori Chef in ricercate combinazioni, dagli antipasti, ai piatti principali fino alle fantasie creative dei dessert, la mostarda è diventata molto più di un vasetto di frutta candita in agrodolce. Le origini Risalire ad una data precisa in cui ha fatto la sua apparizione la mostarda è molto difficile, visto le antichissime origini, mentre si discute molto a proposito del suo nome: alcuni ritengono derivi dal francese “moutarde”, che indica un condimento a base di senape, altri dal latino “Mustum Ardens”, facendo riferimento all’impiego conservativo che aveva in antichità il mosto di vino reso “ardente” dai grani di senape. La prima traccia della mostarda nella storia sembra risalire intorno al 1600 e ci giunge dalle zone alpine dove già a quel tempo era legata alla tradizione natalizia. In Italia, questa usanza si è tanto radicata al punto che, col passare degli anni, su questo prodotto sono sorte diverse scuole di pensiero che si differenziano loro solo per qualche ingrediente (ricordiamo, per esempio, quella vicentina, mantovana, cremonese o piemontese).
A Cadenazzo la Fredo SA è l’unica azienda svizzera a produrre mostarda. Tra tradizione e nuove idee rinnovarsi non è semplice, ma puntando su grande qualità e artigianalità il risultato è dei migliori. Un “made in Ticino” con radici cremonesi e amanti in tutto il mondo
L’azienda In Ticino la Fredo SA è attiva da oltre cent’anni nella produzione di frutta candita e mostarda, utilizzando esclusivamente la migliore frutta candita, non trattata geneticamente e di qualità superiore. Fondata nel 1890 da Alfredo Marcionni di Brissago, viene subito riconosciuta regionalmente la qualità del suo prodotto a cui è affiancata anche la produzione dei biscotti “Oss da Mord”, prodotto tradizionale ticinese. Nel 1992 la società viene rilevata da Angelo Belotti, che intensifica la commercializzazione dei prodotti, espandendo a livello nazionale e internazionale il proprio mercato. Fino ad oggi la società ha continuato a svilupparsi ingrandendosi sempre più e arrivando a diversificare la sua attività nell’importazione e distribuzione di prodotti destinati all’industria alimentare, alla ristorazione, alla vendita al dettaglio e alla distribuzione organizzata. La storia della società è perfettamente in linea con la filosofia che sostiene da sempre, la visione del futuro come crescita ed espansione, non dimenticando mai l’importanza della salute, della sicurezza e dell’ambiente. La qualità è al centro di tutto per la Fredo, che produce, sceglie, propone e fornisce alla sua clientela unicamente prodotti di elevata qualità, esenti da qualsiasi ingrediente potenzialmente nocivo quali conservanti, coloranti o derivati OGM e affidandosi, per quanto riguarda i prodotti di importazione, ad aziende d’esperienza sul piano internazionale. L’azienda si pone come obbiettivo la garanzia di un servizio ottimale, con una piena soddisfazione del rapporto azienda/cliente.
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La produzione artigianale Frutta controllata, certificata e attentamente selezionata, sciroppo senapato di qualità e una grande attenzione per ogni minimo dettaglio sono solo alcuni ingredienti della ricetta di un prodotto artigianale che non vuole scendere a compromessi. Lo si vede subito visitando il laboratorio, dove sembra incredibile, senza macchinari automatizzati, assistere a tutte le fasi di lavorazione compiute artigianalmente. Eppure è così, se vi recate a Cadenazzo troverete con molta sorpresa da due a otto persone, a seconda della stagione, che si occupano della produzione in tutte le sue fasi. La frutta candita, precedentemente selezionata, viene tagliata a coltello da abili operatrici, in grado di individuare e scartare eventuali pezzi non idonei e di collocare minuziosamente quelli idonei nei vasetti. Fino a sette, a seconda della stagione, i frutti della mostarda Fredo: albicocche, pere, fichi, arance, ciliegie, clementine e tre tipi di melone differenti. Tutti accuratamente tagliati in modo da avere perlopiù la stessa dimensione: la presentazione finale viene presa in grande considerazione, un dettaglio importante e ben visibile che differenzia il prodotto artigianale da quello industriale. In seguito, i vasetti vengono colmati di sciroppo senapato, dolce o più piccante a dipendenza del tipo di mostarda, per poi essere etichettati e imballati accuratamente, pronti per arrivare a destinazione. La cura con cui viene affrontato ogni procedimento si riflette nel gran numero di certificati di qualità ottenuti dall’azienda, un aspetto oggi fondamentale a tutela della salute del consumatore finale. Accanto alla produzione della classica mostarda, troviamo anche un altro genere di prodotto “monogusto”, disponibile anche a base di quei frutti che la classica mostarda non contiene. Si tratta della salsa “Supreme” dolce e piccante, un prodotto derivato dalla migliore frutta, anch’esso senza aggiunta di colorante o conservante. La nuova linea “Supreme”, nelle innovative confezioni in vetro impilabili chiamate “Onda”, è stata presentata a livello internazionale agli operatori professionali alla scorsa edizione di TuttoFood a Milano. Da questa esperienza la Fredo ha potuto allacciare interessanti contatti con diverse aziende alimentari, dai salumi ai formaggi, interessate a creare salse personalizzate in abbinamento a loro prodotti specifici. Un altro punto di forza di questa piccola realtà artigianale ticinese in grado di personalizzare il prodotto mantenendo sicurezza, efficienza e qualità. In un momento in cui quest’ultima si piega al risparmio è rassicurante trovare un’azienda che sacrifica costi ed energie in nome di un prodotto buono e sano. Presso lo stabilimento in Via ala Capelina 1 a Cadenazzo, è a disposizione della clientela privata uno spaccio per chi desidera acquistare i prodotti Fredo a prezzi di fabbrica (www.fredo.ch).
1 Da sin. Angelo Belotti (Pres.), Cristina Bonati (Resp. Gen. e Resp. Qualità) e Massimiliano Belotti (Dir. Gen.)
2-6 Le fasi produzione, sotto la guida del Direttore di Produzione Oliviero Cao, avvengono in modo artigianale
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TORTELLI RUSTICI AL CAPRIOLO
in SALSA alla RICOTTA ed ERBE SPONTANEE con DECORAZIONE di COULIS DI RIBES ROSSO INGREDIENTI:
Suggerito da:
PREPARAZIONE: Passate il ribes al frullatore, aggiungete lo zucchero e il succo di limone, quindi riscaldate il tutto a fuoco lento fino a quando diventi tiepido. A parte fate un trito di cipolla e rosolatela dolcemente in olio per alcuni istanti, facendo in modo che non si colori. Aggiungete le erbe, precedentemente selezionate e spezzettate grossolanamente, rosolate anche queste, bagnate con il vino bianco e lasciate evaporare. A questo punto unite la ricotta già passata al setaccio e allungate, se necessario, con poco brodo. Cuocete i Tortelli rustici al capriolo in abbondante acqua bollente salata a fuoco dolce, colateli e poneteli in un saltiere dove avrete precedentemente sciolto il burro; aggiungete la salsa di ricotta e amalgamate il tutto. Preparate il piatto ponendo prima la salsa di ricotta e sopra i Tortelli rustici al capriolo, con attorno alcune gocce di coulis di ribes per decorazione. Servite ben caldo. INFORMAZIONI SUL PRODOTTO TORTELLI RUSTICI AL CAPRIOLO Tempo di cottura: 6 minuti da che l’acqua riprende il bollore. Resa dopo la cottura: 40% Porzioni per cartone (3 kg): 24 SUGGERIMENTI E CONSIGLI Si consigliano condimenti a base di verdure o selvaggina, visto il sapore deciso del ripieno e la particolarità della farina di grano saraceno.
- 500 g di Tortelli rustici al capriolo - 100 g di ricotta fresca - 50 g di burro - 30 g di cipolla bianca - olio extravergine di oliva - 150 g di erbe spontanee - (bruscandoli, asparagi selvatici, ortiche) oppure in sostituzione
si possono utilizzare - germogli di spinaci, - rucola o erbette aromatiche comuni - 50 g di ribes rosso - 20 g di zucchero - 1 cucchiaio di succo di limone - brodo, 1 cucchiaio di vino - bianco secco
54 IL PELO NELL’UOVO
Come cambia il consumo e il mercato delle carni bovine, scompare il macellaio tradizionale (oggi diventato banconiere) e, insieme all’ignoranza delle massaie di oggi sui vari pezzi da cucinare, si dipanano anche bufale e tarocchi di ogni genere
La MUCCA
a cura di Attilio Scotti
NeL PIATTO
Una volta (nota: non sono passati secoli, ma solo pochi lustri) i macellai erano abilissimi a sporzionare le mezzene (ciascuna delle due parti del bovino macellato che formano la carcassa): oggi, nei supermercati, le carni arrivano tutte in mini o maxi porzioni, già incellofanate e pronte: si pesa, si paga e via. Una volta le carni sui banchi erano del loro colore originale, oggi le carni in vendita nei banchi dei supermercati sono rosse e vive, esaltate da luci speciali ed effetti ottici. Una volta, tra gli utensili di cucina, c’era la “schiumarola”, attrezzo che serviva a schiumare (togliere) i residui nella bollitura delle carni (immenso il biancostato di vitello o manzo) e dare un brodo chiaro e forte, adesso si bolle tutto e abbiamo brodi torbidi e dal sapore strano (…da dado?). Una volta le osse con il midollo andavano a ruba (il risotto con luganiga e midollo era una gioia del gusto), adesso le svendono, nessuno le compra più. La maggiore disponibilità economica ha permesso che molte parti del bovino non siano più apprezzate (a causa dei tempi lunghi di cottura, ecc.) e ci si orienta solo su particolari tagli (fesa, sottofesa, filetti, ecc.) che cuociono in pochi minuti, mentre la maggioranza delle altre
pezzature finisce a formare “carne di bovino macinata” che si trova in abbondanza in tutti i supermercati e che risulta una delle più acquistate anche per il suo prezzo contenuto. Ma di fronte a questi cambi epocali nel consumo di carni bovine sono fiorite una serie di “bufale e tarocchi” (sopratutto nella ristorazione veloce e nei piatti pronti da asporto) che, prendendo a prestito nomi di grande effetto della cucina italiana ed internazionale, consegnano invece tutto il contrario di quanto indicato. Ecco una piccola vetrina di bufale da evitare. Vitello tonnato (detto anche vitel tonnè): è preparato con il girello di vitello marinato con vino bianco secco ed aromi, poi bollito in acqua, tagliato a fettine sottili e ricoperto di una salsa a base di tonno sott’olio (salsa preparata frullando tuorlo di uova, capperi, acciughe, scalogno, extravergine e vino bianco). Capita spesso di trovare questa specialità composta da rollato di dindo (tacchino) tagliato a fette sottili ed impasticciato da una salsa a base di farine e albumi, la differenza di costo è notevolissima, e il sapore sciapo viene fatto passare per vitello. Tartare: è un piatto tradizionale estivo e di grande gusto, dal filetto di manzo, accuratamente pulito eliminando i
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Una volta le nostre nonne e le nostre mamme avevano una tale competenza in materia da far impallidire tutti coloro che oggi operano nel settore AMARCORD Elogio del macellaio: una professione che non esiste piu’
nervetti e le parti grasse, si divide la polpa a dadini con un coltello affilatissimo, e poi viene sminuzzata stando attenti a non spappolare la carne; infine si condisce con sale, pepe, succo di limone, olio extravergine di oliva, salsa worchester, prezzemolo tritato. Purtroppo, questo piatto è uno dei più “taroccati”: solo carne mista di manzo tritata a macchina e insaporita con ingredienti di infima qualità (dall’olio di sansa, ad aceti ed condimenti vari). Cotoletta alla milanese: consiste tradizionalmente in un fetta di lombata di vitello con l’osso, ben battuta ed impanata con pane grattugiato o mollica di pane raffermo in tuorli d’uova sbattuti e fritta nel burro. Spesso, però, questa specialità consiste invece in una cotoletta di suino impanata con ingredienti che con il pane non hanno nulla a che fare e fritta in grassi vegetali. Filetto alla griglia: richiestissimo, ma con quali filetti di manzo (prima, seconda o terza scelta?). Quali carni e quali provenienze? Sempre più usato è il sottofiletto o altri pezzi “spacciati” per filetto. Ecco la bufala per eccellenza. Questi sono solo alcuni esempi, potremmo continuare a segnalare tarocchi per pagine intere. Morale? Prima di acquistare o consumare controllare attentamente!
Sono andato a trovare uno degli ultimi macellai ticinesi, Carmelo Foglia, nella sua macelleria salumeria in quel di Melide e dedico a lui e agli altri pochi rimasti questo ricordo di una professione che non esiste più. Per fortuna, alcuni grandi pittori hanno lasciato tracce di questa arte professionale: da Rembrandt a Vittorio Scarpazza (detto il Carpaccio), da Bruno Ritter a Enrico Robusti: artisti che hanno elevato, attraverso la loro arte, una materia così ingrata a dignità artistica. “Caro macellaio, ricordo quando i camion frigoriferi arrivavano alla tua bottega e scaricavano le mezzene, portate a spalla da uomini forzuti. Da ragazzino amavo, insieme agli amici di scuola, fermarmi davanti al tuo negozio ad osservare il tuo lavoro: armato da coltelli affilatissimi, era una scuola di vita vedere l’attenzione e la precisione che mettevi nello sporzionare le carcasse e mettere i vari pezzi, ben allineati, sui tavoli di marmo. C’erano anche le donne del paese, in attesa, per acquistar frattaglie a pochi soldi (il polmone, in dialetto “curada”, era ambito come le budella, le nervature, le ossa, la lingua). Sembrava un balletto e tu danzavi leggero, sicuro. Era un’arte il tuo lavoro, e le chiazze di sangue che schizzavano sul tuo bianco grembiule erano quasi rose cromatiche. La sera la mia mamma portava in tavola brodo fumante e profumato dopo aver bollito per ore le ossa; purificando il brodo con la “schiumarola” si andava alla ricerca della poca carne rimasta attaccata: era preda ambita, da condire con un pizzico di sale, e via. Adesso si comprano solo fettine di vitello, filetti di manzo, carne macinata, roast beef già pronto e cotto. Tutto certamente più veloce ed igienico (salvo mucche pazze o avvelenamenti vari) ma sono finiti per sempre i sapori & saperi che oggi qualcuno crede di ritrovare nei dadi di carne. Grazie macellaio.”
56 GIOIELLI DELLA TERRA
Il cetriolo e la verdura delle rocce
a cura di Alessandro Pesce
Prosegue con gusto il viaggio alla scoperta dei gioielli dell’orto ticinese
Sono gli ortaggi che la FOFT (Federazione ortofrutticola di Cadenazzo) raccoglie dai propri produttori e commercializza con il marchio TiOr, voluto proprio per identificare le verdure di qualità. Ecco quindi che Ristora Magazine ha aperto la propria “gioielleria del gusto”, pubblicando numero dopo numero una serie di approfondimenti su diversi tipi di ortaggi abbinati a una pietra preziosa. Dopo pomodoro, zucchini, cavolfiore, formentino, lattuga e melanzana, ecco il cetriolo. Cetriolo e malachite – che gli antichi chiamavano per la forma e il modo di ritrovarla “verdura delle rocce” – visti dall’esterno hanno una superficie molto elaborata e se guardiamo la parte interna troviamo in entrambi una conformazione molto variegata. A rondelle, dadini o lunghe e sottili fettine il cetriolo arricchisce le insalate; a bastoncini accompagna gli aperitivi; tagliato a metà e scavato è utilizzato come barchette da condire con olio, sale e pepe o da riempire con salsine o formaggi cremosi. Da crudo accompagna, assieme ad altre verdure, le carni alla griglia, contrastando in bocca l’untuosità dei grassi. Per questo motivo i cetriolini sott’aceto non mancano mai negli antipasti a base di salumeria. In Ticino il cetriolo è coltivato soprattutto nella varietà “olandese”, quella più lunga e venduta di solito in pezzi singoli, e quella “nostrana”, più corta e tozza con piccole protuberanze sulla buccia e venduta a peso. Tra le moltissime varietà, anche quelle dai frutti piccoli che, come detto, sono conservati sott’aceto. I cetrioli si usano anche come ingredienti di minestre fredde (gazpacho) o calde; ma è bene ricordare che se cotto il cetriolo perde uno dei componenti più importanti: l’acido tartarico (vedi scheda). Verdura rinfrescante e depurativa, è ideale nelle diete per il suo alto contenuto di acqua, che si situa attorno al 95%; ma, attenzione, la conformazione spugnosa della polpa fa sì che il cetriolo assorba molto i condimenti. Nell’acquisto si preferiscano i frutti ben sodi e non avvizziti,
senza ammaccature o striature biancastre; in frigorifero si conservano per circa 6-8 giorni e non sopportano… il congelatore. Il cetriolo non è un ortaggio difficile da pulire, ma si presti attenzione a togliere bene la buccia dal sapore sgradevole. Un piccolo suggerimento goloso, infine. Provatelo tagliandolo a dadini assieme a una pera, con menta, pinoli tostati, succo di limone, olio extra-vergine di oliva e un pizzico di sale e pepe: sarà un antipastino intrigante.
Concorso “Ricette nell’Orto” La Foft (Federazione ortofrutticola ticinese) organizza un concorso gastronomico con l’intento di valorizzare i prodotti ortofrutticoli ticinesi e diffondere il marchio Ti.Or con il quale sono commercializzate le verdure ticinesi di qualità. Il concorso è rivolto sia ai privati che ai professionisti (ristorazione). Per partecipare è sufficiente ideare una ricetta per 4 persone con titolo, lista degli ingredienti con la relativa quantità e modalità di preparazione, indicando nome e cognome dell’autore; per la categoria professionisti, indicare il nome dello chef e del ristorante. Dopo i quattro concorsi trimestrali (fasi eliminatorie) le ricette che avranno vinto i rispettivi concorsi trimestrali, parteciperanno alla fase finale che decreterà la migliore ricetta del 2011. Il premio finale consiste in una fornitura di verdura del valore di 500 CHF per i privati e 1.500 CHF per i professionisti. Per il prossimo concorso trimestrale l’ortaggio scelto quale ingrediente principale del piatto è il “cetriolo”. Le ricette vanno spedite entro il 31 ottobre al seguente indirizzo: FOFT – Federazione Ortofrutticola Ticinese Concorso “Ricette nell’Orto” Al Pian 2 – CH-6593 Cadenazzo Il regolamento del concorso si può scaricare dal sito internet www.tior.ch.
Cetriolo Malachite
Il cetriolo è una pianta annuale che appartiene alla famiglia delle Cucurbitacee e il suo nome scientifico è Cucumis sativus L.
Nome
Oggigiorno si coltivano due tipi ben distinti: il cetriolo “olandese”, allungato e liscio, e il cetriolo “nostrano” corto, tozzo e con la buccia cosparsa di piccole rugosità.
Forma e varietà
La classe mineralogica della malachite è quella del carbonato. L’abito è quasi sempre microcristallino come strato d'alterazione dei minerali di rame. Si trova anche come strati fibrosi in ammassi efflorescenti o reniformi.
Colore
Colore tipico dal verde chiaro, giada, al verde scuro, che si alternano in venature trasversali. Il colore verde dipende dal fatto che la malachite è uno dei principali composti del rame.
Il colore è verde, più o meno scuro, con una polpa bianca tendente al verde. Per alcuni il cetriolo proviene dall’Himalaya, per altri dall’Africa. Arrivò in Inghilterra agli inizi del 1800 dalle colonie inglesi. Il frutto va scelto sodo, carnoso; esemplari vecchi appaiono piuttosto molli al tatto.
Provenienza Durezza
Due le ipotesi sull’origine greca del nome; per alcuni deriva da “malakos” (morbido, tenero), per altri da “malache”, erba di colore verde.
I giacimenti di malachite si trovano soprattutto in Zaire, Russia, Zambia, USA e Australia. La durezza della malachite nella scala di Mohs ha valore 4, quella dei minerali semi duri (si rigano con una punta di acciaio).
Più opaca nel cetriolo nostrano con pelle rugosa, più lucente nel cetriolo olandese a pelle liscia.
Lucentezza
Il cetriolo va consumato crudo. A dipendenza dai gusti viene sbucciato (la pelle è amara) e se più maturo vengono tolti i semi. Si può tagliare a rondelle, a fette sottili, a julienne, a dadini, a mezza luna o può essere scavato per ottenere “barchette” da farcire.
Taglio
Formato per il 95% da acqua è ideale nelle diete. Contiene vitamine A, C, E, K, B1, acido folico, aminoacidi, potassio, ferro, calcio, iodio, manganese e acido tartarico, che impedisce ai carboidrati di trasformarsi in grassi. Ha proprietà diuretiche e depurative.
Proprietà
La malachite avrebbe proprietà rivitalizzanti per la mente, influenzerebbe i sogni e ridurrebbe lo stress. Aiuterebbe inoltre l’attività della milza, del cuore e del sistema circolatorio. Oggi si dice che protegga dalle radiazioni chi lavora al computer.
Il cetriolo è utilizzato molto in cosmetica. Gli antichi ne consigliavano il succo per rendere bella, elastica e morbida la pelle e ancora oggi fa parte di creme e maschere di bellezza. Il succo avrebbe benefici effetti sulla pelle dopo un’esposizione solare.
Curiosità
Per il suo colore verde e le forme che ricordano foglie e fiori, i vecchi minatori la chiamavano “fiore di pietra” o “verdura delle rocce”. La malachite era incastonata nelle corone dei re egizi, essendo considerata pietra della saggezza.
La lucentezza varia da vitrea a sericea. È un minerale opaco. La malachite in gioielleria è tagliata soprattutto a cabochon, ed è utilizzata per creazioni piccoli oggetti semi-preziosi (animaletti, sfere, figurine di diverso genere, ecc.).
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VINI DI CASA NOSTRA TRA SCARAMANZIA ED OTTIMISMO Settembre, tempo di vendemmia e di bilanci per un anno di lavoro. Ecco la situazione ticinese, tra buone speranze ed ombre non poi così nere
Scriviamo questo articolo in anticipo sui tempi, ovviamente. La vendemmia, ci hanno detto, inizierà intorno al 15 settembre, proprio la data di uscita di questa edizione del nostro Magazine, cosa che ai fatalisti potrebbe sembrare un gran bell’auspicio. I ticinesi, intanto, si preparano al duro lavoro con un buono spirito: quello dell’ottimismo, anche se la scaramanzia è palpabile, così come ci ha raccontato Francesco Tettamanti, direttore di TicinoWine. “Viticoltori e produttori sono tutti scaramantici. Visto che basterebbero anche solo pochi giorni “sbagliati” per rovinare il lavoro di mesi interi, nessuno si pronuncia in anticipo. È da dire, comunque, che le premesse sono davvero ottime. Riguardo all’aspetto quantitativo, la produzione di questa annata sembra farci ben sperare. La quantità di questa vendemmia, secondo la nostra stima, dovrebbe essere sufficiente per coprire i costi di produzione e, soprattutto, per soddisfare la domanda. Abbiamo spesso avuto il problema di essere costretti a dire “no” a qualcuno, perché la domanda ha sempre su-
perato l’offerta. Quest’anno, invece, tutto sembra essere più equilibrato, e questo gap finalmente si colmerà, o almeno verrà ridotto rispetto ai numeri degli anni precedenti. Insomma, la scaramanzia è assolutamente d’obbligo, ma le buone premesse ci sono tutte. Per quantità e qualità.” Daniele Maffei, direttore dell’Istituto agrario di Mezzana, in una breve battuta, ci spiega come sia “difficile fare previsioni. L’ultimo mese, persino le ultime settimane prima della vendemmia sono fondamentali per i vigneti e per la riuscita di un’annata piuttosto che per la qualità e le caratteristiche dei vini futuri. Certo una cosa la possiamo dire già da ora: la vendemmia potrebbe essere leggermente precoce a causa, in particolare, delle belle e calde giornate che si sono avute in Canton Ticino durante i mesi di marzo, aprile e maggio. Giugno e luglio, invece, hanno costituito un periodo di rallentamento della maturazione, sempre per ovvi motivi legati al sole e alle temperature, ma io credo proprio di poter affermare già
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oggi che entro il 15 settembre la vendemmia inizierà di buon grado. Qualitativamente, però, è presto per poter esprimere un giudizio. Si può dire, invece, che le buone premesse ci siano tutte, quindi ci auguriamo vivamente che questi ultimi giorni che ci separano dall’inizio della raccolta siano propizi e regalino ancora qualcosa alle nostre vigne.” E LA CRISI? Le parole di Francesco Tettamanti, direttore di Ticinowine, ci hanno rassicurato su questo, purtroppo, attuale argomento. La crisi, infatti, come dice Tettamanti, “per ora non l’abbiamo sentita. Ci tocca solo marginalmente in realtà, visto il cambio euro-franco, perché i numeri delle nostre esportazioni sono decisamente minimi in zona euro. Inoltre, per qualità e vocazione, i vini ticinesi si collocano in quella fascia di prodotti medio-alta che sembra essere meno esposta alle fluttuazioni di questi ultimi mesi. Riguardo, invece, al mercato interno che è la vera forza per i nostri prodotti, bisogna dire che ad oggi non si è percepita una concorrenza più netta coi vini esteri importati. Certo, con un cambio di questo tipo, i vini di importazione hanno dalla loro parte un prezzo conveniente rispetto al passato, ma è anche vero che solitamente gli importatori comprano all’inizio dell’anno: investono e comprano cifre importanti in modo che, poi,
il vino sia sufficiente per almeno un anno. E, visto che gli acquisti sono stati per la maggior parte effettuati all’inizio del 2011 questo effetto non si è percepito. Io sono ottimista: i nostri vini si collocano tra i beni di lusso, e non è il prezzo a fare la differenza, ma la qualità. Chi compra vini ticinesi è disposto a pagarli a volte più di quelli meno cari da importazione, proprio per il loro valore qualitativo. È vero che sempre più spesso abbiamo a che fare con consumatori volubili, ma i nostri clienti non sono certo stupidi. Il vino ticinese gode di un’aura di esclusività e prodotti di questo tipo non risentono (se non in minima parte) dei contraccolpi congiunturali a cui, invece, sono più esposti i vini che, in qualche modo, si confondono nella massa senza distinguersi per la qualità. Fortemente rallentato, invece, risulta il mercato nel settore ristorazione e albergheria. Questo tallone d’Achille, però, viene bilanciato dai buoni numeri nel mercato della grande distribuzione e del privato, che risulta sempre più “affezionato” al vino ticinese. Un esempio attuale di questa attenzione crescente e dell’attaccamento al prodotto lo abbiamo appena riscontrato durante uno degli eventi più significativi nel settore: la degustazione dell’annata. Pensate, ad esempio, che il numero di etichette presenti all’evento anno dopo anno è costantemente in crescita. I produttori partecipanti, quest’anno, sono stati una settantina, almeno una decina in più dell’anno precedente.”
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60 VINO E STORIA
Il vino “Tenuta Castello di Morcote” vede il passaggio di consegne dal suo storico produttore, Claudio Tamborini alla famiglia Gianini, da quattro generazioni proprietaria della panoramica tenuta. Si compie, in questo modo, l’ennesimo passo per trasformare questo prodotto in un cru unico: da oggi, infatti, il vino verrà vinificato, affinato ed imbottigliato al Castello
MORCOTE COME BORDEAUX ECCO IL VINO DEL CASTELLO
E da oggi, questa terra, oltre a produrre le uve dalle quali viene ricavato questo nettare, vedrà anche la sua vinificazione, oltre all’affinamento e all’imbottigliamento. In queste ultime annate, il vino è stato prodotto, nei suoi procedimenti dalla raccolta all’imbottigliamento in una cantina tra Morcote e Melide, a soli pochi chilometri dal castello, come spesso avviene negli châteuax. Ora i Gianini han-
Quello che si dice “ritorno alle originI”. E le origini del Castello di Morcote vanno cercate facendo un grande balzo indietro nei tempi, all’epoca romana per la precisione, quando già su questa stessa terra il popolo della città eterna probabilmente coltivava vigne ai piedi della torre di avvistamento
no pensato di realizzare proprio all’interno delle antiche
che si trova all’interno del castello. Poi il medioevo,
fino a quando sarà pronto a spiccare il volo verso le canti-
i Duchi di Milano, grandi e nobili casate, e i secoli che
ne degli amanti del buon vino.
trascorrono. In splendida posizione panoramica, intanto,
A volere con coraggio questo ritorno alla tradizione, è stata
tra cielo e lago, la Tenuta Castello di Morcote scandisce
proprio la famiglia Gianini, da quattro generazioni proprie-
tappe fondamentali della centenaria storia del Merlot nelle
taria dell’omonima tenuta agricola, che negli scorsi anni
nostre terre, arrivando ad essere un vero simbolo di “tem-
si è sempre affidata all’azienda Tamborini per la vinifica-
pio del vino”.
zione, la stessa azienda che 24 anni fa impiantò i vigneti.
Oggi questo luogo è di nuovo la terra di quello che, grazie
Oggi, con il fondamentale apporto dell’enologo che da
all’etichetta “Tamborini Vini” è diventato uno dei vini più
15 anni lavora su questa etichetta, Michele Conceprio (e
apprezzati in Canton Ticino e non solo.
che oggi passa dalla cura della parte agronomica a quella
mura un locale di invecchiamento, un ambiente che certo sarà molto gradito per fascino e charme ai visitatori del Castello. Insomma, il “Tenuta Castello di Morcote” nascerà e crescerà direttamente all’ombra rassicurante del Castello,
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Il brindisi tra (da sinistra) Claudio TamborinI, distributore della nuova etichetta, Gaby Gianini, titolare della Tenuta Castello di Morcote e Michele Concemio enologo
Il “Tenuta Castello di Morcote” si rilancia con i nuovi produttori
è stata una grande vetrina che ha contribuito a diffondere in Ticino, in Svizzera e nel mondo i vini a marchio Tamborini. Di questa opportunità ringrazio di cuore la “nuova” generazione dei Gianini con la quale ci apprestiamo ad intraprendere una nuova strategia di collaborazione dove ognuno metterà le proprie competenze e risorse”: queste le parole di Tamborini, che ci tiene a sottolineare che continuerà anche la produzione della grappa del castello.
della vinificazione), la famiglia ha deciso di trasformare la
Gaby Gianini, titolare della Tenuta, punta sempre più in
propria tenuta in un vero e proprio Château sull’esempio
alto, dichiarando: “L’obiettivo della Tenuta Castello di Mor-
della tradizione bordolese, decisione che regala un valore
cote è quello di diventare anche un punto di riferimento
aggiunto a questo vino che, ad oggi, ha già ricevuto premi
per il turismo enogastronomico che trova qui in Ticino un
e riconoscimenti di carattere internazionale.
territorio di sicuro interesse e fascino e dimostrare, insie-
Il terroir del Castello è unico: la conformazione granitico-
me ad altri produttori, che la Svizzera meridionale è una
porfirica del loco dona ai vigneti terrazzati ed esposti a
regione viticola di tutto rispetto dove si trovano tradizio-
sud un carattere speziato ed una eleganza decisamente
ne, storia, castelli circondati da vigneti e soprattutto vini di
fuori dai canoni comuni, e se ne accorse in fretta anche
grande qualità in grado di competere con prodotti esteri
Claudio Tamborini che iniziò la produzione nel lontano
dichiaratamente più conosciuti e famosi”.
1987. Un connubio, quello tra la famiglia Gianini e Tambo-
L’ultima edizione del Mondial du Merlot ha riconosciuto a
rini che oggi non si spezza e cambia forma: l’azienda di
questo vino la medaglia d’argento, ma questo ritorno alle
Lamone, infatti, non produrrà più direttamente il vino, ma
origini speriamo possa meritare presto l’oro, per qualità
si occuperà della sua diffusione e commercializzazione.
del prodotto certamente, ma anche come esempio di vir-
“Devo ricordare che per la Tamborini il Castello di Morcote
tuoso impegno di continuità col passato.
62 DALL’ISOLA DEL VINO
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Ecco la storia di 6 aziende vitivinicole siciliane che si presentano sul mercato svizzero. Una storia fatta di altre mille storie e di tradizioni senza tempo che non si sono mai perse, a giudicare dalla qualitĂ e dal carattere dei loro prodotti
STORIE DI VINI DALLA SICILIA
64 DALL’ISOLA DEL VINO
L’amore per la terra, per la vigna, per questo lavoro antico e affascinante, ha portato sei produttori, diversi tra loro eppure simili nel metodo di lavoro e nella caparbietà dei loro progetti, ad unirsi per aprirsi al mondo. Il sole della Sicilia, i suoi prodotti enologici e il calore di una terra senza paragoni nel mondo, ora tentano di sbarcare oltreconfine per presentare al pubblico i loro gioielli vitivinicoli. Dalle uve classiche e autoctone della regione, che portano alla vinificazione di grandi classici come il Grillo, lo Zibibbo e il Nero d’Avola, si passa alla tradizione senza tempo del vino Marsala, ai vitigni internazionali cresciuti al sole caldo di una terra baciata dai favori del clima, per poi arrivare a grappe e amari che racchiudono tutti gli aromi e le caratteristiche profumate della Sicilia. X Wine è il nome, il sigillo, di 6 cantine siciliane che si sono unite per rappresentare uno spaccato di tutto quello che è possibile produrre in Sicilia nel settore vitivinicolo, e lo rappresenta usando e perseguendo la costante della passione, del lavoro di perizia che solo chi ama la propria terra e le proprie tradizioni può trasmettere agli altri. Non semplici cantine storiche, ma gente, visi, occhi e sorrisi. Le sei famiglie che stanno dietro al logo di X Wine certo non si somigliano tra loro, ma nei loro prodotti si riscontra una costante: il gusto dell’autentico, del vero, della passione per il mestiere e per la terra d’origine, tanto generosa con chi la ama davvero.
ALCESTI “Amiamo la nostra terra, le nostre origini, le nostre radici. Ci siamo assunti la responsabilità di comunicare attraverso i nostri vini attimi di sicilianità” Un nome che è un buon auspicio, come ci spiegano da subito: Alcesti, infatti, è l’unica tragedia greca a lieto fine. Euripide, quindi, non a caso mette la firma sui vini della cantina di Marsala, a testimoniare l’antico legame di questa terra con le tradizioni culturali della Grecia e con i retaggi dell’epoca della Magna Grecia. La preziosa eredità della famiglia Paladino, oltre a quella
legata alla storia e alle tradizioni millenarie, è costituita dai 30 ettari di vigneti nel territorio compreso tra Marsala, Mazara e Salemi. Qui, dopo anni di lavoro ed impegno, oggi sorge la cantina Alcesti che sposa i tradizionali sistemi di vinificazione con le tecnologie più innovative. Il tratto distintivo dell’azienda è il suo carattere votato all’ottimismo, che vede oltre i confini dell’isola possibili mercati di espansione. Certa della qualità dei suoi prodotti, Alcesti coniuga il mondo famigliare, da generazioni impegnato nel settore vitivinicolo, con quello del marketing che si apre al mondo, anche grazie ad un Nero d’Avola sempre più universalmente ritenuto come “assoluto pregio della terra siciliana”. La predilezione per i vitigni autoctoni sottolinea la volontà dell’azienda di mantenere ben salde le radici sul proprio territorio e sui gioielli enologici locali, perché lo spirito dei Paladino è quello di far rivivere i sapori antichi facendoli conoscere anche al resto del mondo. Non a caso si definiscono “ambasciatori della sicilianità”. Si riesce, con un solo bicchiere di vino, a trasmettere tutti i valori della famiglia e dell’amore per la propria terra? Provate un Alcesti e lo scoprirete.
BIANCHI DISTILLATI “La tradizione può convivere con la tecnologia se l’obiettivo è la ricerca dell’eccellenza e del rispetto del gusto antico”. Uno scorcio sul mare, una porta aperta all’immaginazione e al sogno. Si gustano appieno i prodotti della storica distilleria Bianchi, se si lascia aperto il suggestivo portone che dalla cantina guarda al mare, verso un tramonto che a Marsala conta tutte le nuance del rosa e dell’arancio. Colori e sensazioni che, riportati alle labbra, ricordano ed esaltano la purezza e la morbidezza delle note aromatiche degli stessi prodotti. Da anni, la passione per i distillati, a Marsala porta il nome della Famiglia Bianchi che da tre generazioni si è specializzata nell’esaltazione dei gusti antichi. Le innovative tecnologie che tengono l’azienda al passo coi tempi, col mercato, e all’avanguardia rispetto ai trend di settore si sposano con le tradizioni che da sempre caratterizzano questo splendido territorio. Si può ben dire che la dimora attuale di Claudio Bianchi e della sua
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famiglia abbia segnato la storia della città di Marsala e del suo vino: fu, infatti, proprietà dei Woodhouse, famiglia inglese che anticamente rappresentò uno dei simboli della nascita e della diffusione del Marsala nel mondo. Il tentativo di valorizzare le proprie radici storiche e culturali si arricchisce con la produzione della Grappa di Marsala, ottenuta da uve catarratto e grillo. Nei suoi profumi si ritrova tutto il gusto tradizionale, e mai perduto, del territorio trapanese. Lo stesso Amaro Segesta restituisce il valore inestimabile di un prodotto che, nel tempo, si è conquistato l’appellativo di “patrimonio siciliano”.
FINA “In un baglio dallo stile arabo siciliano, crocevia di molte dominazioni, la famiglia Fina produce vini che hanno il gusto della passione per la propria terra e la propria storia”. Il sole della Sicilia è speciale, anche per l’esposizione privilegiata che regala alle sue uve profumi e caratteristiche uniche. Questa nota di merito non si apprezza solo nelle uve dei vitigni autoctoni, ma anche in quelli internazionali che Bruno Fina e i suoi figli hanno deciso di vinificare, senza dimenticare mai i doni naturali e tipici della terra Sicilia. Lo spirito delle Cantine Fina è votato ad un positivo e sorprendente connubio tra locale ed internazionale, rispettando le caratteristiche del territorio d’origine, ma portando sul mercato anche i grandi blend conosciuti nei cinque continenti. Cabernet, Merlot e Petit Verdot sono solo alcuni di questi, ma ognuno ha un tipico “profumo” di mare e di Sicilia. La cantina Fina, uno splendido baglio in posizione dominante sulle colline di Marsala da cui si gode di un panorama mozzafiato che guarda al mare e alle campagne circostanti, trova nello spirito famigliare il suo punto di forza. E come la storia della Sicilia conta dominazioni, storie nelle storie, genti e popoli tra i più diversi che hanno lasciato il segno su questa terra, anche la Famiglia Fina ha deciso di non chiudere il mondo fuori dai confini dell’isola, ma di “ospitare” i vitigni più diffusi nel resto del mondo, regalando loro tutte le tipicità della terra Sicilia. Non vi stupite, quindi, di bere un Traminer isolano, o un assemblaggio di Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot che porta il nome di “Caro Maestro”, omaggio al maestro di Bruno, Giacomo Tachis. Sulle colline di Marsala si incontrano i
gusti del mondo con quelli della tradizione: il tutto sotto l’effigie di Fina. CANTINE INTORCIA “Alla scoperta dei vini del territorio, Francesco e la sua famiglia hanno intrapreso la strada della rivalutazione del territorio raccontato attraverso i loro vini.” Una famiglia, una di quelle famiglie che è riuscita nel sogno di una vita e di diverse generazioni: quello di veder crescere l’azienda e farla diventare una delle realtà più affermate nel settore vitivinicolo siciliano. Sono stati necessari 80 lunghi e faticosi anni di lavoro, per far sì che la famiglia Intorcia diventasse quello che è oggi. Fondate nel 1930, oggi le Cantine Intorcia rappresentano la tipica azienda di carattere famigliare che ha mantenuto intatte le sue qualità artigiane ma è riuscita a diventare sinonimo di qualità del Marsala. 25.000 mq di superficie, magazzini di invecchiamento di oltre 20.000 hl di capacità in fusti di rovere: sono solo alcuni dei grandi numeri che l’azienda, oggi, può vantare di aver raggiunto. La tutela di un inestimabile patrimonio della tradizione locale, il Marsala appunto, è uno dei punti chiave del lavoro della Famiglia Intorcia, che sostiene la valorizzazione di un prodotto di pregio che ha visto scandire la storia economica della città. Ottimizzando i processi produttivi e venendo incontro ai gusti del pubblico, senza perdere la personalità unica del Marsala, oggi Francesco e la sua famiglia sono impegnati nel tentativo ambizioso di restituire forza e valore a questo vino. Zibibbo, Moscato, Malvasia, oltre a Marsala fine, superiore e vergine: l’azienda ha intrapreso il proprio percorso di crescita puntando sulla tradizione senza tempo dei vini liquorosi, che restituiscono agli estimatori del genere meditativi momenti di piacere con profumi tipicamente siciliani.
MARCO DE BARTOLI “Andare controcorrente è difficile e pochi lo fanno…” La passione per la storia del vino ha permesso di rendere immortali i vini del territorio. Sono le persone a fare la storia, e Marco De Bartoli si può ben dire abbia compiuto non uno, ma diversi passi miliari nella storia del vino Marsala.
66 DALL’ISOLA DEL VINO
Preservare le tradizioni significa non dimenticare chi siamo e da dove veniamo, e i figli di Marco oggi perseguono questo obiettivo in una delle cantine che, davvero, è stata e continua ad essere una roccaforte nella diffusione della fama internazionale del Marsala. Passato e presente, qui, si mescolano tra le antiche botti che restituiscono agli appassionati sapori e profumi dalla notte dei tempi. Passione e cultura del vino, antichi metodi di produzione e vinificazione, rendono oggi questo luogo un magico crocevia di generazioni di amanti del buon vino e di professionisti, una cantina che trasuda il fascino e la caparbietà di chi ha dedicato una vita intera al Marsala. Spostandosi di qualche chilometro attraverso il mare, la cantina Marco De Bartoli ha una panoramica appendice sull’isola di Pantelleria, dove vengono coltivate le dolci uve che ci regalano il Bukkuram, un Moscato di Pantelleria Passito che, negli anni, si è unito ad altri prodotti dell’azienda, allungando la lista dei vini di eccellenza a firma De Bartoli. Tra un “Vecchio Samperi” e un Marsala metodo Soleras, le Cantine De Bartoli sono una tappa obbligata per chi vuole immergersi in una realtà che ha trasformato il territorio per renderlo, eternamente, la patria del Marsala. Sì, eternamente: perché le tradizioni sono come il Marsala. Non vanno mai in aceto.
PUPILLO “Nelle fertili terre dell’antica Magna Grecia, pervase dai profumi di zagare e gelsomini, Nino Pupillo ha ricostituito le vigne del Moscato di Siracusa coniugandole con le più moderne tecniche di vinificazione” Storia e mito, luoghi d’incanto e sapori d’altri tempi, ma apprezzati anche ai giorni nostri. L’eredità più importante per la famiglia di Nino Pupillo, oltre all’amore per una terra che ha portato oggi alla produzione di nettari quasi dimenticati, è quella lasciata dall’imperatore Federico II. L’azienda siracusana, infatti, si trova all’interno di un’antica dimora di caccia fatta costruire proprio dall’imperatore. Oggi la millenaria storia del territorio e la modernità delle tecniche produttive avanguardistiche si uniscono proprio in questo luogo senza tempo. Qui, l’antico palmento è rimasto intatto, a testimonianza della vocazione vitivinicola di questo sito, rimasta immutata nel corso dei secoli. Nei 130 ettari dei Pupillo viene prodotto il Moscato di Siracusa, vino di antichissime origini ma per molti anni rimasto solo nei ricordi e negli annali di settore. L’azienda siracusana, ora, riporta in auge questo prodotto quasi dimenticato che, in realtà, riscopre sapori e profumi mai persi ed oggi apprezzati per le loro consonanze ai gusti moderni. Nel silenzioso sito dell’azienda Pupillo, all’ombra di alberi secolari, vengono prodotti vini che portano nel mondo le caratteristiche uniche di questa terra ricca di storia. Dalla Magna Grecia alle nuove tecniche di vinificazione, i vini di questa cantina mantengono intatti tutti i valori di una terra che non può dimenticare il passato, ma che anche oggi ha ancora molto da raccontare.
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A LUGANO SAPORI NUOVI ALL’ORIZZONTE I sei produttori siciliani, neoaffiliati sotto il segno di X Wine, per la prima VOLTA hanno deciso di presentare i loro prodotti al mercato svizzero. L’apertura verso nuovi canali di vendita e di distribuzione dei loro prodotti ha spinto le cantine siciliane fino ai nostri territori, dove sono già presenti ovviamente vini di questo territorio, ma non con peculiarità di “carattere” così marcate. Dopo aver scelto la piazza di Lugano come primo territorio da “esplorare”, nel caldo e famigliare ambiente del Ristorante Argentino di Breganzona si è svolta una serata di degustazione professionale e allo stesso tempo informale. La parte più tecnica della serata è stata una vera e propria degustazione con un tavolo di esperti e professionisti composto da Mirco Tinti, importatore e distributore di vini e prodotti alimentari, Riccardo Minesso, per anni direttore commerciale dell’Azienda Guido Brivio, oggi importatore e distributore di vini, Mauro Baccarin, sommelier professionista e venditore per la Cantina Sociale di Mendrisio, Attilio Scotti, giornalista ed enogastronomade. La seconda parte della serata è stata un momento più ludico e piacevole, nel quale i degustatori hanno potuto scegliere e sperimentare, abbinando i vini siciliani a piatti legati alla tradizione gastronomica ticinese. Il connubio tra Nord e Sud, tra sole e mitteleuropa ha sortito i suoi frutti, regalando a tutti i commensali momenti unici di piacevole interesse gustativo, ma anche commerciale. Sono pronti questi vini per il mercato svizzero? La parola agli esperti…
RICCARDO MINESSO “Ho trovato ottimi tutti i Marsala degustati. In questo caso si vede che giocano in casa! Il rapporto qualità prezzo di diversi vini che ho degustato è davvero interessante. In particolare, ho gradito Terzavia Lucido della Cantina Marco De Bartoli e l’eccellente “Caro Maestro” di Fina. Notevole anche la Grappa di Moscato di Bianchi Distillerie.” MIRCO TINTI “La degustazione è stata particolare per i prodotti presentati: non i vini classici siciliani come li conosciamo noi, ma con la particolarità di un temperamento salino alto, proprio perché provengono da territori vicinissimi al mare. I vitigni autoctoni li conosciamo perché sono già presenti sul nostro mercato, quindi queste cantine dovrebbero ritagliarsi uno spazio proprio puntando sul rapporto qualità/prezzo e sulla competitività con altre etichette siciliane presenti in Canton Ticino. Molto buoni gli assemblaggi, che secondo la mia opinione sono i più adatti al nostro tipo di mercato.” MAURO BACCARIN “Nell’ottica del sommelier, sono vini interessanti. La cantina che su tutte emerge per qualità dei vini ed anche per un buon rapporto tra qualità e prezzo è Fina. Ho molto apprezzato anche l’assemblaggio Merlot-Syrah, come anche l’assemblaggio tra Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot. Mi è piaciuto molto il Moscato dell’azienda Pupillo presentato in degustazione, ed anche la grappa di Moscato in barrique di Bianchi Distillerie.” ATTILIO SCOTTI “Grandi vini che esaltano il sole e il vento, con quel velato e leggero sapore di sale che intriga. In particolare mi ha colpito il Grecanico della Cantina Alcesti che coniuga un rapporto qualità prezzo incredibile. Si sente tutto il carattere della Sicilia, con i suoi sapori intensi e mai ordinari, che si possono amare o odiare, ma che non lasciano mai indifferenti. Il triangolo trapanese della vite, unito alla cantinacastello di Siracusa si meritano la nostra ammirazione.”
68 DALL’ISOLA DEL VINO
SEI CANTINE, SEI VINI: SCELTI PER VOI ALCESTI
PUPILLO
Grecanico
Solacium
SICILIA
Moscato di Siracusa D.O.C. Gradazione alcolica: 14-14,50% vol. Vitigno: Moscato bianco (clone autoctono) Territorio: Siracusa – Vigneto del Favaraggio e del Fosso Superficie vitata: 4 ha Altitudine: 50 mt s.l.m. Esposizione: Nord-Sud Terreno: Medio impasto calcareo con vulcaniti Allevamento: controspalliera Produzione: uve sovra maturate sulla pianta e vendemmiate tardivamente. Vendemmia: fine settembre Abbinamenti: tradizionalmente si abbina a tutti i dolci, formaggi erborinati Vista: giallo ambrato chiaro, cristallino, consistente Olfatto: intenso, persistente, fine. Speziato, ampio ed etereo. Riconoscimenti: confettura di albicocche, miele, arancia candita, fiori bianchi appassiti come camomilla, vaniglia e cannella, rabarbaro. Gusto: caldo, dolce, morbido e abbastanza fresco, sapido. Impatto gustativo di estremo interesse, fonde piacevolmente.
Indicazione Geografica Protetta 2010 Di origini siciliane, tipiche delle zone del marsalese, le uve del grecanico offrono grande mineralità e freschezza. Raccolte manualmente in piccole cassette, vengono diraspate e pressate in modo soffice. La fermentazione è controllata a temperatura costante di 16°C e l’affinamento avviene in contenitori di acciaio inox per 6 mesi. Le bottiglie riposano almeno per un mese prima di essere commercializzate. Resa per ha: 90 q.li Sistema di allevamento: Spalliera Sistema di potatura: Guyot Anno d’impianto: 1980 Le uve sono state vendemmiate dal 1 al 8 settembre. Dal colore giallo paglierino con riflessi verdolini, ha sentori fruttati e floreali. Consigliamo l’abbinamento con piatti a base di pesce, grigliate, risotti, crostacei. www.alcesti.it
www.solacium.it
FINA
INTORCIA
Caro Maestro
Marsala Vergine Soleras
2005
Vitigni: Grillo, Inzolia, Catarratto e Damaschino Zona di produzione: tutta la provincia di Trapani con l’esclusione dei comuni di Pantelleria, Alcamo e Favignana. Invecchiamento: minimo 6 anni in fusti di rovere Gusto: secco ed equilibrato Tenore Alcolico: gr. 18% in volume minimo. Consigli. È uno straordinario vino da meditazione. Ottimo l’abbinamento con ogni tipo di pasticceria, in particolar modo quella secca. Eccellente l’abbinamento con formaggi piccanti. Servire a temperatura ambiente o leggermente fresco. Descrizione: Vino liquoroso di qualità a Denominazione di Origine Controllata, prodotto ed imbottigliato nella zona tipica del Vino Marsala.
Varietà: Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot Classificazione: Sicilia IGT Area di produzione: Sicilia Occidentale Altimetria del vigneto: 150/400 mt s.l.m. Epoca di vendemmia: agosto-settembre Affinamento: due anni in barrique e 8 mesi in bottiglia Gradazione alcolica: 14% vol. Temperatura di servizio: 16/20°C. “È il vino più complesso da ottenere tra quelli che produco. È un blend le cui percentuali cambiano a seconda delle caratteristiche di ciascun vitigno che sono diverse ogni vendemmia. Per questo è sempre una nuova sfida. L’ho chiamato “caro Maestro” per farne un tributo all’enologo che mi ha insegnato gran parte di quanto so sul vino.” Bruno Fina www.cantinefina.it
www.intorcia.it
100 95 75
MARCO DE BARTOLI
Grappoli del Grillo
25
2009
5
0 IN ALLEVAMENTO Vitigni: Grillo 100% Territorio: Sicilia Occidentale contrada Samperi - Marsala Natura del terreno: pianeggiante, sabbioso, calcareo Anno di impianto: 1996 Sistema di allevamento: controspalliera Guyot Ceppi per ettaro: 3.500 AL RACCOLTO Resa per ettaro in hl: 35 hl Vendemmia: manuale dal 2 al 6 settembre Vinificazione: dopo una rigorosa selezione manuale dei grappoli, l’uva viene pressata sofficemente, ottenendo un mosto che resterà a decantare naturalmente a freddo per 48 ore. La parte limpida si avvia alla fermentazione a temperatura controllata che inizia in vasche d’acciaio e finisce in piccoli fusti da 225 e 500 litri di rovere francese. Evoluzione: 8 mesi in fusti in presenza dei lieviti in sospensione (tecnica del batonage) fino alla sua maturità. A TAVOLA Vino da servire a 10/12°C. Gli accostamenti consigliati sono sui piatti robusti e ben conditi sia di pesce che di carne. Ideale con zuppe di pesce, pasta con le sarde, zuppe di legumi; trova particolare accostamento con il tonno fresco sia crudo che cucinato con ricette della tradizione.
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BIANCHI DISTILLERIE
Grappa Moscato Passito di Pantelleria
HI-CE : alcune sue caratteristiche
Vitigno: Zibibbo, vitigno originario del bacino del Mediterraneo, l’origine del termine nord africano è “zibib” che significa uva secca, spesso infatti queste uve si prestano ad appassimento sia in piata che in fruttaio. Gradazione Alcolica: 42% vol. Zona di provenienza: Esclusivamente vinacce provenienti dall’isola di Pantelleria che hanno contribuito al famoso DOC. Metodo Produttivo: La conservazione della grappa avviene mediante l’esclusiva tecnologia chiamata “grappa system” il cui fine è quello di preservare il patrimonio di aromi fino al momento della distillazione. 100 Tecnologia: Alambicchi in continuo con particolare attenzione alla separazione del cuore del distillato a cui segue prolungato95 affinamento in tonneaux di rovere di Slavonia. Descrizione: Distillato intensamente aromatico dovuto ai sen-75 tori di uva passa a cui si aggiungono note di agrumi e frutta a polpa bianca. Abbinamenti: Cioccolato leggero e aromatizzato in genere Servizio: In calici di vetro ad una temperatura compresa tra25 12 e 16°C www.distilleriabianchi.it
Abbattimento dei costi di gestione. Rapido raggiungimento delle temperature. Non servono acqua né ghiaccio. Temperature costanti fino a 90 minuti. Mantenimento equilibrato delle temperature. Rispetto delle qualità dei prodotti serviti. Macchina sempre pronta all’uso. Alimentazione a 24V, consumi trascurabili. Utilizzo ad “impatto ambientale zero” . Poche e facili azioni per un utilizzo corretto. Facilità di trasporto e flessibilità nell’ utilizzo. Nessuna manutenzione .
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70 TENDENZE
Fantascienza?
No, cibo del prossimo futuro
Difficile prendere sul serio alcuni prodotti che sembrano sbarcati dalla luna. Ma i Fancy Food Award, manifestazione statunitense tra il serio e il faceto, serve anche a far riflettere sulle richieste più significative del mercato del cibo, facendo emergere le tendenze (poi fantasiosamente stravolte e “gonfiate”) sul futuro delle nostre abitudini alimentari Conta la sua trentanovesima edizione, e oltreoceano è uno degli appuntamenti più attesi da chi ama il cibo e si informa sul suo stato di salute e sulle ultime tendenze di questa realtà sempre in divenire. La parte più divertente e “ludica” della manifestazione vede la consegna di veri e propri Oscar del cibo, con tanto di statuetta dorata con cappello da cuoco, ai prodotti internazionali che si sono distinti per innovazione, fantasia e sguardo al futuro. Da qui, però, possono partire interessanti riflessioni sul mondo del cibo e sulle sue tendenze future. PER DIVERTIRCI UN PO’ Chissà quanti prodotti, tra quelli presentati alla kermesse americana avranno diffusione e successo, oltre che tra gli addetti ai lavori, anche tra i consumatori e il mercato reale. Certo è che, oltre a rispecchiare un certo gusto alimentare made in USA e certamente diverso dal nostro, bisogna anche essere dei curiosi DOC per assaggiare alcuni dei prodotti innovativi premiati a Washington. Partiamo da qualche gustoso esempio di cibo del domani. Su tutti, vince il pop corn che conosce una seconda giovinezza grazie alle sue varianti al tartufo bianco o nero. E ancora all’aglio e peperoncino, piuttosto che al Cheddar o allo zucchero di canna. Tra i pop corn più di successo, però, restano anche i classici al burro che l’azienda Fisher produce con l’antica ricetta di 70 anni fa, quando aprì i battenti. Ma non è finita. Tatuaggi per decorare torte e dolci, tavolette di cioccolato ripiene di patatine croccanti, cocktail Bloody Mary in bottiglie monodose, ciocchi di legno di diverse specie (dall’acero al ciliegio) per insaporire con fantasia e per-
sonalità le vostre carni alla griglia, aceto balsamico all’hibiscus, spumante senza alcol alla frutta. Non c’è limite alla fantasia di chi ama il cibo, e non c’è limite nemmeno agli stravolgimenti possibili di ricette base che, forse, andrebbero preservate. TENDENZA ALLA CERTIFICAZIONE La parola d’ordine è “organic”, la dicitura americana per il cibo biologico. Un vero must per questa edizione dei Fancy Food Award, che incoronano il biologico come tendenza base, diffusa in diversi alimenti, anche in quelli in cui non ci si aspetterebbe questo marchio. Il cibo ipercalorico, infatti, assume un valore inaspettato che riesce a convertire un semplice burro d’arachidi in un prodotto di origine controllata e certificata: pur restando un classico “da evitare” soprattutto per chi è a dieta, il burro d’arachidi racconta tramite la propria etichetta l’assenza di ogm, il luogo preciso della produzione e i procedimenti di produzione. Un passo avanti, insomma, verso la trasparenza. Anche la dicitura “kosher” è presente in molti dei cibi partecipanti al concorso. Questa attenzione diffusa alla certificazione dei prodotti guarda a fasce di mercato sempre più importanti dal punto di vista della domanda. Non si possono più chiamare minoranze, quelle che comprando un cibo fanno attenzione alle diciture “no OGM”, “biologico” o “senza glutine”: questo sottolinea una certa tendenza diffusa a livello mondiale verso la chiarezza e la voglia di mangiare sano. In particolare il “gluten free” negli Stati Uniti sta vivendo una incredibile diffusione, quale moda diffusa tra i vip alla ricerca di diete sempre meno caloriche e per l’esponenziale crescita di celiaci nei cinque continenti.
DISTILLATI & DINTORNI 71
Carlos I Imperial Solera Gran Reserva dalla Spagna tutto il calore di un distillato che ha fatto la storia
Probabilmente la Spagna è stato il primo paese europeo che ha applicato in modo consistente l’arte della distillazione, appresa dagli arabi durante la loro dominazione iniziata nel 730, ed in pratica terminata nel 1492 con la “reconquista” e capitolazione di Granada, ultimo avamposto del dominio arabo. Il brandy è il più antico distillato di vino prodotto nel mondo che nasce nella seconda metà del diciannovesimo secolo. È una bevanda che deriva dalla distillazione del vino e poi invecchiata in botte di legno. Nella zona di Jerez de la Frontera, nel cuore dell’Andalusia, già intorno all’anno mille gli arabi introdussero la distillazione del vino per produrre medicinali, essenze e profumi. La parola Brandy deriva dal sostantivo olandese brandewijn (vino bruciato), il nome con il quale i pratici mercanti olandesi, che lo importarono nel Nord Europa dalla Francia meridionale e dalla Spagna nel XVI secolo, definivano il vino che era stato bruciato o bollito, per poterlo distillare. Ed è a Jerez de la Frontera, nelle famose cantine dei Fratelli Domecq, che nel 1927 nacque il Carlos Primero, un brandy ottenuto dalla distillazione continua a bassa gradazione alcolica (65% vol.) di vino ottenuto soprattutto da uve Palomino. Il brandy viene poi invecchiato secondo il metodo detto “Criaderas y Solera”, ovvero in botti di quercia americana che hanno in precedenza contenuto ed invecchiato dello Sherry Oloroso Amontillados: proprio questa particolarità gli dona il suo caratteristico aroma. Il sistema solera è comunemente utilizzato con travaso del distillato anche tre volte ogni anno. L’operazione favorisce l’ossidazione ed una rapida maturazione del brandy. Ad ogni travaso viene aggiunta una piccola quantità di acqua demineralizzata o distillata, per ridurre gradualmente la gradazione alcolica. Si aggiungono anche ricchi vini di Jerez, della Rioja oppure la mistella per donare aromi, ricchezza e rotondità ai prodotti spagnoli. Esistono tre categorie di brandy de Jerez: solera - sei mesi in legno solera Reserva - un anno in legno solera Gran Reserva - almeno tre anni in legno Sono due i brandy che portano il nome Carlos I: Solera Gran Reserva colore ambrato con riflessi dorati, dal profumo rotondo e pieno ed il gusto equilibrato, non estremamente secco e moderatamente persistente. Viene invecchiato per almeno dodici anni, gradazione alcolica 38°. Imperial invecchiato anch’esso col metodo “Solera Gran Reserva”, ma per minimo quindici anni. Di intenso color ambrato, con profumo raffinato e pulito, caratterizzato dal lungo invecchiamento nel legno, arricchito da sentori di tabacco, noci e fichi. Il gusto, rotondo e soave, è molto equilibrato e persistente in bocca. Gradazione alcolica 40°.
72 CLUB PROSPER MONTAGNé
Il gioco dei kyathos
Club Prospere Montagné
3 giugno 2009 nella foresteria delle cantine di Guido Brivio
formaggio, pane e vino
Cena per scoprire il miglior abbinamento cibo-vino e vino-bicchiere Emozionante, curioso, istruttivo, simpatico. Soddisfatti i soci e i molti ospiti del Club Prosper Montagné che hanno partecipato a “Il Gioco dei Kyathos”. Cena dal doppio abbinamento cibo-vino e vino-bicchiere, organizzata dal “Consul” Alessandro Pesce al “Ristorante Rialto” dell’Hotel Lido Seegarten di Lugano, guidata dal sommelier Riccardo e Renata Cappellini Ezio De Bernardi. con il consul Alessandro Pesce Questo tipo di evento creato dalla Cantina siciliana Terreliade, fu portato anni fa in Ticino da Guido Brivio, e riproposto poi raramente dall’attuale “Consul”, valorizzando anche i vini ticinesi. Il kyathos è un pretesto per avviare una simpatica discussione tra commensali sul bicchiere migliore per un determinato vino. Le notizie sul kyathos sono scarse ed è curiosando su internet che si trovano alcune indicazioni. Piuttosto raro, il kyathos fu usato dai greci solo tra la fine del VI e l’inizio del V sec. a.C. ed era comune in ambito etrusco. Di forma particolare, è una specie di piccola tazza sormontata da un’unica alta ansa a nastro; era usata per cavare liquidi fuori da recipienti più grandi, quali i “crateri” o “dinoi”. Il nome suggestivo incuriosisce e si presta a immaginarlo romanticamente come l’antenato del bicchiere. Ma la vera storia del bicchiere è un’altra. Si ritiene che il primo recipiente con funzione di bicchiere, dopo l’uso delle mani, sia stato il corno bovino. Egizi e Persiani se ne servirono per bere il loro vino mentre i Greci mescevano il vino in conchiglie e da queste lo sorseggiavano. I primi antenati dei bicchieri, erano in origine di argilla o di legno ma, con l’evolversi delle abilità degli artigiani, e con la scoperta di nuovi materiali, ne vennero costruiti di tutti i materiali, anche preziosi. Per mezzo delle conquiste in Medio Oriente, i Romani conobbero l’arte vetraria della Siria e presto scoprirono quanto il vino fosse più gustoso bevuto nel vetro.
Ma fatto questo passo, occorre stabilire quale sia il bicchiere migliore. Vediamo quindi gli abbinamenti proposti durante il convivio a cura dello chef Silvio Rossato. All’ottimo “gambero scottato con zucchine novelle e aceto balsamico” con ciabattina bianca, è stato abbinato un Yvorne AOC 2007, Vigne d’Or Vieille Vigne, Artisan VigneronYvorne. Per i presenti il miglior bicchiere per questo bianco si è rivelato quello da degustazione che manteneva più a lungo il profumo, anche se un altro bicchiere più grande ha retto bene il confronto. Eccellente anche il “risotto al Pinot nero con erbette fritte e biscotti di parmigiano” con ciabattina al sesamo, accompagnato da un Pinot Nero AOC Valais 2009, Lucifer, Adrian Mathier, Salquenen. Al “filetto di manzo in ventaglio Perigourdine con le patate castello e il giardinetto di legumi” e ciabattina alle noci, è stato abbinato il Merlot del Ticino DOC 2006, Rubro, Valsangiacomo Vini, Mendrisio. In entrambi i casi, ha prevalso il grande bicchiere proposto, che ha permesso di esaltare il profumo e il sapore di vini decisamente impegnativi. Durante la serata il socio Ricccardo Capellini ha fatto dono ai presenti del bel libro da lui curato per la parte grafica, “Polpette, amate polpette” edizione rara e fuori commercio edita da “Il Setaccio”, associazione fondata nel 1992 per “la ricerca, la sperimentazione, la prova, l’analisi e il godimento, di tutto quello che stimola non solo l’appetito, ma coinvolge tutti i sensi”. Ben 70 ricette per esplorare un mondo affascinante. Affascinante come il prossimo appuntamento del Club Prosper Montagné che il 20 settembre alle 19.00 al Ristorante Castelgrande di Bellinzona, vedrà protagonista la cucina del Medioevo, con ospite d’onore l’esperta in usi, costumi e tradizioni sociali e gastronomiche, Dott. Marta Lenzi.
per informazioni e prenotazioni:
+41 (0)76 366 68 30
the quality of a wonderful land people, talents and wines
SICILIA
le denominazioni di qualità in degustazione
24 ottobre 2011 Sicilia iGP Delia Nivolelli Doc MarSala Doc MoScato Di SiracuSa Doc PaNtelleria Doc viNo SPuMaNte Di Qualità
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GT GastroSuisse presenta un decalogo sul “franco forte”
Vogliamo contromisure
energiche La forza del franco e il crollo dell’euro mette in crisi anche il settore alberghiero e della ristorazione. GastroSuisse si è quindi rivolta al Consiglio Federale con un programma in 10 punti. Un chiaro segnale alla politica con un appello ad agire, considerando che l’attuale forza del franco e la caduta libera dell’euro costituiscono una minaccia esistenziale per questo settore. Devono quindi essere prese misure urgenti e adeguate, affinché si possa mantenere la competitività del turismo svizzero sul piano internazionale. “La situazione per il settore alberghiero e ristorazione è molto problematica e le prospettive per l’economia turistica sono estremamente precarie”, ha sottolineato Klaus Künzli, presidente centrale di GastroSuisse. Egli considera la situazione congiunturale attuale come nettamente più grave di quello che emerge dalle cifre. Il presidente centrale ne è convinto; l’esperienza dimostra che quando iniziano i licenziamenti per motivi monetari nei settori dell’esportazione, il consumo nazionale, finora robusto, tende a diminuire drasticamente.
a cura di Alessandro Pesce Nell’interesse del settore alberghiero e della ristorazione, GastroSuisse fa quindi appello al Consiglio Federale e alla politica affinché sia intrapreso tutto il possibile, per non spalancare la porta a uno sviluppo negativo, con conseguenze imprevedibili per il turismo e l’economia nel suo complesso. Nella recente lettera inviata al Dipartimento federale dell’economia, e in particolare al Consigliere federale Johann Schneider-Ammann, la Federazione invita la politica a prendere misure per dare sollievo all’economia turistica alle prese con la crisi attuale dell’euro. GastroSuisse propone quindi, un programma in 10 punti, per contrastare la forza del franco e per migliorare la competitività del settore. Il programma è suddiviso in sei misure a corto termine e quattro a lungo termine. Vediamole in dettaglio. Misure a corto termine 1. Diminuzione dell’IVA sulle prestazioni gastronomiche al 2,5% (albergheria e ristorazione) 2. Aumento sostanziale degli aiuti finanziari per Svizzera Turismo
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annuale di 28 miliardi di franchi svizzeri. Con i suoi 240.000 collaboratori, il settore rappresenta uno dei principali datori di lavoro del Paese e il futuro del settore è assicurato dai 4.000 contratti per apprendisti all’anno. Vediamo quindi in dettaglio il decalogo di GastroSuisse per combattere la forza del franco e migliorare la competitività del settore. 3. Facilitare le importazioni delle derrate alimentari dall’estero 4. Ampliamento del principio del ” Cassis-de-Dijon” 5. Tasso di cambio speciale accordato dalla BNS all’economia esportatrice e al turismo 6. Lista di “Mister Prezzi” con le merci d’importazione eccessivamente care
1. Diminuzione dell’IVA sulle prestazioni gastronomiche al 2,5% Le prestazioni gastronomiche (servizi alberghieri e ristorazione) dovrebbero essere soggette solo a un’IVA del 2,5%. Vantaggio: il settore potrebbe proporre i propri servizi a minor prezzo, rendendolo così subito più attrattivo per i turisti stranieri e più competitivo sul piano internazionale.
Misure a medio e lungo termine 7. Riduzione della densità normativa in Svizzera, con la limitazione della ripresa selettiva del diritto dell’Unione Europea 8. Leg i s l a z i o n e s i stemat i cam en te favore vole all’economia 9. Riduz ione dell a carica am m i n istr ativa per l’economia 10. Lotta contro una Svizzera “isola dei prezzi elevati”
2. Aumento sostanziale degli aiuti finanziari per Svizzera Turismo Nell’ambito della promozione della piazza economica (decisione federale sull’aiuto finanziario accordato a Svizzera Turismo per gli anni 2012-2015) i mezzi dovrebbero essere aumentati in maniera sostanziale. Decisione da adottare con urgenza con l’auspicio che non vengano accordati solo i 222 milioni di franchi previsti; si dovrebbero aumentare gli aiuti portandoli almeno a 300 milioni di franchi. Vantaggio: Svizzera Turismo riceverebbe mezzi supplementari per fare pubblicità al nostro Paese in mercati importanti come Russia, Cina, Brasile e India; questi ospiti vengono già da noi, ma non sono abbastanza per potere compensare l’assenza del turista dell’Unione Europea.
Gli imprenditori del settore fanno di tutto per contrastare la forza del franco: sforzi per aumentare la qualità, definizione di nuove nicchie di mercato o diminuzione dei prezzi. A questo si aggiungono sforzi considerabili nell’assicurazione e nella promozione della qualità, anche nel settore alberghiero. Tuttavia, la loro azione ha dei limiti, visto che sono impotenti di fronte alla crescita della moneta. Le recenti misure prese dalla Banca Nazionale nel diminuire l’interesse e nei suoi interventi sul mercato delle divise, vanno certamente nella giusta direzione, ma questo non è sufficiente. Come dimostrato dai recenti sviluppi, la situazione continua a essere tesa. Situazione che mette a rischio un settore fondamentale per l’economia e un elemento essenziale per il turismo, se si pensa che albergheria e ristorazione contano in Svizzera circa 26.000 locali; locali che realizzano una cifra d’affari
3. Facilitare le importazioni delle derrate alimentari dall’estero L’importazione delle derrate alimentari, in particolare della carne, dovrebbe essere facilitata allargando i contingenti e abbassando le tariffe doganali. Vantaggio: questo permetterebbe al nostro settore di approfittare di un livello di prezzi nettamente più interessante per le derrate alimentare provenienti dall’UE e di ridurre i costi di produzione. Tutto ciò rinforzerebbe, inoltre, la competitività nei confronti dei nostri concorrenti nel settore del turismo come Austria, Francia e Italia.
GT 4. Ampliamento del principio del “Cassis-de-Dijon” I prodotti di consumo e le derrate alimentari autorizzate dall’UE, dovrebbero sistematicamente poter essere importate in Svizzera senza alcun ostacolo supplementare. Non è più accettabile che le regole di dichiarazione in vigore in Svizzera impediscano le importazioni a prezzi vantaggiosi dall’UE. È possibile rimediare, rinunciando nel limite del possibile, ai regolamenti particolari e allargando il principio del “Cassis-de-Dijon”, applicandolo in maniera coerente. Vantaggio: diminuzione del costo di produzione grazie ad acquisti a prezzi più vantaggiosi. 5. Tasso di cambio speciale accordato dalla BNS all’economia esportatrice e al turismo L’economia esportatrice e le imprese turistiche dovrebbero poter convertire euro in franchi, a un tasso vantaggioso presso la Banca Nazionale Svizzera (BNS). Ciò permetterebbe loro di poter proporre offerte interessanti e competitive, soprattutto per la maggioranza degli ospiti provenienti dalla zona euro. Misura che costerebbe meno alla BNS degli interventi sul mercato delle divise per sostenere l’euro. Per di più, le spese causate (perdite monetarie della BNS) avrebbero ancora il vantaggio di essere legate a una creazione di valore nel proprio Paese. Vantaggio: l’economia esportatrice e il settore turistico potrebbero proporre i loro servizi in modo competitivo, appoggiandosi su basi solide. 6. Lista di “Mister Prezzi” con le merci d’importazione eccessivamente care Una lista stabilita da “Mister Prezzi” con le merci importate eccessivamente care, dovrebbe servire quale mezzo d’informazione per gli acquirenti e i consumatori. Anche imprese svizzere potenti sul mercato non riescono – o ci riescono solo in modo insufficiente – a ottenere dei prezzi “normali” da parte dei fornitori stranieri, perché quest’ultimi
continuano a calcolare il potere d’acquisto e propongono le loro merci a un prezzo elevato ai clienti svizzeri. Una lista permetterebbe di riconoscere i “colpevoli”, e gli acquirenti e i consumatori potrebbero scegliere soluzioni alternative con cognizione di causa. Vantaggio: riduzione del prezzo di costo in Svizzera. 7. Riduzione della densità normativa in Svizzera, con la limitazione della ripresa selettiva del diritto dell’Unione Europea Le attività delle imprese esigono un certo spazio di libertà. Quest’ultimo si assottiglia sempre di più in Svizzera, visto che un numero crescente di problemi sociali sono risolti pesando sulle spalle dell’economia e alle spese della libertà. Si tratta di introdurre un cambiamento di modelli nella legislazione: in un primo tempo dovrebbero essere create condizioniquadro che permettano di gestire gli affari con successo. Una volta che i soldi saranno stati guadagnati, ci si potrà porre la domanda, per sapere quali sono i bisogni della società che bisogna finanziare. La ripresa troppo veloce, smisurata e obiettivamente inadeguata del diritto dell’UE, come per esempio il divieto di nutrire gli animali con i resti del pasto, non dovrebbe più ripetersi. 8. Legislazione sistematicamente favorevole all’economia Occorrerebbe evitare le normative inutili e limitarsi a quelle che sono strettamente necessarie. Le revisioni sulla Legge federale sull’alcool e le derrate alimentari che giudichiamo inopportune, non sono che gli ultimi esempi in ordine di tempo: la legge rivista sull’alcool mira ad aumentare la protezione dei giovani, ma causa prima di tutto nuove costrizioni per il settore alberghiero e della ristorazione; settori nei quali i problemi con i giovani alcolisti non si pongono. Sopprimendo il dovere di discrezione delle istanze di controllo, la legge sulle derrate alimentare alimenta un sensa-
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Freschezza sicura! zionalismo dannoso per l’economia e crea la base per una ripresa del diritto dell’UE in materia di derrate alimentari. Il ritorno al buon senso è opportuno e urgente, soprattutto nel settore dell’igiene. 9. Riduzione della carica amministrativa per l’economia La carica amministrativa per l’economia in generale e le piccole-medie imprese in particolare, dovrebbe essere ridotta. Avendo meno formalismi e scartoffie da evadere, le imprese si vedrebbero sgravate da compiti che non generano valore; tutto ciò aumenterebbe la produttività, così come la competitività sul piano internazionale.
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10. Lotta contro una Svizzera “isola dei prezzi elevati” Si tratta di lottare contro una Svizzera “isola dei prezzi elevati” in maniera coerente. La Commissione sulla concorrenza e Mister Prezzi dovrebbero essere muniti di mezzi appropriati per facilitare le misure contro i fabbricanti e fornitori stranieri che maggiorano automaticamente i beni e servizi destinati alla Svizzera di un supplemento da “isola dei prezzi elevati”, che ha l’obiettivo di approfittare del potere d’acquisto più elevato nel nostro Paese. Gli acquisti eccessivamente cari confronto all’estero, hanno per effetto che le esportazioni svizzere e i servizi (quindi anche l’offerta turistica) siano obbligatoriamente a un prezzo automaticamente elevato se paragonati alla concorrenza internazionale, e questo, senza tenere conto del livello salariale superiore in Svizzera. Se queste sono le richieste che GastroSuisse fa alla politica, di recente anche Svizzera Turismo ha analizzato la situazione in un documento che si può leggere sul sito di GastroTicino. Da parte sua, GastroTicino ha avviato da agosto una campagna simpatica e positiva – sostenuta dalla Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino – con un testo radiofonico eloquente che viene diffuso da Radio Fiume Ticino e Radio3iii: “Diamo un morso “gustoso” alla crisi !! Sosteniamo il Ticino scegliendo i ristoranti ticinesi: tradizione e qualità… a prezzi giusti. Viviamo in Ticino, gustiamo il Ticino”. A ciò si aggiungono i molti servizi ai soci e lo sforzo per organizzare eventi che possano invogliare i consumatori locali e i turisti a scegliere i nostri ristoranti come le rassegne gastronomiche, la “Settimana del Gusto”, il grande evento “Bellinzona Città del Gusto 2011”, il “Piatto Emozioni Ticino”, “Sapori del Ticino in tavola” e tante altre. L’auspicio? Che il pubblico risponda con sempre maggiore entusiasmo.
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VELENOSI
VINI DA PREMIARE
L’azienda italiana può vantare diversi premi enologici per il lavoro svolto in questi anni, che costituiscono un incoraggiamento a perseguire la strada della qualità
L’azienda vitivinicola Velenosi nasce per volontà di due giovanissimi imprenditori, Angela ed Ercole Velenosi nel 1984. Nel 2005, con l’entrata di un nuovo socio, il Dottor Paolo Garbini, viene costituita la Velenosi Srl. Nonostante l’azienda operi nel settore da solo un paio di decenni, la forte passione ha permesso ad Angela ed Ercole di imparare rapidamente, di migliorare le tecniche di produzione e creare una cantina di assoluto rispetto dove, attraverso l’utilizzo di attrezzature all’avanguardia si produce dell’eccellente vino. Il cuore dell’azienda è situato nella storica città di Ascoli Piceno (Marche) ad una distanza di circa 20 Km dal mare Adriatico e ad un’altezza di 150/200 m dal livello del mare, dove il terreno è prevalentemente argilloso e molto fertile. I poderi dell’azienda si estendono tra le colline che fanno da contorno alla splendida valle del fiume Tronto, in una zona che grazie ai suoi terreni argillosi e fertili, è da sempre stata vocata alla coltivazione della vite. I nuovi impianti riproducono i sistemi originari caratterizzati da particolare fittezza delle viti che vanno da 6.000 a 9.000 per ettaro. I vigneti realizzati negli ultimi 5 anni sono muniti di sistemi di irrigazione. L’azienda possiede 105 ettari di vigneti di: Trebbiano, Pecorino, Passerina, Malvasia, Pinot Nero, Chardonnay, Muller Thurgau, Sauvignon blanc, Montepulciano, Sangiovese, Merlot, Cabernet Sauvignon, Shiraz e Petit Verdot.
Le uve raccolte nei vigneti di proprietà servono a produrre circa 2 milioni di bottiglie annue, comprendenti nove DOC e due IGT. Grazie al duro lavoro in vigna ed all’eccellente lavoro in cantina, seguito dal consulente enologo Dott. Attilio Pagli, negli ultimi 25 anni i vini Velenosi sono stati recensiti e premiati più volte da alcuni dei critici più famosi ed importanti di tutto il mondo come Robert Parker, James Suckling, Luca Maroni e Daniele Cernilli. I vini più premiati sono il Roggio del Filare (Rosso piceno superiore DOC), un assemblaggio di Montepulciano e Sangiovese macerato 20 giorni sulle bucce per poi essere sapientemente affinato per ca. 18 mesi in barrique francesi, ed il Ludi (Offida DOC), un assemblaggio di Montepulciano, Cabernet Sauvignon e Merlot. Le varie tipologie di vino vengono tenute separate fino al momento dell’assemblaggio, che avviene dopo un’accurata selezione dei prodotti in barriques. Il premio qualità-prezzo, invece, l’ha vinto il vino Brecciarolo (Rosso Piceno superiore DOC). Attualmente Velenosi esporta in 35 paesi, tra cui la Svizzera, dove è importata in esclusiva dalla Tamborini Vini di Lamone (www.tamborini-vini.ch).
I vini più premiati sono il Roggio del Filare e il Ludi
Velenosi srl Via dei biancospini 11 63100 Ascoli Piceno - Marche - Italia www.velenosivini.com
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IGEHO 2011 AI NASTRI DI PARTENZA
Aprirà i battenti il prossimo 19 novembre a Basilea la nuova edizione di Igeho, che come ogni anno attende la sua schiera di visitatori professionali per presentare le ultime novità nel campo della ristorazione e dell’ospitalità. Quest’anno, luci puntate sulle energie ecosostenibili e grande attenzione all’ambiente
Nel corso degli anni si è guadagnata il suo posto al sole tra le numerose kermesse di livello internazionale nel settore. Oggi Igeho si prepara ad accogliere, come ogni anno, le migliaia di visitatori che prenderanno d’assalto la manifestazione, per conoscere tutte le ultime novità nel campo dell’hotellerie e della ristorazione professionale. 800 espositori provenienti da oltre 20 paesi del mondo costituiscono la vera forza di una manifestazione che si distingue per la sua attenzione alle novità di mercato, alle tecnologie d’avanguardia nel campo dell’ospitalità, e dalla costante passione per la cucina. La grande Arena di cucina di Igeho, quest’anno, ospiterà diversi chef importanti che metteranno a disposizione dei visitatori professionali le loro doti culinarie e le loro tecniche di lavoro: eventi da non perdere assolutamente per chi della tecnica e della creatività in cucina ne ha fatto un mestiere. Come ospite del salone, in questa edizione, è stato scelto l’Alto Adige: in questo modo, la regione italiana avrà a disposizione una vetrina unica e incomparabile per far conoscere al grande pubblico e a quello professionale specializzato tutte le proprie specialità gastronomiche, oltre
alle opportunità e alle offerte di carattere turistico che sono una delle vocazioni di quest’area. Ristoratori e albergatori, in visita ad Igeho, potranno in questo modo approfondire e toccare da vicino molti prodotti d’eccellenza del Sud Tirolo, grazie alla presenza, all’interno di un intero padiglione dedicato, di diversi produttori locali che metteranno a disposizione dei visitatori tutte le loro delizie autoctone. Le novità, per Igeho 2011, non si fermano qui: per la prima volta, infatti, il Salone assegnerà il premio Foodservice, un riconoscimento internazionale che ricompensa i concetti gastronomici più innovativi. Insomma, ad Igeho tra espositori, novità, eventi, dimostrazioni culinarie e seminari ce n’è davvero per tutti i gusti. Anche gli amanti della carne avranno il loro regalo: con lo stesso biglietto d’ingresso alla manifestazione, infatti, si potrà accedere a Mefa, kermesse espositiva dedicata al mondo “carnivoro”, una tra le più importanti kermesse svizzere dedicata ai professionisti della carne. Ultima importante novità di questa edizione 2011: Igeho dimostra la sua attenzione nei confronti di argomenti e tematiche d’attualità, come l’efficienza energetica. Gli espositori di prodotti “sostenibili”, verranno cercati e trovati più agevolmente dai visitatori, grazie al kit “Igeho EcoCircle”. Non vi resta che visitare Igeho tra il 19 e il 23 novembre.
INFORMAZIONI da sabato 19 novembre a mercoledì 23 novembre 2011 Tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 18.00 I biglietti si possono acquistare online all’indirizzo web www.igeho.ch/online-shop Per maggiori informazioni e per conoscere gli espositori visitate il sito ufficiale della manifestazione: www.igeho.ch
BOOK
LIBRERIAGOLOSA
ALIMENTI, MICROBIOLOGIA E IGIENE Krämer, Johannes Cantoni, Carlo Tecniche Nuove
GUIDA AGLI EXTRAVERGINI 2011 Soracco, Diego Slow Food Editore
NOMA. TEMPI E LUOGHI DELLA CUCINA NORDICA Redzepi, René Phaidon Editore
Ecco un libro utile e tecnico per essere informati su come possano dannosamente agire batteri, funghi e virus sui cibi, e su come queste contaminazioni possano portare a intossicazioni alimentari. I consigli, che vanno in realtà oltre quello che si definisce buon suggerimento, ma dovrebbero essere presi come leggi da rispettare in cucina, sono preziose informazioni su come trattare il cibo, sul suo deterioramento, sui rischi che si corrono quando non si mettono in pratica gli accorgimenti necessari. Spazio a capitoli che trattano della conservazione del cibo e del prolungamento della sua durata. Gli autori sono una garanzia: Johannes Krämer è professore di Igiene e Microbiologia alla Facoltà di Scienze Alimentari di Bonn, mentre Carlo Cantoni è professore e ricercatore presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Milano.
Anche per il 2011 Slow Food mette in evidenza gli oli extravergini italiani con una pubblicazione attenta e capillare, dove ogni azienda viene descritta con precisione e ogni prodotto tracciato attraverso una scheda che prende in considerazione le peculiari qualità organolettiche. L’olio extravergine viene, insomma, raccontato partendo dalla storia dell’azienda, per poi arrivare ai giudizi critici che anche per il 2011 hanno portato ad individuare gli “extravergini dell’emozione”, i premi assegnati dalla guida in base al coinvolgimento emozionale che un vero olio di qualità è capace di trasmettere. Ogni scheda tecnica, inoltre, contiene anche il prezzo della singola bottiglia di olio, facilitando in questo modo la sua potenziale diffusione e valutandone il rapporto qualità-prezzo.
Un must assoluto. Nella cucina di un vero professionista della ristorazione questo volume non potrà mancare. Firmato da uno degli chef più rinomati al mondo, René Redzepi, danese di origine macedone, il libro raccoglie oltre 90 ricette, 200 bellissimi scatti di piatti e tanti suggerimenti sulle tecniche e la filosofia della cucina del Nord del mondo. Il Noma, due stelle Michelin e “miglior ristorante del mondo” secondo la classifica di San Pellegrino per il 2011, apre le porte virtuali della sua cucina attraverso le 354 pagine di questo volume, condividendo l’esperienza di questi ultimi anni di successi culinari. Un gioiello a cui ispirarsi, un libro per tutti quelli che amano la cucina e cercano nuovi spunti per aprirsi a menu internazionali e ricercati.
Specialistico
Emozionante
Ispiratore
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LE BASI DELLA CUCINA A VAPORE Souksisavanh, Orathay Guido Tommasi Editore
MILLEUNO RICETTE DELLA NONNA Rangoni, Laura Newton Compton
Una clientela sempre più esigente ed attenta alla scelta di cibi sani e ipocalorici, presuppone un menu dove qualche pietanza cotta al vapore potrebbe risultare assai gradita al pubblico. Proprio per questo, il volume che vi presentiamo è adatto ad un pubblico di amanti della cucina, ma anche di veri professionisti della ristorazione. Grazie alle sue 97 ricette illustrate, il libro propone un interessante e gustoso viaggio all’interno del metodo di cottura a vapore, passando attraverso le classiche ricette asiatiche, ma senza dimenticare qualche prezioso consiglio per reinventare piatti classici e renderli più leggeri e digeribili. Un volume che sposa la sempre più diffusa voglia di ricette sane, alla necessaria versatilità della proposta nei vostri menu.
Sta tutto nel titolo: le ricette della nonna, qualche volta anche i migliori chef sono costretti ad ammetterlo, sono veramente insuperabili. Quindi, per tornare alla beneamata tradizione che in periodi culinariamente difficili come questo ci rende più sereni, il sottotitolo del volume dovrebbe dare delle sicurezze: piatti che vi faranno tornare bambini. Le ricette delle nonne non mancheranno di farvi tornare piccini e ricordarvi di lontane merende e golosi ricordi. Prodotti locali e naturali, metodi di cottura “della nonna”, abbinamenti caduti nel dimenticatoio, ma che hanno il loro fascino anche oggi. La sapienza delle anziane nonne ai fornelli è un argomento senza tempo, come senza tempo sono le prelibatezze che, per una volta, potrebbero servirvi a proporre quello che i vostri clienti gradiscono sempre più: le ricette della tradizione.
Leggero
Tradizionale
FERRAN ADRIÀ: L’UOMO CHE HA CAMBIATO IL NOSTRO MODO DI MANGIARE Colman, Andrews Phaidon Editore
Per la collana Phaidon “La cucina rivisitata”, è uscito lo scorso giugno questo volume che si candida ad essere la prima biografia di uno degli chef più famosi al mondo, e certamente uno di quelli che hanno rivoluzionato la cucina e diversi suoi concetti base. L’autore ha raccolto dieci anni di interviste al grande chef per ricavarne 240 pagine nelle quali si ripercorrono le fasi salienti della storia professionale di Adrià, partendo dagli albori fino ad arrivare ai fasti del ristorante più famoso al mondo, El Bulli, e delle sue recenti evoluzioni. Un ritratto a metà tra l’uomo e il professionista, caratterizzato da un’unica intensa e viscerale passione: quella per la cucina. I curiosi ci troveranno anche qualche gustoso retroscena sul presente e il futuro prossimo dello chef e del suo tempio della ristorazione.
Curioso
AGENDA
DATE E appuntamenti
HOST Milano, Fiera di Rho Dal 21 al 25 ottobre 2011 www.host.fieramilano.it Il Salone internazionale dell’ospitalità professionale torna a Milano anche quest’anno per dare spazio ai suoi espositori provenienti da oltre 40 paesi del mondo. All’interno della kermesse, diventata ormai uno degli appuntamenti di settore più significativi a livello europeo, ci sarà spazio per 6 diversi saloni: ristorazione professionale, pane-pizza-pasta, bar e macchine del caffè, gelateria-pasticceria, caffè, hotel e Spa. Per conoscere le novità di mercato ed incontrare gli operatori di settore (con possibilità di incontri b2b) Milano si riconferma la piazza ideale, unendo la sua indole commerciale a quella di luogo privilegiato per presentare le ultime innovazioni nel settore ospitalità.
FIERA DEL TARTUFO BIANCO D’ALBA Alba, Fiera di Alba DaL 8 ottobre al 13 novembre 2011 www.fieradeltartufo.org Da 81 anni, Alba ospita la fiera internazionale del Tartufo bianco d’Alba, un evento unico nel suo genere che unisce semplici amanti della delizia autoctona, oltre ad acquirenti e consumatori. Per tre settimane, infatti, la cittadina piemontese si trasformerà in una grande mostra mercato, dove sarà possibile acquistare, sperimentare e conoscere meglio il prezioso tubero. La rassegna conterà su concorsi di qualità attraverso il giudizio di una commissione di esperti, possibilità di acquistare altre eccellenze eno-gastronomiche del territorio e una vera e propria folla di appassionati, ormai da anni affezionata alla manifestazione.
SAPORI E SAPERI Mendrisio, Mercato coperto Dal 18 al 20 novembre 2011 www.saporiesaperi.ch Torna l’ormai classico appuntamento con le eccellenze gastronomiche di casa nostra al mercato coperto di Mendrisio. Tutti i maggiori esponenti ticinesi di settore
troveranno spazio anche quest’anno all’interno della kermesse che è diventata uno degli appuntamenti più attesi dai golosi del territorio. Gioielli dell’orto, formaggi, salumi ed insaccati, vini di qualità, distillati e molto altro: la nostra ricca terra si presenta al pubblico con il meglio della sua produzione golosa. Anche per questa decima edizione sono attesi migliaia di visitatori, dal Canton Ticino, come dalla vicina Italia.
SIA GUEST Rimini Fiera Dal 26 al 29 novembre 2011 www.siarimini.com Giunge alla sua sessantunesima edizione anche SIA Guest, fiera dedicata all’accoglienza, che anche quest’anno propone ai suoi affezionati visitatori un mix di tendenze innovative e approfondimenti di settore. I grandi numeri legati alla kermesse contano oltre 30 convegni specializzati, 60.000 mq di superficie espositiva, più di 35.000 visitatori professionali. Tecnologie, servizi, illuminazione, arredamento, forniture e diversi altri settori vengono ampiamente rappresentati all’interno della fiera, per offrire un ventaglio di proposte dedicate ad ogni singolo settore dell’ospitalità professionale.
ANUGA Fiera di Colonia, dal 8 al 12 ottobre 2011 www.anuga.com “60.000 mq di idee, innovazioni, ispirazioni”: si presenta in questo modo l’edizione 2011 di Anuga, il salone leader nel settore prodotti alimentari e bevande, un appuntamento imperdibile a Colonia. L’industria alimentare incontra, in questa sede, tutti gli operatori professionali offrendo loro una piattaforma ideale per fare business ed incontrare in una sola sede tutte le novità di mercato e le nuove tendenze. Oltre alla suddivisione classica tra generi alimentari, all’interno della grande fiera di Colonia, ampio spazio sarà dedicato ai cibi biologici. Novità assoluta il settore dedicato alle tecniche e ai servizi per la ristorazione fuori casa e la gastronomia.
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