Rivista Maria Ausiliatrice n.3/2012

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Nº 3 - 2012 ANNO XXXIII BIMESTRALE

maggio-giugno

Camminiamo con Maria verso Gesù

pag. 2 M aria

pag. 20 D on Pascual la nostra ChÁvez compagna di viaggio Villanueva:

sulle orme di Don Bosco

pag. 23 A Valdocco 150 anni fa il sogno delle due colonne


hic domus mea

inde gloria mea Direzione: Livio Demarie (Coordinamento) Mario Scudu (Archivio e Sito internet) Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione) Direttore responsabile: Sergio Giordani Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21-4-1980 Stampa: Scuola Grafica Salesiana - Torino Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice, 32 10152 Torino Centralino 011.52.24.822 Diffusione 011.52.24.203 Fax 011.52.24.677 rivista@ausiliatrice.net http://rivista.ausiliatrice.net www.donbosco-torino.it Abbonamento: Ccp n. 21059100 intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 10152 Torino Per Bonifici: BancoPosta n. 21059100 IBAN: IT15J076 0101 0000 0002 1059 100 PayPal: abbonamento.rivista@ausiliatrice.net Collaboratori: Federica Bello Lorenzo Bortolin Giancarlo Isoardi Marina Lomunno Lara Reale Foto di copertina: Renzo Bussio

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Il saluto del Rettore

Ha fatto tutto Lei! Carissimi amici, a maggio, nel nostro cuore subito si fa presente una persona cara: Maria. La tradizione affida a questo mese il particolare ricordo di Lei con celebrazioni, incontri di riflessione, recita del rosario e altre iniziative. Ricordiamo, sicuramente sorridendo, gli anni in cui eravamo bambini e venivamo invitati a fare i “fioretti” in onore della Madonna. C’era tanta semplicità in quella tradizione, ma va pur riconosciuto che serviva a renderci vicina Maria, per cui era spontaneo rivolgersi a Lei come si fa con una mamma che conosce il cuore dei suoi figli, li ama e li aiuta a crescere. Nel sogno dei nove anni, Giovannino Bosco si sente dire dal misterioso personaggio «Io ti darò la Maestra», e subito appare la Signora, che lo prende per mano e gli dice «Renditi umile, forte e robusto», in previsione della missione che a Giovanni sarà affidata. Don Bosco si è fidato e l’ha ascoltata; alla fine della sua vita dirà: «Ha fatto tutto Lei!». Se dalla vita di Don Bosco togliamo la presenza di Maria, Don Bosco… non è più lui. Anche noi, se togliamo Maria dalla nostra vita, restiamo più poveri: manca la madre a cui Gesù sulla croce ha affidato l’apostolo Giovanni, e in lui ha affidato tutti noi. Per alcuni, la devozione a Maria mette in secondo piano Gesù. Non siamo d’accordo: una vera devozione a Maria porta all’incontro con Gesù; è proprio Lei che, come a Cana, continua a dire «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Per la nostra Basilica, il mese di maggio è importante anche per la celebrazione della festa di Maria Ausiliatrice, il giorno 24. Ogni anno si resta meravigliati per la presenza di fedeli alla veglia notturna, alle celebrazioni del giorno e soprattutto alla processione serale. Siamo certi che anche quest’anno la tradizione sarà rispettata e Maria non mancherà di farsi presente nella vita di tutti noi. Vi aspettiamo! Quando Don Bosco iniziò la costruzione della Basilica disse: «Corrono tempi tristi». Anche oggi ci sono fatiche, difficoltà, problemi. «Abbiate fiducia in Maria e vedrete cosa sono i miracoli», ripeteva spesso Don Bosco e lo ripete con forza anche a noi. Vi assicuriamo il nostro costante ricordo in Basilica. Don Franco Lotto, Rettore lotto.rivista@ausiliatrice.net

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© Renzo Bussio


A tutto campo

La Madre che ci accompagna In questo periodo di crisi, Maria, esperta nell’arte di accompagnare suo Figlio nella sua crescita umana e la Chiesa nei tempi difficili, è la nostra compagna di viaggio. Ci aiuta a ritrovare l’entusiasmo di seguire Gesù. Ci invita ad una rinnovata fiducia nel Dio della vita, che ci chiama a camminare nella fede e nell’amore e ad infondere speranza.

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a crisi economica e lo smarrimento di valori a cui oggi assistiamo non toccano soltanto le giovani generazioni, ma anche gli adulti. C’è chi propina ricette con soluzioni a medio o a lungo termine. Nessuno, però, può risolvere il calo di fiducia nella vita e nel futuro, che sembra all’origine di una crisi generalizzata e che investe ogni dimensione del vivere umano. Soltanto una ritrovata visione evangelica potrà ridimensionare questa crisi facendo balenare all’orizzonte indicazioni di senso. Maria di Nazaret, esperta nell’arte di accompagnare il suo Figlio Gesù nella sua crescita umana e la Chiesa nei tempi difficili, è la nostra compagna di viaggio. Maestra nel cammino della fede, addita anche a noi Gesù, si pone al nostro fianco, ci infonde fiducia e sicurezza. Anche Lei ha dovuto apprendere giorno per giorno la direzione giusta. Le è bastato rendersi disponibile a Dio, fidarsi di Lui, lasciarsi accompagnare da Lui. Maria è una giovane donna che fa spazio all’ingresso della luce. Ascolta nel silenzio del suo essere la densità della Parola che le viene rivolta dall’angelo: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te... Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù» (Lc 1,28.31). è una ragazza che sa amare e progettare il futuro, ma rimane aperta all’imprevisto di Dio. La sua casa è luogo del silenzio,

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dell’ospitalità, dell’accoglienza del divino, che lei riceve nel cuore prima che nel grembo. Scopre che la sua autenticità sta nel sentirsi abitata da Dio, nel realizzare il passaggio dall’esistere per se stessa all’esistere per un Altro. Maria rimanda al centro della fede: Gesù Cristo, manifestazione luminosa di Dio. Lei è la casa dove la Parola può dimorare, ma lei stessa è accolta dalla Parola e dimora in essa: l’essere discepola di Gesù inizia con il suo “sì” ad essere madre.

Maria è all’inizio della vocazione di Don Bosco È la Madre piena di sapienza che accompagna Don Bosco lungo il cammino per realizzare la sua vocazione. Quando è ancora fanciullo, gli mostra il metodo proprio del sistema preventivo: «Non colle percosse, ma colla mansuetudine e la carità guadagnerai questi tuoi amici» (Giovanni Bosco, Memorie dell’Oratorio, pagina 62, edizione 2011). Un metodo che è cammino di spiritualità e indica nell’amore la vocazione della persona umana. Anche Santa Maria Domenica Mazzarello guarda a Maria come colei che guida e orienta, come modello di vita. Raccomanda di essere vere immagini di Lei, la Madre e la Maestra che ci affida le giovani generazioni come terra santa, luogo in cui poter incontrare il Signore.


© Archivio Centrale FMA

Maria accompagna anche noi oggi a vivere la chiamata del Signore nella ricerca continua del suo progetto, che esige la purificazione dai protagonismi personali e dall’egoismo. Ci sostiene nell’impegno di renderci disponibili ad accogliere le sorprese di Dio nel quotidiano. Ci aiuta a far fiorire la vita, a risvegliarla e potenziarla sul nostro cammino. Ci rende attenti a riconoscere i segni di speranza presenti nel nostro tempo, nella vita dei fratelli e delle sorelle che il Signore ci pone accanto, nell’esistenza dei giovani. Guardando a Lei, ci chiediamo: siamo ancora capaci di ascoltare con stupore la Parola, di custodirla nel cuore e di aprirci all’inedito dell’amore? Un cuore che ama è sempre pronto a cercare la persona amata, ad accogliere ogni suo desiderio per poi correre a realizzarlo. Maria è con noi, nella nostra casa e nella nostra vita; ci aiuta a ritrovare l’entusiasmo di seguire Gesù, a fidarci di Lui; ci guida nel pellegrinaggio della fede che si confronta ogni volta con nuove sfide e opportunità.

© Archivio Centrale FMA

È sull’esempio di Maria che possiamo, anche in tempi di crisi e sfiducia, continuare a diffondere con gioia il Vangelo tra i giovani in ogni parte del mondo .

L’entusiasmo contagioso di Suor Yvonne Reungoat, Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice che quest’anno si appresta a festeggiare il 140° anniversario dell’Istituto.

Adulti e giovani siamo chiamati a un percorso di fede in cui lasciarci amare da Dio, accettare di entrare nel suo progetto servendo il bisogno di vita, di senso, di gioia delle nostre famiglie e comunità, delle giovani generazioni. Maria ci sostenga nell’impegno di diventare come Lei “aiuto” per custodire e fare crescere la vita. Il 2012 è un tempo di grandi eventi: stiamo vivendo il primo anno del triennio in preparazione al bicentenario della nascita di Don Bosco. Il 5 agosto ricorre anche il 140° di fondazione dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. E l’11 ottobre inizierà l’Anno della fede indetto da Benedetto XVI per celebrare i cinquant’anni del Concilio Ecumenico Vaticano II. Nella stessa data compie vent’anni il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato con l’intento di illustrare a tutti i fedeli la forza e la bellezza della fede. Tutto invita ad una rinnovata fiducia nel Dio della vita che ci chiama a camminare nella fede e nell’amore e a infondere speranza, come ha fatto Maria. Lei ha fiducia in noi, conta su di noi perché possiamo essere segno della sua presenza materna in un mondo attraversato dalla paura, spesso povero di amore e di sogni per il futuro. Madre Yvonne Reungoat Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice

Essere testimoni fiduciosi e gioiosi

© Archivio Centrale FMA

La nostra testimonianza di adulti fiduciosi e gioiosi può infondere nei giovani la certezza di essere custoditi da Dio, sostenuti dalla mano materna di Maria, da Lei accompagnati nella ricerca del loro progetto personale, che è sempre un progetto di vita per la gioia degli altri; una vita che si gioca a favore del bene della comunità ecclesiale e sociale. Da Lei i giovani possono imparare la relazione che fa crescere in libertà e responsabilità, nel servizio agli altri e nell’apertura a Dio. a tutto campo

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Leggiamo i Vangeli

Chi sei Gesù di Nazaret? Il compito più importante del discepolo è imparare chi sia Gesù. Viene il momento in cui egli non si accontenta più di vaghe opinioni su di sé o di entusiasmi, ma esige una risposta che ci coinvolga fino in fondo. Un Maestro che interroga? All’inizio del Vangelo Marco ci aveva confidato di voler scrivere su Gesù perché lo si riconosca come il Cristo ed il Figlio di Dio. Per questo egli ci ha fatto camminare dietro al Signore in Galilea: per ascoltarlo, per vedere le cose da lui compiute, per capire chi lui sia. Sui passi del Maestro giungiamo ora ad un momento di svolta: egli prima di iniziare il cammino verso Gerusalemme, chiede agli Apostoli di prendere posizione nei suoi confronti: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,27-30). Il brano è tanto breve quanto intenso. Quando noi lo leggiamo diamo per scontato che sia normale per un maestro interrogare i propri di-

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scepoli. Non era però questa la consuetudine presso i Giudei, per i quali a fare domande dovevano essere i discepoli e non viceversa! Un comportamento strano quello di Gesù volto ad un obiettivo chiaro: provocare una risposta sulla propria identità. A lui l’iniziativa del chiedere, a noi, insieme agli Apostoli, la sfida della risposta.

A Cesarea di Filippo

Gesù ha un obiettivo chiaro: provocare una risposta sulla propria identità. A Lui l’iniziativa del chiedere, a noi la sfida di una risposta che ci coinvolga fino in fondo.

La condotta di Gesù continua a sorprenderci anche nella scelta del luogo in cui il fatto avvenne. Egli infatti non si rivolge agli Apostoli a Cafarnao, luogo in cui abitualmente risiedeva, né lo fa in un’altra delle cittadine che visitava; non li interroga neppure in una sinagoga, dove era solito entrare. Niente di tutto questo. Gesù si spinge invece fino ai villaggi di Cesarea di Filippo e li interpella “per strada”. Per quale ragione recarsi in una città tanto lontana, posta all’estremo Nord dell’Antica Palestina, per di più tra gente che non adorava neppure il Dio di Israele, ma le divinità pagane? Perché rivolgere ai “Dodici” delle domande tanto importanti proprio lungo il cammino? Forse perché Gesù voleva sentirsi libero da Scribi e Farisei che lo controllavano? Forse perché non voleva essere confuso con altri falsi messia che circolavano al suo tempo? Forse, ma non solo. Così facendo Gesù desidera mostrare in realtà che egli è venuto per tutti, anche per i più lontani. Il suo audace e meraviglioso modo di fare ci insegna che nessuna persona, nessun luogo può essere così inadatto, squalificato ed ultimo da essere escluso


dalla sua presenza! Non sarà dunque un caso che il Signore scelga un luogo tanto disdicevole come la croce per rivelarsi come il Salvatore toccando il cuore di un soldato pagano che lo riconoscerà come il Figlio di Dio! Non un caso, ma l’estremo insegnamento sul suo saper dar valore a ciò che noi riteniamo senza valore. Per sapere davvero chi sia Gesù e per diventare suoi discepoli è necessario mettere da parte la nostra logica, le abitudini, i luoghi stabiliti, le convenzioni, le discriminazioni degli altri, perfino la non accettazione di ciò che di noi detestiamo ritenendolo non adatto al Signore: solo così gli permetteremo di venirci ad incontrare dove vuole.

Lasciare che Gesù interroghi Vi invito ora ad entrare nel dialogo tra Gesù e i “Dodici”. Nella prima domanda egli chiede quali opinioni la gente avesse di Lui ed apprende che il popolo lo stima, ma che ha le idee confuse, dato che lo considera uno dei tanti profeti inviati da Dio. La seconda domanda vibra forte nel cuore degli Apostoli. È formulata in modo sobrio e coinvolgente: «Voi, chi dite che io sia?». Non

si tratta più di riferire opinioni di altri, ma le proprie, la propria esperienza di Gesù. La risposta, vibrante come la domanda, viene da Pietro che parla a nome di tutti: «Tu sei il Cristo». Marco non ci dice su cosa Pietro la fondi, lo scrive però Matteo affermando che essa viene da Dio. Il successivo ordine a non dire a nessuno quella risposta ci fa capire che essa non era ancora completa, pur essendo giusta e gradita a Gesù. È giusta perché Pietro non mette il Signore tra gli altri profeti, ma riconosce in lui una persona unica che non deve essere confusa con nessun altro. È incompleta perché l’Apostolo stenta a capire il motivo per cui Cristo debba soffrire e morire prima di essere glorificato. Nel puzzle fatto di volti e storie delle nostre vite e delle nostre comunità è importante cogliere gli interrogativi, i dubbi con cui lo Spirito ci interpella per non ridurre la nostra esperienza di fede ad un semplice “tassello” da incastrare.

Imparare Gesù da Gesù Pietro ed i “Dodici” iniziano a capire qualcosa sulla persona di Gesù perché si lasciano interrogare da lui. Questo vale allo stesso modo per noi. Il chiedere spetta a Gesù, nostro è piuttosto il compito dell’ascoltare e del lasciarci interrogare. Anche questo ci costituisce come discepoli credenti. Soltanto dalla comunità che nello Spirito ascolta ed accoglie le domande del Signore, verrà a ciascuno la capacità e la forza di rispondere. Chi non ascolta Gesù, non saprà mai chi egli veramente sia. Chi non si lascia interrogare dal Signore, non saprà mai cosa egli voglia da lui! Il rischio di chi non ascolta e fa solo domande consiste nel non progredire nella fede accontentandosi di quello che già conosce di Cristo. Il pericolo sta nell’avere di lui qualche opinione, travolgenti entusiasmi, ma non fede solida. Gesù però è il nuovo che sempre ci chiede di imparare e di far spazio alla sua novità. Disponiamoci ad imparare Gesù … da Gesù! Marco Rossetti rossetti.rivista@ausiliatrice.net

LEGGIAMO I VANGELI

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In cammino con Maria

Il Magnificat, l’Exultet di Maria Nel suo Magnificat Maria si fa voce di tutta l’umanità. È l’umanità povera che canta la sua Pasqua di salvezza. E con sette verbi - spiegato, disperso, rovesciato, innalzato, ricolmato, rimandato, soccorso - Maria descrive l’agire di Dio sull’umanità.

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ederico Nietzche, parlando dei cristiani nel suo Zarathustra, afferma: «Canti migliori dovrebbero cantarmi, perché io impari a credere al loro Redentore. Un’aria più da salvati dovrebbero avere i suoi discepoli». È questa una delle sfide più forti per i cristiani d’oggi, che si dimenticano facilmente di aver accolto e di dover annunciare una “lieta notizia”, che fanno fatica a vivere con convinzione e originalità la loro dignità di esperti della Pasqua. Per essere cristiani più veri e più credibili, bisognerebbe che ci rivolgessimo a Maria, che è modello della vita pasquale e per questo venerata quale “causa della nostra letizia”. Bisognerebbe che imparassimo meglio il suo canto. Il Magnificat è paragonabile all’Exultet che la Chiesa intona nella notte di Pasqua. La Pasqua, il passaggio di Dio nella storia umana realizzato in Cristo, opera un passaggio dell’uomo dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, dalla disperazione alla gioia. Il Magnificat celebra appunto questo passaggio.

Maria sperimenta in sé il passaggio di Dio «O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore». Così canta la Chiesa nell’Exultet pasquale. Pasqua è dove si celebra questo passaggio-incontro, in cui è sempre Dio a fare il primo passo. Dio passa dalla parte dell’uomo perché l’uomo possa

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Il cantico di Maria, il suo “sì” al progetto di Dio al è uno squarcio che apre alla luce che la venuta di Gesù porta nella vita dell’uomo dell’umanità ribaltando le logiche del mondo.

passare alla parte di Dio. Al venire divino risponde un andare umano, all’avvento di Dio fa eco l’esodo dell’uomo. Maria sente realizzarsi dentro di sé questo misterioso incontro. Ella sperimenta la Pasqua mentre canta il Magnificat. «L’anima mia magnifica il Signore… grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente». Maria percepisce con stupore il passo di Dio nella sua vita. Le è dato di testimoniare un “passaggio” straordinario di Dio nella storia, un passaggio che porta un nome e un volto: Gesù Cristo, di cui Maria è chiamata ad essere madre. Tutta l’opera salvifica di Gesù si svolge nel dinamismo del passaggio: con l’incarnazione, il figlio di Dio «discende dal cielo» (Gv 6,38), passando dalla sfera di Dio al mondo umano; la croce e la risurrezione, invece, segnano il suo «passare da questo mondo al Padre» (Gv 13,1). Maria è testimone e collaboratrice di questo duplice passaggio, ciò conferisce a tutta la sua esistenza, e in particolare al suo canto che rappresenta uno specchio limpido della sua vita, una tonalità Pasquale.

In Maria si compie il passaggio dell’umanità «Dio ci ha fatti passare dalla schiavitù alla libertà, dalla tristezza alla gioia, dal lutto alla festa, dalle tenebre alla luce. Perciò diciamo davanti a lui: alleluia!» (Pesachim X,5). Sono parole della liturgia Pasquale ebraica, che evidenziano questo concetto:


so Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia».

A Maria, donna della Pasqua O Maria, Vergine del Magnificat e donna della Pasqua, veglia su questo mondo in continuo passaggio ma che non sa dove andare. Portaci a Colui che può «mutare il nostro lamento in danza e la veste di sacco in abito di gioia» (Ger 31,13).

il passaggio di Dio opera un passaggio nell’uomo. Pasqua è passare a ciò che non passa! Ora, le «grandi cose» che Maria sente realizzate in sé sono precisamente questi passaggi pasquali: dalla piccolezza della serva alla grandezza della madre, dal niente dell’essere creaturale alla pienezza della grazia, dall’umiltà alla gloria. Come per il suo figlio, così per Maria, la Pasqua è un admirabile commercium, un meraviglioso incontro degli estremi. Come non esplodere di gioia nello scoprirsi un prodigio così stupendo! Nel suo Magnificat Maria si fa voce di tutta l’umanità. «Ha spiegato la potenza del suo braccio…» (Lc 1,51-55). Con una serie di sette verbi: spiegato, disperso, rovesciato, innalzato, ricolmato, rimandato, soccorso, Maria descrive l’agire di Dio sull’umanità. Egli è il Dio della Pasqua. Infatti i sette verbi rappresentano tutti un ribaltamento della situazione, un passaggio. La Pasqua di Dio sconvolge gli schemi umani ed opera un cambiamento a vari livelli: • a livello politico: «ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili»; • a livello sociale: «ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote»; • a livello di valutazione morale: «ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore».

Dio ci ha fatti passare dalle tenebre alla luce. Perciò diciamo davanti a lui: alleluia!.

Incatenati dalle miserie umane, troviamo nella figura di Maria, donna del Calvario e della speranza, il modello per accogliere la Grazia liberante del messaggio pasquale.

Sei l’esperta del passaggio. A Nazaret il tuo “sì” segna il passaggio tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Ad Ain Karem annunzi con il tuo Magnificat il passaggio ad un mondo nuovo. A Betlemme partecipi al passaggio di Dio dal cielo alla terra. A Gerusalemme con la profezia di Simeone e con la perdita del tuo Figlio nel Tempio compi una Pasqua interiore e senti passare una spada nel tuo cuore. A Cana hai provocato il cambiamento dall’acqua al vino. Al Calvario sei testimone del passaggio dell’umanità dalla morte alla vita. Nel Cenacolo accogli con tutta la Chiesa la Pasqua dello Spirito. Dopo il tuo “passaggio” nel cielo, non hai cessato di essere ausiliatrice della nostra Pasqua, causa della nostra letizia. Lungo tutta la storia della Chiesa ti troviamo in tutte le svolte, tutti i momenti quando spunta l’alba, quando germoglia la vita. Continua ad assisterci, o Maria, nel nostro passaggio terreno. Fa’ che camminiamo sicuri cantando il tuo canto pasquale: il Magnificat. Maria Ko Ha Fong kohafong.rivista@ausiliatrice.net

• a livello storico-salvifico: «ha soccorIn cammino con maria

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In cammino con Maria

Maria, la Mamma In tutti i secoli, gli uomini si sono rivolti alla Madonna come a buona Mamma, ne hanno cantato le lodi e sperimentato la protezione. Soprattutto nelle difficoltà e nella sofferenza.

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el corso dei secoli, nei momenti lieti e tristi, gli uomini si sono rivolti alla Madonna come a buona mamma, ne hanno cantato le lodi e sperimentato la protezione. L’hanno invocata sotto i più bei titoli: Madonna del Soccorso, Madonna dell’Aiuto, Ausiliatrice, Madonna della Consolazione, del Buon Consiglio, della Misericordia, della Salute, del Suffragio, della Pace... Maria è presente in tutte le vicende umane, soprattutto dove si soffre e si piange. Ella, come mamma tenerissima, ha pianto sul proprio Figlio condannato dalla ingratitudine degli uomini, lungo la Via dolorosa, ai piedi della Croce, con Gesù morto tra le braccia. Proprio sul Calvario, dall’alto della Croce, Gesù morente la dona come mamma a Giovanni ed in

lui a tutti gli uomini. Per questo Maria partecipa al dolore di tutti i suoi figli e piange sulle loro miserie.

La “Pietà” partecipa ai dolori di tutte le mamme

Teviglio, effige della Beata Vergine delle Lacrime.

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La devozione popolare ha dato un nome eloquente a Maria che accoglie nel suo grembo Gesù morto, deposto dalla Croce. È il pianto di una mamma che piange il figlio ucciso dalla cattiveria degli uomini: è “la Pietà” per eccellenza! Quante mamme si sono sentite confortate da questo pianto di Maria! Quante, come Lei, hanno pianto i propri figli uccisi dalle tante guerre! Quante non hanno avuto neppure il conforto di versare le proprie lacrime sui figli uccisi o dispersi in Paesi lontani! L’arte cristiana ha saputo esprimere a meraviglia questo dolore di Maria e di tante mamme. Basti contemplare la bellezza e la maestà della Pietà di Michelangelo! La Madonna è apparsa in varie occasioni con Gesù morto tra le braccia, quasi


a ricordarci il suo dolore di mamma e la sua partecipazione al dolore di tutte le mamme che piangono il proprio figlio morto o disperso. A Pietralba, in Trentino Alto Adige, la Madonna appare a Leonardo Weissensteiner che scopre, scavando le fondamenta della chiesetta, una bianca statua in alabastro raffigurante appunto la Pietà. A Castelpetroso, nel Molise, la Madonna appare, in ginocchio, orante e con il Figlio morto adagiato sulla roccia, a due contadinelle la sera del 22 marzo 1888, giovedì di Passione. Riappare, in seguito, al Vescovo, recatosi sul luogo per ordine di papa Leone XIII, e dopo ancora a un gruppo di pellegrini polacchi e al conte Acquaderni di Bologna, già guarito dall’acqua prodigiosa scaturita sul posto dell’apparizione, e fondatore dell’attuale Santuario. La Madonna non dice una parola, ma il suo atteggiamento doloroso è un eloquente messaggio.

La Madonna piange per la nostra cattiveria Anche la cattiveria degli uomini che offendono il Signore ed il prossimo è causa del pianto di Maria. Il 28 febbraio 1522 il pianto sgorgato dall’immagine della Madonna, dipinta su una parete, salva la città di Treviglio dal saccheggio minacciato dal Maresciallo francese Lautrec. Il 19 settembre 1846, una “Bella Signora” appare a due fanciulli, Massimino e

Santuario della Madonna di Pietralba Loc. Pietralba 39050 Nova Ponente (BZ) maria@pietralba.it www.weissenstein.it tel. 0471/615165

Santuario dell’Addolorata Via Santuario 86090 Castelpetroso (IS) castelpetroso@tiscali.it www.santuarioaddolorata.it

Santuario Beata Vergine delle lacrime Via F.lli Galliari 3 24047 Treviglio (BG) tel: 0363/47014 tel: 0363/49348

Melania, mentre stanno pascolando le mucche su un alpeggio del Comune di La Salette, a 1.800 metri di altezza. In un piccolo avvallamento, all’improvviso, essi scorgono un globo di luce “come se il sole fosse caduto in quel luogo”. Lentamente il globo si apre e nella luce abbagliante i due ragazzi travedono una donna seduta, con i gomiti sulle ginocchia e il volto nascosto fra le mani, che piange. La “Bella Signora” si alza e li invita ad avvicinarsi. Rassicurati, Massimino e Melania scendono di corsa lungo il pendio. Quella “Bella Signora” non smette di piangere. È alta e tutta splendente della luce che si sprigiona dal Crocifisso che porta sul petto. Ai lati del Crocifisso si vedono un martello e delle tenaglie. Continuando a piangere, Ella affida ai fanciulli il seguente messaggio: «Se il mio popolo non vuole sottomettersi alla legge del Signore, sono costretta a lasciare libero il braccio di mio Figlio. Esso è così forte e così pesante che non posso più sostenerlo». Insomma, Maria adempie con amore materno al suo compito di mediatrice presso Dio per i peccatori, ma non può far tutto da sola. Per questo supplica tra le lacrime: «Convertitevi, figli miei!». Mario Morra morra.rivista@ausiliatrice.net In cammino con maria

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Maria nei secoli

Un teologo dotto e gentile, John H. Newman (1801-1890) affermò di essersi convertito al cattolicesimo grazie allo studio dei Padri. Questi, per la vicinanza agli Apostoli, furono decisivi anche nel pensiero su Maria.

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l 19 Settembre 2010 a Birmingham, dinanzi ad una folla entusiasta, composta anche da molti giovani, Benedetto XVI inscrive nell’albo dei beati un teologo dotto e gentile, l’inglese John Henry Newman, vissuto nel secolo XIX. Era un apprezzato professore e pastore della Chiesa d’Inghilterra, separata da Roma dal XVI secolo, da quando il Re Enrico VIII volle creare una chiesa nazionale per soddisfare i suoi capricci e non ubbidire al Papa che gli proibiva di ripudiare la moglie e sposarsi con la sua amante. Trecento anni dopo, la Chiesa d’Inghilterra era diventata una specie di dipartimento dello stato, senza più fervore e devozione. Newman si sentiva a disagio. Cercava la volontà di Dio nella sua vita con sincerità e pregava così: «Guidami, Luce amabile, tra l’oscurità che mi avvolge». E la luce arrivò. Studiando con rigore e con onestà, si accorse che i Cattolici avevano ragione: solo essi conservavano la fede insegnata dagli Apostoli, mentre i Protestanti avevano introdotto delle credenze ad essa contrarie. Analizzò i testi degli antichi scrittori cristiani, quelli più vicini all’epoca degli Apostoli, lesse pure gli atti dei Sinodi e dei Concili dei primi secoli, giungendo sempre alla medesima conclusione che sintetizzò con queste parole: «I Padri mi fecero cattolico». Nel 1845, quando aveva 45 anni, fu accolto nella Chiesa Cattolica. Divenne sacerdote e religioso dell’Oratorio di san Filippo Neri. Umile, mite e sempre cortese, anche con i suoi avversari, fu creato cardinale dal Papa Leone XIII nel 1879. Morì dieci anni dopo. Le parole che scelse come suo motto sono tratte da san

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Maria silenziosa, che tutto immaginasti, senza parlare, oltre ogni visione umana, aiutami ad entrare nel mistero di Cristo lentamente e profondamente, come un pellegrino arso di sete entra in una caverna buia alla cui fine oda un lieve correr d’acqua. Fa’ che prima di tutto m’inginocchi ad adorare, fa’ che poi tasti la roccia fiducioso, e m’inoltri sereno nel mistero. Fa’ infine ch’io mi disseti all’acqua della Parola, in silenzio come Te. (John H. Newman).

Francesco di Sales: cor ad cor loquitur, il cuore parla al cuore. Gli Anglicani non riuscivano a capire la sua scelta di aderire a ciò che la Chiesa Cattolica crede di Maria. E il Beato Newman con pazienza e bontà spiegò le sue motivazioni in una lunga lettera indirizzata ad un pastore anglicano, il reverendo Pusey. Il suo ragionamento è semplice e lineare, caratteristiche, queste, della verità.

I Padri: la fonte della mariologia a cui attingere Egli annota che scrittori antichissimi, come Giustino, Ireneo e Tertulliano, nel II secolo, in aree geografiche lontanissime tra loro, cioè Palestina, Turchia e Africa del nord, nutrivano gli stessi pensieri sulla Madonna, attribuendole un ruolo eccezionale nella storia della salvezza a motivo dell’Incarnazione, e riconoscen-


devoto di Maria dole una dignità altissima, superiore a quella di ogni altra creatura. Poiché questi antichi scrittori, la cui testimonianza la Chiesa ha sempre tenuto in altissima considerazione, sono vissuti subito dopo gli Apostoli, l’unico argomento che può spiegare il fatto che condividano la stessa dottrina su Maria è questo: l’avevano appresa direttamente dagli Apostoli. Con fine ironia, Newman fa notare che, invece, le opinioni erronee dei Protestanti, non sono attestate in nessuno degli antichi scrittori. Ma che cosa dissero Giustino ed Ireneo, per esempio, sulla Madonna? La chiamarono “Nuova Eva” e, assegnandole quel titolo, intendevano dire che è stata la collaboratrice del “Nuovo Adamo”, cioè Cristo, nel distruggere gli effetti del peccato d’origine, ossia nell’opera della Redenzione, e che solo Lei riceve questo titolo. Di conseguenza, il suo posto nella storia della salvezza è unico ed irripetibile.

Newman ci insegna che se abbiamo accolto la verità di Cristo e abbiamo impegnato la nostra vita per lui, non vi può essere separazione tra ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostra esistenza. Ogni nostro pensiero, parola e azione devono essere rivolti alla gloria di Dio e alla diffusione del suo Regno. (Benedetto XVI).

gentile teologo inglese: il catechismo della Chiesa cattolica, dall’epoca degli Apostoli sino ad oggi, quando parla di Maria, della sua santità e della sua grandezza, non è mai cambiato nella sua sostanza! Non sorprende, allora, che Newman abbia pregato la Madonna confidando nella Sua opera mediatrice. L’argomento squisitamente teologico addotto per sostenere l’urgenza di pregare Maria è questo: nel Corpo Mistico si prega gli uni per gli altri. Chi è più santo degli altri, però, eleva una preghiera più forte ed efficace a Dio. Dal momento che Maria, senza alcun peccato, è la creatura più santa di tutte, la sua preghiera è la più potente. E così, con un’espressione indimenticabile, il cardinal Newman concludeva: «il nostro rapporto con Lei deve essere quello di clienti verso la propria signora». Roberto Spataro spataro.rivista@ausiliatrice.net

G. Rollini: San Ambrogio. Il ritratto si trova in una delle vele della Basilica-Santuario di Maria Ausiliatrice, Torino.

Inoltre, gli antichi Padri, osservava John Henry Newman che leggeva senza fatica le opere scritte in greco e latino, erano concordi nel chiamare Maria “Madre di Dio”, senza quelle esitazioni ingiustificate e persino empie dei Protestanti del passato e dei nostri giorni. Nel 106, Ignazio di Antiochia, un martire autore di sette bellissime lettere analizzate con finezza dal Beato Newman, scriveva: «Il nostro Dio fu portato nel seno di Maria». Insomma, questo ci insegna il nostro dotto e

foto Mario Notario

I Padri: concordi nel chiamare Maria Madre di Dio

Maria nei secoli

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La parola qui ed ora

Prendete, questo è il mio C Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio Corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio Sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della

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vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. (Mc 14, 12-16.22-26)

U

Cibarsi del Corpo di Gesù consente al nostro spirito di mantenersi giovane, di guardare oltre i segni del tempo e le paure della morte per proiettarci nella dimensione dell’eternità che ci attende.

n giorno dopo l’altro assistiamo allo spettacolo del nostro corpo che invecchia. Giriamo per le strade, viaggiamo, lavoriamo: e tutto intorno a noi ripete e grida la sottomissione alla legge del tempo e della morte. Ciascuno affronta la cosa in modo diverso: c’è chi si rassegna e finge di nulla e c’è chi reagisce, cercando di mantenere il più possibile un equilibrio “salutare” fra un corpo che invecchia e le prestazioni che esso può offrire. Per molti altri, poi, l’efficienza del corpo è diventata un culto, quasi un’ossessione (tanto da coniare parole nuove, come “palestrato”). Un culto che finisce per scambiare, facendoli diventare sinonimi, corpo e bellezza: come se soltanto dall’”immagine” della forma fisica si potesse ricavare la legittimazione di un senso alla vita. Meno volentieri, di questi tempi, ci si ricorda della verità rivelata da un rabbino, in un racconto di I.B. Singer: «corpo e dolore sono sinonimi» (“Un giovane in cerca d’amore”). La solennità del Corpo e Sangue del Signore richiama invece il mistero di un “Corpo” che non invecchia e non decade, perché è risorto e dunque sottratto al ciclo della decomposizione e della morte. E questo stesso Corpo, ci viene rivelato da Gesù, è anche l’unico vero “cibo” di cui abbiamo bisogno per quella vita eterna che prescinde dalla morte. Il dono totale di sé che Cristo compie chiude la serie dell’antica alleanza e inaugura una stagione nuova in cui l’”amicizia con Dio” non ha più bisogno di essere comprata


orpo o riscattata barattandola con la vita di esseri umani e neppure di animali. Il Signore stesso rivela che il corpo è il “tempio” della vita vera, quella dello Spirito («distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere»: Gv 2, 19). Il corpo è tempio della vita e la vita in se stessa è la “gloria di Dio” sulla terra: dunque ogni vita umana è sacra perché profondamente radicata nella vita stessa di Dio; e il corpo che ospita e genera la vita è il tempio stesso in cui abita la presenza di Dio. In questo senso la gloria del Corpus Domini ha molto da ricordarci, per quanto riguarda il nostro concetto di sacralità del corpo e, più in generale, per quanto concerne la tutela della vita (senza in nulla smentire il “dovere” di conservare al meglio il proprio corpo né, tanto meno, di disprezzare la bellezza…). Ma nella celebrazione del Corpus Domini (che non per caso è tra le solennità tuttora più sentite del popolo cristiano)

Il Signore continua a rendersi visibile e presente nel suo Corpo e nel suo Sangue. Questi sono i segni più diretti del mistero centrale della fede cristiana.

La processione del Corpus Domini per le vie delle città richiama fortemente il valore che l’Eucaristia assume per la società civile: il Padre ha lasciato nel Pane consacrato il segno reale della Sua presenza che accompagna e nutre l’umanità in ogni tempo.

c’è ancora di più: il Signore che si rende visibile e presente nel suo Corpo e nel suo Sangue è il segno più diretto, prepotente quasi, del mistero centrale della fede cristiana, quel ciclo “incarnazione – risurrezione” di fronte al quale ciascuno di noi gioca la propria intera esistenza. Il Corpus Domini ha maturato nei secoli la coloritura di festa “civile” proprio perché sottolinea, più di altre cadenze liturgiche, l’intreccio stretto e necessario tra la vita della città e quella della Chiesa nel suo ciclo liturgico. Il Corpo e Sangue del Signore, nutrimento della fede, sono anche il cibo che innerva e motiva la presenza dei credenti nella società e a servizio della società. Un esempio di questo intreccio è dato da Giuseppe Benedetto Cottolengo, canonico di quella basilica del Corpus Domini eretta nel cuore di Torino per ricordare il miracolo del 6 giugno 1453 (l’Ostia posta in un ostensorio rubato e caduto a terra, si libra in aria sino a quando il Vescovo di Torino alza un calice, dove l’Ostia scende). Proprio vicino alla chiesa, il Cottolengo incontrò Maria Gonnet morente e da quella tragedia ha inizio l’opera della Divina Provvidenza per testimoniare l’amore di Cristo alle persone che tutti gli altri hanno abbandonato. Marco Bonatti marco.bonatti@lavocedelpopolo.torino.it La parola qui ed ora

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Amici di Dio

Quante sofferenze per la f Atanasio, combattuto dagli ariani, perseguitato dagli imperatori, difeso dai cristiani di Alessandria e dai monaci della Tebaide, sostenuto dal papa di Roma: una vita piena di persecuzioni ed esilio, ma sempre sostenuto dall’amore a Cristo e alla Chiesa.

S

ant’Agostino diceva che la Chiesa di Cristo andava avanti tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio. Il secolo IV in cui visse Atanasio (300373) è stato un secolo di grandi persecuzioni (dovute anche all’eresia ariana) e di grandi consolazioni, se per consolazioni da parte di Dio al suo popolo intendiamo i Santi. Infatti in questo secolo fiorirono: Antonio, Basilio Magno, Gregorio Nazianzeno, Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo, Cirillo di Gerusalemme, Efrem il Siro, Ilario di Poitiers, Ambrogio di Milano, Eusebio di Vercelli, Girolamo (420), Agostino (430), Atanasio e altri. Figura dal coraggio eccezionale, Atanasio è stato chiamato da Basilio «anima grande e apostolica», Gregorio Nazianzeno lo definì «Colonna della Chiesa», è chiamato “Padre dell’Ortodossia”, ed è anche dottore della Chiesa. Un grande.

Giovane protagonista a Nicea (325) Atanasio (significa immortale) nacque ad Alessandria d’Egitto nel 300 circa, da una famiglia cristiana, dalla quale ricevette oltre alla fede anche una buona formazione culturale: conobbe infatti la cultura ellenistica, la filosofia e la teologia che si insegnavano nel famoso Didaskaleion della città. Ancora ragazzo ammirò il coraggio dei martiri durante le persecuzioni contro i cristiani, e questo per lui fu un grande esempio. Co-

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Maria, la nostra sorella Quello che per natura uscì da Maria, secondo le Sacre Scritture, era vero corpo del Signore, fu vero in quanto fu lo stesso del nostro. Maria infatti è nostra sorella, perché, tutti siamo nati da Adamo. E che nessuno osi dubitare di questo se solo vorrà ricordare ciò che ha scritto Luca. Dopo la Risurrezione di Cristo dai morti, poiché alcuni non credettero di vedere il Signore nel corpo generato da Maria, ma di vedere uno spirito al suo posto, Egli disse “Guardate le mie mani”. (Da: Lettera ad Epitteto, 7).

nobbe anche i monaci Pacomio e Antonio, diventati suoi maestri ed amici. Nel 319 Atanasio diventò diacono e fu al servizio del vescovo Alessandro. Questi intuì subito il valore del giovane e se lo portò al Concilio di Nicea, che fu di grande importanza. Perché? Per la sua lotta contro Ario e le sue teorie (arianesimo). Questi voleva semplificare la dottrina cristiana sia della Trinità sia dell’Incarnazione. Per Ario Gesù era un semplice uomo che Dio stesso aveva elevato alla dignità di suo Figlio per farlo nostro maestro e guida di vita. Un uomo eccezionale, straordinario, carismatico quanto si vuole, ma… solo un uomo. E quindi anche il suo Spirito non poteva essere che una creatura, come il Cristo. E così Dio rimaneva nella sua Bontà, Onniscienza, Onnipotenza e solitudine infinita. La mente umana non doveva fare grandi sforzi per accettare un Dio così, senza il rompicapo della Trinità. Gesù Cristo quindi non era “consustanziale al Padre” ma veniva degradato a semplice anche se grande maestro dell’umanità. L’uomo così si doveva salvare con le proprie forze ispirandosi a lui. Tutto più semplice, ma…

Luce da Luce, Dio vero da Dio vero Idee dirompenti che colpivano al cuore il Cristianesimo. E proprio nel Concilio Atanasio giocò un ruolo deciso e decisivo nella condanna delle teorie ariane. Gesù Cristo era il Figlio di Dio, consustanziale al Padre, “Luce da Luce, generato non creato. Vero Dio e vero uomo”. Parole entrate nel Credo della domenica. Ma Ario, nonostante l’intero Concilio contro, non volle sottomettersi. E qui cominciarono i guai per Atanasio. Nel 328 fu fatto vescovo di Alessandria,


ede e la verità

Maestro di pazienza e di perseveranza E così varie volte dovette andare in esilio (fu anche a Roma per 6 anni, fino al 346, sempre lottando contro l’arianesimo) e poi tornare, sempre accolto dai suoi fedeli, che ostinatamente non accettavano altri vescovi. Una volta questi insieme ai suoi amici monaci addirittura lo nascosero così bene che la polizia imperiale, venuta ad Alessandria per eliminarlo, non riuscì a trovarlo. Morto Giuliano (363) pro-paganesimo arrivò l’imperatore Valente, pro-arianesimo. Di nuovo Atanasio in pericolo e costretto a nascondersi. Ma questa volta ad Alessandria scoppiarono tumulti: il popolo voleva lui e basta. L’imperatore, vedendo la ribellione, e non volendo inimicarsi la grande città, permise al vescovo ribelle di tornare tra i fedeli, ostinatamente cattolici (e non ariani). E così Atanasio riuscì a vivere in pace gli ultimi sette anni della sua vita (tornò a Dio il 3 maggio 373). Era ammirato e amato dal suo gregge (con quello che

La verità nella pazienza La verità non va predicata con spade, lance e soldati, ma con l’intelligenza della persuasione. E che intelligenza e che persuasione troviamo dove invece domina il terrore per l’imperatore o la minaccia dell’esilio e della morte per chi oppone resistenza? (Da: Storia degli Ariani, 33, 358).

aveva sofferto per la fede e la verità!), ed era anche rispettato dai suoi nemici, sempre presenti. Nonostante tutto ebbe il tempo di scrivere molte lettere ai vescovi amici, al papa di Roma e naturalmente ai suoi monaci. Ci ha lasciato inoltre opere di carattere omiletico (la predicazione), esegetico (spiegazione della Scrittura), apologetico (contro l’arianesimo). La Chiesa ne ha riconosciuto il valore proclamandolo non solo santo per la vita così travagliata ma sempre coerente e fedele, ma anche Dottore della Chiesa, cioè un maestro per noi. Mario Scudu archivio.rivista@ausiliatrice.net

G. Rollini: San Atanasio. Il ritratto si trova in una delle vele della Basilica-Santuario di Maria Ausiliatrice, Torino.

Tratto in forma ridotta da:

foto Mario Notario

terza città dell’impero. I suoi nemici intanto non si fecero attendere con le prime accuse: elezione vescovile non valida (troppo giovane!), aver tramato addirittura contro la vita dello stesso Costantino imperatore, avere avuto un comportamento dispotico e violento, e… perfino di aver “eliminato” fisicamente il vescovo Arsenio. Materiale sufficiente per tre ergastoli. Tutto infondato, naturalmente: gli ariani erano tornati all’assalto. E la politica, ahimè, ebbe ancora il sopravvento: Atanasio in esilio in Germania. Antonio invece, l’abate suo amico, dal deserto tempestava l’imperatore di lettere in sua difesa.

amici di dio

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Chiesa viva

“Family 2012”, un milione La famiglia è tema che scotta a ogni latitudine del pianeta. Per affrontarlo in chiave di fede, il Papa incontrerà a Milano teologi ed esperti, testimoni e famiglie, convocati dai cinque continenti. E sarà - per un milione di fedeli - il 7° Incontro mondiale delle famiglie.

M

ilano, dal 30 maggio al 3 giugno 2012. Prima ha luogo un congresso di tre giorni per discutere sul tema La famiglia: il lavoro e la festa. Poi la sera del 1° giugno arriva a Linate il Papa. Saranno giorni fitti d’incontri, testimonianze, tavole rotonde, musica, riflessione. E infine la messa di Papa Benedetto all’aeroporto di Bresso (area Parco Nord di Milano), per almeno un milione di fedeli. Milano, capitale delle famiglie L’elenco dei partecipanti risulta quanto mai variopinto: al congresso sono iscritti più di cinquemila presenti, 111 relatori da 27 paesi, 66 cardinali, 84 delegazioni dall’Italia e 45 dall’estero. E poi per l’incontro col Papa un’infinità di famiglie. Dato l’argomento, sono invitate a Milano non singole persone ma le famiglie: il progetto è centomila famiglie di Milano e dintorni, chiamate a ospitare in casa loro centomila altre famiglie provenienti dall’Italia e dal mondo. Congresso con personaggi e iniziative di

Duecentomila famiglie a Milano con Papa Benedetto XVI per testimoniare al mondo la bellezza del matrimonio, la gioia dell’unione sponsale che diventa fermento anche in una società segnata dalla crisi del lavoro e dove è facile perdere il senso del tempo come dono.

forte impatto. Con le Cresime nel Duomo, il concerto alla Scala, i padiglioni della Fiera da visitare. Al card. Ravasi la relazione numero uno. Poi la parola a eminenze, studiosi, romanzieri, direttori di giornali, e un calciatore dell’Inter. Cinquemila i volontari per gestire l’organizzazione. Negli incontri largo spazio alle testimonianze vive delle famiglie, e un testimone d’eccezione: Pierluigi Molla, il figlio di Santa Gianna Beretta Molla. Ma al centro c’è lui, il Papa. Tutti attendono la sua parola perché è il Papa. E poi perché ha della famiglia un’esperienza singolare: la sua ricca personalità, che suscita stima e affetto, si è formata nel caldo focolare domestico in cui è cresciuto…

La famiglia del piccolo Joseph Della sua famiglia esemplare il Papa ha parlato spesso, soprattutto nell’autobiografia La mia vita. E nei particolari del suo racconto forse c’è altrettanta saggezza che nei suoi testi di teologia pieni di sillogismi. Il giorno dopo la sua nascita (16 aprile 1927), le campane di Marktl sull’Inn in Baviera (suo paese natale) suonavano a festa perché era Pasqua. E nonostante il freddo pungente lo portarono in chiesa alle 8,30, perché diventasse subito figlio di Dio. Il parroco benedisse la nuova acqua lustrale, e lo battezzò con i nomi di Joseph Alois. Scriverà: «L’essere il primo battezzato con la nuova acqua era un importante segno premonitore. Personalmente sono sempre stato grato per il

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di fedeli

noforte, con cui grandi e piccoli strimpellano Mozart e accompagnano laudi e corali antichi. Vita di fede. L’incanto del presepe… «Ogni anno il nostro presepe si accresceva di qualche personaggio, ed era sempre una gioia speciale andare a raccogliere muschio, ginepro e rami di pino con nostro padre».

fatto che, in questo modo, la mia vita sia stata fin dall’inizio immersa nel mistero pasquale».

Poi «nella scuola elementare è sorta in me la voglia di insegnare… Quando avevo imparato qualcosa, volevo comunicarlo agli altri… A ciò si è aggiunto il piacere di scrivere: fin dalla scuola elementare ho cominciato a comporre poesie…».

Il padre, Joseph anche lui, è un baffuto gendarme della cattolica Baviera, che oltre a recitare il rosario risulta anche antirazzista e antinazista, cose che gli creeranno seri guai per la carriera. Gentiluomo di altri tempi, appassionato di musica e buone letture, e burbero. «Papà aveva un’indole razionale e decisa; la sua fede era convinta e meditata… Era un uomo molto giusto e anche molto severo. Ma noi abbiamo sempre sentito che era severo perché ci voleva bene». La mamma Maria Peintner è nata in Alto Adige, ma dopo un’alluvione ha trovato rifugio in Baviera. Di professione cuoca, conosce a memoria una quantità di ricette, e sa fare di tutto. Cresce i suoi tre bambini solidi nella fede. «Era una donna dal cuore grande, e interiormente molto forte». Joseph ha un fratello maggiore, Georg, con la testa piena di musica: un talento. E una sorella di nome Maria, come la mamma. Lui, il più piccolo, cresce sotto la tutela di Georg e beniamino delle due Marie. Vita difficile, in una Germania che sconta la sconfitta della Prima Guerra Mondiale, e con Hitler che prepara la Seconda ancor più disastrosa. «Dovevamo vivere con grande parsimonia e semplicità… Sapevamo rallegrarci delle cose più piccole, si cercava di fare qualcosa gli uni per gli altri». Vita gioiosa. «Si giocava insieme, e anche i nostri genitori prendevano parte al gioco… Ha sempre avuto una parte importante la musica, con la sua capacità di unire». Tra i mobili di casa c’è il pia-

E l’incanto della liturgia: «Dalle nostre parti arrivò il cardinale con la sua imponente veste color porpora, e ne rimasi talmente colpito da dire che anch’io volevo diventare come lui». INFO web Per saperne di più:

www.family2012.com

In sintesi: «La madre ha sempre riequilibrato con il suo calore e la sua cordialità quel che in mio padre era forse eccessivamente severo. Si completavano bene proprio grazie alla loro diversità. C’era molta severità, ma anche molto calore, molta cordialità e molta gioia».

Il tema che scotta Il Papa ha scelto come argomento per l’incontro mondiale di Milano due dimensioni essenziali della realtà “famiglia”: il lavoro e la festa. Il lavoro come quello coscienzioso e tenace del baffuto gendarme di Baviera, come quello competente e fantasioso di mamma Maria dalle mille ricette e dal cuore grande. E la festa, la gioia come clima costante anche dei giorni feriali. Forse il meglio di quello che il Papa dirà al milione di fedeli, lo attingerà dalla sua precoce esperienza di fede. Tutto nasce dalla fede e dall’amore. In altra circostanza il Papa aveva detto: «La famiglia è l’ambito privilegiato dove ogni persona impara a dare e ricevere amore». Enzo Bianco bianco.rivista@ausiliatrice.net CHIESA VIVA

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Giovani in cammino

Perché cercate tra i morti c Tante persone seguivano Gesù. Alcune erano considerate (e si consideravano) peccatori, umiliati dalla vita, senza vie d’uscita. Altre non si ritenevano peccatori, ma giusti, osservanti delle norme e non provavano il desiderio di convertirsi. Indovinate a chi va la preferenza di Gesù. Ieri come oggi.

T

anta gente andava dietro a Gesù al punto che «non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti» (Mc 1, 45). Dividiamo questo seguito in due gruppi: il primo è composto da quelli che comunemente sono riconosciuti come peccatori e che si considerano tali, quindi si avvicinano, si stringono a lui per ascoltarlo, per sfiorare il lembo del suo mantello. Sono persone sole, umiliate dalla vita, soffocate forse dalla nausea di un non-vivere, senza vie di uscita. E il loro cuore si stringe quando sentono parole d’amore e le confrontano con la propria miseria. Ne sentono il bisogno perché lui illumina le loro notti buie e angoscianti, mangia con loro e dice che è venuto proprio per loro, per i peccatori, per i malati, per gli smarriti. Dice che i peccatori precederanno “gli altri” nel regno di Dio. Chiama Dio padre

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e dice che loro sono i suoi figli e che li ama perché ama i fiori del campo e molto di più gli uomini!

Una religione per distintivo

Gesù chiama Dio padre e dice che loro sono i suoi figli e che li ama: la legge di Dio è una legge che apre alla vita che non lega, ma libera l’uomo!

Poi ci sono i peccatori, che non hanno mai pensato di esserlo se si confrontano con i primi, quelli che si credono giusti, che non provano mai desiderio di convertirsi. Sono le persone che si sentono a posto. Quelle che sono dalla parte di Dio, che si sono impadronite di lui riducendolo ad una sorta di legge da osservare, ad un rituale da praticare periodicamente, un’abitudine. Vivendo secondo la regola e il cliché prestabilito, si credono giustificate e si considerano autorizzate a giudicare tutti in base alla loro presunta perfezione. Sono le persone che pensano di essere buone, di essere in comunione con tutti, anche con Dio, chiuse nella loro mentalità e nella loro psiche narcisista. Persone che pensano di tener buono Dio con la loro bravura. In realtà hanno fatto del proprio egoismo il loro idolo appiccicandoci sopra un’etichetta religiosa. Una pseudo religiosità che persegue la propria volontà, convinti di fare quella di Dio, osservando una legge fatta da uomini nella convinzione che è data da Dio, sostenendo l’impalcatura ideologica con giustificazioni razionali, persino con pensieri devoti e citazioni autorevoli. Questo genere di persone sono coloro che seguono Gesù da lontano e mormorano e lo accusano di mangiare con i peccatori e tramano contro di lui.


olui che è vivo? Dimmi del tuo Dio e ti dirò chi sei La questione fondamentale è sempre quella dell’immagine di Dio. Se l’uomo si lascia sorprendere da Dio, in maniera che Dio si possa rivelare veramente, allora e solo allora qualcosa cambia dentro di lui. Altrimenti attacca il cuore a immagini di Dio che invitano a rispettare i precetti, ad osservare la legge, ad essere dei bravi fedeli pronti sempre a sentirsi migliori degli altri che non vedono Dio in una legge da osservare e quindi corrono il rischio di incontrarlo davvero! Ricordi il figlio maggiore di quel padre al quale il figlio piccolo era scappato di casa bruciandosi l’eredità e che poi un giorno tornò? Il padre impazzì di gioia a tal punto che sacrificò per il suo ritorno il vitello grasso perché in quella casa era scoppiata la primavera. Ma il fratello grande, osservante, tutto casa-e-chiesa non volle partecipare alla gioia del papà, anzi restò fuori a leccarsi le ferite perché in tanti anni non aveva ricevuto neanche un capretto! E quel fariseo che va davanti all’altare a farsi bello di tutte le sue buone azioni e fioretti vari e guarda di sbieco un poveraccio là in fondo che si batte il petto senza neanche osare alzare lo sguardo?

Vi darò un cuore di carne Quando Dio diventa una legge da osservare, il mondo si divide in due parti secche: quelli che la osservano e quindi si considerano buoni e dalla sua parte e i non-praticanti, i cattivi, i peccatori; gli uni “vicini”, gli altri “lontani”. Con l’elaborazione di una serie di tabù da evitare per avere la coscienza a posto. Quando Dio viene racchiuso dentro il pensare di un

Spesso l’immagine che ci creiamo di Dio è un’immagine distorta che rivela più i nostri complessi e le nostre preoccupazioni, è uno specchio delle nostre contraddizioni e dei nostri dubbi, solo l’apertura sincera alla fede ci permette invece di “andare al di là” di aprire gli occhi su un Dio che ci supera e sovrabbonda nel ricolmarci di beni indipendentemente dai nostri meriti.

gruppo è molto probabile che lì non ci sia il Dio di Gesù Cristo che «se ne stava fuori, in luoghi deserti», ma soltanto il Dio dei soci che pagano la quota. La pratica di una religione non si identifica con la fede nel Dio al quale si dice di appartenere. Una religione dove prevale l’osservanza facilmente manca di quella dimensione che scalda, manca “un cuore di carne”. Domina la razionalità, con tante verità da conoscere, tanti dogmi da rispettare e si perde di vista l’unica cosa che fa la differenza, l’attenzione all’uomo. Gesù è venuto a rompere il ghetto nel quale gli uomini avevano rinchiuso un Dio giudice e onnipotente per rivelarci tutta l’impotenza di un Dio che ama l’uomo così com’è. Gesù non toglie la legge ma ci mette cuore, “il sabato per l’uomo”, l’uomo al centro sempre e la legge al suo servizio. Senza cuore non c’è Dio, non c’è fede; c’è solo osservanza, divisione, solo religione con le sue guerre a servizio del potere. Come non cadere nella trappola di crederci tra i primi mentre praticamente siamo nel secondo gruppo con un’etichetta religiosa addosso, padroni di una immagine di Dio prefabbricata, pronti ad essere di ostacolo con i nostri fondamentalismi a quelli che lo cercano con il cuore libero e il fardello dei loro peccati? Giuliano Palizzi palizzi.rivista@ausiliatrice.net GIOVANI IN CAMMINO

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Segni & Valori Don Pascual Chávez Villanueva racconta i segni e i valori ereditati da San Giovanni Bosco di cui è il nono successore

fotografie di Renzo Bussio

Don Pascual: sulle orme di Don Bosco nel mondo Don Pascual Chávez Villanueva, Lei è il nono successore di un Santo – Giovanni Bosco – che per Torino, ancora oggi, rappresenta un punto di riferimento e che ha lasciato in questa città un’immensa eredità, fatta di luoghi, persone e valori. Quali sono i segni della presenza di Don Bosco negli altri continenti? «Innanzitutto sono i suoi figli. Quello che è nato qui come un piccolo seme – stando alla parabola del Vangelo – si è sviluppato fino a convertirsi in un grande albero. Oggi siamo presenti in 130 paesi del mondo, quella che era stata l’intuizione originaria di Don Bosco, con la fondazione dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, si è sviluppata fino a

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Ogni persona ricerca il senso della propria esistenza, le risposte ai grandi interrogativi che non sempre vengono esplicitati, restando latenti, e che richiedono una risposta.

dare origine ad una famiglia di 30 gruppi appartenenti. Questo ha dato luogo a molteplici espressioni di opere in cui si realizza la missione salesiana impegnata nei campi dell’educazione, della promozione umana, della comunicazione sociale e nell’evangelizzazione». L’esempio di un Santo dell’Ottocento in grado di capire le esigenze dei giovani di ieri, quanto è attuale oggi? «Continua ad essere molto attuale, direi. In fondo, anche se i giovani sono differenti, culturalmente sono più sensibili a certi valori e più restii ad altri, anche se sono eredi di esperienze familiari di un tessuto sociale differente rispetto a ciò che affrontava Don Bosco, i bisogni assistenziali e gli interrogativi sono sem-


pre gli stessi. Ogni persona ricerca il senso della propria esistenza, le risposte ai grandi interrogativi che non sempre vengono esplicitati, restando latenti, e che richiedono una risposta. Come diceva Don Bosco, c’è un elemento chiave per entrare in comunicazione profonda con i giovani: il sentirsi amati. Quando Don Bosco definiva l’educazione come «una cosa del cuore» intendeva conquistare il cuore dei giovani, aprire le porte del cuore per plasmarlo e orientarlo alla pienezza di vita in Cristo. Da questo punto di vista la missione salesiana continua quindi ad essere sempre valida oggi come 150 anni fa e forse ancora di più». Don Bosco e San Francesco di Sales cosa direbbero oggi ai giovani che vivono le difficoltà nella formazione, nell’orientamento e nel lavoro? «Alcune cose dipendono da loro, dai

Come diceva Don Bosco, c’è un elemento chiave per entrare in comunicazione profonda con i giovani: il sentirsi amati.

giovani, altre dipendono dalla politica di Stato. Esso ha la responsabilità, il dovere, di creare opportunità di educazione e di lavoro. Non farlo è una mancanza di responsabilità dello Stato, non è un optional ma un suo dovere. È un dovere scommettere sull’educazione con tutte le conseguenze che questo comporta. I giovani, naturalmente, devono rendersi conto che non si può prolungare indefinitamente l’adolescenza senza prendere decisioni. Questo significa sprecare una fase della vita importante per il futuro. Altre cose si possono recuperare, questo tempo no. Si devono sviluppare i valori. Il valore supremo, infatti, non è la libertà come ci viene presentata spesso oggi ma è cosa fai con la libertà. Il valore supremo – dirà Gesù – è l’amore: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”. Essendo libero da tutto, Gesù ha potuto servire gli altri. Nello stesso tempo, fare esperienza in sé non è il valore supremo ma il fare esperienza di valori, altrimenti si rischia di passare da una sensazione all’altra, senza viverne nessuna in pieno. Se invece cerco di fare esperienza di quei valori che confi-

SEGNI E VALORI

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Appare sempre tutto legato all’economia... l’economia non è un valore supremo ma è al servizio della società.

che sia bello creare una società solidale e sensibile, responsabile di se stessa, conscia quindi dei propri limiti, delle proprie mancanze e responsabilità; è un segno di speranza per questa società che a volte sembra disperata e perduta. Appare spesso tutto legato all’economia, in questo non mi ritrovo: l’economia non è un valore supremo ma è al servizio della società e la politica deve prendere in mano la sua responsabilità di regolare l’economia, altrimenti siamo in mano a poteri che esistono e sono invisibili». Un ultimo messaggio da lasciare ai giovani?

gurano e determinano la mia personalità allora sto ricercando qualcosa di diverso, facendo della mia vita qualcosa di grande. È importante essere sempre in un processo di formazione della persona consapevoli della responsabilità delle proprie scelte e non scelte. La responsabilità dei giovani è prendere in mano la propria vita ed essere architetti del proprio destino, altrimenti non si costruisce nulla. Giovanni Bosco a nove anni ha avuto un sogno e avere sogni orienta la propria vita verso un disegno più grande. Anche questo deve servire da esempio ai giovani che possano essere responsabili come uomini, dalla formazione professionale all’impegno sociale e civile e non solo mossi dalla realizzazione personale ma rivolti al bene comune». Quali valori sono irrinunciabili oggi? «Nel messaggio che ho lanciato ai giovani del Movimento Giovanile Salesiano, mi sono collegato all’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù che ha messo in luce un tipo di giovani capaci di rappresentare una promessa per il futuro. Non soltanto per la Chiesa ma per la società. Giovani altamente qualificati, impegnati nel mondo del lavoro che vogliono manifestare la voglia di incontrare il Signore Gesù e la loro fede, convinti

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«I giovani devono aver voglia di essere felici, senza perdersi in fasulli paradisi inconcludenti. Per fare questo è necessario vivere la vita con responsabilità, senza farci guidare dagli altri – come in una crociera, in una nave in cui siamo solo passivi passeggeri – ma, come ho già detto, prendere in mano la propria vita e rappresentare la novità». Emanuele Franzoso redazione.rivista@ausiliatrice.net


Il sogno delle due colonne (Dipinto in Basilica Maria Ausiliatrice, di Mario Barberis)

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on Bosco raccontò la sera del 30 maggio del 1862 il sogno conosciuto col titolo di “Sogno delle due colonne”. «Figuratevi – disse – di essere con me sulla spiaggia del mare, o meglio sopra uno scoglio isolato, e di non vedere attorno a voi altro che mare. In tutta quella vasta superficie di acque si vede una moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia, che avanzano contro una nave molto più grande e alta di tutte, tentando di urtarla col rostro, di incendiarla e di farle ogni guasto possibile. A quella maestosa nave, fanno scorta molte navicelle, ma il vento è loro contrario e il mare agitato sembra favorire i nemici. In mezzo all’immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco distanti l’una dall’altra. Sopra di una vi è la statua della Vergine Immacolata, ai cui piedi pende un largo cartello con questa iscrizione: “Auxilium Christianorum”; sull’altra che è molto più alta e grossa, sta un’Ostia di grandezza proporzionata alla colonna, e sotto un altro cartello con le parole “Salus credentium”. Il comandante supremo della grande nave, che è il Romano Pontefice, vedendo il furore dei nemici e il mal partito nel quale si trovano i suoi fedeli, convoca intorno a sé i piloti delle navi secondarie per tener consiglio e decidere sul da farsi. Tutti i piloti salgono e si adunano intorno al Papa. Tengono consesso, ma infuriando sempre più la tempesta, sono rimandati a governare le proprie navi. Fattasi un po’ di bonaccia, il Papa raduna intorno a sé i piloti per la seconda volta, mentre la nave capitana segue il suo corso. Ma la burrasca ritorna spaventosa. Il Papa sta al timone e tutti i suoi sforzi sono diretti a portare la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommità delle quali tut-

to intorno pendono molte ancore e grossi ganci attaccati a catene. Le navi nemiche tentano di assalirla e farla sommergere: le une con gli scritti, con i libri, con materie incendiarie, che cercano di gettare a bordo; le altre con i cannoni, con i fucili, con i rostri. Il combattimento si fa sempre più accanito; ma inutili riescono i loro sforzi: la grande nave procede sicura e franca nel suo cammino. Frattanto i cannoni degli assalitori scoppiano; i fucili e ogni altra arma si spezzano; molte navi si sconquassano e si sprofondano nel mare. Allora i nemici, furibondi, prendono a combattere ad armi corte: con le mani, con i pugni e con le bestemmie. A un tratto il Papa, colpito gravemente, cade. Subito è soccorso, ma cade una seconda volta e muore. Un grido di vittoria e di gioia risuona tra i nemici; sulle loro navi si scorge un indicibile tripudio. Sennonché, appena morto il Papa, un altro Papa sottentra al suo posto. I piloti radunati lo hanno eletto così rapidamente che la notizia della morte del Papa giunge con la notizia della elezione del suo successore. Gli avversari cominciano a perdersi di coraggio. Il nuovo Papa, superando ogni ostacolo, guida la nave in mezzo alle due colonne, quindi con una catenella che pende dalla prora la lega a un’ancora della colonna su cui sta l’Ostia, e con un’altra catenella che pende a poppa la lega dalla parte opposta a un’altra ancora che pende dalla colonna su cui è collocata la Vergine Immacolata. Allora succede un gran rivolgimento: tutte le navi nemiche fuggono, si disperdono, si urtano, si fracassano a vicenda. Le une si affondano e cercano di affondare le altre, mentre le navi che hanno combattuto valorosamente col Papa, vengono anch’esse a legarsi alle due colonne. Nel mare ora regna una grande calma».

A questo punto Don Bosco interroga Don Rua: «Che cosa pensi di questo sogno?». Don Rua risponde: «Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, le nave gli uomini, il mare il mondo. Quelli che difendono la grande nave sono i buoni, affezionati alla Chiesa; gli altri i suoi nemici, che la combattono con ogni sorta di armi. Le due colonne di salvezza mi sembra che siano la devozione a Maria SS. e al SS. Sacramento dell’Eucaristia». «Hai detto bene – commenta Don Bosco –, bisogna soltanto correggere una espressione. Le navi dei nemici sono le persecuzioni. Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa. Quello che finora fu, è quasi nulla rispetto a quello che deve accadere. Due soli mezzi restano per salvarsi fra tanto scompiglio: devozione a Maria SS. e frequente comunione» (MB VII, 169).



RIVISTA MARIA AUSILIATRICE N. 3-2012


1 - Tu sei sempre con noi Tu sei, Signore, il compagno del mio pellegrinaggio. Ovunque vada, i tuoi sguardi riposano sempre su di me… Quando sono a riposo, tu sei con me, quando salgo, tu sali; quando scendo, tu scendi; da qualsiasi parte mi volga, tu sei presente. E nell’ora della tribolazione, tu non mi abbandoni: ogni volta che ti invoco, tu sei al mio fianco; perché invocarti, è volgermi verso di te. A chi si volge a te, tu non puoi venir meno, e nessuno può volgersi verso di te, se già tu non gli sei presente, Niccolò Cusano (o da Cusa-Kues, presso Treviri, Germania,1401-1464)

2 – Il Frutto di Maria Perché lo diciamo insistendo? “La terra ha dato il suo frutto” La terra: santa Maria, che trae origine dalla nostra terra e dalla nostra stirpe… Questa terra ci ha dato il suo frutto, trova nel Figlio quanto ha perduto nell’Eden. “La terra ha dato il suo frutto”. Prima ha dato il fiore…

Il fiore è diventato frutto Perché noi lo mangiamo, e di esso ci nutriamo. Il Figlio nato dalla Vergine Il Signore dell’ancella, Dio dall’uomo, il Figlio dalla madre, il frutto dalla terra. San Girolamo di Stridone (Dalmazia), dottore della Chiesa (347-420)

3 - Il tuo aiuto generoso Santa Maria, soccorri i miseri, aiuta gli sfiduciati, rincuora i deboli. Prega per il popolo, intervieni per il clero, intercedi per le donne consacrate. Quanti celebrano il tuo ricordo, sperimentino, tutti, il tuo aiuto generoso. Sii attenta alla voce di chi ti prega, esaudisci il desiderio di ognuno. Sia tuo compito l’assidua intercessione per il popolo di Dio, tu, o benedetta, che meritasti di portare in grembo il riscatto del mondo, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen Fulberto, vescovo di Chartres (1007)


L’Eucaristia, Maria Ss. Immacolata e il Papa H

a 150 anni il famoso sogno di Don Bosco, detto “delle due colonne”, e immortalato dal pittore Mario Barberis nella Basilica di Maria Ausiliatrice. Famoso ma anche importante perché ci mostra l’apprensione di Don Bosco per le difficoltà della Chiesa Cattolica in quegli anni e negli anni a venire (il sogno infatti ha anche una certa valenza profetica, perché sembra riferirsi alle vicende del Concilio Vaticano I, di otto anni dopo!) e nello stesso tempo due dei punti fermi della spiritualità del Santo dei giovani: Gesù Cristo presente nell’Eucaristia e Maria SS. Immacolata. La spiritualità di Don Bosco era fortemente cristologica: anche per lui, come per tutti i Santi, il riferimento centrale era Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio di Maria, presente realmente nel suo dono supremo dell’Eucaristia. Diceva: «Gesù Cristo sarà sempre nostro maestro, nostra guida, nostro modello… e alla fine sarà nostro giudice». Per lui il Cristo era la sorgente di ogni santità e l’Eucaristia la fonte di ogni grazia. Per questo motivo egli raccomandava la visita in chiesa e soprattutto la comunione frequente: il Pane eucaristico era visto da Don Bosco come il pane dei forti, da ricevere spesso per essere forti e affrontare così le difficoltà della vita spirituale. Così diceva ai suoi ragazzi. Nella vita di Don Bosco è fortemente presente anche Maria di Nazaret, fin dai primi anni di vita, grazie all’educazione datagli da mamma Margherita. Parlando di lei Don Bosco diceva ai ragazzi: «Maria Ss. ci ha sempre fatto da Madre…. Un sostegno grande per voi, un’arma poten-

te contro le insidie del demonio l’avete, o cari giovani, nella devozione a Maria Santissima. Maria ci assicura che se saremo suoi devoti, ci annovererà tra i suoi figli, ci coprirà col suo manto, ci colmerà di benedizioni in questo mondo per ottenerci poi il Paradiso». Don Bosco raccomandò prima il titolo di Immacolata, poi quello di Ausiliatrice (costruzione della Basilica omonima a Valdocco negli anni 1864-1868), per cui nella Chiesa è conosciuto anche come Apostolo di Maria Ausiliatrice. C’è un terzo elemento nel quadro: il Papa. Don Bosco non fu un battitore libero e indipendente. Tutta la sua opera per i giovani, la formazione spirituale che dava loro, era all’interno di tutto ciò che la Chiesa Cattolica credeva e predicava. Si sentiva parte della Chiesa Cattolica, che difese con tutti i mezzi. La sua ecclesiologia comunque si concentrava particolarmente sulla figura del Papa in generale e su Pio IX (18461878) suo grande amico e sostenitore. Egli «voleva che i suoi figli reputassero qual legge e qual dolce comando ogni avviso, ogni consiglio, ogni desiderio del Vicario di Cristo». Diceva anche «quando il Papa è contento di noi, lo è pure Iddio». Un sogno ed un quadro che possiamo chiamare un po’ autobiografico, perché ci mostra alcuni elementi fondamentali della spiritualità di Don Bosco.

«Amiamoli i Romani Pontefici, e non facciamo distinzione del tempo e del luogo in cui parlano; quando ci danno un consiglio e più ancora quando manifestano un desiderio, questo sia per noi un comando». (MB V, 573). «Il mio sistema è quello di professare la dottrina cattolica e seguire ogni detto, ogni consiglio, ogni desiderio del Sommo Pontefice» (MB XV, 251).

Mario Scudu archivio.rivista@ausiliatrice.net

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Le due colonne: Eucaristia e Maria La Chiesa procede sicura quando è saldamente ancorata alle “due colonne” dell’Eucaristia e di Maria. Insieme rappresentano un’unità d’amore concreta: insieme realizzano la totalità di Cristo, che non esiste senza la sua Chiesa.

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ra i sogni di Don Bosco, uno dei più noti è quello conosciuto con il titolo di “Sogno delle due colonne”. Egli lo raccontò la sera del 30 maggio 1862 (si può leggere l’intero racconto nelle pagine precedenti). Sappiamo che intorno al 1860, spinto dal suo intuito del cambiamento sociale e culturale, e dal suo vivo senso di Chiesa, Don Bosco intensificò la sua devozione a Maria in quanto “Ausiliatrice”: «È la stessa Chiesa Cattolica che è assalita – scriveva –. È assalita nelle sue funzioni, nelle sue sacre istituzioni, nel suo capo, nella sua dottrina, nella sua disciplina; è assalita come Chiesa Cattolica, come centro della verità, come maestra di tutti i fedeli». In questa lotta Don Bosco vede la Madonna quale Madre della Chiesa preoccupata, in particolare, di soccorrere e proteggere l’indispensabile ministero del Papa e dei Vescovi. La storia ne documenta gli innumerevoli interventi.

«Maria Ausiliatrice ha ottenuto ed otterrà sempre grazie particolari, anche straordinarie e miracolose, per coloro che concorrono a dare cristiana educazione alla pericolante gioventù colle opere, col consiglio, col buon esempio o semplicemente con la preghiera».

«Confidate ogni cosa su Gesù Eucaristico e Maria Ausiliatrice, e vedrete cosa sono i miracoli».

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Il Venerdì Santo e la Pasqua esistono sempre insieme Se il papa beato Giovanni Paolo II ha guidato la barca della Chiesa ancorandola alle due colonne, in particolare con l’anno del Rosario e l’anno Eucaristico durante il quale ha chiuso la sua grande missione, il papa Benedetto XVI ammonisce e guida con la forza della verità la barca della Chiesa in questi tempi di prova e di persecuzione. Alla vigilia della sua elezione affermava: «Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4,14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie» (Card. Ratzinger, Missa pro romano pontifice eligendo, 18 aprile 2005). Consapevole delle prove interne ed esterne che accompagnano la navigazione della Chiesa tra i flutti del mondo ci ricorda: «Per la Chiesa il Venerdì Santo e la Pasqua esistono sempre insieme. La Chiesa – ed in essa Cristo – soffre anche oggi. In essa Cristo viene sempre di nuovo schernito e colpito; sempre di nuovo si cerca di spingerlo fuori del mondo. Sempre di nuovo la piccola barca della Chiesa è squassata dal vento delle ideo-

logie, che con le loro acque penetrano in essa e sembrano condannarla all’affondamento. E tuttavia, proprio nella Chiesa sofferente Cristo è vittorioso. Nonostante tutto, la fede in Lui riprende forza sempre di nuovo» (omelia del 29 giugno 2006).

Gesù e Maria sono vivi e presenti nella storia La nave è – fin dagli inizi del cristianesimo – immagine della Chiesa. Ebbene, non c’è dubbio: per Don Bosco, l’Eucaristia e Maria Ausiliatrice sono le due grandi devozioni che sostengono la Chiesa nella sua missione e la difendono dai pericoli. Il sogno ha una valenza ecclesiale di perenne attualità. In successione, Cristo Risorto, presente nell’Eucaristia, Maria assunta nella Gloria e a Lui associata nell’opera della salvezza, e il Papa pastore e centro visibile di unità nella fede, sono gli intramontabili punti di riferimento per la Chiesa di tutti i tempi. Lo sono oggi per l’educazione dei giovani nella fede, per una vita spirituale viva, per l’efficacia della nuova evangelizzazione, per l’autenticità del nostro senso di Chiesa. Don Bosco, sulla scia di numerosi Santi, ci ha insegnato che la Chiesa procede sicura quando è saldamente ancorata alle “due colonne” dell’Eucaristia e di Maria. Insieme rappresentano un’unità d’amore concreta: insieme realizzano la totalità di Cristo, che non esiste senza la sua Chiesa; insieme realizzano la pienezza della Chiesa, che non esiste senza il suo Signore; insieme sono il corpo di Cristo, perché la Chiesa è generata dal Corpo eucaristico del Signore, ma questo è il corpo che Maria ha generato e sacrificato. Per Don Bosco sono i due risorti che intervengono potentemente a favore della Chiesa. La Madonna porta a Gesù. Ma il modo di presenza reale di Gesù, a cui conduce Maria, è quello del mistero eucaristico. don Pierluigi Cameroni pcameroni@sdb.org

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Don Bosco “pellegrino” in Asia e Oceania Francobolli ed annulli postali hanno ricordato il pellegrinaggio intorno al mondo dell’urna con le reliquie di Don Bosco. Dopo l’America, è giunta in Asia nell’ottobre 2010 e vi è rimasta sino all’aprile successivo.

L

a prima tappa asiatica dell’urna è stata la Corea del Sud. Atterrata all’aeroporto di Incheon, è proseguita presso la Casa Ispettoriale di Seoul, proprio il giorno della memoria liturgica del Beato Michele Rua. La presenza salesiana in questo Paese ebbe inizio nel 1954, dopo la guerra. Lì, il 1° novembre 2010, ha avuto inizio la funzione di apertura delle peregrinazioni asiatiche. Poi, l’urna è giunta in Thailandia il 3 novembre, ovunque accolta con entusiasmo. I Salesiani sono arrivati nel “Paese dell’elefante bianco” nel 1927; oggi sono la prima Congregazione religiosa e le loro scuole (oltre 21 mila studenti) sono molto apprezzate anche dai buddisti. Tra le tappe, quella nella diocesi di Surat Thani, presso la “Don Bosco Bangsak Home”, la casa-rifugio per i bambini colpiti dallo tsunami del 2004, dove la principessa Maha Chakri Sirindhorn ha espresso grande apprezzamento per il lavoro svolto dai Salesiani. Poi, l’urna di Don Bosco è giunta in Cambogia e subito trasferita all’opera “Don Bosco Children Home” di Pipet, l’opera aperta nel 2002 in favore dei bambini orfani e vittime della dittatura dei Khmer rossi. Anche in questo Paese sono oggi attive varie opere, la cui importanza è stata sottolineata anche dal ministro dell’Istruzione. Dopo, il 4 dicembre, l’urna è ritornata a Bangkok per volare a Manila, nelle Filippine, e in questo Paese, che ha la più alta percentuale di cattolici di tutta l’Asia, è rimasta per oltre un mese.

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Impossibile citare tutte le tappe e le iniziative. Qui, per sottolineare il legame tra la Congregazione e le Filippine, basti ricordare che già nel 1988 le Poste hanno emesso due francobolli per il centenario della morte di Don Bosco. Il 16 gennaio 2011, le reliquie sono giunte a Ho Chi Minh City, in Vietnam. Con lo slogan “Vengo a trovarvi e rimango con voi”, si è ricordato anche il 50° anniversario di presenza nel Paese (il Vescovo di Thai Binh è il salesiano mons. Pierre Nguyê). La visita nel Paese si è conclusa il 31 gennaio, festa di San Giovanni Bosco. Dopo un altro volo, Don Bosco è “atterrato” in Giappone. Qui, d’accordo con il Rettor Maggiore e il Vescovo di Tokyo, per rispettare le locali tradizioni (i cattolici non sono neppure l’1% della popolazione), la venerazione non è presentata nell’urna, ma con una statua in vetroresina, alta 1,60 metri e uguale all’immagine del santo conservata nella Basilica di Maria Ausiliatrice di Torino. Il pellegrinaggio è iniziato a Osaka e quindi a Miyazaki, dove 85 anni prima ebbe inizio la missione salesiana. L’urna ha raggiunto varie località, per tornare a Tokyo. Nell’aspirantato di Chofu è stata celebrata l’Eucarestia di chiusura della visita, presieduta dal Nunzio Apostolico, mons. Bottari De Castello. Venerdì 18 febbraio le reliquie hanno iniziato la peregrinazione a Timor Est. Ad attenderle, anche il Primo Ministro, Xanana Gusmao. Il piccolo Paese, a mag-


Per qualsiasi informazione su questi e altri francobolli a soggetto religioso, rivolgersi al “Gruppo Filatelia Religiosa don Pietro Ceresa” (via Maria Ausiliatrice 32, 10152 Torino), che pubblica il notiziario “Filatelia Religiosa Flash” e il sito www.filateliareligiosa.it

gioranza cattolica, è uscito soltanto dal 1999 dalla dominazione straniera e da conflitti religiosi. I Salesiani sono presenti sin dal 1964, impegnati anche nella tutela dei diritti umani. Il Presidente della Repubblica, Ramos Horta, ha partecipato alla Messa nella cattedrale di Dili, la capitale. Timor Est è anche il Paese dove è nato ed è diventato sacerdote salesiano il Vescovo mons. Carlos Felice Ximenes Belo, Premio Nobel per la Pace, ricordato filatelicamente dalle Poste del Timor e del Portogallo. L’urna con le reliquie è arrivata, poi, a Jakarta, capitale dell’Indonesia, dove la Famiglia Salesiana stava festeggiando il 25° anniversario della presenza (gli abitanti sono per 86% musulmani; i cattolici sono il 3%, pari a circa 6,5 milioni). È ripartita il 12 marzo. Dopo, le reliquie nuovamente poste nella statua in vetroresina, sono giunte in Australia. A Chadstone, un sobborgo di Melbourne, dove ha sede la comunità salesiana, la reliquia è stata accolta con molti onori, anche della Comunità Aborigena Australiana. Il 17 marzo 2011, l’urna arrivava ad Hong Kong. Ad accoglierla, c’era il card. Zen Ze-Kiun, salesiano e Vescovo emerito della città. L’urna è stata onorata anche da diversi giovani della Mongolia, Paese dove i Salesiani sono presenti da alcuni anni. Il 1° aprile, l’urna è stata imbarcata su una nave per Macao, prima presenza salesiana in Cina: nella città, allora portoghese, il 13 febbraio 1906 fu affidata ai Salesiani la direzione di un orfanotrofio con scuole e laboratori, e a capo di questo primo nucleo c’era don Luigi Versiglia, martirizzato nel 1930 con don Callisto Caravario (entrambi proclamati santi il 1 ottobre 2000). Dopo vari festeggiamenti, l’urna è partita per Taiwan, dove si è fermata sino al 10 aprile, suscitando un inatteso entusiasmo (i cattolici sono soltanto l’1,4%). Doni e messaggi sono stati mandati dal Presidente, dal Primo Ministro e dal ministro degli Esteri. Nel Myanmar (Birmania) è transitata per

circa un mese la statua di Don Bosco, già utilizzata in Australia e Giappone. Le attività missionarie salesiane nel Paese hanno avuto inizio nel 1957. Per tutto aprile la statua è stata venerata nelle varie Case e nella cattedrale della capitale, Yangon. Infine, il 29 aprile 2011, l’urna faceva il suo ingresso in India e dopo, nello Sri Lanka, dove le Poste dell’isola hanno onorato la visita con un francobollo, unico omaggio filatelico al “pellegrinaggio” di Don Bosco in Asia e Oceania (ma di questo riferiremo in un prossimo numero). Angelo Siro e Franco Nani redazione.rivista@ausiliatrice.net

Don Bosco oggi

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Don Bosco oggi

Antonino Baglieri, un Volo con Don Bosco da imitare A cinque anni esatti dalla morte, sabato 3 marzo nella Diocesi di Noto (Siracusa), è stata presentata al Vescovo mons. Antonio Staglianò l’istanza di avvio della causa di beatificazione di Antonino Baglieri, Volontario con Don Bosco.

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© ImageBank

ino, com’era chiamato da tutti, era nato a Modica (Ragusa) nel 1951. Dopo aver frequentato le scuole elementari, come tanti altri coetanei intraprende il mestiere di muratore. A diciassette anni, il 6 maggio 1968, precipita da un’impalcatura. Ricoverato d’urgenza, Nino rimane completamente paralizzato. Inizia così il suo cammino di sofferenza, passando da un centro ospedaliero all’altro, ma senza miglioramento. Tornato nel 1970 a Modica, Nino vive dieci lunghi anni oscuri, senza uscire di casa, in solitudine, sofferenza e tanta disperazione. Il 24 marzo 1978, Venerdì santo, alcune persone del Rinnovamento nello Spirito pregano per lui. Nino sente in sé una trasformazione. Da quel momento accetta la

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croce e dice il suo “sì” al Signore. Incomincia a leggere la Bibbia e riscopre la fede. Nello stesso mese, aiutando alcuni ragazzi a fare i compiti, impara a scrivere con la bocca e a comporre i numeri telefonici aiutandosi con una asticella. Inizia quel flusso di relazioni che lo porterà, gradualmente, a testimoniare, nella sua condizione, il Vangelo della gioia e della speranza.

Correre incontro a Dio INFO web

www.volontaricdb.altervista.org www.ninobaglieri.altervista.org cdb.segreteria@gmail.com postulazione@sdb.org g.buccellato@tin.it (vice-postulatore)

Scrive lettere, personalizza immagini-ricordo che regala a quanti vanno a visitarlo. I suoi scritti ricevono attenzione dagli editori e la Setim gli pubblica Dalla sofferenza alla gioia. Dal 6 maggio 1982, Nino festeggia l’anniversario della croce e lo stesso anno entra a far parte della Famiglia Salesiana come salesiano cooperatore. Il 31 agosto 2004 emette la professione perpetua tra i Volontari con Don Bosco (CDB). Il 19 gennaio 2007, a Roma, partecipa alle Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana: affronta il gravoso viaggio in auto, per dare la sua ultima testimonianza pubblica. Neppure due mesi dopo, il 2 marzo, Nino muore. E come aveva richiesto, lo vestono con la tuta e le scarpe da ginnastica, perché «nel mio ultimo viaggio verso Dio, potrò corrergli incontro». Il card. Angelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, che incontrò Nino Baglieri, ha detto: «Dava la sensazione che fosse abitato dallo Spirito Santo. Celebrava l’anniver-


sario della sua chiamata alla croce come gli altri celebrano l’anniversario del matrimonio o dell’ordinazione religiosa. Nino Baglieri è diventato un Apostolo instancabile, una calamita di bontà, che ha attirato tantissimi giovani all’amore di Dio».

Una vita che parla Il giorno 4 marzo, a Modica, sotto lo slogan “Corro verso la santità, come Nino, l’atleta di Dio”, si è svolta la “Festa Giovani 2012”, alla quale hanno partecipato circa tremila giovani. «Oggi Nino è più vivo di cinque anni fa – ha detto Don Pascual Chávez Villanueva–. Lui è stato un innamorato della vita, diventando un testimone di serenità e felicità. È la terza “Festa Giovani” a cui partecipo in Sicilia, ma questa ha un significato straordinario». E ha aggiunto: «Qui è una vita che parla, la vita di Nino Baglieri, uno dei vostri conterranei, uno dei nostri della Famiglia Salesiana». Il Rettor Maggiore ha invitato i giovani a «prendere sul serio la vita, anche nella sua durezza. Perché senza croce non c’è santità. La vita va affrontata. Non è determinante il punto di partenza, ma quello di arrivo. L’importante è arrivare al traguardo, ed il nostro traguardo è Dio». Don Chávez ha indicato ai giovani tre sfide, La prima: «Sono pochi quelli che lasciano orme; Nino ha lasciato delle orme, e così fate pure voi perché altri vi possano seguire». La seconda: «Alzate lo sguardo, coltivando i desideri; i vostri desideri, i vostri sogni più alti e nobili sono gli stessi sogni e desideri di Dio». Infine, la terza: «Imparate ad andare controcorrente, come i salmoni: siate i protagonisti della storia». Anche il Vescovo di Noto, mons. Staglia-

Nino ha curato tantissimo le relazioni, testimoniando, nella sua condizione, il vangelo della gioia e della speranza

“Corro verso la santità, come Nino, l’atleta di Dio”. Modica, Festa Giovani 2012.

Lorenzo Bortolin redazione.rivista@ausiliatrice.net © ImageBank

ntario

nò, ha invitato i giovani «a scoprire e vivere l’amore autentico». E il sindaco di Modica, Antonello Buscema, intervenendo alla festa ha sottolineato: «È stata una grande gioia accogliere questo evento a Modica e condividere un momento così intenso con tanti giovani provenienti da tutta la Sicilia. I Salesiani hanno sempre svolto, anche nella nostra città, un ruolo importantissimo nella formazione dei giovani, i quali, nel contesto di questa comunità, hanno assunto modelli positivi e sono cresciuti con sani valori di relazione e solidarietà». Liborio Scibetta, Responsabile Mondiale dei Volontari con Don Bosco, ha osservato: «Ora chiediamo alla Chiesa di studiare, verificare, indagare, su questo testimone della sofferenza e della gioia vissuta nel Signore. Il popolo di Dio che negli ultimi cinque anni ne ha coltivato la memoria e il ricordo in vari modi e con varie manifestazioni, la Famiglia Salesiana che considera questo suo membro testimone da additare, in particolare ai giovani, i vari esponenti del clero, degli Ordini Religiosi, della società civile, che si uniscono a noi e ci sostengono in questo sentire, incoraggiano ad andare avanti e perseguire il proposito».

DON BOSCO OGGI

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Maria ci invita a testimoni I

l 2012 si caratterizza a livello ecclesiale per il sinodo sull’evangelizzazione e per l’inizio dell’anno della fede indetto dal Papa Benedetto XVI, in occasione del 50° del Concilio Ecumenico Vaticano II. La fede nasce dall’ascolto della Parola, ma necessita di annunziatori (cfr. Rom 10, 14-17). La fede cambia la vita e attraverso la preghiera riempie i cuori di gioia e dà l’abbondanza di grazia. In particolare con Maria siamo chiamati a testimoniare la fede attraverso l’apertura del nostro cuore all’amore di Dio che è nostro Padre. Oggi tanti uomini e donne portano nel cuore ferite e sofferenze, insieme alla ricerca di una felicità che spesso non sanno dove trovare. Noi siamo chiamati a testimoniare con la nostra vita e con la nostra parola che Dio Padre non lascia mai soli i suoi figli e soprattutto non li abbandona alla disperazione. Conservare e difendere la fede tra i giovani e il popolo è stato l’assillo quotidiano di Don Bosco e la molla delle sue iniziative apostoliche. Questo ci spinge a vivere e ad impegnarci a testimoniare nel nostro ambiente i valori che Gesù ha portato sulla terra: lo spirito di concordia e di pace, di servizio ai fratelli, di comprensione e di perdono, di onestà, di giustizia, di correttezza nel nostro lavoro, di fedeltà, di purezza, di rispetto verso la vita. don Pierluigi Cameroni, Animatore Spirituale pcameroni@sdb.org

Roma 1 XXX

Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana. Una significativa rappresentanza di soci dell’ADMA ha partecipato a questo appuntamento di Famiglia Salesiana. I lavori delle quattro giornate, riprendendo il tema della Strenna 2012, hanno offerto materiali e occasioni di conoscenza, studio e approfondimento della figura di Don Bosco per imitarlo più fedelmente nella stessa missione apostolica. Alle Giornate hanno partecipato circa 380 persone, appartenenti a 23 gruppi della Famiglia Salesiana e provenienti da 31 Paesi. Nella “Buona notte” del primo giorno il Rettor Maggiore ha richiamato la forte esperienza del VI Congresso di Maria Ausiliatrice celebrato a Cze˛stochowa dal 3 al 6 agosto 2011, evidenziando come per la prima volta si sia trattato di un evento di Famiglia Salesiana. Al termine delle Giornate il Rettor Maggiore ha presentato e consegnato la Carta d’Identità della Famiglia Salesiana. edizione delle

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INFO web

Per la nostra Associazione il Presidente dell’ADMA-Primaria, Sig. Lucca Tullio, ha ricevuto dalle mani di don Chávez questo documento fondamentale, dove è espresso un particolare riconoscimento della nostra Associazione come gruppo fondato da Don Bosco stesso.

www.admadonbosco.org

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are la fede 2

ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE

Toronto (Canada) 2 Il gruppo ADMA di Toronto prosegue nel cammino associativo coltivando in particolare momenti di formazione spirituale e di condivisione della Parola sotto la guida del Padre Joseph Occhio, SDB, e con il coordinamento della Sig. ra Margaret Pupulin.

Carabanchel Alto (Spagna) 3 Riunione di 11 consigli ADMA delle provincie di Madrid e di Guadalajara per un momento di formazione insieme e di fraterna condivisione nella luce dell’Ausiliatrice. 3

DON BOSCO OGGI

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Don Bosco oggi

A contatto con la realtà femminile più dolorosa Continuiamo a ripercorrere la vita di Don Bosco. Tra gli avvenimenti più importanti, gli anni trascorsi come cappellano in alcune opere avviate dalla marchesa Juliette Falletti di Barolo.

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ell’anno 1844 Don Bosco conclude la permanenza presso il Convitto Ecclesiastico torinese. Vi è entrato tre anni prima, cioè poco dopo la sua ordinazione sacerdotale, pieno di entusiasmo, ma ignaro della vita di città. A ventinove anni, si ritrova con una buona formazione culturale e con una missione da compiere,

che decine di giovani gli ricordano sempre. Il giovane ed inesperto prete proveniente dalla provincia è ora un profondo conoscitore della realtà giovanile di una città in piena espansione. È una conoscenza non teorica, ma maturata nella quasi quotidiana frequentazione di piazze, strade, officine, prigioni, locali dove è possibile incontrare i giovani. Questa passione per la gioventù non sfugge alla premurosa attenzione del compaesano don Giuseppe Cafasso, che lo presenta a due eccellenti cappellani, impegnati a sostenere l’attività educatrice della marchesa Barolo: il teologo Giovanni Borel e don Sebastiano Pacchiotti, che saranno amici sinceri e colleghi di Don Bosco. La francese Juliette Colbert de Moulévrier (1786-1864) ha sposato Tancredi Falletti di Barolo, rampollo di una delle più ricche e nobili famiglie piemontesi. Nel 1838, dopo 32 anni di felice matrimonio, ma senza figli, rimane vedova ed unica erede di un patrimonio più ingente di quello dei Savoia, felicemente regnanti.

La marchesa dèdita alle giovani piemontesi La marchesa di Barolo investe i suoi averi per realizzare opere che aiutino ragazze e giovani donne in difficoltà. Tra queste, il Rifugio, di cui don Borel è cappellano, per accogliere una quarantina di donne con un burrascoso passato alle spalle, ma desiderose di togliersi dalla vita di strada; il

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Anche l’Opera della marchesa Giulia di Barolo (a sinistra) per le giovani rappresentò una “tappa” per il cammino di Don Bosco. Un incontro che lo aiutò a prendere consapevolezza della condizione delle ragazze, della necessità di rivolgere anche ad esse il suo messaggio educativo. Un richiamo che lo porterà a dar vita con Madre Mazzarello alle Figlie di Maria Ausiliatrice.


Stemma dei Marchesi Carlo Tancredi e Giulia di Barolo, XIX sec. Riunisce gli stemmi delle due famiglie Falletti e Colbert. Un cordone intrecciato circonda gli scudi con vari nodi, simbolo del legame d’amore

Ritiro delle giovani ravvedute, di età tra i 7 ed i 14 anni; l’Ospedaletto di Santa Filomena, capace di 60 letti, per l’istruzione e la cura di bambine e ragazze, storpie od ammalate, tra i 3 ed i 12 anni; l’Orfanatrofio delle Giuliette, per accogliere decine di piccole orfane, poi allevate ed istruite gratuitamente sino al raggiungimento della maggiore età; il Ritiro o monastero di clausura delle Maddalene. Per seguire tutte queste attività due cappellani sono insufficienti. Così don Borel, su imbeccata di don Cafasso, parla di Don Bosco alla marchesa. Dopo adeguate informazioni, lo nomina cappellano dell’Ospedaletto, ancora in costruzione (è inaugurato soltanto nel 1846), riconoscendogli uno stipendio. Don Bosco non accetta l’offerta a scatola chiusa, ma chiede ed ottiene la possibilità di radunare i suoi ragazzi su un terreno adiacente all’Ospedaletto, nei giorni festivi. Così si trova a operare in un ambiente prevalentemente femminile durante i giorni feriali, ed in mezzo ai ragazzi nei festivi.

Finita la giustizia, comincia la carità Giovani carcerati attendono un padre che li stimi e li curi. Lo troveranno in Don Bosco

Il periodo trascorso come direttore spirituale nelle opere educative della marchesa è breve, ma lascia un segno indelebile in Don Bosco. Molti biografi salesiani hanno sottovalutato, o addirittura ignorato, l’importanza di questa esperienza. In realtà, la Marchesa, con la sua fede sincera e profonda, con la sua forte personalità, con la sua concretezza e schiettezza, aiuta moltissimo Don Bosco a rimanere con i piedi piantati per terra; a sviluppare un sistema educativo impregnato di carità, tolleranza e pazienza; a testimoniare una fede ricca di fiducia nell’Angelo custode e in Maria, oltre che di fedeltà al Papa. Inoltre, il quotidiano contatto con la realtà del mondo femminile dell’epoca spinge Don Bosco a non avere pace finché non incontra Madre Mazzarello, con la quale dà vita alle Figlie di Maria Ausiliatrice, destinate ad educare e a migliorare la

condizione delle ragazze. Le ex prostitute, le giovani ferite nel corpo e nell’anima risultano essere delle ottime formatrici per il giovane prete. La marchesa di Barolo si rivela austera ed esperta madre e saggia maestra. Don Pietro Braido, profondo studioso di Don Bosco, scrive che nel biennio 1844-1846, il giovane sacerdote impara ad offrire il pane della fede facendolo precedere e accompagnare dal pane della sussistenza quotidiana, a pensare alla salvezza delle anime curando insieme i corpi e i cuori, a rieducare amorevolmente anziché reprimere, ad avviare ad alti livelli di perfezione umana e religiosa partendo da qualsiasi situazione esistenziale. Il soggiorno presso le opere della marchesa è veramente per Don Bosco la prima scuola organizzata, non accademica, di sistema preventivo. In particolare, una sua frase lo accompagnerà per tutta la vita: «Quando la giustizia ha esaurito il suo compito, lascia che la carità cominci il suo». Dopo questa esperienza così coinvolgente, Don Bosco perde qualsiasi tratto di misoginia comportamentale diffusa nell’ambiente ecclesiastico di ieri e di oggi. Diversamente da tanti moralisti e bigotti, Don Bosco non ha mai rinnegato questa sua esperienza, per lui umanamente ricca e liberante. Nella buona notte del 6 agosto 1862, per esempio, non esita a parlare del mondo della prostituzione che circonda l’oratorio di Valdocco. Lo fa con serenità e profondo rispetto, sottolineando la grandezza della misericordia di Dio che opera meraviglie di conversione anche tra le seguaci di Maria Maddalena prima della conversione. Registrato il grande cammino di maturazione e di conversione liberante compiuto da Don Bosco a contatto con il mondo femminile, è bene ritornare (e lo faremo nel prossimo numero) ai tanti ragazzi che reclamano l’attenzione del loro “padre e maestro”. Ermete Tessore tessore.rivista@ausiliatrice.net DON BOSCO OGGI

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Don Bosco oggi

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ggi è il tempo di sognare qualcosa di grande nella vita. A voi giovani si chiedono progetti importanti. E per realizzarli bisogna fare proprio come Don Bosco: rimboccarsi le maniche e lavorare per trasformare il sogno in realtà». È stato questo l’invito che lo scorso 30 gennaio a Chieri il Rettor Maggiore don Pascual Chávez Villanueva ha rivolto a tutti gli studenti, gli insegnanti, le suore, i genitori e i tanti collaboratori dell’Istituto Santa Teresa delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Più di 500 bambini, ragazzi e giovani hanno accolto festosamente il nono successore di Don Bosco e le sue parole hanno infiammato i cuori di quanti lo hanno ascoltato. Un incontro che ha segnato la vita e la storia di tutta la Comunità Educante. «L’augurio è che questa comunità educativa di Santa Teresa possa essere per i ragazzi che la frequentano un punto di riferimento – ha continuato don Chávez –. L’obiettivo di una scuola di oggi deve essere formare persone con dei valori, preparare ad una professione e insegnare ad essere nuovi cittadini, capaci non solo di pensare a se stessi, ma al bene comune». Parole di incoraggiamento e di guida, parole di affetto e di speranza per chi ogni giorno vive la sua vita con un’unica passione: i giovani e la loro felicità. Don Chávez ha poi inaugurato la chiesa

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ISTITUTO SANTA TERESA delle Figlie di Maria Ausiliatrice Via Palazzo di Città, 5 10023 CHIERI (TO) Tel. 0119472245 fax 0119473410 www.steresachieri.it

Don Pascual Chavez tra i giovani a portare il messaggio di Don Bosco, a entusiasmarli perché possano tradurre nella vita il sogno che Dio ha su di loro e i sogni che lo Spirito suscita nei loro cuori.

Antonella Giordano redazione.rivista@ausiliatrice.net

© M. Vergnano - Kerigmastudio.net

Anche oggi è tempo di sognare, come fece Don Bosco

di Santa Teresa dove sono appena stati compiuti degli importanti lavori di ristrutturazione. La storia dell’ Istituto chierese comincia 134 anni fa. Furono proprio Don Bosco e Madre Mazzarello a volerlo nel 1878 perché fosse una casa a servizio dei giovani. Oggi è un importante centro educativo che grazie alla Scuola dell’Infanzia, alla Scuola Primaria e al Centro di Formazione Professionale accoglie più di 700 bambini, ragazzi e giovani. Il Rettore Maggiore don Pascual Chávez si è poi recato al Centro Visite Don Bosco, il museo inaugurato nel settembre 2011 nei locali dell’ex-seminario San Filippo, nel centro storico di Chieri, e che costituisce il cuore del percorso cittadino dedicato alla vita del Santo. Il museo racconta le tappe più significative del percorso formativo di Don Bosco che qui visse dal 1831 al 1841, dieci anni in cui non solo studiò per diventare sacerdote, ma imparò e praticò tantissimi mestieri che poi insegnò ai giovani dell’oratorio di Valdocco. Sarà una delle tappe fondamentali dei pellegrinaggi che si stanno organizzando in vista delle celebrazioni per i 200 anni della nascita del Santo nel 2015. «Io voglio molto bene a Chieri – ha concluso don Chávez – perché qui non solo Don Bosco si è formato, ma ha cominciato a realizzare il grande sogno di amore per la gioventù a cui ha dedicato tutta la sua vita».


Don Bosco oggi

Santi sociali I

l progetto “Torino di santi, quale futuro?”, promosso dall’Arcidiocesi di Torino con il sostegno della Regione Piemonte e nato in occasione dei festeggiamenti per i 150 dell’Unità d’Italia, si pone da tempo l’obiettivo di riscoprire i luoghi e l’eredità dei Santi cosiddetti “sociali”. Una presenza viva, ancora oggi, negli oratori, nei centri di ascolto e nelle strutture di accoglienza e aiuto. Sono solo alcuni esempi della ricca eredità che i vari Don Bosco, Murialdo, Allamano, Faà di Bruno, Cottolengo e poi Giulia di Barolo, Valfrè, Barberis hanno lasciato come segno della loro presenza al servizio del prossimo. Per favorire e divulgare questa ricchezza, tutta piemontese, un gruppo di giovani ha raccolto la proposta lanciata da don Ermis Segatti, referente per la Cultura e l’Università dell’Arcidiocesi di Torino, prestando servizio come guide dei Santi sociali. Da marzo 2011 e fino a luglio 2012 è possibile prenotare uno dei sette itinerari gratuiti (Murialdo, Cottolengo, Don Bosco, Allamano, Faà di Bruno, un percorso riassuntivo intitolato “Sulle orme dei santi” e uno interreligioso) organizzati da questo gruppo di giovani che si è formato per accompagnare e confrontarsi sul tema della santità oggi. Non si tratta di guide di professione. Questi giovani provengono dalle Parrocchie o dal mondo associativo e hanno ricevuto una formazione specifica per accompagnare torinesi e visitatori dall’Italia e dall’estero alla scoperta di curiosità e aneddoti della Torino ottocentesca fino a giorni nostri. Gli itinerari tengono conto anche degli aspetti artistici e si snodano dall’oratorio San Luigi, passando per Valdocco, la Consolata, la Volta Rossa, il campanile della chiesa di Nostra Signora del Suffragio, il Collegio Artigianelli e il Santuario dell’Allamano. Il percorso interreligioso

Un momento musicale durante una delle conferenze del progetto “Torino di santi, quale futuro?” in cui suor Paola Pignatelli, FMA - che lavora a Porta Palazzo - è intervenuta sul tema “Il dono come reciprocità, quale welfare?” Alcune guide dei Santi Sociali “al lavoro” vicino alla Volta Rossa dove il Cottolengo ha iniziato la sua opera.

I percorsi del Progetto “Torino di santi, quale futuro?” sono gratuiti e accessibili a tutti e termineranno nel mese di luglio 2012. Per prenotarsi è possibile telefonare al numero 366.4832712 dal lunedì al giovedì precedenti la visita desiderata (dalle 12,30 alle 14 e dalle 18,30 alle 21) oppure mandare una mail a: percorsi@santisociali.it indicando sempre un recapito telefonico. Particolari richieste o esigenze di visita - anche fuori calendario - saranno concordate sulla base della disponibilità delle guide. Altre informazioni: www. santisociali.it, www.facebook. com/santisociali.it

prevede la visita della moschea di via Saluzzo (una sala di preghiera islamica maschile, eccezionalmente aperta anche alle visitatrici del percorso), un passaggio di fronte alla sinagoga, l’Istituto San Luigi con la cappellania filippina e il tempio valdese. Nuove iniziative e collaborazioni tra le quali un percorso sul silenzio sono in cantiere e saranno presentate sul sito: www.santisociali.it. Emanuele Franzoso redazione.rivista@ausiliatrice.net

DON BOSCO OGGI

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Sfide educative

Concorso letterario nazion È il titolo del concorso, alla sua prima edizione, riservato a opere letterarie di narrativa, promosso dalla Federazione SCS/CNOS - Salesiani per il Sociale, organizzazione no profit che da circa vent’anni si occupa dei minori in condizioni di disagio ed emarginazione sociale.

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l concorso “Minori al margine!” vuole raccontare le storie di minori, giovani, ragazzi che si trovano ai margini. Ai margini della società, della città, della famiglia, dei valori. Storie vere o di fantasia, private, personali, o del proprio quartiere, dove i protagonisti sono minori del territorio italiano, che vivono in condizioni di disagio ed emarginazione. Non tutti sanno che in Italia sono circa 30.000 i minori fuori dalla famiglia di origine e circa 15.000 di loro, non potendo accedere al servizio di affido, vengono inseriti in strutture specializzate, all’interno delle quali, persone qualificate li educano, li curano, offrendo loro l’amore di una famiglia di cui la vita li ha privati. L’iniziativa è, dunque, finalizzata alla sensibilizzazione del tema e alla promozione delle attività educative e dei programmi a favore dell’inclusione sociale e della ri-

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Un momento di lavoro per la stesura del progetto nella sede della Federazione a Roma.

duzione del disagio minorile del paese, con il fine di dare valore all’operato che ogni giorno viene svolto all’interno delle strutture adeguate che regalano ai ragazzi l’amore di una famiglia. La quota di iscrizione è sostituita da una donazione di 15 euro. Questo denaro permetterà di raccogliere fondi a favore del Fondo nazionale di emergenza per contrastare l’emarginazione e il disagio giovanile, nato con l’obiettivo di sostenere e finanziare i progetti aventi come destinatari proprio questi ragazzi. In pratica, tutti i partecipanti diventeranno protagonisti dei progetti che la Federazione implementerà con i fondi raccolti. Saranno sempre accanto agli operatori, agli psicologi, ai volontari che ogni giorno mettono a disposizione se stessi per aiutare gli altri.

La giuria I componenti della giuria sono persone note del mondo giornalistico e letterario: - Alberto Chiara, scrittore e giornalista per Famiglia Cristiana, vincitore nel 2000 del Premio Nazionale Saint Vincent di giornalismo; tra le sue pubblicazioni si ricordano: I fondatori dell’Europa unita secondo il progetto di Jean Monnet. Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Ilaria Alpi. Un omicidio al crocevia dei traffici; - Francesco Antonioli, giornalista de Il Sole 24 Ore e autore di vari libri, tra i quali: La Bibbia dei non credenti, Un eremo è il cuore del mondo. Viaggio fra gli ultimi custodi del silenzio, L’oppio dei popoli. Quan-


ale: “Minori al margine!” do la religione narcotizza le coscienze; - Mariapia Bonanate, giornalista e scrittrice; tra le sue pubblicazioni, Perché il dolore nel mondo?, Il Vangelo secondo una donna, Suore (dal quale Dino Risi ha tratto il film televisivo Missione d’amore), Una lampadina per Kimbau, in collaborazione con Chiara Castellani, chirurgo di guerra; - Fabio Geda, scrittore di: Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani, Migliore Esordio al Premio Letterario Via Po di Torino, e del Premio del Giovedì “Marisa Rusconi; L’esatta sequenza dei gesti, vincitore del Premio Grinzane Cavour; Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari e L’Estate alla fine del secolo. - Livio Demarie, direttore dell’Ufficio per la Pastorale delle Comunicazioni sociali della Diocesi di Torino, Delegato nazionale della Comunicazione sociale Salesiani Italia e Medio Oriente e direttore di Rivista Maria Ausiliatrice, sarà il presidente della giuria.

e dopo? Al concorso possono partecipare tutti, italiani e stranieri. Le iscrizioni dovranno pervenire entro e non oltre il 31 Agosto 2012, e le opere dovranno essere redatte in lingua italiana. L’esito del concorso, la proclamazione dei relativi vincitori e la consegna dei premi in palio avverranno in una mattina del prossimo ottobre, dedicata alla chiusura dell’evento, durante la quale la giuria leggerà alcuni degli scritti ritenuti i migliori, per dare spazio, ma soprattutto voce ai racconti dei partecipanti. La data dell’evento verrà pubblicata sul sito della Federazione SCS/CNOS, www.federazionescs. org, in ottobre. I racconti migliori saranno pubblicati in una raccolta antologica! I primi due classificati riceveranno in premio rispettivamente un Tablet 10,1”, Wifi,

ricevitore gps, 16 Gb di memoria, e un Notebook 10,1” Hd 250 Gb, 1 Gb di Ram, porte Usb, webcam, Wifi, oltre che una targa del concorso, una menzione nella pubblicazione e una copia della stessa raccolta antologica. I due premi sono stati gentilmente offerti dallo sponsor ufficiale del concorso, Netcomputer S.r.l., società che offre soluzioni tecnologiche ed informatiche, da sempre fornitore di materiale da ufficio della Federazione. Ilaria Minciaroni redazione.rivista@ausiliatrice.net

Per informazioni e iscrizioni al concorso: Federazione SCS/CNOS – Salesiani per il Sociale Tel.: 06-4940522 web: www.federazionescs. org oppure www.clubautori.it email: comunicazione@federazionescs.org www.youtube.com/user/FederazioneSCS Net computer srl, sponsor ufficiale del concorso www.netcomputer.net

I giovani, destinatari del concorso “Minori al margine”.

Sfide educative

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Sfide educative

La saga dei “perché” I “perché” che scandiscono le difficoltà relazionali tra adolescenti ed adulti ed alcuni “persuasori occulti” responsabili di questo disagio sociale.

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e rive che delimitano il mondo dell’adolescenza, intesa nel suo significato più ampio, e quelle che definiscono il mondo degli adulti si stanno allontanando in modo preoccupante. Realizzare ponti di “comunicazione” e gettare passerelle di “relazione” diventa sempre più difficile. Su ambo le sponde la modernità scava delle profonde voragini sul terreno delle certezze spalancando autentiche, ed infinite, praterie popolate di dubbi, di vicendevoli pregiudizi e di reciproche chiusure mentali e relazionali. Si ha l’impressione di essere posti di fronte all’ineluttabilità di un aggrovigliato melting pot in cui vengono, a ritmo sempre più incalzante, rimodellati, cancellati, riproposti ed annullati valori, credenze, tradizioni secolari, modi di vivere, istituzioni sociali.

I “perché” dei giovani Molti sono i “perché” che abitano l’intelligenza e la fantasia dei moderni adole-

scenti: perché credere?; perché sposarmi?; perché impegnarmi seriamente?; che me ne faccio di una religione infarcita di culto ed arida di spiritualità?; se i politici sono quello che sono, perché non girare alla larga dal loro mondo?; perché devo fare la vita, stressata e senza senso, dei miei genitori?; perché gli adulti si sono accaparrati i tanti privilegi che rendono problematico il nostro futuro ed azzerano le nostre speranze esistenziali?; perché “sbattermi” tanto solo per permettermi di consumare di più?... Come pezzi di una scacchiera spesso, soprattutto gli adolescenti, sono oggi sempre più in ballo a giocatori senza scrupoli, i "persuasori occulti", che annullano le domande profonde dei giovani e colmano la loro sete di risposte suscitando bisogni che in realtà invece ne aumentano solo solitudine e disagio.

I “perché” degli adulti Altrettanto numerose sono le domande che affollano, e preoccupano seriamente, le coscienze degli adulti: perché tanta noia nella vita dei ragazzi nonostante che il benessere offra loro tutto?; perché tanta diffidenza ed incomunicabilità nei nostri confronti?; in che cosa abbiamo sbagliato nei loro riguardi?; perché tanto egoismo ed autoreferenzialità?; perché rifiutano la nostra religione ed il nostro modo di vivere?; i prolungati silenzi e la loro fastidiosa aggressività a che cosa sono dovuti?; perché fuggono dalla vita familiare per blindarsi in un mondo infarcito di fredda tecnologia?; perché vagano in una sopravvivenza in cui non ci sono tracce dei nostri, cosiddetti, valori?; perché amano correre dei rischi tanto irresponsabili? Da ambo le parti, la lista di interrogativi potrebbe continuare all’infinito.

Alcuni “persuasori occulti” Questa situazione reale di grande difficoltà nel creare relazioni empatiche tra

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giovani ed adulti non è esplosa all’improvviso, ma risale, ormai, a qualche decennio fa. Infatti, già nel lontano 1957, Vance Packard coglie il rischio della incomunicabilità intergenerazionale nel suo libro intitolato I persuasori occulti. Il dilagare nel vissuto quotidiano di modernissime psicotecniche utilizzate in un orizzonte di vita che va dal portafoglio all’inconscio ha generato un nuovo genere di umanità. Gli “ami” calati nell’inconscio, il risveglio di una sessualità aggressiva dovuta a raffinati richiami subliminali, la larvata psicoseduzione esercitata sui bambini, la mascherata esigenza compulsiva di soddisfare bisogni indotti prima che soddisfatti, la capillare sedazione a livello di massa di qualsiasi capacità critica, hanno fatto saltare i valori del passato e generato l’attuale impasse relazionale. E come se questo non bastasse, oggi si presentano all’orizzonte dei nuovi persuasori occulti ancora più aggressivi e pericolosi, soprattutto per la nostra gioventù. Essi sono figli del tumultuoso progresso nel campo delle neuroscienze che permette loro di padroneggiare la chiave evolutiva dei nostri comportamenti di vita. Tramite il non disinteressato uso della risonanza magnetica oggi si è in grado di individuare nel nostro cervello le regioni ed i circuiti neuronali che

Gli adolescenti si ritagliano atteggiamenti da grandi...

Le diverse generazioni finiscono per sovrapporsi.

stanno alla base dei nostri basic istincts e delle nostre emozioni-cognizioni più sofisticate, potendole così condizionare ed orientare per sfruttarle meglio non per migliorare l’esistenza, ma per aumentare la dipendenza a bisogni creati ad arte al fine di incrementare business e guadagni. Le prime ricadute si cominciano a cogliere nei modi di vivere moderni. Incapaci di dialogare, le diverse generazioni finiscono per sovrapporsi. Le adolescenti si atteggiano ad adulte e le adulte fanno loro comportamenti decisamente adolescenziali. Gli adolescenti si ritagliano atteggiamenti da grandi ed i presunti grandi inseguono i sogni adolescenziali della perenne giovinezza e della prorompente ed esibita fisicità. È in questo contesto che dobbiamo rinnovare e realizzare il sogno educativo che, poco meno di due secoli fa, riscaldò il cuore di Don Bosco. Per farlo occorre armarsi di una inesauribile passione e di una appassionata professionalità. Solo trasformandoci in educatori “nuovi” e credibili potremo rispondere alle sfide poste da una umanità tutta in “divenire”. Ermete Tessore tessore.rivista@ausiliatrice.net SFIDE EDUCATIVE

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Esperienze

Una vita dalla parte dei pa Incontro con Giovanni Rissone, medico psichiatra, coordinatore sanitario e direttore generale di Asl To2 innamorato del proprio lavoro e “amico” di San Giovanni Bosco.

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La miglior terapia è prendersi cura del paziente trattandolo come una persona e non come un organo malato. L'ospedale Torino nord emergenza - San Giovanni Bosco.

na vita da matto vestito da dottore». Con queste parole Giovanni Rissone, medico, psichiatra, coordinatore sanitario e direttore generale di Asl To2 sintetizza la propria esperienza professionale al servizio della Sanità piemontese. E così ha voluto intitolare il libro in cui la racconta. Torinese, sessantaquattro anni, Rissone è abituato ad affrontare la vita “a muso duro”, convinto che gli ostacoli vadano superati con coraggio e determinazione. Da Franco Basaglia, che riformò la psichiatria italiana e ispirò la legge che fece chiudere i manicomi, e Agostino Pirella, professore di Psichiatria all’Università di Torino, ha imparato che essere medico non è un mestiere ma uno stile di vita e che i pazienti non sono malattie da curare ma – prima di tutto – persone con cui entrare in relazione.

Valori cristiani e professionalità Nel volume Una vita da matto vestito da dottore, pubblicato dall’editore Tigullio-Bacherontius, narra diversi episodi che ruotano intorno al mondo salesiano… «E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che sono ex allievo dell’Istituto salesiano Richelmy di Torino. Oggi non esiste più, ma è stato fondamentale per la mia formazione. Devo molto ai Salesiani perché, con il loro esempio, mi hanno insegnato a vivere la mia professione con fermezza e rigore e mi hanno trasmesso un credo religioso da uomo libero, fondato sull’esortazione di Gesù ad amare e a rispettare il prossimo e a portarlo nel cuore anche quando è povero, malato e rompe le scatole». Racconta anche di quando riuscì a far cambiare il nome dell’ospedale torinese «Giovanni Bosco» in «San Giovanni Bosco»…

© Piero Ramella - Sync

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«Dal 1996 al 2002 ne sono stato direttore generale. Quando mi fu affidato si trovava in uno stato pietoso ma nel giro di pochi anni, con i miei collaboratori, lo abbiamo trasformato nel miglior ospedale a livello internazionale nel campo dell’emergenza. Non mi sembrava giusto fosse dedicato a “Giovanni Bosco” privato dell’aggettivo di “Santo”, che non era stato voluto dai miei predecessori molto attenti alla Torino laica. E mi sono battuto per ribattezzarlo “Torino-nord-emergenza, San Giovanni Bosco” in modo che i laici potessero riferirsi alla prima parte del nome e i cristiani cattolici alla seconda».


zienti Molti hanno paragonato il suo modo di organizzare e gestire le emergenze ai protagonisti del telefilm E.R. «Apprezzo molto il modello americano in cui i medici sono capaci di fare qualsiasi tipo di intervento perché il paziente, quando è in fin di vita, non ha tempo di aspettare lo specialista di turno. I medici del San Giovanni Bosco – a differenza di quelli di altri ospedali, dove la gente moriva in attesa di un posto in sala operatoria o di un medico – quando era il caso incominciavano a operare in corridoio, dando la precedenza assoluta ai casi urgenti e senza mai respingere alcun paziente».

Non svendere mai la libertà Qual è il segreto per essere un buon medico? «Mettere l’intelligenza al servizio delle cure e non delle malattie. Considerare il paziente che mi sta davanti – cosciente o non cosciente – come una persona e non come un organo malato. Usare le competenze pensando ai diritti della persona e occuparsi globalmente dei suoi problemi: non come accade a volte per i cosiddetti malati psichici, spesso curati a suon di pillole e privati dei propri diritti all’assistenza domiciliare, alla possibilità di vivere nella propria casa, a contatto del proprio mondo e delle cose che sono loro care. E poi impegnarsi allo stremo, senza risparmio». Ha ricoperto incarichi di responsabilità senza essere mai stato sfiorato da scandali...

Il medico Giovanni Rissone, autore del volume “Una vita da matto vestito da dottore”, e contattabile sul sito Internet www.giovannirissone.it

sera, ad eccezione di quella del supermercato di fiducia, perché se fossi iscritto a un partito dovrei accettare indicazioni e pressioni su tutte le decisioni che dovrei prendere, a cominciare dalla nomina dei primari. Ho scelto di non prostituirmi al potere, anche a costo di guadagnare meno, e di non svendere la mia libertà». Un cammino che non ha percorso da solo... «Ho scelto di volta in volta obiettivi alti e motivato le persone con cui collaboravo per realizzarli, stabilendo rapporti franchi e badando che ciascuno si sentisse parte di una squadra. I medici e gli infermieri erano disposti a mettersi in gioco, fieri di far parte di un progetto che oltrepassava la mediocrità imperante. Come Suor Carmela, che dopo aver prestato cure ai malati per otto ore andava alla bollatrice per la fine del turno e, anziché andare a casa, tornava in corsia a confortare i malati».

Il buon medico è un entusiasta: collabora lealmente con i colleghi e si impegna senza riserve nel proprio lavoro.

In un periodo di crisi per l’Italia, in cui budget sempre più ridotti costringono a tagli ingenti anche sulla spesa sanitaria, quali sono i rimedi possibili? «La spesa sanitaria incide sull’80% dei bilanci nazionali e regionali. Fino a quando i politici chiameranno a gestire questi immensi capitali “stupidi di fiducia” o yes man non si andrà lontano. I posti cardine dovrebbero essere occupati da persone competenti, preferibilmente medici, motivati ad agire onestamente e ad assumersi le proprie responsabilità». Carlo Tagliani redazione.rivista@ausiliatrice.net

«Non ho mai tenuto in tasca nessuna tesESPERIENZE

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Esperienze

Il mio amico Gesù non mi sgrida A

ngelo, un vivacissimo ragazzino down, era la disperazione di tutte le catechiste. Nel gruppo era indispensabile la presenza di una persona totalmente dedita a lui, pronta a portarlo fuori e a farlo giocare quando la sua… convivenza con gli altri diventava impossibile. Negli incontri comunitari, i dispetti e gli inimmaginabili guai provocavano clamorose proteste da parte dei genitori degli altri bambini. Giunto il momento della Prima Comunione, le catechiste manifestarono al parroco le loro perplessità. Sembrava opportuno rinviare di un anno l’amministrazione del Sacramento ad Angelo, che nel frattempo avrebbe potuto maturare. Oltre tutto, ci si chiedeva con sgomento che cosa avrebbe combinato durante la funzione, lui che era refrattario alle soste in Chiesa: durante la Messa, qualcuno doveva sempre portarlo fuori, prima che si mettesse a correre tra i banchi o a schiamazzare. Avrebbe sicuramente disturbato la concentrazione dei compagni. E poi, come poteva capire che cosa accade nel momento della Consacrazione? Don Giovanni ascoltò le rimostranze, poi, con un sorriso tra l’ironico e il divertito commentò: «Capire? Perché, voi capite? Io no: la presenza reale di Cristo nell’Eucarestia è oggetto di fede, non di speculazione filosofica o scientifica. Dunque, non dobbiamo preoccuparci di quanto possa capire Angelo. Il nostro compito è quello di accoglierlo, amarlo, accompagnarlo. Il Signore conosce i suoi problemi e lo accetta così com’è. Lui, con il suo amore, può supplire ai limiti della natura umana. Angelo farà la prima Comunione. Quando comincerà ad agitarsi, una di voi lo farà uscire, come al solito».

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Il giorno della Prima Comunione il nostro nervosismo avrebbe potuto far accendere tutti i lampadari della chiesa senza ricorrere all’energia elettrica. Angelo arrivò puntuale, elegantissimo e compunto. E rimase serio e attento durante tutta la Messa. Dopo, durante la festicciola che si svolgeva in cortile, lo avvicinai e mi complimentai con lui per il buon comportamento. «Dopo la Comunione – gli chiesi a bruciapelo – sei stato capace di recitare una preghiera?». «No – rispose con serietà – ho soltanto detto grazie al mio amico Gesù perché non ride quando sbaglio e non mi sgrida». Ok. Buona festa, Angelo! Anna Maria Musso Freni redazione.rivista@ausiliatrice.net

Un bimbo si prepara alla Prima Comunione tra le preoccupazioni delle catechiste, ma la sua storia dimosta come l’Eucaristia è un mistero che non si può ridurre alla logica dell’uomo, è mistero che si rivela ai piccoli che parla al cuore dell’uomo superando ogni ostacolo.


Esperienze

Ricordi antichi Q

uando, come me, si è già soffiato su 89 candeline, uno sguardo al passato è quasi d’obbligo. E tra i tanti ricordi nella cesta della mia vita (ricordate i grappoli d’uva che durante la vendemmia mettevamo nelle “cavagne”?) scelgo quelli gioiosi degli anni trascorsi veloci con la nonna, sulla collina di Sant’Antonio, a Ferrere d’Asti. Un borgo, questo, alle propaggini del Monferrato, oggi apprezzato per il buon vino, per la carne e per le passeggiate tra il verde. Allora, però, quando le campane chiamavano a raccolta in Parrocchia per le funzioni o per i tempi “forti” dell’anno, i ragazzi e i giovani si aspettavano per fare la strada insieme: la chiesa, sulla collina, distava parecchi

chilometri da casa mia. Prima di entrare nella comunità delle Suore Immacolatine, fondate dalla venerabile Madre Carolina Beltrami (Alessandria, 1869-1932), non conoscevo nessun salesiano. Le Suore Salesiane erano soltanto a Villafranca d’Asti, e qualche volta andavo a Messa da loro, con la nonna paterna. Mi faceva piacere incontrarle, ma da ragazza non pensavo proprio che sarei diventata anch’io religiosa. Ricordo bene, però, che narravano di una profezia pronunziata da Don Bosco a una nipote del parroco. In occasione del matrimonio, lui le diede una benedizione speciale, predicendo che da un ramo della discendenza i maschi sarebbero diventati sacerdoti; in effetti, in quella famiglia ci furono due vescovi, un sacerdote diocesano e uno salesiano. Come religiosa, ho conosciuto i Salesiani soltanto per il loro ministero nella mia comunità. Anzi, ringrazio i due che sono stati qui come confessori. E mi fa piacere ricordare anche che da quelle mie colline provengono altri due salesiani, che hanno avuto i nonni paterni e materni qui e che ora godono il Paradiso.

La venerabile Madre Carolina Beltrami, fondatrice dell’Istituto delle Suore Immacolatine.

Sr Secondina Leotardi redazione.rivista@ausiliatrice.net

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ESPERIENZE


Una reliquia di Don Bosco nel “suo” ospedale torinese Lo scorso 31 gennaio, nell’Ospedale “San Giovanni Bosco”di Torino (ASL TO2), si è svolta la celebrazione eucaristica in onore del Santo patrono. La partecipazione è stata numerosa e il rito commovente. La parabola evangelica del Buon Pastore, che conosce le sue pecore, le cura e le accompagna amorevolmente, è stata commentata dal Cappellano don Antonio Nora ed era quanto mai adatta all’ambiente ospedaliero e ai molti colleghi di un’infermiera del Pronto Soccorso, deceduta prematuramente. Nella circostanza, i Salesiani di Valdocco hanno donato all’Ospedale una reliquia di Don Bosco. Questa “nuova presenza” nell’ospedale che porta il suo nome, sarà certamente richiamo di fede cristiana per il personale medico e paramedico e per tutti gli assistiti. Al termine della celebrazione le persone presenti sono state benedette con la reliquia.

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Nº 2 - 2012 ANNO XXXIII BIMESTRALE

marzo-aprile

Remo Girone è MURIALDO, amico di DON BOSCO pag. 6 Gesù

L’uomo più “ricercato” della storia

pag. 26 Un tema in classe

pag. 38 A Valdocco

Fa riscoprire la differenza: vivere per Dio

la sfida educativa è sull’innovazione

Mandateci i vostri sms!

Anche Nardina d’agostino di Galbiate (Lecco), con i suoi 103 anni, è tra le più “longeve” devote di Maria Ausiliatrice e di Don Bosco. Salesiana cooperatrice, è abbonata alla nostra Rivista. La ringraziamo e assicuriamo il ricordo in Basilica.

Basta inviare un messaggio, anteponendo alla vostra richiesta di preghiera la parola RIVISTA al numero 320.2043437. Pubblicheremo gli sms più significativi e a tutti assicuriamo il ricordo in Basilica


“Siamo piccoli ma con l'aiuto di Maria Ausiliatrice cresceremo�. Da sinistra Francesco Tronville, Lorenzo Buda, Lo Presti Viola, Sara Maria Ostafie.

Vittoria (con la rivista) e Teresa Pennisi con il loro papĂ .

Mandateci le vostre foto con la rivista in mano! foto.rivista@ausiliatrice.net


In questo numero il saluto del rettore 1 Ha fatto tutto lei! a tutto campo 2 La madre che ci accompagna leggiamo i vangeli 4 chi sei gEsù di nazaret? in cammino con maria 6 il magnificat, l’exultet di maria 8 maria, la mamma maria nei secoli 10 un teologo dotto e gentile, devoto di maria

la parola qui e ora 12 prendete, questo è il mio corpo amici di dio 14 quante sofferenze per la fede e la verità

don bosco oggi 26 don bosco “pellegrino”

in Asia e Oceania 28 antonino baglieri, un volontario con don bosco da imitare 30 maria ci invita a testimoniare la fede 32 a contatto con la realtà femminile più dolorosa 34 anche oggi è tempo di sognare, come fece don bosco 35 santi sociali

sfide educative 36 concorso letterario nazionale: “minori al margine!”

38 la saga dei “perché”

chiesa viva 16 “Family 2012”, un milione di fedeli

esperienze 40 una vita dalla parte dei pazienti 42 il mio amico gesù non mi sgrida 43 ricordi antichi

Giovani in cammino 18 perché cercate tra i morti colui che è vivo?

poster Il sogno delle due colonne

segni e valori 20 don pascual:

l’eucarestia, maria Ss. immacolata e il papa le due colonne: eucarestia e maria

sulle orme di don bosco nel mondo

Nº 3 - 2012 ANNO XXXIII BIMESTRALE

maggio-giugno

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pag. 20 Don Pascual ChÁvez Villanueva:

la nostra compagna di viaggio

sulle orme di Don Bosco

pag. 23 A Valdocco 150 anni fa il sogno delle due colonne

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