Rivista Maria Ausiliatrice n.2/2018

Page 1

m arz

Maria Ausiliatrice

o-

a p ril e

218

RI VIS TA D E L L A BAS I LI C A DI TO R I N O – VA LDOCCO

BASIL IC A

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27–02–2004 n. 46) art. 1, comma 1 NO/TO

MARIA AUSILIATRICE

#R ISURREZIONE

DI CRISTO, RISURREZIONE DELL’UOMO

I SPECIALE INSERTO:

IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE PER I GIOVANI

21 R ACCONTO DI PASQUA.

ANNUNCIAMO A TUTTI “CRISTO È RISORTO”.

38 STORIA DELLA COSTRUZIONE

DELLA BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE.

ISSN 2283–320X



Grazie don Timoteo!  Ho recitato tante volte il salmo 92 con i versetti: «Il giusto fiorirà come palma… piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio… nella vecchiaia daranno ancora frutti». Ma all’improvviso mi sono venuti in mente, con forza, proprio il mattino di venerdì 2 febbraio 2018, Festa della Presentazione di Gesù al Tempio, quando ho saputo della morte di don Timoteo Munari. L’ho conosciuto per molti anni a Valdocco, l’ho ammirato per la sua fede e per il suo coraggio, per la sua laboriosità e serenità, per la sua intelligenza e per la sua molteplice esperienza di vita salesiana, che io volevo conoscere e di cui parlava volentieri. Don Timoteo è stato un giusto, un uomo buono e paziente, calmo e riflessivo, spiritualmente profondo. È fiorito nella casa di don Bosco, come allievo e poi come salesiano, per più di 80 anni, cioè da quando arrivò a Valdocco nel lontano 1934, pochi mesi dopo la canonizzazione del santo dei giovani. Ed ecco il versetto proprio adatto a lui: «Nella vecchiaia daranno ancora frutti». Data la sua costituzione fisica robusta e resistente, don Timoteo è stato operativo tutta la vita e, per circa 20 anni, gli ultimi, come prefetto di sacrestia e come confessore in Basilica di Maria Ausiliatrice. Era ricercato, stimato e ascoltato anche come consigliere spirituale. Tutto questo praticamente fino a pochi mesi prima della partenza per il Paradiso. UOMO DI DIO APPREZZATISSIMO

La Rivista Maria Ausiliatrice per circa dieci anni, è stata onorata della sua collaborazione, puntuale e precisa, semplice nella esposizione ma nello stesso tempo profonda e incisiva. Non scriveva di alta teologia e non trattava di argomenti astratti, ma di questioni della vita cristiana, che la gente semplice vuole conoscere: le opere di Misericordia spirituale e corporale, le virtù teologali e cardinali, i vizi e le virtù, i doni ed i peccati contro la Spirito Santo ecc. E questi i suoi articoli sono ancora oggi molto richiesti, a riprova che toccava argomenti sentiti e richiesti, e che li trattava in modo comprensibile da tutti. Io, personalmente, ho potuto apprezzare e stimare don Timoteo per le sue moltepli-

ci doti che ha sempre adoperato alla maggior gloria di Dio, per la devozione a Maria Ausiliatrice e per far conoscere don Bosco. Ho saputo una volta da lui che nei tempi passati aveva anche la passione di dipingere ma che poi non ha continuato. Non sono in grado di giudicare se avesse doti di un certo livello nell’uso del pennello ma nell’uso della penna certamente. Don Timoteo scriveva bene, facile e profondo nello stesso tempo. Ha composto anche molte poesie spirituali e preghiere che ha raccolto in una specie di Diario, cominciando da quando era a Roma segretario di un superiore maggiore. Questi suoi scritti per suo espresso desiderio (ed insistenza) sono stati messi online a beneficio di tante altre persone, che lo hanno conosciuto e che lo stimavano (NB. sono disponibili sul sito: www.donbosco-torino.it cliccando INFO). Io li ho letti ed apprezzati molto e li ho usati anche come preghiere. Don Timoteo nella sua prefazione ha scritto: «Nulla è dato al caso, tutto all’Amore. Tutto ho ammirato assaporato e gustato. Perché Lui è con me, perché Lui è Amore. Ecco come ho vissuto i miei giorni a Roma, a Torino, ad Avigliana e come vivo il mio piccolo e grande oggi, dono gratuito, colloquio ininterrotto con il mio Dio». Un vero squarcio sulla sua profondità spirituale. Caro don Timoteo: ora, dopo una lunga vita spesa a lavorare per la gloria di Dio, per l’onore di Maria Ausiliatrice e sotto il segno di don Bosco, puoi vivere eternamente nella visione di Dio, che hai tanto amato e LA SERA “cantato” nelle poesie La sera ha la sua luce e nelle tue preghiere. e le sue ombre: Grazie don Timoqueste non mi spaventano teo, e ricordati dei reperché quella dattori della tua Rivinon mi abbandona mai. sta Maria Ausiliatrice, la sera ha la sua vita che hai tanto amato, e e la sua morte: di tutti i collaboratori e non temo il silenzio di questa, lettori. perché al mattino risorgerò.

MARIO SCUDU

Don Timoteo Munari sdb (1922-2018)

archivio.rivista@ausiliatrice.net

MARZO-APRILE 2018

1


4

20

TIMOTEO MUNARI

ANNA MUSSO FRENI

IN MEMORIA 1 GRAZIE DON TIMOTEO!

MARIO SCUDU

A TUTTO CAMPO 4 ALLA SOGLIA DELLA VITA ETERNA TIMOTEO MUNARI

DON CRISTIAN BESSO

LA PAROLA 8 GRANDEZZA È PICCOLEZZA MARCO ROSSETTI

10 GESÙ CI CONOSCE, CI GUIDA E CI AMA UNO PER UNO

h

MARCO BONATTI

ROBERT CHEAIB

CHIUDONO L’ORATORIO SALESIANO FEDERICA BELLO

18 CYBERBULLI: PARLA LO PSICOLOGO DELLE NUOVE TECNOLOGIE MARINA LOMUNNO

20 BELLI O BULLI? ANNA MUSSO FRENI

21 RACCONTO DI PASQUA LORENZO BORTOLIN

domus mea ic

Direzione: Livio Demarie (Coordinamento) Mario Scudu (Archivio e Sito internet) Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)

Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 10152 Torino – Tel. 011/52.24.822

PER SOSTENERE LA RIVISTA:

Direttore responsabile: Sergio Giordani

Collaboratori: Federica Bello, Lorenzo Bortolin, Ottavio Davico, Marina Lomunno, Luca Mazzardis, Lara Reale, Carlo Tagliani

Intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice via Maria Ausiliatrice 32, 10152 Torino

Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21–4–80

2

14 IL GUARITORE FERITO 16 DAMASCO: I BOMBARDAMENTI

RETTORE 6 LE “MERAVIGLIE” DELLA NOSTRA MAMMA

de g a me lor i

a

in

LORENZO BORTOLIN

CHIESA E DINTORNI 12 M ATILDE, TUTTA DIO E FAMIGLIA

MARIO SCUDU

21

MARIA AUSILIATRICE N. 2

Progetto Grafico, impaginazione ed elaborazione digitale immagini: at Studio Grafico – Torino Stampa: Higraf – Mappano (TO)

Foto di copertina: Mario Notario Archivio Rivista: http://basilicamariaausiliatrice.it/ rivista-maria-ausiliatrice

BancoPosta CCP n. 21059100

IBAN: IT 15 J 07601 01000 0000210529100 BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX Carta di Credito su circuito PayPal: http.//rivista.ausiliatrice.net/abbonamento


GIULIANO PALIZZI

24

ADMA

MARIA

INSERTO

I

34 YUBI EMANUELE PICA

22 M ARIA, MADRE DI MISERICORDIA

36 «QUESTA È LA MIA CASA, DA QUI LA MIA

ANGELO DI MARIA

GLORIA!» (PRIMA PARTE)

GIOVANI 24 UN DIO “AL CONTRARIO”

38

GIANLUCA E MARIANGELA SPESSO

38 ESSERE ACCOMPAGNATI PER ACCOMPAGNA

GIULIANO PALIZZI

DON BOSCO OGGI 26 UN “EXALLIEVO” OGGI IMPRENDITORE LUCA PIGATO

40 INSALATA DI CAVOLFIORE CRUDO ANNA MARIA MUSSO FRENI

28 DAT DELLA VITA CONSACRATA

GIANLUCA E MARIANGELA SPESSO

INSERTO

MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE PER I GIOVANI

VDB

30 SALESIANO IN CAMPO E FUORI CAMPO LA REDAZIONE

32 A “CIUDAD DON BOSCO” IN COLOMBIA SI GENERANO I COSTRUTTORI DELLA PACE ANTONIO LABANCA

Tutto il materiale scritto dalla redazione è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commercialeCondividi allo stesso modo 3.0. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Rivista Maria Ausiliatrice, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. CC BY-NC-SA 3.0 IT

Dopo 75 anni di liete armonie

IL MAGNIFICO ORGANO DELLA BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE HA NECESSITÀ DI

UN URGENTE E COSTOSO RESTAURO

mo Abbigano biso tuo del Aiuto

RivMaAus

rivista.ausiliatrice

Foto:

FOTOLIA Marzanna Syncerz (8-9); Dron (20); SYNCSTUDIO Filippo Alfero (31); ALTRI Archivio RMA (1,4-7,1012,15,18,21-25,28,30,34-35,40); Missioni Don Bosco (16-17,3233), CNOS_FAP Piemonte (26,27); AMDA Primaria (36-38) È uno stupendo organo con più di 5000 canne che ha accompagnato con la sua voce potente e calda i più grandi avvenimenti della Congregazione Salesiana. Posto sulla cantoria accanto all’altar maggiore, fu costruito da Giovanni Tamburini nel 1941 su progetto di Ulisse Matthey ed è uno dei più grandi e preziosi d’Italia.

PUOI INVIARE IL TUO CONTRIBUTO: INTESTATI A: POSTE ITALIANE Fondazione DON BOSCO NEL MONDO CCP 36885028 (allegato alla rivista) MARZO-APRILE Via Della2018 Pisana 1111 - 00163 Roma IBAN IT93 X0760 1032 0000 0036885 028 BIC BPP IIT RR XXX CAUSALE: BANCA PROSSIMA S.P.A. Restauro Organo Maria Ausiliatrice

3


A TUTTO CAMPO

Alla soglia della vita eterna Omaggio a don Timoteo Munari

Come sarà il domani? Una tragica fine del sole che si estingue, esplodendo, così da vanificare tutta la vita della nostra terra? E il mio futuro quale sarà? Il nulla? PRONTI A LASCIARE TUTTO?

È mai possibile che io, dotato di intelligenza e di amore, possa scomparire nel nulla? Sta di fatto che nelle creature umane prevalgono sempre l’amore e la vita. E allora come puoi rassegnarti a vivere come vive questo mondo dominato dall’egoismo e senza futuro? Un bisogno estremamente più forte della vita mondana è l’amore e la donazione di sé, la pace e la bontà, la voglia di esistere, di sorridere e la sicura speranza di una vita senza fine. La certezza? Eccola: «Da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose» (Rm 11,36). Questo “lui” è Dio. E vuol dire: Tutto viene dal mio Dio, tutto esiste grazie al mio Dio e tutto tende verso il mio Dio. Ci troviamo di fronte a un bivio, ci viene data la possibilità di fare liberamente la nostra scelta. La via del “non amore” o quella dell’amore che mira alla vita eterna in Dio. La prima nasconde un rischio: e se ci fosse qualcosa o qualcuno che ti aspetta al varco? Nella seconda incontrerai un buon Padre 4

MARIA AUSILIATRICE N. 2

che ti aspetta. Chi si affida al Figlio della Vergine è ottimista sia per il tempo presente come per il futuro. Noi non giochiamo d’azzardo ma in sicurezza, perché al primo posto mettiamo l’amore, cioè il dono di sé, ama il prossimo tuo come te stesso, e ci fidiamo sulla parola di Colui che amiamo. Non il mio “IO”, ma “DIO”. Non il possedere beni terreni, ma l’essere figli di Dio. Non il comodo ragionare del mondo: beati quelli che godono, beati i furbi e i potenti, beati i ricchi, beati quelli che mangiano sempre alle spalle di tutti. Siamo pronti a lasciare tutto perché andiamo a trovare Colui che possiede tutto. SARÒ ETERNAMENTE SALVO

Il Regno di Dio, per la sua infinita misericordia, è già qui ora, qui sono salvato, qui e ora trovo e vivo la dimora di Dio in me, qui e ora sono amato e amo: questo è il mio presente e sarà pure il mio futuro: «Chi crede in me – ha detto Gesù – non morirà in eterno». Tutto si compirà nel futuro con l’abbraccio


e sete di luce e di verità, di pace e di aiuto ai fratelli più bisognosi. Addirittura Gesù ha inventato una “nuova nascita”, il battesimo (Gv 3,3) e ci ha consegnato «lo Spirito Santo senza misura» (Gv 3,34), perché non venissero a mancare né i festeggiati né le provviste per il Giorno delle nozze (Mt 25,10). Non desiderare la morte che ponga fine ai tuoi mali, ma desidera fortemente di stare sempre con gli amati Tre, dove tutto si rinnova sempre e il gustare Dio e il gioire con i fratelli e le sorelle e la lode e la gioia perenne. Non fuggiamo dalle nostre responsabilità qui in terra, ma cerchiamo di costruire una terra vivibile e facciamo di tutto per imbarcare in questa grande nave quanta più gente possibile perché tutti arrivino alla Patria eterna.

A TUTTO CAMPO

della Santissima Trinità. Il Regno di Dio che è in mezzo a noi costituisce l’oggetto della vocazione cristiana poiché siamo stati creati per poter raggiungere in piena libertà e amore l’unione con Gesù Cristo a gloria di Dio Padre. Questo è il progetto del nostro Dio voluto ancor prima della creazione, e portato a compimento con la nascita del Figlio della Vergine di Nazaret. Creati dunque per il Paradiso. Questa unione con Dio, i nostri fratelli Ortodossi la chiamano deificazione, è il grande sogno che noi possiamo raggiungere con l’aiuto degli insegnamenti e dei suoi sacramenti che Gesù stesso ci ha lasciato. L’unione con Dio, noi la chiediamo nella santa Messa dicendo: Donaci, o Padre, la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo con Cristo un solo corpo e un solo spirito. Questo progetto deve attuarsi per ogni persona umana già qui e ora e pienamente e per sempre nel futuro, quando il Padre, dopo aver «riunito e sottomesso tutto in Cristo suo Figlio, sarà tutto in tutti» (1 Cor 15,28).

TIMOTEO MUNARI (1922-2018) redazione.rivista@ausiliatrice.net

COME SARÀ IL PARADISO

L’immagine che ci rappresenta l’eterna dimora di Dio, ci descrive l’incontro dei fedeli con il loro Re e Signore, nella cornice radiosa di un grande banchetto nuziale. È il momento glorioso nel quale Gesù, che ci ha riscattati dal peccato e dalla morte, offertosi per noi sull’altare della croce, ci consegna alla maestà divina del Padre. Noi siamo il popolo che egli si è conquistato, siamo la sua sposa. Allora nei cieli avverrà qualcosa di inesprimibile: si celebreranno le nozze del Figlio con tutti i salvati. Per questo egli solo può dire: «Ho preparato un posto per voi» (Gv 14,3). Tutto incomincia qui in terra, nel Regno di Dio che è in mezzo a noi. Qui accogliamo l’amicizia di Gesù e mettiamo in pratica le sue parole. Lassù nell’eterno Regno di Dio si realizzerà il nostro sogno: l’incontro definitivo di tutti i giusti con Gesù Cristo, nostro fratello maggiore. E lo vedremo nella gloria luminosa del Padre. Questo incontro è per coloro che lo hanno desiderato, per quelli che hanno accettato l’abito nuziale, per quanti hanno fame MARZO-APRILE 2018

5


RETTORE

Le “Maraviglie” della nostra Mamma

DON CRISTIAN BESSO RETTORE rettore.basilica@ausiliatrice.net

6

MARIA AUSILIATRICE N. 2

Carissimi lettori, la rivista vi giunge mentre siamo nel cuore della Quaresima: tempo di ascolto della Parola di Dio e per una concreta revisione di vita. Nei due mesi precedenti, la vita del Santuario, è stata intensa. Ci siamo preparati alla festa di don Bosco con la novena: uno spazio di preghiera e di ascolto della tradizione salesiana. Quest’anno il libro che ci ha accompagnato è stato Maraviglie della Madre di Dio, un testo dove il nostro Fondatore descrive la costruzione della nostra basilica con l’insieme dei fatti miracolistici e spirituali che l’hanno accompagnata. Due serate sono state dedicate, poi, alla cultura ed alla musica. Sabato 20 gennaio,

in occasione delle giornate di spiritualità della Famiglia Salesiana, abbiamo ascoltato il coro della basilica, preceduto da tre relazioni tematiche: suor Marisa Fasano ha illustrato gli anni 1864-1868 della vita di don Bosco, don Silvano Oni il sorgere della basilica nel contesto sociale ed urbanistico della Torino di metà Ottocento, ed infine le maestranze che hanno restaurato l’organo hanno descritto le caratteristiche dello strumento ed i particolari dell’intervento di manutenzione e ripulitura. LA FESTA PER DON BOSCO

La festa del “santo dei giovani” è culminata nella celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Torino


CHIESA “IN USCITA”

Un appuntamento centrale di marzo è l’incontro di venerdì 9 con il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia. Il presidente dei vescovi italiani ci aiuta a guardare con cordialità ed accoglienza al cammino che la Chiesa intera sta compiendo, stimolata dall’intenso pontificato di papa Francesco, affinché il magistero del nostro pontefice non si riduca ad alcuni slogan mass-mediatici, ma diventi stile di vita e testimonianza di ciascun credente. «Andare nelle periferie», «essere comunità cristiane in uscita», «scegliere la povertà come priorità» sono il volto del cristiano oggi. Certamente questo ci interpella e richiede una buo-

na dose di coraggio e di fede. Questo cammino della Chiesa ha bisogno, perciò, di un sincero ascolto della Parola, una verità grande nella celebrazione dell’eucaristia e un desiderio profondo di preghiera personale.

RETTORE

mons. Cesare Nosiglia, ed in quella del Vicario del Rettor Maggiore, don Francesco Cereda. Si è notata una straordinaria partecipazione di fedeli e pellegrini. Molti sono stati positivamente sorpresi dalla riproduzione del crocifisso del Sinodo dei Giovani 2018, collocato in presbiterio. Pregare per questo appuntamento di rilievo della Chiesa, e soprattutto accompagnare i nostri giovani nel cammino di vita e di fede, rimane impegno assolutamente prioritario per gli ambienti salesiani. La Chiesa ci esorta a lasciare ampio protagonismo ed iniziativa alle nuove generazioni, perdendo un presenzialismo del mondo adulto, che rischia di soffocare l’innata vita propria delle nuove generazioni, che desiderano giustamente un vero protagonismo nella Chiesa e nella società.

ABITARE NELLA GIOIA

Concludo invitando ciascuno a vivere con Maria sia la Quaresima sia il tempo della Pasqua. La Vergine Madre ci invita ad un ascolto silenzioso presso la croce del Figlio, per preparare il cuore alla speranza, alla gioia ed alla comunione che scaturiscono dalla tomba vuota del Risorto e dall’esperienza di incontro e condivisione della Chiesa nascente. Il credente abita nella gioia non per dovere o spensieratezza, ma perché è radicato nella fede e nella certezza che ogni tenebra e morte, pur gravosa e sensibile, è radicalmente vinta dalla carità e dalla vita di Dio. Diventiamo sempre più testimoni di questa libertà e gioia: perché abbiamo avuto la possibilità di vivere l’impegno e la serietà del cammino di conversione!

«ANDARE NELLE PERIFERIE», «ESSERE COMUNITÀ CRISTIANE IN USCITA», «SCEGLIERE LA POVERTÀ COME PRIORITÀ» SONO IL VOLTO DEL CRISTIANO OGGI.

MARZO-APRILE 2018

7


LA PAROLA

Grandezza è piccolezza Per entrare nel Regno di Dio ci è richiesta grandezza spirituale. È una grandezza che non corrisponde alle nostre misure. Gesù infatti afferma che è grande chi si fa piccolo. Non è un paradosso, ma la verità del Vangelo (Mt 18,1-5)

8

MARIA AUSILIATRICE N. 2


Il Vangelo del Regno va vissuto insieme, per questo tra noi cristiani rivestono valore inestimabile la comunione, l’umiltà, la cura del fratello debole, il perdono. È il “Discorso sulla chiesa” (18,3-34): non un insieme di regole, ma il «buon annuncio» della salvezza del Regno fattosi vicino in Gesù. Salvezza per tutti, ma in particolare per gli ultimi. Se vogliamo accogliere l’invito accattivante ad essere perfetti come il Padre che è nei cieli, dobbiamo ispirarci a tale comportamento di accoglienza e di misericordia di Dio e di Cristo. A Cafarnao Gesù ha appena pagato la tassa per il tempio. È «in quel momento» che gli apostoli gli rivolgono la domanda cruciale: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Tutto questo ci incuriosisce: chissà cos’era capitato tra loro di tanto grave da muovere il Maestro a pronunciare un discorso così incisivo sull’umiltà tra i fratelli. Forse un episodio di rivalità, come altre volte il Vangelo ci racconta, rende necessari una serie di insegnamenti volti a muovere gli animi degli apostoli al perdono, al servizio reciproco e all’umiltà. Matteo poi li raccoglie e li narra in queste altissime pagine del suo Vangelo e li offre alla chiesa come perenne termine di riferimento su cui misurare la comunione. IL REGNO È DEI BAMBINI

Anche i profeti facevano talvolta così. Vivevano in un certo modo, prendevano degli oggetti, poi avvalendosi di quelle azioni simboliche, insegnavano. Gesù si allinea al loro modo di fare. Prende un bambino e lo mette in mezzo perché tutti vedendolo capiscano quanto egli sta per dire. Matteo ci riferisce l’insegnamento del Signore in modo limpido. Ci attira subito la qualità della sua risposta. Forse Pietro interrogandolo sulla grandezza, intendeva riferirsi a qualche precedenza di importanza di uno sugli altri. Gesù sposta invece la questione su di un altro asse di

LA PAROLA

NON UNA REGOLA, MA IL VANGELO

interesse: la grandezza intorno alla quale egli risponde è quella spirituale. È al fine di ottenerla che va ascoltato quanto ha da dire. Prestiamo attenzione alle tre grandi condizioni che ci vengono richieste: convertirsi, vale a dire tornare un bambino come quello; abbassarsi come un bambino; accogliere nel nome di Gesù un bambino. Costui in quella società è una persona ritenuta totalmente priva di diritti; è uno che deve dipendere perché fragile, è incapace di potersi sostentare da solo, ma ha bisogno di aiuto. È esattamente questo stato del bambino ad essere additato come il più adatto per entrare nel Regno dei cieli. A ben pensare l’insegnamento è perfettamente in linea con la prima delle Beatitudini in cui si proclamano «beati i poveri in spirito» e si dice che «di essi è il Regno dei Cieli» (5,3). DIPENDERE DA DIO

Il bambino di cui Gesù parla è un “povero in spirito”, ossia uno che conosce bene di non bastare in alcun modo a se stesso, ma che deve dipendere da Dio in tutto se vuole ottenere il Regno, vale a dire la salvezza. C’è dunque una decisione di radicale cambiamento da assumere: tolti i sensi di autonomia, di autosufficienza, di presunto prestigio personale, di diritto ad avere qualcosa, bisogna rivestirsi della consapevolezza della dipendenza da Dio. Il vero cambiamento si valuta però sul concreto. Se veramente accettiamo di dipendere da Dio perché siamo … come siamo, non ci sarà difficile accogliere i «piccoli», nel senso di bisognosi, indifesi e deboli con cui Gesù si identifica. Dire di dipendere da Dio non significa fare una dichiarazione di fallimento, ma di verità e di amore a Lui. Decidersi ad essere solidali con quanti sono “piccoli” e “bambini”, equivale a vivere la carità e a salvare la comunione. Questo spalanca le porte del Regno. MARCO ROSSETTI rossetti.rivista@ausiliatrice.net

MARZO-APRILE 2018

9


LA PAROLA

Gesù ci conosce, ci guida e ci ama uno per uno «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». (Gv 10,11-18)  Nelle domeniche successive alla Pasqua la liturgia propone i brani di Giovanni in cui la “spiegazione” che Gesù offre della risurrezione da morte acquista il proprio senso completo: Gesù Cristo, e solo lui, è “mediatore” fra la vita degli uomini e il progetto di Dio sull’universo. La sua passione, morte e risurrezione appaiono come i tasselli di un unico mosaico, le pietre miliari di un cammino che ha una direzione, e un senso: si tratta di portare nella vita del mondo la «conoscenza della salvezza», come è detto nella preghiera del “Benedictus” (Lc 1,67). Solamente nel nome di Gesù la Chiesa ha senso, la sua presenza diventa salvezza per gli uomini di ogni generazione: è questo il sen10

MARIA AUSILIATRICE N. 2

so principale della prima lettura, in cui Pietro dichiara e spiega agli Ebrei che il miracolo è avvenuto proprio nel nome di quel Gesù «che voi avete crocifisso» (At 4, 10); quel Gesù che è come la pietra scartata dai costruttori divenuta testata d’angolo, fondamento della costruzione del nuovo «tempio» che è il Cristo stesso, il suo corpo mistico (Gv. 2,19). Un’osservazione su Pietro. Egli parla ai capi del popolo «pieno di Spirito Santo» (At 4,8). È lo stesso Pietro che non ha voluto riconoscersi discepolo del Signore nella notte del processo; lo stesso Pietro che ha seguito Gesù senza capire fino in fondo il senso di quella chiamata. Sul monte della Trasfigurazione Pietro appare come un fanciullo che ha finalmente scoperto il Paradiso, vorrebbe fermarsi lì per sempre, perché si sta bene… Solo dopo la risurrezione Pietro ha “aperto gli occhi”, ha capito. E ancora, tuttavia, è lo Spirito Santo a parlare in lui, a


SOLAMENTE NEL NOME DI GESÙ LA CHIESA HA SENSO, LA SUA PRESENZA DIVENTA SALVEZZA PER GLI UOMINI DI OGNI GENERAZIONE.

successo le religioni “fai-da-te”, in cui il è il fascino dell’emergere dalla massa a determinare la coscienza religiosa. Pecora e pastore sono parole passate di moda, quasi imbarazzanti. Un poco dipende dai cambiamenti nella vita: una volta il mondo era fatto di campagne, e il linguaggio si fondava sulle immagini che tutti avevano sotto gli occhi. Gesù diceva «campo», «pastore», «guardiano», e tutti capivano che cosa intendeva. Oggi si portano i bambini delle scuole negli “agriturismi”, perché vedano almeno una volta com’è fatta la natura, chi sono le galline e le mucche…

illuminare il senso del messaggio di Gesù. Tante volte, allo stesso modo di Pietro, la nostra fede si mantiene “cieca”, incapace di compiere quei piccoli passi che dopo appaiono ovvi. Forse accade perché siamo troppo abituati a considerare la fede come qualcosa che riguarda soltanto noi stessi, senza invece avere sempre la coscienza che Dio è presente in ogni momento al nostro fianco; e che la nostra stessa fede – come la vita – è dono gratuito del Signore, ben più che “conquista” delle nostre forze. Pecore. Chi? Noi? Non siamo per niente abituati a considerarci “pecore”. Ci dà fastidio pensarci intruppati in qualunque massa, perché sentiamo così forte la nostra individualità: e spesso confondiamo il nostro essere unici (perché siamo unici e irripetibili) con l’individualismo. Ecco perché è tanto faticoso stare nella Chiesa, vivere la fede dentro la Chiesa; ecco perché incontrano tanto

Comunque bisognosi di una guida Il linguaggio e il progresso ci allontanano dall’immediatezza dell’immagine del pastore, ma non dalla sua sostanza: la fede continua ad essere, oggi come duemila anni fa (e prima ancora, fin da Abramo) il riconoscersi “bisognosi di Dio”, di una guida che sia lì non solo perché è pagata per farlo, come il «mercenario» (v. 12), ma perché ama profondamente le “pecore” che gli sono affidate. Gesù ripropone esattamente questa realtà di interdipendenza: il pastore a servizio delle pecore, e le pecore che lo «conoscono» come pastore (v. 14), sanno di aver bisogno di lui. La Chiesa fedele al Signore contina ad essere, anche oggi, essenzialmente questo: i figli di Dio riuniti intorno al pastore. Ed è in questo contesto che il Vangelo di Giovanni configura la missione universale del Cristo (e della Chiesa) nella storia: il raggiungere quelle «altre pecore che non sono di quest’ovile» (v. 16), affinché diventino un solo gregge e un solo pastore. MARCO BONATTI redazione.rivista@ausiliatrice.net

MARZO-APRILE 2018

11


CHIESA E DINTORNI

Matilde, tutta Dio e famiglia Matilde: principessa, regina, madre di famiglia con problemi con i figli, vedova e santa. Una santità maturata in famiglia non dentro le mura di un convento  C’è un’idea, purtroppo ben piantata nell’immaginario del popolo di Dio: la santità? È un «affare clericale». La maggior parte dei santi infatti è costituita da papi, vescovi, preti, frati e… buone ultime le suore. Ma qualcosa sta cambiando, grazie soprattutto a papa Giovanni Paolo II (santo!) che ha affermato che «i beati e i santi (laici) indicano le strade concrete della santità. La loro vita è una vita di testimonianza a Cristo». Intuizione questa già presente nei biografi di santa Matilde di Germania, che era stata una principessa, felicemente sposata, una eccellente madre di famiglia (con problemi con due figli, anche lei!), regina. E santa per la Chiesa Cattolica. MADRE DI FAMIGLIA E PROBLEMI FAMILIARI

Matilde nacque intorno all’895 in una famiglia aristocratica nel nord est della Germania. Secondo i costumi del tempo i suoi genitori misero la bambina in un monastero femminile, accanto alla nonna paterna, rimasta vedova e diventata badessa. Matilde, si legge in un documento, fu messa nel monastero per acquisire un’educazione e una formazione intellettuale conforme al suo rango. Nel 909 sposò Enrico di Sassonia. Dal loro matrimonio nacquero ben cinque figli tutti destinati a brillanti carriere: Ottone I chiamato poi 12

MARIA AUSILIATRICE N. 2

il Grande, Gerberga futura regina di Francia, Edvige, Enrico il Giovane, e Bruno che diventerà arcivescovo di Colonia. Ebbe anche lei problemi con i figli, particolarmente con Ottone ed Enrico. Quest’ultimo fu favorito da lei per la successione al marito morto nel 936, pensando che fosse più degno e anche perché nato dopo che il marito era di-


la regina Matilde avrebbero potuto offrire un’immagine convenzionale della sua santità: insistendo magari sulla sua pia vedovanza e sui legami caritativi con monasteri e abbazie. Presentarono invece il suo cammino di santità percorso proprio all’interno della scelta di vita di madre di famiglia. Matilde è santa perché ha vissuto santamente il suo essere sposa, il suo essere regina e madre. Potremmo dire che in lei è maturata una santità regale, matrimoniale e familiare nello stesso tempo. Un vero miracolo. Veniva proposto così un nuovo modello di santificazione diverso da quello vissuto nei monasteri e nelle abbazie del tempo.

MATILDE, SIMBOLO DELL’UNITÀ DELLA FAMIGLIA

Un’ultima annotazione. Appena il marito Enrico morì, Matilde chiese al primo sacerdote, che era digiuno, di pregare per lui donandogli un suo braccialetto: «Ricevi questo oggetto d’oro e canta la messa delle anime». Sembra che questo sia stato uno dei primi esempi di preghiera e messa di suffragio. La vedova Matilde non cessava di essere unita spiritualmente al marito anche se defunto. Ella si sentiva ancora “responsabile” di lui perché lo amava ancora, e voleva la salvezza della sua anima. Il matrimonio era (ed è!) un autentico ed importante strumento di salvezza per i coniugi. È importante notare, inoltre, la stupefacente visione positiva del matrimonio cristiano. Era visto come un autentico “luogo” di circolazione dell’amore e della grazia di Dio. Quanti sposi cristiani vivono il loro matrimonio come un “circolo virtuoso” di grazie reciproche come lo è stato per Enrico e Matilde?

Questo fatto indebolì per un certo tempo la sua influenza in seno alla famiglia. Ma dal 946 fino alla morte recuperò tutta la sua autorità e influenza, e continuò l’opera a favore della chiesa e dei poveri, creando monasteri maschili e abbazie femminili. Onorata e rispettata dai suoi, la regina ebbe la gioia di ricevere l’omaggio della propria parentela durante l’assemblea dinastica di Colonia nel 965, dove ella venne festeggiata come simbolo dell’unità familiare. Si spegneva tre anni dopo il 14 marzo 968 e venne sepolta accanto al marito Enrico. Una vita movimentata la sua. Come madre di famiglia e come regina. Una vita che però risplendeva per le virtù, anche all’interno di un ambiente, dove non mancavano ricchezza e lusso. La sua santità venne riconosciuta subito in ambito locale, specialmente grazie a due biografie, anche se le autorità ecclesiastiche temporeggiarono per un po’ di tempo. È interessante notare che gli agiografi del-

CHIESA E DINTORNI

ventato re. Tutto questo a scapito di Ottone, il primogenito, che non accettò l’idea vincendo la contesa fratricida che se seguì. In seguito, saggiamente, evitò la vendetta anche contro sua madre. È interessante notare (e questo conferma indirettamente la santità di Matilde) che attorno agli anni 938-941 ad un certo punto i due fratelli, Ottone ed Enrico, prima già in discordia per la successione al trono, furono invece concordi nell’allontanare la loro madre perché spendeva troppo per soccorrere le chiese e i poveri. La obbligarono a rinunciare ai propri beni e la rinchiusero in un monastero. Questa la loro decisione. Tuttavia le vennero, in seguito, restituiti i diritti per intervento della regina Edith.

MESSA DI SUFFRAGIO PER IL MARITO DEFUNTO

MARIO SCUDU archivio.rivista@ausiliatrice.net

MARZO-APRILE 2018

13


CHIESA E DINTORNI

Il guaritore ferito “Incredulità di San Tommaso” Michelangelo Merisi da Caravaggio, 1600 -1601, Bildergalerie, Potsdam

Il Salvatore ci guarisce con le sue ferite  Sovente abbiamo la tentazione di pretendere da noi stessi di essere perfetti per esercitare il ministero dell’annuncio della Parola. Parlo di tentazione perché su questa terra non saremo mai perfetti, bensì in cammino verso la perfezione. E a proposito di perfezione, tante volte i ministri – nel senso generale del termine, e quindi gli operatori pastorali, i missionari e i catechisti – sono facilmente tentati dallo scoraggiamento a causa del contrasto doloroso tra il loro sogno riguardo alle comunità e alle persone a cui 14

MARIA AUSILIATRICE N. 2

si rivolgono e la realtà. Con grande tatto psicologico e spirituale, Henri Nouwen si rivolge a questi ministri con il paradosso di Il guaritore ferito. Il volume che porta come sottotitolo Il ministero nella società contemporanea, tratta della situazione del ministero nella società contemporanea attraverso quattro porte: la prima porta si apre sul mondo che soffre, la seconda su una generazione che soffre, la terza su un individuo che soffre e la quarta sul ministro stesso che soffre. Il messaggio specifico del libro è sintetizzato dall’autore così: «Non si può scrivere niente sul ministero se non si capiranno più a fondo i modi in cui il ministro dovrà scoprire le

proprie ferite come fonte di guarigione». COME CREARE SINTONIA

Riguardo al mondo dislocato, Nouwen traccia un ritratto dell’uomo e della società contemporanea dove si è perso il senso dei confini netti tra se stesso e l’ambiente, tra fantasia e realtà, tra ciò che si deve e non si deve fare, un uomo prigioniero del momento, catturato nel presente senza collegamenti significativi col passato e col futuro. La paura della nostra epoca, poi, non è solo la paura della morte, è la paura che l’uomo possa distruggere la vita e anche ogni sulla possibilità di rinascita. La sofferenza del mondo dislocato contemporaneo e che


vive ora per ora, senza progettualità. «La sua arte è un’arte di collage, un’arte che, benché sia una combinazione di pezzi divergenti, è una fuggevole impressione di ciò che l’uomo prova al momento». Così anche la sua musica, così anche sono le sue scelte importanti. È l’uomo frantumato, l’uomo liquido direbbe Bauman. Le vie dinanzi a questa frantumazione sono due. La via di una interiorità mistica che rifugge da questa dispersione disperata; e la via della rivoluzione che tenta di rovesciare questo disordine. Nouwen prospetta, però, una terza via, quella della vita cristiana che non mette in contrapposizione mistica e rivoluzione ma crea una sintonia. «Sono sempre più convinto – scrive Nouwen – che la conversione è l’equivalente individuale della rivoluzione. Pertanto ogni vero rivoluzionario è sfidato a farsi mistico nel cuore e colui che percorre la via del misticismo è chiamata a smascherare la qualità illusoria della società umana. Misticismo e rivoluzione sono due aspetti del medesimo tentativo di provocare cambiamenti radicali. Nessun mistico potrà evitare di diventare un critico sociale perché riflettendo su se stesso vi scoprirà le radici di una società malata. Allo stesso modo nessun rivoluzionario potrà evitare di affrontare la propria condizione umana, perché al centro della sua lotta per un mondo nuovo scoprirà di combattere le sue stesse paure reazionarie e le sue stesse false ambizioni».

DAL TALMUD BABILONESE

A proposito del guaritore ferito, Nouwen riporta un racconto del Talmud babilonese: «Il Rabbi Giosuè ben Levi capitò davanti al profeta Elia che stava ritto sulla porta della caverna del Rabbi Simeron ben Yohai. E chiese ad Elia: “Quando verrà il Messia?”. Elia rispose: “Vai a domandarglielo tu stesso”. “Dove si trova?”. “È seduto alle porte della città”. “Come potrò riconoscerlo?”. “È seduto tra i poveri coperti di piaghe. Gli altri tolgono le bende a tutte le loro piaghe nello stesso tempo e poi rimettono le fasce. Ma egli toglie una benda alla volta e poi la rimette dicendo a se stesso: “Potrebbero aver bisogno di me; se ciò acca­desse io devo essere sempre pronto per non tardare neppure un momento”». Nouwen commenta questa storia così: «La storia del Talmud suggerisce che è, fasciando una ad una le sue piaghe, il Messia non avrà bisogno di tempo per prepararsi se gli si chiede di aiutare qualcuno. Sarà pronto a porgere aiuto.

Gesù ha dato a questa storia una nuova sostanza facendo del suo stesso corpo straziato la via della salvezza, della liberazione e della nuova vita». Il guaritore ferito porta l’annuncio scandaloso del Salvatore che ci guarisce con le sue ferite. Il Liberatore siede tra i poveri. Le sue ferite sono segnali di speranza. Dichiara che oggi è il giorno della liberazione. Questo è esattamente l’annuncio del guaritore ferito. «Il Signore sta per arrivare. Non domani ma oggi, non l’anno prossimo ma quest’anno, non quando il nostro dolore sarà spento ma in mezzo a quel dolore, non altrove ma qui, dove siamo noi». ROBERT CHEAIB redazione.rivista@ausiliatrice.net

Il nascondiglio della gioia di Robert Cheaib Tau Editrice, marzo 2018 Pagine 120 MARZO-APRILE 2018

15


CHIESA E DINTORNI

Damasco: i bombardamenti chiudono l’Oratorio salesiano

Emergenza Siria

16

Non è la prima volta che accade in Siria purtroppo. La guerra e la violenza che non si arrestano di fronte alla morte di migliaia di innocenti, tra cui tanti bimbi e ragazzi, ha fermato quella piccola sorgente di pace e di speranza rappresentata dall’oratorio salesiano di Damasco. L’oratorio che ogni giorno aiutava i piccoli e le famiglie a non perdere la speranza nonostante tutto intorno i segni fossero drammatici, per custodire secondo il carisma di don Bosco i loro sogni di futuro, a fine febbraio ha dovuto sospendere le attività, troppo rischioso… Era accaduto ad Aleppo dove poi gli incontri sono ripresi e come si auspica accadrà a Damasco, ma nell’indeterminatezza del tempo resta il dramma di tanti, il senso di impotenza, il paradosso di non poter far sopravvivere nemmeno quelle iniziative come i giochi per i bambini, la scuola che non rappresentano una minaccia per

MARIA AUSILIATRICE N. 2

nessuno. Ad annunciare la decisione di sospendere le attività è stato don Mounir Hanachi, salesiano, originario di Aleppo, dall’estate scorsa direttore del Centro Don Bosco a Damasco un’opera che ospita oltre 1.300 giovani dalle elementari all’Università. TRETTI A SOSPENDERE L’ATTIVITÀ

«Damasco», spiega «sta vivendo giornate molto difficili. È sempre stato così in questi sette anni di guerra, ma in questi giorni si soffre ancora di più», dice don Mounir, «vengono lanciati missili e colpi di mortaio da Ghouta, zona in periferia piena di jihadisti dell’Isis e di altri gruppi islamici fondamentalisti che cercano di fare della Siria il loro Califfato. Questi bombardamenti causano tanti morti civili. C’è tanta paura fra la gente e soprattutto fra i bambini». A Damasco, spiega don Mounir,


te non può procurarsi da mangiare… Tutto questo è disumano. Non si può combattere il male con altro male. E la guerra è male. Pertanto rivolgo il mio appello accorato perché cessi subito la violenza, sia dato accesso agli aiuti umanitari – cibo e medicine – e siano evacuati i feriti e i malati. Preghiamo Dio che questo avvenga senza indugio».

CHIESA E DINTORNI

«è in corso un parziale coprifuoco e tante scuole sono rimaste chiuse. Anche noi siamo stati costretti dagli eventi a sospendere le attività nell’oratorio. Abbiamo raccomandato a tutti di rimanere in casa fino a che la situazione non sarà cambiata. Nel nostro centro i ragazzi arrivano da molte parti della città, devono venire in pullman e per strada potrebbero essere colpiti dai missili. Li abbiamo incoraggiati a stare a casa finché non si tranquillizza un po’ la situazione, prima di poter riprendere le attività».

FEDERICA BELLO redazione.rivista@ausiliatrice.net

NON SI PUÒ COMBATTERE IL MALE CON ALTRO MALE

Un annuncio di sospensione di attività che contiene anche un appello a approfondire il livello della conoscenza sul conflitto in Siria, a non fermarsi a superficiali distinzioni tra “buoni e cattivi”. «Spero che la mia voce», ha aggiunto don Mounir «possa giungere a tutti voi, amici, nel mezzo di tutto questo silenzio con cui l’Occidente guarda la tragedia che sta vivendo il popolo siriano, e davanti alla manipolazione di tanti siti e media sulla realtà che si vive in Siria. Vi ricordo tutti, amici, nella preghiera, in questo tempo di Quaresima: tempo di preghiera e di ritorno a Dio Padre. Che il sole della Risurrezione tocchi i cuori dei potenti e torni la pace in questa terra martoriata». Un invito alla alla vicinanza e alla preghiera per la pace che non è rimasto inascoltato e che Papa Francesco ha rafforzato nell’ultimo Angelus di febbraio «Cari fratelli e sorelle» ha esordito, «in questi giorni il mio pensiero è spesso rivolto all’amata e martoriata Siria, dove la guerra è riesplosa, specialmente nel Ghouta orientale. Questo mese di febbraio è stato uno dei più violenti in sette anni di conflitto: centinaia, migliaia di vittime civili, bambini, donne, anziani; sono stati colpiti gli ospedali; la genMARZO-APRILE 2018

17


MARIA

Maria, Madre di Misericordia  «Non temere, Maria» (Lc 1, 30). Non temete! Dio ci conosce profondamente. Conosce le difficoltà, i pericoli e l’impossibilità che spesso sperimentiamo. Ci ricorda quindi, con grande insistenza di non avere paura «perché nulla è impossibile a Dio» (Lc 1, 37): nulla è impossibile a lui che è Padre, che ci ha amati dall’eternità ed ha mandato nel tempo suo Figlio a farsi uomo come noi: Gesù che sulla croce ha perdonato ed è risorto per darci un segno di sicura speranza. Troppe volte, o perché non sempre educati in una ottimistica visione cristiana della vita o perché esperienze attorno a noi ci hanno condizionati, abbiamo coltivato nel cuore un concetto sbagliato di Dio; ci siamo abituati a pensare a un Dio severo e controllore, sempre pronto a punire. Non è questo il Dio che ci dice: Non temere. Gesù ci ha rivelato il vero volto di Dio: un Padre che ci ama. Questo Dio che è amore per tutti, ci presenta Maria come segno del suo amore. Egli, che – come ci ha detto Gesù – veste i gigli del campo, nutre gli uccelli del cielo (Mt 6, 28), non fa mancare a nessuno il necessario e tutti attende un giorno per la gloria eterna, ci offre il segno più grande del suo amore: Gesù, il Salvatore Risorto e ha voluto servirsi di Maria perché noi potessimo essere più facilmente i destinatari della salvezza. L’UOMO HA UN PROGETTO DI AMORE

La vita cristiana è un cammino nell’amore, con l’Amore, verso Dio. Diversamente non è più vita cristiana; dove c’è odio, rancore ed inimicizia non c’è Dio. Pur nelle difficoltà di ogni giorno, l’amo18

MARIA AUSILIATRICE N. 2

re è la via e il mezzo fondamentale che il Signore ci dà. Contemporaneamente è nostro compagno di viaggio: la vita cristiana è vita con l’Amore per giungere a Dio che è Amore. Il padre e la madre sono segno per i figli della Misericordia di Dio perché li educano all’amore, al rispetto, alla solidarietà, a vivere l’esperienza cristiana. Ciascuno di noi, nelle situazioni più comuni della vita, è segno di questa misericordia. Quando alleviamo le sofferenze di un povero o asciughiamo le lacrime di chi piange o confortiamo un afflitto o indi-


MARIA È UN SEGNO DELL’AMORE DI DIO

Maria è stata segno della Misericordia e dell’amore di Dio, perché con il suo sì

PREGHIERA O MARIA: MADRE CHE CI INDICHI UNA VIA, CI CONFORTA, CI CONSOLA ED È SEGNO DI SICURA SPERANZA. IN QUESTO MONDO, OPPRESSO DA TANTI GUAI, IN CUI CI SEMBRA DI VIVERE ALLO SBANDO, IN CUI NON SEMPRE TROVIAMO ORIENTAMENTI PRECISI, AIUTACI A NON DIMENTICARE CHE DUE SONO I GRANDI SEGNI CHE DIO CI DÀ: SUO FIGLIO GESÙ (MC 9,7), IL SALVATORE; E TE (AP 12,1), SUA E NOSTRA MADRE. AMEN

MARIA

chiamo la strada o quando preghiamo per la salvezza di tutti o, soprattutto, quando annunziamo la Parola, in quel momento siamo segno della Misericordia, perché diventiamo strumenti attraverso i quali il Signore fa giungere il suo amore a tutti gli uomini. Occorre però essere disponibili a Dio: essere suoi collaboratori non è qualcosa di facoltativo, ma un impegno serio. Ognuno di noi può dire di no: Dio comunque realizzerà il suo progetto di salvezza, ma avremo sprecato l’occasione che ci era stata data di mettere la nostra vita a sua totale disposizione perché attraverso di noi tanti altri – quanti solo Dio lo sa – fossero aiutati a raggiungere la salvezza.

ha voluto essere strumento totalmente docile nelle sue mani. Per mezzo di Maria la Misericordia è venuta nel mondo per tutti gli uomini. Avessimo anche commesso i peccati più disastrosi, Gesù è perdono, misericordia e redenzione. Maria, madre di Gesù, è madre di Misericordia. Non è stato semplice per Maria realizzare il compito che l’angelo le annunciava. «Ecco concepirai un figlio» (Lc 1, 31) le dice l’angelo, ma poi non saprà dove farlo nascere, nessuno accoglie lei che porta in seno la Misericordia. Fugge in Egitto, ritorna e vive per trent’anni la vita semplice di Nazareth. Vi sono poi i tre anni di vita pubblica e di predicazione in cui Gesù, Misericordia del Padre, non è accettato e amato. Eppure Maria continua a darlo agli uomini. A Cana: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2, 5); sotto la croce accoglie Giovanni come figlio (Gv 19, 26-27) e in lui accoglie tutti noi, anche quelli che in quel momento stavano uccidendo, oltraggiando e maltrattando Gesù. Sotto la croce siamo tutti diventati figli di Maria, la madre della Misericordia di Dio. Nessuno mai si è rivolto a Maria ed è rimasto deluso. Dio ha voluto e vuole che ciascuno di noi, rivolgendosi a lei, ottenga più facilmente quelle grazie che gli sono necessarie. Dobbiamo avere il coraggio di credere a questa verità. Siamone certi: rivolgersi a Maria non è segno di debolezza, ma di fortezza, perché attraverso di lei sappiamo di arrivare più sicuramente e speditamente a Gesù, nostro salvatore. Nelle icone, Maria ha sempre in braccio il bambino e sembra dirci: «Non guardare me, ma mio figlio, perché è lui la Misericordia del Padre. Io vengo solo a indicartelo, a donartelo. Non avere paura. Hai peccato? Gesù è perdono; non sai dove andare? Gesù è via, verità e vita» (Gv 14, 6). ANGELO DI MARIA redazione.rivista@ausiliatrice.net

MARZO-APRILE 2018

19


CHIESA E DINTORNI

Belli o bulli? BULLISMO E CYBERBULLISMO, FENOMENI DIFFUSI NELLA PARZIALE CONSAPEVOLEZZA DI GIOVANI E FAMIGLIE. IL 52,7% DEGLI 11-17ENNI NEL CORSO DELL’ANNO HA SUBITO COMPORTAMENTI OFFENSIVI, NON RIGUARDOSI O VIOLENTI DA PARTE DEI COETANEI. LA PERCENTUALE SALE AL 55,6% TRA LE FEMMINE E AL 53,3% TRA I RAGAZZI PIÙ GIOVANI, DI 11-13 ANNI (50° RAPPORTO CENSIS SULLA SITUAZIONE SOCIALE DEL PAESE/2016).

Non è un esercizio di prosa futurista, ma l’inizio di una catechesi sul quinto comandamento. «Questo lo possiamo saltare» sostiene Andrea, voltando decisamente la pagina del testo di catechismo «perché non abbiamo ucciso nessuno e non abbiamo intenzione di uccidere. Non saremmo nemmeno capaci...». «Davvero? In realtà, non si uccide soltanto con armi da fuoco o con veleni. Si può fare molto male anche soltanto con parole, gesti, atteggiamenti. La mamma di Filippo mi ha raccontato, piangendo, che il figlio non viene più agli incontri di catechismo perché uno di voi (tono terribilmente severo) lo prende in giro chiamandolo ciccione». «Anche più di uno, se è per questo», proclama Tommaso guardandosi intorno con aria accusatrice. Ricordo che avevamo già stilato l’elenco delle osservazioni che offendono gravemente: quelle relative all’aspetto fisico, alle capacità (o incapacità) individuali, alla

famiglia, alla situazione economica delle persone. Fare battute di cattivo gusto su queste cose è quasi come uccidere; i notiziari riferiscono spesso casi di suicidi tra le vittime di questo tipo di bullismo. Non convinco. Invito allora i bambini ad appendersi al collo un cartellino con la scritta “Sono bello/bella”. Tutti contenti. Proviamo poi ad appendere un altro cartello, con la scritta:” Sono ciccione”. Coro di proteste, stranamente, non da parte di chi è in forma, ma da parte dei più longilinei. «Questo non è vero e non permetto a nessuno di dirmelo», (Parla il bullo di turno). «Hai ragione! Ma se ti offendi tanto perché qualcuno ti attribuisce un difetto che non hai, pensa quanto male fa sentirsi rimproverare per un difetto fisico reale, che si vorrebbe eliminare senza riuscirci!». La lezione, poco ortodossa e non molto pedagogica, sembra funzionare. Lo vedremo, però, quando Filippo tornerà a catechismo. ANNA MARIA MUSSO FRENI redazione.rivista@ausiliatrice.net

20

MARIA AUSILIATRICE N. 2


Festa di San Giovanni Bosco Gennaio 2018

Foto di: Antonio Saglia, Giuseppe Verde, Dario Prodan, Renzo Bussio.

Messaggio del Rettor maggiore ai giovani  Miei cari giovani, ricevete il mio saluto pieno di affetto e la promessa della mia preghiera per tutti voi. Anche quest’anno, come l’anno scorso, in questo giorno della Festa di San Giovanni Bosco, 31 gennaio, mi trovo in un’altra parte del mondo. Questa volta in Asia, Timor Est. Da qui desidero rendermi presente nei più diversi luoghi del mondo dove ci sono giovani che sperimentano la gioia di sentire che il Signore ha regalato loro Don Bosco come Padre e Maestro della Gioventù. È ancora vivo in me il ricordo dell’incontro di Papa Francesco con i giovani del Cile e del Perù, avvenuto alcuni giorni fa. D’altra parte, vi è ovunque un grande movimento per la preparazione del Sinodo dei Vescovi, convocato sul tema: Giovani, Fede e Discernimento vocazionale. Lo stesso Papa Francesco vuole incontrarsi, durante la settimana che precede la Domenica delle Palme, con delegazioni di giovani di tutto il mondo, perché desidera avere «un incontro in cui voi sarete protagonisti: giovani di tutto il mondo, giovani cattolici e giovani non cattolici; giovani cristiani e di altre religioni; e giovani che non sanno se credono o non credono: tutti. Per ascoltarli, per ascoltarci, direttamente, perché è importante che voi parliate, che non vi lasciate mettere a tacere». Tutto questo suscita in me una immensa gioia. Posso farvi una confidenza? Quando percorro il “mondo salesiano”, nelle nazioni più diverse, e mi incontro con voi giovani, vedo i vostri volti, il vostro sorriso, il vostro sguardo sincero, pulito, autentico, e mi dico: il mondo, la Chiesa, la nostra Famiglia Salesiana e il Movimento Giovanile Salesiano in tutto il mondo, hanno un grande presente e un promettente futuro. L’anno scorso vi ho scritto (vi ricordate?), dicendovi, tra l’altro, che noi credia-


mo in voi. Oggi confermo la mia totale fiducia, e dico ancor di più. Miei cari giovani, non rinunciate ai vostri sogni e ai vostri ideali, anche se qualche volta questo può sembrarvi difficile. Continuate a cercare appassionatamente la vostra felicità, ma quella felicità profonda e autentica, che vi farà sentire contenti e realizzati. Una felicità che è molto lontana da tutto quello che è superficiale e vuoto; lontana da tutto ciò che è “usare e gettare” le cose, e, ve lo dico con grande dolore, a volte anche, “usare e gettare-scartare” le persone. Pensando a voi mi piace ricordare quello che in una occasione vi disse e vi scrisse l’allora Papa Benedetto XVI: «Cari giovani, la felicità che cercate, la felicità che avete diritto di gustare ha un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth». Qualcuno mi chiederà se questo messaggio è valido anche per i giovani non cristiani. La mia risposta è, senza alcun dubbio: sì. Il messaggio vale per tutti voi, miei cari giovani. Ascoltate, vi racconto una esperienza che ho fatto qualche settimana fa. Stavo visitando l’Ispettoria Salesiana di Guwahati, in Assam, nell’Est dell’India, e durante un incontro in una presenza salesiana con giovani universitari di varie religioni (cattolici, indù, musulmani) sono rimasto profondamente impressionato al vedere che


loro stessi proponevano di recitare insieme il Padre Nostro. Mi sono commosso. E mi sono congratulato con loro per il significato della loro proposta. Perché quei giovani, capaci di chiamare Dio “Padre!”, l’Unico Dio, saranno capaci di costruire un mondo di Pace, di vera Giustizia, di Fraternità Universale. È la stessa cosa che ha affermato Papa Francesco durante la sua visita nel Bangladesh: «Sono contento – egli ha detto – che, insieme ai cattolici, ci siano con noi molti giovani amici musulmani e di altre religioni. Col trovarvi insieme qui oggi mostrate la vostra determinazione nel promuovere un clima di armonia, dove si tende la mano agli altri, malgrado le vostre differenze religiose». Ed è per questa ragione che mi permetto di suggerirvi, più ancora di chiedere a voi, giovani del “mondo salesiano” e di qualsiasi altra realtà, di aprire il vostro cuore a Dio e di lasciarvi sorprendere da Lui. Lasciate che entri nel più profondo delle vostre vite. Non vi deluderà mai. Fate l’esperienza dell’incontro con Lui, e per quanto vi è possibile, pregate, entrate in dialogo con Lui. Può il Rettor Maggiore chiedere questo ai giovani del mondo? Certamente. E lo faccio a nome di don Bosco che, nella comunione con Dio, vi ama profondamente. E ve lo chiedo perché sono profondamente convinto. Che non ci capiti quello


che racconta Edith Stein (filosofa del secolo XX e oggi Santa), la quale, parlando di se stessa nella sua adolescenza, affermava che «aveva perso in modo consapevole e deliberato l’abitudine di pregare». Vi invito, miei cari giovani, a coltivare e a intensificare quell’esperienza vibrante che è la preghiera come dialogo con Dio. E poi, continuate ad essere generosi nella vostra vita, continuate ad offrire il vostro tempo e le vostre qualità ad altre persone, continuate a cercare il modo di crescere nella vita interiore; lasciatevi aiutare e accompagnare da chi, avendolo prima vissuto, può regalarvi quel dono che è l’apertura all’ascolto, con il cuore preparato e pronto ad accogliere quello che Dio, attraverso lo Spirito, vi sussurra nel profondo del vostro cuore. Abbiate fiducia in Maria, la Madre del Signore, Madre Ausiliatrice. La Madonna vi accompagnerà in ogni momento della vita: nei crocevia del cammino e anche nei momenti di difficoltà. Coraggio! Non perdetevi d’animo perché, come ha detto Papa Francesco: «la vita vale la pena di essere vissuta a fronte alta». Con tutto l’affetto del vostro sempre padre, fratello e amico in don Bosco. DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME


«Basta! Smettetela di parlare tutte insieme. Calmatevi!». Soltanto altre due o tre volte avevo visto Pietro così agitato. «Se continuate a gridare così – continua – vengono a vedere che cosa succede… Poi, diranno che siamo stati noi». Si gira a guardare noi uomini, cercando ansiosamente una reazione a quella notizia sconvolgente. Invece, tutti impietriti. «Tu, Giovanni, non dici niente?». Apro le braccia angosciato. Mi volto verso Maria. Da venerdì è anche mia madre. È vicina alla finestra: guarda fuori. Il sole è già sorto. Lei mi sorride. Serena. Come non avesse udito. Qui dentro, invece, il delirio. Eppure quelle tre donne non possono essere diventate matte d’improvviso. Continuano a ripetere che all’alba avevano deciso di andare alla tomba. È vero. Le avevo sentite parlottare, prendere i vasi e uscire. Mi ero girato nel giaciglio e avevo cercato di riposare ancora un poco. Sforzandomi di non tremare. Come non essere spaventati dopo quello che era successo venerdì? Adesso, loro tre continuano a singhiozzare. Straziate. Ripetono ancora una volta che loro non avrebbero avuto la forza per far rotolare il masso dall’ingresso della tomba. Che quando sono arrivate lì, hanno visto il macigno spostato. E soprattutto, che il sepolcro era vuoto. Mentre rivivono quei momenti, l’urlo di Maddalena fa vibrare i muri: «L’hanno portato via!». Maria è ancora vicina alla finestra. Il volto sempre sereno. ANDIAMO E DICIAMOLO A TUTTI: «È RISORTO»

«Vieni. Andiamo». Il tono di Pietro è un ordine. Usciamo e corriamo. Mille dubbi in testa. Non so i suoi. Conosco i miei. Corro più veloce di lui. Sono più giovane. Lui, invece, è appesantito dagli anni in barca a pescare. Per questo lui è ben più robusto di me. Ma nella corsa, il primo sono io. Ora, però, penso ad altro. Arrivo. Do un’occhiata dall’esterno: le bende sono a terra. Perché? Che cosa è successo? Mi accorgo di tremare.

CHIESA E DINTORNI

Racconto di Pasqua

Arriva Pietro. Leggo il panico nel suo sguardo. Entra. Anche lui vede le bende a terra. Con un gesto interrogativo, mi indica il velo. Era stato posto sul capo, ma adesso è ben piegato a parte. Di sicuro le donne non l’hanno toccato. Siamo sbalorditi. Non una parola. Pietro mi guarda. Io guardo lui. Apre la bocca. Nessun suono. Continuiamo a fissare quella lastra orizzontale vuota. Eppure sono certo. Siamo certi. Venerdì Lui era stato posto lì, ora Lui non c’è più. Piccoli passi in quello scomodo anfratto in cerca di un indizio. Invano. Quanto tempo passiamo così? Sembra un’eternità. D’improvviso, sul volto di Pietro la tensione inizia a svanire. Le sue mani callose sfiorano quella lastra. Sembra la accarezzi. Si inginocchia. Non avevo mai visto il “capo” in ginocchio. Accarezza ancora la lastra. Delicatamente, come fosse un bambino. Vi appoggia il viso rugoso. Inizia a singhiozzare. Io sono ancora in piedi. Gli occhi sbarrati. Poi, un pensiero: Lui non c’è più, ma non l’hanno portato via, come temeva Maddalena. «È risorto – balbetta Pietro tra i singhiozzi –. È risorto. E noi non l’avevamo capito». Si alza. Mi abbraccia. «È risorto», continua a ripetere. Pianta i suoi occhi pieni di lacrime nei miei: «Torniamo a casa. Ora tocca a noi dirlo a tutti. È risorto». Penso a Maria, sempre serena: lei aveva compreso. Sapeva già. E noi non avevamo capito neppure questo. LORENZO BORTOLIN redazione.rivista@ausiliatrice.net

MARZO-APRILE 2018

21


CHIESA E DINTORNI

Cyberbulli: parla lo psicologo delle nuove tecnologie  Ivan Ferrero, classe 1975, torinese, con un’esperienza di educatore di comunità per adolescenti, si definisce uno “psicologo delle nuove tecnologie”. Da sempre convinto della necessità di una normativa che regoli e sanzioni i crimini perpetuati via web e che mietono vittime tra gli adolescenti anche fino al suicidio, ha accolto con soddisfazione l’approvazione nel maggio scorso della legge sul cyberbullismo: «È un grande passo in avanti per il nostro Paese perché finalmente i reati del mondo digitale hanno una normativa ad hoc – spiega – Prima dell’approvazione venivano sanzionati reati legati al web

22

MARIA AUSILIATRICE N. 2

come lo stalking o la diffamazione ma ora c’è un riconoscimento istituzionale che atti aggressivi, molesti o violenti compiuti tramite strumenti telematici (sms, e-mail, siti web, chat) sono considerati crimini e, come tali vanno sanzionati come prevede una legge dello Stato». LE NUOVE TECNOLOGIE CAMBIANO IL NOSTRO MODO DI VIVERE

«Cyberbullismo, dipendenza da internet, gioco d’azzardo online – dice Ferrero – stanno coinvolgendo fasce di popolazione sempre più giovani e spesso c’è molta disinformazione. Per questo è importante


CHIESA E DINTORNI

il ruolo dei media, della scuola, della famiglia per sensibilizzare la società civile sui pericoli ma anche sulle opportunità del web». Secondo Ivan Ferrero il bullismo è sempre esistito. La novità introdotta dal web è che le immagini intime o diffamatorie postate dai bulli godono poi di vita propria, diventano “virali” e, in un mondo in cui il giudizio degli altri è determinante per essere accettati dal gruppo e per “esistere”, una foto rubata o un insulto on line può davvero annientare un adolescente che non è attrezzato a non dar peso anche solo agli scherzi pesanti, figuriamoci poi se la sua foto è sui cellulari di tutta la sua scuola. «Ora con la legge – precisa lo psicologo – appena giunge una segnalazione di reato, si obbligano gli autori dei contenuti a rimuoverli e i responsabili delle pubblicazioni violente vengono sanzionati. La novità è che adesso il Garante può direttamente obbligare gli autori dei contenuti a cancellarli. È un bel passo in avanti che, da una parte, rassicura le famiglie e gli educatori e, dall’altra, dovrebbe essere un deterrente per i cyberbulli». NON BASTA UNA LEGGE: CI VUOLE L’IMPEGNO DI TUTTI

«Occorre che tutta la società civile si mobiliti per diffondere la nuova normativa – prosegue Ferrero – dai mass media alle scuole, dagli ambienti educativi, ai servizi sociali alle polisportive e tutti quei luoghi frequentati dagli adolescenti. Dobbiamo poi tenere presente che i ragazzi hanno un diverso concetto di privacy e di etica rispetto a noi adulti. Finché una foto provocante di una ragazzina, un insulto o un video violento con protagonisti i coetanei non li coinvolge da vicino – nel senso che i protagonisti sono loro amici – fanno

fatica a riconoscere che quel materiale è un reato. L’on-line che consumano i nostri ragazzi è decontestualizzato dal loro quotidiano. Per questo è importante che i teenagers siano messi di fronte ai pericoli del web». Per i cosiddetti nativi digitali l’on line e l’off line sono un’unica faccia della stessa medaglia, è la loro vita, ci sono immersi fin dalla culla. Per questo, secondo Ferrero, non necessariamente è negativo che i bambini inizino ad usare gli strumenti digitali se accompagnati dagli adulti: «Proviamo a considerare il web come uno strumento e perché no, facciamoci introdurre dai nostri figli in questo mondo a noi sconosciuto non vietandoglielo a priori ma, come è proprio di un buon educatore, ascoltandoli, facendosi spiegare da loro come si crea un profilo twitter o facebook, cosa seguono sul web, quali sono i loro amici, i giochi on-line, passare del tempo con loro a vedere i video o i tutorial». Si tratta cioè di creare una relazione, parlarsi, ascoltarsi, mostrare interesse per la loro vita che, volenti o nolenti, è anche on-line. Questa è la chiave per entrare nel mondo dei «nativi digitali»: ma solo quando siamo entrati in relazione con i nostri figli o con i nostri allievi possiamo conquistare la loro fiducia e allora dettare le regole, «fare un contratto» sull’uso corretto dello smartphone o del pc, avvisarli dei pericoli parlandogli della legge e delle sue implicazioni, educandoli ad una corretta «cittadinanza digitale». «Se non si è disposti a farlo – conclude Ferrero – perché regaliamo loro uno smartphone per la comunione, la cresima o per la promozione?». MARINA LOMUNNO redazione.rivista@ausiliatrice.net

MARZO-APRILE 2018

23


GIOVANI

Un Dio “al contrario”

Gesù, l’uomo che racconta l’amore folle di Dio per l’umanità  Ci sono domande che ci portiamo dentro tutti da sempre. In base alla risposta, queste domande diventano decisive nelle scelte di vita. Anche Gesù, da uomo qual era, si è posto queste domande. E ha trovato risposte che ci ha consegnato con autorevolezza: – Il nostro Dio, è un Dio solo dei giusti o anche dei peccatori? – Dio attende che i peccatori si convertano e facciano ritorno a lui, oppure va lui stesso a cercarli, nella situazione di peccato in cui si trovano? – Il perdono che Dio concede al peccatore richiede la volontà e il cammino della conversione oppure è anteriore alla stessa conversione? – E soprattutto, l’amore di Dio va merita24

MARIA AUSILIATRICE N. 2

to o è amore gratuito che vuole raggiungere tutti? Queste non sono domande periferiche, perché da esse dipende l’immagine, il volto del nostro Dio. (cf. Enzo Bianchi, Raccontare l’amore, Rizzoli). IL DIO DI GESÙ

«Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha raccontato» (Gv 1,18). La Parola di Dio, facendosi carne, uomo come noi, vive tra di noi «mostrandoci il volto di Dio con la sua vita fatta di azioni, comportamenti, sentimenti, parole; una vita nella quale sempre la misericordia, l’amore, il perdono di Dio raggiungono


GIOVANI

l’uomo peccatore prima che lui inizi un cammino di conversione. Questo è scandaloso, perché l’amore di Dio noi vorremmo meritarlo, e invece l’amore di Dio è grazia, è gratuito, non va meritato. Questa, in estrema sintesi, la rivelazione del volto di Dio da parte di Gesù: “Dio è amore”, un amore che ama non solo la debole creatura umana ma ama il peccatore fino al dono di se stesso, al dono del Figlio suo». San Paolo giunge a parlare di un amore che Dio prova per l’uomo mentre l’uomo è peccatore, mentre è suo nemico, mentre lo nega e lo bestemmia (Rm 5,6-11). È UN AMORE FOLLE O UNA FOLLIA D’AMORE

«Abba’, papà, invocazione confidenziale. Per lui Dio era il Padre che dà la vita, chiama, educa, guida con amore ogni figlio del popolo santo. Anche per lui Dio era invisibile, ma il suo ascolto delle sante Scritture, la liturgia del tempio e della sinagoga, la tradizione dei padri lo abilitavano a parlare di Dio, con discrezione, in modo essenziale, e Gesù lo faceva soprattutto con l’intenzione di dare un volto al Dio mai visto». Rovesciare il volto di quel Dio che l’idolatria antropologica più che quella religiosa aveva deturpato manipolandolo e fabbricandoselo proiettando su di lui le proprie elucubrazioni, facendone una caricatura, quasi un Dio perverso sostenuto dai religiosi che si sentivano investiti dell’autorità di rappresentarlo di fronte agli altri uomini.

ducia in ogni uomo, un Dio che perdona anche chi non lo merita. In una parola, un Dio che sembra “un Dio al contrario”: un servo, non un dominatore; un povero, non un ricco; un infimo, non un altissimo; un Dio che ci prega mettendosi in ginocchio davanti a noi. Gesù chiedeva dunque alle folle, a quanti lo ascoltavano, ai discepoli di cambiare la loro immagine di Dio, per liberarli dalla paura e dall’angoscia della morte, per far crescere in loro la fiducia, per spronarli con il suo amore ad amarsi gli uni gli altri, reciprocamente (Gv 13,34; 15,12). Per Gesù l’amore verso Dio si identificava con l’amore per il prossimo, la sua vita offerta a Dio diventava vita spesa per gli uomini». Un Dio innamorato folle dell’uomo, rispettato nella sua libertà anche quando rifiuta l’offerta d’amore, «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (Gv 6,54), anche quando è pronto a uccidere il suo Dio. Ma lui il terzo giorno risorgerà e la festa della vita non avrà più fine! GIULIANO PALIZZI palizzi.rivista@ausiliatrice.net

NON È UN ALTRO DIO, MA…

«Gesù in verità non predicava un altro Dio, il suo Dio era il Dio del suo popolo, ma egli ne aveva un’al­tra conoscenza: un Dio che “non fa preferenza di persone” (At -10,34), un Dio che non castiga mai l’uomo finché egli vive sulla terra, un Dio che provoca alla libertà, un Dio che ha fiMARZO-APRILE 2018

25


DON BOSCO OGGI

Un “exallievo” oggi imprenditore All’Istituto Rebaudengo di Torino, Luca Pigato, amministratore delegato di Mepit, invita i giovani a fare un capolavoro della loro vita   In qualità di titolare della Mepit, che a

Torino si occupa di meccanica industriale di precisione, lo scorso 14 dicembre, sono stato invitato a consegnare gli attestati ai ragazzi qualificatisi lo scorso anno formativo. Il primo pensiero è stato di rileggere le mie esperienze giovanili con i salesiani, prima di conoscere il Centro di Formazione Professionale Rebaudengo di Torino. Da ragazzo, infatti, ho frequentato un oratorio salesiano, poi ho studiato alla scuola media “Michele Rua” e da giovane mi sono messo al servizio dei più piccoli nell’oratorio Rebaudengo. Quei numerosi anni trascorsi con i salesiani hanno lasciato sicuramente traccia in me. UN LEGAME TRENTENNALE

Parlando con mio padre, fondatore della Mepit, mi sono reso conto che la 26

MARIA AUSILIATRICE N. 2

collaborazione tra la nostra azienda ed il CFP Rebaudengo prosegue da oltre 30 anni. Da allora abbiamo avuto in stage oltre cento ragazzi e circa un terzo di loro ha poi lavorato da noi. Alcuni sono ancora nostri collaboratori e rappresentano un grande valore aggiunto per l’azienda. Gli aspetti distintivi, che abbiamo sempre apprezzato nei “ragazzi” che il CFP Rebaudengo ci manda ancora oggi in stage, sono in particolar modo quelli di carattere comportamentale. Non sono assolutamente da trascurare le basi tecnico-pratiche che i ragazzi portano in dote, grazie all’ottimo livello di formazione ricevuta. Tuttavia, in questo Istituto l’attenzione all’educazione dei ragazzi, tipica di don Bosco, è sempre stata superiore a quella degli altri Istituti con cui noi collaboriamo.


UNO SGUARDO AL FUTURO

Guardando al futuro ritengo che le aziende italiane abbiano assoluta necessità di un rapporto più stretto e collaborativo tra scuola e industria. Siamo alle soglie della quarta rivoluzione industriale e solamente lavorando sempre più a stretto contatto sarà possibile sviluppare meglio e più velocemente le competenze indispensabili per rendere le aziende di questo territorio capaci di affrontare con successo la sfida competitiva che i mercati internazionali ci presentano. E le aziende hanno necessità di avere Istituti di formazione come il CFP Rebaudengo. Le aziende sono costantemente alla ricerca di talenti, ed anche Mepit lo è. Quindi, secondo me, un giovane deve possedere la voglia di migliorarsi continua-

DON BOSCO OGGI

Nel mio ultimo periodo sono frequentemente a contatto con persone con una storia professionale di gran lunga più importante della mia; ma posso assicurare che molti di loro, soprattutto quelli da me più stimati, hanno alle spalle un’integrità morale che soltanto istituti formativi come questo possono garantire.

mente: quando ci si trova all’inizio della propria carriera professionale può sembrare banale, ma non lo è. Deve essere predisposto al cambiamento: il modo con cui noi operiamo oggi è molto differente da quello di appena cinque anni fa, ma è di gran lunga diverso da come opereremo tra altri cinque. Deve essere propositivo: occorre non fermarsi allo svolgimento del proprio “compitino”, ma rendersi disponibili, proporre soluzioni innovative. Deve avere entusiasmo: guardare oltre l’ostacolo e vedere l’opportunità da cogliere. Non deve farsi spaventare da orari scomodi, o dal dover prendere tre pullman per recarsi a lavorare, o da un responsabile esigente, ma deve focalizzare la propria attenzione sull’opportunità che può cogliere. Perché, come dico spesso ai miei collaboratori, a volte non c’è una seconda possibilità, non c’è altro tempo. A volte è: ora o mai più. Agli studenti che hanno concluso gli studi con la qualifica, dico: prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro. È la frase di un santo, e non di una rockstar, ma penso che sia allo stesso modo altamente rock! LUCA PIGATO redazione.rivista@ausiliatrice.net

La Mepit, fondata a Torino nel 1969, è un’azienda con importanti e prestigiose commesse in vari settori della componentistica meccanica ad alto contenuto tecnologico. Lavora qualsiasi tipo di materiale: dal plexiglas all’alluminio, dal nylon al titanio. Opera principalmente nel settore aerospaziale, ma ha anche clienti negli ambiti dell’energia nucleare, turbogas e racing cars.

MARZO-APRILE 2018

27


DON BOSCO OGGI

DAT della vita consacrata Le “disposizioni anticipate di trattamento” per essere testimoni del Signore, sicure che Lui è presente in ogni persona che incontriamo

DAT. Una sigla che è sulla bocca di

tutti quando si parla della nuova legge sul testamento biologico. Sta per Disposizioni anticipate di trattamento. Io, però, non voglio parlare di fine vita. Mi permetto di girare la sigla in positivo: “disposizioni anticipate di trattamento” in una vita consacrata. Disposizione: cioè atteggiamento, stato d’animo. Anticipate: prima che le crepe del vivere quotidiano possano compromettere la stabilità di una relazione. Trattamento: cioè modalità relazionale.

La parola anticipata, insieme all’icona a cui mi ispiro dell’incontro di Maria con Elisabetta, mi ha fatto scattare l’idea: un incontro tra queste due donne, così diverse tra loro, una giovane e l’altra anziana, carico di significato, e che avviene insieme all’incontro tra Gesù e Giovanni, così anticipato da precorrere la loro nascita! L’incontro tra Maria ed Elisabetta è icona di un incontro generazionale. La giovane che con sollecitudine si mette in 28

MARIA AUSILIATRICE N. 2

viaggio verso l’anziana bisognosa del suo aiuto, e l’anziana che riconosce nella giovane la grandezza di Dio ed inizia a lodarlo. La vita che la giovane porta in grembo, smuove la vita dentro l’anziana. CHIAMATE ALL’INCONTRO

Ogni giorno noi, non soltanto come consacrate, siamo chiamate a tessere le trame di qualche incontro che potrebbe sembrare impossibile: diversità di età, di esperienza, di entusiasmo. Ma è proprio in questa differenza che sta la forza attrattiva. Attrattiva che permette ad una giovane all’inizio del suo cammino di spostarsi verso una sorella anziana, accomunate da una vocazione che Dio ha messo nel loro cuore. Attrattiva che permette ad un giovane di avvicinarsi ad un anziano non attivo e reattivo come lui si aspetterebbe. Attrattiva che permette ad un giovane sano di avvicinarsi ad una persona malata. Nella nostra vita di consacrate secolari


IL SENSO DEL NOSTRO RISERBO

Sempre mi piace fermarmi a pensare al senso del nostro riserbo (per alcuni uno sterile “tenere nascosto il dono della vocazione”); ma proprio la vita nascosta

DON BOSCO OGGI

salesiane, quotidianamente siamo chiamate all’incontro con l’altro, portando in noi il “segreto” di una vocazione non rivelata a parole, ma capace, se testimoniata con entusiasmo, di smovere quello che la persona davanti a noi porta in se. E il successo di questo incontro sta proprio nel modo con cui decidiamo di relazionarci con gli altri prima ancora di farlo. È un’educazione continua al nostro essere testimoni del Signore a cui abbiamo donato la nostra vita, sicure che Lui è presente anche in ogni persona che incontriamo. Ed ecco che tutto in noi deve muoversi a salvaguardia di quella vita, sana o malata, giovane o anziana, ricca di doni o povera, ma sempre e comunque meritevole di rispetto e di dignità.

nel grembo di Maria ha smosso qualcosa in Elisabetta: quella “disposizione anticipata di trattamento” che può portare a costruire tra noi relazioni fertili, fautrici di speranza in chi non osa più sognare o alzare lo sguardo dalla fatica del quotidiano, in chi ha perso il senso della vita, in chi pensa di avere un “grembo sterile”. Siamo consacrate a un Dio che ci ricorda che nulla gli è impossibile, ma ogni nostra parola, ogni nostro gesto dovrebbe essere finalizzato a rimarcare che crediamo nella sua onnipotenza. Don Rinaldi, nostro fondatore, poco più di cent’anni fa ha smosso l’embrione di vocazione presente nel cuore delle nostre prime sorelle, tanto da animarle a portare avanti la loro vocazione nel mondo, senza essere del mondo. Un trattamento aperto alla vita che, ancora oggi, giovani donne decidono di donare a Dio consacrandosi come Volontarie di Don Bosco. UNA VOLONTARIA DI DON BOSCO redazione.rivista@ausiliatrice.net

è la nostra foresteria per ospitare: singoli, famiglie, piccoli gruppi; pellegrini

UFFICIO ACCOGLIENZA

tel. 011.5224201 – fax: 0115224680 accoglienza@valdocco.it www.accoglienza.valdocco.it MARZO-APRILE 2018

29


DON BOSCO OGGI

Salesiano in campo e fuori campo  «Appassionato della sua missione e contento di essere prete, don Bosco era profondamente convinto dell’utilità e della necessità del ministero sacerdotale per la Chiesa e la società civile». Così, nel primo centenario della morte di San Giovanni Bosco, si espresse il cardinal Anastasio Ballestrero, vescovo di Torino, riferendosi al “prete dei giovani”», «realizzazione non isolata, ma particolarmente splendida della tradizione spirituale piemontese». Possibile che, nella sua lettera al clero torinese, l’arcivescovo avesse inteso rendere omaggio non solo a don Bosco, ma anche ai tanti salesiani che regalano ogni giorno a piene mani l’amore di Dio ai “bulli” di oggi, forse più equipaggiati di quelli originali, ma ugualmente bisognosi di validi maestri, per imparare ad essere «buoni cristiani e onesti cittadini». 30

MARIA AUSILIATRICE N. 2

I GESTI, I RICORDI, LA VITA DI DON ALDO

Tra questi figli di don Bosco, c’è sicuramente un prete speciale che ha speso tutta la vita per i ragazzi e i giovani in Italia e nei Paesi di missione. È don Aldo Rabino, chiamato in pochi minuti ad abitare il Cielo a 76 anni, nell’agosto 2015. Una partenza inaspettata, dopo un malore improvviso nella casa alpina di Maen, in Val d’Aosta. Non c’è cuore che lo abbia conosciuto che oggi non senta nostalgia della sua energia profetica, della sua testimonianza di carità e della sua infinita attenzione ai giovani. Per questo è stato necessario scriverne, e solo chi lo aveva conosciuto, come Monica Falcini, poteva farlo con verità e amore. Nel suo Don Aldo Rabino. Salesiano in campo e fuori campo (Editrice Elledici - pagine 157) ripercorre le tappe della vita di questo grande


DA CALCIATORE A PADRE SPIRITUALE DI CALCIATORI

Nel 1971 ha potuto far confluire la sua passione sportiva, come grande ex calciatore, nel Torino Calcio diventandone il padre spirituale. Per oltre quarant’anni vivrà delle gioie e dei tormenti dei Granata, ma soprattutto avrà una parola illuminante per i calciatori che sempre più spesso gli chiedevano un consiglio o lo invitavano a vivere i loro momenti di gloria e di sofferenza. Ma come l’autrice precisa, il don Aldo delle pagine di questo libro non è solo il “don del pallone”, che ha meritato tanta visibilità attraverso il decennale servizio di padre spirituale del Torino Calcio, dai giocatori più piccoli alla prima squadra. Nel libro c’è tutto il “salesiano fuori campo”, oggetto di memoria affettuosa e grata, da consegnare ai (forse pochi) che non ne hanno mai sentito par-

DON BOSCO OGGI

protagonista della Chiesa torinese. Con pennellate affettuose racconta i ricordi, le parole, le iniziative di questo salesiano “doc”, tutto per gli altri: a scuola come professore di religione, nello sport come educatore, nel volontariato come animatore, nelle missioni dell’America Latina come ispiratore e guida spirituale, attraverso l’Associazione OASI Operazione Mato Grosso, fondata dallo stesso don Aldo e tuttora in piena attività, della quale l’autrice è volontaria.

lare e da imprimere nella memoria dei tantissimi che lo hanno condiviso e accompagnato nella sua missione terrena. Tra le tante raccolte, spicca nel libro la testimonianza di don Luigi Testa, prima ispettore poi superiore della Circoscrizione speciale Piemonte e Valle D’Aosta, che sottolinea «le sue forti convinzioni in materia di formazione cristiana dei giovani. Lavorava molto bene con loro. Aveva una straordinaria capacità di aggancio e non si accontentava di animare. Mai banale, molto serio nelle relazioni e molto rispettoso, era un sacerdote dal cuore autenticamente salesiano. La sua vita è stata una testimonianza di coerenza alla vocazione scelta e alle sue convinzioni». DON ALDO: UN VERO INNAMORATO DI DON BOSCO

Leggere il libro di Monica Falcini è come farsi un regalo: chi ha conosciuto don Aldo, lo ritrova in tutta la sua umanità, illuminata da una solida e fedele vocazione sacerdotale. Chi non ha avuto tanta fortuna, lo può incontrare nelle pagine a lui dedicate e scoprire il volto genuino di un vero innamorato di don Bosco. Se poi la lettura si trasformasse in desiderio di fare qualcosa, don Aldo ne gioirebbe. Parafrasando le parole scritte da don Valerio Bocci nella presentazione del libro, “la partita del cuore” è ancora in pieno svolgimento e, per trasformare il mondo, c’è ancora tanto da fare. Don Aldo cerca ancora collaboratori, innamorati della vita e della fede come i tantissimi che sono rimasti affascinati dalla sua parola e dalla sua testimonianza.

Don Aldo Rabino. Salesiano in campo e fuori campo di Monica Falcini. Elledici 2018 Pagine: 160

LA REDAZIONE redazione.rivista@ausiliatrice.net

MARZO-APRILE 2018

31


DON BOSCO OGGI

A “Ciudad Don Bosco” in Colombia si generano i costruttori della pace UNA CITTADELLA DI FRONTIERA PER EDUCARE

Sei giovani Colombiani posano per la foto ricordo sullo sfondo di una verdeggiante baia. Volti allegri che lasciano trasparire la fierezza per il loro Paese e la serenità di un momento di libertà. Un’immagine come tante: turisti spensierati in una giornata di sole, amici che stanno visibilmente bene insieme. Due di quei giovani compare in un’altra fotografia, insieme con altri tre compagni. Lo sfondo è quello di un murale in cui sono rappresentati altri due volti, uno di questi è un “Don Bosco”. Qui il gruppo sembra esprimere un’altra fierezza: quella per qualcosa che stanno 32

MARIA AUSILIATRICE N. 2

facendo insieme. Cos’hanno in comune Carlos e Jessica – usiamo nomi fittizi – con gli altri giovani che sono stati ritratti con loro in due contesti distinti? La risposta viene da Medellin, seconda metropoli della Colombia dopo la capitale Bogotà. Li si trova una cittadella salesiana in cui sono accolti adolescenti e giovani che necessitano di un particolare supporto per la loro crescita. Si chiama Ciudad Don Bosco, ed è il centro scelto dal governo del Paese per affrontare la sfida più grande: l’accoglienza e il reinserimento di coloro che furono soldati negli anni della guerra civile. Percorsi educativi che necessitano di una delica-

tezza speciale e di una buona dose di protezione. GIOVANISSIMI “CRESCIUTI” NELLA VIOLENZA

La Colombia ha vissuto oltre cinquant’anni di lotta fratricida: da un lato il governo centrale, dall’altro i guerriglieri che hanno conquistato intere regioni della Colombia. Se le politiche nazionali sono state condizionate da interessi esterni e da corruzioni interne, chi vi si contrapponeva imbracciando le armi non è stato esente da pratiche di violenza gratuita e da finanziamenti del narcotraffico. Esercito regolare e Fuerzas armadas Revolucionarias de Colombia (Farc) hanno combattuto senza riguardo


DON BOSCO OGGI

ni politiche della lotta armata, quelle successive si formavano sempre più sull’inerzia della contrapposizione di campo e sul ricatto quotidiano. Una volta valicata la sottile linea di confine fra il proprio paese e la boscaglia, era troppo tardi per capire di trovarsi in un meccanismo sorretto da ferree regole, da gerarchie arroganti, da minacce di morte ai “traditori”.

ai civili, insinuando nei villaggi e nelle famiglie i germi dell’odio e della vendetta. Si calcolano oltre 260mila morti, 45mila desaparecido, 6,9 milioni di sfollati. Le ultime generazioni sono nate e cresciute assumendo col latte materno la disperazione per quella che sembrava una situazione senza vie di uscita, incontrando miseria e violenza, subendo l’uccisione di parenti e di vicini. Un fenomeno fra i più drammatici è stato l’arruolamento di minori nelle file delle Farc: affascinati dal mito del guerrigliero, abbagliati dall’odio scaturito da offese subite, costretti sotto minaccia a valicare il fronte, giovani, adolescenti, ragazzi e persino bambini – maschi e femmine – sono stati inquadrati nei plotoni dell’esercito rivoluzionario. A mano a mano che si esaurivano le generazioni dei primi combattenti e si perdevano nella nebbia le motivazio-

UNA DIFFICILE PACIFICAZIONE IN CORSO

Jessica e Carlos si sono travati anch’essi in quella prigione, hanno imparato a obbedire al comandante senza nulla obiettare, hanno visto uccidere i commilitoni in fuga, sono stati costretti ad uccidere a sangue freddo un parente non compiacente con la “rivoluzione”. Jessica e le sue compagne sono state costrette a far parte dell’harem dei leader, ad abortire più volte. Nel 2016 è stata finalmente interrotta la contrapposizione armata fra istituzioni e guer-

riglia: il nuovo presidente colombiano Juan Manuel Santos ha ottenuto la sottoscrizione di un accordo con le Farc. Alle trattative, conclusesi a L’Avana, ha dato supporto la Chiesa cattolica. Santos ha guadagnato l’appoggio dell’opinione pubblica internazionale che lo ha portato all’assegnazione del Premio Nobel per la Pace: riconoscimento ma soprattutto incoraggiamento a proseguire in un’azione che la maggioranza dei Colombiani vive però con sospetto e scarsa disponibilità al perdono reciproco. A Ciudad Don Bosco Jessica e Carlos hanno trovato una comunità guidata da don Rafael Bejarano che li accompagna nella difficile ricostruzione della loro identità e nel reinserimento nella società. Sono loro a testimoniare a sé stessi e a tutti i Colombiani che la pacificazione è impegnativa e dolorosa, ma che il futuro chiede la piena la riconciliazione dei cuori e delle menti. ANTONIO LABANCA redazione.rivista@ausiliatrice.net


DON BOSCO OGGI

YUBI Il primo film d’animazione per il Grest e l’Estate Ragazzi

La pellicola è stata realizzata interamente a Padova ed è pensata per accompagnare l’animazione e la formazione dell’estate 2018 di parrocchie, oratori e diocesi. YUBY – I Custodi delle Luci è il primo film d’animazione tutto italiano realizzato per gli oratori, le parrocchie, i campi scuola come supporto all’attività di animazione e formazione del periodo estivo. È stato pensato e prodotto da Oragiovane, realtà attiva da anni nella progettazione e realizzazione di sussidi e per l’animazione e strumenti per l’edu-entertainmet nel mondo giovanile a servizio di 34

MARIA AUSILIATRICE N. 2

associazioni, parrocchie, oratori e scuole. SUPERARE LE RIVALITÀ E COSTRUIRE AMICIZIA

La storia di Yubi porta bambini e animatori in un’antica valle del Giappone, abitata da due piccoli villaggi rivali dove Kaeru – lo spirito della paura – alimenta la loro rivalità e si nutre dei loro sospetti, in attesa di conquistare il tempio di Yubi al centro della valle, ultimo ostacolo al regno dell’oscurità. Ichiro e Rui, due ragazzi appartenenti ai villaggi rivali, vengono scelti da Shiro –


DON BOSCO OGGI

lo spirito della scimmia – per ritrovare le quattro luci del tempio di Yubi andate perdute: soltanto il loro potere potrà fermare Kaeru e riportare la pace nella valle. I due ragazzi dovranno superare mille insidie e difficoltà e si troveranno ad affrontare l’ostacolo più grande che si nasconde nel loro cuore: la diffidenza e la mancanza di fiducia reciproca. Guidati dagli spiriti delle luci, Ichiro e Rui impareranno lentamente a fidarsi l’uno dell’altra, “uscendo” dai loro pregiudizi e aprendo il cuore all’accoglienza “dell’altro”, per scoprire il legame che supera le rivalità e costruisce un mondo nuovo: l’amicizia. Negli ultimi anni, – racconta Luca Baldi, presidente di Oragiovane – con l’evoluzione delle tecniche e dei canali di comunicazione gli strumenti editoriali tradizionali – sussidi per la formazione e l’animazione – sono stati affiancati da nuovi strumenti che viaggiano sui canali new media: portali web, applicazioni mobile, audiovisivi, etc. Abbiamo ragionato su un possibile modello nuovo, che permettesse all’esperienza estiva oratoriale di “uscire fuori” – continua Baldi – per abbracciare tutti quegli ambienti che spesso come cattolici non abitiamo, e che sempre più spesso sono i luoghi dove i bambini e ragazzi abitano: il mondo digitale e cross-mediale. Se il nostro oratorio è luogo fisico di esperienze autentiche di relazione, gli ambienti digitali possono rappresentare un’opportunità di incontro che possa mettere in relazione la rete digitale con l’oratorio fisico.

SCENEGGIATURA ORIGINALE CON TEMI EDUCATIVI

Il film di animazione YUBY – I Custodi delle Luci, della durata di 70 minuti circa, è realizzato con la tecnica della modellazione tridimensionale. È il risultato di uno studio e di un’analisi approfondita delle tecniche di animazione tradizionale degli anime giapponesi tradotta per il mezzo tridimensionale. Il progetto è iniziato nel marzo 2017 con l’ideazione e sviluppo di una sceneggiatura originale che veicolasse il tema educativo dell’anno nella maniera più efficace. È proseguito poi con il character design, la modellazione dei personaggi e degli scenari, la registrazione delle voci e si concluderà nei prossimi giorni con la messa in scena, l’animazione e la finalizzazione di tutti gli elementi compreso il sound effects. L’idea di fare evolvere il Sussidio Estivo in un vero e proprio film di animazione – racconta Lorenzo Giol, regista della pellicola e anche lui con un passato da animatore – mi ha da subito stimolato. Il poter veicolare i valori cristiani e messaggi educativi con uno strumento narrativo di forte impatto per creare un maggiore entusiasmo e coinvolgimento nei bambini e ragazzi raggiunti. Il valore che è alla base del film, che è anche quello dell’omonimo sussidio estivo, è l’amicizia in relazione al concetto cristiano di Grazia, suggerita da Papa Francesco come il cuore del tema della GMG 2018: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30).

TEASER

ESTRATTO CLIP

Per avere maggiori informazioni è possibile seguire la pagina ufficiale #Oragiovane su Facebeook, visitare il sito www.oragiovane.it, scrivere a info@oragiovane.it o telefonare allo 049 0964534. A questi link è possibile vedere il teaser e un estratto della pellicola:

EMANUELE PICA redazione.rivista@ausiliatrice.net

MARZO-APRILE 2018

35


DON BOSCO OGGI

Essere accompagnati per accompagnare La strenna del 2018 del Rettor Maggiore per la Famiglia Salesiana ha per motto: «Signore, dammi di quest’acqua» (Gv 4,15). Coltiviamo l’arte di ascoltare e di accompagnare  Vogliamo offrire sia le testimonianze di alcuni giovani dell’ADMA, che raccontano il loro essere accompagnati, e l’esperienza di Primi passi in famiglia, una proposta di accompagnamento dei giovani fidanzati e degli sposi nei primi anni di matrimonio, promossa dall’ADMA Famiglie. IN ASCOLTO DEI GIOVANI

Ringrazio il Signore per avere avuto sempre accanto a me la Famiglia Salesiana, fin da piccola. Ciò che ho sperimentato da quando, ormai 10 anni fa, mi sono avvicinata alla realtà dell’ADMA, è la costante vicinanza di tante famiglie che si prendono cura di noi giovani, ci ascoltano, ci danno consigli preziosi per compiere le scelte quotidiane e maturare nella Fede. Questo 36

MARIA AUSILIATRICE N. 2

è un dono meraviglioso! Mi ha sempre scaldato il cuore essere seguita dal mio padre spirituale, don Roberto. Sentire la sua presenza e sapere di camminare con lui nella vita mi fa sentire guidata e protetta. È un Dono grande crescere insieme a lui e a tanti sacerdoti e FMA. Mi sento accompagnata in modo molto paterno da loro, sapendo che pregano per me e con tanta delicatezza mi aiutano a capire come affrontare ciò che la vita mi propone e a realizzare il progetto che Dio ha sognato per me. (Elisabetta) L’accompagnamento è stato fondamentale per ciascuno di noi nei passaggi decisivi delle nostre vite e, quando ci siamo trovati a vivere la


DON BOSCO OGGI

PRIMI PASSI IN FAMIGLIA

coppia, è nato in noi il desiderio di confrontarci con qualcuno. L’ascolto è un elemento primario in colui che si affianca ai giovani e se questo viene curato aiuterà a far sorgere domande. Crediamo infatti che essere accompagnati non sia un cercare risposte, ma quanto più un aiuto nel porsi le domande giuste per camminare e scoprire man mano il progetto di Dio. A volte occasioni come un semplice invito a cena da una famiglia amica hanno aiutato ad aprirsi al dialogo e alla conoscenza reciproca, facilitando la formazione di punti di riferimento e di confronto. Chi è chiamato ad accompagnare deve essere come un vetro trasparente, come una finestra da cui lascia filtrare la luce di Dio. Se si è opachi si rischia di non far arrivare la luce al giovane. Occorre arrivare a tutti i giovani e aiutarli a puntare sempre in alto; per fare questo bisogna anche sporcarsi un po’ le mani con coloro che sono più in difficoltà. (Giulia e Alessandro)

Sabato 27 gennaio 2018, presso l’Istituto Internazionale “Don Bosco” di Torino-Crocetta, ha avuto inizio la seconda edizione di Primi Passi in Famiglia, un ciclo di 4 incontri promossi dall’ADMA Primaria di Torino, rivolto alle coppie di sposi ai primi anni di matrimonio e ai fidanzati ormai vicini alle nozze. A questo primo incontro hanno partecipato 21 giovani coppie, accompagnate da sposi che seguono il cammino dell’ADMA Famiglie. Con una catechesi dal titolo Un’alleanza nella luce di Dio, don Andrea Bozzolo, SDB, a partire dal testo di Genesi 2,18-25 ci ha aiutato a riscoprire la grandezza della vocazione al matrimonio, visto come un’alleanza nella quale si gioca l’identità più profonda dell’uomo e della donna, e come una relazione attraversata dalla presenza di Dio. Le parole di don Andrea ci hanno stimolato a riscoprire che ciascun coniuge con la sua singolarità insostituibile è un dono per l’altro e a non dimenticare che Dio non si aggiunge alla coppia come una realtà che la arricchisce, ma ne costituisce il mistero fondante! Dopo un tempo di silenzio per la riflessione personale e di coppia abbiamo avuto un bel momento di condivisione e scambio in piccoli gruppi, e a seguire la Santa Messa. Vogliamo dire grazie a Maria Ausiliatrice per questa preziosa opportunità e affidarle le prossime tappe di questo cammino!

ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE

GIANLUCA E MARIANGELA SPESSO redazione.rivista@ausiliatrice.net

MARZO-APRILE 2018

37


DON BOSCO OGGI

« Questa è la mia casa, da qui la mia gloria!» Storia della costruzione della Basilica di Maria Ausiliatrice (prima parte) Celebrando il 150° di consacrazione della Basilica di Maria Ausiliatrice (8 giugno 2018)

38

MARIA AUSILIATRICE N. 2

Agli inizi del 1860 don Bosco vagheggiava la costruzione di una chiesa di dimensioni più ragguardevoli di quella di San Francesco di Sales. I motivi erano dei più diversi, non ultimo l’angustia di quest’ultima chiesa. Così si esprimeva con don Paolo Albera una sera del dicembre del 1862: «Io ho confessato tanto e per verità quasi non so che cosa abbia detto o fatto, tanto mi preoccupa un’idea, che distraendomi mi traeva irresistibilmente fuori di me. Io pensavo: la nostra chiesa è troppo piccola; non contiene tutti i giovani oppure vi stanno addossati l’uno all’altro. Quindi ne fabbricheremo un’altra

più bella, più grande, che sia magnifica. Le daremo il titolo: Chiesa di Maria SS. Ausiliatrice. Io non ho un soldo, non so dove prenderò il danaro, ma ciò non importa. Se Dio la vuole si farà»1. Con quel plurale “fabbricheremo”, detto a uno che sarà il suo secondo successore, egli parve andare oltre all’opera propria, impegnandovi anche coloro che sarebbero venuti dopo di lui. Se infatti i due primi aggettivi stavano bene applicati alla forma primitiva del sacro edificio, il terzo doveva avere la sua piena attuazione più tardi. Qualche tempo dopo, toccando lo stesso argo-


allora a quella Matrona, la quale mi disse: – Ecco del locale; e mi fece vedere un prato. – Ma qui non c’è che un prato, diss’io. Rispose: – Mio figlio e gli Apostoli non avevano un palmo di terra ove posare il capo. Incominciai a lavorare in quel prato ammonendo, predicando e confessando, ma vedevo che per la maggior parte riusciva inutile ogni sforzo, se non si fosse trovato un luogo recinto e con qualche fabbricato ove raccoglierli e ove ritirarne alcuni affatto derelitti dai genitori e respinti e disprezzati dagli altri cittadini. Allora quella Signora mi condusse un po’ più in là a settentrione e mi disse: – Osserva! Ed io guardando vidi una chiesa piccola e bassa, un po’ di cortile e giovani in gran numero. Ripigliai il mio lavoro. Ma essendo questa chiesa divenuta angusta, ricorsi ancora a Lei, ed Essa mi fece vedere un’altra chiesa assai più grande con una casa vicina. Poi conducendomi ancora un po’ d’accanto, in un tratto di terreno coltivato, quasi innanzi alla facciata della seconda chiesa, mi soggiunse: – In questo luogo dove i gloriosi Martiri di Torino Avventore ed Ottavio soffrirono il loro martirio, su queste zolle che furono bagnate e santificate dal loro sangue, io voglio che Dio sia onorato in modo specialissimo.

DON BOSCO OGGI

mento con il chierico Anfossi, uscì nelle seguenti espressioni: «La chiesa sarà molto ampia. Qui verranno molti a invocare la potenza di Maria Vergine». Parole che sanno di profezia. Vedeva inoltre la convenienza di dare un luogo di culto alla gente dei dintorni perché Valdocco, da periferia quasi rurale, era diventata un quartiere urbano. Anche per la chiesa di Maria Ausiliatrice diverse furono le indicazioni che don Bosco ebbe dall’alto attraverso sogni e visioni. Di particolare interesse è il sogno da lui narrato a don Giulio Barberis e a don Giovanni Battista Lemoyne nel 1875. «Mi sembrò di trovarmi in una gran pianura piena di una quantità sterminata di giovani. Alcuni rissavano, altri bestemmiavano. Qui si rubava, là si offendevano i buoni costumi. Un nugolo di sassi poi si vedeva per l’aria, lanciati da costoro che facevano battaglia. Erano giovani abbandonati dai parenti e corrotti. Io stavo per allontanarmi di là, quando mi vidi accanto una Signora che mi disse: - Avanzati tra quei giovani e lavora. Io mi avanzai, ma che fare? Non vi era locale da ritirarne nessuno; volevo far loro del bene: mi rivolgevo a persone che in lontananza stavano osservando e che avrebbero potuto essermi di valido sostegno, ma nessuno mi dava retta e nessuno mi aiutava. Mi volsi

ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE

Così dicendo, avanzava un piede posandolo sul luogo ove avvenne il martirio e me lo indicò con precisione. Io volevo porre qualche segno per rintracciarlo quando un’altra volta fossi ritornato in quel campo, ma nulla trovai intorno a me; non un palo, non un sasso; tuttavia lo tenni a memoria con precisione. Corrisponde esattamente all’angolo interno della cappella dei SS. Martiri, prima detta di S. Anna al lato del vangelo nella chiesa di Maria Ausiliatrice».2 AMDA – PRIMARIA redazione.rivista@ausiliatrice.net

1. Memorie Biografiche, vol. VII, pp. 333-334 2. Memorie Biografiche, vol. II, pp. 298-299. MARZO-APRILE 2018

39


DON BOSCO OGGI

Insalata di cavolfiore crudo • UN CAVOLFIORE MEDIO • UNA MANCIATA DI UVA PASSA • UNA MANCIATA DI PINOLI • UNA MANCIATA DI DADINI DI PARMIGIANO • UNA MANCIATA DI GHERIGLI DI NOCE • OLIO E SUCCO DI LIMONE • TAGLIARE A PEZZI IL CAVOLFIORE E METTERLO A BAGNO IN ACQUA E BICARBONATO PER MEZZ’ORA. • RISCIACQUARLO ACCURATAMENTE, ASCIUGARLO E DIVIDERLO IN CIMETTE PICCOLISSIME. SISTEMARLO IN UN’INSALATIERA. • AGGIUNGERE L’UVETTA AMMOLLATA, LAVATA E STRIZZATA, I PINOLI, LE NOCI, IL PARMIGIANO. CONDIRE CON OLIO, SALE E SUCCO DI LIMONE.

40

Tra il sacro del concerto e il profano del vin brulé offerto al pubblico, sono ufficialmente partiti i festeggiamenti per il 150° compleanno della nostra Basilica, la sera del 20 gennaio scorso, a conclusione delle giornate di spiritualità della Famiglia Salesiana, per la prima volta condotte a Valdocco. Sceso dai colli astigiani all’incanto di un sogno, il povero contadino diventato prete si aggirava nella grande città ostile con uno stuolo di ragazzi rumorosi e malvestiti. Nelle prime tappe dell’Oratorio itinerante aveva sognato una chiesa e un cortile. Era certo che da qualche parte esistessero, ma dove? I sacerdoti suoi collaboratori lo ritennero pazzo e tentarono di internarlo in manicomio, ma non ci riuscirono... e che figuraccia fecero! Ma una misteriosa Signora, in sogno, gli indicò un luogo: Valdocco, il peggiore che si potesse immaginare. La stessa Signora lo confortò, dicendo che dal male Dio può suscitare il Bene. Il sogno poi si fece più preciso. La Signora posò

MARIA AUSILIATRICE N. 2

il piede sul terreno, rivelando che si trattava del luogo in cui erano morti i primi martiri cristiani di Torino. E apparve nitido il grande santuario, con la scritta: «Hic domus mea, inde gloria mea». Non sarebbe stato facile, tra il 1864 e il 1868, tempo da record, realizzare la costruzione, cresciuta a furia di questue, lotterie, offerte della povera gente. «Ha fatto tutto Lei» avrebbe esclamato don Bosco, dopo aver lottato e superato tutti gli ostacoli «con la sua ciaira volontà paisa-na», come ha detto un poeta piemontese. Aveva usato i sogni come progetti di vita, trasformando la tetra Vallis Occisorum nella cittadella dell’accoglienza e della gioia. Nella realtà di oggi, stipati in quella Chiesa sognata, mentre cantiamo Don Bosco ritorna, sentiamo di essere stati parte di quel sogno. Ed è una cosa grande. Poiché i cavoli sono stati protagonisti di una famosa omelia oratoriana, festeggiamo con l’insalata di cavolfiore. ANNA MARIA MUSSO FRENI redazione.rivista@ausiliatrice.net


Ricordiamo che la prima santa Messa quotidiana celebrata nella Basilica di Maria Ausiliatrice

è officiata per tutti i benefattori dell’opera salesiana. La redazione

Il conto corrente postale inserito in ogni numero, mentre serve all’ufficio spedizione come etichetta di indirizzo, vuole facilitare il lettore che volesse fare un’offerta.

Se desideri ricevere la rivista compila il box, spedisci in busta chiusa e affrancata o via fax o email a:

Rivista Maria Ausiliatrice – Via Maria Ausiliatrice 32 – 10152 Torino Fax: 011.5224677 – email: diffusione.rivista@ausiliatrice.net Per le tue offerte: BancoPosta n. 21059100 – IBAN: IT 15 J 076 0101 0000 0002 1059 100

assegno bancario intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice Credit Card su PayPal: http://rivista.ausiliatrice.net/abbonamento

COGNOME E NOME _________________________________________________________________________________________________________ VIA ____________________________________________________________  FRAZ. ___________________________________  N. _______________ CAP _________________  CITTÀ _____________________________________________________________________________  PROV. ___________ E-MAIL ____________________________________________  TELEFONO ____________________________  DATA DI NASCITA __________________

Grazie.

FIRMA __________________________________________________________________

I dati forniti dal Cliente saranno inseriti negli archivi elettronici e cartacei della Rivista Maria Ausiliatrice e sono obbligatori per adempiere all’ordine. I dati non verranno diffusi né comunicati a terzi, salvo gli adempimenti di legge, e saranno utilizzati esclusivamente dalla rivista, anche per finalità di promozione della stessa. Si possono esercitare i diritti di cui all’art. 7 D. Lgs 196/03 “Codice della Privacy” rivolgendosi al titolare del trattamento: Parrocchia Maria Ausiliatrice – Rivista Maria Ausiliatrice, con sede in Torino, Piazza Maria Ausiliatrice 9 – 10152. Al medesimo soggetto vanno proposti gli eventuali reclami ai sensi del D. Lgs. 185/99.

MARZO-APRILE 2018


In caso di MANCATO RECAPITO inviare a: TORINO CMP NORD per la restituzione al mittente: C.M.S. Via Maria Ausiliatrice 32 10152 Torino, il quale si impegna a pagare la relativa tassa.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.