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CAPITOLO SECONDO IL CORPO SPECIALE ITALIANO IN ALBANIA

Una spedizione in Albania era già stata presa in considerazione dal Governo italiano sin dal 1911 per fare da contraltare all'occupazione della Bosnia- Erzegovina da parte dell'Austria- Ungheria. Lo Stato Maggiore dell'Esercito, interessato allo studio, aveva previsto il possibile invio di un corpo di spedizione su due divisioni e supporti vari, per complessivi 38.000 uomini e 60 bocche da fuoco, agli ordini del gen. Cadorna. La cosa poi non ebbe seguito a causa dell'insorgere delle guerre balcaniche e per le trattative diplomatiche che ne conseguirono. Nel settembre del 1914, però, considerando gli avvenimenti in corso in Albania, il Governo italiano, presieduto dall'an. Salandra, venne nella determinazione di occupare Valona con un reggimento di fanteria ed una batteria da montagna, per impedire che cadesse in mani altrui. Il nuovo Capo di S. M., generale Cadorna, replicava il 27 settembre al Ministro della Guerra che (l ):

- premessa per una spedizione del genere eta l'assoluta garanzia di un'accoglienza più che favorevole da parte della popolazione di Valona;

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- secondo punto fermo era la sicurezza di non essere trascinati in scontri armati da parte di bande di insorti o pseudo - nazionaliste.

In altri termini, la spedizione eta possibile solo come affermazione dì presenza in un ambiente favorevole e pacificato. In caso differente, tanto valeva inviare l'intero corpo d'armata previsto a suo tempo, tenendo altresl presente che quasi sicuramente lo si sarebbe dovuto alimentare e rinforzare nel tempo con personale, mezzi e materiali. Tale evenienza avrebbe certamente provocato ripercussioni negative sulla mobilitazione generale nell'ipotesi di un inter-

,·ento nella guerra appena iniziata. Il gen. Cadorna era profondamente convinto che l'invischiarsi in una vicenda del genere avrebbe comportato un impegno sempre maggiore di forze e di spesa e la conclusione finale , con un'ahissima probabilità , sarebbe stata o del ripo Libia , dove dopo un 'espansione rapida c facile sino a 900 chilometri dalla costa si era verificata una crisi violenta destinata a ridurre il nostro possesso a Tripoli e ad Homs , oppure del tipo Bosnia, dove l 'Austria, in ben altri rapporti geografici ma in un ambien te umano e naturale assai vicino a que1lo albanese, av ev a dovuto mobilitare 260.000 uomini. Conseguentemente suggerì, volendo proprio fare attO di presenza a Valona, di occupare con un reparto d:;; sba rco l'isol<mo di Saseno che controllava la baia di Valona. Tale sua opposizione esprimeva ancor più nettamente ,jn successive lettere, segnalando il pericolo che l'impresa potesse impegnarci in Albania assai più a fondo di quanto al momento si potesse credere ( 14 onobre) e persistendo «tenacemente a dichiararmi contrario all'attuazione, ora, di tale impresa» (22 ottobre). Il 30 ottobre. mentre il Governo si dimetteva , una compagnia da sbarco della Marina occupava Saseno. Però l'on. Sonnino , nuovo Ministro degli Esteri, tornò alla carica presso il gen. Cadorna, il quale rinnovò le su e obiezioni in una lettera del l O novembre che chiudeva nel modo seg uente (l ) :

« ( ... ) In tutti i casi, tengo a far rilevare tutto i l rischio - che può essere esiziale - insito nella progettata spedizione a Valona. ed a ripetere perciò, sotto il punto di vbta militare, il mio contrario avviso all'effettuazione di essa».

Il governo di Salandra non ritenne giustificate né preoccupazioni né previsioni ed il 29 dicembre inviava a Valona il lOo reggimento bersaglieri con una batteria someggiata ed un nucleo dei servizi principali ( 2 ). Unica cautela accettata erano stati i limiti della zona di occupazione, piuttosro ristretti per evitare possibili scontri con bande locali ad eccessiva distanza dalla città.

Alla fine dell'estate 1915, poco dopo l'entrata in guerra dell 'Italia, la situazione della Serbi a cominciava a profi'larsi seria: la Bulgaria stava per scendere in campo a fianco degli J mperi Centrali con conseguenze drammatiche per il piccolo regno di Pietro I. Nei Balcani si potevano gioca re ancora tre carte: indurre la Romania ad entrare in guerra p er neutralizza re in extremis le velleità bulgare;

(l) L. Cadorna, op. citala, pag. 106.

(2 ) Il distaccamento fu posto :1gli ordini del Comando del corpo d'armata di Bari. Per i servizi fu organizzata una base logistica a Taranto.

Le truppe italiane in Albania ( 1914 -20 e 1939) aiutare militartnente la Serbia ; convincere .Ja Grecia - ove forre era il dissidio fra re Costantino, favorevole ad Austria e Germania, e Venize]os, favorevole invece alla Intesa - ad uscire dall'incertezza per allinearsi contro gli Imperi Centrali. In tutti i casi si trattava, secondo il suggerimento di Venizelos, di inviare in Macedonia un contingente di circa 150.000 uomini . L ' Intesa accolse la richiesta, ma incompleramente e di mala voglia, ed il 5 ottobl'e 1915 la 156' divisione fran cese e la 10 • divisione inglese sbarcavano a Salonicco, primo nucleo dell'Armée d'Orìent, nucleo assai striminzito, in verità, perché mal ridotto dall'impresa dei Dardanelli da cui era reduce. Il ministro Sonnino, pur avendo fatto ogni riserva alla partecipazione italiana, non era alieno dal fornire un contingente di 20-25.000 uomini, eventualmente da recuperare dalla frontiera austriaca, ben valutando il peso delle motivazioni di carattere politico, quali l'aiuto alla Serbia e l'opportunità di non sottrarsi ad un impegno al quale aveva sollecitato Francia ed Inghilterra, cui - tra l'altro - avevamo chiesto aiuto finanziario . Chi era nettamente contrario, invece, era il Ministro della Guerra, geri. Zupelli, proprio con gli argomenti che in precedenza il gen Cadorna aveva usato contro l'intervento in Albania: forti gli oneri militare ed economico ed altissimo il rischio di essere presi in un fatale ingranaggio di continue richieste di rinforzi Per converso, il gen Cadorna, in qu esto caso, era di avviso diametralmente opposto perché dall'Albania) regione povera, priva dì strade, alpestre, atta alla guerriglia, con la quale poche forze ne m iche potevano paralizzarne molte delle nostre, non si esercitava nessun influsso sulla guerra europea; perciò le forze colà inviate erano perdute ai fini generali della guerra ed ai fini particolari del nostro teatro di guerra in I talìa. Invece le forze inviate in Macedonia erano bensì sottratte al nostro teatro di guerra, ma dovevano richiamare sopra di loro almeno altrettante forze nemiche, e concorrevano al raggiungimento di alti scopi politici e militari ( l ). In tale ordine di idee, egli si palesava propenso aU'ìnvio a Salonìcco di una grossa divisione su tre brigate (di cui una da to gliere dalla Libia) e supporti vari per complessivi 30.000 uomini (2). Questo concetto di impiego delle forze del gen. Cadorna rimarrà costante: tutto a favore dello sforzo principale, nulla o quasi per quello secondario; l'Mbania era isolata a causa della sua mor.fologia, quindi qualunque impegno diverso da una pii.t o meno simbolica presenza , vi era sterile; la Macedonia, praticamente alle spalle dello schiera- mento austr iaco, consentiva uno sforzo concorrente e di alleggerimento rispetto agli avvenimenti sulla nostra fronte, perciò una spedizione in quel settore non rappresentava dispersione di sforzi. E per la predetta caratteristica dell'isolamento topografico e della mancanza di strade, il gen. Cadorna rifiuterà decisamente anche l'ipotesi di un diretto aiuto alla Serbia attraverso l'Albania. Intanto la situazione evolveva: fra 1'8 ed il 10 ottobre inizi.ava l'attacco concentrico di Austriaci , Tedeschi e Bulgari alla Serbia. Il 9 ottobre il col. de Gondrecomt, capo della missione militare francese, chiese esplicitamente al gen. Cadorna la misura del nostro intervento nei Balcani , menrre analogo passo veniva compiuto dall'ambasciatore francese a Sonnino. La questione veniva sottoposta alla attenzione di Salandra, ma la risposta era negativa sia per le nostre condizioni generali, sia per la prevista nostra offensiva sulla fronte giulia. Cadorna non lasciò cadere la cosa senza puntualizzazione:

« ( ... ) Siccome però ragioni giustificanti estensione concorso nostre ttllp· pe spedizione militare Salonicco hanno essenzialmente caratrere militare e loro ispirazione indubbiamente s&rà attribuita Comando in Capo reputo doveroso confermare quanto reiteraramen re ho rappresentato Governo. Attuali condizioni, profondamente da quelle di un paio di mesi fa, consentirebbero eventuale nostro concorso spedizione oltremare nella misura di 30.000 uomini citca, senza per nulla d i minui re energica nostra azione offensiva sul fronte austriaco da iniziarsi prossimamente >> (l).

Se Sonnino era contrario all ' impresa di Salonicco, non era altrettanto sfavorevole nei confronti di un nostro concorso in Balcania attraverso l'Albania, in modo da assicurare le spalle alla Serbia, ostacolare una possibile avanzata greca verso Berat (e vedremo come questo argomento tornerà presto a galla) e vincolare maggiormente Essad pasdà, posto che costui si era offerto di combattere al nostro fianco con 50.000 armati. Il gen . Cadorna replicava subito:

« Mentre rimango favorevole spedizione a Salonicco o altri punti dell'Egeo esprimo mio parere recisamente contrario ad una spedizione attraverso l'Albania, già notificato verbalmente al Presidente del Consiglio Salandra che meco concordava.

«Albania presenta terreno difficilissimo e catene montane difficoltose, da superarsi senza strade. Non credo possibile creare in breve tempo strade carrozzabili traverso alte e scoscese montagne argillose che comunque non resisterebbero ad un traino prolungato Anche quando esistessero e fossero solide quelle su·ade sarebbero insufficienti per una forte spedizione continuamente esposta alle insidie alle spalle e sui fianchi. Popolazione albanese è infida ma guerriera e maestra nella guerriglia. Perciò Ja spedizione presenta w1 permanente pericolo di disastro che, anche se parziale, obbligherebbe, per

L<' truppe ttaliant' in A l bania ( 1914·20 e 1939) tutela prestigio, ad altre spedizioni in pura pe-rdita, delle quali è impossibile prevedere l'e ntità ( . ). J n conclusione io sconsiglio decisamente tale spedizione.

«Se gli Alleati persistessero ad ingolfarsi in simile ginepr11io co m·errebbe lasciare che corressero l'an·emura a loro r ischio e pericolo. Quanto a Valona dev e bastarci la protezione del golfo cd ho sempre sconsigliato a\'venturarci oltre, per quanto Barone Aliotti abbia incautamente cercaco o cerchi di attirarmi.

<(Torno a consigliare il concorso per ora di 25 o 30 mila uomini da te· nere costantemo::nte a numero e da sbarcare Salonicco od altro punto di sbarco dell 'Egeo per operare d'accordo con alleati da quella parte» (1 ).

Indubbiamente 1l gen. Cadorna era coerente con le proprie convinzioni e difficilmente demordeva, ma altrettanto certamente l'onorevole Sonnino gli era da pari. Infatti il 21 tornò sulla questione di Valona con una lunga lettera ( 2 ), nella quale, premesso di riconoscere i pericoli connessi con le operazioni in Albania, esponeva le ragioni politiche che inducevano ad un'occupazione parziale e temporanea, a titolo di pegno, in vista di due nuovi pericoli: la chiara intenzione dei Greci di spingersi su Valona e Berat e gli altrettanto palesi preparativi francesi per invadere il Korçano, allo scopo di aprire una seconda via di comunicazione per Monastir. Il gen. Cadorna si limitò a rispondere che, prescindendo dall'opportunità politica, campo nel quale era competente il Governo, confermava « parere recisamente contrario, espresso nel mio telegramma precedente (3 ), certo come sono che in tale caso spedizione militare si r;solverebb.-: in disastro » ( 4 ). Tutt'al più riteneva possibile concorrere con la Francia ad un'operazione che sì limitasse ad assicurare un retroterra a V alona contro la Grecia o •l'occupazione dì un centro importante come Tirana o Elbasan, beninteso semplicemente con un limitato contingente di sola fanteria. li l o novembre il ten. col. Girard, capo della missione militare francese presso i l Comando Supremo, consegnò al gen Cadorna una nota con la quale il gen. ]offre chiedeva il suo intervento presso il Governo italiano per realizzare il concorso di rilevanti forze del nostro esercito nella penisola balcanica ed agire di concetto con le truppe anglo - francesi sbarcate a Salonicco. L'intervento italiano era veduto nel modo seguente :

- azione in Albania per coprire le comunicazioni dell'armata serba ;

- azione a Salonicco in accordo con le forze anglo - francesi;

(l) Tele 8)5 data 20 ottobre 1915.

(2) Tclc T. Gab. 1-277/21 ottobre 19.15 - allegato l.

(3) Predetto tele 835 datato 20 ottobre l corpo speciale italiano in Albania miglioramento c protezione delle basi di rifornimento in Adriatico e delle relative vie di accesso.

(4) Tele 849 data 23 ottobre 19>15.

Il gen. Cadorna rispose che la questione dell'evenruale intervento i taliano in Balcania era di esclusiva competenza de.! Governo e perciò l'avrebbe sottoposta all'esame del Presiden te del Consiglio; che, qualora il Governo avesse creduto di decidere la partecipazione di truppe italiane e l'aves!>e interpellato in proposito, non avrebbe saputo consigliare una cooperazione attraverso l'Albania per ragioni militari già ripetutamente espresse al Governo: che, infine, la eventuale nostra compartecipazione sarebbe, sempre dal punto di visra militare, potuta invece avvenire mcdjanre un contingente da sbarcare a Salonicco. Naturalmente il gen. Cadorna informò subito della questione Salandra (l) specificando che « circa l'entità del nostro contingente esso potrebbe essere, nelle attuali condizioni, di una divisione ( quindicimila uomini all'incirca), o costituire la quale dovrebbe concorrere una brigata di fanteria (sei battaglioni) da prelevarsi dalla Tripolitania. Il contingente potrebbe essere grpdatamente elevato, durante l'inverno, fino a raggiungere la costituzione e la forza di un corpo d'armata da mantenersi costantemente a numero » .

Pochi giorni dopo, nell'invia re a Salandra copia del «Rapporto relativo ad un piano d'azione comune degli Alleati in Oriente », portatogli il 4 novembre dal gen . Gouraud da parte del gen. Joffre, insisteva sulla convenienza del nostro concorso nella spedizione alleata a Salonicco , sul cui fronte erano ancora possibili la guerr-a di movimento e la manovra, a differenza d i quant o si srava verificando sul fronte francese, c proseguiva :

« ( ) Quanto alla misura del concorso delle nostre truppe in Orieme, tutto calcolato io stimo che esso potrebbe giungere fino ad un corpo d·armata su tre di\'isioni, sussidiaro da una conveniente aliquota di truppe da montagna, in tot:Jle 60.000 uomini circa ( ). Soggiungo che qualora il Go· verno c redesse di aderire alle proposte della Francia, il nosrro intervento dovrebbe essere subordinato oltreché al debito çoncorso finanziario, anche alla condizione che Inglesi e Francesi ci forniscano ampiamente dei materiali che posseggono a dovizia, c cioè m irragliatrici, lanciabombc, munizioni, e provvedano essi stessi esclusivao cnre a fornite la spedizione di artiglierie di medio e grosso calibro occorrenti, delle quali noi scarseggiamo».

Ma in due successivi colloqui n Rom a (13 e 14 novembre 1915) il gen. Cadorna trovava ii Preside.:1te del Consiglio ed i Ministri degli Esteri, della G uerra e del Tesoro concordemente contrari all'impresa

(l) F. 917 data l novembre 1915. La lettera fu re<:apitata a mano dall'allora cap!tano s.S.M Ugo Cavallc:ro.

[,e truppe italiane in Albania (1914-20 e 1939) di Macedonia e fermissimi invece nel reputare necessario l'ampliamento della testa di sbarco in Albania, anche perché su pressante richiesta del Governo serbo l'Intesa aveva stabilito di organizzare una base di rifornimenti attraverso i porti a1banesi. Dopo un lungo dibattito, fu dunque deciso il congruo rinforzo delle truppe già in loco e la rinuncia all'invio di unità a Salonicco. Il Corpo speciale italiano d'Albania, come fu chiamato, fu posto agli ordini del gen. Bertotti, che aveva notevole conoscenza dell'Albania per esservi stato ripetutamenre fra il 1895 ed il 1905 per ricognizioni generali e parziali. Esso era costituito da:

- Comando brigata «Savona» (rnagg. gen. Guerrini), con il 15" ed il 16° fanteria;

- Comando brigata « Verona)) (magg. gen . Roversi), con l'8Y e 1'86° fanteria; posizione;

47" e 48° reggimento milizia territoriale; uno squadrone cavalleggeri; tre batterie da montagna, due da çarnpagna e sette da reparti del genio; unità dei servizi; oltre, beninteso, ai reparti sbarcati in precedenza. Per quanto ha tratto agli aspetti politici della spedizione, il gen. Bertotti, accompagnato dal ten . col. s.S.M. Egidi e dal maggiore Castaldi, si recò il 25 novembre dal ministro Sonnino per ricevere istruzioni, alla presenza del ministro della Guerra, Zupelli. Secondo il rapporto che il gen. Bertotti inoltrò il giorno seguente al Comando Supremo, Sonnino gli disse, fra l'altro, che

« ( ... ) scopo della spedizione era essenzialmente quello di presidiare quella parte dell'Albania che a noi conviene non sia occupata da altri (limi· tata dallo Scumbi e dalla linea provvisoria di delimitazione concordata con la Grecia dal mare alla Vojussa e rimontando questa a monte di Tepeleni )

(l) e di arrivare sul posto in modo che nessun ahro vi giungesse prima di noi: in linea sussidiaria lo scopo è di porgere ai Serbi quegli aiuti materiali che fosse possibile dar loro.

« Precisava infine in questi tre punti l'opera del Corpo di spedizione: a ) presidiare Valona, Durazzo e l'hinterland necessario alla loro difesa cercando di tenere in collegamento continuo, via terra, i due centri; b) provvedere per quanto fosse possibile al rifornimento dei Serbi, ben inteso senza inviare truppe nell'interno;

( l) Durante i colloqui di Roma, Sonnino aveva sostenuto , ma se"za esito per l'opposizione di Cadorna , l'idea di occupare con 21 bartaglioP.i il tri an gol o Va lona- c) provvedere allo sgombero dei prigionieri austriaci dei quali i Serbi si volessero disfare e c he sembra siano riuniti in alcuni paesi dell ' Albania meri dionale.

« Soggiungeva anche c he secondo il variare delle circostanze di fatco avrebbe dovuto anche cambiare l'opera del Corpo di spedizione ( ... ) >>.

Il gen. Bertotti dichiarò di prendere atto della conversazione come direttiva di base per l 'incarico d1e gli era stato affidato, ma che solo sul postO sarebbe stato in possesso degli elementi necessari per le decisioni da prendere «attenendosi essenzialmente ai criteri delle operazioni militari>>.

Dal canto suo, ed in relazione al.le decisioni del Consiglio dei Ministri circa i compiti del Corpo di spedizione (l), il gen. Cadorna si affrettò ad inviare al suo comandante le direttive per l'impresa (2), con le quali prescriveva:

- la dislocazione della divisione : il Comando e due brigate (di cui una territoriale) a Valona, la terza brigata a Durazzo;

- lo scopo da conseguire : assicurare e garantire all'Italia il possesso di Valona e di Durazzo. Era perciò da escl ude rsi in modo assoluto ogn i e qualsiasi altra occupazione stabile nell' interno, pur essendo consentite puntate di piccole colonne mobili a breve raggio per rag ioni di vigilanza e di controllo del paese. Veniva ribad i to, altresì, di non lasciarsi attrarre a nessun costo in azioni oltrepassanti gli stretti limiti segnati dalla necessità di sicmezza delle località occupate.

Senonché il decreto luogotenenzi-ale de l 1° dicembre ( 3) precisava che il comandante del corpo speciale dipendeva esclusivamente e totalmente dal Minis tro della Guerra. Il provvedi mento doveva essere origine di dolorose conseguenze, ad ogni modo il gen. Cadorna ritirò subito l e proprie dire t tive - che poi sostanzialmente furono confermate dal gen . Zupelli - chiedendo di esser e t enu t o al corrente degli avvenimenti di natura milita re e precisando al ministro:

« ( ...) Mi interessa però ricordare che quali che siano direttive di V.E. occorrerà siano in relazione forza attuale corpo spedizione concretata in Consiglio dei Ministri per non sottrarre altri reparri all'esercito operante}> ( 4 )

{l) Cfr lenera perso nale del gen Cadorna al presidente Sab:1dra data 17 novembre 191 5 - allegato 2

(2) F. 1035 data 20 novembre 1915.

(3) Allegato 3. Da rilevare che il gcn . Ber rotti era investitO anche dell'autorità politÌC'& nei territOri in cui agivano le forze italiane La legazio:Je di Durazzo ebbe dispos izioni per tenere stretto contatto col comandante delle truppe.

( 4) Tele 1148 data 5 dicembre 19 ì5 .

Il gen. Bertotti assunse, dunque, il comando di tutte le forze di terra e di mare sbarcate. I servizi d'intendenza del corpo dislocati nelle Puglie (per il momento solo a Taranto), cui fu preposto il ten. col. s.S.M. Bollati, rimasero alle dipendenze del Ministero per i rifornimenti di qualsiasi natura, mentre avrebbero trattare direttamente con l'Intendenza Generale e con la Marina per quanto atteneva a i trasporti ferroviari e marittimi.

Il corpo speciale imbarcò a Taranto il 2 dicembre. Il giorno seguente il primo convoglio arrivava a Valona perdendo un piroscafo, silurato da un sommergibile austriaco proprio all'entrata nella baia. Appena sbarcato il gen . Bertotti si trovò a dover r isolvere due problemi. Il primo era quello della organizzazione difensiva della base di Valona, che risolse conferendo un limitato respiro alla testa di sbarco e dì videndo il territorio in tre settori: il I, dalla foce della Vojussa sino alla confluenza con la Sushica, fu affidato al 10 ° bersaglieri; il II settore , dalla confluenza Vojussa- Sushica a Dorza, fu affidato all'85 o fanteria; il III settore, da Dorza al mare, passando per m .Kuzesi, Smoktina, m.Kìore, all '86 • fanteria. Il secondo problema era quello di Durazzo . Durant e la sosta a Taranto per l'approntamento della spedizione il Comandante in capo dell'Armata navale aveva r appresentato che il previsto trasporto via mare di truppe a Durazzo presentava molti pericoli, data l'insicurezza della navigazione nel basso Adriatico . Di conseguenza il gen. Bertetti prese la decisione di mandare la brigata Savona (meno il 16" fanteria, non an cora disponibile), al comando del gen . Guerrini, a Durazzo via terra. Di ciò dette comunicazione al Ministero della Guerra ed al Comando Supremo, chiedendo d'urgenza un equipaggio da ponte. Bisogna convenire che l'iniziativa del gen . Bertotti non era poi tanto avventata . Convintosi dell'opportunità di rinunciare al trasporto vi.a mare, ·sapendo di dover inviare una brigata a Durazzo, conoscendo di persona l'ambiente in cui si trovava, reputò normale assumere la responsabilità della decisione del trasferimento per via ordinaria, ritenendo che ta:le operazione presentasse, è vero, un notevole disagio, ma, sotto l'aspetto della sicurezza, non offrisse motivi di particolare dubbio. Perciò il 4 dicembre (l), dopo aver preso le .predisposizioni riten u te necessarie - contatti con alcuni conventi di preti ortodo!".si dislocati lungo la strada, costituzione di una base secondaria a Fieri, preavvisi a capi locali per acquisto di derrate, assoldamento di gruppi albanesi ( l ) - la colonna fu avviata sul lungo e disag..::volc cammino verso Durazzo, dove entrò il 19 dicembre.

(l) Lo stesso giorno il Ministro di Serbia a Roma interveniva presso Sonnino di mandare sollecitamente truppe a Durazzo, magari un solo reggi· mento, per rassicurare le popolazioni e fermare l'agitazione sobillata da agenti stro·bulgari.

Se agli occhi d el gen. Berrotti la marcia v1a ter1·a non aveva presentato molti rischi ed anzi, tutto sommato, aveva consentito di conoscere bene quell'itinerario anche- ai fini dell'eventuale ripiegamento, a quelli del gen. Cadorna apparve sotto una luce completamente differente. Costui. fermo nel considerare la spedizione in Albania come elemento di diversione non utile, aveva raccomandato al Consiglio dei ministri - e la raccomandazione era stata raccolta - di evitare assolutamente qualunque penetrazione verso l'interno, foriera di impegni di truppe a sostegno di unità spinte fuori delle due basi ed inopinatamente attaccate da bande irregolari e conseguente causa di indebolimen to dei predetti presidi. O rbene, avven en do in ter ritorio aperto e prima ancora che la base di Durazzo fosse o rg anizzata, la marcia da Valona a Durazzo era, a suo avviso, ragguagliabile ad una penetrazione v erso l'interno e perciò costituiva imperdom·bile imprudenza. Naturalmente il gen. Cadorna lamentò l'accaduto con il ministro Zupelli - informando però subito il Presidente del Consiglio - in una lettera ( 2) nella quale, premesso che, pur riconoscendo la dipendenza del corpo speciale dal Ministero della Guerra, non riteneva di potersi -disinteressare dell'andamento delle operazioni militari per le possibi.Ji ripercussioni sullo scacchiere italiano, ricordava come nel Consiglio dei ministri nel quale era stata decisa la spedizione fosse stato accettato il criterio di escludere ogni avventura verso l'interno . Stando così le cose, esprimeva la sua preoccupazione:

« ( ) Debbo perciò rilevare che se le comunicazioni fra l'halia e Durazzo dovessero , come ora avviene per le insidie marittime, passare forzatamente per Valona, e da Valona arrivare a Durazzo per la via di terra. la necessità - che a me pare evidente - di protegger-e il percorso da eventuali minacce che p ossono provenire dall'interno del territorio albanese, richiederà un impiego di truppe che può anche diventare notevolmente superiore alla forza fissata per il corpo speciale, oppu re condurrà acl un rilevance e pericoloso indebolimento dei presidi di Durazzo e di VaJona c, almeno nelle conseguenze, equivarrà ad un 'opcraziÒne nell'interno.

(l) Capo ufficio informazioni del corpo speciale era il magg. Castoldi, che era stato molto tempo in Albania prima della guerra e, conseguentcmcnre. ave\'a buona conoscenza dell"ambiente e di mo lte personalità Da capitano era stato anche con· sigliere di gabineno del principe di Wied.

(2) F. 1152 data 6 dicembre 1915 - allegaro 4.

Le truppe italiane in Albcmia ( J9J4- 20 e 1939)

«Saranno in linea retta 100 km di ca t ri\ issima strada da percorrere e da proteggere (con tre fiumi da attraversare), in gran parte non proteggibile dal mare, esposta ad offese sul fianco orientale . E parlando di offese, voglio accennare non solo alla possibi lità di atti ostili da parte degli Albanesi, ma specialmente all'azione che può, da un momento all'altro esercitare ]a Bulgaria che, con le proprie truppe, si avvicina minacciosamente ai confini albanesi premendo sui resti dell'esercito serbo in ritirata ( ... ) ». ed insisteva nella viva raccomandazione che la spedizione non si trasformasse in un pericoloso sperpero di forze. Il gen. Zupellì avvertì l'assHlante timore del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito ed evidentemente lo condivise perché il giorno successivo telegrafò al gen. Bertotti:

<< { ) rilevasi tendenza espansione ad operazioni larga scala che non sono negli intendimenti del Governo. E' opportuno ricordare modo ben chiaro che, giusta intendimenti Governo, è primo compito essenziale di codesto corpo assicurare saldamente possesso Valona; in secondo luogo occupare Durazzo pe.r motivi e finalità prevalentemente politici. Detta occupazione, pertanto, dovrà farsi modo da evitare sorprese o situazione difficilmente sostenibili con forza ivi disraccara, ossia dovrà effettuarsi previe concrete notizie sulle complesse condizioni di ambiente che stiano ad escludere eventualità gravi conseguenze cui non fosse poi possibile provvedere in tempo con mezzi adeguati. Comunque sono da evitare in modo assoluto altri nostri interventi all'interno Albania ( ) » (l).

A sostegno della diffidenza del gen. Cadorna nelle implicazioni della spedizione valga la questione Berat, sorta a distanza di appena una settimana dalla direttiva ministeriale che parlava di « evitare in modo assoluto altri nostri interventi nell'interno Albania».

Il 15 dicembre, infatti, il ministro Z upelli scriveva al gen. Cadorna:

«E' pervenuto a questo Ministero - trasmesso dal Ministero degli Esteri - l'unito promemoria, nel quale si prospetta la eventualità della occupazione di Berat da parte della Grecia.

«Tenuto conto della ristrettezza del tempo si è telegrafato al tenente generale Bertotti, invitandolo a fare i relativi studi locali, a fornire gli elementi di fatto circa le condizioni attual i della viabilità fra Valona e Berat, e circa l'emità delle forze occorrenti per il caso si dovesse addivenire alla occupazione di Berat stessa. Frattanto mi tornerà gradito di conoscere l'illuminato giudizio di V. E. dal punto di vista militare, ammesso che ragioni politiche imprescindibili fossero per consigliare l'occupazione od imporla( ... )» (2).

(l) Tele 72142 data 7 dicembre 1915 - allegato 5. Da notare cbe soltanto adesso il gen. Benoui riceve le direttive dal Ministero della Guerra in sostiruzione di quelle del gen. Cadorna, da questi annullate.

(2) F. 7901 data 15 dicembre 1920.

Il promemoria del Ministero degli Esteri, fondato su nou:r.te di varia provenienza fornite da Durazzo, poneva in evidenza l'in· tenzione inequivocabile - dati i precedenti delle bande epirote di Zografos - della Grecia di proseguire nel sisrema del fatto com· piuto anche per Berat e la Musakia, ritenendo che con ogni proba· bilità la pace nei Balcani sarebbe stata realizzata a base di fatti com· piuti, nessuna Potenza avendo voglia di fare una nuova guerra per obbligare un qualunque Stato ad evacuare i terdtori arbitra· riamente occupati. Ora, se Valona fosse diventata un'enclave in territorio greco avrebbe perduro ogni valore. Ne derivava l'inre· resse italiano di prevenire Atene occupando subito Berat. Naturalmente il Comando Supremo doveva pronunciarsi sul lato tecni· co · militare, e principalmente sulla possibilità di tenere Berat con· tro un eventuale attacco ellenico. La risposta fu in linea con quanto sempre sostenuto: l'occupazione sicura di Bcrat e la difesa sicura della sua linea di comunicazione comportavano forze che il Corpo di spedizione non aveva e che non era possibile inviargli; di correre il rischio e mandare poche truppe non era assolutamente il caso, anche perché fatalmente ai primi segni premonitori di disastro si sarebbe stati costretti ad inviare quanto era sotto mano sotto l'assiHo dell'urgenza e quindi con carenza di organizzazione; la Grecia poteva e doveva essere tenuta tranquilla con minacce esplicite di rappresaglie (l). Nel fmttempo, il gen. Bertotti, a sua volta interpellato dal Ministro, si dichiarava favorevole all'iniziativa su Berat, ma chiedeva un altro di fanteria, un battaglione alpini, una batteria someggiata e due compagnie del genio. Cadorna non perse l'occasione:

« Ho letto telegramma generale Bertotti et come facilmente prevedevo siamo già al principio delle richieste di truppe di cui nessuno può misurare il termine stop confermo quindi più che mai conclusioni mia lettera numero 1212 ieri sera spedita a V . E. et che le giungerà stamani» (2).

La parola passò allora al Presidente del Consiglio, Salandra, che comunicò le decisioni del Governo al Capo di Stato Maggiore in ql1esti termini:

« li della Guerra mi ha comunicato una nota di V. E. in data 16 corrente nella quale si da parere contrario alla occupazione di Berat stop aderendo alle considerazioni di V. E. ed anche perché la situazione è mutata abbiamo rinunciato al proposito di occupare Berat stOp ma è risoluzione ir-

{l) F. 1212 d ara 16 dicembre 1915 · allegato 6. (2) Tele 1216 data 17 dicembre 1915.

Le truppe italiane in Albania { 1914 - 20 e H)]'}) - --- revocabile di Governo che sia mantenuto in qualunque ipott:si il possesso di Valona swp difatti lo abbandono di Valona darebbe un colpo fatale al nostro prestigio \' erso i nemici et \'erso gli alleati ed anche all ' interno stop ciò premesso et per parare ad ogni e\ entualità riteniamo indispensabile avere ancora una brigata pronta, non da spedirsi subito a Valona ma da pronta in luogo d'imbarco donde possa rapidamente raggiungcre Valona se questa fosse minacciata stop prego perciò vivamentc V. E. di volere aderire alle proposte che a tale fine le rivolgerà S. E. il Ministro della Guerra » (l).

Però il successivo telegranuna del ministro Z upelli diceva qualcosa di più, di aver, cioè, telegrafato al gen Bertotti il 18 perché « raccolga dove e come meglio ritenga opportuno colonna Guer· rini e limiti essenziale proprio compito rafforzare e tenere modo assoluto nostro possesso V alona, visto che situazione serba ed albanese ha tolto il suo valore iniziale all'obbiettivo di Durazzo » (2). Il commento del gen. Cadorna fu di soddisfazione per l'abbandono dell'idea di occupare Berat e di rammarico per la rinunzia a Durazzo: « duolmi soltanto che rinunzia obiettivo marcia colonna Guerrini avvenga così tardi et sotto pressione. avvenimenti da apparire menomazione nostro prestigio » (3 ). Ma proprio il 18 la colonna Guerrini era aJle porte di Durazzo e, ovviamente , non fu più il caso di parlare di tornare indietro. A Chusa delle incertezze e dei contrasti affiorati le vicende della spedi7ione non erano tali da entusiasmare alcuno. Meno di tutti il gen. Cadorna, il quale ritenne opportuno scrivere una lettera a Salandra , riepilogando gli eventi, punto per punto, e concludendo:

« ( ) Io non h0 inteso con questa mia lettera di far constatare che le mie previsioni si sono punroppo avve rar e - perché nulla è più lontano dal.l'animo mio - ma ho desiderato riassumere gli avvenimenti per concludere che se non esiste unità di condoua e chiara visione dei fini da raggitmgerc e dei mezzi adeguati a tali fini, si corre inev i tabilmente incontro a gravi pericoli: e se l'una cosa e l'altra mancheranno a chi si è assunta la direzione esclusiva delle operazioni. giungeremo facilmente alle stesse rovinose conscgtienze lamentate per l'Eritrea nel 1896 e per la Tripolitania pochi mesi or sono.

« Io sarei ben lieto di sbagliarmi, ma temo che, nei riguardi della spedizione d'Albania , abbia fa! to finora difetto un chiaro concetto dirertivo militare; e di quanto dico è prova il fatto che si reputò che coi 18 battaglioni sbarcati a Valona si potesse avventurare la colonna Guerrini su Durazzo per la pericolosa via eli terra, mentre -a pochi giorni di distanza - non si re- putano sufficienti le forze stesse per assicurare la sola occupazione di Valona » (l).

Il) Tele s.n. data 18 dicembre 1915.

12 J Tele 75735 data 18 dicembre 1915.

(.3) Tele 122ì data 18 dicembre 1915 · allegato 7.

Questo fu l'inizio dell'avventura albanese.

2. L'occupazione di Durazzo.

Intanto l'offensiva aust ro-tedesco-bulgara dava i suoi risultati: le scarse truppe dell'Armée d'Orient ripiegavano a protezione di Salonicco e si accingevano a sistemarsi a difesa sulle posizioni che dovevano lasciare solo nel 1918; l'esercito greco mobilitava tranquillamente in un clima di aperta ostilità nei conf ron ti dell'Intesa; l'esercito serbo era in piena dissoluzione e, trascinandosi dietro migliaia di profughi civili, marciava attraverso le Alpi albanesi, sperando di giungere ai porti dell'Adriatico dove l'Italia stava predisponendo rifornimenti ingenti.

Il Comando Supremo austro-ungarico, infat ti, in un primo tempo, a fine novembre 1915, aveva divisato di limitarsi ad impadronirsi del Lovcen - la montagna che divide C-attaro da Cetinje -, successivamente però aveva modificato tale i ntenzione decidendo di invadere il Monter.egro e di scendere nell'Albania settentrionale. Il gen . Conrad dispose perciò, il 20 dicembre, che la 3' armata del gen. von Koevess, ai cui ordim passarono anche le truppe della Bosnia- Erzegovina- Dalmazia del gen. von Sarkotic, attuasse il disegno operativo con un'offensiva concentrica s·ferrata con tre gruppi di comando: il primo, costituito dalle truppe della B.E .D., ad ovest; il secondo, dalla 62' divisione, a nord; H terzo, dall'VIII corpo d'armata, ad est (schizzo 5) . Lo schieramento delle forze fu completato soltanto fra il 4 ed il 6 gennaio 1916 a causa delle gravi difficoltà opposte dalle carenti comunicazioni stradali Quando la 3" armata a.u iniziò l'offensiva si palesò subito l'impossibilità di una resistenza seria da parte montenegrina: il 10 gennaio erano occupati .il Lovcen e Berane, le due posizioni più importanti ad occidente e ad oriente, i] 13 Cetinje Qua e là esistevano, è vero, notevoli punti di resistenza favoriti dall'asprezza dell'ambiente montano, tuttavia la richiesta di armistizio avanzata da re Nicola fu inevitabile. Essendo stata respinta dal Comando Supremo a.u. che

Il corpo sprcialr italiano in Albanttl esigeva la resa incondizionata (l), dopo varie esitazioni il Governo monrenegrino accettò la resa, che venne stabilita per il 25 gennaio ( 2 ). Alla fine del mese la 3" armata a.u. aveva davanti a sé, aperte, le vie che adducevano alla costa settentrionale d'Albania, dove erano tuttora in attesa di sgombero gli avanzi dell'esercito serbo. La ritirata dei Serbi verso i porti albanesi era iniziata a fine novembre lungo le uniche vie di scampo rimaste: da Prizren e, attraverso il Montenegro, da Ipek e Djakovo. Si trattava di una fiumana di soldati e di profughi con re Pietro ed il Principe Alessandro, che , rotto il contatto con gli Austriaci, aveva dovuto farsi strada anche fra le popolazioni albanesi del nord -est, tradizionalmente ostilissime ai Serbi . In quelle regioni numerose bande armate, sotto il comando di ufficiali austriaci pratici del territorio, tallonavano le truppe serb e dirigendosi anch'esse verso la costa per partecipare alla lotta finale . Invero, assai più che di ritirata militare ·si poteva parlare di angoscioso esodo. Il 31 dicembre, sotto il temporaneo e fragile scudo montenegrino, fra S. Giovanni di Medua e Durazzo erano rJccolti circa 140.000 uomini, con 55.000 fucili, 179 mitragliatrici e 81 pezzi, oltre a 35.000 cavalli e 10.000 capi di bestiame (3 ) . Unico elemento serbo ancora fronteggiante il nemico lungo la direzione di avanzata più pericolosa era il gruppo Krajna, ad esr di Elbasan, contro la 2 " brigata bulgara.

Incont ro ai Serbi si era mossa, come si è visto, la colonna Guerrini, composta dal 15° fanteria e da un gruppo di artiglieria da montagna. Partita da Valona il 4 dicembre e regolando 11 movimento con l'ausilio della bussola, la colonna procedette stentatamente attraverso un territorio incolto, fangvso e malarico. Essendosi nel periodo delle piogge, che di solito va daH'ottobre all'aprile, la percorribilità scompariva quasi del tutto Superfici estese erano inondate dall'acqua che vi ristagnava, altrove il suolo si stemperava in modo tale da rendere impossibile l'imp1anto di un accampamento, in molti tratti la strada adclirittura scompariva . Il 12, a Feras, ebbe luogo l'incontro con un primo scaglione di ufficiali austro - un-

(l) Secondo le proposte del gen. Conrad, la Serbi a doveva essere divisa fra Bulgaria ed Austria-Ungheria, la quale avrebbe dovuto annettersi anche il Montenegro e l'Albania settentrionale sino al Mathi. Alla Bulgaria sarebbe andata anche l'Albania centrale con Durazzo. mentre la Grecia avrebbe avuto l'Albania meridionale con Valona. Per contro, il Ministero degli Esteri a.u. preferiva conservare il r.tontenegro come staro cuscineuo, mentre a Berlino si caldeggiava addirittura un suo ingrandimento a spese della Sérbia.

(2 ) Re Nicola, trasferitosi a Brindisi il 20 gennaio. su una torpediniera italiana, rifiutò di riconoscere la resa. anche se il suo esercito ormai non esisteva più.

(3) Rel;uione ufficiale serba.

Le truppe ùaliant' in Albania ( 191-1-20 e 1939) gat1c1 prigionieri {circa 650 ), quasi tutti scalzi, con i piedi tu mefatti, coperti a stento dai resti sudici e logori di quella che una volta era stata un'uniforme. Il 14, sotto la pioggia, giunse una prima colonna di 6.000 prigionieri: il quadro della fame, della miseria , delle malattie. Da tre mesi marciavano ininterrottamente. Premesso che i reparti di scorta non stavano molto meglio, i prigionieri offrivano uno spcttawlo pauroso: seminudi, in preda al tifo ed al colera, affamati, trascinantisi a gruppetti piLl che marcianti, disseminavano lungo il cammino morti e moribondi. L'immediata erogazione di viveri non poté che alleggerire in minima parte le sofferenze di quei disgraziati , che, nell'attesa di poter superare il Semeni, sui due soli lenti e mdlsicuri barconi disponibili. attendevano in tremende condizioni in •ma zona diventata un immenso pantano. Solo 800 ufficiali e 22.000 solda ti austriaci - sui 70.000 originari - poterono essere salvati e sgomberati, con .navi italiane, sull'Asinata. Dopo qualche giorno giunsero 10.000 reclute serbe, quasi tutte sui diciassette- diciotto anni (l), in condizioni molto simili allo scaglione precedente. Basti dire che altrettanti erano caduti di inedia e di epidemie lungo il cammino e che degli arrivati quasi un terzo non fu sgomberato perché morto dopo l'arrivo od il ricovero nel grande ospedale italiano impiantato a Fieri. La marcia delle nostre truppe oltre il Semeni, già di per sé difficile e penosa, diventava angosciante per l'incontro con le e migliaia di infelici che si dirigevano verso sud lasciando dietro di sé una traccia dolorosa . << I cadaveri disseminati lungo la rotta per noi avevano la fum:rone dei paracarri che orlano le grandi rotabili,· ci servivano cioè di guida e di direzione; eravamo sicuri di non shaf!,liare strada », commentò un comandante di battaglione del 15° fanteria (2). Il 19 dicembre la colonna Guerrini raggiunse Durazzo, quasi contemporaneamente ai primi reparti serbi.

Il 5 ge nnaio 1916 fra Alessio e S. Giovanni di Medua erano concentrati circa 50.000 Serbi con 10.000 quadrupedi; fra Tirana e Durazzo, 90 .000 uomini con 27.000 quadrupedi e 18 cannoni da 7 5. In un primo tempo gli Alleati avevano divisato di ricostituire l'esercito serbo in Albania, ma le condizioni generali Jei soldati e la presenza austriaca e bulgara sulle frontiere settentrionali ed orientali consigliò di accogliere le vi ve istanze del Governo ser-

( 1) Si tmttava di giovani arruolati con la leva in massa. ma che anc0ra non avevano servito nelle unità Non vestivano l'uniforme ma tutti erano armati di fucile. In origine 1•20.000, 34.000 di essi erano stati inquadmri in re?arri fra Nish c Pristina, da dove ernno oattiti in 27.000 per l'Albania bo e di trasferire tutti a Codù. In questa prospettiva, l'orientamento iniziale italiano - essenzialmente su proposta del Comando in capo dell ' Armata navale - era stato di raccogliere l'intero esercito serbo oltre naturalmente a prigionieri e profughi, a Valona al duplice scopo di evitare un intasamento a Durazzo, con danno per la realizzazione difensiva contro l'imminente arrivo delle truppe austriache, e di concentrare tutti i provvedimenti a favore delle colonne in ritirata in unica zona, da cui sgomberare sull'isola di Corfù . Di conseguenza , fu organizzato un campo di concentramento per 100.000 u. a Feras, presso la foce della Vojussa, ed un campo sosta ad Arta, pochi chilometri a nord di Valona. Fra lo Skumbi e la Vojussa erano stati approntati rapidamente depositi viveri per i primi immediati soccorsi. Il Comando Supremo serbo, a Scutari, sperava invece di poter effettuare l'imbarco a S. Giovanni di Medua e Durazzo, ed a lungo insistette per questa soluzione, ma gli Alleati. vista la drammatica situazione militare in Montenegro, decisero di accogliere solo in parte la richiesta e di avvalersi dei porti di Durazzo e di Valona. Non apparve attuabile la proposta della missione francese, intesa ad evitare un eccessivo affollamento anche a Valona, di avviare i Serbi da Kavaja a Berat e poi, per Tepeleni, a Santi Quaranta, donde sarebbero stati sgomberati a Corfù . Un così lungo percorso non poteva essere affrontato dai Serbi a causa della penose condizioni in cui versavano. Fra il 20 gennaio e la fine di febbraio furono evacuati complessivamente 260.895 militari e civili, 10 .153 quadrupedi e 68 pezzi oltre a 23.000 prigionieri « La cifra pressoché insignificante di perdite subite in quell'operazione è il migliore attestato per il Comando della flotta italiana » (l).

( 2) S. Nicotra, La crociata di Duraz::o. pag. 50.

Il 3 gennaio aveva avuto luogo una seduta a palazzo Braschi, a Roma, alla qua'le avevano partecipato alcuni ministri ed il Capo di Stato Maggiore. In questa sede il Presidente del Consiglio, Salandra, osservò che in caso eli minaccia nemica Durazzo doveva essere abbandonata, sia che importanti forze avversarie vi si dirigessero, sia che il pericolo si profilasse per Valo na. In entrambe le eventualità era evidente la convenienza di riunire tutto il corpo di spedizione. Na tu ralmente, il gen . Cadorna si associò, tuttavia precisò che nel secondo caso sarebbe stato necessario trasportare a V alana anche i due reggimenti approntati a Taranto per decisione di Salandra . L'on. Sonnino, allora, osservò che « non si doveva riti- rare troppo presto il d;staccamento di Durazzo, ma solo quando si prevedesse di non potervisi sostenere » (l). Concetto, questoin sé e per sé corretto - che fu ripreso, come vedremo, da'i Ministro della Guerra e dal gen. Bertotti e portò ad amare conseguenze. Una rigidità del principio, costituente vera e propria spada di Damocle, in una que!'tione di difficiìissima decisione, inevitabilmente condizionerà la scelta del comandante responsabile: fra il troppo presto ed il troppo tardi quasi sempre egli sarà indotto a preferire il troppo tardi. Quanto meno non potrà essere accusato di <..'Odardia di fronte al nemico. Giustamente commentò il gen. Cadoma che quando la posizione da tenere è molto pericolosa, com'era Durazzo, perché priva di solide linee di difesa, con scarse forze a disposizione, con il mare ·alle spalle senza la possibilità di poter contare su un pronto e rapido imbarco delle truppe, non bisogna lasciare la scelta del momento al comandante. « O non si deve occupare quella posizione o se ne deve ordi11are in tempo debito lo sgombero, cioè quando la minaccia nemica non è molto prossima». A seguito della riunione e degli avvenimehti balcanici, sempre più preoccupanti per il pericolo incombente su Scutarì, il ministro Zupelli telegrafò al gen. Benotti di affrettare per quanto possibile l'evacuazione dei Serbi e di adottare tutti i provvedimenti intesi a mettere Valona in condizioni di resistere ad ogni eventuale attacco: << \1alona deve essere saldame11te tenuta, ad ogni costo, ed in qualunque eventualità» . Quanto >a Durazzo , occupata per motivi e finalità prevalentemente politici, fra cui principali l'assistenza e lo sgombero dell'esercito serbo e l 'appoggio da dare all'autorità di Essad pascià, e per la quale occupazione era stata sottolineata la ne..-cessità di evitarvi una situazione difficilmente sostenibile per le limitate forze ivi dislocate, ribadiva che detta necessità permaneva ed a maggior ragione. « A Durazzo quindi si dovrà rimanere, ma solo fino a quando, di fronte a previste serie minacce, non venga compromesso tempestivo et sicuro ripiegamento da compiere, almeno per via di mare, all'infuori grave prersione nemica et come atto volontario, spiegabile con cessazione ragioni che determinarono invio distaccamento colà» (2) . Qu-anto ad Essad pascià, evidentemente, il sostegno italiano poteva essergli garantito subordinatamente ai nostri interessi.

(l) Archivio di guerra di Vienna, L'ultima guerra dell'Austria-Ungheria 19141918, {Relazione ufficiale austriaca), vol. IV, pag. 58.

Ma la questione del Montenegro diventava sempre più scottante . Il 17 gennaio , alla Camera ungherese veniva annunciata la richiesta di pace presentata dal Governo monrencgrino, mentre sulla stampa estera (specie francese) apparivano molte accuse all'Italia per avere abbandonato alla sua sorte 11 Montenegro, accuse ingiuste ma non per questo meno toccanti la sensibilità deJI'opinione pubblica.

(l) L. Cadoma, op. citata, pag. 142.

(2) Tele .390.3 data 15 gennaio 1916.

Il 18 Salandra convocava nnovame!1te il gen. Cadorna a Roma per un riesame a fondo della situazione in Albania. Il Capo di Stato Maggiore confermò la sua presenza alla Conferenza di ministri indetta per il 22, sempre a palazzo Braschi, e chiese che della sedura venisse redatto un verbale. Poi tornò, una volta di più, sull'argomento Durazzo rinnovando il parere « che non si debba frapporre indugio sgombero Durazzo affrettandolo prima che vi si ma1ti/esti pressione nemica et si debbano concentrare forze in V alon a » (l) . L'intento di fissare inequivÒcabilmente ed ufficialmente le responsabrlità era chiaro. 11 Presidente del Consiglio rispose dichiarandosi dolente di non poter aderire alla richiesta perché « per costante consuetudine è escluso qualsiasi processo verbale delle conferenze fra uomini di govemo nelle quali deve regnare massima libertà et non si ammettono segretari» (2).

Alla riunione del 22, presieduta da Salandra, erano presenti i Ministri degli Esteri (Sonnino), della Guerra (Zupelli ), del Tesoro (Carcano) e della Marina (Corsi). Sonnino sostenne esplicitamente la necessità non solo di tenere Durazzo ma altresì di rafforzarne le difese spingendosi verso l'interno . Il geo. Cadorna contestò il proposito, rib attendo fra l'altro che l'impresa - come da lui previsto aveva già assorbito &oche troppe forze, infatti dagli iniziali tre battaglioni si era arrivati a 27, cioè un corpo d'armata; che Durazzo , ultimata la ritirata dei Serbi, perdeva ogni valore; che se essa fosse stata attaccata direttamente ed improvvisamente sarebbero emerse gravi difficoltà sia per l'alimentazione della difesa sia per I'evacuazione; che la sola difesa valida di V alona richiedeva il concentramento in quell'area di tutte le nostre possibilità; che i pegni territoriali sono privi di valore se non accompagnati dalla vittoria; che l'azione politica doveva essete subordinata alle possibilità militari perché sono queste che danno modo di attuare i fini politici (evidentemente ove non possano essere portare al livello dell'obiettivo politico); che, infine, «se la mia persona fosse d'ostacolo all'attuazione degli intendimenti del Govemo non c'era che da sostituirmi; e, quanto a me, non ci tenevo affatto a conservare la pesante carica che mi era stata affidata » (l). Al rermine della burrascosa riunione il Capo di Stato Maggiore rientrò ad Udine. Le decisioni le ricevette per telegrafo il 26 gennaio:

(l l Tele 1366 data 19 gennaio 1916.

(2) Tele s.n. data 20 gennaio 1916 allegatO 9.

« Il Consiglio delibera che sia fornita clalrEscrriro operaore la forza di un'altra divisione coi servizi accessori occorrenti per h1 difesa di Valona il CllÌ possesso si deve cou ogni sforzo mantenere» (2).

Il gen. Cadorna rispose con una lunga lettera nella quale: riconosceva la necessità di conservare Valona, tuttavia, poiché per difenderla accorrevano tre divisioni, sottolineava l'assoluta convenienza di fare affluire nella testa di sbarco anche le truppe di Durazzo «che devono essere rìtirate in tempo, prima che si manifesti la pressione nemica, per evitare uno scacco » dalle ripercussioni non va1utabili; affermava categoricamente la impossibilità di difendere Durazzo se non impegnandovi al tre tre divisioni ed ingenti rifornimenti;

- ammoniva che « non potendosi proporzionare i mezzi al fine, s'impone di proporzionare il fine ai mezzi , non dovendosi dimenticare che, in qualunque impresa, il disegno politico rimane per forza di cose subordinato alla possibilità militare di tradurlo in atto »;

- ricordava l'amarissima e recente esperienza della T ripolitania, affinché le esperienze del passato non andassero perdute; segnalava la non facile situazione dell'esercito operante che rendeva l'invio della divisione in Albania pesante provvedimento;

- attaccava il Ministro della Guerra per non essere intervenuto nella animata discussione a palazzo Braschi, per la « deplorevole trascuranza » nella organizzazione dei complementi, e per 1 ritardi e le ingiustificate resistenze opposte alle proposte del Comando Supremo (3 ).

La question e di Durazzo era molto delicata. Essendosi ammalato il gen. Guerrìni, fu designato a sostituirlo il gen. Ferrere, il quale giunse a Valona il l o febbraio latore Ji direttive specifiche da parre del ministero della guerra. Il gen. Bertotti ebbe una lunga conversazione con lui il giorno stesso dell'arrivo e lo mise a conoscenza della situazione di Durazzo. Gli disse che le misure difen- sive non erano state colà spinte con la conveniente energia e gli consigliò l'occupazione del nodo di Mali Barzes a scopo di minaccia sul fianco del nemico, sia nell'eventualità della marcia di questo dalla valle dell'Ishml verso Durazzo, sia in quella che gli Austriaci risalissero l'Ishmi per portarsi a Tirana. Poi gli spiegò che, in caso di ritirata, era preferibile seguire la via. di terra in quanto esistevano gravi difficoltà per operazioni di imbarco in presenza del nemico mentre, per contro, era possibile spingere da Valona, senza alcun timore, truppe sino al Semeni per agevolare una ritirata lungo il litorale e, anzi, un battaglione era tuttora di presidio a Fieri . Motivo per cui sarebbe stato bene che raggiungesse la sua brigata percorrendo proprio quell'itinerario, in modo da conoscerlo a fondo e rendersi conto che le difficoltà da superare non erano poi tanto esagerate come si poteva pensare a Roma (l) Poiché però il Ministro della Guerra intendeva che il gen. Perrero raggiungesse la sua destinazione il più presro possibile, il giorno seguente egli si imbarcò su una nave ed in giornata scese a D urazzo Le forze ivi disponibili erano: 15° e 16° fanterb 159° btg. milizia territoriale, un plotone cavalleggeri , dodici pezzi da 70, quattordici da 87-B, quattro da 120-B, un plorone ge{tio delJa milizia territoriale. Le direttive inviare dal ministro Zupelli erano state concordate con Salandra e Sonnino e, p emesso che 1\)ccupazione della città era dovuta essenzialmente a motivi oolitici, quali il rifornimento e lo sgombero dell 'esercito serbo e I'appoggio all'autonomia albanese, e che era necessario evitarvi una situazione difficilmente sostenibile con le forze laggiù dislocate, precisavano (2):

{l ) L. Cadorn:1 , op. canta, pag. 149.

(2) Tele s n. data 26 p.cnnaio 1916 - allegato 10.

(3) Lettera data 28 gennaio 1916 - allegato 1 1.

« l. Considerate le finalità e probabilità di cui sopra, predisporre, nel modo più accurato e riservato, per un ordinato sgombro ed eventualmente effettuarlo o per via terra o per via mare come e quando [a situazione lo consiglierà;

« 2. Evitare pet la difesa di richiedere la collaborazione dei Serbi e dei Monrenegrini, a meno che la situazione del momento spontaneamente la comporti con efficacia e con possibilità di resistenza coordinata;

« 3 Aiutare invece Essad pascià, con consigli e con mezzi , senza però impegnare truppe nostre lontano dalla costa; incitarlo ad organizzare con la sua gente la guerriglia ed aiutarlo validamente in tale opera. Mantenerlo ligio a noi inducendolo, se oçcorrerà, ad abbandonare Durazzo, seguendoci ed impedendo ad ogni modo che passi all'avversario (3);

{ l J Kelazione nffidale del gen. trasmessa dal. C..omando XVI corpo d·armata con f. 9 R .P. 21 marzo 1916. Cfr anche E. Bertot t i, La nostra spe· dizione in Albar:ia (191 5-1916), pag 70

(2) F. 10:>2 30 gennaio . allegato 12.

(3) pascià, poi, andrà in Macedonia e con le sue bande si porterà nel Korçano operando attivamente a nostro danno.

« 4. Rendersi conto con ogni mezzo della reale entità delle minacce nemiche ( ) affine di evitare che l'abbandono di Durazzo non risulti realmente e pienamente giustificato dalle circostanze;

« 5. Circa le modalità dell'eventuale sgombro delle nostre forze a Durazzo, il Comando del corpo speciale ( ) è lasciato libero di scegliere tra la via di terra e quella di mare tenuto conto delle circostanze del momento ( ... ), bilanciando strettamente vantaggi e svantaggi di questa e quella linea, e prendendo in tempo, per quanto interessa l'eventuale sgombro via mare, i necessari accordi con il Comando dell'Armata navale, a tale scopo già preavvisato;

« 6. Nell'eventualità che si imponga un sollecito sgombro via mare, il Comandante del distaccamento di Durazzo è autorizzato a comunicare direttamente con il Comando dell'A rmata navale».

Tali istruzioni erano pertinenti e rispondevano alla situazione generale, tanto pitt che erano dirette al gen. Bertotti, che doveva mutarle in ordini. Si noti che il para. 5 affidava espressamente al Comando del corpo speciale la decisione delia ritirata, posto che la scelta delle modalità (e quindi dell' del ripiegamento era lasciata alla sua responsabilità . Solo in un caso il Comandante della brigata Savona poteva agire direttamente: in quello previsto dal para 6, e cioè « nell'eventualità che si imponga un sollecito sgombero via mare » , in altri termini ove gli eventi precipitassero sl da bruciare i tempi della pianificazione E', peraltro, da rilevare che proprio a causa della prevaienza delle finalità politiche era discutibile che la valutazione del quando la situazione consigliasse il ritiro del distaccamento venisse lasciata al Comandante del corpo di spedizione, e, principalmente, si può osservare che de1le due finalità il conseguimento dell'una era commisurabile con esattezza (l'evacuazione dei Serbi) ma quello dell ' altra {l'appoggio all'autonomia albanese) come poteva essere apprezzato dal gen. Bertotti o, peggio ancora, dal gen . Perrero? E se questo secondo scopo doveva intendersi limitato alle cute nei confronti di Essad pascià (para 3) tanto valeva regolare l'abbandono di Durazzo sul termine dello sgombero dei Serbi.

Comunque, il 4 febbraio il gen . Be.rtotti confermava per iscritto al Perrero le istruzioni e le considerazioni fatte nel corso del colloquio del giorno l e. chiedeva « le proposte che le circostanze saranno per consiglim·e affinché la decisione di abbandonare Durazzo sia determinata solo dalle ragioni indicate nel n. 4 delle accluse istruzioni del Governo, e sia presa da questo Comando, lasciando beninteso a V.S. la necessal'ia libertà d'azione circa la scel - ta della via da seguire » ( l ). In sostanza , a prescindere dal fatto che l'ordine come tale appare piuttosto invùluto, fissava due punti:

- la decisione di sgombero doveva essere presa dal Comando di Valona, però jJ gen. doveva indicare il momento più opportuno (eccezion fatta - è da ritenere - per il caso di cui al para. 6 delle note direttive);

- il gen. Ferrero aveva 1ibertà d'azione circa la scelta e le modalità del

Il primo punto verrà clamorosamente alla ribalta fra qualche giorno. dimostrando, se non altro. come sia difficile, all'atto pra· tico, conciliare l'autonomia decisionale cvncessa ad un inferiore per un determinato e specifico incar ico con l'opportunità del controllo data l'importanza della questione sul tappeto. Il secondo punto sarà immediatamente messo alla prova, giacché, avendo il gen . Fetrero comunicato di preferire p er la ritirata la via di mare, il gen. Berrotti « impressionato dal vedere scartato a priori qualsiasi progetto di ritirata via terra » ( 2 ) - cui evidentemente teneva molto - ne chiese spiegazione al gen. Ferrero, che allora mandò un piano an· che per quell'ipotesi, ma ridotto a « poche disposizioni di carattere generale e non ponderate» ( 2).

3 · L o sgombero di Durazzo .

Nel frattempo, in Albania settentrionale gli Austriaci si erano mossi (schizzo 6). Il Comando Supremo a.u., tenuto al corrente dall'osservazione aerea dell'addensamento delle forze serbe attorno a D urazzo e del defluire deUe loro colonne verso sud ripreso il 22 gennaio, aveva invitato il Comando della .3' armata a puntare su Durazzo. Venne all'uopo costituita la 63,.. divisione (gen. Sorskh) con ]a 2 10a e 21P brigata landsturm, la 20a bdgata 1st. da mon · tagna, la 14a brigata da montagna e le bande albanesi. Queste ultime avevano il compito di agire per Kruja, Tirana e Kavaja avvol· gendo da est e da sud Durazzo. 1'8 febbraio Kruja era occupata, il 9 Tirana, 1'11 aveva luogo il contatto sull'Arzen fra la 211 a bri· gata 1st. e la brigata Savona, mentre truppe bulgare entrate in Al· bania si dirigevano verso Elbasan. Il 13 il blocco di Durazzo era completato (schizzo 7 ) - anche se Kavaja fu occupata il 16 -e ( 1) F. 1187 data 4 febbraio 1916. Cfr. anche E. Bertotti , op. citata, pag. 74.

Lege nda: Linea tenuta dagli Au striaci il 10 - 2- 1916

---- Elementi avanzati e com i tagi Albanesi

Le truppe italiane in Albania ( r914- 20 e 1939) subito cominciò il bombardamento delle nostre posizioni; pos1z10ni invero tutt'altro che robuste, trattandosi di un perimetro di circa 3.5 chilometri malamente organizzato a difesa e senza valide riserve mobili II tutto mentre l'ambiente albanese manifestava apertamente le sue simpatie nei confronti degli Austriaci e la sua ostilità verso Essad pasdà , il qua:Je, dopo essersi dichiarato in grado di armare 50.000 seguaci, ora ammetteva di non poter contare che su 200 o .300 fedeli.

Il console italiano a Durazzo, Piacentini, fece un quadro sufficientemente dettagliato del momento al Ministero degli Esteri, significando infine :

« Questa la situazione Generale Perrero che la conosce considera però ancora non pregiudicata resistenza militare, sue truppe animate elevato spiriro combattivo. Tuttavia ritengo dopo ciò, e Generale Perrero conviene meco in massima, che per ragioni suddette e specialmente in vista dell'avanzata bulgara oltre Elbasan, necessità imbarcare nostre truppe non potrà più essere che questione di tempo >> ( l).

La risposta di Sonnino, che l'l console · Piacentini mostrò al gen. Ferrero, fu molto cauta e comunque tale da non facilitare certo la decisione a chi di dovere:

«Dal telegramma di V.S. mi sembra di rilevare una tendenza ad una partenza da Durazzo con prevalente preoccupazione che essa risulti spontanea e prestabilita. Pur riconoscendo che in proposito ogni altra considerazione deve cedere alle ragioni militari e che non conviene impegnarsi a fondo per Durazzo, debbo osservare a V.S. per sua norma che dal punto di vista politico, sia per le ripercussioni dell'avvenimento in Italia sia per la nostra futura posizione in Albania, occorre non precipitare lo sgombro e non dare la impressione che noi abbandoniamo Durazzo senza tentare di opporre seria resistenza anche fin dove questa appaia possibile senza compromettere la salvezza dell'intero presidio» (2 )

Il gen Cadorna intervenne di nuovo col ministro Zupelli, rilevando che << situazione Durazzo est dzvenuta assai compromessa et potrà divenire irrimediabile qualora non provvedasi senza indugio ritiro presidio» (3 ) In effetti, tenuto conto che il 9 era ultimato l'imbarco dei Serbi e che il gen . Ferrero era bloccato senza possibilità né di spinQ:ere informatori a dista nza né di resistere in posto, il permanere a Durazzo da tale data dtventava sempre meno giustificabrle.

(l) E. Bertorti, op. citata , pag. 73.

(2) Tele 17 data 13 febbraio 1916.

(3) Tele 1498 data 14 febbraio •1916.

La sera del 14 il Duca degli Abruzzi, comandante m capo dell 'Armata Navale, comunicò al gen. Perrero:

«Dovendo ritirare via di mare truppe, quadrupedi, impedimenta. non ritengo in questa stagione e con i mezzi a disposizione ( l possa compiersi subordinatamcnrc volontà nemico colla celerità accennata. Per responsabilità che spetta all'Arma ta esito operazione, ritengo conveniente, se deciso in mas· sima sgombro Durazzo, non indugiare ad incominciare ritiro materiali, qua· drupedi, truppe>>.

Il gen. Ferrero, allora, ritenendo di interpretare correttamenre le direttive del Governo, e sulla base de.lle notizie sul nemico, del nessun affidamento possibile su Essad pascià - che anzi chiedeva l'imbarco per sé e per i pochi suoi fidi - e, soprattmto, di quanto prospettatogli dal D uca degli Abruzzi, decise l'abbandono volontario della. città, preferendolo ad un rischioso ripiegamento sotto l'incalzare dell'avversario, e chiese a Taranto di inviare le navi per il car-ico. Scnonché, la comunicazione in tal senso (l) che egli inviò al Governo , al Comando Supremo ed al comandante del corpo speciale provocò una dura replica da pane di quest'ultimo, il quale:

- contestò l'esistenza di una reale minaccia austriaca o bulgara: « V.S. da documenti inviati ebbe conferma avere di fronte una brigata con pochi ribellz che si sbanderebbero di fronte energica azione»;

- rilevò scarsa efficienza nelle misure prese dal gen. Ferrero: « situazione quindi dovuta unica1t1ente mancata vigilanza et preparazione può essere migliorata contegno più fermo »;

- ritenne allarmistica la situazione prospettata: « non è quindi escluso che possa essere arrestata e respinta minaccia austriaca»;

- accusò il gen . Ferrere di anteporre la preoccupazione di eventuali perdire a q uella di assolvere bene il compito affidatogli: «codesta brigata ha compito ben definito istruzioni inviate Ministero et non deve troppo preoccuparsi rientrare qui integra, ma assolvere bene suo compito»;

- mise in guardia dall'imbarcarsi appena arrivate le navi chieste a T ara n to e ricordò le sanzioni penali a carico del comandante di una fortezza che non mette in opera tutro per la sua difesa : « Stabilita così infondatezza minaceta bulgara et forza austriaca attaccante V.S. non deve ritenere che invio eventuale mezzi tra- sporto per parte Marina significhi autorizzazione sgombero, poiché per esso provvedono numero quattro et sei citate istruzioni et per analogia numero 60 regolamento servizio in guerra riflettente comando fortezze » (l).

Contemporaneamente il gen. Bertoni aveva scritto al Comando in capo dell'Armata navale ricordando che occorreva evitare che l'abbandono di Durazzo << non risultasse pienamente e realmente giustificato dalla forza delle circostanze » ed aggiungendo che « poiché a mio avviso miglior giudice delle circostanze deve essere gen. Perrero , ho autorizzato d ecidere et comt111icare in tempo ad ammiraglio Cutinelli et a me sue decisioni » ( 2 ). Indubbiamente il gen. Bertotti intendeva evitare l'adozione dr decisioni intempestive (e per lui non giustificate) pur ritenendo di lasciare al Ferrera piena libertà di azione. Ma altrettanto sicuramente non si rese conto del grave errore psicologico che commetteva, soprattu tto con la frase finale della lettera.

Il geo. Ferrere spiegò subito al suo superiore diretto che il telegramma 104 era stato compilato in dipendenza della comunicazione ricevuta da Taranto e « quindi se notizie Ministero e codesto Comando risultano più sicure mio desiderio attenermi servizio in in guerra » ( 3 ). Tuttavia chiedeva rinforzi per poter tenere un contegno aggressivo oltre le linee. Il gen. B0.rtotti replicò di non avere da aggiungere istruzion\, segnalando, pér converso, la possibilità di utilizzare efficacemente una b-anda di mille uomini di Essad, che da Berat rientrova a Durazzo {4 ). Naturalmente dopo il dispaccio 1558 il gen. Ferrere aveva deciso di rimanere e poiché il mattino del 16 erano entrati nella rada di Durano sedici piroscafi, oltre a due navi ospedale, per il trasporto delle truppe, mentre la squadra incrociava al largo, dette il contrordine e le navi tornarono scariche indietro non potendo sostare in quel porto.

Il 20 venne a mnturazione il prob1ema di Essad pascià, che era diventato davvero un personaggio imbarazzante: non lo si voleva inviare a V aJona per le noie che certamente avrebbe provocato; restava dunque il suo imbarco per l'Italia ed a questo riguardo il Ministero della Guerra, d'accordo con quello degli Esteri, prospettò al Comando del corpo speciale la convenienza di farlo partire da

( l) Tele 1558 data 14 febbraio 1916.

(2) Tele 1556 data 14 febbraio 1916.

(3) Tele 105 da t a 15 febbraio 19.16

(4) Cf1·. tele L6ì9 dara lì febbraio 1916 indirizz(ltO dal gen. Benotti al Ministero de lla G uerra.

Durazzo poco pnma del nostro sgombero. Poi il gen. Z upelli soggiunse:

« ( ) Come occupazione Durazzo fu essenzialmen te determinata da esigenze sgombro serbi e appoggio Governo Essad , così, nostra partenza sarebbe opportunamente spiegata da ultimato compito pet serbi e per allontanamento Essad e suo Governo. Comunque lasciasi Vossignoria dare Generale Ferrero quelle ulteriori istruzioni che crederà opporwne visto atteggiamento così mu· tevole di Essad e de.lla situazione ambiente ( ... ) >> (l).

Con questo discors•, si può dire che spariva ogni remora governativa e che il gen . Bertotti ormai riceveva carta bianca.

Le cose 'in breve precipitarono . Una nuova calamità colpl il presidio italiano: una grave forma di gastroenterite che in pochissimo tempo obbligò ad evacuare 800 soldati, sostituiti il 19 dal I/86° fanteria, spedito in tutta fretta da Valona, via mare. Ed ora veniva la volta degli Austriaci. Già da alcuni giorni il Comando del XIX corpo d'armata a u premeva affinché la 6.3' divisione entrasse in Durazzo: pensava che il nostro esiguo presidio fosse in attesa di imbarco, perciò voleva almeno disturbare la partenza . Il gen. Sorsich , invece, visti i movimenti delle navi nel porto e considerato l'atteggiamento della brigata Savona, ritenne che questa intendesse difendere a lungo le posizioni, anche se con forze chiaramente insufficienti. Inoltre , le truppe austriaçhe provavano anch'esse i disagi imposti da un territorio çosì sfavor evole per le operazioni, così privo di strade. L'attesa di rifornimenti e di rinforzi procrastinò, dunque, sino al 23 l'inizio dell'attacco. Nei suoi incitamenti alle proprie unità il generale Sorskh dipingeva la situazione italiana come est remamente disperata e spiegava che con una vittoria anche le attuali sofferenze in Albania sarebbero giunte presumibilmente al loro termùte (2).

Il dispositivo ita'liano si appoggiava all'Arzen sino all'altezza di Kar , poi formava una testa di ponte imperniata sulle colline di Bazar Sjak e Terzije, quindi tornava al mare, leggermeme a sud dell'allineamento Pieska- Vargaj- Sasso Bianco (sc hizzo 8) A nord, dalla foce dell' Arzen a Suksi, era schierato il I / 15° fanteria meno una compagnia; la testa di pente era affidata al 16° fanteria con due battaglioni; e il settore meridionale, reno dal comando del 15° fanteria, era tenuto dal II e III /15° e da una compagnia del I /15° fan· teria R:iserv-a di brigata : il II/16° fanteri a, dislocato a Dzevotaj, ed il I/86° ad Arapaj Lo schieramento austriaco comprendeva un'al i- quota della 21 o· brigata landsturm agli ordini del ten. col. Jurisevic sul basso Arzen; il distaccamento Krammer (quattro btg. e due batterie) e tJa 21 P brigata lst. al centro, a cavallo della strada TiranaDurazzo; infine, all'ala sinistra, la 20" brigata lsr. da montagna, il distaccamento Zloch (due battaglioni) e la banda albanese del capitano Haessler.

(l) Tele ·16246 data 20 febbraio 1916.

{2) Archivio della Guerra di Vienna, L'ultima guerra d ell'Austria- Ungheria 1914 -1 918, vol. IV, pag. 57.

La preparazione di artiglieria iniziò alle 6 con un tiro ben diretto sui nostri trinceramenti. Alle 7,30 le fanterie dovevano avanzare concentricamente. Sul basso Arzen bastò poco per consentire all'ostacolo fluviale di vanifi<:are l'attacco austriaco, ma a sud, nel tratto fra Pieska e Sasso Bianco, gli sviluppi dell'azione si profilarono ben pre5to in senso sfavorevole p-er i difensori. Sferrato all'alba e favorito dalla nebbia, l'attacco nemico era riuscito ad avvicinarsi sino a poche decine di metri dalle nostre linee., per cui l 'urto a Vargaj fu violentissimo ed in poche ore il TI/15° fanteria fu praticamente annientato. L'intervento del l/86') riuscì soltanto a trattenere fino alle 14 la pressione auw·iaca. Il ced1mento dell'ala destra compromise anche la resistenza accanita della testa di ponte di Bazar Sjak, perciò il 16° fameria, a scaglioni di compagnia. si portò sulla sinistra delI'Arzen incendiando il ponte stradale ed interrompendo così il combattimento. Lo sforzo J:irincipale ausrriaco venne nuovamente sferrato da sud contro le posizioni di Rastbul e di Sinavlas. AU ' imbrunire il gen. Ferrera richiese al Comando de'll 'Arm nta navale, dando notizia al Comando d i V alona {l), i piroscafi e le navi da guerra per la protezione dell'imbarco. Nella notte decise un ulteriore arretramento della difesa nella lingua di terra da Pala a Durazzo, al riparo dello sragno, incendiando anche il pont<:" di Durazzo sull'emissario della laguna. Era giunt0 il momento in cui fu chiaro a tutti che il nostro distaccamento era letteralmente c.-:-n le spalle al mare. Il ministro Zupelli, appena ricevutO il dispaccio del gen. Ferrera, discusse brevemente la cosa con Salandra e poi, alle 23, telegrafò: « Vista situazione Governo intende che Dr<razzo venga sollecitamente sgomberata appena giunte navi » ( 2 ).

Il giorno seguente gli Austriaci cercarono a lungo un guado attraverso la laguna servendosi di nuotatori e di gruppi eli bufali; cercarono anche di forzare il ponre .:H Durazzo ma il fuoco di due incrociatori e quattro nostri caccia torpediniere contro tutta la piana dalla città al Sasso Bianco li disc;uase. Constatata dunque l'inutilità

( l) Il gen. Bertotti, a vo lra , telegrafò a Taranto « confermando ricbiesta .: pregando aderire>> {op. citata, pag. 85).

(2) Tele 17476 data 23 febbraio 1916.

Le truppe italiane in Albania ( 1914- 20 e ICJ39) di tali tentativi, aprirono il fuoco con artiglierie di medio calibro schierate sui rilievi di Rastbul contro il porto, causa...11do una grave confusione nei lavori che lvi si svolgevano in condizioni già difficili a ca usa del mare tempestoso. Allora furono sospese le operazioni di imbarco sui primi tre piroscafi arrivati nel pomeriggio del 24 per costruire con i sacchi di farina aporontati suUa spiaggia per il carico un improvvisato riparo che limitasse i danni. Nella notte sul 25 la pressione continua su Pala costrinse il II/15° a ripiegare. All'alba la difesa era ridotta al venez-illno di Portes, che sbarrava l'istmo, ed alla città . Per tutto H 25 la situazione rimase immutata, grazie anche all'apporto delle artiglierie delle nostre navi mentre affluivano altri piroscafi. Verso le 7 del 26 febbraio cominciò l'imbarco del grosso delle forze: 6.000 uomini validi . Erano già stati imbarcati 1.300 fe riti e malati nonché Ia colonia italiana ed il btg. M .T. Segnalava alle 8,50 il gen. Perrero:

«Operazione imbarco ritardata da condizioni mare et afflue nza lenta piroscafi oltre che da necessità di costruire nuovi pontili a ridosso Durazzo, essendo ponrile attuale battuto tiro nemico. Attua lmente avviata , sperasi completare in giornata o prime ore notte, sacrificando tutti quadrupedi intraspottabili e parte materiale artiglieria » (l).

L'abbandono di Durazzo, tardivo e precipitoso, generò inevitabilmente l'impressione di una sconfitta it:-tliana - e come tale, infatti, fu presentata dalla stampa austriaca - cosicché negli Albanesi il nostro prestigio, al primo scontro bellico, subì un colpo non lieve . Negli ultimi giotn! il gen . Cadoina aveva morso il freno . Il 23 si era rivolto al gen. Brusati, Primo Aiutante di campo del Re, affinché informasse personalmente Vittorio Emanuele III sul serio ed imminente pericolo (2), ma il 25 - quando le operazioni di imbarco a Durazzo erano iniziate - ebbe modo di leggere il rapporto trasmesso al Ministero della Guerra dal gen . Bertotti sul colloquio avuto una sett imana prima con l'amm . Millo, recatosi a Valona a seguito del messaggio del 14 con il quale il D uca degli Abruzzi faceva pressioni per affrettare l'evacuazione di Durazzo a causa delle condizioni del mare . Il giudizio del gen. Cadorna fu severo e si chiuse con una frase tagliente:

« ( ) Consegue che, a mio giudizio, di qualsiasi insuccesso che si producesse a Durazzo, la principale responsabi lirà non potrebbe risalire che alla S.V. » ( 3 ).

'l) Tele 238 data 26 febbraio 1926.

(2) Lettera s.n. data 23 febbraio .19 16 - allegato 13.

(3) F. 1579 data 25 febbraio 1916 - atlegato 14

Alle 18 veniva abbandonata Porres ed alle 21 l'imbarco era completatO. Verso le 23,30 un razzo diede il segnale della partenza del convoglio mentre la ciuà era in fiamme. Per dare un'idea delle Jifficoltà di orientarsi in quel genere di lotta, converrà rilevare che nella notte reparti austriaci che cèrcavano di entrare in città vennero a combattere fra di loro e per gi.unta furono bombardati dall'aviazione a.u. Solo verso l'alba la situazione si chiarì.

Le nostre perdite ammontarono a 840 uomini dell'esercito e 5 della marina: Repani

I 5° fanreria 16° fanteria l / 86° fanteria t5'P btg. M.T.

Gli Aus-triaci denunciarono 7 3 morti (di cui 4 ufficia li e compresi 10 Albanesi), circa 300 feriti e 50 dispersi.

In fatto di materiali abbandonammo: i quattro cannoni da 120 ( distrutti), due da 76 antiaerei della Marina (distrutti), i quattordici pezzi da 87 -B (di cui otto distrutti e sei abbandonati senza otturatori) e l O.000 v ecch i fucili appartenenti a Essad pascià. Fu distrutto quasi tutto il munizionamento e la stazione rad.iotelegrafica. Furono altresì abbattuti circa 900 quadrupedi. Molti viveri furono lasciati ]m posto.

Nello stesso ordine di idee si espresse più tardi anche la Commissione parlamentare d'inchiesta per le spese di guerra nella « Relazione generale sull 'imp resa d'Albania» (2): t 2) Camera dei Deputati. Ani parlamentari, XXVT le gislatura, Documenti, 6 feb braio 192.3.

(l) Fra i dispersi furono inclusi anche i feriti non Fa'1.Ipcrati ed i morti non >\CCC rtati.

Le truppe ita1ia71e in Albania ( 1914- 20 e 1939)'_:_

« Il gen. Ferrero aveva dovuto rinunziare al proposto sgombro in seguito ad un [degramma del geo. Benotti che, facendo persino menzione delle sanzioni penali a carico del comandante di una fortezza che non fa di tutto per difenderla, fu interpretato come l'ordine di resistere ad ogni costo. Per modo che, quando tre giorni dopo, l'autorizzazione di abbandonare Durazzo fu data, lo sgombro avvenne sotto il tiro delle artiglierie austriache, con mare tempestoso e cagionò perdite enormi di viveri , di munizioni e di quadrupedi. Lo storico di questi avvenimemi non potrà non riconoscere che nnto ciò avvenne per deficienza dei comandi superiori, e perché si vollero raggiungere finalirà politiche di carattere internazionale con l'uso di mezzi sproporzionati» .

Il gen. Bertotti re<>pinse, nell'opera citata, tali critiche ma, in effetti, il messaggio - quanto meno nella sua forma - può ritenersi all'origine di quella che gli Austri?ci naturalmente vantarono come vittoria. Egli, ad ogni modo, trasmettendo al Comando Supremo la relazione del gen. Perrero sugli avvenimenti di Durazzo (l), la accompagnò con osservazioni critiche piuttosto dure per il comandante della brigata Savona , al quale attribuì errori tattici nella scelta ed occupazione di determinate posizioni (le alture di Mali Barzes soprattutto); il preconcetto di una prossima ritirata via mare, per cui << non è stata impressa alla difesa quell'energica risolutezza che era necessaria » { 2); la responsabilità della perdita di molro matedale e dei quadrupedi, che non furono imbarcati il 14 rimandando indietro scarico il convoglio spedito dal Duca degli Abruzzi; la colpa dl aver costruito un solo pontile (in venti giorni dall'invio del piano di imbarco) e per di più scoperto al fuoco di un nemico proveniente da est e da sud- est; il non adeguato impiego delle art igJierie.

In realtà il gen. Perrero era stato incaricato di svolgere una missione difficile, con mezzi inadeguati, ereditando una situazione non lieta ed in un momento in cui, per il rapido precipitare degli eventi, mancava il tempo di orientarsi come necessario. Ma l'elemento principale di giudizio sull'operato del gen. Ferrero sembra indubbiamente doversi ricercare nel telegramma 1558 del 14 febbraio del gen. Bertotti ed in quello n. 17 del 13 febbraio del Ministero degli Esteri. Un ripiegamemo per via di terra, se ancora possibile, si sarebbe ridotto, nel migliore dei casi, ad un inutile sforzo logistico. L'imbarco a Durazzo, se ritardato oltre quei giorni, sì sarebbe compiuto in condizioni oltremodo difficili, con sicure perdite di mare- rial.i ed uom1m e con la minaccia dal mare . Il rimanere a Durazzo con quelle forze non aveva senso operativamente . Di fronte a siffatto dilemma ed alla mancanza di una direttiva chiara e netta, non ha mol t o valore l ' esame dei particolar! dell'azione svolta dal gen . Perrero a Durazzo n el breve periodo deHa sua permanenza. L ' unico appunto che obiettivamente gli si può muovere è di non aver avuto l ' iniziativa di sgombera re il 14, allorché le navi da trasporto giunsero nella rada di Durazzo, i l O.000 fucili di Essad pascià, i vecchi cannoni e tutti i quadrupedi non indispensabil i. Circa l'abbandono del materiale e dei quadrupedi al momento dell'imbarco, il 26, occorre anche tener presentì sia le cattive condizioni d el mare, sia la minaccia austriaca che poteva manifestarsi di minuto in minuto, e che, se anche non si verificò in t utta la sua pienezza ma solo con tiri di artiglie ria sul pon ti le , d e ve pure essere tenuta in conto nel giudizio complessivo .

(-1) F. 2486 data 3 marzo 1916, ripetutO nella relazione ufficiale citata. Cfr. anche E. Berrotri, op. citata, pagg. 86-87 e 97-99.

(2) Il gen. Cadorna annotò di suo pugno: <<era necessaria se si voleva dijen · dersi ad ogni costo. Ma si doveva, anzi. ripiegare in tempo».

La Relazione austriaca commentò: «Non è da stupirsi che gl i ambienti romani, consci della loro responsabilità, abbiano cercato di mas cherare quell ' insuccesso di carattere essenzialmente politico colla frase « gloriosa evacuazione » di Durazzo. Fu grave errore soprattutto il « voler ottenere s copi di importanza internazionale con mezzi insufficienti » e ritardare il reimbarco, dopo che era divenuta evidente l'impossibilità di ottenere un successo con i m ezzi impiegati, ed era invece ancora possibile impedire uno scacco » ( l).

Ma gli avvenimenti d i Durazzo ebbero aspre e forti ripercussioni a Roma . Il gen . Cadorna scrisse a Salandra una violentissima let te ra contro il Ministro della Guerra arcusandolo di insufficienza, di scarsa collaborazione e di scadimento di prestigio, e ponendo imp!.ic i tamente un aut-aut: o Cadorna o ZupeHi ( 2) . J.l Presidente dd Consiglio rispose con f ermezza di essere rimasto penosamente impre ssionato sui recentissimi eventi, ma di no n essere disposto ad entrare in di scussione per invito o suggerimento di chicchessia , anche altissima autorità mil i tare o civile , sulla proposta al Re di nomina o revoca dei suoi ministri . Ciò senza voler entrare menomamente nel merito delle considerazioni esposte dal gen. Cadorna. Comunque « di questa mia nota come della nota di V. E. a cui rispondo ho reputato doveroso rimettere copia a S .M. il Re » (3 ) . Cadorna repl icò tra e ndo necessariamente le conseguenz e del passo fatto:

(1 ) Relazione aus triaca, vo l. I V, pag. 62.

(2) F 1590 da[a 27 febbraio 1916 · allegato 15

(3) F 849 R R. data 29 fe bbr aio 1916 allegato 16.

Le truppe italiane in Albania ( 1914- 20 e '939) ·· --

« ( ) poiché dal contesto della lettera sopracitata mi persuado che V.E. non ha alcuna intenzione di prendere in considerazione quanto esposi, ho l'onore di rassegnare dimissioni da Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, pregando V.E. di at tenermene da S.M. il Re l'accoglimemo, Mn intendendo io in alcun modo di rimanere in una posizione che non potrei conservare, e ciò dico con profondo convincimento, senza danno della cosa pubblica alla quale unicamente io miro» (l).

Le sue dimissioni furono res::>inte.

Come aveva preannunciato nella sua lettera 849 del 29 febbraio, Salandra trasmise subito a Cadorna copia del decreto deliberato, su sua proposta, dal Consiglio dei Ministri e sottoposto alla firma del Re il 28 . Con esso si restaurava nelle mani del Capo di Stato Maggiore l'unità di comando dell'esercito intero, estendendola anche alle forze operanti in Albania. Però si sottolineava, con intenzione, che: le direttive politiche della guerra restavano riservate al Governo; in fatto di problemi militari .aventi attinenza con la politica internazionale era« necessario procedere d'intesa col Governo »;

- il Governo riteneva che il possesso di Valona costituisse un interesse nazionale di primo ordine e quindi occorreva « prepararne la difesa con tutti i mezzi disponibili anche contro eventuali ingenti forze nemiche» ( 2 )

Il gen. Cadorna segnò ricevuta della lettera e si dichiarò convintissimo che le dire ttive politiche della guerra restassero riservate al Governo, tuttavia ritenne di dover tappresentare « un'altra necessità coesistente, quella che le direttive politiche siano tali da potersi tradurre militarmente in atto e perciò il fine sia proporzionato ai mezzi», specificando che Durazzo docet . Per Valona, mise in evidenza la probabile necessità di chiedere al Governo altri mezzi indi spensabili per non indebolire lo schìeramento alla f r ontiera austriaca e compromettere il territorio nazionale in caso di massiccia offensiva nemica, tipo Verdun (.3 )

Anche il ministro Zupelli partecipò al Comando Supremo le modifiche apportate dal recente decreto reale alle att r ibuzioni del Comandante del co rpo speciale in Albania:

«Compiuto lo sgombero dei Serbi e dei Montenegrini e scomparsa, con la partenza di Essad pascià, qualsiasi rappresentanza in Durazzo di un go- vcrno da noi riconosciutO, è vcnuro a determinarsi io Albania un sostanziale mutamento, per il quale l'azione nosrra , pur sempre alle nore finalità e direttive di inJol:.: poli tica, ha orma i, ed avrà, nelle sue manifesta· zioni, un carattere decisamente c prevalentemente { ) », perciò il Governo aveva riconosciuto la convenien za di sostituire il decreto Iuogotenenziale del l 0 dicembre 1915 con altro più rispondente (l). Cadorna rispose brevememe - e seccamente - deplorando lo scacco di Durazzo e precisando:

( l) Tele 1603 data 1° marzo 1916 . allegato 17.

( 2) F 850 R.R. data 29 febbraio 1916 - allegato 18.

(.3) F . 1609 del 2 marzo 1916 . allegato 19 .

« Debbo dire infine che sono molto che la direzione delle operazioni militari in Albania venga a me rimessa quando le cose sono così compromesse>> ( 2 )

II 6 marzo il gen. ZupeJii, resosi conto dello stato di tensione raggiunto, volle di propria iniziativa abbandonare l 'inca rico. In Senato, poi, espose i motivi che }'avevano indotto a tale passo: prima di tutto perché aveva chiesto, fin dal principio della guer ra, di prendere parte attiva , come ir redento, alla guerra di liberazione del suo luogo natio; in secondo luogo perché non credeva utile esistessero divergenze fra Comando Supremo e Ministero, mentre l'Esercito era davanti al nemico. Al dicastero d ella Guerra subentrò il generale Morrone.

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