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CAPITOLO SESTO

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CAPITOLO QUINTO

CAPITOLO QUINTO

L' ITALIA E L'ALBANIA DAL 1920 AL 1939

1. Un'amara conclusione.

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Un primo ciclo - per così dire - dei rapporti fra Italia ed Albania si chiuse sostanzial mente lasciando un ricordo piuttosto amaro della nostra permanenza in una terra il cui popolo, alla innata diffidenza tipica della geme contadina e montanara univa quella speoifica - impostagli dall'esperienza - contro tutti gli Stati che di esso si erano «interessati». Avendo accennato a nostri errori, sembra opportuno ripetete una relazione che, sul finire della presenza italiana sul suolo albanese, il nostro Alto Commissario, Castoldi, indirizzò al ministro Sdaloja:

« Al momento della sconfitta bulgara, susseguita da quella austriaca, i politicanti a•lbancsi si trovarono sorpresi dagli avvenimenti ed in preda a sentimenti vari, ma la popolazione si volse verso di noi come in aspettazione e col desiderio di ingraziarsi il nuovo occupante. Le persone che notoriamente avevano parteggiato per l'Austria seguirono ·il nemico nella sua ritirata e di là si sparsero poi per l'estero. Intanto venivano iniziati i lavori della Conferenza collo studio deJ.le richieste territoriali greche e trapelavano Je notizie del favore che Venizelos trovava a Parigi; veniva permesso di recarsi in Italia a molte persone infide che poi agevolmente ottenevano di rientrare in Albania; mcne serbe e greche trovavano buon campo alla loro denigrazione contro di noi; sorgevano a Scumri ed a Koritza incidenti e questioni che 'la gente del luogo seguiva attentamente e commentava a proprio modo; ed infine non mancarono errori delJc nostre autorità in Albania, sì che a poco a poco l'aspettativa degli albanesi si mutò in freddezza e riserbo ostile. mentre il prestigio italiano si sgretolava di giorno in giorno.

« Checché si voglia dire degli austriaci, essi avevano in Albania da una parte curato essenzialmente quanto serviva ai loro scopi di guerra, senza disperdere energie e denaro a profitto del Paese, ma dall'altra avevano saputo tenere con mano ferma un regime di rigore al quale gli al b anesi si adattarono docili e timorosi.

«Finita la guerra, che re ndeva desiderabil e l'Albania per i minori pet·icoJj che vi correvano le truppe, nacque nei militari !'>insofferenza dei disagi c delle malattie locali. Gli uf ficiali fecero del loro meglio per ouenere il rimpar11io e così vennero a rarefarsi gli organi dj comando; la truppa divenne svogliata e di samorata. I sanitari, già in numero insufficiente, divennero ancora più rari. L'occupazione estesa, la malaria. i congedi riducevano al minimo i reparti, così che i distaccamenti all'interno divenivano stremin:r.iti. Uomini e quadrupedi pe rivano di malattie e questi ultimi talvolta anche per mancanza di nutrimento. Il materiale mal curato e mal guardato deperiva e scompariva. Esempio tipico la bella d ecauville lasciata dagli austriaci in perfetto statO di servizio e che a mano a mano venne a ridursi nelle condizioni attuali, completamente scomparsa per taluni percorsi e per altri interrotta in certi tratti e danneggiata. Per tal modo venivano compromessi i servizi di vettovagliamento ed ancora più si aggravava tale danno per le condizioni dei quadrupedi, ammalati e mal curati. Sebbene gravoso, il servizio era [durante la g uerra] compensato dal minor pericolo, mentre ora ·richiedeva fatiche tanto più gravi, dove i percorsi sono malsicuri, lunghi e difficili e la cura del somicro non agevole. I distaccamenti lontani ebbero a soffrire per penuria di tutto, sicché in breve incominciarono lamentele ed alienazioni di corredo o di quanto altro fosse ndle mani del soldato, comprese le armi. Mal vestiti, mal nutriti c mal contenti, essi davano spettacolo di debolezza e non di forza e contribuirono ad 1ngenerare nelle popolazioni disistima ed insofferenza del nostro dominio. Le propagande contrarie all'Italia presero sopravvento deciso. Si ebbero attacchi contro i nuclei italiani lontani od in marcia ed assassinii di militari isolati ( .. . ).

« L'organizzazione amrninistrariva del tempo dell'occupazione austriaca non venne sostituita da altra c più tardi la costituz1one del Governo provvisorio suscitava negli alti Comandi risentimento di menomato potere e dava luogo ad alwi contrasti, nei quali si esautoravano le autorità locali e quelle italiane. Nessuna direttiva uniforme venne ad indirizzare i vari organi civilì e militari che agirono dunque a seconda del criterio e delle volontà individuali. La frugalità ed economia furono in questo periodo sconosciute. Intanto si aggravava la situazione in paese dove sparivano le ultime tracce di autorità sia dei Comand1 sia del Governo a.lbanese, e risorgevano, con nuova fisionomia, le vecchie cause di agitazione fon- date su antiche rivalità ed inimicizie. Uo mini noti per avere sempre renuta condotta ostile all'I taHa rialzavano il capo ed osavano apertamente manifestare i loro sentimenti attraverso attacchi contro le pe rsone ugie alla politica italiana, e, facendo fascio delle colpe del Governo albanese e degli errori dei Comandi , me navano u n a v iolenta campagna che conduceva alla riunione di Liusna, dove il primo veniva rovesciato cd i secondi indirettamente colpiti. Il nuov o regime instaurato in mano q uasi totalmente ad avversari della politica italiana e se ne ebbero subito le prove nelle designazioni alle varie cariche ed alla Delegazione presso il Congresso della Pace. Gli stessi viaggi per Parigi si fecero non pitt attraverso l'Italia ma passando per la Serbia. Il sentimento di avvers1ione alJ'Italia corse rapidamente tutta l'Albania, dando luogo qua e là ad incidenti taluno dei quali assai grave ( .. . ).

<< In tali circostanze il R_ Governo inviava il sottoscritto in Albania ad assum e re la cavica di Alto Commissario e con speciale missione di provvedere al ritiro alla costa delle nostre truppe, citiro deliberato in Comitato di Guerra il giorno 6 aprile 1920 ( .. ) » (1 ) .

Queste osservazioni del Castoldi rispondevano sostanzialmente alla realtà delle cose. Il contrasto fra l ' amministrazione aus t riaca e quella italiana, per lo meno laddove fu possibile H paragone, non fu né lieve né apparente . L'opera delle nostre autorità politiche e militari dopo l'armistizio peccò principalmente nel campo della ps-icologia, e certo non è rimarco da poco; a parte, infatti, i riconoscimenti di circostanza, non venne posto a nostro merito neanche il molto di buono che avevamo compiuto in Albania meridionale. Lo stato d'an imo delle truppe risenrì delle incertezze go vernative, delle aspre polemiche e deHe vicende interne italiane e divenne indiscutibilmente basso, e la rilassatezza andò a diretto scapito del prestigio nostro rinforzando per contro il nazionalismo albanese. In particolare la questione del mora]e era preoccupante. Se si eccettuano poche località nelle quali l e condizioni materiali erano migliori, nel rimanente dei presidi gli inconvenienti ed i disagi erano indubbiamente sensibili ed aggravati dalla malaria che incideva sull a disponibilità di personale per il servizio e, peggio ancora, sulla possibilità di invio in licenza. Le difficoltà nel governo del personale erano acuite dalla presenza di numerosi elementi inviati dall' Italia a causa dei loro precedenti di cattiva condotta; fatto questo che , mentre contribuiva a diminuire il tono disciplinare dci rep.arti, faceva nascere nei militari e, ancor piì.t grave, nelle loro famiglie il convincimento che l'Albania fosse congiderata luogo di punizione. Anche il problema dei quadri, insufficienti numericamente, era forte e lo di.vemò ancor pii:t allorché il Minisrero della Guerra, il 19 aprile 1920, sospese definitivamente i tr asferimenti di ufficiali in Albania, facendo per giunta rientrare ai corpi coloro che erano g ià in attesa di imbarco a Bari o Brindisi.

Disagi, malaria, mancanza di 1iccnz,a, inquadramento deficitario, gravosità del servizio in reparti ridotti all'osso, mancato afflusso di rinforzi e di sostituzioni, tutto dò ingcnerava la dolorosa sensazione di essere abbandonati dal Governo, a questo indotti anche dalla lettura Jei giornali e delle lettere provenienti dahl' I talia. Naturalmente, il sinromo più appariscente di questo stato d'animo si aveva nel decadimento formale (saluto, proprietà dell'uniforme, cura della persona) e nel verificarsi di gravi mancanze disciplinari. Si eta diffuso un senso genera'le di stanchezza, quel malessere tipico le cui manifes tazioni hanno maggiore evidenza non già nei reparti sottoposti a condizioni di vita comparativamente più gravose, bensì, con apparente incongruenza, in quelli che meno risentono di tali condizioni.

Al termine della guerra fu decisa la nomina di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle spese di guerra. La relazione da questa presentata in merito alla spedizione d'A1bania (l) può ben fungere da sintesi efficace del nostro intervento sull'opposta spon<ia adriatica e taluni apprezzamenti su aspetti politico- mi11tari dell'impresa, già posti in evidenza nel corso della trattazione, sono profondamente significativi:

« La Commissione parlamentare d'inchiesta spese eli guerra ha preso in esame, per la parte di sua competenza, gli avvenimenti d'Albania ( ). Poiché l'indagine sulle spese ha lo scopo non solo di accertare le modalità di erogazione ddle spese stesse e gli eventuali recuperi, ma altresì di accertare le responsabilità inerenti. era indispensabile esaminare i procedimenti e gli effetti dell'azione di propaganda, dell'azione politica e diplomaTica, alle quali appunto la spesa era servita ( ).

<' Capitolo II - L'azione militare.

« { ) Soltanto dopo la sconfitta dell'Austria Ungheria nella battaglia di Vittorio Veneto, per vari motivi che più innanzi verranno esposti, sorse contro le nostre:: truppe in Albania un novello nemico. forse più temibile: il popolo albanese e più specialmente la pane musulmana di esso. Il sentimento della indipendenza nazionale fu agitato da pochi elementi colti, viventi per la maggior parre in Italia ed in AmNica; di tale sentimento si impadronirono i pochi dirigenti la politica albanese scontenti della nostra occupa..:ione, per sollevMe le masse fino allora acquiescenti; c le masse sottratte alla loro amica inerz ia, animate dalln vol0ntiì dei loro capi, presero apcrra posizione contro di noi.

, 1} R:po:-tara per intero in allegare 5i.

« La propaganda si intensificò a poco a poco, c perfino gli i taio- albanesi sottoscrbsc.:ro nel maggio 1920 un appello diretto al Presidente degli Stati Uniti d'America invocando l'intervento di lui c protestando contro la politica dell'Italia. L'incendio in breve tempo ù.ivampò; gli albanesi si armarono comro le nostre truppe, le quali dall'interno della regione dovetrero restringersi nel campo trincerato di Valona. Qui\'i esse furono attaccate nel giugno 1920 da forze di gran lunga superiori; febbricitanti tutte a cagione della imperversante malaria, già decimate dalle epidemie, esse in un primo momento cedertero terreno; ma rinvigorite poi da un piccolo rinfor"zo soprag· giunto. ricostituirono Ja !oro l inea di difesa e respinsero hrillanrcmente gli assa litori.

« Ma la nostra situazione politica in Albania diventava ogni giorno pm difficile a cagione dell'odio dcg[i albanesi, sul quale, purtroppo, soffiavano vampe incitarrici alcuni elementi di diversa nazionalità; in delle condizioni politiche si addivenne a trattati\·e col Governo provvisorio albanese. Ed in data 2 agosto del 1920, il conte Manzoni, io rappresentanza dell'Italia, sti· pula\·a col Governo provvisorio albanese un accordo, chiamato comunemente Protocollo di Tirana, col quale in omaggio alla territoriale dell'Alba· nia, si stabiliva il rimpatrio di tutte le truppe italiane ( ).

<< Capitolo III - L'azione politica.

<< ( ) Ma ben presto le Autorità, che rappresentavano in Albania ll Go· vcmo italiano, compirono rarccchi errori ed imp r udenze. che volsero contro di noi l'animo degli albanesi. Slli quali poi agl potentemente una fortunata propaganda avversaria. mirante a svalutare l'opera nostra, mediante l'accusa di aver accettato il concetto della spartizione dell'Albania sebbene con un ano solenne. com 'è il Proclama di Argirocastro, noi avessimo garanti w l'indipendenza di quel popolo fierissimo (. ).

<< Capirolo VII - L'nrga1tizza;;;ione dei poteri.

«E' canone fondamentale di rurte le leggi militari, che in ogm 1mpresa bellica il Comandante in capo abbia il potere supremo di direzione e di vigilanza su tutti i reparti inferiori e su tutte le organizzazioni aggregate all'esercito operante E questo potere deve essere effettivo e diretto, pure essendo esercitare per il tramite degli organi minori aderenti al Comando Supremo c costituiti in un fascio c scrupolosamente gerarchico. Or bene, que· sto canone fondamentale non è stato osservato nella impresa militare albanese.

<< E difatti. dalle indagini compiute è risultato: l) che il Potere! supremo di direzione c di vigilanza non fu sempre eHettivamente dato né esercitato;

2) che l'armonia fra i \'ari Comandi e fra i vari Uffici non sempre

3) che il principio della gerarchia fu quasi violato.

« Quanto al primo punto, è da ricordare. fra !"altro, che il Corpo d'occupazione fu altcrnariv;tmeme alle dipendenze del Comandante Supremo dell'Esercito mobilitato c del Ministro della Guerra. Né l'uno né l'altro a\'evano la possibi lità di esercitare le funzioni di direzione e di vigilanza connesse con tale re;:spon$abilità.

«Quanto al secondo punto, è specialmente notc\•ole il fatto che, dando al maggiore Castoldi un ufficio di alta responsabilità politica, si doveva foraime nte creare un contrasto col comandante del Corpo di occupazione, che era un generale; ogn uno può immaginare quali dovettero essere e quindi furono le consl·guenzc di questa evideme incompatibilità.

« Quanto al terzo punto, la inosservanza di ogni principio gera rchi co si è verificata soprattutto negli uffici civili ( ).

« Tutta questa errata organizzazione dei poreri ha avuro una grande influenza sull'esito definiri,·o della impresa c sul costo di essa.

« Conclusione.

« La Commissione ritiene di aver compiuto tu tto il dovere suo esponendo al Parlamento i risultati delle sue indagini.

<< Uscirebbe dal suo campo il fare proposte o dare sugger imenti in ordine alla futura nostra aziom: politica, nei riguardi dell 'Albania, ed è perciò che nessun accenno è stato fatto all'Isola di Saseno, che per l'accordo di Tirana è rimasta all ' l t alia.

«Senza giudicare neppure qui l'opera dei vari Gabinetti, la Commissione non può non rilevare che il modo col quale gli avvenimenti si successero produsse qudte conseguenze politiche innanzi esposte, e quelle conseguenze finanziarie di cui ampiamente fin qui si è parlato, le quali ultime sono soltanto in m1n1ma parte attenuate dai recuperi che la Commissione ha compiuto e proposto»

Il 12 ottobre del 1920 il Governo albane se, attraverso la propria delegazione presso la Conferenza della Pace, presentò domanda di ammissione alla Società delle Nazioni, appoggiando la richiest·a col sottolineare che l'Albania era stata proclamata Stata indipendente dalla Conferenza degli ambasciato ri del 1913; che pur essendo rimasta neutrale aveva subito tutti gli orrori della gue rra; che Iralia e Jugoslavia avevano rinunciato ad ogni pretesa territoriale ed al-trettanto era da sperarsi da parte greca; che, di fatto, i rapporti intercorrenti con Italia, Jugoslavia e Grecia equivalevano ad un riconoscimento formale. Dopo qualche discussione di natura giuridica, la richiesta albanese fu accettata . L'ammissione era importante perché subito co nsentì. all'Albania di appellarsi al Consiglio della Lega per la definizione delle frontiere ancora in so- speso e per invocare l'evacuazione dei terrirori ancora occupati da Greci e Jugoslavi.

I rappresentanti dei tre Stati interessati presentarono memoriali illustrativi dei rispettivi punti di vista: ovviamente, quello albanese pretese il rispetto dei confini del 1913, mentre gli altri due sostennero che le decisioni assunte in tale sede erano da ritenersi ormai superate dagli eventi. Il dibattito fu accanito e reso più aspro da una nuova rivolta verificatasi nell'Albania del nordest: nell'agosto del 1921, i Mirditi si erano sollevati proclamandosi Stato indipendente e contestando al Governo di Tirana il titolo di rappresentante dell'Albania. L'aspetto più grave, però, era che la ribellione appariva organizzata a Belgrado; che il governo dei mirditi parlava da Prizren, in Serbia; che bande armate provenienti dalla Jugoslavia erano ent r ate in territorio albanese. In definitiva, il Consiglio della lega stabilì di avallare le conclusioni alle quali, in materia di confini, stava per giungere la contemporanea Conferenza degli ambasciatori, che fino dal giugno 1921 aveva messo all'ordine del giorno il problema. Le posizioni erano le seguenti:

- il Governo albanese, pur lamentando le mutilazioni apportate alla nazione albanese dal protocollo del 1913, insisteva per l'applicazione di questo accordo;

- il Governo ju goslavo chiedeva una correzione dei confini del 1913, essenzialmente in corrispondenza della zona di Prizren;

- il Governo italiano aveva rinunciato - come abbiamo visto - a Valona ed al mandato sull'Albania, però intendeva conservare Saseno e soprattutto mirava al riconoscimento dei suoi interessi strategici nel basso Adriatico, mediante la indipendenza dell'Albania nei confini del 1913. Naturalmente, in caso di cessioni tervitoria]i a Jugoslavia e Grecia, tul'to veniva rimesso sul tappeto;

- il Governo greco rivendicava l'Epiro settentrionale (cioè Korça ed Argirocastro ). « Solo la coscienza nazionale deve decidere - aveva replicaro agli Albanesi Venizelos i'l 3 febbraio 191 9 a Versailles -. Così, cristiani e maomettani abitano l'Albania e nzentte questi ultimi, durante il periodo della dominazione turca, hanno accettato il govemo turco, divenendo autentici turchi, i cristiani dell'Albania meridionale sono sempre rimtJSii attaccati alla Grecia}>.

Il 9 novembre 1921, il Consiglio degli ambasciatori, composto dai rappresentanti dell'Italia, della Francia. dell' Inghilterra e del Giappone, prese due dedsioni fondamentali. La prima riguar- dava l'indipendenza dell'Albania ed i suoi confini territoriali, con qualche rettifica rispetto alle decisioni del 1913 a favore della Jugoslavia . La seconda concerneva la posjzione internazionale dell'Albania cd era formulata come segue:

«L' Impero britannico. la Francia. ritalia ed il Giappone.

«Riconoscendo che J'indipendenzo dell'Albania l'integrità e J'inviolabilità delle sue frontiere. quali sono state fissate dalle loro decisioni in data 9 novembre 1921, sono una di importanza imemazionale;

<<Riconoscendo che la violazione di dette frontiere o dell'indipendem:a dell'Albania. potrebbe costituire una minaccia per la sicurezza strategica dell'Italia;

«Convengono su quanto segue:

«I. Nel caso in cui l'Albania si trovasse nell'impossibilità di conservare la propria integrità territoriale, essa potrà indirizzare al Consiglio della Società delle Nazioni una richiesta di intervento estero.

«Il. l Governi dell'Impero britannico, della Francia, dell'Italia e del Giappone decidono. in tale evenienza. di dare istruzioni ai loro rappresentanti nel Consiglio della Società delle Nazioni, di raccomandare che il ripristino delle frontiere territoriali dell'Albania sia affidato all'Italia.

« lii. In caso di minaccia contro l'integrità o la indipendenza, sia territoriale sia economica, dell'Albania per effetto di una aggressione straniera o per qualunque altra causa, e nel caso in cui l'Albania non abbia fatto ricorso in un lasso di tempo ragionevole alla facoltà dj cui all'art. I, i Governi predetti porter:anno a conoscenza della situazione che si sarà verificata il Consiglio della Società delle Nazioni.

«Qualora un intervento fosse giudicato necessario dal Consiglio, i Governi predetti daranno ai loro rappresentanti le istruzioni di cui all'art. II.

«IV. Nel caso in cui il Consiglio della Società decidesse, a maggioranza, che un intervento da parte sua non fosse opportuno, i Governi predetti esamineranno nuovamente la questione, ispirandosi al principio contenuto nel preambolo di questa dichiarazione, e cioè che qualunque modifica delle frontiere dell'Albania costituisce un danno per la sicurezza strategica dell'Italia ».

In sostanza, si può ben ammettere il successo diplomatico ottenuto dalla delegazione albanese. E' pur vero che il principio delle nazionalità giocava a suo favore, ma è altresì da riconoscere che il Governo di Tirana, chiedendo prima L'ammissione alla Società delle Nazioni, e con ciò coinvolgendo i·l prestigio di quest'ultima nella soluzione del problema, e poi agendo con molta moderazione e calma davanti al Consiglio degli ambasciatori , aveva saputo affermarsi in un momento di crisi acuta. Non bisogna dimenticare che proprio durante le ultime battute deJ.la Conferenza, ripetuti appelli da Tirana e da Londra al Segretario Generale della Società delle Nazioni segnalavano che la continua av anzata delle forze jugoslave, a sostegno della aperta ribellione dei .Mirditi, a sotrrarre tutta l'Albania settentrionale al governo legirrimo, e che la pace internazionale poteva rlsultarne turbata. Comunque, l'azione contemporanea, anche se distinta, della Società delle Nazioni c della Conferenza degli ambasciatori riuscì a creare le premesse per un iniziale assestamento dd nuovo Stato (schizzo 3ì ). E' però da sottolineare che ove l'Italia, sia pure attraverso momenti alquanto incerti. non avesse infine preso risolutamente partito a favore dell'Albania indipendente entro i confini del 1913, assai difficilmente questa sarebbe riuscita ad evitare perdite territoriali forse gravi a vantaggio dei vicini. Significative al riguardo le vicende della Commissione per la determinazione dei confini nei tratti non ancora definiti sul terreno, nel periodo 19221924. Occorre, infatti, ricordare che la Grecia, non appena ottenuta l'indipendenza, aveva cominciato ad accarezzare la grande idea di raccogliere in concreto l'eredità di Bisanzio, sostenuta in questa aspirazione dalle aperte simpatie di Francia ed I nghilterra da un lato e della Russia dall'altro, ovviamente per ra gioni completamente diverse. Su questa via era inevitabile l'urto con l'Italia, sia direttamente per il Dodecanneso ed i diritti rivendicati in Asia minore, sia indirettamente per l'Albania meridionale. La grande idea fu ridimensionata quando la Grecia, app rofitt ando del temporaneo ritiro dell'Italia dalla Conferenza della paoe (aprile · maggio 1919) a Versailles, sbarcò in Asia minore occupando Smirne ed altre località promesse all'Italia. Senonché l'impegno si manifestò troppo gravoso per le fragili forze greche e Kemal pascià ebbe buon gioco a ricacci'.lre in mare gli invasori.

Il problema albanese ebbe uno strascico peggiore e causò una ferita che non si rimarginò mai. La Conferenza degli ambasciatori aveva deciso di dare esecuzione solleci:ta alle del iberazioni prese il 9 novembre 1921 e comunicate ai governi jugoslavo e greco ed alla Società delle razioni. Dispose perciò l'istituzione di una Commissione interalleata per la delimitazione dei confini, presieduta dal gen. TeHini, con il compito di: continuare i lavori del 1913 - 14 della precedente analoga Commissione per le fron tic re nord e nord· est, naturalmente tenendo conto delle modifiche stabilite;

- delimitare sul terreno i confini greco · albanesi sanzionati dal protocollo di Firenze del 17 febbraio 1913.

La Commissione si costituì il 18 gennaio 1922 ed iniziò subitO i lavori, nel corso dei quali il gen . Tellini fu assassinato il 2 7 agosto 1923 a Kakavia da una delle tante bande epirote istigate dai

L'/ralia t l'Albania dal 1920 al 1939

Greci.. La replica italiana fu immediata e portò ali'occupazione di Corfù. Naturalmente l'imervento delle maggiori Poten:tc obbligò il Governo Ji Roma a ritirarsi dall' isola. però il ricordo rimase bruciante. Per entrambi si trattò di un'umiliazione: la Grecia aveva dovuto subire senza possibilità dì reazione un 'offesa al proprio territOrio; 1\lussolini, nuovo Capo del Governo italiano, era stato costretto a fare marcia indietro in seguito al deciso atteggiamento di Gran Bretagna e Francia.

Il giovane Stato albanese si trovava rntanto di fronte a problemi immensi in tutti j campi, a partire dal tipo di regime. Dati i precedenti e le difficoltà non c'è da stupirsi dello scoppio di nuove discordie e rivaiità fra i diversi gruppi politici, la cui fisionomia non era facilmente definibile. Al governo di Suleyman Delvino subentrò nell'aprile 1921 <]uello presieduto da Vrioni, che però durò pochi mesi, seguito da una vera ridda di gabinetti, succedentisi l 'uno all'altro nel giro di poche settimane. In questa precaria situazione si fece largo l'uomo forte del momento. Fra i maggiori esponenti dell 'Albani·a settentrionale primeggiava, come si è visto, un notabile del Mathi, Ahmed bey Zogolli, il quale aveva chiaramente compreso la possibilità di approfittare del marasma politico ed economico esiscenci per impadronirsi del potere. Appoggiato dalla gendarmeria, nella quale aveva trasferito molti suoi seguaci, il 25 dicembre 1921 installò un nuovo governo, di cui volle far parte semplicemente come Minisrro dt!gli Interni, pur essendone in effetti il deus ex machina. Contro Zogolli si manifestò subito una forte opposizione che sfociò nel marzo del 1922 c poi nel gennaio del 1923 in tentativi di vera e propria insurrezione armata , tentativi destinati ad essere schiacciati in pochi giorni dalle forze governative. Dopo varie tumultuose vicende i delegati dell'opposizione si riunirono a Valona nella primavera del 1924 ed intimarono al Consiglio Supremo di Tirana di destituire .il nuovo governo Verlaçi. Fu il primo passo verso la guerra civile , che il 16 giugno portò mons. Fan Noli al potere mentre Zogolli fuggiva a Belgrado. Fan Noli ed il suo gmppo non seppero uscire dalla confusione e dalle indecisioni. Anche i tentativi di buoni r-apporti con i .Paesi vicini fallirono, al punto che l 'Albania si trovò in uno stato di pressoché totale 1solamenro diplomatico.

Il l O dicembre Zogolli rientrava in Albania con poche migliaia di armati fornirigli dalla comunità albanese del Kossovo, rovesciava il governo di mons. Fan Noli, che a sua volra riparava all'estero, e veniva subito eletto Presidente della repubblica.

3· L'assunzione al tro n o di Zog I.

Insediarosi al parere, Ahmed bey Zogolli emanò un proclama, favorevolmente commentato dalla popolazione, nel quale egli si impegna\'a a ripristinare al più presto normali condizionj di vita, a non ricorrere ad atti di violenza c di rappresaglia ed a garamire la indipendenza e l'integrità dello Stato. Preannunciò anche la prossima convocazione alle urne dei collegi politici. Senonché una serie eli provvedimenti, che contrnstavano 'in modo stridente con i propositi conciliativi enunciati inizialmente e che, all'opposto, presentavano tutti i caratteri di una vera e propria campagna di rappresaglia organizzata contro avversari politici, sortì l'effetto di cominciare ad alienare al Governo molte simpatie e consensi. Così, ad esempio, l'organizzazione giovanile dei Bakshiri che, schierandosi decisamente contro l'oppressione feudale - rappresentata da Ahmed bey Zogolli - aveva preso parte attiva alla rivoluzione del maggio- giugno dell'anno precedente, venne sciolta sotto il pretesto che svolgeva propaganda sovversiva; analoga sorte ebbero le associazioni femminili, politicamente compromesse durante il regime democratico nazionale di moos . Fan Noli. Altre misure ordinare contro numerosi sacerdoti cattolici della 1v1irdizia provocarono naturalmente un forte risentimento da parte di quelle popolazioni, particolarmente suscettibi·li di fronte ad ogni offesa arrecata ai loro sentimenti religiosi, sl da rendere necessario l'invio urgente di rinforzi di gendarmeria e di forti quantitativi di munizioni. E' tuttavia da precisare che a queste agitazioni non era estranea la propaganda svolta da rivali politici interni (alcuni dei quali addirittura alla macchia) e profughi. I nazionalisti rifugiatisi all'estero non sembravano assolutamente rassegnati a considerare la partita definitivamente perduta, come lo dimostrava la circostanza che mons. Fan Noli, dopo essersi trattenuto b-revemente a Roma, si era recato a Vienna dove aveva allacciare rapporti con la Federazione balcanica e con quella Legazione sovietica.

Lo scioglimento dell'esercito e la riorganizzazione della gendarmeria avevano offerto il destro ad Ahmed bey Zogolli per costituire un elemento di forza cui appoggiarsi. Si ero infatti liberato di tutti gli elementi, specialmente fra gli ufficiali, a lui non sicuramente devoti e per ricoprire le vacanze così create aveva arruolato Albanesi, preferibilmente cristiani, Montenegrini e Serbi, nonché aveva immesso nella gendarmeria - i cui organici erano stati più che raddoppiati- numerosi Russi già appartenenti all'esercito di \Xfrangel.

A questO punto Zogolli doveva scegliere una Potenza alla quale appoggiarsi. non soltanto - e soprattutto - sotto l'aspetto Hnanziario ma anche sul piano politico. Non la Gran Bretagna e la francia, già sostenitrici della Grecia e della Jugoslavia e, tutto sommato, poco interessate all'Albania. Non la Jugoslavia, che pure aveva aiutato Zogolli in difficoltà - anche se n neo - Presidente si era sdcbitato cedendo al vicino il monastero di San Naum, una piccola località ad esr di Pogradec sul lago di Ohrida, in discussione fin dal 1913in quanto non in grado di fornire ausilio economico. Non la Grecia, certamente, a causa de.lla rivalità a malapena sopita sulla questione delle frontiere. Restava l'Italia, che già allora e da molti anni, nonostante la sanguinosa recente parentesi di cui proprio Zogolli poteva considerarsi uno dei principali responsabili, aveva tuttora un'importanza fondamentale per il commercio albanese .

Ahmed Zogolli si rivolse, dunque, all'halia per interesse ma con sincerità. In pratica, si trattava di costituire ex nova uno Stato in un paese piccolo, povero, trascur::no da secoli dalla dominazione ottoroana, privo di risorse, di strade, di porti, privo perfino di una moneta ufficiale. Ed inoltre costantemente in bilico fra una sommossa ed una rivoluzione a causa delle rivalità di lunga data che dividevano i bey, i principaH personaggi locaJ.i. Per conferire stabilità al suo governo Zogolli puntò sulla carta dell'autoritarismo e del nazionalismo, uniche leve a suo avviso da utilizzare con successo per tenere uniti gli Albanesi. La prima intesa con Roma fu raggiunta in merito alla creazione di un istituto di emissione, la Banca Nazionale d'Albania, anche per l'intervemo della Società delle Nazioni che. esaminata con favore l'iniziativa, affidò all'Italia il compito di realizzarla. Seguì un ingente prestito italiano per far fronte alle necessità primarie. Poi le trattative comincia·rono ad andare per le .lunghe. Il Governo italiano mirava a stipulare un accordo segreto polirico- militare che doveva precedere un pubblico patto d'amicizia, mentre Zogolli esitava ad impegnarsi troppo per ragioni di politica balcanica. Nell'autunno del 1925 il patto segreto f·u firmato, ma senza molta soddisfazione per entrambe le parti: Zogolli, a causa delle clausole favorevoli all'Italia; il Governo di Roma, perché un articolo stabiliva che in caso di guerra con altre Potenze l'Italia non avrebbe acconsentito a trattative di pace che non avessero considerato la sorte di tutte le popolazioni albanesi oltre frontiera, questione che - se trapelata - avrebbe certamente influenzato negativamente i rapporti con la Jugoslavia, già un po' turbati a causa sia del prestito .al.l'Albania, si·a delle dimostra- zioni nazionalistiche per la Dalmazia che avevano allora luogo in I ralia.

Nel frartempo le rrauative di natura economica procedevano :in diversi campi, talché il Ministero degli Esteri italiano giudicò opportuno regolare con un patro politico ufficiale, richiamantesi alle decisioni della Conferenza degli Ambasciatori del 1921, i rapporti fra i due Paesi. Il riferimento esplicito alle deliberazioni del 1921 era proprio quello che Zogolli cercava di evitare, allegando motivi di linearità di condotta e di prestigio personale, giacché a suo tempo, da giovane Presidente del Consiglio, si era opposto tenacemente all'accettazione albanese di quella formula. Dopo molte tergiversazioni ed attriti, dovuti in parte anche all'atteggiamento a noi sfavorevole tenuto a Tirana dalle Legazioni britannica, francese ed jugoslava, il 27 novembre 1926 veniva firmato un patto di amicizia e sicurezza della durata di cinque anni c rinnovabile, secondo H quale le Parti contraenti riconoscevano che qualsiasi perturbazione diretta contro lo stalus quo politico, giuridico e territoriale dell'Albania era contraria al reciproco interesse politico; si impegnavano a prestarsi muruo appoggio e collaborazione ed a non concludere con altre Potenze accordi politici o militari a pregiudizio dei rispettivi interessi; ed altres) si impegnavano a sottoporre ad una speciale procedura di conciliazione e di arbitrato le questioni che venissero a dividerle e non fossero state risolte mediante l'ordinaria pn1ssi diplomatica. Nel documento non era stalo inserito un riferimento alla dichiarazione del l921, tuttavia, ovviamente, questa manteneva ancora il suo valore. Il patto politico testé concluso suscitò l'immediata reazione della Jugoslavia, che si sentiva in certo modo tradita da Zogolli. Per l'ap· punto ispirandosi alla dichiarazione degli Ambasciatori del 1921. l 'Italia richiamò l'attenzione delle maggiori Potenze interessare sulle voci di disordini che elementi albanesi del Kossovo (prop rio del gruppo che aveva aiutato Zogolli a tornare a Tirana nel 1924!) sarebbero stati incaricati di provocare in Albania. Tale intervento italiano, unitamente ad altro per comporl'e un secondo incidente fra Ti.rana e Belgrado, aumentarono il prestigio dell'Italia in Albania e crearono le basi per un trattato di alleanza difensiva fra i due Paesi (22 novem bre 1927):

<< ( ••• ) si avrà un·amicizia sincera e perfetta fra i due popoli e fra i due Governi, nonché un'assistenza reciproca, nell'incesa che ciascuna delle Alte Pani sosterrà gli interessi ed i vant;tggi dell'altra con lo zelo che usa per so· stcnere i propri.

«Art. 2. Vi sarà un'allè!mza difensiva inalterabile fra l'Italia da una parte e l'Albania dall'allra per venri anni. la quale porrà essere denunciata m:l corso del diciottesimo o diciannovesimo anno (. l. Le due Alte Parri contraenti impiegheranno tutta la loro attenzione e tutti i loro mezzi per garantire la sicurezza dei loro Stati c per la difesa e salvaguardia rtciproca contro ogni artacco esterno.

«Art. 3. In conseguènza degli impegni assunti con gli tmicol i precedenti, le due Alte Parti contraenti agiranno d'accordo per il mantenimento della pace e della tranquillità, c nel caso che una delle Alte Parti sia minacciata da una guerra non pro\ ocma da essa, l'altra Pane impiegherà tutti i suoi meni più efficaci non solo per prevenire le ostilità ma anche per assicurare una giusta soddisfazione :1lla Pane minacciata.

« Arr. 4. Qualora ogni mezzo di conciliazione sia invano csauriro, ciascuna delle Alte Parri si impegna a seguire le soni dell'altra , mettendo a disposizione dell'alleata JUtte le risorse militari, finanziarit: c di ogni altra natura, atte a portare un contr.ibuto per superare il conflitto, sempre che tale contributo venga richiesto dalla Parre minacciata.

«Art. 5. Per lultC k: ipor.esi previsre nell'articolo quat tro, le due Alte Parti contraenti s'impegnano a non concludere o .iniziare trattative di pace. di armistizio o di tregua senza un comune accordo».

In tale quadro la collaborazione militare italiana assunse uno sviluppo sempre più vasto. Fin dal tardo 1925 erano stati immessi nel1'eserciro albanese i primi ufficiali italiani come istruttori delle poche unità di artiglieria, poi altri seguirono con funzioni di natura tecnica: impiand radiotelcgmfici, lavori stradali, di·rczione delle .riparazioni del materi ale d'armamento . Nell'aprile 192ì era stato assegnato alla R. Legazione a Ti rana un Addetto miliM:re nella persona del col. Pariani. L'accordo portò alla cosdtuzione di una vera e propria Missione militare, alla cui guida venne posto lo stesso Addetto militare. Ebbe così inizio la completa riorganizzazione dell'esercito albanese, che passò da un sistema fondato essenzialmente sulle bande armate ad una struttura moderna. Gli ufficiali italiani provvidero, in particolare, alla costituzione di uno Stato Maggiore e ne crearono i principali uffici (Operazioni, Addestramento, Ordinamento e Mobilitazione, Servizi); -all'organizza?.i.one dei servizi logistici, con speciale riguardo a quello sanitario, a quello d'amministrazione ed alla branca automobilistica; aUa creazione di un servizio informazioni. Nel contempo venivano costituite le unità. Dapprima i reggimentiposti al comando di ten. colonnelli italiani (l) - formati da tre battaglioni di fanteria, t re batterie ed una compagnia genio. Poi si passò alla creazione di due divisioni, i cui Capi di S. M. - in pratica i veri comandanti - furono anch'essi italiani (l). Ma l'azione della Missione si csrese anche ai settori addestrarivo, culturale e fortificatorio. Dalla fondazione di scuole militari, a i primi passi di una istruzione premilitnre, alla compil azione di monografie geografiche c di lavori geodetici e topografici in vista della pubblicazione di una cartografia aggiornata, che servisse anche di base per l'impianto di un moderno catasto. Ed ancora, la pubblicazione del << Bollettino e Rivista militare albanese » e di un « Sommario di storia militare », prime opere del genere per migliorare il livello culturale dei Quadri.

La parte infrastrutturale concerneva un complesso di lavori relativi alle caserme, ai porti, alle strade, a zone fortificate. A tale proposito occorre citare l 'ideazione di un ridotto centrale appoggiatO alla linea Miloti- Librashd ove l'esercito albanese potesse arroccarsi, in caso di aggressione jugoslava, in attesa dello sbarco ir.aliano. Questo impegno comportò !'·impiego di alcune <"entinaia di militari italiani, in maggioranza ufficiali, che indossavano l'uniforme albanese oppure, se in servizio presso Ministeri od enti civili albanesi, l'abitO civile. Nel dicembre 19.30 la Missione italiana comprendeva 16.3 ufficiali, 42 sottufficiali e truppa e 2 impiegati civili. Al vertice di queste attività fu .il colonnello poi generale Alberto Pariani, Addetto militare e Capo della missione dal 1927 al 19.3 3, la cui opera veramente Jisinteressata volle essere sinceramente e totalmente « albanese». Anche per la Marina l'Italia fornì un ristretto numero di ufficiali, sottufficiali c specialisti, incaricati dell'inquadramento e dell'addesu·amento del personale albanese nelle tre basi di Durazzo, Valona e Santi Quaranta (2), nonché alcuni mezzi navali. La gendarmeria, invece, rimase in mani inglesi, almeno per alcuni anni. Intanto aveva avuto luogo la proclamazione del regno. Il l settembre 1928 Ahmcd Zogolli era salito al trono col nome di Zog I (3), re degli Albanesi. Indubbiamente, tutto poteva dare la impressione che la nuova monarchia fosse sorta con l'aiuto e sotto la protezione italiana, ma esistevano contrasti latenti che impedivano una conveniente chiarezza di rapporti. 11 punto chiave divent ò il patto di amicizia e di sicurezza contratto nel 1926 e con scadenza alla fine del 19 31, al cui rinnovo Zog era decisamente poco propenso, in parte ritenendo probabilmente che l'appena cencluso trattato di allem1za, basalo questo su un piano di assoluta parità giu- ridica, a\'esse superatO il patto e ne rendesse inutile il rinnovo; in parte per una sempre maggior diffidenza nei confronti dell'Italia. Zog, infatti, era osteggiato da moltissime personalità albanesi ed al rientro da un breve soggiorno in Austria per ragioni di salute, in seguiro ad una diagnosi allarmante di medici albanesi poi notevolmente ridimensionata a Vie.nna, e durante il quale fuorusciti albanesi del gntppo di Fan Noli avevano attentato alla sua vita, trovò clementi di preoccupazione. La nostra Legazione a Tirana non poteva trascurare la possibilità di turbamenti nel Paese a seguito della eventuale inabilità o morte del Re; perciò aveva preso contatto con esponenti ·locali a lui ostili. Dopo tutto, è vero che il regime di Zog stava assestandosi, ma è anche vero che una rivoluzione poteva porre l'Itaha in una situazione imbarazzante, fra l'insuccesso diplomatico e l'azione di forza. Da notare che il Re ·aveva forti inimicizie non soltanto nella classe dci bey , per vecchie rivalità, ma anche in un grosso gruppo di notabili i quali, già funzionari privilegiati dell'Impero Ottomano sotto Abdul Hamid, rientrati nella piccola Patria rivestivano incarichi di scarso prestigio e si trovavano addirittura messi da parte. E' questa la categoria di persone, in genere preparate e colte, che, senza fiducia in un avvenire solo albanese, per prima guardò all'ltalia con molte speranze.

!l) I ten col. Ricagno e Calzini.

(2 ) II primo comandante della marina alb,mese fu il cap. di con·ena Prclli.

(3) Zogolli deriva dal turco Zogoglu: figlio di Zog., perciò il Re sottolineava col nuovo nome il farro di .:ssere il capos1ipire della clinasria.

In tale stato d'animo il Re -lasciò passare la scadenza del patto di amicizia e di sicurezza senza rinnovarlo. A Roma allora fu deciso il rimpatrio del gen. Pariani, capo della Missione militare, che fu sostituito dal col. Balocco. Questi, giunto a Tirana, trovò una situazione piuttosto delicata: il Ministro d'Italia in Albarùa deciso a trattare il governo con freddezza, le autorità albanesi decise a far pesare come atto offensivo il richiamo inopinato del gen. Pariani e ad irrigidirsi in uno spirito di intransigenza e di indipendenza verso l'Italia. Dal canto suo, ·il Re aveva convocato prima della presentazione del col. Balocco -a palazzo reale il ten. col. Tripiccione. che svolgeva le funzioni di Sottocapo di S.M. al Comando della Difesa Nazionale, e gli aveva dichiarato che si avvaleva della sua collaborazione perché non riteneva di potersi avvalere di quella dell'Addetto militare, che egli non riconosceva come Capo missione e che considerava troppo legato, per la sua posizione, alla Legazione italiana e quindi alla politica. Ben presto la tensione si aggravò. Il Governo appariva sempre più disposto a sacrificare la Missione militare, allarmato per una temuta intesa itala- jugoslava ai propri danni e sospettando il Ministro d'Italia di tramare contro il regime . Furono adottati nuovi provvedimenti di ripicca, fr:a cu·i la sospensione di ogni incarico di comando -ai nostri istruttori militari, il rifiuto di scendere a terra ,agli equipaggi di una nostra squadra navale giunta a Durazzo, la chiusura improvvisa deHe numerose scuole cattoliche da noi sovvenzionate .

Quest'ultima misura sollevò contro Zog ·il risentimento dell'episcopato cattolico <albanese, che protestò apertamente e che da allora - insieme con la poco numerosa ma influente minoranza cattolica - fu un a·ltro deciso avversario . Ad evitare una crisi aperta in un momento delicato per le trattative internazionali 1n corso, il Governo di Roma intese chiudere con buona volontà il periodo di attrito. In effetti, una serie di nuovi accordi essenzialmente di natura t.'Conomica ristabilì un'atmosfera di formale distensione, ma Zog ormai, sempre più isolato, mantenev•a molte riserve nei confronti dell'appoggio italiano, mentre dal canto suo Roma vedeva chiaramente la diffusa ostilità che da troppi ambienti albanesi si levava contro 11 Re.

Nel 1937 il mi nistro degli Esteri, Ciano, giunse in v1s1ta a Tirana, una visita che si svolse nel migliore dei ·modi, che suscitò nella popolazione un entusiasmo apparso sincero e che mise le basi per un ponderoso programma di opere pubbliche, il quale -avrebbe da un lato offerto ampie possibiHtà di lavoro per parecchi anni agli Albanesi e dall'altro rafforzato il regime personale di Zog. In quegli anni, però, er-ano numerosi gli emissari di <alte personalità albanesi che si recavano continuamente a Roma per sotrolineare in tutt'i i modi le manchevole zze del Re e le tattiche ostruzionistiche da questi poste nel concretare provvedimenti di carattere doganale che ·interessavano particolarmente i commercianti albanesi. Era inoltre fortissimo il malumore contro il ministro dell'Istruzione, accusato di essere chiuso ad ogni risveglio culturale, e contro il comandante dell'esercito, gen. Aranitas, incolpato di favorire nella carriera gli elementi che un tempo facevano parte delle vecchie bande di Zog . Come sempre accade, era soprattutto la gioventù ad esprimere il piti accentuato malcontento. Le conseguenze di questo fermento ricadevano in buona misura anche sull'Italia, che appa:riva a tutti come il puntello del regime reale e che quanto meno non sembrava capace di imporre al suo protetto una linea di progresso aggiornata con i tempi. Il matrimonio di Zog con la contessina Geraldina Appony nel 1938 aggiunse nuovi elementi di disturbo: errori nel cerimoniale, gesti di freddezza, piccoli incidenti formali colpirono sgradevolmen te le personalità italiane presenti; l'episcopato cattol1co si era astenuto dall'intervenire alla cerimonia non riconoscendo valide

L'Italia e l'Albania dal 1920 al 1939 le nozze; i musulmani, dal canto loro, erano urtati dal fatto che la sposa ungherese fosse di religione differente dalla loro; molti Albanesi poi erano delusi da un matrimonio che poco poteva offrire politicamente ed economicamente.

A questo punto, ·il ministro Cìano cambiò decisamente rotta. Si era fatta l'idea che la Germania, attraverso l'ambiente austroungarico ora presente alla corte di Tirana, potesse - ed intendesse - soppiantare l'influenza italiana in Albania ed in questa convinzione espose, in un lungo rapporto a Mussolini, il suo pensiero sul futuro dell'Albania. Premesso che:

« ( ... ) un 'affermazione italiana, possibilmente di carattere definitivo e rotalirario, varrebbe a controbilanciare nei confronti de l mondo balcanico l'innegabile aumento di peso acquistaro colà dal Reich in seguito alla realizzazione deli'Anschluss ( ) aggiungeva che:

« ( ) Ja nostra opera, della cui singolare importanza bisogna sbarcare in terra albanese per rendersi conto appieno, dovrà trovare al momento opportuno il suo compimento attraverso l'annessione dell'Albania all'Italia. Molte ragioni e di ogni ordine determinano la necessità di un tale avvenimento( .. .)», e concludeva indicando tre linee d'azione: un allacciamento economico sempre più stretto sì da influenzare direttamente le decisioni politiche, soluzione che evidentemente non poteva essere considerata risolutiva; una spartizione del giovane regno in accordo con Jugoslavia e Grecia era invece definitiva e non sembrava presentare molte difficoltà; infine, un'annessione attraverso un'unione personale era anch'essa un'alternativa radicale sfmttabile in rel.azione al dissenso fra corre e popolo e realizzabile previo un provocato movimento di piazza.

E' chiaro che Zog ormai avvertiva !'-atmosfera di insicurezza che lo circondava, il personale antagonismo di Ciano, la ripresa delle trame da parte di una sempre più forte opposizione interna e dei fuorusciti. Per giunta l'orizzonte internazionale si copriva di nubi a causa del problema dei Sudeti sollevato dalla Germania . I n siffatte circostanze il Re cercò di mìgli.orare i rapporti con noi proponendo di elevare le rispettive legazioni al rango di ambasciata, suggerendo di studiare l'eventuale invio di truppe italiane in Albania per allontanare minacce esterne e palesandosi meglio disposto a talune concessioni minerarie dietro nostri impegni di opere di bonifica.

4 · L a crisi nei rapport i f r a Ita lia ed Albania.

Nel gennaio 1939 la situazione albanese appariva su di un piano inclinato. Clausole segrete del trattato italo - jugoslavo del 1937 e contatti, sia pur non approfonditi, fra Ciano e Stojadinovic avvaloravano la plausibilità di una sostituzione di Zog o di una spartizione dell'Albania; l'insofferenza dell'opposizione aveva guadagnato buona parte del popolo; i fuorusciti parlavano apertamente di un nuovo sovrano nella persona di un principe italiano. La caduta di Stojadinovic in certo modo modificò i termini del problema: era adesso difficile una conversazione con la Jugoslavia in merito all'Albania, quindi conveniva «accelerare i temp i » - come scrisse Ciano H 5 febbri\io nel suo diario - per non consentire al nuovo Governo jugoslavo di rafforzarsi politicamente. D'altro canto Zog, in un'udienza accordata n 15 febbraio al nostro ministro Jacomoni, si mostrò informato sulle inte11zioni di Ciano circ-a un'eventuale divisione dell'Albania ed espresse il desiderio di un chiarimento delle rispettive posizioni. Per oltre un mese vi fu una serie di colloqui e contatti ufficiosi che sembrò allentare la lensione, almeno per quanto riguardava la definizione di taluni p r oblemi economici in discussione, ma l'occupazione tedesca della Boemia agitò nuovamente le acque.

Il 21 marzo, il ministro Jacomoni comunicava a Roma (l):

« TI re mi è apparso soprattutto preso dall'amm irazione per quanto aveva compiuto la Germania c dall'idea che si avvicinasse per lui il momento di poter realizzare il suo sogno dell'occupazione del Kossovo jugoslavo.

« Ha detto che se Roma decidesse un'azione contro la Jugoslavia egli potrebbe, al momento in cui le nostre di\·isioni fossero pronte a sbarcare in Albania, iniziare subito un 'azione di bande che, a suo avviso, lo porterebbero in due giorni sino a Nish ( )

«Egli fa rà partire quanto prima per Roma il gcn. Seregi e spera che la sua possa giovare a costituire fra i due Paesi una situazione che, pur salvaguardando la sovranità e l'indipendenza dell'Albania, possa dare a noi piena soddisfazione>>.

Due giorni dopo, nuovo telegramma della Legazione al Ministero degli Esteri (l):

« Re Zog ha inviato stasera in legazione il presidente del Consiglio dei ministri, il ministro degli Esteri ed il suo primo aiutante di campo per infor· marmi che ( ) la Romania e la Jugoslavia starebbero prendendo misure per fronteggiare l'eventuale azione dell'Asse ( .. .).

" Ne:! prospenare tale le dette p..:r::.onalità hanno dichiarato i n nome del re che l'Albania, in ossequio all'alleanza. si metteva a disposizione dell'Italia per qualsiasi C\'Cilicnza. Qualora si do\'essero prendere provvedimenti militari da pane alb,lnese, occorreva tener presente che essi avrebbero avuro scarsissima consistenza se non fossero validamcnre e immediatamente sostenuti da noi. l.c eventuali richieste di intervento di truppe irali:tnc sarebbero da parte del governo albanese, da richieste del materiale necessario ot:r l'esercito albanese.

<< Concordemente i tre autorevoli uomini politici hanno aggiunro che , ovc la simazione internazionale non sconsigliasse un inte rvento di truppe italiane in Albania, esso riuscirebbe in questo momento molto gradito a tutta la popolazione. ( .. . l».

E' difficile intuire quale fosse il pensiero di Zog sull'intervento militare italiano. Probabilmente, ritenendolo pressoché inevitabile, cercava di far buon viso a cattivo gioco sfruttando quello che poteva essere ancora considerato un concreto appoggio al proprio regime e sperando qualche guadagno territoriale a spese Jci vicini. La risposta di Roma venne sotto forma di una bozza di trattato di alleanza che praticamenre trasformava l'influenza italiana in Albania in qualche rosa di molto simile al mandato. Come se non bastasse - previ accordi diretti col Re - il Capo di stato maggiore delle forze armate albanesi sarebbe srato italiano e del pari in mani italiane sarebbero sta te la gendarmeria e la polizia e ... l'organizzazione fascista albanese. Jacomoni fu molto cauto nel trattare la rosa con Zog, anche se questi almeno ·in linea di massima apparve molto disponibile. AIJo.rché però fece vedere lo schema di patto al primo minis tro, Libohova, costui, per guanto sicuramente ben disposto verso noi, si mostrò contrarissimo ad un accordo formale di ral genere. Allora Jacomoni suggerl al Ministero degli Esteri di partire, invece, dal trattato di alleanza in vigore, allargandone le clausole sino a rendedo assai vicino alla bozza che si desiderava realizzare. Sta di fatto che essa suscitò obiezioni da parte del Re ed ancbe di personalità albanesi favorevoli all'Italia. Un direttO intervento di Mussolini, inteso a concludere comunque un accordo più Limitato, che pur non suonando aperta imposizione, per salvare il prestigio di Zog, contenesse l'autorizzazione allo sbarco di un nostro corpo di spedizione, non sortì molto effetto. Zog temporeggiava: da un l ato si mostrava incline a raggiungere un'intesa, dall'altro non inte rrompeva la mobilitazione dell'esercito da poco iniziata ed ispirava manifestazioni anti- italiane. Ma al punto in cui erano giunte le cose, le tergiversazioni erano più dannose che utili. Visto che l'orizzonte internazionale si era rischiarato, i timori di Mussolini di suscitare eventuali reazioni in- controllabili si erano dileguati: la Germania aveva daro la sua approvazione all'intervento italiano in Albania in qualunque forma esso potesse estrinsecarsi, ravvisandovi un rafforzamento delle posizioni dell'Asse; l'Ingh ilterra aveva fatto capire. attraverso le dichiarazioni di Chamberlain ai Comuni, che la questione non la toccava; l'Ungheria si era accodata alla linea di condotta tedesca, anzi aveva manifestato la propria disponibilità -::\ tener buona la J ugosJavia; quest'ultima - anche se con la cadura di Stojadinovk era terminata la politica filofascista - non aveva alc una intenzione di sollevare un casus belli, acconlcntandosi sempl icemente cbe ]'Albania rimanesse Stato formalmente indipendente . Infine c'era la Grecia, ovviamente preoccupata per lo svolgersi degli eventi, ma ancor più preoccupata, nella ridda di notizie c di smentite delle ultime due serrimane, di non offrire essa stessa spunti di attrito, come appare dal significativo scambio di messaggi fra il vice console di Grecia ad Argirocastro, Chimarios, ed il ministro degli Esteri di Atene, Mavroudis (1), in data 4 aprile:

« Vi prego volermi dare istruzioni sul seguente punto. l Greci di questa città mi hanno chiesto quale atteggiamento debbono tenere nel caso probabile di manifestazioni antiiraliane da parte della popolazione di Argirocastro. Chimarios ».

«Vogliate raccomandare caldamente ai Greci ddla v0stra giurisdizione di assolutamente da qualsiasi manifestazione antiitaliana. Mavroudis »

Il 3 aprile il conte Ciano si recò in aereo a Tirana per prendere contatto sul posro con il ministro Jacomoni, mentre, crescendo le voci di minacce rivolte cont ro di noi - in pane vere, in parte esagerate ad arte - veniva disposto il rimpatrio degli Italiani. Così, il 5 aprile l'intera Missione militare si imbarcò nonostante le assicurazioni di sicurezza fornite da Zog. Ormai la situazione si era resa rigida. Mussolini chiedeva la pronta accettazione del trattato cosl come era stato rimaneggiato per eliminare menomazioni all'amor proprio nazionale albanese; Zog , dal canto suo, pur essendo disposto ad accettare le clausole militari, esitava temendo che l'art. 8 del trattato - che riconosceva la parità dei diritti politici e civili dei cittadini italiani ed albanesi in entrambi gli Stati - si rivelasse come un modo mascherato per sopraffare, nel giro di pochi anni con un robusto insediamento italiano in Albania, L'elemento locale e per giunta consentisse agli esuli a-lbanesi in Italia una ben nuova forza a detrimento del regime.

La sera del 5 aprile giunge\·a alla Legazione di Tirana il seguente telegramma di :\lussolini (l) :

«Recatevi dal Re per dirgli che non mi t; possibile dargli la proroga che mi chicde dopo tanti giorni di discussioni. Attendo sua risposta negativa aut positiva a Roma domani giovedl sci non oltre le ore dodici».

Nelle primissime ore del 6 aprile il Presidente del Consiglio ed il ministro degli Esteri consegnarono al nostro ministro Jacomoni il testo delle controproposte: queste praticamente riportavano tutta la questione in alto mare. Malgrado la scadenza stabilit-a per le ore 12, anche dopo tale termine esponenti poli rici e delegazioni della Camera e del Municipio cercarono un accordo {sempre però fondaro sulle controproposte presentate), ma evidentemente Je posizioni reciproche si erano radicalizzate. Nella serata del 6 da Roma perveniva la comunicazione che il dado era lratto ( 2 ):

«Convoglio giungerà a Duraz7o e negli altri porti stabiliti ore 4.30 (dico quanro e trenta) di domani venerdì 7 aprile. Sbarco avrà immediato inizio. Qualora Zog modificasse nel frattempo sue decisioni e accettasse nostre richieste faremmo opportune radiotelegrafiche al Comando del Corpo di Spedizione )>, seguita qt1alcbe ora dopo da un messaggio personale di Mussolini per il Re (3 ) :

« Nello spirito dell'amicizia italo-albanese che Voi invocate e alla quale intendo rimanere fedele, comunico a Vostra Maestà che potete mandare a Durazzo il vostro plenipotenziario per trattare accordo militare col generale Guzzoni, comandante delle truppe italiane, da me autorizzato ad ascoltare il Vostro rappresemante c a riferirmi ».

Le ultime battute che segui rono facevano riferimento al desiderio del Governo albanese di giungere ad una convenzione esclusivamente militare con il Comandante del corpo di spedizione « concernant la collaboration des troupes italiennes avec les troupes albanaises en Albmtie ». Re Zog lasciò Tirana per riparare in Grecia nelle prime ore pomeridiane del ì. Le for:te italiane erano sbarcate in Albania all'alba.

(l) F. Jacomoni, op. citata, pag. 114.

(2) F. Jacomoni. op. citata, pJg. 119.

( 3) P. Jacomoni , op. citata, pag. 120 .

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