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IL CAMPO TRINCERATO DI VAlONA (1916)

E La Sua Rete Strada Le Militare

poi le colline di Trevlazeri sino alla confluenza della Sushica, quindi le colline di Treblova- Goristi, poi il gruppo montuoso del KuzesiG riba (sui 2000 m), infine le montagne che separano l'alta valle Sushica dalla testata del vallone di Dukati e questo dal mare. L'alta Sushica comunica con l'alto Dukati per l'angusto passo di Shingjerkit (m 1124), l'alto Dukati comunica con la costa per l'ampio passo del Logora (m 1050). Fra i due valichi si eleva la piramide del Kjore (m 2018), vero e proprio occhio aperto sulla baia di Valona. In linea d'aria lo sviluppo si aggira sui 100 km (1.30 sul terreno). Tuttavia è da tener presente che a nord il tratto di pianura malarica lungo la bassa Vojussa ha davanti l'ostacolo del corso d'acqua, largo oltre 150 metri ed inguadabile anche in periodo di magra, talché questo tratto poteva essere sorvegliato da semplici distaccamenti. Inoltre, a sud, dal Kuzes.i al Kjore, il terreno ha i caratteri dell'alta montagna, è per gran parte impervio ed è accessibile solo in alcuni punti ben definiti (alta Sushica ed alto Dukati) , cosicché non esigeva una difesa continua. I n definitiva, tolti il tratto piano della bassa Vojussa, di oltre dieci chilometri, e quello montano dal Kuzesi al Kjore, di circa 40 chilometri, la fronte da tenere con una difesa continua si riduceva ad una cinquantina di chilometri: da Mifoli al Kuzesi.

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b. LINEA DELLA SUSHICA (l)

Si trattava della corda dell'arco rappresentato dalla linea precedente, e pertanto aveva in comune con questa le due estremità e la relativa poss.ibilità di trovarvi efficace concorso nell'azione delle navi da guerra. Il suo sviluppo Jineare si aggirava sui 60 chilometri, di cui oltre 10 corrispondevano alla piana palustre della bassa Vojussa ed oltre 20 alla zona montuosa dal Maja Sturos al Kjore; cosicché Ja fronte da tenere con difesa continua si riduceva a meno di una trentina di chilometri : da Mifoli al Maja Sturos. Nel suo tratto centrale questa Jinea era quasi tangente all'arco costiero della baia , perciò in corrispondenza di V alo na la profondità della difesa risultava assai scarsa. Da rilevare, ancora, che la Sushica non costituisce ostacolo dì rilievo essendo tutta guadabile durante il periodo di magra.

Fra le due linee, confrontate indipendentemente dalle forze richieste per guarnirle, la più va ntaggiosa era indubbiamente quella della Vojussa, che presentava notevoli caratteristiche positive: profondità sufficienre in ogni punto per pro[eggere Valana ed il suo scalo dai tiri di artiglierie di medio calibro;

- dominio tattico sulle zone esterne ove il nemico poteva predisporre un attacco (la più importante di queste era la conca di Busmaci, quasi di fronte alla confluenza della Sushica con la Vojussa, a sud-ovest delìa Malakasrra);

- presenza di un ostacolo notevole, perché, se la media Vojussa era guadabile in tempo di magra, i suoi guadi erano però individuati e quindi c'era la possibilità di difenderli;

- possibilità della manovra radiale nell'interno del campo a causa della percorribilità del terreno collinoso da Mifoli al Kuzesi.

Ove però si fosse preso in considerazione il dato delle forze e, soprattutto, assumendo come quantità non variabile le truppe che costituivano il XVI corpo d'armata (tre divisioni di fanteria, un reggimento betsaglieri, un reggimento di cavalleria, 49 batterie leggere e 18 di medio calibro) bisognava concludere che esse non erano sufficienti a tenere la linea della Vojussa. Quando, dunque, il gen. Piacentini formulò il desiderio di rinforzi per difendersi sulla Vojussa, il gen. Cadorna gli telegrafò da Londra chiarendo che di invio di rinforzi non era neanche il caso di parlare, a meno, ovviamente, di un attacco poderoso da parte austriaca, e che, poiché con le disponibilità in loco non era possibile assicurare la resistenza ad oltranza in corrispondenza di tale corso d'acqua né garantire un ordinato ripiegamento nella eventualità di uno sfondamento della linea, s'imponeva la rapida sistemazione difensiva delle posizioni arretrate. « Circostanze diranno poi se su linea arretrata dovrà farsi resistenza oltranza o limitarsi a proteggere sgombro poiché ritengo che tenuto conto caratteristica guerra odierna linea arretrata nonostante difetti rilevati da V.E. sia suscettibile difesa oltranza » (l). Poi incaricò il Sottocapo di S.M ., gen . Porro, di rec arsi in Albania per esaminare e sceg1ìere sul posto una posizione difensiva la cui estensione fosse << in logico rapporto con le forze e coi mezzi colà disponibili», avendo cura di stabilire con inequivocabile precisione i dati del problema, anzi il dato fondamentale : l'organizzazione difensiva doveva basarsi sulle forze in posto, senza pensare ad eventuali futuri incrementi . E, per non lasciare alcun dubbio sul suo modo di vedere le cose, concluse avvertendo il gen . Porro di « voler comunicare al Comandante del XV I Corpo la mia determinazione di non consentire ad alcun au-

1rzento della .forza attualmente a Valona , salvo per quegli elementi accessori di cui risultasse la necessità; e che su quc:sta base Egli dovrà orientare tutte Le disposizioni per la di.fesa di V afona >> (l).

Il gen. Porro giunse a Valona il 6 aprile, vi si tra t tenne qualche giorno esaminando con cma i vari aspetti delle alternative e definì, infine, i criteri per l 'organizzazione difensiva del ca mpo trincerato:

- organizzare la linea della Vojussa come linea di combattimento, allo scopo di trattenere il nemico quanto pitt a lungo possibile e battere le zone defi late dove l'avversario poreva raccogliere truppe e mezzi per l'attacco. La gra\'Ìtazione della difesa doveva essere realizzata in corrispondenza del tratto più debole della retrostante linea della Sushica: la zona della media val Sushica. Nel contempo occorreva prendere tutte le predisposizioni idonee ad assicurare - in caso di necessità - il tempestivo ripiegamento delle unità di fanteria e soprattutto delle artiglierie, e cioè aprire strade, costruite ponti sulla Sushicn, approntare i mezzi di trasporto;

- organizzare la linea della Sushica come linea di resistenza, limitando la difesa continua al tratto Mifoli - Maja Sruros - Krionero; occupando con sempl1ci elementi di sorveglianza i trinceramenti già cos truiti sulla bassa Vojussa ed il settore montano fra Maja Sturos c l'alto Dukati; sbarrando i due passi di Shingjerkit e del Logora; assicurando il concorso delle navi da guerra ai due estremi della linea di resistenza, sia verso la foce della Vojussa sia verso il vallone di Dukati.

Nel corso del 1916 le difese del campo trincerato acquistarono una sensibile robustezza. Si può parlare di due sistemi distinti (schizzo 10): a. La posizione di combattimento, avanzata, era suddivisa in rre linee: la prima, delle piccole e grandi guardie, su due o più ordini di trinceramenti ad immediata vicinanza della Vojussa, dalla foce sino all'altezza di Lopsi, sulle pendid dello sperone di Maja Lops. Le trincee erano per uomini in piedi , per un terzo circa con blindamento di campagna e in calcestruzzo; tutte comunicanti fra loro a mezzo di camminamenti coperti, collegati alla linea retrostante. Il reticolato era continuo quasi ovunque e completato da abbattute, bocche di lupo, lacci giapponesi; la seconda linea, o dei rincalzi, anch'essa su due o più ordini di trincee con caratteristiche simili alle precedenti, era si tuata a raddoppio di quella avanzata, a costa: b. La posizione di resistenza, o della Sushìca, si a ll acciava a quella di combattimento ai caposaldi di Trevlazeri a nord e del valico Shingjerkit a sud . Nel trattO orientale ( da Trevlazeri a .Maja Sturos, all'altezza di Krionero ), il più delicato perché a ridosso di Valona, la sistemazione era costituita da:

- la terza linea, o dei caposaldi, sì trovava sulle dorsali. I principali caposaldi erano quelli di Trevlazeri, Armani, Karbonara. Regepai, Kuzesi, Tartarit. Maja Lops.

In sostanza, la posizione di combattimento sui fronti nord e nord-est era completa anche sotto il profilo dello schieramento delle batterie e tale da consentire perfino una resistenza ad oltranza. Cosa che provocò ulteriori imperiose precisazioni da parte di Cadorna , il quale non intendeva che venisse alterato, sia pure involontariamente, il suo concetto di considerare la linea della Vojussa, nei confronti di un attacco austriaco in forze, come posizione avanzata destinata solo ad assicurare il tempestivo ripiega men to di truppe e mezzi sulla linea principale di difesa. Per tale motivo, anzi. criticò lo sviluppo assunto dai lavori di fortificazione giudicandolo esagerato . Sul fronte meridionale, invece, gli apprestamenti cambiavano data la natura rotta ed aspra del terreno. :.!on si avevano. perciò , sempre tre linee , ma la sistemazione variava secondo i casi. Era ben guarnito con opere chiuse ed aperte il caposaldo di Kundr evica, che costituiva iJ fianco sud, di t·accordo fra Maia Lops e m. Tartarit. Dalle pendici occidentali di m. Tartari t a sud-ovtst di Bratai era stato realizzato, anch'esso su tre linee , lo sbarramento a protezione della valle Sushica e del valico di Shingjerkit , coperto da un reticolatO profondo da cinque a otto metri. Poi seguiva il gruppo di opere a difesa del passo Logora, che andava da m. Kjore al mare.

- una serie di trinceramenti, protetti da un reticolato profondo dieci metri, ai piedi delle alture degradanti sulla riva sinistra della Sushica, per battere il nemico, che superate le posizioni dominanti la Vojussa scendesse ad attaccare direttamente V alo n a;

- una linea difensiva principale sull'alto, includendovi turte le artiglierie non indispensabili sulla p osizione di combattimento e predisponendovi postazioni ed accessi per quelle schierate inizialmente in avanti;

L'occupazione italiana dell'Albania meridionale una ulteriore serie di trinceramenti in contropendenza, sui rovesci dei rilievi, collegati a nord con uno sbarramento all'altezza di Panaja, nella stretta fra la laguna e le pendici di Trevlazeri, ed a sud con la posizione di Krionero.

I lavori furono veramente notevoli. Basti pensare che furono cosrruiti oltre 500 chilometri di strade con relative opere d'arte, per consentire i collegamenti interni di truppe e di rifornimenti nell'ambito del campo, ove prima esisteva solo la rotabile Valona- Mifoli. Pe.r condndere, per il campo trincerato di Valona, apprestato principalmente contro il nemico austriaco, la fronte settentrionale era considerata, a buon titolo, la principale. Quella meridionale era meno pericolosa sia per le provenienze sia per la tobustezza intrinseca delle posizioni, ed era assai più facile da difendere. Ancora: il campo trincerato era stato studiato per un complesso di forze pari a tre divisioni e per una condotta di combattimento che, come Cadorna non si stancava di ripetere, prevedeva la difesa ad oltranza solo sulla posizione di resistenza. Tutto questo dovrà essere ricotdato allorché si prenderanno in esame gli avvenimenti del 1920 .

Da parte austriaca la situazione non era molto migliorata anche dopo la sospensione dell'attività operativa, perché la realizzazione di un'efficiente linea di rifornimenti e sgomberi urtava contro difficoltà fortissime. Soltanto nella seconda metà di aprile 1916 fu possibile portare verso Elbasan il grosso della 14" brigata di montagna, mentre reparti esploranti a Bera t ed a Fieri assicuravano il collegamento con le bande albanesi tuttora sulla Vojossa. Di conseguenza, il Comando austro-ungarico si ·preoccupò essenzialmente dell'organizzazione dei territori occupati. Il 29 aprile fu annunciata nell'Albania centro -setten tr ionale la Besa, la pace generale . Contemporaneamente la popolazione maschile fu invita ta ad arruolarsi in reparti volontari quale premessa alla costituzione di una milizia nazionale, basata sulla leva obbligatoria. Il criterio di considerare l'Albania non come territorio nemico occupato bensì come regione amica liberata indusse a lasciare l'amministrazione e la giustizia locali in mano a personale ed organi albanesi, sotto la sorveglianza di elementi austriaci, ben preparati allo specifico compito. II Comando del XIX corpo di armata a .u. sopperì inoltre alla incombente carestia evitando di gravare sulle popolazioni e, per contro, facendo arrivare derrate dall'Impero, nonostante le precarie condizioni di alimentazione colà esistenti. Fu provveduto altresl all'in troduzione della carta moneta austriaca, che però incontrò qualche difficoltà iniziale. In complesso gli Austriaci fecero bene e, pur badando principalmente ai propri italiane in Afba11Ìa ( J9I4- 20 c '939) interessi, lasciarono un 'impronta che nel nord dell'Albania durò parecchio tempo, grazie anche alla politica di penetrazione artiva ed intelligente che da molri anni essi conducevano fra le popolazioni albanesi. Nei territori ora occupati l'Austria si trovava dunque in una posizione di tutto vantaggio rispetto a noi e per più motivi. Prima di turto il nord ed il centro dell'Albania non avevano popolazioni di stirpe e lingua differenti, in attrito fra di loro; nel centro poi esisteva una spiccata indifferenza per i problemi politici. In secondo luogo, il clero delle tribù cattoliche dei Malissori, tribù fra le più combattive, era nettamente filoaustriaco: non per nulla l'educazione dei preti cattolici era fatta di solito in Austria, e l'Austria si era sempre dimostrata sollecita per le difficoltà economiche di questo clero. In terzo luogo, per i musulmani, cioè per la grande maggioranza delle genti dell'Albania occupata, l'Austria era l'alleata dell'Impero ottomano e quindi dell'Islam. Infine, per tutti gli Albanesi l' Austria era la nemica accanita della Serbia, che aveva strappato ampi territori etnicamente albanesi, mentre l'Italia era alleata proprio della Serbia.

Volendo dunque puntare sull'elemento locale, il Comando a .u. prepose un comandante albanese alle bande in sostituzione del capitano von Ghilardi. Ma il personaggio, Ahmed bey Mathi, non seppe imporsi come il suo predecessore, talché in breve ammutinamenti e tradimenti indussero gli Austriaci a sciogliere alcuni reparti e ad infliggere severe condanne. Naturalmente fu giocoforza spingere allora la 14• brigata da montagna sino alla Vojussa, fermo restando il principio che in caso di offensiva italiana essa avrebbe dovuto ripiegare sullo Skumbi , dove la difesa austriaca si sarebbe irrigidita. A fine maggio, dunque, il XIX corpo d'armata non era più in grado di assolvere i l compito originariamente previsto per le forze austro -ungariche nei Balcani, vale a dire proteggere il fianco dei tedesco- bulgari operanti con obiettivo Salonicco. La situazione era avvertita spiacevolmente sia al Comando Supremo a.u. sia a quello tedesco. Per giunta il gen. Conrad era disposto ad una campagna in Albania soltanto se tutto il nord sino al ·Mathi fosse stato inglobato nell'Impero, e contando sul concorso greco e bulgaro, cui avrebbe lasciato in premio rispettivamente Valona e Durazzo. Anche nella Duplice Monarchia il contrasto fra Comando Supremo e Ministero degli Esteri era netto: il primo, sapendo che l'Impero stava battendosi per l'esistenza, affermava di non poter sciupare energie in uno scacchiere secondario per uno scopo secondario (la costituzione di un'Albania indipendente); il secondo accarezzava l'idea di un'Albania auto- noma ed etnicamente compatta, bene inreso sotto il controllo austriaco. Perciò il Ministro degli Esteri, Burian, non avendo alcuna intenzione di far concessioni di rerrirori albanesi, a parte una fascia meridionale con esclusione di Valona, non si lasciò indurre a promesse allettanti. A questo atteggiamento fu dovuto il disinteressamento che la Bulgaria finl per mostrare per le operazioni in Albania e, poi, il ritiro delle forze bulgare da tale settore, avvenuto in aprile. Da aJlora r imase un vuoto di un centinaio di chilometri dal gomito della Vojussa sino al lago di Ohrida, espos ro a qualunque offesa italiana.

Ma il gen. Cadorna aveva ben altre preoccupazioni . l preparativi austriaci nel Tremino erano chiaro indizio di una imminente offensiva ed il pensiero di avere 48 battaglioni immobilizzati a Valona, di fronte ad un avversario che, ora Io si era compreso, aveva rinunciato alla ripresa di operazioni in forze, era inaccettabile. Pertanto il 26 aprile decise il rimpatrio della 44• divisione (gen. Bertotti), costituita dalle brigate Puglie e Verona, inviando in compenso tre battaglioni territor iali per continuare i lavori ed un altro reggimento di cavalleria per effettuare incursioni oltre la Vojussa. Al rimarco del ministro Morrone rispose subito che a Valona rimanevano ancora 39 battaglioni, più che sufficienti per le dimostrazioni offensive verso l'interno chieste dai Francesi e specificando, a buon conto: <<lvii riservo, naturalmente, di inviare o di ritirare altre truppe dall'Albania, secondoché le esigenze di quel teatro di guerra o di questo saramzo per consigliarlo >) ( 1 ) Il provvedimento suscitò qualche dubbio anche in Salandra che telegrafò al Comando Supremo chiedendo, pur senza voler entrare nel merito delle ragioni militari che avevano condotto a tale decisione, se non fosse il caso di soprassedere in vista delie notizie pervenute da Arene, che accennavano alla presenza di unirà austriache a Berat e ad eventuali, e non improbabili, intese fra gli Austriaci ed i Greci dislocati nell'Albania meridionale (o Epiro settentrionale), nella zona di influenza loro riconosciuta (2). Il gen . Cadorna ripeté i motivi che già aveva illustrato al gen. Morrone e colse l'occasione per evidenziare il contegno decisamente ostile nei nostri riguardi tenuto dalle autorità greche in Epiro e ad Atene (3 ).

Il 15 maggio gli Austriaci attaccavano dal Trentino, come previsto. In relazione agli sviluppi dell'azione, Cadorna decise di concentrare m tempo nella pianura vicentina, a portata degli sbocchi vallivi, una cumara pronta a b:utere e ricacciare l'avversario eventualmente sboccato in piano. Per la costituzione di tale armata (la 5" ) il 23 maggio fu disposto il rimpatrio della 43' divisione (gcn. Farisoglio) con le brigate Marche ed Arno, cosicché il 22 giugno il Comando XVI corpo d'armata, ridotto a ll a sola 38" divisione ed ai numerosi supporti, prendeva la denominazione di <<Comando delle Truppe d'occupazione d'Albania>>. Ne assumeva le funzioni di comandante il gen. Bandini, comandante della 38 " divisione, in quanto il 17 giugno anche il gen. Piacentini aveva lasciato l'Albania perché destinato proprio al comando della 5' armata.

(l) F. 207.3 dma 5 maggio 1916.

{2) Tele data 2 maggio 1916.

(.3) Lerrera clara 7 maggio 19 16 · allegato 26.

In definitiva a metà 1916, in Albania , da ambo le parti vi era interesse a mantenere la stasi opera t iva, aslrazion fatta per qualche scaramucda. Se per gli Italiani i lavori per il campo trincerato erano il pensiero primo, per gli Austriaci si trattava di trovare un assettO che consentisse di riportare in efficienza le unità. E' vero che la 14" brigata da montagna aveva occupato la riva destra della Vojussa per una cinquantina di chilometri, dalla foce a Drizani , in corrispondenza dell'ultima grande an s a del fiume, con elementi s ulle alture deHa Malakasrra, ma la sua capacità offensiva si era sensibilmente ridotta . Il caldo afoso e snervante e la malaria cominciavano ad incidere sugli effettivi, tanto che la brigata aveva già perduto 700 uomini . Inoltre le bande albanesi rappresentavano un aiuto più che dubbio: frequenti le diserzioni, numerosi i rifiuti al giuramento. Dalle parecchie migliaia di armati la loro forza era scesa adesso a soli 2300 uomini. Dopo quanto si è detto può apparire strano l 'insuccesso austriaco nei confronti di queste formazioni, e gli stessi Austriaci cercarono di individuare le ragioni di tale comportamento. L ' unico motivo che finirono per accettare fu l'insofferenza innata al servizio regolare e continuo. Disponibili pe r un tempo determinato e per una determinata missione, al termine di essa gli Albanesi tornavano a casa loro. Anche noi constateremo a nostre spese questa mentalità . Del resto gli arruolamenti nel nord non procedevano affatto nel modo sperato ed i sei battaglioni dì istruzione organizzati nell'Albania settentriona le raggiungevano appena jJ 50% della forza p reventivata. Per giunta, a tergo , il Montenegro dava segni di irrequietezza ed i sintomi di tentativi insurrezionali contribuivano a 1·afforzare il Comando del XIX corpo d'armata nella convinzione che non era possibile prendere iniziative offe nsi ve , ed anzi lo inducevano a resistere alle pressioni del Comando Supre mo a.u. e del fm. Mackensen , Comandante del gruppo di e serciti tedesco - bulgaro ne i Balcani, che avrebbero voluto una moss a su Valona, sia pure a scopo dimostrativo, per

L'occupazione italiana dell'Albania meridionale togliere agli Italiani qualsiasi velleità di spingersi sino a Korça per congiungersi con i Serbi. Questi, riordinatisi a Corflt in un tempo eccezionalmente breve, avevano potuto riprendere il loro posto al fianco degli Alleati in Grecia inviando all'Armée d )Orient tre piccole armate (per complessivi 1.50.000 uomini), una delle quali, la 3", si stendeva sino ai grandi laghi albanesi.

2. L'estensione dell'occupazione.

A questo punto occorre parlare brevemente degli avvenimenti greci per l'importanza dei riflessi che essi avevano nei rapporti fra Atene e gli Alleati. La Grecia, pur avendo mobilitato nel settembre del 1915, aveva poi assunto una posizione di neutralità formalmente benevola verso l'Intesa e da tale atteggiamento non manifestava alcuna intenzione di discostarsi , per quanto vivo fosse il desiderio di Londra e di Parigi di averla dalla loro parte. Il fatto era che, opponendosi recisamente la Russia a qualunque promessa di compensi territoriali, giacché essa stessa aspirava a raggiungere Costantinopoli, veniva a mancare il movente decisivo per entrare in guerra. E c'era di peggio. Si era generato in Grecia un pericoloso antagonismo interno. Da un lato re Costantino XII, tedescofilo per ragioni familiari e per educazione, era favorevole agli Imperi Centrali e trovava seguito in larghi strati della pubblica opinione, specialmente nell'esercito. Dall' altro Venizelos, il quale , non potendo v.incere l'ostilità del Re e schierare il Paese con gli Alleati, si era dimesso da Presidente del Consiglio il 6 aprile 19 1 5 costituendo un partito d'opposizione che raccoglieva le forze più vive e più sane. Però occorre precisare che l'opinione pubblica era in maggioranza contraria a Venizelos. Infatti Costantino, pur desiderandolo, non sarebbe mai entrato in campo con gli Imperi Centrali -a meno della certezza della loro vittoria - riconoscendosi troppo vulnerabile. Si accontentava di aiutarli con una neutralità che apriva loro i porti e favoriva lo spionaggio. Perciò egli significava la pace, mentre Venizelos rappresentava la guerra sicura e la conseguente probabili1à di fare la fine della Serbia e dell'Albania. Per ]e masse , dunque, non esistevano dubbi sulla convenienza a restare neutrali e guadagnare con il commercio. Per giunta i Greci non avevano alcun desiderio di allearsi con gli Italiani, contro i q uali fortemente si dolevano per il Dodecanneso e per l'Epiro settentrionale.

Stando così le cose, il Governo si barcamenava nella neutralità ma con simpatie appena velate verso gli Imperi Centrali. Ln reazione dell' I ntesa si era già palesata nell'aurunno del 1915. quando per recare sollie\·o all'esercito serbo fu stabiìito di aprire il fronte macedonc. ln tale circostanza, visto il poco tranquillizzante contegno ellenico. Gran Bretagna, Francia e Russia ( 1) con un blocco commerciale i mposero la cessione del porto di Salonicco ed il consenso a condurre le operazioni dalla Macedonia. Naturalmente la misura coercitiva non aveva conci liato molte simpatie agli Alleati, tanto pitl che non esitarono a sbarcare truppe anche a Corfù per raccoglicrvi i resti serbi. Di queste truppe faceva parte un reparto di carabinieri italiani ed il fatto diede subito spunto a manifestazioni antiitaliane, panico]armente violente a causa delle non mai celare mire annessionistiche di Atene sull'Albania meridionale, che essa chiamava Epiro settentrionale e dove già aveva fatto entrate truppe regolari approfittando di un accordo politico con l'Italia che indicava una delimitazione delle rispettive Z01Ze di influenza {schizzo 11 ). Il 18 marzo, addirittura, la Camera greca votò arbirrariameme l' ann essione del1'Epiro settentrionale. Il Governo italiano non era propenso ad usare la maniera forte, cui i franco-inglesi avevano già fatto ricorso e che avrebbero ripreso ancor più energicamente, anzi scrisse al gen. Cadoma Ji invitare l'addetto militare ad Atene, col. Mombelli - il quale aveva suggerito di dichiarare al Governo ellenico che il nostro limite di giurisdizione era quello rappresentato dalla linea raggiunta o che sarebbe stata raggiunta in fmuro dai nostri avamposti - ad uniformare la sua condotta al criterio ispirato da Sonnino di evitare un inasprimento dei rapporti con i Greci (2). Il gen. Cadorna rispose a Salandra che avrebbe dato istruzioni in merito al col. Mombelli, rilevando però:

« ( ) quanto grande l>i.t che il Governo ellenico fomenta contro di noi c quanto scarso sia il prestigio del nostro Paese in Grecia , dO\'C - alla Camera dei Deputati - è stato leno fra gli applausi un Yiolento discorso contro il nostro esercito e contro il nostro Sovrano( ... )»; e soggiungendo che:

<• ( ••• )del resto che con la Grecia gio\'i fagire risolutamente è dimostrato

(l) Tuui i rapporti con la Gre<.:ia erano tenuti da tre GO\·erni non tanto perché magna pars dell'Intesa, quanto in ragione dd fatto che dette Potenze enmo state dichiam lc pro tc mici dd Regno di Grecia con In Convenzione di Londra del 1832.

(2) L.!tt::ra del Presidente Salandra al gen. Cad(ltna in data 7 maggio 1916.

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