11 minute read
di Ferdinando Sanfelice di Monteforte “
Parte I alberto SantonI StorIco navale 23
Alberto Santoni e la Marina italiana
Advertisement
Alberto Santoni e la Marina italiana di Ferdinando Sanfelice di Monteforte
Amm. Sq. Ferdinando Sanfelice di Monteforte
Non si può commemorare un illustre storico, qual è stato Alberto Santoni, senza ricordare, anzitutto, la sua passione giovanile per la Storia Navale: risale infatti al settembre 1958 una sua lettera a Italia sul Mare – edita e diretta da Vito Bianco – per la rubrica “Archivio”, curata da Aldo Fraccaroli (1919-2010). In questa lettera, Santoni si definiva “uno studente molto appassionato di marina da guerra”3 e dimostrava già una competenza non disprezzabile, domandando le ragioni per cui, nel Jane’s di quell’anno – da lui acquistato - non comparisse più nei disegni l’indicazione della corazzatura, a differenza di quanto avveniva nelle edizioni precedenti.
Qualche anno dopo, Alberto Santoni iniziò con lo stesso entusiasmo e dedizione la sua lunga collaborazione con la Marina, che lo vide prima nell’incarico di Direttore della Sezione Documentazione dell’Ufficio Storico, dal 1971 al 1977 e, dopo un intervallo di alcuni anni, insegnante di Storia Navale in Accademia Navale.
Questa collaborazione ebbe anche momenti di tensione, specie quando l’autore si trovò coinvol-
3 Italia sul mare, Anno IV, n° 9 Settembre 1958.
24
Naval History
to nella difficile questione del presunto “tradimento” della Regia Marina, durante la Seconda Guerra mondiale. Già, vari anni prima, fonti di parte avevano accusato la Regia Marina di aver tradito, durante la guerra, la Patria e – soprattutto – il Fascismo. Il primo episodio era stato scatenato dalla lettura dell’Articolo 16 del Trattato di Pace, che diceva:
“L’Italia non incriminerà né in altro modo molesterà i cittadini italiani compresi i componenti delle Forze Armate (nel testo ufficiale in francese è scritto : “soprattutto i componenti delle Forze Armate” ) per il solo fatto di aver espresso simpatia per la causa delle potenze dell’Alleate o Associate o di aver svolto azione a favore della causa stessa durante il periodo tra il 10 giugno 1940 e la data di entrata in vigore del presente trattato”4
Questa clausola alimentò i sospetti, specie di coloro che avevano aderito alla Repubblica Sociale, e divennero aperta polemica quando uscì un libro, pubblicato in Inglese, contenente le memorie dell’Ammiraglio Francesco Maugeri (1898-1978). L’Ammiraglio, compagno di corso in Accademia del Duca di Spoleto (Aimone di Savoia-Aosta, 19001948), era stato, durante tutta la guerra, il Capo del SIS, il Servizio Segreto navale, e in quegli anni era stato nominato Capo di Stato Maggiore della Marina repubblicana; le sue memorie, che citavano i suoi contatti con il nemico, in epoca precedente l’armistizio – atto tipico di ogni servizio segreto – provocarono una tale scia di polemiche da spingerlo alle dimissioni dall’incarico e accettare quello di Rappresentante Militare Italiano alla NATO. Oltretutto, in quest’ultima destinazione, egli fu decorato dal governo USA per ”la condotta eccezionalmente meritoria nella
4 D. Lembo, L’Ombra del Tradimento sulla Marina Italiana. Storia 2009, pag. 5.
Parte I alberto SantonI StorIco navale 25
esecuzione di altissimi servizi resi al Governo degli Stati Uniti come capo dello spionaggio navale italiano”5, il che causò ulteriori polemiche.
Alla radice di queste ultime non vi era solo una tendenza politica: poco dopo la fine della guerra, infatti, vi erano state alcune testimonianze di nostri ufficiali, presi prigionieri, che riportavano al loro rientro la scoperta - a bordo delle navi inglesi che li avevano raccolti in mare - di ordini di servizio indicanti una conoscenza da parte avversaria dei movimenti delle nostre unità navali. Questo era accaduto dopo l’affondamento del Colleoni a Capo Spada, e poi dopo la sventurata incursione di parte della flotta italiana a sud di Creta, concretatasi nello scontro di Gaudo e nella strage di Matapan.
Oltretutto, numerosi comandanti di convogli e di sommergibili in guerra si erano vantati del fatto di essere riusciti a evitare attacchi nemici, seguendo rotte e portandosi in posizioni lontane da quelle ordinate, mentre molti tra coloro che avevano seguito le rotte prescritte avevano trovato unità nemiche ad attenderli.
Passarono pochi anni e un ex ufficiale della Regia Aeronautica, che aveva optato l’8 settembre 1943 per la Repubblica Sociale, Antonino Trizzino (1899-1973), pubblicò per Longanesi, nella collana “I libri de Il Borghese”, il libro Navi e Poltrone, in cui si ribadiva la tesi, gradita ad alcuni ambienti, non solo di destra, del tradimento della Regia Marina. Il libro, inizialmente, non incontrò il favore del pubblico finché – per la grande fortuna dell’autore – la Marina non decise di trascinarlo in giudizio per diffamazione, ottenen-
5 Ibid.
26
Naval History
do come risultato un successo di vendita del libro, ben superiore alle aspettative iniziali dello stesso editore.
In questo contesto si inserì Alberto Santoni, il quale cercò di verificare quanto affermato da Trizzino, mediante una ricerca degli archivi britannici. La sua conoscenza dell’Inglese, insieme ai contatti che aveva stabilito nel mondo accademico londinese gli erano – e gli sarebbero stati nel seguito – di grande aiuto.
La sua prima scoperta fu oltremodo inusuale: un documento redatto dal “rappresentante britannico a Stoccolma, Mister [Ambasciatore] Mallet”6 , riportava infatti l’offerta – da parte di un presunto agente italiano – di “consegnare dietro compenso agli Inglesi alcune navi della Regia Marina, commercialmente quotate al pari di titoli nella Borsa Valori”7 .
Un intermediario svedese avrebbe dovuto condurre questa trattativa, con un cosiddetto gruppo di “una ventina di alti ufficiali, desiderosi di strappare la Regia Marina dall’influenza dei regimi fascista e tedesco”8 che avrebbero, a suo dire, avanzato la proposta.
Premesso che qualsiasi documento, senza conferme nei fatti o in altre carte, resta privo di validità storica, l’assenza di riscontri a questo strano documento ha costretto chiunque abbia trattato la questione a limitarsi ad avanzare ipotesi. Santoni, per iniziare, ritenne che “l’insofferenza verso il regime fascista, il miraggio di lauti guadagni e la contemporanea garanzia di una preventiva immunità rappresentarono i motivi fondamentali di fantastiche e spesso ingenue iniziative, promosse da servitori dello Stato italiano a vantaggio del nemico di allora”9. Il tradimento o un tentativo di truffa, quindi, gli sembrarono plausibili.
6 A. Santoni, Il Vero Traditore. Ugo Mursia Editore, 1981, pag. 59-60. Figlioccio della Regina Vittoria, Sir Victor Alexander Louis Mallet (1893-1969) fu ambasciatore britannico a Stoccolma (1940-45), Madrid (1945-46) e Roma (1046-1953).
7 Ibid.
8 Ibid.
9 Ibid.
Parte I alberto SantonI StorIco navale 27
Rimangono però aperte altre ipotesi: anzitutto questo contatto potrebbe essere stato uno “scherzo” di matrice italiana tentato nei confronti del nemico, magari con la prospettiva di recuperare valuta pregiata, risorsa sempre più preziosa per l’Italia in guerra – e il SIS giocò il nemico molte volte, guerra durante, come nel caso del sabotaggio dei mercantili internati in USA, all’atto della dichiarazione di guerra. Infine non ci può esimere dal dubbio che questo documento fosse una “bufala”, inventata dal suo compilatore, per valorizzare il proprio ruolo in una posizione comoda e sicura, con copertura diplomatica, in un paese neutrale. Non si trattava di un caso isolato: altri documenti, contenenti affermazioni chiaramente fuori della realtà sono apparsi negli anni più recenti, negli archivi ex sovietici. Del resto, Graham Greene (1904-1991) - uno scrittore che aveva a suo tempo fatto parte del Servizio Segreto britannico, il MI 6, descrisse bene questo fenomeno nel suo capolavoro, “Il Nostro Agente all’Avana”, un’ulteriore conferma che gli agenti segreti, bisognosi di dimostrare il loro attivismo, spesso lavorano di fantasia. Mentre Churchill, saggiamente, scrisse che “tutto ciò sembra folle (fantastic)”10, e chiuse la questione dopo poco, in Italia la citazione di questo documento alimentò ulteriormente le polemiche di casa nostra, come se quanto ivi riportato avesse una intrinseca credibilità,
Ma Santoni non si fermò qui, ben conscio di essere ancora lontano dalla meta. Ci volle del tempo, ma alla fine numerosi altri documenti, reperiti dall’autore, fecero luce, in modo inoppugnabile, su un altro fatto grave, ma ricorrente in tempo di guerra: il governo britannico riusciva infatti a
10 Ibid. pag. 61
28
Naval History
“leggere” i dispacci della Regia Marina, grazie all’organizzazione ormai nota come ULTRA; queste copiose intercettazioni spiegavano in modo circostanziato perché alcune operazioni, come la sventurata azione di Gaudo e Matapan, avessero avuto un esito infausto. Ovviamente, questa scoperta smentì alcune certezze in cui si erano cullati gli ufficiali di Marina che avevano prestato servizio nel periodo bellico: la maggior parte di loro, infatti, era sicura che i codici dei nostri messaggi non fossero mai stati violati, se non per effetto della cattura o dell’affondamento di alcune nostre unità11. La frequente sostituzione delle chiavi, nonché dell’intero sistema di cifratura, poi, era a loro parere un’ulteriore garanzia di inviolabilità. A parziale discolpa di questi ufficiali va detto che i Britannici, guerra durante, avevano avuto estrema cura nel fare del sistema ULTRA il segreto meglio protetto durante tutta la guerra, e per questo posero una cura estrema nel non darci indizi sul fatto che loro leggessero i nostri dispacci; il sistema più comune era quello di inviare un ricognitore Sunderland, il quale si metteva in bella vista, sia pure fuori portata delle nostre armi, per farsi attribuire dagli Italia-
ni il “merito” della scoperta. Questo, ad esempio, accadde in occasione dell’infausta sortita di Gaudo e Matapan. Come racconta infatti l’Ammiraglio Angelo Iachino (1889-1976), appena la formazione italiana ebbe superato lo Stretto di
11 Si trattò dei sommergibili Galilei, Uebi Scebeli e Durbo. La Regia Marina fece del resto lo stesso, recuperando i cifrari del CT Mohawk, affondato presso le Secche di Kerkennah.
Parte I alberto SantonI StorIco navale 29
Messina, “alle 12:25 il Trieste ci aveva comunicato di aver avvistato verso sud un aereo inglese”12 di quel tipo; oggi sappiamo, grazie a Santoni, che il velivolo fu inviato appositamente per “proteggere la fonte” delle informazioni.
Ma c’è di peggio: è possibile, infatti, che persino l’attacco e l’affondamento di nostri mercantili che trasportavano in Italia prigionieri britannici e del Commonwealth fosse stato “tollerato” dai comandi britannici, sempre per tutelare la fonte dell’informazione, per cinica che possa sembrare questa ipotesi.
Anche se, nel caso del Veniero (affondato il 9 dicembre 1941) non è provato che la natura di quel tipo di carico umano fosse nota a Londra, è invece confermato che i Britannici sapessero che a bordo vi fossero loro prigionieri nei casi degli affondamenti dell’Ariosto (14 febbraio 1942), del Loreto (13 agosto 1942) e dello Scillin (14 novembre 1942).
Inizialmente, neanche le prime rivelazioni di Santoni su ULTRA erano riuscite a scalfire tale convincimento: si arrivò infatti a sostenere, come ultima linea di difesa, che la sorpresa di Matapan fosse stata l’effetto della violazione dei messaggi inviati da Supermarina al X CAT della Luftwaffe, per motivi di coordinamento. Infatti, tali messaggi erano cifrati con il sistema ENIGMA, e quindi facilmente decrittabili dal sistema ULTRA.
Le scoperte di Santoni, però, fecero crollare anche questa certezza: la documentazione sulle intercettazioni era talmente copiosa che rese evidente la totale vulnerabilità del nostro sistema di cifratura, impotente a resistere all’ULTRA.
Comprensibilmente, per alcuni anni ci fu un numero elevato di ufficiali che vedevano il professor Santoni – nel frattempo egli si era dedicato all’insegnamento universitario a tempo pieno – con diffidenza, se non con freddezza. La mole di documenti da lui trovati, però, non consentiva obiezioni, e lentamente l’amara verità fu accettata, tanto che gli fu chiesto di diventare professore di Storia Navale all’Accademia di Livorno.
12 A. Iachino. Gaudo e Matapan. A Mondadori, 1946, pag. 79.
30
Naval History
Per questa questione vale quanto il professor Santoni scrisse: “l’equilibrio nel valutare gli avvenimenti storici e nell’esprimere giudizi su di essi costituisce il metro della maturità di un individuo come di una collettività”13. L’amarezza per quanto era stato detto nei suoi confronti, da parte di alcuni ufficiali della nostra Marina, traspare da tale affermazione, fin troppo applicabile a tanti altri casi similari.
Ma l’opera della ricerca della verità, da parte degli storici, è un processo senza fine. Rimangono ancora da trovare i riscontri, non solo sul curioso episodio della “vendita delle navi” - per capire di cosa si tratti - ma anche, e soprattutto, sui presunti probabili tentativi di Casa Savoia, tra il 1941 e il 1942, per ottenere la pace separata. Ai giovani storici spetta questo compito, arduo ma non impossibile, per far luce appieno sulle vicende di casa nostra nella Seconda Guerra mondiale.
Per questa questione vale quanto il professor Santoni scrisse: “l’equilibrio nel valutare gli avvenimenti storici e nell’esprimere giudizi su di essi costituisce il metro della maturità di un individuo come di una collettività”13. L’amarezza per quanto era stato detto nei suoi confronti, da parte di alcuni ufficiali della nostra Marina, traspare da tale affermazione, fin troppo applicabile a tanti altri casi similari.
Ma l’opera della ricerca della verità, da parte degli storici, è un processo senza fine. Rimangono ancora da trovare i riscontri, non solo sul curioso episodio della “vendita delle navi” - per capire di cosa si tratti - ma anche, e soprattutto, sui presunti probabili tentativi di Casa Savoia, tra il 1941 e il 1942, per ottenere la pace separata. Ai giovani storici spetta questo compito, arduo ma non impossibile, per far luce appieno sulle vicende di casa nostra nella Seconda Guerra mondiale.
13 Ibid., p. 8.