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di Donato Tamblé “

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Alessandro Cialdi Alessandro Cialdi e il progetto d’ingrandimento del porto di Civitavecchia∗e il progetto d’ingrandimento del porto di Civitavecchia

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di Donato Tamblé di Donato Tamblé

Nel 1861 il celebre comandante della marina pontificia Alessandro Cialdi1, che dopo un periodo di esilio, in seguito alla sua adesione alla

∗ Per una prima versione più breve del presente saggio, cfr.: DONATO TAMBLÉ, Cialdi e il porto di Civitavecchia. Un progetto urbanistico inattuato in: Il tesoro delle città, Strenna dell’Associazione per la storia della città, III, 2005, pp. 532-543. 1 A ventuno anni nel 1828 Alessandro Cialdi era stato ammesso a frequentare la scuola nautica di Genova e ben presto aveva iniziato a navigare, prima come pilota e poi come scrivano, su brigantini del regno di Sardegna diretti in Brasile. Dopo aver conseguito le patenti di capitano di cabotaggio, di lungo e gran corso, nel 1832 assunse il comando di un modesto bastimento, il San Carlo, di proprietà del romano Carlo Nepoti, che commerciava con il Brasile. Nel 1835 prese servizio come contabile e pilota provvisorio sul brick San Pietro della marina militare pontificia addetto alla sorveglianza sanitaria contro il colera nel Tirreno. Nel 1837 ebbe l’incarico di sovrintendere al trasporto a Bahía di un gruppo di detenuti politici destinati a lavorare per la società di colonizzazione brasiliana con cui era stato stipulato un contratto. Fra le sue imprese più famose si ricorda il trasporto nel 1839 di due obelischi di granito rosa dalla Cava di Baveno, sul Lago Maggiore, alla villa dal principe Alessandro Torlonia a Roma, con un viaggio per fiumi e mari (Ticino, Po, Adriatico, Ionio, Tirreno, Tevere) che portò a destinazione l’imbarcazione Il Fortunato, profittando nell’ultimo tratto della piena del Tevere e dell’Aniene. Ancor più celebre la cosiddetta spedizione in Egitto iniziata il 21 dicembre 1840 e durata trentotto giorni, che ebbe il compito di portare a Roma i monoliti di alabastro, dono del governatore Mohammed’ Ali a Gregorio XVI, per la nuova basilica di S. Paolo fuori le Mura. In questa occasione il capitano Cialdi volle anche risalire con il bastimento La Fedeltà il corso del Nilo per scoprirne le sorgenti e giunse alla cateratta che divide l’Egitto dalla Nubia, a 924 km dal Cairo. Dopo una missione a Londra per commissionare la costruzione di tre piroscafi rimorchiatori, fu nominato maggiore della marina di finanza e poco dopo, il 3 febbraio 1842, ispettore e comandante, col grado di tenente colonnello. Recatosi di nuovo in Inghilterra, ne ritornò con i tre piroscafi, navigando il Tamigi e la Manica e poi seguendo il corso dei fiumi e dei canali francesi. La sua relazione di questa impresa venne pubblicata a Parigi nelle Annales maritimes et coloniales del 1843. Cominciava così anche la carriera di studioso che vide il Cialdi progettare migliorie per la marina e per i porti dello Stato. Lo scoppio della prima guerra d’indipendenza portò il Cialdi ad effettuare diverse operazioni militari in

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Repubblica Romana del 1849, era stato reintegrato dal papa nel 1856 col grado di colonnello, decise di dedicare di nuovo un suo importante studio al principale porto dello Stato, quello di Civitavecchia2, la città nella quale era nato il 9 aprile 1807 e dove si era manifestata la sua vocazione marinara, che aveva potuto assecondare con l’iniziale sostegno economico e l’incoraggiamento del fratello Angelo.

Scopo del progetto3 era adeguare il porto alle mutate condizioni dei trasporti terrestri, che vedevano la comparsa della ferrovia, allo sviluppo del commercio, e alle migliori conoscenze scientifiche sul moto delle onde, cui lo stesso Cialdi aveva dato un notevole contributo di ricerca.

Adriatico a sostegno del corpo di spedizione pontificio e quindi, dopo essere stato promosso (20 dicembre 1848) dal Governo provvisorio colonnello onorario, sotto la Repubblica romana gli fu dato il comando unitario della marina da guerra, per cui dopo la restaurazione dovette recarsi in esilio a Firenze. Qui riprese gli studi scientifici, che gli valsero vasti consensi accademici in Italia e all’estero e in seguito ai quali, nel 1856, pubblicò una monografia, Sul moto ondoso del mare e sulle correnti di esso, che avrà una seconda edizione ampliata a Roma nel 1866. In altre pubblicazioni Cialdi prospettò l’applicazione delle sue teorie al canale di Suez. Riabilitato nel 1856 ottenne il comando della Immacolata Concezione, destinata ad uso personale di Pio IX e fu posto col grado di colonnello al comando della marina pontificia, ormai ridotta alla sorveglianza delle coste laziali e del Tevere e mantenne il comando anche nella breve campagna del 1870 contro il Regno d’Italia. L’ultimo periodo della sua vita, sino al 1882, fu dedicato alle pubblicazioni scientifiche. L’Accademia delle scienze di Parigi nel marzo 1878 per il suo libro Nozioni preliminari per un trattato sulla costruzione dei porti sul Mediterraneo lo nominò membro corrispondente e l’anno successivo l’Accademia dei Nuovi Lincei gli offrì la presidenza. 2 Cfr., in precedenza: A. Cialdi Quale debba essere il porto di Roma e ciò che meglio convenga a Civitavecchia e ad Anzio. Lettera del commend. Alessandro Cialdi tenente colonnello della Marina militare pontificia agli amatori del bene di Roma e dello Stato, in “Il Giornale Arcadico”, to. 109 XIII, N. 33 e in “L’Album”, 10 ottobre 1846 e ID., Parallelo geografico ed idrografico fra i porti di Civitavecchia e Livorno / Lettera all’Eccme Camere primarie di commercio di Roma, Ancona e Civitavecchia del commend. Alessandro Cialdi, in “Il Giornale Arcadico”, to. 109, Roma, Tipografia delle belle arti, 1846. 3A. Cialdi, Disegno per l’ingrandimento e miglioramento del porto di Civitavecchia, Roma, Tip. Salviucci,1861. presentata al Ministero del Commercio e dei Lavori pubblici pontificio

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“Alessandro Cialdi, Piante di Civitavecchia col progetto di un nuovo bacino in ampliamento del Porto, situato tra la vecchia città e la stazione della ferrovia”.

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Dopo una premessa storica sul porto antico nella quale anzitutto l’autore rende omaggio al padre domenicano Alberto Guglielmotti per la sua Storia della marina pontificia, il Cialdi dichiara di voler introdurre «sullo stato presente di esso alcune osservazioni dettatemi dalla pratica da me ivi fatta nello svolgersi della mia carriera nautica, alle quali unirò una pianta idrografica del porto e topografica della presente città e della sua determinata ampliazione, affinché serva di maggior chiarezza per tutto ciò che quindi sarò per dire».

Infatti egli continua: «malgrado i sommi pregi da noi testé accennati cospiranti tutti insieme a rendere il porto, di cui trattiamo, il meglio situato della costa d’Italia, ed il più felicemente immaginato, molti pur tuttavia asseriscono essere il porto di Civitavecchia incomodo specialmente perché oramai troppo angusto».

Per meglio spiegare la situazione presente del porto Il Cialdi premette una “idrografica descrizione” :

«La superficie del nostro porto, chiusa dall’antemurale ed abbracciata dai due moli sporgenti che principalmente lo costituiscono, è di metri quadrati 12194, alla quale aggiunta quella del bacino della darsena in metri 25654, forma un intero di metri quadrati 187848. Di questa superficie però possono considerarsi. soli metri 111522 atti a dare stallìa ai bastimenti. E ciò che merita più seria annotazione si è che di tutta la lunghezza delle banchine, che addentellano i moli per metri 1692, soltanto metri 220 dentro il porto, cioè sotto la fortezza e dirimpetto a Porta Livorno, e 50 dentro la darsena, cioè sotto il palazzo apostolico, presentano banchina da carico e da scarico: principale mezzo che si adatta alle convenienti operazioni commerciali, e lo sviluppo maggiore o minore del quale costituisce il maggiore o minor pregio di un porto di commercio».

Dopo aver ricordato «che anche a parità nelle altre condizioni, l’utilità maggiore o minore di un porto commerciante dipende dalla misura e dal numero delle banchine, ossia dallo spazio utile lasciato al commercio per l’imbarco e lo sbarco delle merci», il Cialdi rileva che

«di tutta la lunghezza delle banchine del nostro porto e darsena in metri lineari 1612, non abbiamo che soli metri 270, come si é notato, atti a dare utile spazio per le operazioni commerciali». Inoltre questa lunghezza non è comodamente utilizzabile a causa

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«della limitata distanza che disgiunge la fortezza dalla battigia del mare; a cagion della ripida cordonata e salita che bisogna ascendere per guadagnare la notevole differenza di livello fra la banchina ed il piano stradale di Piazza d’armi presso Porta Livorno, ed a cagione del faticoso ed angusto accesso che offre ai carri il posto occupato dalla darsena, e l’incomodo di poi dei trasporti. Giacché la via Adriana, unica nella città che per la sua minore acclività e declività, si adatti a porla in comunicazione con la ferrovia, stretta come è, venendo ingombrata dai carri, torna molesta e ritarda la circolazione di tutta intera la città stessa che, vi affluisce: al quale, gravissimo inconveniente si aggiunge, per sopra mercato, la gran distanza di essa darsena dalla stazione della strada ferrata».

Peraltro l’aumento di questa banchina porterebbe

«gravi danni, sia col convertire in banchina, per esempio, la seccagna che dalla Sanità marittima si estende sino a mezzo il braccio principale del molo di levante del porto detto la Calata; sia colla riunione dei due scali sotto la fortezza, protraendone la formazione in un solo spazioso dinanzi ai bassi fondi e seccagne che ivi sono lateralmente a detti scali, sia infine con allargare le banchine istesse che girano intorno al bacino della darsena.

In particolare l’eliminazione delle seccagne darebbe maggior impeto alle onde provocate dai venti meridionali, che entrando per la bocca di levante percuotono il molo del Lazzaretto e lo stesso avverrebbe per i flutti che entrano per la bocca di ponente così che i “flutti diretti e quella risacca, incontrando un nuovo e meno distante ostacolo verticale ed un fondo di acqua maggiore, si rifletterebbero da esso e con impeto andrebbero a danneggiare i bastimenti ormeggiati al molo del Bicchiere, il quale in oggi è la parte più sicura, e l’unica, si può dire, sufficientemente tranquilla del porto».

Ma anche allargando le banchine non ci sarebbe lo spazio necessario per i magazzini di deposito, elemento importante per un porto funzionale. Occorre infatti pensare ai bisogni del commercio e al «mantenimento del bacino della darsena ad uso pubblico, militare ed idraulico», e qui il Cialdi contesta l’idea che più facilmente poteva venire in mente per potenziare il porto: quella di allungare

«l’antemurale da ambe le parti, in guisa da ottenere che lungo i moli, di cui si tratta, il mare possa essere talmente tranquillo, e sempre, da permettere ai bastimenti di operare con la sicurezza e sollecitudine che richiede lo scarico ed il carico delle merci che è quanto dire un congruo spazio di acqua placida ad uso di bacino».

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Si tratta di un rimedio peggiore del male perché, come il Cialdi dimostra, in realtà “ il commercio ne scapiterebbe, ed il paese correrebbe rischio di perdere il porto”.

Ed è al commercio che bisogna pensare, è il commercio che va difeso, il commercio marittimo, aumentato in tutto il Mediterraneo negli ultimi anni, specialmente dopo l’applicazione del vapore alla navigazione, e dopo “l’ingegnoso ed utile innesto dell’elica alla vela”.

Con l’apertura del canale di Suez e il progresso dovuto alle “vie ferrate”, si può esser certi che “la prosperità di Civitavecchia non può mancare di sempre più estendersi, vista la sua vantaggiosa situazione geografica e la sua attenenza a Roma”, per cui il suo porto già troppo angusto necessiterà ancor più di ampliamento. Le leggi dell’economia e della concorrenza saranno un’altra spinta di modernizzazione, poiché

«la guerra di centesimi, che oggi fa a sé stesso il commercio, vuole che al minimo possibile siano ridotte le spese di operazioni commerciali, onde far fronte alle altrui concorrenze; ed un porto, che non sia fornito di bacini non potrà mai entrare con vantaggio in tale concorrenza» Sui vantaggi dei bacini il Cialdi porta altre ragioni:

«I bastimenti ormeggiati in acqua tranquilla ed a ridosso dei venti forti conservano meglio i loro scafi, i loro attrezzi, e sopratutto i loro ormeggi posti in un recinto con diligenza guardato non hanno a temere verun rubamento. In quanto al governo, guadagna non solo i diritti imposti alle mercanzie tolte all’occasione del contrabbando, ma tutta la economia che risulta da un numero minore d’impiegati necessari alle operazioni di dogana e dei balzelli (diritti indiretti) in bacini esattamente chiu-

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si, con magazzini spaziosi, regolari e contenenti, in luogo separato, ciascuna specie di prodotti soggetta a tasse differenti».

Appare dunque indiscutibile la necessità di realizzare i bacini come un sicuro fattore di razionalizzazione della circolazione delle merci fra la riva ed il mare:

«uno o più di questi bacini, convenientemente comodi e tranquilli, fa d’uopo che il porto di Civitavecchia possegga, e che la strada ferrata ne possa fruire con la massima economia di tempo e di spesa».

Ma ciò non può ottenersi con l’allungamento dell’antemurale perché il Cialdi asserisce con un felice assioma che “i bacini sono spazi attigui ai porti, ma non già, i porti sono bacini”, mettendo in guardia dalle «conseguenze idrauliche e nautiche che dalla esecuzione di un simile progetto sorgerebbero».

La prima è il pericolo di un più rapido insabbiamento. Infatti,

«è canone inconcusso nella scienza idraulica, che la tranquillità assoluta di un porto non si può ottenere che col sacrificio della esistenza del porto stesso. I materiali ostruttivi, peste dei porti, fondano la loro dimora negli spazi più calmi, e quel porto che gli porge tranquillo ricettacolo ne resta presto ricolmo». Agendo dunque sull’antemurale ed estendendolo

«sarebbe alterato lo stabilito naturale benefico regime delle correnti, e come sarebbe diminuito quel giuoco istesso di flutti; che se da una parte rende in genere incomodo il porto, dall’altra però lo preserva in specie spurgato». Per quanto riguarda poi la navigabilità,

«un allungamento all’antemurale, e specialmente da levante ove sarebbe necessario estenderlo di più per realizzare lo scopo della necessaria tranquillità assoluta, peggiorerebbe di assai le condizioni nell’entrata e nell’uscita dal porto».

Per il Cialdi un «miglioramento non potrà praticarsi, se prima non si pensa a dar comoda e tranquilla stanza ai bastimenti che debbono fare operazione di commercio» e questo è il motivo per cui chiede l’esecuzione del suo progetto in seguito al quale «diverrà agevole bonificare le bocche» e ciò renderà «meno incomoda la stallìa nel porto».

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Un altro elemento basilare del progetto del Cialdi è quello di un più diretto collegamento della ferrovia con il porto. Infatti,

«è massima che una via ferrata, la quale mette capo in un porto abbia una Stazione marittima, cioè a contatto col mare, a fine di attenuare le spese e gl’incomodi dei trasporti quanto più si può».

A differenza di Livorno, dove si era reso necessario costruire una seconda costosa stazione per il porto, nel caso di Civitavecchia,

«fu mente della società della nostra ferrovia piantare la stazione a contatto col mare, non ignorando, l’utilità somma di tal pratica. Ma disgraziatamente la mancanza di spazio accosto al porto, e il non potere estendersi sul mare senza deteriorare gravemente le costruzioni del porto stesso, ha obbligato ad allontanarsene; ed ora la stazione si trova distante dal porto, nella più prossima parte, circa 560 metri, ed innalzata a metri 9, 50 sopra il pelo medio del mare».

Per ovviare a questo grave inconveniente era stata anche proposta una soluzione che sarà poi effettivamente realizzata e condizionerà il fronte mare di Civitavecchia fino ad anni molto recenti, quella di congiungere con un braccio di via ferrata la stazione sino alla fortezza per usare la banchina ivi esistente. Cialdi ritiene invece questo espediente «lontano dal raggiungere lo scopo di avere facile e comoda comunicazione col mare» e propone una soluzione inversa, quella di «far giungere, per via più breve, il mare alla stazione, piantata nel centro del luogo destinato all’ampliazione della città», realizzando bacini e canali artificiali.

Il suo progetto segue la logica urbanistica dello sviluppo della città:

« Studiata la topografia del porto e della città di Civitavecchia, non può cadere dubbio sulla scelta del posto ove meglio convenga aumentare la superficie di tranquillo galleggiamento di cui si ha bisogno, e condurre il mare alla stazione. Essendo da levante la stazione della ferrovia non che l’ingrandimento della città, e dalla parte stessa essendo pure più buona l’aria, e non poche altre ragioni per essa militando, si vede subito che a levante del porto è la parte da preferirsi, e non a ponente o altra parte qualunque».

Invece, «a ponente poi del porto, e ad esso attiguo, sarà molto profittevole costruire almeno un bacino di carenaggio, di cui oggi ogni porto di qualche importanza deve essere fornito».

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La pirocorvetta pontificia Immacolata Concezione, varata nel 1859 La pirocorvetta pontificia Immacolata Concezione, varata nel 1859

Il progetto, consistente «in un canale e in un bacino, co’ suoi annessi, che dal porto conduca il mare alla stazione», viene illustrato con un dettagliato disegno, che costituisce la tavola I dello stampato.

Il vantaggio di una simile operazione è anche quello «non meno importante d’incorporare il movimento commerciale marittimo nel centro stesso delle città che vi si dedicano».

Ma il canale porta anche altri benefici:

« Esso si stacca da presso il centro del porto e s’incammina quasi rasente le mura della città, e giunto a quello spazio ove per ordine militare non possono costruirsi casamenti, si apre in bacino, quindi tutta la sua superficie, ad eccezione di una piccola quantità, occupa un terreno che non ha valore, essendo esso destinato parte ai fossi e parte agli spalti militari.

Ed ancorché questo terreno si volesse considerare fabbricabile, pure stando, esso, a confronto dell’area compresa nella nuova cerchia, come uno a tredici, toglierebbe ben poco all’ingrandimento della città che non manca di sito. Per altra parte poi il proposto canale e bacino dà invece al porto quell’aumento che dovrebbe necessariamente fin da ora darglisi anche nel caso in cui volesse, per intero cedersi al commercio l’uso della

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darsena e suoi annessi: giacché, attesa l’angustia del luogo, essa riuscirebbe di un vantaggio appena sensibile per lui. Ed oltre ciò si trasformerebbe in servizio difettosissimo quello veramente utile che al presente la darsena medesima presta».

Ma è prevista anche una seconda fase successiva di ampliamento del progetto. Infatti col tempo e con l’aumento del commercio risulterà angusta anche la superficie occupata dal bacino per cui il Cialdi prevede di poterla estendere «tanto da congiungere, col mezzo di grande canale che servirà anche ad uso di bacino, la rada della Punta del Pecoraro con il porto».

Questo grande canale/bacino, posto «parallelamente e prossimo alla riva del mare, tutta di natura grossa cioè scogliosa, e terminandosi a sopravvento e a sopraccorrente del porto, si adatta al modo di rinnovare giornalmente la massa dell’acqua che contiene: ed a questo effetto vedesi indicato nella Tav. II lo sbocco, per mezzo del quale potrà usarsi con facilità e con vantaggio del giuoco del flusso e riflusso del mare».

Fin qui le considerazioni scientifiche del Cialdi che quindi enumera i vantaggi economici e urbanistici dell’operazione.

« Fornito di magazzini lungo le sue banchine, potrà dirsi un bacino continuato … E quando saranno demolite le mura di fortificazione, che ora, per così dire, lambisce, guadagnerà non poco spazio per aumentare il numero dei magazzini e dei casamenti…. Esso nell’offrire spazi, e spazi convenientemente disposti, alla costruzione di magazzini, provvede ad edifici di. prima necessità».

Il commercio favorirà quindi lo sviluppo edilizio e l’espansione della città:

« Il portare il centro del commercio marittimo a contatto del luogo destinato all’ampliazione della città, incoraggirà gl’interessati a costruirvi delle case e dei palazzi; principiando così a dare al detto luogo quella vita che tutt’ora gli manca. Inoltre l’esperienza ci mostra, che senza l’ingrandimento del porto non è naturale quello della città; giacché un vasto porto con piccola città di commercio marittimo può stare: ma formarsi una grande città di questa specie con piccolo porto, non mai».

Ci saranno anche conseguenze sulla viabilità, non tutte positive a prima vista, ma accettabili ad una più attenta considerazione:

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«la completa riunione delle opere pel canale farà perdere alle carrozze ed ai carri dirigentisi per piacere o per commercio verso la Porta Pia quel tratto di strada che da Porta Romana mena alla stazione; ma quel tratto non sarebbe già ugualmente perduto se vi si stabilisse il proposto braccio di via ferrata? E ciò senza provvedere al bisogno, cui appunto si vuol provvedere? D’altronde ha questa perdita un bel compenso nel far porre in esercizio la Porta Traiana posta di fronte alla Porta Romana, ugualmente comoda, più prossima alla stazione e che per le vie più larghe della città da fabbricarsi conduce alla stessa Porta Pia ed alle altre di san Francesco e san Giovanni che mettono tutte nella via Aurelia altrimenti detta Romana ».

L’utilità del suo progetto viene così sintetizzata dal Cialdi:

« Con l’effettuazione del proposto canale e bacino si ha economia grande per i trasporti, per i bastimenti e per le mercanzie: si ha miglioramento nell’amministrazione, liberazione dagli ostacoli della dogana, efficace freno ai contrabbandi - e semplificazione di lavoro per i negozianti: si ha l’importante vantaggio di ridurre il presente porto a solo uso di antiporto, cioè destinato soltanto a dar ricovero ai bastimenti appena giunti ed ai pronti alla partenza: si ha benefizio universale senza sagrificio di privati. Cosicché, compite le linee ferrate da una parte e migliorato in questa foggia il porto, otterrà certamente Civitavecchia un gran commercio di deposito marittimo, e sarà dotata di un vasto commercio di transito ».

Resta il problema della spesa necessaria a porre in atto il progetto che va confrontata con i benefici pratici ed economici mediante un’analisi che oggi definiremmo di costi/benefici.

Il Cialdi affida la considerazione dei due aspetti, commerciale e di ingegneria, che richiedono conoscenze professionali specifiche, a due suoi amici, Biagio Donati (naturalista e insigne malacologo, cugino di Alberto Guglielmotti) e Roberto De Rossi, ingegnere. Lo studio pro-

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gettuale si completa così con una serie di tavole e conti, da cui risulta l’utilità economica dell’operazione, tale da «potervi ricavar conveniente utile a favore di chi ne intraprenda la spesa» e da poter “ottenere la concessione di costituire una società anonima per l’esecuzione dei lavori”.

Nell’ottobre 1861 il Disegno per l’ingrandimento e miglioramento del Porto di Civitavecchia, venne dall’autore presentato, corredato da piante, al Ministro dei Lavori pubblici perché fosse sottoposto, per averne l’approvazione, al giudizio del Consiglio d’arte, che era l’organo superiore tecnico – l’equivalente di un Consiglio superiore dei lavori pubblici – cui era demandato l’esame dei preventivi e dei consuntivi “degli affari di arte”, fra cui i lavori idraulici. Così Cialdi scriveva, il 10 ottobre 1861, al Ministro del Commercio e Lavori Pubblici, barone Pier Domenico Costantini Bandini:

« Alcuni anni orsono nel vedere il sempre crescente movimento commerciale nel porto di Civitavecchia, mi si mostrò il bisogno d’ingrandimento e di miglioramento di esso porto, e perciò fin d’allora ne tracciai l’idea. In oggi quel bisogno mi si è manifestato una necessità assoluta, quindi ho creduto tornar in quella istessa idea facendone soggetto di sviluppato disegno. Il qual disegno l’E.V. troverà qui unito con analoga scrittura e tipi respettivi, aggiungendovi soltanto la preghiera di sottoporlo al voto del Consiglio d’arte e di darmene opportuna concezione, in virtù della quale mi occuperei tosto della formazione di una Società anonima per la pronta esecuzione de’ necessari lavori. I completi e particolareggiati termini di essa concezione verranno in seguito di comune accordo stabiliti. Nella speranza di essere dalla bontà dell’E.V. favorito, mi dò l’onore di confermarmi con tutto l’ossequio dell’eccellenza Vostra Umilissimo Dev.mo ed Obb.mo servitore,

Alessandro Cialdi ».

Tuttavia ciò non avvenne, per motivi che ignoriamo, ma che probabilmente furono causati da maneggi sotterranei volti a insabbiare il progetto del Cialdi, che rimase per alcuni mesi al Ministero senza essere inoltrato al Consiglio d’arte, mentre lo furono altri due progetti, il primo del Capitano Benedetto Giacchetti, e il secondo di una impresa denominata Società Cattolica. Conosciuta la cosa, il Cialdi reclamò al Ministero e finalmente riuscì a farlo inviare all’esame tecnico dal Ministro che il 18 luglio 1862, con nota prot. 4917, scriveva:

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« A somiglianza di quanto è stato disposto col progetto di un nuovo porto a Civitavecchia alla punta del Pecoraro di San Gordiano, il Consiglio d’Arte porterà il suo esame sull’altro progetto di ampliamento del Porto attuato, ideato ed esibito dal sig. Commendator Cialdi, e si compiacerà riferirne. Il Ministro ». Nella sessione del 21 luglio 1862 il Consiglio d’Arte chiedeva un parere preliminare come precisava nella nota responsiva il Segretario: «Ad imitazione di quanto è stato proposto sopra altri progetti riguardanti l’ampliamento del porto di Civitavecchia, precedentemente rimessi al Consiglio, sarà opportuno che anche per quest’altro, ora inviatogli per suo esame, venga preliminarmente richiesta una circostanziata informazione del sig. Ingegnere della Delegazione di Civitavecchia ».

Di conseguenza il 29 luglio 1862 il Ministro del Commercio inviò il progetto del Cialdi al delegato Apostolico di Civitavecchia per un esame tecnico di fattibilità, con queste parole:

«Altro progetto concernente l’ingrandimento e miglioramento del Porto di Civitavecchia è stato ideato ed esibito a questo Ministero dal Sig. Commendator Cialdi. Lo rimetto alla S.V.I e R., pregandovi di farlo esaminare da cotesto ingegnere di acque e strade perché ne dia una circostanziata informazione »4 .

Sfortunatamente, dopo pochi giorni, tutto fu bloccato per decisione sovrana e un articolo dell’organo ufficiale di stampa del governo diede notizia che nessuno dei progetti aveva avuto approvazione né avrebbe potuto averla per le particolari circostanze politiche ed economiche:

« Siamo autorizzati a dichiarare che il Governo Pontificio crede assai conveniente di prevenire chiunque possa avervi interesse, ed in qualunque paese si trovi, che i progetti messi in campo per trovare una Società che intraprenda alcuni lavori straordinari tendenti a migliorare il Porto di Civitavecchia sono progetti che non hanno avuto la sanzione del Governo stesso, e nelle circostanze attuali non potrebbero averla »5 .

In effetti molte erano le proposte che erano state presentate al Governo, nella speranza di ottenere approvazione e finanziamenti. Fra le carte del Ministero del Commercio e Lavori pubblici c’è notizia di almeno altri 4

4 Ministero del Commercio e Lavori Pubblici, prot. N. 5038. Una nota marginale sulla minuta della lettera precisa che fu copiata e spedita il 30 luglio 1862. 5 "Giornale di Roma", n. 176 - 1862 lunedì 4 agosto.

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progetti oltre quello del Cialdi, e precisamente i progetti Bracuzzi, Giacchetti, Castagnola, e della cosiddetta Società dei Cattolici.

In particolare segnaliamo una supplica in italiano e in francese, con relazione del Cav. Alberto Rostand a nome della Società Cattolica di Francia, riguardante la realizzazione di un nuovo Porto di Civitavecchia alla Punta del Pecoraro o di San Gordiano. In essa si citano altri due progetti

“per l’ampliazione dell’attuale Trajano mediante un Dock che l’ing. Bracuzzi e il Capitano Giacchetti penserebbero di aprire a sinistra al cosiddetto Prato del Turco, dell’importo presunto di un milione novecentomila scudi: mentre il colonnello Cialdi si prefiggerebbe di scavarlo a destra, con la spesa approssimativa di scudi ottocentocinquantamila. Il terzo poi che riferisce al Porto del Pecoraio da ricostruirsi di nuovo, venne proposto dalla Società anonima francese, in principio colla indicazione di cinque millioni, poi di otto, e dagli ingegneri Castagnola e Volpato con soli 4 milioni di scudi. Si fatti pensieri pullularono in vista dell’apertura dell’Istmo di Suez: ma sebbene siano decorsi degli anni, niuno saprebbe dir oggi se questo grande avvenimento geografico commerciale sia per divenire o no una realtà. Peraltro o che nol sia o che si verifichi in avvenire, questo è certo al giudizio delle persone competenti: che l’attual Porto Traiano soddisfa oggi a mal pena ai bisogni della Marina e che ogni giorno diviene più insufficiente a rispondere al crescente sviluppo del commercio e della navigazione”.

Ma l’11 agosto1862 lo stesso Ministro, in una nota al delegato di Civitavecchia, ribadiva:

«Per le note disposizioni adottate dal Superiore governo non essendo più luogo a progetti di ingrandimento di codesto Porto o di costruzione di un porto nuovo, sarebbe inutile che il sig. Ingegnere Monti si dasse attorno all’esame di quelle proposte, impiegandovi un tempo che più utilmente potrà dedicare ad altre incombenze dell’uffizio. Quindi potrà la S.V. I. e R. ritornare tutte le carte relative che gli erano state trasmesse».

Una lettera inedita, che lo stesso Cialdi indirizzò successivamente al Cardinale segretario di Stato Giacomo Antonelli permette di ricostruire meglio questa vicenda6. Il Comandante della Marina pontificia si preoccupava di sgombrare il campo dalle illazioni e dalle chiacchiere che si facevano sulla bocciatura dei progetti per supposti tentativi di corruzione dei funzionari che dovevano giudicarli, voci che rischiavano di far d’ogni erba un fascio, coinvolgendo nell’accusa anche il progetto del

6 ASR, Antonelli, b.1.

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Cialdi, che invece era stato danneggiato e tenuto da parte proprio per le manovre dei successivi progettisti concorrenti. Per questo il Cialdi proponeva la pubblicazione di un suo articolo chiarificatore sull’Osservatore romano e l’esame, senza impegno di pronuncia, in attesa di tempi migliori, da parte del Consiglio d’arte.

La lettera, che ha per mittente il Commendatore Alessandro Cialdi, reca in allegato il testo a stampa del progetto, illustrato anche da due grandi tavole topografiche, tratto dal “Giornale arcadico”. Ecco il testo della missiva da noi scoperta:

«Eminenza Reverendissima,

Il commendatore Alessandro Cialdi, Oratore umilissimo della Eminenza Vostra Reverendissima, umilmente Le rappresenta che fino dall’ottobre dello scorso anno 1861 fu a presentare a S. E. il sig. Ministro de’ Lavori pubblici un disegno per l’ingrandimento e miglioramento del Porto di Civitavecchia pregando che questo suo scritto fosse sottoposto al giudizio del Consiglio d’arte, e dopo ciò quando il superiore Governo lo trovasse utile, concedesse al Petente la facoltà di costituire una società anonima che a tutte sue spese, senza alcuna garanzia per l’interesse, e concorso qualsiasi del pubblico Erario avrebbe assunto l’esecuzione dei lavori. Tale disegno avendo incontrato il favore dei commercianti, venne l’autore eccitato a pubblicarlo con la stampa; al che egli acconsentì per conoscere le osservazioni che potevano esservi fatte onde giovarsene all’occorrenza. Intanto dopo molti mesi che era restato giacente il suo progetto presso il Ministero de’ Lavori pubblici senza che fosse stato rimesso all’esame del Consiglio d’arte, si venne a conoscere che era stato richiesto il suo parere sopra altri due progetti, uno cioè a nome del Capitano Giacchetti, ed un altro esibito da una Società Cattolica. Fu allora che il Cialdi reclamò all’encomiato Ministero perché anche il suo disegno fosse sottoposto a un eguale esame; ma se ottenne esso la richiesta remissione al lodato Consiglio, pochi giorni dopo fu questa revocata mediante una dichiarazione del Superiore Governo pubblicata dal foglio ufficiale di Roma, in cui veniva annunziato che i progetti esibiti per trovare una società intraprendente i lavori diretti a migliorare il Porto di

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Civitavecchia non aveano ottenuto l’approvazione Sovrana, e che non potevano averla nelle attuali circostanze.

Mentre l’Oratore era certo che con tale dichiarazione la Superiorità non poteva avervi compreso il suo disegno, sia perché questo non era ancora stato esaminato, sia perché le circostanze forse dell’Erario cui appellava il

Governo non vi facevano ostacolo, perché il Cialdi non richiedeva alcun sussidio diretto o indiretto del Governo; conobbe però che non così si pensava dal Pubblico, il quale vedendo disapprovati i progetti in genere esibiti pei lavori d’ampliazione del Porto di Civitavecchia, riteneva che vi fosse perciò incluso anche quello dell’Oratore. La voce poi che va tuttora divulgandosi, che tale dichiarazione sia stata dalla Superiorità pubblicata perché si erano scoperte delle pratiche non convenienti usate dai progettisti per ottenere speciali favori, ha dovuto colpire la delicatezza e l’onore del Cialdi che in luogo di favore aveva veduto abbandonato all’oblio il suo disegno, mentre altri esibiti posteriormente erano stati presi in considerazione. Geloso l’Oratore dell’onor suo (e si può dire anche dello stesso Governo di cui Egli è funzionario, ricuoprendo un delicato officio) stimò necessario di stendere l’annesso articolo che desiderava far inserire in un giornale officioso che si pubblica in Roma per far cessare supposizioni equivoche a suo carico. Tale articolo non può urtare la suscettibilità di alcuno, tanto che sperava che S. E. il Ministro de’ Lavori Pubblici ne avesse permesso la pubblicazione; ma restò delusa la sua speranza, avendo avuta una ripulsa alla sua domanda. In tale situazione il Cialdi supplica vivamente l’Eminenza Vostra Reverendissima perché si degni penetrarsi della sua delicata posizione, e di permettere la pubblicazione del proposto articolo nell’Osservatore romano, per garanzia del suo onore, ed in pari tempo voglia degnarsi, a suo conforto soltanto, che il suo disegno sia preso ad esame dall’Ecs.o Consiglio d’Arte, e ciò senza che il Governo assuma impegno alcuno dell’approvazione di esso, su che a tempi migliori potrà decidersi, considerando che senza dispendio alcuno dell’Erario si eseguirebbe un’opera tanto utile la quale dopo un dato termine diverrebbe proprietà della R.C.A. ». Sul retro della lettera un rescritto recita:

« Allegato: Disegno per l’ingrandimento e miglioramento del Porto di Civitavecchia del Commendatore Alessandro Cialdi - Roma, Tipografia Salvimi in 4o con due belle tavole topografiche.

Di questo disegno, il quale consiste nella descrizione del Porto attuale di Civitavecchia e nello sviluppo del modo con cui il chiaro suo Autore avvisa migliorarne le condizioni ha già dato un cenno di meritata lode la Civiltà Cattolica nel suo fascicolo 299 del 6 settembre or perduto alla pag. 602 e chiunque si faccia a leggerlo può di leggieri persuadersi che

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molti e grandi vantaggi conseguirebbero il Commercio e l’Erario una volta che venisse attuato. La qual cosa giova sperare che avvenga in quanto è ragionevole il credere che il medesimo non poté essere preso di mira dalla dichiarazione inserita nel giornale di Roma del 4 agosto prendente intorno a progetti di simil natura e scopo, dacché l’Autore oltre il subordinare l’esecuzione del suo piano al quando il Governo creda conveniente di consentirvi, non esigge d’altra parte verun concorso del pubblico Erario sia nel sostenere le spese e sia a dare guarentigia per l’interesse».

Nel frattempo, il 6 settembre, il progetto aveva ricevuto un favorevole giudizio da parte della rivista Civiltà Cattolica7, che di seguito alla recensione, precisava che il caso non poteva considerarsi chiuso:

«Dopo una elegante descrizione del Porto di Civitavecchia il Cialdi ne prende a rigorosa disamina le condizioni idrografiche per le quali è universalmente sentito il desiderio di vederlo ampliato, siccome quello che è il meglio situato sulla costa d’Italia sul Mediterraneo. Trapassa quindi a ragionare i disegni del divisato ingrandimento, indicando partitamene le spese e il tempo che a ciò si richiederebbe, e i vantaggi che senza fatto se ne dovrebbe ricogliere, quando i tempi permettessero di mettere mano a sì bella impresa. Quando questa felice congiuntura si offrisse, teniamo per fermo che sarebbe preso in ispeciale considerazione questo bello studio del Chiar. Sig. Cialdi. È certo che nei tempi che corrono il Governo non si trova incoraggiato ad occuparsi di progetti che abbisognino di notevole assistenza pecuniale da Lui, siccome si può scorgere dal savio avviso inserito nel Giornale di Roma del 4 agosto1862 n. 176. Ma ci crediamo in dovere di far notare ai nostri lettori che il progetto del Cialdi non è compreso in detto avviso, giacché esso all’opposto di altri per uguale oggetto presentati, domanda soltanto il permesso di essere portato ad effetto quando si trovi utile e conveniente al Governo ed al Commercio. Esso niuna spesa o guarentigia d’interesse richiede dal pubblico erario ».

Dopo il 1870 Cialdi revisionò il proprio progetto tenendo conto che la linea ferroviaria Civitavecchia-Livorno aveva intanto occupato parte del porto e che si erano tuttavia liberati nuovi spazi in seguito all’abbattimento delle mura. La revisione fu pubblicata dalla Rivista Marittima del 1872, V, fasc. IX. Il tracciato del bacino e del relativo canale, che avrebbero messo in comunicazione la stazione ferroviaria con il porto, era stato ridisegnato e i nuovi scandagli, calcolati stavolta dall’ingegnere del Genio civile Gaetano Bompiani, erano

7 Cfr., "Civiltà Cattolica", quaderno 299, 6 settembre 1862, p. 602.

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collocati sempre da Biagio Donati. Ma ancora una vo collocati sempre da Biagio Donati. Ma ancora una volta non se ne lta non se ne fece nulla. fece nulla.

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