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Scacco all’Imperatore. Note epistemologiche alla partita di Schönbrunn, di Giangiuseppe Pili “
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Scacco all’Imperatore
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Note epistemologiche alla partita di Schönbrunn
di Giangiuseppe Pili
Ifasti scacchistici registrano la partita perduta da Napoleone a Schönbrunn nel 1809 contro il Turco1, un imbattibile automa costruito nel 1770 dall’ungherese Kémpelen Farkas (1734-1804) e acquistato nel 1804 dal meccanico di corte Johann Nepomuk Mälzel (1772-1838). Sulla partita esistono molte testimonianze contraddittorie, alcune delle quali raccontano che il Corso cercò ripetutamente di barare e avrebbe addirittura preteso che l’automa giocasse la rivincita bendato. La sconfitta era però scontata in partenza. Malgrado la celebre caricatura di Boney che dà scacco matto a Lord Cornwallis (1802), Napoleone era infatti considerato un giocatore mediocre, per quanto accanito2. Come mai il genio delle battaglie perdeva agli scacchi? Perché qui il suo segreto – cambiare le regole – non era consentito. A differenza della guerra, gli scacchi non sono un camaleonte.
Ma c’era il trucco: a battere l’imperatore non fu in realtà l’automa, bensì il suo operatore occulto, il campione austriaco Johann Baptist Allgaier
1 1.e4 e5 2.Qf3 Nc6 3.Bc4 Nf6 4.Ne2 Bc5 5.a3 d6 6.0–0 Bg4 7.Qd3 Nh5 8.h3 Bxe2 9.Qxe2
Nf4 10.Qe1 Nd4 11.Bb3 Nxh3+ 12.Kh2 Qh4 13.g3 Nf3+ 14.Kg2 Nxe1+ 15.Rxe1 Qg4 16.d3 Bxf2 17.Rh1 Qxg3+ 18.Kf1 Bd4 19.Ke2 Qg2+ 20.Kd1 Qxh1+ 21.Kd2 Qg2+ 22.Ke1 Ng1 23.Nc3 Bxc3+ 24.bxc3 Qe2# 0–1. Tom Robertson, Napoleon vs the turk. a
Play, 2 Anche se l’apertura irregolare che porta il suo nome, caratterizzata dal fatto di esporre la regina, è probabilmente un calembour sui rischi di partire in guerra lasciando a casa Joséphine, scandalosamente infedele.
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(1763-1823), uno dei quindici che in ottant’anni si succedettero in quel ruolo. L’operatore, rannicchiato all’interno del tavolino, seguiva le mosse dell’avversario di turno grazie a dei magneti applicati ai pezzi, le riportava su una minuscola scacchiera interna e poi mediante un sistema di leve comandava le braccia del manichino per muovere a sua volta. Il Turco aveva battuto pure Benjamin Franklin; acquistato nel 1811 dal viceré d’Italie e rivenduto a Mälzel nel 1815, dieci anni dopo fu portato in America, dove ispirò un celebre saggio di Edgar Allan Poe3. Naturalmente molti sospettavano l’inganno, ma il segreto fu mantenuto fino al 1854, quando l’automa, finito al Museo cinese di Filadelfia, fu parzialmente distrutto in un incendio. Oggetto di due film nel 1926 e nel 1981 (El jugador de ajedrez, di Juan Luís Buñuel), l’automa fu ricostruito a los Angeles fra il 1984 e il 19894 .
Prima di Alan Touring5 e Bletchley Park, le macchine, incluse quelle militari più complesse, erano mero hardware, mere protesi umane, semplici proiezioni di lancia e scudo, come amava dire John Keegan6. Ed è interessante sottolineare che l’applicazione dell’informatica agli scacchi7 ha preceduto di vent’anni l’applicazione alla tecnologia militare, posteriore alla seconda guerra mondiale.
3 «Maezel’s Chess Player», 4 Simon Schaffer, «enlightened automata», in Clark al. (Eds), the Sciences in enlightened europe, The University of Chicago Press, 1999, p. 126-165. Tom Standage, il turco. la vita e l’epoca del famoso automa giocatore di scacchi del Diciottesimo secolo (2003), Nutrimenti, Roma, 2011. Nino Grasso, l’ imperatore che giocava con i re. Napoleone e gli scacchi tra storia, leggenda, falsi e misteri, Mursia, Milano, 2016. 5 A. M. Turing, intelligenza Meccanica, Bollati Boringhieri, Milano, 1994. 6 J. Keegan, a History of warfare, Vintage, London, 1993. 7 P. Ciancarini, I giocatori artificiali, Mursia, Milano, 1991. Id., «Il computer gioca a scacchi», Mondo Digitale, 2005. V. G. Pili, Un mistero in bianco e nero La filosofia degli scacchi, Le Due Torri, Bologna, 2012, cap. 11.
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Homo ludens8, certo. Ma cos’è, esattamente9, ‘gioco’? I giochi sono modelli della realtà10, insiemi di oggetti definiti da insiemi finiti di regole, sui quali si costruisce un linguaggio specifico11. Gli scacchi sono un tipo particolare di giochi di competizione tra due o più giocatori e «a somma zero», in cui i guadagni dell’uno equivalgono alle perdite degli altri. Inoltre sono ‘giochi mentali’, perché si possono giocare senza scacchiera, addirittura senza mani e alla cieca12. E infine possono essere giocati in modo «eterodosso»13, con regole diverse da quelle internazionali14. In termini epistemologici, la ‘metafisica’, o l’essenza, del gioco consiste nelle regole, le quali stabiliscono le proprietà e le relazioni tra gli oggetti e le procedure per modificarle. Vi è poi la ‘scienza’, il know-how necessario per impiegare le regole a proprio vantaggio, ossia per elaborare una ‘strategia’. In genere sono possibili più ‘strategie’, e il loro numero aumenta in funzione della complessità delle regole e della scienza dei giocatori. La complessità delle strategie dipende a sua volta dalla capacità dei giocatori di anticipare non solo la prossima mossa dell’avversario, ma la stessa evoluzione del gioco.
In termini matematici, prevedere il futuro significa calcolare su fattori la cui incertezza è funzione della loro non linearità e dalla loro combinazione. Nel gioco competitivo a ciò si aggiunge l’ulteriore incertezza circa le scelte dell’avversario, che sono rette – come dice Edward Luttwak15 – da una logica paradossale, per cui i comportamenti ovvi sono in linea di mas-
8 J. Huizinga, Homo ludens, Einaudi, Torino, 2002. 9 L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino, 2009. 10 G. Pili, L’eterna battaglia della mente Scacchi e filosofia della guerra, Le Due Torri, Bologna, cap. 7. V. pure Martin Van Creveld, the Culture of War, Ballantine Book, New York, 2008; Id., Wargames, Cambridge U. P., New York, 2013. 11 G. Ragunì, I confine logici della matematica, Aracne, Roma, 2009; K. Gödel, Scritti scelti,
Bollati Boringhieri, Milano, 2011. 12 A scacchi si può giocare per corrispondenza, ieri con le cartoline oggi con le mail: è una modalità piuttosto diffusa. Si può giocare pure alla cieca, comunicando le mosse oralmente. Esistono record di decine di partite giocate alla cieca in simultanea e tornei in cui entrambi i giocatori giocano alla cieca. 13 V. l’insuperato A. Chicco e G. Porreca, il libro completo degli SCaCCHi, Mursia, Milano, 1985. 14 Il regolamento ufficiale della FIDE è online nel sito fide.com. 15 E. Luttwak, the logic of War and Peace, Belknap U. P., Harvard, 2001.
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sima i meno probabili16. Negli scacchi – dove la «nebbia della guerra» è sicuramente assai meno spessa che nella realtà – per ogni singola posizione sono possibili una ventina di semi-mosse, di cui solo due-tre hanno un senso (cioè sono da valutare) e solo una o due sono da considerare come candidate per essere scelte. La capacità di individuarle dipende dall’esperienza e dalla conoscenza dell’avversario, non dal calcolo delle variabili, possibile solo per un software17. Nelle partite tra umani le mosse sono quindi scommesse, più che previsioni.
Inoltre calcolare configurazioni di varianti significa semplicemente anticipare cosa può accadere, non quali vantaggi o svantaggi ne deriveranno. Nel gioco, come in guerra, la valutazione è relativa alle circostanze: interessi e obiettivi tattici degli avversari variano nel corso della partita.18 Un fattore vantaggioso alla prima mossa, potrebbe non esserlo alla quarta. La conquista del centro in apertura può essere abbandonata per il controllo della settima traversa in medio gioco-finale. La variazione non è prevedibile a priori perché è determinata dall’interazione delle due strategie contrapposte, e pure dall’attrito, ossia le contromosse imposte dall’avversario che ritardano il piano iniziale e quasi sempre costringono a cambiarlo.19
Gli scacchi sono poi un gioco relativamente semplice, perché mimano una battaglia. Il gioco che mima la guerra è il go, dove si possono vincere tutte le battaglie e perdere la partita. Il go sfrutta appunto la durata, che massimizza l’opacità del futuro. Un software può calcolare alcuni futuri e darne una valutazione, può dunque spingere in là la nebbia di guerra, ma non può né eliminarla né minimizzarla. Può soltanto spostarla leggermente più avanti, giusto il tempo di proclamare «mission accomplished» e mollare la patata arroventata al prossimo Presidente. Negli scacchi i software
16 Sulla difficoltà pratica di rilevare i problemi della sorpresa strategica: R. Betts, T. Mahken (eds.), Paradoxes of Strategic intelligence, Frank Cass, Londra, 2005. 17 P. Ciancarini, «Il computer gioca a scacchi», Mondo Digitale, 2005. In realtà non sono i computer ma i software che giocano a scacchi: e lo fanno con sensibili differenze. Come ben sanno i giocatori per corrispondenza, i motori di analisi ammettono forze e debolezze in modo differente in base al momento del gioco (E. Pepino, N. Vozza, Gli scacchi tra fosforo e silicio, Le Due Torri, Bologna, 2010). Sul giocatore umano: S. Vezzani, Scacchi e psicologia, Messaggerie Scacchistiche, Brescia, 2011. 18 Su questi problemi esiste una letteratura scacchistica sterminata. 19 K. Popper, Miseria dello storicismo, Feltrinelli, Milano, 2013. Sulla dimostrazione logica e filosofica del futuro aperto G. Pili, Filosofia pura della guerra, Aracne, Roma, 2015, cap. 2.
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hanno varianti di apertura e un gran numero di finali nel database. Nel mediogioco applicano alcune funzioni di calcolo su pochi elementi noti spingendole a milioni di mosse in avanti. Ma il gioco è talmente vasto che milioni di mosse in avanti sono molto lontane dalla totalità. Nel go il software più forte in circolazione ha in memoria tante partite di campioni umani memorizzate, che utilizza per scegliere le grandi configurazioni e poi calcola le mosse delle piccole configurazioni. La nebbia di guerra rimane la stessa, l’attrito immutato. I software sono efficienti a condizione che non gli si cambino le regole del gioco.20 Ma la guerra è un camaleonte: la strategia consiste appunto nel sovvertire principi e regole: i criteri astratti della vittoria possono diventare quelli concreti della sconfitta. Ci sono un’infinità di guerre perdute da chi è sprofondato nell’abisso della sua stessa vittoria. Negli scacchi la regola prevede che entrambi gli avversari vogliano darsi reciprocamente scacco matto. In guerra, invece, c’è una dissimmetria radicale, colta da Clausewitz, tra l’attacco e la difesa. Questa è la forma più forte proprio perché il suo obiettivo è negativo (evitare la sconfitta).
I giochi mentali, gli scacchi e il go su tutti, dimostrano che il futuro è aperto. I software riescono a simulare alcune componenti del pensiero, ma non tutte. Sono molto efficienti, ma a patto di rispettare le regole. E anche così resta l’attrito. Il computer non ha eliminato le condizioni per cui gli scacchi e il go hanno un senso: essi rappresentano molto bene quella nebbia di guerra che scherma la nostra capacità di prevedere il futuro. Perché il futuro è sempre e sempre sarà aperto, anche quando dal cielo debbano piovere i fiumi di fuoco intelligente della nuova ultima guerra. Non è quel tipo di intelligenza che rimuove l’attrito e la nebbia, semplicemente ne crea una nuova perché per ogni luce c’è sempre molta ombra. Inevitabilmente.
20 Interessante la recente partita tra Vladimir Kramnik (uno dei più forti giocatori professionisti, successore di Garry Kasparov nel titolo mondiale separato) e un potente software collegato ad un braccio meccanico. La mossa di Kramnik di collocare un pezzo esattamente al centro di quattro caselle è risultata spiazzante per il software, incapace di proseguire la partita.