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La divinatio bellica nel mondo antico, di Donato Tamblé “
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di Donato Tamblé
Divinatio e praedictio divina nel mondo antico
La storia dei tentativi dell’uomo di conoscere e anticipare il futuro con diverse arti e tecniche attraversa tutte le epoche e le civiltà in diverse forme e modi. Si va dalla divinazione e dalla presunta manipolazione del futuro mediante scongiuri e rituali magici dei popoli primitivi al profetismo del Vicino Oriente Antico, e dal profetismo biblico veterotestamentario al messianesimo e al millenarismo, cui si collega tutto il filone della previsione apocalittica fino ai nostri giorni, per giungere poi al superamento - illuministico prima e positivistico poi - delle forme magico religiose ed esoteriche di previsione, con l’avvento della moderna futurologia tecnica e scientifica1 .
In questo contesto molte sono sempre state le utilizzazioni politiche e militari delle diverse forme di previsione del futuro. Il tema della guerra futura e della sua prevedibilità, in particolare, ha dato origine ad un vasto corpus di scritti, suddivisibile in vari generi: religioso, storico, poetico, narrativo, filosofico, sociologico2 .
Nelle antiche civiltà del Mediterraneo la divinatio e la praedictio divina erano ampiamente diffuse e specie in caso di guerra si faceva largo uso di presagi. Secondo la mitologia sumera, il dio del sole, Samas, e quello della tempesta, Adad, comunicarono al re Enmeduranki l’arte della divinazione,
1 Il testo fondamentale di riferimento su questa problematica rimane quello di George
Minois, Histoire de l’avenir. Des prophètes à la prospective, Paris 1996, trad. it. Storia dell’avvenire. Dai profeti alla futurologia, Bari 2007. 2 Per una trattazione generale dell’aspetto letterario della guerra futura cfr. Donato
Tamblé, «Pòlemos tra mitologia, utopia e ucronia. La guerra nella letteratura di fantasia», in Storia della guerra futura, Quaderno SISM 2006, pp.133-158.
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che poi fu trasmessa con vincolo di segretezza di padre in figlio3. Le raccolte di omina e di testi magico religiosi erano conservate già negli archivi e negli uffici della antica Mesopotamia4. Si trattava di una letteratura burocratico-amministrativa di riferimento, necessaria per la trattazione delle pratiche e ritenuta indispensabile per le decisioni da prendere. Nelle civiltà antiche gli aspetti religiosi e in particolare le pratiche mantiche, erano strettamente connessi alla vita amministrativa e pubblica. Sappiamo, per esempio, che il responsabile di una cancelleria egiziana aveva anche compiti religiosi.
Gli archivi di Mari
Negli archivi di tavolette d’argilla della civiltà assiro-babilonese si trovano numerosi esempi di profezie, sogni premonitori ed oracoli connessi a eventi bellici5. Gli archivi di Mari (Tell Hariri, Siria) ci hanno tramandato vari testi di un vero e proprio genere letterario, noto come «profezie accadiche»6, che ha i suoi primordi nella civiltà sumera e che va dal XII sec. a.C. all’età ellenistica7. Ne sono esempio, fra l’altro, il Discorso di Marduk, che risale a Nabukodonosor I e il Discorso di Shulgi, trovato nella biblioteca di Assurbanipal, la Profezia di Uruk, il Testo A e la Profezia Dinastica. Questa letteratura, che ha già alcuni tratti di tipo
3 Sulla divinazione in Mesopotamia cfr. J. Bottéro, Sintomi, segni, scritture nell’antica
Mesopotamia, in J.P. Vernant (cur.), Divinazione e razionalità, Torino 1982, pp. 73214. 4 Cfr. Johannes Papritz, «Archive in Altmesopotamien. Theorie und Tatsache», in archivalische Zeitschrift, vol. 55, 1959. 5 Cfr. Alan R. Millard, «La prophétie et l’écriture: Israël, Aram, Assyrie», in revue de l’histoire des religions, tome 202 n°2, 1985. pp. 125-145. 6 A. K. Grayson and W. G. Lambert, «Akkadian prophecies», Journal of Cuneiform Studies, Vol. 18, No. 1 (1964), pp. 7-30. 7 Cfr. L. Cagni (cur.), le profezie di Mari, Brescia 1995.
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apocalittico, avrà una lunga fortuna tanto che se ne sono ritrovati testi del periodo assiro babilonese perfino in epoca sassanide8 .
A Mari si distinguevano due tipologie di profeti: gli apilum (coloro che davano risposte) e i muhhûm (gli estatici) che facevano uso di pozioni inebrianti. I profeti palaziali erano detti «incaricati dei santi segni», ittatum, e per favorire i loro responsi venivano loro servite apposite bevande. Così per esempio viene descritto il rituale interrogativo di argomento bellico: «A proposito della spedizione militare che il mio Signore sta per intraprendere, io ho dato da bere agli incaricati dei santi segni, un uomo e una donna, ed ho posto loro le mie domande. Ebbene, il responso oracolare è stato del tutto favorevole al mio Signore»9. Fra le tecniche divinatorie usate a Mari va segnalata quella definita qàtum/piqittum, ovvero prova e contro-prova. Molte interrogazioni si riferiscono allo svolgimento di assedi e attacchi a città nemiche e forniscono informazioni circa i mezzi di espugnazione e le attrezzature belliche. Già in quest’epoca si riscontra l’uso ideologico e politico di tali omina, che sono utilizzati a fini di propaganda dagli stessi sovrani. A questo tipo di letteratura appartengono anche le manifestazioni divine, come, al tempo di Assurbanipal, quella del dio Assur al sovrano di Lydia per sostenere l’alleanza con Babilonia10 o il sogno per l’attraversamento del fiume Idid’, nel quale compare la dea Ishtar per incoraggiare l’esercito.
In un’altra occasione Assurbanipal, durante la festa annuale di Ishtar nella città di Arba’il, avendo ricevuto notizia dell’attacco da parte del sovrano l’elamita Teumman, si rivolse a questa divinità, invocandola come «Dea della guerra, Signora della battaglia, Regina degli dèi» chiedendole di sgominare il nemico e ricevendo da un sacerdote la rassicurazione di essere stato ascoltato. A questo seguiva nella notte il sogno di un oniromante (šabrû) che vedeva la dea presentarsi a re con «faretre a destra e a sinistra; un arco in mano, e una spada acuminata sguainata, pronta per la battaglia» e consigliarlo: «puoi osservare la direzione per andare in
8 J.- M. Durand, «An apocalypticizing Vision from Mari? Speculations on ARM X:9»,
M.a.r.i. annales de recherches interdisciplinaires, vol. 1, 1982, pp. 151-167. 9 L. Cagni, op. cit., p. 72. 10 Il cosiddetto Sogno di Gyges.
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guerra: dove è rivolta la mia faccia, là io andrò», invitandolo comunque a non muoversi personalmente, ma restare a banchettare, bere e ascoltare musica, perché alla guerra sarebbe andata lei stessa, come avviene nella conclusione del sogno profetico: «Dal suo viso emanavano fiamme, con ferocia usciva dai lati, con rabbia essa partiva luminosamente splendente e marciava a conquistare il suo nemico».
Alla città aramea di Ḥamat, nella Siria centrale, appartiene un testo della prima metà dell’ottavo secolo a. C., nel quale il sovrano locale ricorda che in occasione dell’assedio della sua capitale da parte di una lega di re nemici, fece ricorso alla divinità dei cieli (Baal-Shamayin) che gli rispose per mezzo di veggenti: «ho alzato le mie mani a Baal-Shamayin e Baal-Shamayin mi diede ascolto. Baal-Shamayin mi parlò per mezzo di veggenti (ḥāzīyīn)) e di indovini (ddn). Mi disse: Non temere, perché sono stato io a farti re e sarò io ad appoggiarti e liberarti da tutti questi re che ti assediano»11. Si tratta di un evidente uso politico di esternazioni profetiche a favore del sovrano. Arti divinatorie e astrologia (l’interpretazione della «scrittura celeste», elaborata proprio in Mesopotamia12) furono utilizzate abilmente nella propaganda e nella celebrazione della sovranità. Come ha indicato Georges Contenau: «la mantica babilonese è una vera istituzione di Stato», l’organizzazione ufficiale di un corpo di indovini reali dimostra che «siamo in presenza di un organismo tanto importante quanto l’amministrazione delle finanze o della guerra, che sostituisce quelli che sono per noi i consigli consultivi, un’istituzione da cui sono dipesi tutti gli atti dello stato, la pace, la guerra, un’istituzione in cui la storia di Assiria o di Babilonia ha trovato i suoi moventi»13 .
11 Cfr. A. C. Piepkorn, Historical Prism inscriptions of ashurbanipal, Chicago 1933, 64-65: V, 25-48 e 66-67: V: 52-76. 12 Giovanni Pettinato, la scrittura celeste. la nascita dell’astrologia in Mesopotamia,
Milano 1998. 13 Georges Contenau, la divination chez les assyriens et les Babyloniens, Paris, 1940, p. 361.
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Mantiché téchne
Nella Grecia classica era ampiamente diffusa l’arte divinatoria (μαντική τέχνη)14. Platone nel Simposio la definisce comunione (κοινωνία) tra gli dei e gli uomini.
Ad Atene prima di prendere decisioni importanti di tipo politico o militare come la mobilitazione dell’esercito, si interrogavano i μάντείς, mentre a Sparta ai generali veniva affiancato un augur assessor.
Nei santuari (χρηστήρια) si davano risposte (μαντεία) alle domande poste alle divinità, sia su questioni pubbliche come i rapporti internazionali e le guerre, che su questioni private e personali. Durante le guerre, un μάντις aggregato alle truppe doveva esaminare prima delle battaglie le visceri degli animali (ἱεροσκοπία) e si procedeva solo se il responso era propizio. Come sappiamo da Erodoto, a Platea Greci e Persiani ritardarono per vari giorni il combattimento, perché i responsi, derivati da identica metodologia divinatoria, erano sfavorevoli. Per il campo avversario sempre Erodoto (VII, 6) riferisce l’episodio dell’indovino Onomacrito, che taceva i presagi negativi a Serse.
Un altro episodio di questo genere, di cui dà notizia Plutarco, è quello dell’intervento ateniese in Sicilia promosso da Alcibiade, che ebbe in un primo tempo responsi negativi, tenuti nascosti temendo di scatenare il dissenso popolare15. Onasandro nel suo Στρατηγικός (Strategikòs) trattato sui compiti e doveri di un generale, considerava indispensabili per un comandante militare le conoscenze astrologiche e sottolineava l’importanza di consultare preventivamente gli indovini e di far compiere i sacrifici rituali, analizzando pubblicamente le visceri degli animali, prima di far avanzare l’esercito o dispiegarlo in campo16 .
Una visione più razionale e scientifica di previsione fu esposta da Tucidide che disapprovava i pronostici di tipo oracolare. Nel proemio
14 Cfr. Sarah Iles Johnston, ancient Greek Divination, Oxford 2008; Sarah Iles Johnston, Peter T. Struck, Mantikê: Studies in ancient divination, Leiden 2005 e 2015; Lisa Raphals, Divination and Prediction in early China and ancient Greece, Cambridge 2013. 15 Secondo Plutarco: «si tennero nascoste le profezie avverse per timore del malaugurio». 16 Marta Sordi (cur.), Guerra e diritto nel mondo greco e romano, Milano 2002.
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della sua Storia Universale, dando ragione dei motivi che lo avevano portato a fare un puntuale racconto della guerra peloponnesiaca, spiegava che l’invariabilità della natura umana lascia supporre il ripetersi di eventi simili ed è quindi più utile conoscere quello che è accaduto in precedenza. Inattendibili invece i vaticini, sempre manipolabili anche post eventum, come una vecchia profezia che si diceva annunciare una pestilenza dopo una guerra, che fu diffusa dopo il diffondersi della peste ad Atene, seguita alla guerra con Sparta (429-430 a. C.). Ma, faceva notare Tucidide, il termine usato nel testo originario della profezia era λιμός (limòs = carestia) non λοιμός (loimòs = pestilenza)17 .
Negli Στρατηγήματα (Stratagemata) di Polieno si racconta che Alessandro Magno dopo aver avuto vaticini favorevoli dagli aruspici faceva mostrare ai soldati le interiora degli animali perché si rendessero conto direttamente del favore divino e del successo annunciato18. Anche in occasione della conquista di Tiro, Alessandro intraprese l’assedio dopo la fausta interpretazione di un sogno nel quale aveva visto un satiro che gli sfuggiva ma che alla fine riusciva a catturare, che il suo indovino personale Aristandro spiegò anagrammando la parola satyros in σα Τύρος, che in greco dorico significa «Tiro sarà tua»19 .
auspicia e oracula
Anche presso i Romani vigevano varie forme di mantica: dagli auspicia tratti dall’esame degli animali sacrificati, o da fenomeni astrali, solari o lunari, o da prodigi come i terremoti che si ritenevano connessi all’imminenza di una guerra. A ciò si aggiungeva l’interpretazione dei responsi sibillini, i cui versi si facevano spesso concordare con i responsa degli aruspici, e che potevano avere anche un contenuto ‘geopolitico’. Luciano Canfora ha recentemente ricordato, a proposito di Appiano, l’oracolo sibillino che preannunciava sciagure se i Romani avessero inviato un con-
17 Cfr. Luciano Canfora, «La storia, profezia sul passato», in Corriere della sera, 18-052012. 18 Polieno, Stratagemata, IV, 3, 14. 19 « Σὰ γενήσεται Τύρος »: Plutarco, Le vite parallele, Alessandro, 22.
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Alessandro Magno taglia il nodo di Gordio. Schwäbisch Hall, Rathaus, Supraporte im Trausaal (Heldensaal)
tingente militare in aiuto del Re dell’Egitto20. Altri presagi venivano dedotti da frasi o locuzioni udite in situazioni o contesti apparentemente casuali, ovvero prima dei riti religiosi21 .
Il poema didascalico astronomica di Marco Manilio – un testo di astrologia, scritto tra il 9 e il 22 d. C. – è emblematico della posizione stoica sulla prevedibilità, in base agli influssi astrali, non solo delle azioni umane e individuali, ma anche di quelle dei popoli (una sorta di etno-astrologia). Uomini politici e comandanti militari vengono rapportati alle costellazioni di nascita e se ne deducono così l’indole, la tempra e il destino. Il destino (εἱμαρμένη) per gli Stoici consisteva nel succedersi deterministico e concatenato delle cause, considerato come un principio universale causa infinita del mondo reale e di ogni accadimento e materialità. Per cui dall’attenta osservazione della natura o in particolari stati della coscienza come il sonno o il delirio si potevano cogliere le cause che precedevano gli eventi e quindi anticipare il futuro.
20 Appiano, Libro siriaco, 51, 258; Dione Cassio, XXXIX, 15, 1-2. Luciano Canfora,
Augusto figlio di Dio, Roma-Bari, 2015, pp. 128-129. 21 Cfr. Cicerone, De Divinatione, 1, 46.
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Giulio Ossequente, storico romano del IV secolo, autore di una famosa opera sui prodigi tratta da episodi narrati da Tito Livio, rapportava quelli successivi al 158 a profezie di guerre civili22 .
Le guerre civili fecero lievitare l’interesse per le predizioni politico militari e in età imperiale la divinazione divenne prerogativa dello Stato venendo utilizzata dagli imperatori come strumento personale di dominio sulle masse, attraverso l’abile manipolazione dei responsi e il divieto della divinazione privata, che tuttavia continuerà ad essere praticata di nascosto, pur subendo reiterate e severe repressioni, fino ad essere condannata come superstizione pagana dopo il pubblico riconoscimento e la definitiva legittimazione del cristianesimo.
il rotolo della guerra
In ambiente giudaico una particolare ideologia apocalittica che si richiama ai testi profetici vetero testamentari, si riscontra nel cosiddetto rotolo o regola della guerra (milhamah) ritrovato a Qumran nel 1947 (frammento 1QM) e composto verso la fine del I secolo a.C. Si tratta di una serie di istruzioni per una futura guerra escatologica di quarant’anni che «i figli della luce», avrebbero dovuto combattere alla fine dei tempi, insieme a Dio e ai suoi angeli, contro «i figli delle tenebre». Il testo è interessante sotto il profilo della storia militare in quanto comprende regole ed enunciazioni riguardanti le trombe, gli stendardi e gli scudi da usare nella lotta e descrive l’ordine di battaglia della fanteria e le sue armi23. In una comunità chiusa e rigida come quella degli esseni il richiamo alla lotta finale nella contrapposizione fra bene e male, esprime un fattore aggregativo di tipo psicologico e propagandistico che troverà altri esempi nella storia e che ancora oggi si riscontra nelle concezioni fondamentaliste contemporanee.
22 Julius Obsequens, ab anno Urbis conditae quingentesimo quinto prodigiorum liber imperfectus o De prodigiis. L’opera, ripresa da un codice poi perduto, trovato in Francia e trascritto da Giovanni Giocondo venne stampata per la prima volta, a Venezia, nel 1508 da Aldo Manuzio. 23 Per una trattazione più ampia cfr. Giovanni Ibba, le ideologie del rotolo della guerra (1QM): studio sulla genesi e la datazione dell’opera, Firenze 2005; Id. il «rotolo della guerra»: edizione critica, Torino 1998; Jean Duhaime, the War texts: 1QM and related Manuscripts, London 2004; Brian Schultz, Conquering the World: the War
Scroll (1QM) reconsidered, Leiden e Boston 2009.
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la divinazione militare nelle civiltà extraeuropee
IndIa
Nell’antica India per prevedere il futuro si teneva conto del volo degli uccelli (in particolare il grande śakuna, termine con cui poi si designarono i presagi in generale) e di vari tipi di presagi, celesti, atmosferici e terrestri classificati nel perduto libro di aforismi Kauśikasūtra e in altri testi risalenti alla metà del I millennio a.C. come l’Adbhutabrāhmaṇa (Brāhmaṇa dei prodigi) e l’Adbhutaśānti (Pacificazione dei prodigi). Un dotto di nome Yavaneśvara (il ‘Signore dei Greci’) che aveva un importante rango a corte a Ujjayinī durante il regno di Rudradāman I, nel 149-150 d. C., tradusse un testo ellenistico di oroscopia con il titolo di Yavanajātaka (oroscopia secondo i Greci) che si conosce in una trasposizione in 4000 versi (di cui ne restano 2300) composta dal poeta Sphujidhvaja nel 269270 d. C24. La parte sull’astrologia militare fu aggiunta da quest’ultimo
24 «Sphujidhvaja says that, before him, in AD 150, the great Greek genethlialogist Yavaneśvara redacted into Sanskrit prose a Greek astrological work, so that it could be studied by those who did not know Greek» in Helaine Selin (Ed.), encyclopaedia of the History of Science, technology, and Medicine in Non-Westen Cultures, Springer
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basandosi su un testo induista tradizionale, la Gargasaṃhitā (Saṃhitā di Garga).
Per quanto riguarda l’astrologia indiana (horā) se ne conosce una sua specifica branca militare (yātrā) che è a sua volta parte dell’ astrologia catartica (muhūrtaśāstra) Il primo trattato autonomo sulla yātrā - l’astrologia militare, che riuniva muhūrta e saṃhitā per trarre indicazioni sulle spedizioni militari e la difesa, sarebbe dovuto a Bādarāyaṇa, il filosofo del I secolo d.C., autore del Bramasutra. La letteratura sulla divinazione (saṃhitā) è ampia anche nei secoli seguenti e comprende innovazioni accanto a temi mesopotamici reinterpretati e adattati. Il testo principale è il Bṛhatsaṃhitā (Grande saṃhitā), redatto dall’astronomo e matematico Varāhamihira intorno al 550 d.C., ad Avantī (l’odierna Malwa)25. Il volume contiene una serie di consigli pratici su vari aspetti della quotidianità, fra cui la lustrazione delle armi. Varāhamihira scrisse varie opere sull’astrologia militare: Maha yatra, Swalpa yatra, tikkani Yatra e Bṛhadyātrā. Quest’ultima, la Grande astrologia militare, influenzò il siriaco Teofilo di Edessa (695-785) noto anche come Theophilus ibn Tuma, figlio di Tommaso di Edessa, capo degli astrologi di al-Mahdî, terzo califfo abbaside, che trattò questa branca disciplinare in greco, influenzando anche gli astrologi bizantini con le sue Πονόι περί καταρκών πολεμικών (ponòi perì katarchôn polemikôn ovvero Fatiche sugli inizi delle guerre)26 . Parallelamente l’astronomo persiano Māšā᾽allāh Ibn-Aṯarī (762-815 d. C.), consigliere alla corte di Baghdad, ne fece esposizione in arabo. Questi trattati influirono anche sull’astrologia militare europea.
Science & Business Media, 2013. 25 Varāhamihira, M. Ramakrishna Bhat, Varahamihira’s Bṛhat Saṁhitā: with English translation, exhaustive notes and literary comments, Motilal Banarsidass 1981. 26 I suoi scritti astrologici sulle iniziative nelle guerre sono pubblicati nel Catalogus Codicum astrologorum Græcorum, XI/1, Bruxelles 1932, pp. 204-266. Teofilo è noto anche come storico, cfr. Robert G. Hoyland, theophilus of edessa’s Chronicle and the
Circulation of Historical Knowledge in late antiquity and early islam, Manchester 2011.
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CIna Nell’antica Cina si praticò la divinazione con varie metodologie27. In particolare la divinazione reale (dalla media dinastia Shang alla prima dinastia Zhou) veniva praticata mediante la scapulomanzia, ovvero usando scapole di bovini o gusci di tartaruga, su cui venivano scritte domande idealmente rivolte agli antenati, alle forze della natura o alla suprema divinità della dinastia Shang. Si procedeva quindi a riscaldare col fuoco queste ossa oracolari per trarne vaticini e pareri in base all’esame delle fratture che ne derivavano (piromanzia)28. Successivamente si diffuse un’altra pratica divinatoria, nella quale i responsi venivano tratti dalla manipolazione di bastoncini di achillea millefolium o achillea palustre, corrispondenti agli esagrammi del libro dei mutamenti (Yi Jing o i Ching).
Una particolare forma di divinazione, connessa al pensiero filosofico cinese, tendeva all’individuazione del momento in cui l’energia vitale (Ki) dei soldati era al culmine per poter mettere in movimento l’esercito o attaccare battaglia nel momento migliore. Dall’uso militare e nelle arti marziali si passò alla tecnica predittoria del destino individuale attraverso la lettura del Ki personale e quindi all’uso medico
27 Cfr. Stephen L. Field, ancient Chinese divination, Honolulu 2008. 28 Le ossa oracolari (jiǎgǔpiàn) scoperte in grande quantità nel secolo XIX, erano considerate dagli abitanti ossa di drago (lóng gǔ) ed utilizzate nella farmacopea popolare finché nel 1899 uno studioso – Wang Yirong – le riconobbe come una antica scrittura e negli anni successivi iniziò la pubblicazione di questi documenti. Le campagne ufficiali di scavo tra il 1928 e il 1937 portarono alla scoperta di migliaia di reperti, veri e propri archivi di questo tipo. Cfr. William G. Boltz, the origin and early Development of the Chinese Writing System, New Haven 1994 e 2003.
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del Tao Sciatzu29. Un’altra metodologia, di cui esistono testimonianze dal periodo Han, faceva uso di specifici calendari o almanacchi (rishu) dai quali dedurre i giorni propizi per intraprendere le proprie attività personali o prendere decisioni importanti nel settore pubblico o militare.
Secondo lo storico Gu Jiegang, l’arte dei pronostici (shushu) è la più complessa fra i settori della sapienza cinese e ad essa vanno rapportati i passi più enigmatici degli antichi testi di medicina o di strategia militare.
In Cina furono anche redatti testi profetici - come il Tuī bèi tú scritto da Li Chunfeng e Yuan Tiangang nel VII secolo d. C. sotto la Dinastia Tang, o il poema Shaobing ge (letteralmente: poema dello Shaobing, caratteristica pasta frolla cinese dolce o salata) scritto da Liu Bowen (1311-1375),30 considerato il Nostradamus cinese, durante la Dinastia Ming - la cui popolarità è stata di lunghissima durata, giungendo fino ai nostri giorni e destando più volte la preoccupazione delle autorità31 .
29 Anche il gioco degli scacchi deriverebbe da antiche pratiche divinatorie cinesi, cfr. Joseph Needham, Science and civilization in China, IV.1. Physics and physical technology, Cambridge 1962 e 2004; Antonio Panaino, la Novella degli scacchi e la tavola reale. Un’antica fonte orientale sui due giochi da tavoliere più diffusi nel mondo eurasiatico fra tardo-antico e medio evo e sulla loro simbologia militare e astrale,
Milano 1998. Per un confronto con la cultura giapponese, cfr. anche: Cho-Yo Suzuki, Japanese Chess (Sho-Ngi). the Science and art War or Struggle Philosophically treated. Chinese Chess (Chong-Kie) and i-Go, Chicago 1905. 30 Liu Ji, o Liu Bowen (nome di cortesia assunto da adulto) consigliere e comandante militare sotto l’imperatore Zhu Yuanzhang, è stato coautore, insieme allo studioso e generale suo contemporaneo Jiao Yu, del trattato militare Huolongjing (il Manuale del
Drago di Fuoco) nel quale veniva illustrato l’uso di varie armi da fuoco. Il suo trattato militare più famoso, tuttavia, è conosciuto col titolo di lezioni di Guerra. Altre sue opere militari sono: Strategie Straordinarie di Cento Battaglie e Diciotto Strategie e affari. Vari studiosi ritengono che il poema Shaobing ge abbia predetto eventi come la
Battaglia della Fortezza di Tumu, conflitto di frontiera tra i Mongoli Oirati e la dinastia Ming, che il 1º settembre 1449 si concluse con la cattura dell’imperatore Zhengtong e la perdita di un esercito di 500.000 uomini, portando all’invasione mongola.
Altre previsioni attribuite a Liu Ji Bowen sono: l’ascesa della Dinastia Qing (16441912) la Guerra Anglo Cinese dell’Oppio (1839–42), la Prima guerra Cino-Giapponese (1 agosto 1894 – 17 aprile 1895) la rivoluzione Xinhai - la rivoluzione cinese del 1911 e la fondazione della Repubblica Cinese. 31 Il Tuī bèi tú fu messo al bando durante la Rivoluzione Culturale maoista, ma negli anni Novanta del XX secolo si diffuse di nuovo con grande successo, a livello anche di bancarelle.
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amerICa PreColombIana
Anche le civiltà precolombiane pensavano che le profezie anticipassero gli avvenimenti e avevano sofisticati sistemi divinatori.
I Maya avevano buone conoscenze di astronomia ed usavano due calendari, uno di 360 giorni, denominato huab (anno lungo) l’altro di 260 giorni considerato cerimoniale che serviva anche per le profezie. La relazione fra astri e divinità preposte al controllo di eventi terrestri serviva per prevedere eventi terrestri, come guerre, catastrofi naturali, epidemie. La conoscenza della scrittura permetteva di fissare le conoscenze storiche e tecniche in appositi libri o codici, che oltre a registrare avvenimenti trattavano argomenti esoterici, arti divinatorie e magiche, per cui furono ritenuti empi dagli spagnoli che li destinarono al rogo. I tre codici superstiti, conservati a Dresda, Parigi e Madrid, contengono immagini e testi che si riferiscono soprattutto all’astronomia, all’astrologia e alla divinazione. Un quarto codice, detto Grolier, è di dubbia autenticità. Il Codice di Dresda riporta numerose tavole astronomiche e rituali divinatori, connessi alle cerimonie del nuovo anno e a vari riti del calendario dei 260 giorni.
Fra i molti codici mixtechi sopravvissuti, vanno segnalati: il codice Borgia, conservato nell’Archivio Segreto Vaticano e il Codice FejèrvariMayer conservato a Liverpool, che contengono calendari divinatori.
Anche presso gli Incas nessuna impresa poteva essere iniziata senza il ricorso preventivo alla divinazione e ai suoi specifici riti. La previsione aveva anche un valore giudiziario. Un ruolo particolare nella divinazione era quello degli huaca – luoghi naturali, fonti, sorgenti, montagne, templi, spoglie degli antenati, oggetti o esseri animati ritenuti sacri. Era compito dei sacerdoti individuare questi huaca e proporli alla venerazione degli uomini e dei loro villaggi. Un santuario huaca dedicato al dio della guerra, rappresentato come un puma, si trova nei pressi di Cusco nella località di Kenko a un chilometro e mezzo da Sacsahumán. Si tratta di un anfiteatro con una ventina di posti attorno a un masso che serviva da altare. Gli archeologi ritengono che in quel sito i dignitari e i sacerdoti attendevano il responso dell’oracolo in previsione di una guerra.
Gli Aztechi utilizzavano sapientemente le profezie a fini politici. Così per l’edificazione della città di Tenochtitlán (1325 circa) nel sito dell’at-
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tuale Città del Messico si richiamarono a un’antica profezia che parlava di un’aquila che avrebbe sconfitto un serpente. Il luogo fu scelto appunto perché videro un’aquila su un cactus spuntato su una roccia che divorava un serpente. Questa immagine simbolica è tuttora riprodotta sulle banconote messicane.
Il Codice Borbonico, conservato a Parigi nella Bibliothèque de l’Assemblèe Nationale, è una copia di un codice azteco antico realizzata nel periodo coloniale e contiene fra l’altro questioni divinatorie e rituali, con riferimento anche alle previsioni militari.
Presso gli Aztechi era data per certa la progressiva realizzazione di profezie antecedenti sia per gli individui che per questioni politiche e militari. Lo stesso Montezuma era persuaso che l’arrivo degli spagnoli e la sconfitta degli aztechi fosse stata profetizzata, anche se altri capi aztechi a lui contrari interpretavano i presagi in senso opposto. Nelle pratiche di divinazione venivano usati anche allucinogeni che si pensava potessero dare la visione di successi militari. Nella sua cronaca sulle Indie della Nuova Spagna, il frate domenicano Diego Durán riferì che Montezuma prima di iniziare una guerra, saliva su un tempio e «faceva mangiare agli anziani ed ai sacerdoti antichi funghi verdi e bere altre bevande superstiziose, affinché l’ebbrezza causata da quei cibi e bevande rivelasse se il loro esercito sarebbe stato vittorioso o no, e infelici quelli che annunciavano l’insuccesso, poiché dopo li faceva uccidere, senza alcun rimedio»32 .
32 Diego Durán, Historia de las Indias de Nueva España y islas de la tierra firme, 1581,
I, LXV. L’opera, citata già da un confratello (Agustín de Dávila Padilla) nel 1596, fu pubblicata per la prima volta in vari volumi tra il 1867 e il 1880 da José Fernando
Ramírez, che ottenne il manoscritto dalla Biblioteca Nazionale di Madrid.