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Triplicisti vs Irredentisti, Geopolitica e ideologia nelle fanta-guerre italiane pre-1914, di Paolo Cau “

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Triplicisti vs Irredentisti

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Geopolitica e ideologia nelle fanta-guerre italiane pre-1914

di Paolo Cau

Nella bibliografia dei primi romanzi di anticipazione italiani Riccardo Valla1 include quattro fanta-guerre pre-1914, due ‘tripliciste’ contro la Francia pubblicate nel 1899 (la guerra del 190…)2 e 1900 (l’assedio di roma nella guerra del 190...)3 e due ‘irredentiste’ contro l’Austria pubblicate nel 1909 (la rivincita di lissa)4 e 1912 (la guerra d’europa 1921-23)5. La lista è però incompleta; ne vanno infatti aggiunti almeno altri due ‘triplicisti’ del 1901, la prima guerra in italia del secolo XX6 e la guerra italo-francese del 191… 7, rispettivamente del capitano Eugenio Massa e di Giovan Battista Cosimo Moraglia, quest’ultimo autore di varie monografie di diritto civile.

L’antefatto di Moraglia è la rinascita italiana dopo Adua, Bava Beccaris, Gaetano Bresci. I proclami del nuovo Re rincuorano il popolo, in Vaticano muore un Cardinale referente del partito clericale, nel 1903 il

1 Riccardo Valla, la fantascienza italiana: 60 anni di Urania, A cura dell’Ufficio Studi locali del Sistema bibliotecario urbano, Città di Torino, 2012. 2 Argus [Gaetano Limo], la guerra del 190…in terra e in mare, Tipografia della Lega navale, Spezia, 1899. V. in questo Quaderno gli articoli di Gabriele e Masini. 3 Pompeo Moderni, l’assedio di roma nella guerra del 190..., Società editrice, La poligrafica, Milano 1900 V. in questo Quaderno l’articolo di S. e R. Masini. 4 Yambo [Enrico Novelli], la rivincita di lissa: fantasia, Scotti, Roma, 1909 (304 p., ill., 27 cm). V. pure la guerra nel XX secolo, estratti del giornale la tribuna illustrati da Yambo, Stabilimento tipografico italiano, Roma 1899 (56 p., ill., 31 cm.). 5 Comandante X [Mario Gabotto], la guerra d’europa (1921-23) romanzo delle nazioni, LEAR, Genova, 1912 (IV, 233 p., 19 cm). 6 Eugenio Massa, la prima guerra in italia del secolo XX: un colpo di mano in Sicilia nell’anno 191 … appunti e documenti raccolti dal capitano eugenio Massa, V. Vecchi,

Trani, 1901. 7 G. B. Cosimo Moraglia, la guerra italo-francese del 191…, Guglielmo Donnini tip. editore, Perugia, 1901.

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Papa e il Re si abbracciano sul Ponte Sant’Angelo: è la ‘Conciliazione’ ante litteram. Risanata l’economia, ci si può dedicare al riarmo contro la ‘minaccia da Ovest’: ammodernate fortificazioni alpine, artiglierie e fucili (Mannlicher Carcano Cei, caricatore da 24 colpi, cadenza 300 al minuto!), aumentati da 13 a 14 i Corpi d’Armata, sostituite le unità navali obsolete con moderne «corazzate a torri».

Si arriva agli anni ’10: un certo 31 marzo si viene a sapere che una squadra ed un convoglio da sbarco francesi fan rotta sulla Tripolitania: l’Italia, che in passato sarebbe rimasta a guardare, ora vendica lo «schiaffo di Tunisi». Otto navi italiane costringono i francesi a rientrare a Biserta. Il braccio di ferro che ne segue porta alla guerra. L’Italia ha appena avviato la mobilitazione generale, quando, il 26 aprile, due squadre francesi bombardano proditoriamente La Spezia e Livorno, con distruzioni e vittime civili. Livorno è vendicata da un guardiamarina e due allievi dell’Accademia che, improvvisato un mezzo d’assalto con un rimorchiatore carico di dinamite, fanno saltare l’ammiraglia nemica sacrificandosi al grido ‘Viva l’Italia!’.

Segue via telegrafo la dichiarazione di guerra francese. La superiorità nemica è schiacciante: 5 milioni di uomini contro 3, 70 unità navali corazzate contro 30. Il 30 aprile Aosta e Ventimiglia sono espugnate. In compenso gli Italiani avanzano sulle Alpi Cozie. Una spia nizzarda catturata al Monginevro cede al richiamo degli antenati sabaudi e rivela il piano francese d’invasione del Piemonte: il grosso (60.000 uomini e 180 pezzi) da Briançon, colonne minori da Gap e Grenoble, inizio il 4 maggio. Le artiglierie dello Chaberton neutralizzano i forti e le trincee di Briançon, presto espugnate dai bersaglieri (da anni addestrati anche alla guerra in montagna). Qualche distaccamento avanzato francese riesce a raggiungere pochi punti dello schieramento italiano, ma è duramente respinto, i superstiti ripiegano su Grenoble, lasciando una scia di incendi, distruzioni, saccheggi e stupri, e Briançon è occupata.

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Intanto il nemico ha fatto uno sbarco diversivo in Sicilia, incontrando poca o nessuna resistenza, ma il Governo italiano preferisce sacrificare l’Isola per non sguarnire il fronte alpino. Nizza infatti insorge e, dopo una gloriosa vittoria navale italiana a Sant’Ospizio, l’esercito riprende Ventimiglia e restituisce Nizza alla patria.

I francesi commettono poi l’errore d’intercettare un convoglio inglese carico di carbone del Galles per l’Italia. Albione dichiara guerra, affonda alcune navi francesi, bombarda Biserta e si prepara a sbarcare oltre Manica. In Sicilia la guarnigione prosegue la resistenza sostenuta dalla popolazione: gl’invasori, decimati, si chiudono in Palermo; una forza di soccorso da Tolone è distrutta dalla squadra anglo-italiana. Lo stesso giorno in cui i francesi cedono Palermo, capitola pure Lione, bloccata da due settimane da 300.000 italiani. Pochi giorni dopo, vittoria decisiva ad Autun, dove si distinguono il Conte di Torino e il Duca d’Aosta. Le truppe galliche sono in rotta: in teoria, l’Italia potrebbe occupare Parigi, in rivolta contro

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il governo. Lo sbarco inglese in Normandia avviene il 18 giugno, ed il 20 la squadra anglo-italiana distrugge i forti di Tolone, pur perdendo 2 incrociatori silurati dai sottomarini francesi. Prima del tramonto, il tricolore italiano e l’Union Jack sventolano sopra le macerie della base. In pieno disordine politico, percorsa da moti bonapartisti, monarchici e comunardi, la Repubblica si arrende a fine giugno e il 15 luglio il trattato di pace assegna all’Italia Nizza, Savoia, Corsica e Tunisia e le lascia libertà d’azione in Tripolitania, occupata in settembre, due mesi prima che l’Austria conceda il Trentino ed il protettorato sull’Albania.

Nel 1909 l’irredentismo provoca apertamente la Triplice. Un autore famoso come «Yambo», alias Enrico Novelli (1876-1943), sfodera il tema della «vendetta di Lissa», che già trent’anni prima aveva ispirato il Manlio di Garibaldi8 e nel 1913 ispirerà pure un racconto di Umberto Saba. Aperta da citazioni di Carducci e D’Annunzio, la Fantasia di Yambo immagina una specie di robur il conquistatore irredentista, il Capitano Nero, che col suo «aeròscafo» e i suoi agenti infiltrati provoca la sollevazione delle città dalmate e giuliane e la guerra italo-austriaca, chiusa con un armistizio dopo una decisiva vittoria navale italiana e la presa di Trento e Trieste. Il Capitano vorrebbe la completa dissoluzione dell’impero, ma alla fine perisce a seguito di un attentato promosso dal fratello, deputato socialista triestino a Vienna9 .

Nel 1912, mentre la guerra italo-turca e le guerre balcaniche scuotono gli equilibri europei, esce la guerra d’europa (1921-23) romanzo delle nazioni, ristampato nel 1915. Firmato «Comandante X**», il romanzo è

8 Inedito sino al 1982. V. in questo stesso Quaderno l’articolo di Gabriele, nt. 42. 9 Elvio Guagnini, «La rivincita di Lissa ispirata a Verne», il Piccolo, 4 luglio 2007.

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del socialista spezzino Ubaldo Formentini (1880-1958), autore di articoli anti-Triplice e pro-Intesa pubblicati sull’Unità di Salvemini10, e di Mario Gabotto, autore di articoli sull’architettura navale e la guerra di mare pubblicati nel 1910 e nel 1911 sul mensile emporium11 .

Significativamente, non vi sono accenni a Tripoli Italiana, invisa ai socialisti. La fantaguerra europea immaginata nel 1912 non oppone infatti blocchi geopolitici (Triplice e Duplice) ma coalizioni ideologiche: democrazie (Italia, Gran Bretagna, Francia e la rinata Grecia, dove regna un Savoia) contro Imperi (tedesco, asburgico, russo e ottomano). Gli armamenti sono avanzatissimi: le dreadnoughts del 1905 sono ancora operative, ma superate da «autonavi» da 30.000 tonnellate con ottimi motori da 30 nodi e più, esistono sommergibili (tra cui l’equoreo, italiano) di pari velocità ed armati con 30 lanciasiluri. Gli aerei (chiamati «aquiloni») sono macchine leggere, ma imbarcano potenti bombe antinave, talvolta una radio, e possono essere catapultati da trampolini installati su grandi unità. E l’industria aeronautica italiana ha prodotto, già anni prima, un dirigibile, il Galileo, che ha trasvolato l’Atlantico… Vi sono apparati radiotelegrafici e cifranti, palloni d’osservazione motorizzati, razzi illuminanti, depositi di munizioni sotterranei collegati da décauvilles.

In Italia il re è uomo di una certa età e pinguedine, gran baffi bianchi a spazzola, fama di saggio. Il governo è nettamente di sinistra, compresa

10 Paolo Tirelli, in Dizionario biografico degli italiani. Vol. 49, 1997, pp. 32-36. Alberto Petrucciani, in Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari italiani del XX secolo. 11 Paolo Lagazzi (cur.), Officina parmigiana: la cultura letteraria a Parma nel ‘900. Atti del convegno (Parma, 23-25 maggio 1991), U. Guanda, 1994, p. 54 nt. 72. Nadia

Marchioni (cur.), La Grande Guerra degli artisti: propaganda e iconografia bellica in italia negli anni della prima guerra mondiale, Catalogo della mostra allestita a Firenze, Museo Marino Marini, p.zza San Pancrazio (3 dicembre 2005 - 31 marzo 2006),

Mauro Pagliai, David Brown Book Company, 2005, p. 114.

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l’Estrema, da cui proviene proprio il ministro (unico!) della Difesa nazionale. I rapporti Oltretevere sono tesi: il papa è l’ex Arcivescovo di Vienna, austriacante e repressore dei socialisti cristiani e dei parroci modernisti che appoggiano le leghe dei lavoratori. Francesco Giuseppe, novantenne e cieco, ha abdicato a favore del nipote Federico Carlo, clericale oltranzista, e i sudditi cattolici sono fortemente pangermanisti.

L’espansionismo tedesco (base di Agadir, ferrovia Berlino-Baghdad, colonie del Pacifico) riavvicina Francia e Inghilterra. La Russia, che nel 1910 ha represso a stento una rivolta militare, si unisce agli Imperi Centrali: e così la Turchia, che non vuol perdere Creta, attaccata in quel momento da una forte flotta greca, né l’Albania, insorta sotto la guida di…Peppino Garibaldi. Il Kaiser lancia un proclama contro Atene, e gli alleati democratici si accordano segretamente per reagire: la Royal Navy attaccherà Russia e Germania, la Regia Marina appoggerà la rivolta albanese e bloccherà la flotta austriaca in Adriatico. Marine Nationale e Mediterranean Fleet proteggeranno la Grecia contro la flotta russa, ormai uscita dal Mar Nero e ancorata a Costantinopoli. L’esercito italiano punterà su Gorizia e l’Isonzo.

Le azioni cominciano a metà dicembre. Sul fronte italiano il primo scontro è aeronavale: il nobile Embrìaco, con la sua squadriglia di sette aerei affonda la prima nave. La flotta austriaca, in compenso, bombarda Ancona e la costa tra Rimini e Senigallia, affondando 2 caccia italiani. Sciatori alpini ed emuli di Pier Fortunato Calvi fermano i Kaiserjäger in Cadore e l’attacco generale del Maresciallo Frankenstein è respinto dal Duca d’Ivrea tra la Val d’Adige e Pontebba. I russi marciano verso il fronte italiano, ma a ranghi ridotti, perché l’esercito zarista deve domare l’insurrezione finlandese, respingere l’attacco inglese in Persia e vigilare su Cina e Giappone. I russi attaccano disordinatamente proprio nel settore di Casarsa, dove si trovano il Re e il Comando Supremo italiano, mentre il sovrano austriaco è stato localizzato dall’aviazione nei pressi di Palmanova. Un dirigibile italiano scopre l’avanzata notturna degli austriaci, che, incuranti del fuoco di sbarramento, cominciano a sfondare nel settore Sud. Solo alla foce del Tagliamento gli Italiani resistono, appoggiati dalle proprie dreadnoughts.

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Sul fronte marittimo, gli Imperi sono invece in ritirata: la flotta russoturca è chiusa nel Mar Nero, quella tedesca nelle sue basi del Baltico e del Mare del Nord. Sulla Mosa e sulla Mosella, i francesi resistono sulla linea chiamata «Barrière de Fer», che i tedeschi già pensano di aggirare attraverso il Belgio neutrale. In quei primi giorni del 1922 vacilla il fronte interno italiano, demoralizzato dalle ritirate: come nel 1866, si chiede alla Marina un’impresa che rialzi il morale. Per stanare la flotta nemica da Pola, si prende la dolorosa decisione di bombardare il porto di Trieste, con preavviso alla popolazione di mettersi al sicuro: le distruzioni e gli affondamenti di mercantili provocano l’intervento della squadra di Pola (ammiraglio Montefeltro), forte di 14 corazzate, tra cui la Viribus Unitis, e 2 poderosi incrociatori contro 10 e 4 italiani: ma la squadra perde 8 unità contro 2 italiane. Sul fronte terrestre gli austro-russi puntano su Milano, ma il 28 maggio l’offensiva si ferma sulla linea Mestre, Colli Euganei, Vicenza, Verona e Monte Baldo.

Sul fronte francese la Germania tenta l’attacco decisivo dalla Svizzera al mare: in estate si spinge, con rinforzi russi, sulla linea Toul-EpinalLangres, ma il 9 luglio la Francia attacca per prima nel settore dei Vosgi; si profila la riconquista di Strasburgo. Lo stesso giorno, le flotte alleate, libere da impegni nel Mediterraneo grazie alla vittoria italiana a Pola e alla resa separata della Turchia, bombardano Wilhelmshaven con le navi e 50 aerei, per indebolire le squadre russo tedesche e provocarle a battaglia, favorire uno sbarco di 250.000 uomini a Flessinga e liberare Anversa assediata (la Germania non ha esitato ad invadere l’Olanda neutrale…). Il Principe Federico, comandante in capo della flotta russo-tedesca, abbocca e contrattacca. L’avanguardia di torpediniere è decimata: gli inglesi ne affondano 40. Segue, nelle tenebre, lo scontro tra grandi unità, e gli alleati

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vedono moltiplicarsi le perdite: da entrambe le flotte decollano «aquiloni» che lanciano bombe e razzi illuminanti. Tre incrociatori tedeschi tagliano la scorta delle corazzate britanniche puntando sul convoglio con le truppe da sbarco: è quasi l’alba, e si può notare che nella loro scia filano anche 4 corazzate russe: per lo stesso scopo? No, via telegrafo senza fili, i russi, che hanno mandato a riva la bandiera rossa, comunicano di essersi ammutinati e di volersi internare in un porto neutrale. Le residue unità zariste si sacrificano consentendo alle navi tedesche più danneggiate di rientrare alle basi. Fallisce pure l’attacco al convoglio: due incrociatori vengono affondati da aerei e siluranti, il superstite Danzig non si arrende ed è finito a cannonate dai francesi. «La più grande battaglia navale che mai si fosse combattuta nei secoli» termina con la decisiva vittoria anglo-franco-italiana: lo sbarco ad Anversa riesce e l’Olanda è liberata.

E i russi ammutinati? L’Inghilterra concede il rimpatrio: porteranno la rivoluzione, prima in Finlandia, poi in tutto l’Impero, costringendo lo Zar a ritirare le truppe dal fronte occidentale. Un’armata francese, comandata da un generale Bayard (!) ricaccia gl’invasori oltre la Mosella, raggiunge Metz il 14 ottobre, altri corpi partono da Verdun per una controffensiva. Nel marzo 1923 Metz è ripresa e questa vittoria segna la fine della guerra. Il papa, gravemente malato, muore a Vienna. Con lui si spegne la sognata rifondazione del Sacro Romano Impero: sorge invece un Cattolicesimo riformato, acefalo, ma con sede principale a Roma, che raggrupperà le religioni cristiane già scismatiche. Attorno alla Serbia nascerà una federazione «jugo-slava». L’Albania sarà indipendente, ed amica di Italia e Grecia. L’Impero turco non avrà più ambizioni di espansione in Europa e porterà «l’opera civilizzatrice» in Asia Minore. L’Austria cede all’Italia il Trentino e parte della Venezia Giulia. Il sovrano abdica a favore del quasi centenario Francesco Giuseppe, e sfila sdegnoso in una vettura scoperta. La sua sola vista fa ammutolire la folla tumultuante di pacifisti e socialisti.

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