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di Augusto De Toro “
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Wolfgang Wegener
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L’ammiraglio tedesco che sfidò il mito di Tirpitz
di Augusto De Toro
origini della Seestrategie des Weltkrieges
Wolfgang Wegener (1875-1956) è una delle figure di maggior spicco e più controverse del pensiero navale tedesco, pur avendo pubblicato un solo saggio, neppure troppo corposo, sulla strategia navale tedesca durante la grande guerra, intitolato appunto Die Seestrategie des Weltkrieges1. Apparso nel 1929 e riedito nel 1941 con la sola aggiunta di una breve appendice, letto in patria fra le due guerre, oggetto di studio all’Accademia navale di Mürwick nel secondo dopoguerra e tradotto in inglese, è poco noto in Italia, dove è stato forse tradotto, ma non pubblicato, e raramente citato, a parte un’ampia e favorevole recensione sulla rivista Marittima del gennaio 1932, e nonostante la traduzione di 22 dei primi 24 volumi della relazione ufficiale tedesca sulla guerra marittima2 e di varie opere di Otto Groos3, altro esponente di spicco del pensiero navale tedesco
1 Wegener, W. Die Seestrategie des Weltkrieges, Mittler & Sohn, Berlin, 1929 e 1941. L’ed. 1941 includeva in appendice una breve memoria inedita del luglio 1917. V. l’ed. critica in inglese del saggio del 1929 curata da H., H., Herwig, the Naval Strategy of the World War,
Naval Institute, Annapolis, 1989, p. XLIX. 2 Der Krieg zur See 1914-1918 dell’Archivio storico della Marina (22 volumi). Tutti i volumi pubblicati in Germania prima della guerra tranne due furono tradotti dalla R. Accademia Navale, prima, e poi dall’Ufficio storico della R. Marina. Dei 7 dedicati alla guerra nel
Mare del Nord i primi 5 sono di Otto Gros. 3 Groos, O., La Dottrina della Guerra Marittima nella luce del Conflitto Mondiale, Roma,
UCSMR, 1929, con presentazione del grande ammiraglio Tirpitz
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e cultore di Alfred von Tirpitz, fondatore della Kaiserliche Marine.
Nato nel 1875 a Stettino, entrato in accademia a nove anni, prese parte alla battaglia dello Jutland (Skagerrak) quale capo di S. M. della I Squadra4 . Ebbe poi il comando di due moderni incrociatori leggeri, il regensburg e il Nürnberg (II), e dopo l’armistizio subì l’internamento a Scapa Flow. Rimasto in servizio nella neonata reichsmarine, raggiunse nel 1926 col grado di viceammiraglio la carica di Ispettore delle armi navali, epoca in cui lasciò il servizio.
Già prima del 1914 Wegener aveva scritto su temi di tattica e strategia. Ma a gettare le basi del suo pensiero furono le deludenti esperienze dei primi mesi di guerra nel Mare del Nord, segnate dalle due sconfitte di Helgoland (28 agosto 1914) e del Dogger Bank (24 gennaio 1915), e, soprattutto, dal venir meno dei presupposti del piano strategico tedesco (mancata applicazione britannica di un blocco ravvicinato, mancata ricerca di una battaglia di annientamento da parte della Grand Fleet, inutilità da parte tedesca di ridurre la prevalenza materiale nemica mediante la guerra d’insidie o incursioni della Hochseeflotte) e dalla constatazione che per solo effetto della posizione geografica, mediante il controllo della Manica e il blocco a distanza fra la Scozia e la Norvegia meridionale, e non per la superiorità della flotta, l’Inghilterra aveva troncato ogni traffico tedesco oltre il Mare del Nord, trasformandolo in un ‘mare morto’, e tenendo al sicuro le proprie comunicazioni oceaniche.
Le sue riflessioni presero corpo in quattro promemoria5 fra il febbraio e l’agosto del 1915. Redatto a pochi giorni dalla sconfitta del Dogger Bank,
4 Nel 1914 la Marina aveva sei Squadre, la I su 8 dreadnought (corazzate monocalibro, classi Nassau e ostfriesland) e la III sulle più moderne (Kaiser e König), le altre 4 con le obsolete pre-dreadnought. Gli incrociatori da battaglia e il Blücher formavano invece il I Gruppo da esplorazione. Archivio della Marina germanica, ed. it., la guerra sul mare 1914-1918, Groos, la guerra nel Mare del Nord, vol. I: Dalle origini del conflitto al principio di settembre 1914, tav. I, Livorno, Tip. Accademia navale, 1922 5 Riflessioni sulla nostra situazione marittima (1° febbraio 1915); Considerazioni sulla nostra situazione marittima (giugno); Come possiamo cambiare la nostra situazione marittima? (12 luglio); Politica delle basi navali e la flotta (agosto). I quattro documenti sono ripresi in appendice in Herwig, cit, pp. 133 ss. Il primo, a firma di Wilhelm von Lans, è allegato ai Documenti politici di Tirpitz (ed. italiana Roma, USCSMRM, parte I, pp. 214 ss.). Tirpitz lo allega senza commenti, ma riporta gli apprezzamenti, tutti negativi di due ufficiali, CV Friedrich Boediker e Albert Hopman (ibid., pp. 219 ss.).
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ma condiviso e sottoscritto dal comandante della I squadra, V. Amm. von Lans6, il primo era una critica, neppure troppo velata, alle costruzioni navali prebelliche, giudicate molto inferiori a quelle britanniche – ma gli eventi successivi l’avrebbero smentito – e tali da non consentire altro che la difesa delle coste metropolitane; e alla linea di condotta sin lì seguita, inefficace per la superiorità della flotta inglese. La proposta era di spostare il baricentro dell’impiego della flotta dal Mare del Nord al Baltico, unico scacchiere dove avrebbe potuto svolgere un ruolo strategico, riproducendo, a parti rovesciate, ma a danno della Russia, la situazione strategica del Mare del Nord. Il documento circolò all’interno della flotta e fu male accolto da Tirpitz, all’epoca ancora Segretario di Stato della Marina, tanto da costare a Lans il comando della I Squadra (14 febbraio 1915).
Anche le altre tre memorie suscitarono vive reazioni, trovando estimatori e critici. Fra i primi lo stesso von Pohl e il suo Capo di S. M., il CV William Michaelis, il V. Amm. Erhard Schmidt, nuovo Comandante della I Squadra che ne diede un apprezzamento entusiasta per concretezza, lucidità mentale e indipendenza di giudizio e, almeno in un primo tempo, il V. Amm. Franz von Hipper, Comandante del I Gruppo esplorazione. Fra i secondi il CV Adolf von Trotha, Capo di S. M. della Hochseeflotte, seguace delle idee di Tirpitz, il suo Capo di S. M., CF Erich Raeder, che da allora osteggiò implacabilmente pensiero e persona di Wegener, e, naturalmente, Tirpitz. Ma non furono gli unici. Agli inizi del 1916 il nuovo Comandante in capo della Hochseeflotte, V. Amm. Reinhard Scheer, il CV Magnus von Levetzow, Capo servizio operazioni del suo S. M., e lo stesso Schmidt incontrarono Wegener, inducendolo a sospendere l’attività di ‘scrittore’ finché durasse la guerra7 .
La censura si protrasse però anche nel dopoguerra, e solo nel 1926, subito dopo aver lasciato il servizio attivo8 Wegener potè scrivere una corpo-
6 Epoca in cui la Hochseeflotte era al comando del V. Amm. Friedrich von Ingenohl e poi di
Hugo von Pohl e la I Squadra al comando del V. Amm. Wilhelm von Lans, sostituito da
Richard Eckermann e poi da Friedrich Gaedeke. 7 Herwig, cit., pp. XXVIII ss. Le informazioni sulle vicende personali di Wegener e del suo saggio provengono da un memoriale inedito (Geistige erbe) del figlio Edward, custodito al Bundesarchiv-Militärarchiv di Friburgo. 8 Evento al quale non fu estraneo Raeder, all’epoca Comandante della Marinestation del
Baltico col grado di viceammiraglio.
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sa memoria, basata sui tre ultimi documenti del 1915, con la quale si proponeva di porre su nuove basi concettuali la rinascita della Marina. La tesi principale era che la sconfitta tedesca sul mare era dipesa da una visione strategica del conflitto errata, ed era quindi del tutto in contrasto con la tesi ufficiale che si andava profilando con la pubblicazione dei primi volumi della collana Der Krieg zur See 1914-1918. Questi attribuivano la sconfitta a deficienza di comando per una negativa costellazione di personalità9 ree di essersi discostate dal pensiero e dalla dottrina di Tirpitz, e alla frammentazione di comando, alla quale solo nell’agosto del 1918 fu posto rimedio con la costituzione di un comando operativo unificato, la Seekriegsleitung.
Nelle intenzioni di Wegener la memoria era destinata a circolare entro una cerchia relativamente ristretta di ufficiali di grado elevato. Tuttavia, l’interesse suscitato fu tanto vasto da indurlo ad accettare l’offerta dell’editore Mittler & Sohn di darlo alle stampe, cosa che avvenne nell’estate del 1929 con limitati correttivi dettati da esigenze di carattere editoriale e dall’opportunità politica di prevenire irritazioni in alcuni Paesi scandinavi, per quanto si dirà più avanti. Il saggio riprendeva tutte le idee già esposte nel 1915, pur ovviamente tenendo conto degli eventi successivi, come la battaglia dello Jutland e la guerra sottomarina senza restrizioni.
Pochi mesi prima il suo maggiore antagonista teorico, Otto Groos, aveva pubblicato per lo stesso editore il suo lavoro principale Seekriegslehren im lichte des Weltkrieges10, volto ad arginare le idee di Wegener e a ribadire i canoni tradizionali della guerra marittima incentrati sulla battaglia decisiva quale principale mezzo per conseguire il predominio del mare e presupposto del suo esercizio. Raeder, dal 1928 Comandante in capo della reichsmarine, si adoperò in tutti i modi verso l’editore per ostacolare la diffusione del libro di Wegener, da lui considerato il massimo detrattore della Marina e avversato al punto di non voler neppure sentirlo nominare in sua presenza. La questione non verteva tanto sui massimi principi, ma sulla critica radicale della politica navale tedesca, che Raeder aveva mantenuto nel dopoguerra11 .
9 Il cancelliere Theobald von Bethmann, i primi due Comandanti in capo della Hochseeflotte, von Ingenohl e von Pohl e il Capo di Gabinetto della Marina dell’Imperatore, Amm.
Georg von Mueller 10 Per l’edizione italiana v. supra, nt. 3. 11 ibid., p. XXXVIII. V. qui l’ostracismo di Raeder verso Wegener. V. pure K. P. Hansen,
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La geografia: primo fattore strategico nella guerra anglo-tedesca
L’errore che Wegener rimproverava alla pianificazione tedesca era di aver dato per scontato che gli inglesi, per il loro spirito offensivo e la superiorità materiale di cui godevano, avrebbero cercato di distruggere la Hochseeflotte in una battaglia risolutiva, tipo Abukir e Trafalgar. Aveva invece ignorato la tesi di Julian Corbett, che la battaglia decisiva è l’extrema ratio, l’equivalente di un’operazione chirurgica in medicina. L’Inghilterra non ne aveva bisogno, perché la sua posizione geografica le garantiva di per sé il traffico oceanico e le consentiva di interrompere i rifornimenti tedeschi. Wegener chiamava «satura» la posizione geografica inglese, perché non necessitava di essere migliorata. Dunque l’attitudine strategica più conveniente per gli inglesi era la difensiva, il mantenimento, cioè, dello status quo determinato dalla geografia12 .
Opposto era invece il problema tedesco: ma secondo Wegener la soluzione di Tirpitz, «difensiva strategica e offensiva tattica», che discendeva dalla sua teoria del rischio politico e che nel dopoguerra veniva difesa da Groos, non poteva funzionare. La pianificazione prebellica della Kaiserliche Marine era stata impostata sull’obiettivo di riequilibrare il rapporto di forze con la Royal Navy per poi giungere allo scontro decisivo. L’obiettivo immediato era dunque di infliggere al nemico il maggior numero possibile di perdite, sia con la guerra d’insidie o Kleinkrieg (guerra di mine e attività offensiva di naviglio silurante di superficie e subacqueo)13 sia con incursioni in massa dell’Hochseeflotte oltre il Golfo tedesco contro aliquote isolate della Grand Fleet14. La tesi ufficiale era che «l’offensiva
«Raeder versus Wegener, Conflict in German Naval Strategy», Naval War College review,
Autunno 2005, pp. 81-108. 12 V. il noto promemoria del 30 ottobre 1914 dell’amm. John Jellicoe, Comandante in capo della Grand Fleet, in cui proponeva d’impegnare battaglia solo nella parte settentrionale del Mare del Nord, per gli eccessivi rischi e svantaggi che avrebbe incontrato più a Sud.
Il 7 novembre l’Ammiragliato espresse il proprio assenso. Battle of Jutland 30th 1st June 1916. Official Despatches, London, H.M.S.O., s. d., pp. 601-603 13 Il solo importante successo conseguito attraverso la Kleinkrieg nei primi mesi del conflitto fu l’affondamento ad opera di una sola mina della super-dreadnought audacious nel Mare d’Irlanda; altri affondamenti, sia pur spettacolari, come quello dei 3 incrociatori corazzati
Cressy, aboukir e Hogue ad opera dell’U 9, non alteravano il rapporto delle forze, trattandosi di naviglio antiquato o di secondaria importanza 14 In tutta la guerra l’unica occasione della Hochseeflotte di affrontare in condizioni di vantaggio significative aliquote della Grand Fleet fu l’incursione del 15/16 dicembre 1914
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tattica» aveva cominciato a funzionare troppo tardi, quando al comando dell’Hochseeflotte era finalmente arrivato il più energico e intraprendente Reinhard Scheer. Wegener osservava però che anche se fosse riuscita a riequilibrare realmente le forze, magari con una vittoria di portata maggiore dello Jutland, la Hochseeflotte non sarebbe comunque stata in grado di aggredire il traffico inglese in Atlantico. In altre parole, per quanto intensa, aggressiva e rivolta a sfruttare ogni occasione favorevole, non avrebbe avuto effetti strategici e si sarebbe esaurita in azioni e battaglie fini a sé stesse. L’unico risultato, secondo Wegener, fu di conservare il controllo del Golfo tedesco, ove non transitava alcun traffico: controllo, dunque, di «un angolo morto in un mare morto», e di insidiare il traffico nemico con l’arma subacquea. [Si dovrebbe però aggiungere pure l’interdizione del Baltico, che impedì il sostegno inglese alla Russia].
Partendo da queste riflessioni, Wegener contestava pure l’universale ammirazione per i criteri costruttivi delle grandi navi tedesche. A suo avviso erano infatti erronei il primato della protezione sulla velocità e sull’armamento, la rinuncia alle navi da battaglia veloci (tipo Queen elizabeth) e l’enfasi sul naviglio silurante di superficie, del tutto inutile quando le distanze di combattimento superavano di gran lunga la portata dei siluri. Tutte manifestazioni di un orizzonte teorico confinato alle acque costiere, l’opposto della visione oceanica della Royal Navy.
L’importanza strategica non stava dunque nel rapporto di forze, ma nel rapporto geografico: era questo dunque che si doveva riequilibrare. Ma come?
La soluzione di Wegener era di porre la guerra terrestre al servizio della guerra marittima. Ciò rappresentava una rivoluzione copernicana non solo della pianificazione militare, ma della stessa percezione del nemico principale. Non più Francia e Russia, le potenze continentali confinanti,
che portò al bombardamento di Hartlepool, Whitby e Scarborough. Ma fu vanificata per il prematuro rientro del grosso della flotta, che, a sua volta, mise il I Gruppo d’esplorazione a rischio di essere tagliato fuori da forze inglesi divenute preponderanti. La relazione ufficiale tedesca prese ad esempio questa operazione per dimostrare, da un lato, la fondatezza della tesi di poter riequilibrare con incursioni offensive il rapporto fra le due flotte, dall’altro, l’inadeguatezza di comando, che stava per tradurre un possibile successo in un possibile insuccesso. V. Groos, la Guerra nel Mare del Nord, cit., vol. III: Dalla fine di novembre 1918 agli inizi di febbraio 1915 (cap. 2°) Livorno, R. Accademia Navale, 1923
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ma l’Inghilterra. Wegener perorava quindi una «marcia verso l’Atlantico», che modificasse la relatività delle posizioni geografiche e consentisse l’«offensiva strategica» navale. Ma per consentire alla marina di creare delle basi sulle coste della Manica e dell’Atlantico (Brest), come avvenne (inutilmente) nel 1940, occorreva anzitutto neutralizzare la Francia.
Un altro modo di affacciarsi sull’Atlantico era di passare dalla Scandinavia. Anzitutto occorreva impadronirsi degli Stretti danesi (Kattegat e Skagerrak) 15, della Norvegia meridionale e infine delle isole Shetland, la «porta dell’Atlantico». A quel punto, viste minacciate le proprie linee di comunicazione, l’Inghilterra sarebbe stata costretta ad accettare battaglia. Questa non si sarebbe risolta in un’azione tattica fine a sé stessa, ma, andando a incidere sulla posizione geografica, avrebbe avuto una portata strategica. Inoltre l’offensiva strategica avrebbe dato maggior impulso alla guerra subacquea. I sottomarini erano infatti serviti a ben poco nel Mare del Nord, soprattutto per mancanza di bersagli.
A prescindere dalla praticabilità di questo piano di guerra, Wegener introduceva nel pensiero navale tedesco una dimensione geo-strategica prima di lui trascurata, detronizzando la flotta, considerata come mero strumento tattico. Nella sua visione era la strategia marittima a dover dettare pure la politica, per procurare mediante alleanze le posizioni geo-strategiche necessarie alle operazioni della flotta.
Da ciò deriva il superamento dell’approccio «navalista», che fa consistere la guerra navale nello scontro tra flotte. Per Wegener non sono le flotte, ma la reciproca posizione geo-strategica degli avversari a determinare la natura terrestre o marittima della guerra, alla quale vanno subordinate le operazioni terrestri e navali.
15 Wegener rimarca che lo sbarramento dei Belt fu paradossalmente realizzato dalla Danimarca all’inizio della guerra col consenso di Berlino per prevenire l’attuazione da parte inglese di un più stretto blocco navale e meglio garantire il predominio tedesco nel Baltico. Nella logica di Wegener ciò si sarebbe, invece, tradotto in un danno per la Germania, privata di un’importante base d’attacco oltre il Mare del Nord.
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l’eredità di Wegener nel pensiero navale tedesco
Naturalmente Wegener non fu né l’unico né il primo aurore a sottolineare l’importanza della determinante geo-strategica, tema dibattuto pure in Italia, che in caso di conflitto con l’Inghilterra si sarebbe trovata nella stessa situazione della Germania16. Inoltre il suo pensiero era ancora ottocentesco; non colse pienamente l’impatto dell’aviazione e dei sottomarini sulla guerra marittima. Wegener attribuiva infatti all’arma subacquea un ruolo complementare e non alternativo rispetto alla flotta da battaglia, che a suo avviso restava fondamentale per difendere il proprio traffico, senza quindi comprendere la lezione degli ultimi diciotto mesi di guerra, e cioè che la Germania non poteva mantenere contemporaneamente due grandi flotte, e che l’unica a poter produrre risultati strategici era la flotta subacquea (l’Inghilterra dipendeva dai rifornimenti marittimi più della Germania).
L’importanza di Wegener sta soprattutto nella sua critica radicale della strategia tirpitziana adottata dalla Kaiserliche Marine e nell’aver affrontato
16 V. Ezio Ferrante, il pensiero strategico navale in italia, Roma, Rivista Marittima, 1988, app. II: Dalla geografia strategica marittima alla geopolitica.
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la determinante geostrategica come problema tedesco. Nonostante l’avversione di Raeder e i suoi tentativi di emarginarlo, le sue idee ebbero eco in Germania, dentro e fuori la Marina, anche perché fu egli stesso a promuoverne la circolazione. Fu letto ad esempio da Karl Haushofer, per il quale Wegener dimostrò viva ammirazione. Lo stesso Hitler lo lesse nell’inverno 1938-1939 rimanendo favorevolmente impressionato17. Ovviamente l’occupazione (1940) di Danimarca, Norvegia e Francia non fu fatta – come avrebbe voluto Wegener – allo scopo di far affacciare la Kriegsmarine sull’Atlantico e l’oggettivo vantaggio geostrategico non poté essere sfruttato perché, diversamente dal 1914, le forze navali e subacquee non avevano una sufficiente consistenza numerica.
Nemmeno è semplice riscontrare con certezza suggestioni di Wegener nel formarsi della strategia navale tedesca, a partire dall’autunno del 1938 col promemoria «Heye» e il Piano Z per la costruzione di una flotta con forte propensione oceanica per la guerra al traffico. Il piano si basava su tre capisaldi strategici:
· riconoscimento dell’Inghilterra quale nemico principale con conseguente orientamento della politica e della strategia globale tedesca al perseguimento della sua sconfitta e contrarietà a iniziative che ne distraessero attenzione e risorse, come fu nel caso della campagna di Russia; · impiego delle forze navali di superficie, subacquee (e aeree) quasi esclusivamente contro il traffico britannico sugli oceani; nozione questa già assunta a fondamento del
Piano Z; · condotta di operazioni combinate (terrestre, aeree e navali) per disarticolare alcuni cardini dell’Impero britannico, di cui il più noto esempio fu la strategia mediterranea propugnata dalla Seekriegsleitung (Skl), sia pure a fasi alterne, dall’entrata in guerra dell’Italia fino alla fine del 1942 o, addirittura, agli inizi del 1943.
Anche qui non è facile concludere se su questa strategia si sia avuta una precisa influenza di Wegener o se autonomamente Raeder e i suoi collaboratori fossero giunti a tali conclusioni. Ma almeno sul promemoria «Heye» si può dare una risposta affermativa, anche perché fu Raeder a certificarla. Messo a punto il 25 ottobre 1938 dal CF Helmuth Heye del Reparto operazioni della Skl, e intitolato alla condotta della guerra marittima contro l’Inghilterra, il promemoria è forse il principale documento politico, strategico
17 Herwig, cit., pp. XXVII ss.
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e programmatico concepito dalla Marina tedesca18, e in molte sue parti sembra ricalcare esattamente le orme di Wegener: scartata la ricerca di una battaglia decisiva e riconosciuta l’impossibilità d’infrangere il blocco britannico e di assicurare il flusso d’importazioni via mare per la Germania, il documento individuava in un energico attacco alle linee di traffico britanniche in Atlantico il solo perseguibile obiettivo strategico, avvalendosi di basi nella Manica e fino a Brest e, ove possibile, attraverso l’occupazione dell’Olanda, della Danimarca e della Norvegia. E’ sintomatico che proprio questi ultimi riferimenti abbiano irritato non poco Raeder per i richiami alle teorie di Wegener, anche se poi il Piano Z fu formulato sulla base di questo documento con varianti di non grande rilievo19 .
La questione resta, comunque, aperta. Ma non è eccessivo concludere che la condotta della guerra che Raeder intese imprimere sembra avvicinarsi assai più alle teorie dell’avversato Wegener che a quelle di Tirpitz e della sua scuola, della quale si proponeva come prosecutore.
18 «Seekriegfürung gegen England und die sich daraus ergebenden Forderungen fuer di strategische Zielsetzung und den Aufbau der Kriegsmarine», 25.10.1938 in M. Salewski, Die deutsche Seekriegsleitung 1935-1945, Muenchen, Bernard & Graefe, 1970 ss., vol III:
Denkschriften und lagebetrachtungen 1938-1940. L’opera di Salewski resta fondamentale per comprendere la genesi e lo sviluppo del pensiero strategico dell’Alto comando navale tedesco prima e durante la 2a GM. Sulla continuità di pensiero e aspirazioni politiche tra Kaiserliche e Kriegsmarine nella particolare prospettiva delle relazioni con la Marina italiana v. pure Schreiber, G., revisionismus und Weltmachtstreben. Marineführung und deutsch-italienische Beziehungen 1919-1944, Stuttgart, Deutsche Verlags-Anstalt, 1978. 19 Di lì a poco Helmuth Heye fu promosso CV e ‘allontanato’ dal reparto operazioni della Skl per essere destinato al comando del nuovissimo incrociatore admiral Hipper. (Herwig, pp.
XLV ss.). Sul pensiero navale tedesco e sui riflessi sul Piano Z v. Edward Wegener (figlio di Wolfgang), «Nochmals. Selbstverständnis und historisches Bewusststein der deutschen
Kriegsmarine», Marine rundschau, giugno 1970, pp. 321-340.