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Capitolo III L'universo dei renitenti 1. Un'analisi quantitativa della renitenza
Capitolo III
L'universo dei renitenti
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1. Un'analisi quantitativa della renitenza
Nel descrivere l'andamento della renitenza post-unitaria all'interno della provincia di Forlì si è fatto riferimento all'indice riportato dalle relazioni annuali del ministero della guerra, ovvero alla percentuale dei renitenti sul totale degli iscritti nelle liste d'estrazione. Questa percentuale, che si è scelto di utilizzare per rendere possibili comparazioni con i dati nazionali o relativi ad aree limitrofe al forlivese, non è tuttavia priva di limiti. Alcuni studi recenti sulle tematiche del reclutamento militare nell'Italia post-unitaria hanno sottolineato che l'indice ufficiale è uno strumento sostanzialmente inadeguato per valutare la reale incidenza della renitenza. Secondo Del Negro, in particolare, la percentuale calcolata dal generale Torre "disegna un'immagine riduttiva del fenomeno" (1). In primo luogo perché essa non considera la cosiddetta "renitenza borghese", cioè il peso percentuale di quegli istituti (liberazione, surrogazione e scambio di numero) che permettevano ai coscritti abbienti di sottrarsi legalmente all'obbligo militare. In secondo luogo perché il tasso di renitenza viene calcolato sull'intero universo degli iscritti, "senza prendere in considerazione l'opportunità" di sottrarre da questa cifra totale i cancellati dalle liste dopo l'estrazione, gli esentati, i riformati, i rivedibili e "altre categorie quantitativamente meno rilevanti" (i volontari, gli allievi negli istituti militari e i dispensati). Del Negro sembra pertanto ritenere che per ottenere un tasso più attendibile, questo debba essere calcolato sull'insieme più ristretto costituito unicamente dai renitenti e da coloro che furono dichiarati abili e quindi arruolati. Tuttavia, dopo aver suggerito l'opportunità di questa sottrazione, riconosce che "alquanto controverso, è stabilire la percentuale dei riformati e dei rivedibili, che è legittimo defalcare dal totale" (2). Non è chiaro dalla sua esposizione perché Del Negro si ponga il problema della legittimità dell'operazione soltanto in riferimento ai giovani risultati definitivamente o temporaneamente inabili al servizio militare. Il fatto che egli riporti di seguito un'affermazione del generale Torre, secondo la quale i renitenti erano "persuasi" nella maggior parte che alla visita di leva "sarebbero stati dichiarati idonei", fa ritenere che questa remora sia dovuta all'impossibilità di stabilire se i renitenti fossero tutti potenzialmente abili (3). Da questo si deduce che, qualora fosse possibile dimostrare che i renitenti erano effettivamente tutti idonei al servizio militare, sarebbe legittimo defalcare interamente anche i riformati e i rivedibili. Del Negro rivolge infatti la sua attenzione ad un secondo indice elaborato da Torre nella sua prima relazione: la percentuale dei renitenti veniva calcolata, non in relazione al numero totale dei coscritti, ma alla somma dei contingenti di 1a e 2a categoria (4). Questo indice, nota Del Negro, "di fatto considerava abili tutti coloro che non si erano presentati all'esame dei consigli di leva" (5). La seconda percentuale calcolata da Torre comporta ovviamente un sensibile innalzamento dei livelli di renitenza: per la classe 1842, ad esempio, la quota di renitenti sale a livello nazionale dall'11, 51% al 33, 64%. Del Negro, pur giudicando questo indice "forse troppo elevato", presumibilmente in quanto non teneva conto della possibilità che qualche renitente fosse inabile, lo considera "certamente più aderente alle effettive dimensioni del fenomeno" (6). Nel caso specifico della provincia forlivese il tasso di renitenza complessivo delle classi 1839-42, passando dal 16, 80% al 42, 28%, verrebbe ad essere più che raddoppiato (7).
Alcuni aspetti dell'analisi di Del Negro sono certo condivisibili, ma l'indice a cui propone di fare riferimento è senza dubbio ancora meno soddisfacente di quello solitamente utilizzato da Torre. Non ha infatti alcun significato statistico, qualora si voglia definire il peso di una certa grandezza (i renitenti), calcolarne la percentuale su un insieme (la somma dei contingenti di 1a e 2a categoria) di cui questa grandezza non fa parte. Un esempio prova questa palese incongruenza: nel circondario di Rimini, per la classe 1840, la percentuale dei renitenti sul contingente totale di arruolati risulta pari al 106, 98%. Se questa percentuale rappresentasse realmente un tasso di renitenza si dovrebbe paradossalmente concludere che i renitenti di questa classe furono addirittura più numerosi dei chiamati alla leva. In realtà, questa percentuale fornisce semplicemente un'informazione, non priva di interesse, sull'andamento parallello della renitenza e degli arruolamenti. Per ritornare all'esempio riminese essa consente di verificare come in un'area caratterizzata da una forte renitenza (in questo caso pari al 32, 17% degli iscritti nelle liste d'estrazione) il numero dei renitenti fosse talmente elevato da superare quello degli arruolati. L'interesse che spinse il generale Torre a istituire una correlazione tra i renitenti e gli arruolati era presumibilmente quello pratico di evidenziare, dal punto di vista dell'istituzione militare, il deficit di potenziali arruolamenti che si produceva a causa della renitenza. In effetti, non si capisce perché Del Negro, dopo aver implicitamente proposto di calcolare il tasso di renitenza sull'insieme formato dagli arruolati e dai renitenti, ritenga sostanzialmente attendibile l'indice ottenuto da Torre sulla base di un criterio del tutto diverso (8). Ad ogni modo, non sembra neppure corretto limitare il calcolo del tasso di renitenza esclusivamente a quella parte di coscritti che furono arruolati o si resero renitenti. Questa operazione si basa infatti su una forzatura dell'assunto, sostanzialmente condivisibile, che i renitenti diventavano tali perché convinti di essere dichiarati abili. Se la scelta di intraprendere o meno la renitenza avesse effettivamente coinvolto solo i coscritti abili o potenzialmente tali (cioè gli arruolati e i renitenti) avrebbe allora senso defalcare dal totale dei coscritti tutti coloro che furono esonerati dal servizio militare. In altri termini, questa operazione sarebbe corretta se, per i coscritti che potevano vantare il diritto all'esonero (cioè gli esentati e i riformati), non si fosse posto il problema di decidere se presentarsi o meno davanti ai consigli di leva. L'analisi nominativa condotta sulle liste di leva e d'estrazione ha consentito di verificare che la realtà del reclutamento non era così schematica. In primo luogo, erano numerosi i renitenti che, sottoposti dopo l'arresto o la presentazione volontaria all'esame dei consigli di leva, venivano riformati, esentati o dichiarati rivedibili (9). La presenza tra i renitenti di coscritti che avrebbero avuto la possibilità di sottrarsi legalmente all'obbligo del servizio militare può essere dipesa da una scarsa conoscenza delle norme che regolavano il reclutamento, tanto più giustificata nella provincia di Forlì dove era recente l'introduzione della coscrizione. In effetti, la renitenza nel forlivese, quantomeno limitatamente alle primissime leve post-unitarie, era soprattutto l'espressione di un rifiuto istintivo dell'istituzione militare che, certamente originato dal timore dell'arruolamento, prescindeva però da calcoli precisi sull'effettiva probabilità di essere dichiarati abili. In secondo luogo, la dichiarazione di riforma veniva spesso pronunciata dai consigli di leva in assenza di una specifica richiesta del coscritto, il quale o non aveva coscienza di un suo difetto fisico o non sapeva che questo desse diritto all'esonero. Questa circostanza induce a ritenere che perlomeno una quota dei coscritti che furono riformati si sarebbe presentata comunque alla visita. Il tentativo di stabilire la reale valenza quantitativa della renitenza è ovviamente giustificato dallo scopo di verificare la diffusione sociale di questa forma di rifiuto dell'obbligo militare. Il tasso relativo, assumendo come elemento discriminante della renitenza la presentazione o meno davanti ai consigli di leva, dovrà allora essere calcolato sulla totalità dei giovani per i quali si poneva la necessità di operare questa scelta. L'insieme su cui calcolare il tasso di renitenza sarà quindi dato dalla cifra ottenuta sottraendo dall'insieme totale dei coscritti unicamente i cancellati, perché risultati già defunti, doppiamente o indebitamente iscritti, e i rivedibili, perché rinviati per motivi di salute o di forza maggiore alla leva successiva (10). Al contrario di quanto ritiene Del Negro, i rivedibili non solo si possono, ma si debbono necessariamente defalcare dal totale se si vuole evitare che essi vengano conteggiati due volte nell'insieme di riferimento. Soltanto in questo modo 55
sarà del resto possibile calcolare e mettere a confronto la rispettiva incidenza, all'interno dell'universo dei coscritti, dei comportamenti di rifiuto e di adesione di fronte all'obbligo militare, ovvero della renitenza e del volontariato (11). E` tuttavia necessario tenere presente un altro elemento. La ricognizione sulle liste della coscrizione ha consentito di stabilire che il numero effettivo dei renitenti è inferiore a quello indicato nelle relazioni ministeriali. Per molti nominativi di renitenti risulta infatti cancellata la dichiarazione di renitenza, in quanto si era successivamente appurato che appartenevano a persone defunte da tempo o a giovani già iscritti in altri mandamenti e regolarmente presentatisi ai consigli di leva (12). Questi errori erano dovuti alle già ricordate difficoltà che le autorità municipali incontravano nella compilazione delle liste. Le iscrizioni errate, qualora non fossero individuate prima della chiusura delle operazioni di reclutamento, davano luogo ad altrettante dichiarazioni di renitenza, facendo così artificiosamente crescere il numero dei renitenti. Il generale Torre, nella relazione sulla leva della classe 1849, affermava infatti che
il numero dei renitenti, quale risulta dagli atti ufficiali, potrà essere d'assai ridotto, sempreché i rispettivi Sindaci, e segnatamente quelli dei Comuni, nei quali la leva venne imposta per la prima volta dal Regno d'Italia, riandando con diligenza sugli atti dello stato civile giungano ad epurare le diverse liste di leva dalle doppie iscrizioni e da quelle per qualsiasi altro modo errate (13).
I dati ministeriali, inquinati da questa aliquota di renitenza burocratico-amministrativa, sono quindi poco attendibili anche sul piano strettamente numerico. Per ricostruire la reale estensione della renitenza è quindi necesario ricorrere ad un'analisi nominativa che consenta di aggirare i limiti delle cifre ufficiali (14). Con riferimento alle tre classi di leva 1839-41, le più significative per quanto concerne i livelli di renitenza nel forlivese, è stato calcolato il tasso di renitenza mettendo in relazione i renitenti effettivi (cioè la grandezza ottenuta sottraendo dal loro numero totale quelli che furono cancellati dalla renitenza) e gli iscritti reali (cioè l'insieme ricavato defalcando dal totale degli iscritti nelle liste d'estrazione i cancellati dalle liste e i rivedibili). I valori ottenuti sono molto vicini a quelli riportati dalle relazioni ministeriali: in due dei tre circondari della provincia, quelli di Rimini e Forlì, il tasso di renitenza complessivo di queste tre classi sale leggermente, passando rispettivamente dal 23, 49% al 23, 61% e dal 22, 09% al 22, 58%, mentre nel circondario di Cesena scende, più vistosamente, dall'11, 68% al 9, 62%. Questa diminuzione del tasso nel cesenate è dovuta alla presenza di un elevato numero di renitenti che furono successivamente cancellati: in particolare, per la classe 1839, vennero annullate ben 56 dichiarazioni di renitenza su un totale di 122 (45, 90%), la maggior parte perché relative ad individui defunti nei primi mesi e anni di vita. La sostanziale equivalenza del tasso ufficiale di renitenza e di quello ottenuto mediante l'analisi nominativa non deve tuttavia far dimenticare che i due indici sono qualitativamente diversi e che il secondo, rispetto al primo, fornisce un'immagine più vicina all'effettiva portata del fenomeno (15).