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1.3. Il collegio torinese

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Bibliograia

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che in questo modo non solo si assiste alla diffusa nazionalizzazione della monarchia, come istituzione capace di traghettare il passato nel presente, ma a una strategia politica e pedagogica che attraverso la igura di Mussolini rivaluta questo passato per rifondarlo in un’identità nazionale sorta dalla guerra di redenzione e consolidata dal fascismo quale arteice dei segnati destini d’Italia.

1.3. Il collegio torinese

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L’ambiente piemontese, dove Rossaro si reca per i primi studi, ha certamente inluito sulla formazione monarchica del giovane roveretano, afiancandosi all’educazione risorgimentale assorbita in famiglia e alla precoce fascinazione per gli eventi celebrativi che diventeranno fondamentali nella sua azione. È lo stesso sacerdote a metterci su questa strada, allorché nell’Albo storico ci parla della sua epifanica vocazione maturata fra la folla plaudente, i suoni della musica patriottica e le glorie della sua terra.

«2/V/1937: oggi si compie il 40esimo anniversario della memoranda e indimenticabile festa del Centenario della nascita di Antonio Rosmini»35, egli scrive rammentando un episodio del 1897. «Segno qui questa data perché fu decisiva nella mia vita. Ero al termine delle scuole elementari, e quindi al bivio: o un mestiere o continuare la scuola. Per me l’unica via aperta era la prima, nonostante che il mio sogno fosse la carriera ecclesiastica. Quei giorni furono, per me, giorni di intenso entusiasmo. La sera della vigilia, nei giardinetti che esistevano ove ora sorge la Posta, tenni un discorso, agli amici, sul Rosmini (!...). Il 2 mi intrufolai in tutte le manifestazioni: persino alle conferenze di Lampertico e del prof. Lilla. Sotto la giubba mi cinsi d’una fascia tricolore e sul davanti della maglia mi dipinsi, ad olio, lo stemma di Rovereto (!!!). La sera della festa, mentre tutte le bande, schierate davanti al monumento di Rosmini, suonavano l’Inno a Trento, io, da buon monello, m’ero arrampicato sul cancello del palazzo Rosmini e me ne stavo cheto a contemplare, tra un velo di lacrime, quel memorando spettacolo. E fu là, in cima a quel cancello, sopra l’immensa folla plaudente, tra lo squillo delle varie musiche, in faccia al monumento del ilosofo, che decisi irrevocabilmente di studiare, e di farmi sacerdote. All’indomani ero un altro. La vita mi s’era aperta al mio destino: Deo Gratias!»36 .

Antonio Rossaro, come si è detto, si reca quindi a Volvera, a poca distanza da Torino, per frequentare le scuole secondarie presso il collegio di San Giuseppe, retto dalla Congrega-

35 Antonio Rosmini nasce a Rovereto il 24 marzo 1797 e muore a Stresa il 1 luglio 1855. 36 rossaro Albo storico cit., a data.

zione giuseppina37: una frangia dei Salesiani fondata da Leonardo Murialdo, il «mio santo superiore», come scriverà il sacerdote in una pagina dell’Albo storico, nel quale fra l’altro inserisce un’immagine del servo di Dio che anni più tardi dichiara di aver trovato, in una sorta di apparizione miracolosa, ai piedi della Campana38. Non sappiamo però molto a proposito di questo periodo, se non raccogliendo qualche interessante briciola dei suoi ricordi.

«Da poco il “Re buono” era caduto sotto il pugnale d’una mano anarchica e l’augusta Vedova, regina Margherita, s’era ritirata nel suo dolore, nello storico castello di Stupinigi», scrive infatti in anni più tardi. «Una fresca mattina d’aprile, resa più gioconda dalla giovinezza della vita, un gruppo di studenti liceali d’un collegio, si recò a Stupinigi, poco lontano, per rendere omaggio alla Sovrana. Tra quella gaia turba c’era anche Timo del Leno. Nel ritorno, attraverso i secolari boschi che circondano il Castello, s’incontrarono in una carovana di zingari. Non parve vera tanta fortuna! La circondarono festosamente, accompagnandosi con essa per tutto il tratto. Una donna, tutta movenze e colori di autentica zingara, dopo una rituale danza, tra le più curiose rivelazioni e certe pruriginose reticenze, volle leggere le loro mani. Giunta a quella di Timo del Leno, dopo averla guardata e scrutata, con strani gesti, uscì in queste più strane parole: Fiore da iore! Immenso come il mar sarà il tuo impero! Così nella tua man, legge il mio cuore. Parole cabalistiche, che fecero fantasticare sulle più astruse confetture, ino a far di Timo del Leno il futuro sposo d’una regina, con tanto d’impero»39 .

L’episodio è singolarmente laico, ambiguo e oracolare. La nota eremitica in merito alla regina Margherita si mescola con l’apparizione profana della zingara, la quale profetizza al giovane studente, «iore da iore», un futuro importante: il matrimonio con una regina con «tanto d’impero». Ad anni di distanza dal presagio di Stupinigi, Rossaro trasigurerà questa igura regale, ritirata nell’esilio del suo dolore, nella madre matrice della sua campana, capace di estendere il suo suono per le contrade del mondo. Ma non c’è dubbio che la ricostruzione postuma, probabilmente adattata, lascia intendere uno stretto colle-

37 Un orfanotroio e un oratorio festivo della Congregazione di San Giuseppe erano stati fondati a Rovereto nel 1894. Forse è proprio attraverso l’istituzione roveretana che Rossaro avrà modo di entrare nel collegio di Volvera. 38 Così Rossaro scrive il 28 giugno 1932. «Cose strane! ai piedi della Campana ho trovato questa immaginetta che ricorda il mio Santo Superiore. Chi sa quale mano ve l’ha deposta: certo qualche pellegrino piemontese (Riguardo a Murialdo, vedi il mio articolo in “Optigerium”, Oderzo maggio 1933)», Cfr. in Albo storico cit., a data. Per quanto riguarda l’articolo si veda A. rossaro, Ricordando un santo (Don Leonardo Murialdo, in “Optigerium”, (marzo 1933 ). “Il Gazzettino” del 9 aprile 1934, tracciando un breve proilo del sacerdote, scrive che Antonio Rossaro «fu pure discepolo prediletto del noto teologo Don Leonardo Murialdo». 39 rossaro, La Campana cit., p. 42.

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