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Dalla Campana dei Caduti alla Campana della Pace
dire che il turbine della guerra rattristi un giorno i nostri iglioli”. Era questa la meta, a cui tendevano molti di quelli che, come lui, erano partiti volontari affrontando sacriici, eroismi, per un ideale: la guerra alle guerre; affrontando anche l’intimo dissidio spirituale di socialisti, di paciisti, quali erano. È deplorevole che un retorico nazionalismo sfrutti e la loro memoria e quella degli – assai più numerosi – non eroi, ma vittime, che caddero con loro. Ma voi, giovani intelligenti, non dovete coinvolgere nel vostro disprezzo per la retorica anche i loro ideali! Cinquanta anni fa partivano dal Trentino, allora Austria, e anche, quindi, dalla vostra Rovereto, i giovani che divennero i “volontari trentini”. Molti erano seguaci del socialista Battisti; erano comunque tutti dei democratici, dei giovani che oggi diremmo “socialmente impegnati”. Indubbiamente il loro slancio era anche uno slancio risorgimentale: quello slancio risorgimentale che, con l’Obbedisco di Garibaldi, era – per le popolazioni italiane del Trentino – rimasto insoddisfatto. Anelavano anche ad essere membri del paese di Beccaria, di Cattaneo, di Garibaldi, piuttosto che dell’impero austro-ungarico, dalla burocrazia inta democrazia. Un esempio: voi non sapete, probabilmente, che in quell’impero il voto alle donne era già stato concesso nel secolo scorso, ma…con un piccolo ma: era “per censo”- cioè riservato alle ricche- e doveva essere esercitato tramite il confessore. Forse per voi, oggi, è del tutto indifferente l’essere cittadini italiani o cittadini austriaci. Mi piace anzi pensare – compiacendomene – che vi sentiate cittadini del Mondo, che aspiriate a divenirlo istituzionalmente. Ma, convenitene, anche differenti ideali, specialmente se legati a differenti condizioni storiche, specialmente se affermati con sacriici, vanno non solo rispettati ma onorati (l’ideale della morte, il “culto della morte” è un’iperbole in cui siete incorsi e non è il caso di parlarne. Altro ci sarebbe da dire ma il discorso sta diventando proprio troppo lungo»30 .
3.5. La benedizione papale del 1965. Dalla Campana dei Caduti alla Campana della Pace
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Sul Gazzettino di Trento del primo novembre 1965 erano comparsi i resoconti di due distinti discorsi del papa Paolo VI, in occasione della benedizione pontiicia della nuova Campana dei Caduti dopo la sua fusione. Uno era rivolto alla folla di piazza San Pietro e l’altro era stato precedentemente rivolto ai delegati31 trentini in viaggio a Roma. Il discorso ai delegati trentini era più articolato e complesso. In esso Paolo VI non mancava di dare soddisfazione alle componenti combattentistiche che rappresentavano i referenti
30 “Ancora sul culto degli eroi”, in “Alto Adige”, 31 agosto 1965. 31 “Il discorso del Papa ai delegati trentini”, in “Gazzettino di Trento”, 1 novembre 1965. «Sono intervenuti il ministro Spagnolli, il reggente dell’Opera, padre Eusebio Jori. Il commissario del Governo per la Regione Trentino –Alto Adige Bianchi di Lavagna, il sindaco di Rovereto Benedetti, i governatori di cinque distretti del Lyons d’Italia. Il gruppo era guidato dall’Arcivescovo metropolita mons. Gottardi».
storici della Campana dei Caduti, sottolineando i meriti di chi si era eroicamente sacriicato in un’ottica patriottica “per la libertà, per il dovere, per la concordia”.
«Segno di pace per la voce grave e ammonitrice che la Campana con i suoi quotidiani rintocchi diffonde nella valle e fra le montagne, che ne accolgono l’austera sua sede e che quasi facendo propria l’eco mestissima dell’addio dei Caduti ammonisce i vivi a non dimenticare chi per la libertà, per il dovere, per la concordia fra gli uomini ha sacriicato la vita»32 .
Il Papa inoltre riprendeva il doppio valore da attribuire alle sofferenze generate dalla guerra e incarnate dal dolore materno: deprecazione ma anche virtù espiatrice.
«Segno di pace inine per il titolo purissimo che alla Campana è stato dato di “Maria Dolens”, quasi a riunire nel più puro e nel più alto, nel più santo dolore materno, quello della Madonna addolorata, il dolore immenso e umanissimo che inondò la terra inondata di sangue. Il pianto umano nella Campana si fa perenne quasi a perpetuare la deprecazione e insieme la virtù espiatrice delle sofferenze generate dalle guerre; il pianto umano si fa sacro per il senso religioso che gli si attribuisce (…)»33 .
In questo stesso discorso il Papa non mancava di rimarcare la simbolicità delle varie rifusioni e del rinnovo del signiicato della Campana. Egli sottolineava l’importanza di un atto di fondazione che sanciva uno slittamento semantico e un adattamento ai tempi.
«E poiché la vostra Campana simbolica tre volte ha dovuto essere rifusa e rigenerata, sapremo trarne lezione sapiente anche a questo riguardo, dal momento ch’essa ci vuol essere maestra di pace. Sì, la pace fra gli uomini è sovente fragile e precaria; non basta fare la pace una volta, bisogna rifarla e due e tre volte, se occorre; cioè dobbiamo generare la pace come virtù, che si afferma e si rinnova con volontaria coscienza, piuttosto che pensare di goderla come bene permanente che da sé si conserva. E dal momento che voi avete voluto dare alla fatidica Campana un senso universale, onorando in essa non solo i Caduti della vostra terra e quelli della guerra ch’ebbe nelle vostre valli e sulle vostre montagne il suo tragico teatro, ma i Caduti di tutte le guerre e di tutti i paesi, vada l’augurio di pace anche al di là d’ogni conine e rechi, sulle ali dei venti, vogliamo dire dello spirito, l’invito alla fratellanza a tutti gli uomini di buona volontà»34 .
32 Ibidem. 33 Ibidem. 34 Ibidem.