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1.8. Direttore della biblioteca Civica di Rovereto e cultore delle memorie patrie
morte redentrice era stato pressoché acquisito da buona parte della popolazione che aveva vissuto la guerra. Intanto “Alba Trentina” appunto balbetta, per gli impegni del suo direttore e perché in fondo aveva esaurito il suo scopo. Nel 1923 esce in soli tre numeri bimensili, poi sospende le pubblicazioni. Riprende nel febbraio dell’anno successivo, trattando ancora della Campana dei Caduti, il monumento «da lei sognato con ansiosa trepidazione nel suo vagabondaggio; da lei con lirico entusiasmo e profonda religiosità, pensato ed elaborato in ogni suo particolare, imprimendo in ogni goccia del suo mistico bronzo la propria anima»140. Ma l’ennesima affermazione retorica rimarrà soltanto numero dell’ottava annata, uno degli ultimi del resto. “Alba Trentina” infatti nel 1925 tace. Concluderà poi le sue edizioni con i primi tre numeri del 1926, quando da un anno la Campana ha iniziato a far sentire i suoi rintocchi di pace in Europa e in altre regioni del mondo141. Dopo dieci anni, la rivista ritiene evidentemente di aver concluso la sua missione e di lasciare il posto a un semplice almanacco annuale: “El Campanom”142 .
1.8. Direttore della biblioteca Civica di Rovereto e cultore delle memorie patrie
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Nel novembre 1921 Antonio Rossaro viene nominato direttore della locale biblioteca. Un compito gravoso vista la situazione del dopoguerra, ma il sacerdote lo affronta con grande energia. Valentino Chiocchetti ha dedicato un capitolo al sacerdote direttore della Biblioteca Civica di Rovereto, elencandone le benemerenze in dai dificili esordi, allorché Rovereto non era risorta dalle sue rovine143. Rossaro si impegna prima di tutto a sorvegliare il trasporto e a ricollocare quasi 100.000 tra volumi, opuscoli e manoscritti rimossi durante la guerra, poi, come aveva fatto per la biblioteca dei Concordi, si industria a predisporne le schede in vista dell’apertura che avverrà alla ine di marzo del 1923, dopo 17 mesi di fatica. Nel frattempo si preoccupa di arricchire il patrimonio dell’istituzione, riuscendo
140 Ivi, VII/ 1-2, p. 1. “Alba Trentina” «entra nell’ottavo anno col presente numero, che mentre completa l’annata precedente, apre quella nuova, lusingandosi che i gentili e fedeli abbonati vorranno indulgere a tante sue manchevolezze, causate non da propria mala volontà, ma da un complesso di circostanze affatto esteriori», scrive Rossaro nell’editoriale che apre il 1924. 141 Si vedano a questo proposito la nutrita corrispondenza e la cospicua raccolta degli articoli di giornale, che vanno dall’Europa all’America, conservati in AFCCR. 142 “El Campanom” esce per la prima volta nel 1925. Così leggiamo in una réclame giornalistica. «È il piccolo almanacco popolare lanciato da “Alba Trentina”, di cui direttore è il comm. Don Antonio Rossaro. Il nuovo almanacco è di un grande interesse locale, per graziosi appunti storici; per belle illustrazioni; per opportune note scientiiche. Oltre il calendario, porta l’elenco delle iere e mercati del Trentino; le notizie dell’anno solare e civile; i numeri delle automobili. Interessante è l’elenco dei celebri paesaggi attraverso la Vallagarina. Il nuovo almanacco, che continuerà anche negli anni successivi, porta il nome “El Campanom”, simpatico e signiicativo titolo della Campana dei Caduti. Graziosissima è la copertina disegnata dal sig. arch. G. Tiella. Essa rappresenta la campana in una notte serena, coronata di stelle e di costellazione». “La libertà”, 24 dicembre 1925. 143 ChioCChetti, Don Antonio Rossaro cit., pp. 23-25.
ad acquisire importanti archivi privati: quello della Giurisdizione dei conti Lodron in un primo momento; in seguito i 10.000 volumi dei baroni Salvotti di Mori, l’archivio della Congregazione di Carità, la biblioteca dell’archeologo ed epigraista Federico Halbherr, l’archivio del barone Moll, quello del senatore Paolo Orsi, del dottor Alberto Tacchi e di altre importanti famiglie e personalità di Rovereto e dei dintorni144. Perino il re Vittorio Emanuele, in occasione di una sua visita alla Campana, donerà alla biblioteca il suo prezioso Corpus Nummorum Italicorum. E questo sicuramente ancora grazie al suo direttore145 . Con il tempo il patrimonio dunque cresce. Rossaro continua nella sua incessante opera di recupero di libri e altri cimeli ino alla morte, facendosi collezionista, conservatore e divulgatore. Prosegue poi con le iniziative in merito alla ricostruzione monumentale di Rovereto, alle quali si è già fatto cenno: il Museo della Guerra, la Campana dei Caduti, l’Ossario di Castel Dante. Sappiamo inoltre che a lui si deve la raccolta di fondi per l’erezione del busto a Damiano Chiesa e Fabio Filzi, nonché l’iniziativa per fornire la Pala d’altare alla chiesa di San Marco. Chiocchetti cita anche l’impegno profuso per l’erezione del monumento a Damiano Chiesa nell’atrio del Liceo Ginnasio e per collocare sugli ediici storici della città le targhe in ricordo di alcuni cittadini o di celebri ospiti di passaggio a Rovereto: Giovanna Maria della Croce, Antonio Rosmini, Giorgio Rossi, Goethe, Mozart, Pio IV. Sono ancora frutto delle sue proposte la lapide con l’epigrafe per celebrare i roveretani caduti in guerra, la collocazione del busto di Eugenio di Savoia sulla facciata del Municipio, il monumento All’Alpino, il tabernacolo in onore di San Giorgio, a ricordo della guerra, collocato ai piedi della collina omonima. Pregna di signiicati appare la realizzazione del monumento alla regina Margherita146, la sovrana alla quale rimane fedele in un lungo percorso di ammirazione e rispetto. Già lo sappiamo dal racconto che fa a proposito della visita alla reggia di Stupinigi147; ne troviamo poi più volte conferma ne-
144 «È un po’ una tradizione di Rovereto che molti uomini di cultura lascino morendo le loro biblioteche, piccole e grandi, alla città, ma osservando attentamente i Registri degli Ingressi della Biblioteca, negli anni della direzione di don Rossaro, ci accorgiamo che le donazioni più consistenti vengono fatte dagli amici di don Rossaro stesso o da persone da lui appositamente e ripetutamente avvicinate allo scopo. [...] Si può affermare che nel periodo in cui fu Direttore, tra compere e donazioni, il patrimonio fu aumentato di circa 50.000 tra volumi e opuscoli. [...]
Ma la sua passione di collezionista andava anche più in là. C’è nell’Archivio della Biblioteca una raccolta di testi e di quaderni scolastici dei secoli passati; ci sono migliaia di ricordi da morto; ci sono i timbri di varie epoche di quasi tutti i comuni e le parrocchie del Trentino; ci sono raccolti e disegnati da lui gli stemmi di quasi tutte le famiglie nobili trentine; ci sono centinaia e centinaia di fotograie di Rovereto e delle sue principali cerimonie; ci sono migliaia di carte d’identità di cittadini roveretani; ci sono cimeli rosminiani in genere...». ChioCChetti, Don
Antonio Rossaro cit., p. 25. 145 Si veda anche A. rossaro. Il primo decennio di vita della Civica Biblioteca di Rovereto dopo la guerra: (19211931), in “Studi trentini di scienze storiche”. Trento. - A. 13, fasc. 4 (1932), pp. 281-290 146 Il busto alla Regina Madre venne inaugurato il 19 ottobre 1935. È dapprima collocato in un giardinetto in piazza
Rosmini, poi nel piazzale delle Genti, sul bastione del Castello. Per notizie più approfondite cfr. AFCCR, bs. 22,
“Busto Regina Margherita”. 147 Si veda quanto riportato nelle precedenti pagine dedicate al collegio torinese.
gli appunti inediti, nei discorsi ufficiali148, nel suo libro postumo149, ma soprattutto allorché la Regina Madre è scelta come madrina per il battesimo della Campana dei Caduti, il 24 maggio 1925150. È in questa occasione che Rossaro innalza il suo più alto peana alla sovrana «mite e bella», giunta «dai romantici castelli sabaudi» per salire i bastioni del castello «propugnacolo della Serenissima, onde accedere più solennemente al rito del battesimo della Campana dei Caduti». Il «miracolo d’amore» fiorito «dal cuore dell’Umanità» e fuso nella «magna Campana», che sulla traccia di Artemisia151, «con l’oro delle Madri orbate, accolse nel fervescente bronzo il multiforme sacrificio della Guerra e fece del suo palpitante cuore il più degno monumento agli Eroi della nostra Epopea». C’è ancora molto, in questo discorso declamato con esperta oratoria davanti «all’Augusta Sovrana, a cui il cuore trapassò la fredda lama di una tragica vedovanza»152. C’è soprattutto da osservare la saldatura che egli compie fra la guerra e il sacrificio assunto come dono, la strategia di affermare la sacralità della morte eroica, umanamente consolata dalla figura femminile: un topos che per Rossaro diventerà fondamentale nel collegamento fra madre e figlio, fra la Campana e l’oro donato dalle madri «orbate»: private dei loro figli generosi, ma senza l’idea luttuosa della vuota fatalità, della perdita definitiva, del sacrificio vano. Quei figli avevano infatti dato vita a una nuova nazione, vivevano nei simboli della Campana stessa, nell’oro fuso nel bronzo e donato dalle madri, dalle spose, dalle sorelle, dalle figlie, consapevoli del sacrificio dei caduti per il bene comune. Anche la regina Margherita era stata privata del suo sposo, di Umberto, trafitto al cuore da fredda lama, e poteva dunque annoverarsi fra le prime donne ferite ed eroiche. Ma ancora più ardito appare il collegamento fra il Cristo e la Madonna, la Maria Dolens, il cui figlio, anche lui trafitto al cuore, era stato accolto nella pietà della madre dolente per essere pronto a risorgere, per rendere eterno il suo messaggio. Il messaggio della Campana forgiata dalla creta di Vittorio Veneto, dipinta come una «dolcissima donna che protende le braccia alle folle dell’avvenire» e dalle cui «piaghe disbocciano rose»153 .
148 Cfr. A. rossaro, Nel decennio dalla morte della regina madre Margherita di Savoia madrina della campana dei caduti, ed. Grigoletti, Rovereto 1935. 149 rossaro La campana cit. 150 Cfr. rossaro, La Campana cit., p. 113. A questo proposito si veda anche il discorso pronunciato da Rossaro davanti alla regina in visita al castello. Ivi, pp. 114-116. 151 Così spiega Rossaro nel suo discorso: «Artemisia, volendo onorare gloriosamente il suo Eroe, lo fece cremare, e ne bevve dall’aureo nappo le ceneri, erigendoli nel proprio cuore un degno mausoleo». rossaro, La Campana cit., p.114. 152 Il riferimento è ovviamente al re Umberto I, assassinato il 29 luglio 1900 a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci.
L’episodio è ricordato da Rossaro anche in occasione della visita che nei primi anni del Novecento compie alla reggia di Stupinigi con i compagni di collegio. Si rimanda ancora alle pagine dedicate al collegio torinese. 153 Rossaro, La Campana cit., p. 114-115.
La Regina Margherita, a ianco di Carlo Delcroix e di altre autorità, presenzia alle celebrazioni per il battesimo della Campana dei Caduti, 24 maggio 1925 (AFCCR).
Don Rossaro con i funzionari della televisione e altri personaggi davanti alla Campana dei Caduti. In occasione della prima messa in onda del suono serale della Campana effettuata dall’EIAR nel 1930 (AFCCR).
Dieci anni dopo, la cronaca dell’inaugurazione del monumento è sicuramente meno eficace di quanto appena citato, quasi a segnalare l’usura della Campana che nel 1937 dovrà in effetti essere rimossa e rifusa154. Rossaro racconta l’andamento della giornata del 19 ottobre 1935 nelle pagine de “El Campanom” del 1936. Riferisce delle tante adesioni, dell’opera gratuita dello scultore Giovanni Prini, della dedica a «Margherita di Savoia Regina d’Italia, idolo del suo popolo e Madrina della Campana dei Caduti», nonché dell’inaugurazione del monumento al suono della Marcia Reale di Giovinezza. A pronunciare il breve discorso è lo stesso Rossaro, davanti alle autorità e alla Dama di Palazzo di S.M. la Regina, Maria Miari, che a sbirciare fra le carte inedite del sacerdote viene ritenuta poco rappresentativa per una simile occasione155. La igura della regina ricorrerà comunque in altri scritti più tardi di Antonio Rossaro, come ad esempio in un dattiloscritto del 1947 approntato per la stampa, dove leggiamo che «l’augusta signora aleggia sempre sul cielo di Rovereto, intorno alla Campana, e Rovereto la rammenta quale fausta stella, nelle ore del suo servaggio, quando era “crimine” sventolare il tricolore e cantare l’Inno di Garibaldi, o gridare “Viva l’Italia” e il popolo roveretano si vendicava sfoggiando il ior campestre, la margherita, caro simbolo di Margherita di Savoia, e quindi della sospirata Italia!»156 . È soprattutto dagli inediti di Rossaro che possiamo provare ad aggiungere ancora qualche tassello in merito alla igura del sacerdote roveretano. Dall’archivio personale, conservato presso la Fondazione Campana dei Caduti, emerge la sua opera soprattutto in favore del «sacro bronzo», che lo tiene praticamente impegnato ino alla morte. Le buste conservano infatti la vasta corrispondenza con molte personalità del suo tempo: semplici cittadini, autorità civili, religiose, militari e politiche, non solo italiane, ma internazionali. Abbiamo già accennato ai rapporti con la Casa Reale, ma molto resterebbe ancora da dire a questo proposito. Molteplici appaiono i contatti con ministri e sottosegretari del governo, con i politici della provincia e del comune di Rovereto. Altrettanto con le cancellerie europee, allo scopo di chiedere i cannoni per fondere la campana, per avere le dediche da incidere nel bronzo o le acque dei iumi per benedirla. Molti i contatti con gli artisti, le imprese, le fonderie, i carpentieri e i muratori. Interessanti i documenti che rivelano la modernità di Rossaro nel rapporto con i giornali, la radio, il cinema, il teatro, la fotograia: tutti mezzi utilizzati con intelligenza al suo scopo. Ormai cavaliere, commendatore, cappellano della Milizia, bibliotecario, poeta, giornalista e così via, il prete continua nella sua incessante opera di costruttore e divulgatore di memorie. Lo fa con fantasia, con una forza sorpren-
154 Per una storia generale della campana cfr. R. trinCo, M. sCudiero, La campana dei caduti: Maria Dolens, cento rintocchi per la pace, ed. La graica, Mori (Tn) 2000. 155 Cfr. A. rossaro, Il monumento alla regina Margherita Madrina della Campana dei Caduti, in “El Campanom”,
IX (1936). Per le carte inedite si veda ancora AFCCR, bs. 22, “Busto Regina Margherita”. 156 Cfr. AFCCR, documenti 156-172. Il dattiloscritto di Antonio Rossaro non porta data ma è da riferirsi al 1947 e doveva probabilmente costituire la bozza inalizzata alla stampa del libro La campana cit.
dente, utilizzando ogni risorsa, tessendo una grande rete di rapporti, mescolando storia e leggenda. Organizza pellegrinaggi; per diffondere in Italia e nel mondo la Campana scrive copioni per il cinema e la televisione; indice un concorso per musicarne l’Inno; raccoglie e compone poesie in italiano e nei vari dialetti; pronuncia discorsi e mette in piedi manifestazioni; organizza alcuni concorsi per le scuole157; inventa la fortunata igura delle madrine della Campana incaricate di rappresentare le diverse regioni e di raccogliere fondi e adesioni; costruisce il mito della madriCarla Dellabeffa, la madrina della campana (AFCCR). na per eccellenza scegliendo l’immagine di Carla Dellabeffa, una giovane ragazza morta prematuramente, alla quale consacra sembianze angeliche e scritti poetici, come si converrebbe ad una santa. È poi la volta delle cerimonie religiose e profane: del battesimo del bronzo con l’acqua dei iumi sacri alla patria e all’Europa, della benedizione dei vessilli sociali, delle campanelle marinare, delle gesta eclatanti, come quella di Umberto Nobile, che nella sua tragica impresa avrebbe dovuto far cadere sul Polo la bandiera d’Italia, la croce di Cristo e un conio della Campana. Un’attenzione particolare viene dedicata ai gruppi, alle famiglie, ai combattenti, alle donne, ma soprattutto alle madri e ai bambini, anche perché, come il sacerdote scrive, «le gloriose cerimonie, gli spettacolari rituali sono materia viva per le giovani generazioni e devono rimanere, il più possibile, impresse»158. È poi pronto a scrivere articoli per i giornali o a sollecitarne contributi autonomi, che crescono e si diffondono in un’area sempre più vasta. La Campana e il suo mito dilagano quindi nelle diverse regioni d’Italia e del mondo, ed è impressionante vedere come le parole mistiche della guerra e della pace, del sacriicio e degli eroi, delle sacre zolle e del sacro suono trovino ampia eco nella stampa delle grandi città e dei più piccoli centri159 .
157 Fra questi i concorsi per il miglior Tema sulla campana dei caduti di Rovereto, per una novella e per una iaba. 158 «I fanciulli hanno diritto alle grandi emozioni della vita, anche perché essi sono i puri e autentici testimoni dell’avvenire. [...]. La storia, la verità, la realtà? … Oibò! Son ferri vecchi: il bambino non le curerà punto: egli plasmerà la materia prima a suo piacimento». rossaro, La campana cit., pp. 165-166. 159 Nei giornali raccolti da don Rossaro igurano decine e decine di testate: “Il Popolo d’Italia”, “La Tribuna” di
Roma, “Il Giorno” di Napoli, “Il Corriere della Sera”, “Il Corriere di Sicilia”, il “Neusten Nachricten” di Monaco,
“l’Idea” di San Paolo del Brasile, “l’Italien de France” di Parigi, il “Weltbild” di Vienna, il “New York Times”, tanto per fare alcune citazioni. Poi “l’Ossola”, “l’Italianità” di Vigevano, “Il Corriere dell’Irpinia”, il “Don Basilio” di Avellino o “l’Unione” di Caserta.
Prelevamento dell’acqua del Danubbio per il battesimo della campana, 8 agosto 1928 (AFCCR).
Fonderia Gavardini. Cerimonia di premiazione del “Concorso del tema tra le ‘quinte’ [classi] delle scuole di Verona, sopra la Campana dei Caduti”, 9 novembre 1939 (AFCCR).