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Iconograia intorno alla Campana dei Caduti

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Bibliograia

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2.5. Polo romantico e polo classico. Iconograia intorno alla Campana dei Caduti

Accanto ai riferimenti iconograici in qui descritti, riconducibili a una sfera che potremmo, come ipotesi di lavoro, deinire “romantica”, si può delineare una sfera “classica”, di cui fa compiutamente parte il bassorilievo della Campana dei Caduti. I due interpreti principali dei miti della guerra e della nazione rossariano, in ambito igurativo, furono, per l’appunto, Wenter e Zuech. Nonostante si possano considerare, schematicamente, come i rappresentanti dei due poli sovra citati, non si può non notare come entrambi nutrissero il loro lavoro di entrambi i riferimenti culturali, quello classico e quello romantico. La loro formazione scolastica si era giocata nel contesto viennese e mitteleuropeo di inizio novecento e, al pari della coeva borghesia, si era basata su questo tipo di tradizioni culturali. Anche gli studi di George L. Mosse certiicano, per l’ambito tedesco, la convivenza di classico e romantico nella architettura nazionalista, spesso a detrimento di tendenze più innovatrice.

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«Il classicismo sopravviveva a tutti i suoi nemici: non solo si riappaciicò con il romanticismo, con il quale in realtà dette vita più a una coesistenza che a una fusione, ma ricevette anche rinnovato impulso allorché poté presentarsi come reazione all’art noveau (jugenstil)»48 .

Una xilograia di Wenter Marini del 1915, I centauri ai lavini di Marco, (igura a lato), realizzata a corredo dei versi del poeta iorentino in previsione del VI centenario dantesco, è rappresentativa di questo eclettismo culturale49 .

La questione “Dante” rappresenta un esempio emblematico dei meccanismi di inveramento della tradizione nazionale. Il dibattito riguardante la realtà del passaggio di Dante dal Trentino e la corrispondenza o meno della frana dantesca nel XII canto dell’Inferno con quella che sovrasta il piccolo abitato di Marco, vicino a Rove-

48 G. l. Mosse, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (18151933), ed. il Mulino, Bologna 1975, p. 60 (anche p. 65-67). 49 Cfr. M. sCudiero, Giorgio Wenter Marini. Pittura, Architettura, Graica, ed. L’Editore, Calliano (Tn)1991, p. 170.

G. Wenter Marini, progetto per la copertina di “Trentino Nostro”, china e aquerello su carta (sopra); Xilograie per una serie di cartoline sul tema degli orrori della guerra, 1916 (sotto). reto, nel pieno della zona nera durante la guerra mondiale, poteva diventare cruciale, tanto da far scrivere a Rossaro: «Attendiamo che una fortunata scoperta ci mostri, su qualche antica carta, l’Alighieri al ianco di Guglielmo di Castelbarco»50. Si sarebbe così aperta la possibilità della monumentalizzazione della zona in virtù di una doppia sacralizzazione.

«E sul luogo dove dimorò il peregrin fuggiasco, che probabilmente risulterà la rovina di Marco oggi risacrata dall’immane tragedia della guerra, rifulga un segno che risuoni ai posteri l’immortali terzine dantesche che rispecchiano quel luogo»51 .

Non stupisce dunque per nulla che, per la copertina del libro di Rossaro del 1914, “Trentino nostro”, Wenter pensasse a un possente centauro sovrastato dalla bandiera italiana.

Anche laddove Wenter si confronta con il nudo (tema eminentemente classico), durante il periodo della guerra, i corpi rigorosamente maschili appaiono vigorosi anche se incatenati o addirittura mutilati. Si può qui ravvisare sia la tendenza a mascherare e banalizzare la realtà della guerra tramite una rappresentazione sempliicata e astratta degli orrori, sia le tracce di quello stereotipo borghese della virilità e del eroismo descritto da Mosse per l’ambito tedesco.

«Il concetto di mascolinità, compresi i modelli di bellezza maschile mutuati dalla Grecia antica, fu assunto dai nazionalismi europei quale simbolo nazionale e stereo-

50 A. rossaro, Pubblicazioni dantesche di trentini, in “Alba Trentina”, V/3 (1921), p. 113. 51 A. rossaro, Il Trentino per il VI centenario dantesco, in “Alba

Trentina”, III/3 (1919), p. 127.

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