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2.6. Il ciclo scultoreo della Campana

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tipo. L’ideale greco fu spogliato di ogni erotismo superstite, mentre ne furono accentuate l’armonia, la proporzione e la bellezza trascendente»52 .

Mosse poi continua spiegando la sete di tradizione delle élite nazionaliste.

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«Il nazionalismo cercava ispirazione nei valori pre-industriali del passato, ancorando i propri ideali alle forze immutabili della storia, della natura e della bellezza eterna. La modernità, che la borghesia aveva contribuito a creare, appariva ora una minaccia alla stabilità»53 .

L’ideale della bellezza e della misura winckelmanniano, che nutrì questo stereotipo borghese, è ritrovabile ancor più chiaramente nei nudi dei soldati nel bassorilievo della Campana dei Caduti.

2.6. Il ciclo scultoreo della Campana

Il ciclo scultoreo della Campana dei Caduti può essere considerato, come già anticipato, un microcosmo ideale borghese, un panorama omnicomprensivo e universale della nazione uscita vittoriosa dalla grande guerra. È una silata, un lungo corteo, una processione che si snoda sul bronzo. Nella prima Campana i personaggi sono trentadue, di cui diciassette soldati, tre religiosi, un bambino, undici donne. L’intero corteo da l’idea di una comunità che marcia, compatta e all’unisono, nella stessa direzione. Questo racconto per immagini può essere diviso in quattro scene successive, svolte da destra verso sinistra. La Partenza, la Lotta, la Morte, la Vittoria. La prima scena rappresenta un abbraccio tra il soldato in partenza per la guerra, suo iglio e la sua sposa seguiti da otto soldati in marcia coperti solo da elmetti, scudi e mantelli corti. La seconda scena, la Lotta, che come è stato notato54, è radicalmente differente dalle altre, rappresenta gli strumenti della guerra per mare, su terra e in aria: la prua di una nave, un cannone e un biplano. La terza parte mette in scena il funerale del milite ignoto, la cui bara viene sorretta da sei igure femminili coperte da veli, precedute da altre tre igure femminili che sorreggono delle torce, questa volta a capo scoperto. Ad aprire il corteo funebre, inine, un monaco e

52 g. l. Mosse, Sessualità e nazionalismo, Mentalità borghese e rispettabilità, ed. Laterza, Bari 1984, p. 34. 53 Ivi, p. 35. 54 BeltraMi, Stefano Zuech cit., p.101.

un frate preceduti dal vescovo55 con la sua tiara a coprire il capo e il pastorale nella mano. L’ultima scena vede di nuovo protagonisti 8 soldati. I primi quattro, a piedi, suonano trombe egizie e impugnano gli allori della Vittoria, preceduti da quattro soldati a cavallo, anch’essi muniti di alloro. Chiude la sequenza una donna, che Renato Trinco ipotizza rappresentare l’Italia, che sorregge una piccola statua alata, la «Vittoria alata, la Pace»56 che, a sua volta, impugna un alloro. Dal momento che il fregio si snoda su una supericie circolare, inizio e ine vanno a coincidere proprio sotto a un Ecce Homo (il volto di Cristo incorniciato in una corona di spine e un proilo solare), che sovrasta la scena. Signiicativamente, questo punto, in cui la piccola Vittoria alata fa da cerniera separando l’anno di inizio e di ine della guerra, mette di fronte il triangolo edipico famigliare in via di separazione e la Nazione, quasi a dare conto dei pilastri dell’ordine sociale: famiglia (intesa tradizionalmente), patria, Cristo.

La principale preoccupazione di Zuech e Rossaro nella progettazione del monumento riguardava la necessità di rappresentare l’universalismo del messaggio di fratellanza, di costruire la capacità di stare sopra le parti, garantendo al contempo una normatività buona per ogni società nazionale. La nudità dei soldati, l’assenza di stemmi sugli scudi o sulla bandiera che sventola sono emblematici in questo senso. Sempre a proposito di ciò, in un’interessante intervista del 1963, Zuech ricordava:

«Dapprincipio don Rossaro pensava di incidere sulla Campana il proilo dei monti su cui avvennero le più grandi battaglie della prima guerra mondiale. Poi, non rispondendo questa idea all’aspirazione di universalità che si doveva dare alla Campana, ci orientammo su di un simbolismo storico che doveva ritrarre gli aspetti più dolorosi della guerra. Ne uscì il ben noto corteo delle immagini che sintetizzano il valore e il sacriicio dei combattenti chiamati ad assolvere il loro dovere verso la Patria»57 .

Gli “aspetti più dolorosi della guerra” di cui parla Zuech, iniscono per apparire, più che altro, espulsi dalla rappresentazione. Sempliicazione e astrazione sembrano quindi funzionare più come meccanismi di banalizzazione dell’esperienza bellica, meccanismi di velamento degli aspetti più realistici della guerra: la rappresentazione della Lotta è priva di igure umane, unica del ciclo, e il signiicato viene veicolato dalla rappresentazione

55 Se per Renato Trinco e Maurizio Scudiero siamo di fronte a un monaco,un frate e un vesovo, per Rossaro si tratta invece di cappellani militari e vescovo castrense. 56 r.trinCo, M. sCudiero, La Campana dei Caduti, Maria Dolens. Cento rintocchi per la pace, La Graica, Mori (Tn) 2000, p.15. 57 Quest’estate la rifusione della campana dei caduti, 24 febbraio 1963, p.4. in BeltraMi, Stefano Zuech cit., p. 100.

S. Zuech, Bassorilevi per la prima Campana dei Caduti, 1923-24.

delle armi. Il cannone, la prua della nave e l’aereo, benché uniche concessioni a una rappresentazione della tecnica moderna, appaiono manufatti architettonici immobili, oggetti iconici che sembrano provenire da un altro tempo, lontano e sacro. Le analisi di Mosse si adattano bene a questo contesto.

«Ma perpetuare l’immagine preindustriale della nazione non signiicava riiutare la tecnologia moderna. Il nazionalismo, che si annetteva la natura, dominava altresì la macchina, subordinandola ai suoi ini. La tecnologia moderna e la sua potenza vennero poste al servizio della nazione, e con ciò stesso spiritualizzate; furono descritte in immagini medievali, come i cavalieri del cielo; le si circondò con la natura o con i simboli nazionali»58 .

58 g.l. Mosse, Le guerre mondiali cit., p. 112.

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