LE BORGATE DEL FASCISMO

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4. LA CONVENZIONE DEL 1936 E LA GESTIONE DELLE VECCHIE BORGATE

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4.2 L’Ifacp e le vecchie borgate Con l’acquisto delle borgate, l’Istituto concentrò nei suoi mezzi tutte le soluzioni abitative che, in uno spazio venticinquennale, si erano concretate in favore della popolazione meno abbiente. Le case economiche e popolari per famiglie operaie e di ceto impiegatizio, le ex casette comunali ereditate dall’epoca liberal-democratica, in attesa di essere demolite da quasi un ventennio, inine i nuclei di baracche e ricoveri ex governatoriali in cui dimoravano soprattutto operai immigrati, saltuari e disoccupati. La popolazione dell’Istituto crebbe con le borgate di circa 15.000 anime. I primi dati raccolti dall’Ifacp nel 1935, da considerare come approssimativi, raccontano di 1174 famiglie in 1772 vani di cosiddette “case rapide”, intendendo per esse le casette rustiche (via Acqua Bullicante, Primavalle, via Teano), quelle costruite coi sistemi brevettati Pater ed “Eraclit” (via delle Sette Chiese, via Botero) e le 113 camere del ricovero di Viale Angelico, in tutto 5947 anime. I numeri consentono di calcolare l’indice di affollamento medio per ogni vano abitativo, pari a 3,35 persone. A queste si sommava la popolazione delle cosiddette “baracche in muratura”, le peggiori costruzioni ex governatoriali (757 vani a Tor Marancio, 1073 a Gordiani, 580 a Pietralata), 8161 persone con indice di affollamento a vano pari a 3,3834. La situazione dell’affollamento nelle costruzioni provvisorie peggiorò nel tempo: nel 1939 il coeficiente di affollamento raggiunse la media di 4,21 persone a vano35; ma già nel 1936 in alcune casette risultò pari a 4,47, contro l’1,64 calcolato nelle normali case popolari36. Alla ine di quell’anno i nuclei di casette e ricoveri ospitavano 17.899 persone, 1/5 dell’intera popolazione dell’Ifacp, composta da 91.844 abitanti suddivisi in 19.785 famiglie37. 34 Nei quotidiani romani dell’epoca si spacciava una realtà ben diversa. In un articolo del “Messaggero”, un cronista descrisse le baracche in muratura come «case decenti e persino comode, nelle quali ogni famiglia [vive] separata dall’altra». Poi aggiungeva: «quando ad un osservatore straniero capita di visitare borgate del tipo di quella di Pietralata, di Gordiani, di Tormarancia se ne conoscono immediatamente le più ammirate impressioni. E tutti sono concordi nell’affermare che anche in quell’attività Roma è veramente all’avanguardia nei confronti delle altre metropoli», La casa dei bambini a Pietralata inaugurata dal Governatore e dal Segretario generale, 9 gennaio 1935. 35 Cfr. Iacp di Roma, Documentazione di un periodo cit., p. 41. 36 Costantini, La popolazione governata cit., p. 200. L’abbassamento di tale coeficiente di affollamento, tuttavia, nemmeno rientrava tra gli obiettivi perseguiti dall’Istituto. Costantini infatti continuava, riferendosi alle normali case popolari: «Saremmo lieti tuttavia se la media potesse abbassarsi a 1,30-1,25 abitante per vano, tollerando che negli alloggi minimi destinati agli strati più poveri, l’affollamento sia notevolmente maggiore». 37 Cfr. Iacp di Roma, Documentazione di un periodo cit., p. 41. Nel 1936 l’inquilinato Ifacp era formato per il 75,64% da classe operaia (operai, salariati, casalinghe),


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