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VI. La campagna del 1809: da Sacile a Wagram

l’avanzata. Costretto a caricare, una parte del reparto finì impantanato in una palude a causa dell’impeto dell’attacco e si salvò solo grazie alle cariche degli altri squadroni, guidati dal Caposquadrone Arici, dopo che il colonnello Zanetti era caduto. Il reparto perse oltre metà degli effettivi e non fu impiegato con la Grande Armée a Friedland e Konigsberg, le battaglie che posero fine alla guerra. I Dragoni Regina si mossero nel giugno dello stesso anno e giunsero a Konigsberg il 21 giugno dopo la firma dell’armistizio, i Dragoni Napoleone raggiunsero invece le truppe italiane impegnate nell’assedio di Colberg il 3 luglio, e passarono insieme ai Dragoni Regina al blocco di Stralsunda, mentre i Cacciatori a cavallo restavano in servizio con la cavalleria leggera francese. Al momento del congedo dei Cacciatori del “Real italiano” dalla brigata Lassalle, così il generale francese si esprimeva “Vi prego di essere interprete del rammarico che provo per non avere più ai miei ordini un corpo così distinto come il vostro, che ha disputato la gloria ai più vecchi reggimenti francesi di truppe leggere.125” Il 26 novembre le truppe italiane iniziarono il rimpatrio e quando attraversarono, ai primi di gennaio, Verona, Cremona e Pavia, furono accolte calorosamente dalle popolazioni. A Milano il 28 gennaio 1808 furono organizzati festeggiamenti cittadini per il rientro delle truppe. L’esercito italico era riuscito a partecipare ed a distinguersi in quello che sembrava dovesse essere l’ultimo grande scontro tra le due maggiori potenze continentali, dopo il nuovo equilibrio raggiunto con la pace di Tilsit del 7 luglio 1807 tra gli imperi francese e russo, che legava le due nazioni in un patto di alleanza e mutuo soccorso, dividendo il continente in due sfere di influenza.

VI. La campagna del 1809: da Sacile a Wagram

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La guerra della quinta coalizione, che riuniva Austria e Inghilterra, si svolse in maniera abbastanza simile a quella del 1805, ovvero al fronte italiano fu destinato un ruolo secondario sugli avvenimenti, in attesa di ben più importanti sviluppi sul fronte danubiano. Al comando dell’Armée d’Italie fu posto il giovane Vicerè Eugenio, sicuramente meno capace dall’esperto Masséna, e nel campo austriaco l’Arciduca Giovanni, che aveva preso il posto del fratello Carlo, destinato al comando supremo delle truppe in Germania126 . Gli eserciti contrapposti sul fronte italiano erano forti di - 100.000 uomini per i franco-italiani, di cui solo 60.000 concentrati nel nord-est, ed altri 15.000 agli ordini di Marmont per la protezione della Dalmazia,

125 Bollati, op. cit. , pag. 79 126 Cfr. Rothenberg, op. cit. , pag. 61

- 130.000 uomini per gli austriaci, di cui 50.000 uomini delle truppe regolari ed altri 80.000 uomini della Landwehr.

In vista dell’imminente scontro, Napoleone aveva già ordinato fin del febbraio 1809 la riorganizzazione dell’Armée d’Italie e delle truppe italiane, con il rimpatrio di quadri dalla Spagna. Le truppe italiche furono organizzate su tre divisioni: - la prima agli ordini di Severoli, costituita dal 1° Reggimento di linea, un battaglione del 2° e tre battaglioni del 7°, più tre battaglioni dalmati, uno squadrone dei “Dragoni Napoleone” ed uno del “Real Italiano”, la 2^ compagnia di artiglieria a cavallo e la 7^ del treno, per un totale di 11 battaglioni, due squadroni e 8 pezzi; - la seconda divisione agli ordini di Fontanelli, formata da due battaglioni del 3° Reggimento di linea e due del 4° , due battaglioni del 1° Reggimento leggero e due del 2° leggero, il Battaglione “Real Istriano”, due squadroni dei cacciatori a cavallo “Principe Reale”, la 3^ e la 6^ compagnia di artiglieria a piedi e la 6^ del treno, per un totale di nove battaglioni, due squadroni e otto pezzi. - la terza divisione era costituita dalla Guardia Reale completa, agli ordini del generale Teodoro Lechi, meno cinque compagnie di Veliti già inviate in Spagna. Infine fu creato una Corpo distaccato con il 3° reggimento leggero (tre battaglioni) a cui fu aggiunto il reggimento Dragoni Regina. Una Riserva agli ordini del generale Fiorelli, destinata ai presidi sulla destra dell’Adige, fu creata forte di quattro battaglioni di linea, uno squadrone dei cacciatori del Principe reale ed una compagnia di artiglieria a piedi127 . La 2° divisione Fontanelli fu destinata a proteggere il fianco destro delle truppe franco-italiane in Tirolo, contro una spedizione austriaca diretta dal Feldmaresciallo Chasteler ed all’insurrezione armata dei tirolesi. La 1a divisione Severoli, designata come Divisione dell’Isonzo, non riuscì a prendere posizione prima dell’avvio delle ostilità il 10 aprile, data in cui si trovava poco oltre Padova.

Costretto subito ad indietreggiare sotto l’incalzare delle truppe austriache, Eugenio decise di dare battaglia a Sacile, il 16 aprile, in condizioni di inferiorità numerica con soli 36.000 uomini contro i 45.000 dell’arciduca Giovanni. Gli unici reparti italiani presenti allo scontro furono quelli della divisione Severoli, che vennero collocati nella seconda linea del centro francese. Le perdite dell’Armèe d’Italie furono di 7.500 tra morti e feriti, 6.000 prigionieri e 19 cannoni, contro le appena 4.000 perdite austriache. Eugenio fu costretto a ritirarsi oltre il Piave, di cui fece bruciare i ponti. Infine, ricevute istruzioni da un furibondo Napoleone, che gli inviava anche il generale

127 Cfr. Bollati, op .cit. , pp. 85-86

Macdonald ad assisterlo, dopo averlo minacciato di sostituzione con Murat, Eugenio riunì tra l’Alpone e l’Adige, nei pressi di Caldiero tutta l’armata. Grazie ad una controffensiva bavarese che impegnò a nord gli austriaci, potè anche ritirare le truppe di italiane di Fontanelli e quelle francesi di Baraguey d’Hilliers dal Tirolo. Le truppe italiane furono riunite a coprire, con le divisioni Severoli, Fontanelli e Rusca, l’ala sinistra franco-italiana. La Guardia Reale costituì, insieme alla divisione francese Durutte, la riserva128 . Purtroppo per Eugenio ed i suoi desideri di rivincita, che lo vedevano ora fronteggiare con 46.000 uomini i 30.000 di Giovanni, furono ancora una volta gli scontri sul Danubio a decidere l’andamento della guerra in Italia. Iniziato il ripiegamento dell’armata principale agli ordini dell’arciduca Carlo e sotto minaccia la stessa capitale imperiale, l’Imperatore d’Austria richiamò con la massima celerità l’esercito dal fronte italiano. L’arciduca Giovanni intanto si era mosso

con estrema lentezza da Sacile, tanto da giungere sotto Caldiero solo il 28 aprile. Il 30 aprile Eugenio provò a sondare le forze dell’arciduca, tentando un attacco con una manovra a tenaglia, ma senza alcun risultato e senza particolari perdite da entrambe le parti. In particolare nello scontro si distinsero il 1° di linea, che a Illasi si batté per il controllo di Castel Cerino, sostenuto dai due battaglioni della Guardia di linea agli ordini di Lechi e dal battaglione Veliti129 . L’arciduca iniziò a sganciarsi il 1 maggio, subito inseguito dalla truppe franco-italiane, pronte alla controffensiva. In particolare l’esercito austriaco si trovò compromesso sul fianco dalla manovra portata avanti dalla guarnigione di Mestre-Marghera, costituita dalle truppe istriane e dal 7° reggimento di linea. Gli austriaci si ritirarono dietro al Piave e, prima di proseguire oltre il Tagliamento, Giovanni decise di accettare battaglia. Il 7 e 8 maggio 1809 tra Nervesa e Priula, l’Armée d’Italie impegnò le truppe austriache battendole e causandogli 7.000 perdite tra morti e prigionieri e 14 cannoni persi, a fronte di 2.000 tra morti e feriti nel proprio campo. Alla battaglia i Dragoni Regina caricarono attraversando il guado di Nervesa un reggimento di dragoni austriaco, catturando ventuno di loro. Dopo aver occupato Udine, il reggimento, insieme al 6° cacciatori francese, catturò settecento fanti ungheresi a Gemona. Entrati ormai in Friuli, alle truppe di Eugenio si riunirono anche le guarnigioni di Osoppo e Palmanova. La divisione Fontanelli, con l’aggiunta del 2° di linea e dei dalmati combatté a Tarvisio ed espugnò la ridotta di Rutte, subendo oltre cento perdite. In questa occasione, a causa della pur breve resistenza del forte di Malborghetto, che bloccava il passo ai carriaggi ed alle salmerie, le truppe si trovarono a combattere con scarsità di munizioni, e quando i francesi reclamarono che gli italiani cedessero loro le proprie, fu risposto negativamente dal colonnello

128 Cfr. R. Gargiulo, 16 aprile 1809 Sire, ho perduto , ed. Biblioteca dell’Immagine, Pordenone, 1997, pp. 130-134 129 Cfr. Pigni, op. cit. , pag. 207

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