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II. Le truppe depositarie dell’ideale d’indipendenza

La stessa presenza delle truppe italiane al campo di Boulogne sulle coste della Manica, a seguito di dirette richieste di Napoleone, così viene sottolineata da lui stesso in una lettera diretta a Melzi: “vi sono indotto per due principali motivi: il primo che l’Inghilterra impari a conoscere l’esistenza della Repubblica; il secondo è dare orgoglio e fierezza militare alla gioventù italiana.”176 .

Costantemente preoccupato della riuscita dei suoi piani di creazione di un esercito nazionale, Melzi assistette nel breve periodo del suo diretto governo come vice-presidente ad un iniziale fallimento, dovuto agli scarsi risultati iniziali della leva, all’ostilità oppostagli da Murat nel ruolo di comandante in capo dell’Armée d’Italie ed alle difficoltà economiche che affliggevano la repubblica, gravata dai contributi francesi e dalle spese di organizzazione del nuovo stato. Fu però l’esercito creato sotto la sua direzione, nucleo del successivo sviluppo dell’armata sotto il Regno, a mantenere ed evolvere le istanze nazionali in seno alla società ed al sentire collettivo.

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II. Le truppe depositarie dell’ideale d’indipendenza.

Con il passaggio istituzionale dalla Repubblica al Regno, muta anche l’uso dell’esercito nella tematica nazionale. Maggiormente vincolato ai disegni di Napoleone, tramite la vice reggenza di Eugenio, l’esercito diviene lo strumento su cui modellare una società italiana sempre più legata al regime napoleonico. Affiancato alla struttura burocratica, l’esercito diventa mezzo di ascesa sociale per tutti gli strati della società, dalla borghesia ai piccoli proprietari alla nobiltà di provincia. L’arruolamento è incentivato dall’apparente splendore della vita militare, dal desiderio di avventura e di gloria, dalle possibilità di rapida promozione, tutti elementi che fortificano il legame tra le truppe e la società. Tali specifiche non è possibile trovarle solo nei corpi speciali della Guardia Reale, come i Veliti o le Guardie d’Onore, ma possono essere estese all’armata nel suo complesso. Se infatti il rafforzamento del legame tra società e regime è uno dei motivi fondanti di quei due corpi, anche il resto dell’esercito dà ampia possibilità di carriera militare, fornendo anche una buona base per l’inizio di una carriera all’interno dell’amministrazione civile. In maniera forse ancora maggiore che in Francia, dove la Rivoluzione aveva sconvolto gli equilibri di potere tra le classi sociali, l’esercito rappresentava un attrattiva per la piccola e media borghesia, ma anche per le classi popolari che potevano ottenere un buon riconoscimento nei gradi inferiori dell’esercito177 . Oltre alle possibilità di ascesa sociale, l’esercito si fa forte dell’attenzione personale di Napoleone, e del suo prestigio, di cui i corpi militari godono di “luce riflessa”. Insieme alla dedizione degli ufficiali mossi da sentimenti patriottici, tutto ciò costituisce un’ottima attrazione

176 Carteggi, vol.V, p.189 del 30 settembre 1803 in N. Del Bianco, op. cit. , pag. 197 177 Cfr, C. Zaghi, op .cit. , pag. 488

per i volontari, e abbastanza spesso anche molti coscritti, non certo tutti, accettano con entusiasmo il servizio militare.

La reputazione delle truppe napoleoniche, il prestigio dei diversi corpi e reparti italiani, la popolarità di molti alti ufficiali e le tematiche nazionali di indipendenza e difesa della Patria, costituirono un ottimo appello per la gioventù italiana, che accorse in buon numero sotto le suo insegne per un totale, negli anni della Repubblica e del Regno, calcolato in oltre 44.000 volontari178 .

Il passaggio dalla Repubblica al Regno, con la perdita del potere da parte di Melzi, provocarono però nel corso degli anni, il concentrarsi tra le file dell’esercito di ufficiali di sentimenti repubblicani che non condividevano appieno la forma imperiale del regime napoleonico, in quanto vicini ad istanze ancora di natura giacobina, oppure dediti ad un’idea di indipendenza nazionale più radicale, completamente libera dal predominio francese. Riuniti in una miriade di sette e correnti di pensiero, facenti capo ai diversi generali, prenderanno voce solo nel 1814, quando all’esercito, come al Regno, si prospetteranno diverse strade per cercare di sopravvivere179 . All’interno dell’armata italiana vennero così a concentrarsi quegli elementi e quelle idee che proprio Melzi aveva cercato di escludere, ma fu grazie al radicarsi di tali pensieri e sentimenti che il concetto di identità nazionale fece più presa sui coscritti ed sul ceto popolare da cui provenivano, estendendolo a tutto il territorio nazionale. Nel momento del collasso politico del Regno, mentre l’Armée d’Italie agli ordini del Vicerè fronteggiava ancora le truppe austriache sull’Mincio, dopo il ripiegamento reso necessario dal tradimento del Re di Napoli, le truppe rimasero compatte e disciplinate. La volontà di Napoleone, di far ritirare tutte le truppe in Francia, eccettuate le guarnigioni delle grandi piazze come Osoppo, Palmanova, Venezia, Peschiera e Mantova, venne però disattesa da Eugenio, che preferì fermarsi nel teatro italiano, sia ispirato dall’ipotesi di un’indipendenza italiana che l’avrebbe forse visto come governante indipendente, sia per la certezza che le pur fedeli truppe italiane si sarebbero rifiutate di seguirlo oltre confine, abbandonando il territorio italiano alle armate austriache.

Al momento della firma della Convenzione di Schiarino-Rizzino, il 16 aprile 1814, le truppe sostennero Eugenio e successivamente, alle nuove proposte di una sua possibile elezione al trono, le truppe risposero in maniera entusiastica al proclama del generale Teodoro Lechi, comandante della Guardia Reale, del 19 dello stesso mese, garantendo il loro appoggio alla proposta.

178 Cfr. C. Zaghi, op. cit. , pag 549 179 Cfr. C. Zaghi, op. cit. , pag. 551

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