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Si vola a Ron1a

SI VOLA A ROMA

Il 17 dicembre 1903 i fratelli Wright riuscirono a fare volare per la prima volta nella storia il più pesante del!' aria, ma non diedero pubblicità ai dettagli degli esperimenti svolti a Kitty Hawk nel Nord Carolina.

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Anche se poco si sapeva sulla verità e sulla portata dei loro successi, la notizia aveva scosso il mondo ed era giunta in Francia dove Santos Dumont il 13 settembre 1906 era riuscito a fare un salto di 10 metri con il suo apparecchio XIV bis. In Europa i più importanti costruttori di prototipi aerei erano i fratelli Carlo e Gabriele Voisin i cui prodotti fornivano la maggior affidabilità; i Voisin avevano seguito gli studi del Capitano Ferber e del Colonnello Rénard.

Archdéacon, gran mecenate e sperimentatore, incaricò Gabriele Voisin di provare in volo un suo grande apparecchio senza motore; nel 1905 a Berck l'apparecchio fece il suo primo balzo da terra. Nel 1906 Voisin costruì per proprio conto un velivolo senza motore che provò con successo sulla Senna facendosi trainare da un veloce motoscafo.

Successivamente Voisin si unì a Bleriot per costruire un velivolo, ma l'alleanza finì senza conseguire alcun risultato.

Fu allora che lo scultore Leon Delagrange ordinò un aeroplano a Voisin; detto velivolo nel 1907 fece un volo di 80 metri di percorso alla guida di Carlo Voisin; il 5 novembre dello stesso anno Leon Delagrange volò in semicerchio per 300 metri.

Allora Archdéacon e Deutsch de la Meurthe misero in palio 50.000 lire per chi fosse riuscito a volare per un chilometro, in circuito chiuso.

Intanto un altro appassionato sportivo ordinava un aeroplano ai fratelli Voisin; si trattava di Enrico Farman, già campione ciclista e d'automobile, primo della maggior categoria nella Parigi-Vienna del 1902, agente della Panhard Levassor, della Renault e della Delaunay Belleville.

In settembre 1907 due sportivi francesi, Leon Delagrange e Henry Farman, entrambi possessori di un velivolo Voisin, entrarono in competizione per la conquista del premio di 50.000 lire.

Ma Hcnry Farman era apertamente favorito dal costruttore Voisin e così, il 13 gennaio 1908, opportunamente assistito ed aiutato dal progettista, vinse il premio percorrendo il chilometro in 1' 28".

Dalla Francia giungevano notizie sulle prodezze di Delagrange e Farman, ma nessuno aveva ancora visto un aeroplano alzarsi da terra.

I fermenti aeronautici aumentavano, specie a Torino ove più facilmente giungevano le notizie dalla vicina Francia.

Un gruppo di appassionati aeronautici di Torino, entusiasmati dai records registrati dai piloti francesi, decise di invitare in Italia Leon Delagrange, non solo per motivi spettacolari, ma anche per interessi industriali, tecnici e scientifici; a Roma ed a Milano vi erano altri appassionati pronti a sponsorizzare la venuta in Italia del pilota francese con il suo Voisin.

II gruppo torinese, per risolvere il problema, si rivolse al Club degli Aviatori, da poco costituitosi a Roma su sollecitazione di Moris, per ottenere appoggio morale e materiale all'iniziativa suddetta.

In quel momento Delagrange era seriamente impegnato a riparare il suo aeroplano danneggiatosi in un incidente occorso ad Issy les Molineaux; ma il velivolo "Delagrange Il", con motore Antoinette da 60 I IP, fu rapidamente rimesso in condizione di volare.

Moris, come membro della Società Aeronautica Italiana, tramite l'amico éleronauta Tissandier, riuscì a convincere Dclagrange a venire a Roma.

Il 23 maggio 1908 Delagrange, giunto a Roma e rimontato il suo aeroplano, iniziò i suoi esperimenti in piazza d'armi ai Prati di Castello.

La città di Romél era stata tappezzata di manifesti in cui si diceva "Delagrange volerà" e pertanto il 23 maggio una grande folla invase la Piazza d'Armi.

Anche i Reali erano giunti con la loro autovettura per assistere al primo volo in Italia del più pesante dell'aria; nella caserma "Cavour", che si affacciava alla piazza d'armi, erano concentrati tutti gli ufficiali del Battaglione Specialisti del Genio, fra cui Moris e Croceo.

Il Capitano Croceo, che aveva avuto modo di conoscere i Reali sia per le loro visite a Vigna di Valle e sia per avere presenziato a sue conferenze

in Roma sulla tecnologia aeronautica, corse incontro all'autovettura del Re e salì sul predellino per fare da cicerone.

Ma nel corso delle prove del 23 maggio il "Delagrange Il" non volle decollare per noie al motore Antoinette; ad un certo punto, come racconta la Signora Bice Croceo nel suo libro "Questa Terra non ci basta", il Re sbottò a dire "Ma mi sembra una baracca!".

Il 24 maggio Delagrange volò con successo; gli spettatori romani, ansiosi di vedere il distacco da terra del velivolo, si buttavano bocconi sull'erba per essere pronti a percepire il primo salto dell'aeroplano; il Delagrange II compì alcuni voli, uno dei quali per 1800 metri di distanza eseguendo anche "una voltata".

Nei giorni successivi il Delagrange II volò per 2 e 3 chilometri alla quota di tre metri ed infine il 30 maggio compì il famoso volo di 12 chilometri e 727 metri in 15' 26", 8 sotto il controllo di una apposita giuria della S.A.I.; il cronometrista ufficiale era il Capitano Croceo.

Ecco la traduzione dal francese del verbale reàatto dai membri dell'Aero-club di America, della Società Aeronautica Italiana e dell'Associazione Promotrice Italiana di Aviazione con sede in Roma: "Richiesti dai Sigg. Leon Delagrange e Gabriel Voisin il 29 maggio 1908 di verificare ufficialmente i tempi e le distanze in un esperimento d'Aviazione con un aeroplano Voisin con motore "An toinette" a ppartenente al Sig. Delagrange e da lui pilotato, ci siamo riuniti questa mattina 30 maggio corrente al Campo di Marte di Roma ed alle 5 del mattino abbiamo proceduto alle misurazioni del terreno con una corda metrica di 100 metri, determinando un quadrilatero con piloni ai quattro angoli di un perimetro totale di 1.300 metri. Quattro controllori, posti ai quattro piloni, hanno verificato il volo durante tutta la durata dell'esperimento. Il Sig. Delagrange ha messo in moto il suo motore verso le 5,40 e si è sollevato dal terreno dopo aver percorso circa 100 metri. Due cronometristi hanno controllato la durata del volo dal momento in cui il Sig. Delagrange ha lasciato il terreno a quello in cui ha ripreso contatto con il suolo ... La durata del volo è stata di 15' 26" e 4/5; la distanza misurata sui piloni è stata di metri 12.750. I sottoscritti, dopo aver misurato il percorso all'esterno dei bordi, stimano la distanza reale percorsa in volo di circa 15 km. Composizione della Giuria: Cortland T. Vishop, Presidente Aero-Club d'America, Gallese, Presidente della Commissione Sportiva $.A.I., Maggiore Mario Moris, Ing. Attilio Lanza, Ottavio Ricaldoni, Filippo de Filippi, Ippolito Biondi, Gino Solinas Sanna, Henry de Frankenstein, Caroline de Filippi. Per l'Associazione Promotrice Italiana di Aviazione -Roma- il

Presidente Gallese, membri Maggiore Mario Moris, Filippo Doria, Filippo de Filippi, Ippolito Biondi".

L'interesse di Moris nella esibizione di Delagrange si evince dalla sua partecipazione, avuta sia come membro S.A.J. e sia come caia1ponente dell'Associazione Promotrice Italiana di Aviazione.

Nonostante i notevoli risultati conseguiti i romani, con la solita arguzia popolare romanesca, dopo aver a lungo aspettato e dopo essersi più volte recati alla Piazza d'Armi con il tram o con i carretti a cavallo, così si sfogarono: "Chi col tranve, chi col legno, pé vedé volà sto fregno! Con tanta boria s'arzò, comme pianta de cicoria".

Delagrange si trasferì a Milano ed il 22 giugno compì un volo di 15' 30"; ed anche i milanesi, forse per invidia, ci scherzarono sopra; i continui rinvii per cattivo tempo e le solite avarie al motore Antoinette, fecero dire all'Ing. Thouvenot, amico ed assistente di Delagrange "Te ve no!".

Delagrange volò successivamente a Torino. (Dalla Rivista Aeronautica n° 12 dell'anno 1968).

Morissi stava cimentando con la costruzione del primo dirigibile militare italiano, ma era fortemente attratto dall'aviazione, anche se in Italia nessuno si lanciava in esperimenti aviatori. Questa ansia aviatoria aveva spinto Moris a costituire a Roma nel 1907 il Club degli Aviatori il cui comitato era così composto: Presidente -Maggiore Mario Moris, Segretario Capitano Castagneris, membri: Principe Scipione Borghese, Principe Filippo Doria, Conte Enrico di San Martino e Valpegna, Principe Ludovico Poten7iani, Principe Giovanni Torlonia, On. Sidney Sonnino, On. Emilio Maraini ed altri. l soci erano stati scelti soprattutto fra personaggi di alto loco che si potevano impegnare a sostenere di tasca propria le spese di impianto di una attività aviatoria sperimentale.

Il 3 ottobre dell'anno di Delagrange a Roma, gli appassionati di aeronautica ebbero la loro prima grande soddisfazione: a Vigna di Valle aveva volato il primo dirigibile militare italiano costruito per volontà di Moris ed in base alle capacità tecniche di due ufficiali del genio, Croceo e Ricaldoni.

I voli di Delagrange avevano lasciato il segno; cosicchè verso la fine del 1908 il Maggiore Maurizio Mario Moris, Comandante della Brigata Specialisti del Genio, propose al Ministero della Guerra dicostituire una scuola militare di aviazione; ma ragioni di bilancio e soprattutto lo scarso entusiasmo sollevato fra i ministeriali dalle esibi.lioni di Delagrange, fecero accantonare la proposta.

Il Club degli Aviatori decise quindi di agire in via privata ed a proprie spese; i quattordici soci più importanti del Club si tassarono di 4.000 lire ciascuno per sostenere le spese necessarie.

Solo in un secondo tempo il Ministro della Guerra e quello della Marina fornirono un contributo di 7.000 lire ciascuno a titolo di incoraggiamento per una impresa a carattere civile. Il comitato esecutivo del Club potè così mandare il Maggiore Moris e Pau, in Francia, per con. eludere le trattative già iniziate con l'americano Wilbur Wright per l'acquisto di un velivolo e per un periodo istruzionale a vantaggio del Sottotenente di Vascello Mario Calderara, scelto quale primo allievo pilota per le sue precedenti esperienze fatte con un idrovolante di sua progettazione.

Le trattative fra Moris e Wright giunsero a buon fine e fu concordato che il velivolo sarebbe stato pagato 25.000 lire e Wilbur Wright avrebbe ricevuto un altro compenso di 25.000 lire per il ciclo istruzionale da tenere a Roma.

Alla chiusura del contratto il Maggiore Moris fu invitato a compiere un volo con Wilbur Wright, il che avvenne sull'aeroporto di Avours; in quella occasione il primo italiano che volò come passeggero su di un aeroplano raggiunse la quota di 100 metri dal suolo.

Contemporaneamente il Comitato esecutivo del Club degli Aviatori prese in affitto un prato alla periferia di Roma, in località Centocelle, e vi fece costruire un capannone per ricoverare il velivolo di Wright.

Il 1 ° aprile 1909 Wilbur Wright giunse a Roma, ricevuto da Moris; l'allestimento del pilone di lancio e della rotaia di partenza richiese alcuni giorni di tempo; il 9 aprile il primo campo di aviazione italiano era pronto per consentire l'attività di volo del velivolo di Wright ormai montato all'interno del capannone.

Si trattava dell'aeroplano n° 4, costruito a Pau in Francia, e dotato di un motore Barriquande et Marre di Parigi, più potente del motore originale Wright.

A parte il motore, detto velivolo era quasi uguale all'esemplare n° 1 che aveva volato per la prima volta a Kitty Hawk; differiva solo dalla posizione del pilota che inizialmente era coricato al posto di guida e che successivamente fu sistemato in posizione seduto. [) 15 aprile Wright eseguì il primo volo fra l'entusiasmo della folla; il giorno successivo portò in volo Calderara, poi Savoia ed infine Castagneris.

I voli continuarono fino al termine del contratto; Wright lasciò quindi Roma e Calderara proseguì i voli da solo per il proprio perfezionamento; quindi si dedicò all'istruzione al volo del Tenente Savoia.

Nel 1909 fu costituita a Milano la Società Italiana di Aviazione (S.l.A.) che si interessò immediatamente di organizzare un grande circuito aviatorio in Italia, cioé il Circuito Aereo Internazionale di Brescia.

L'affermazione del circuito internazionale di Brescia (9-12 settembre 1909) fu una enorme propaganda per l'aviazione, ma dimostrò anche la nostra inferiorità, tanto negli apparecchi quanto nei motori, salvo qualche eccezione; ma l'impreparazione nostra era dovuta soprattutto alla scarsa esperienza di molti piloti.

Questa constatazione fu fatta dal massimo esponente della nostra aeronautica militare, il neo-promosso Tenente Colonnello Mario Moris (al 31 marzo 1909) il quale, assistendo alle gare, volle, il 19 settembre, riunire a colazione tutti i piloti italiani per sentire le loro impressioni e le loro intenzioni.

Moris era stato accompagnato a Brescia dall'Ing. Adorno Cammarota, un vero entusiasta dell'aviazione, diplomato presso la Scuola Superiore di Aeronautica di Parigi, con il quale, durante la riunione, ebbe uno scambio di idee sull'argomento.

Ritornato a Roma il Tenente Colonnello Moris propose alle superiori autorità di costituire una Scuola civile di Pilotaggio per aeroplani a Centocelle, la prima in Italia, e di dare inizio a studi seri per la costruzione di aeroplani di ideazione italiana.

La proposta venne rimandata a tempi migliori dalle massime autorità dell'esercito sia per ragioni di bilancio e sia perché gli esperimenti aviatori effettuati in Italia ed all'estero non davano ancora affidamento per una effettiva utilizzazione dell'aeroplano nell'esercito.

Dopo il rientro a Roma di Calderara e Savoia che avevano partecipato al circuito internazionale di Brescia, su direttiva di Moris, presso l'officina del Genio a Roma fu costruito, nell'inverno 1909-1910, un veleggiatore tipo "Wright"; detto veleggiatore fu impiegato dal gennaio 1910 al marzo dello stesso anno dai Tenenti Savoia, Saglietti e Gazzera per le loro esercitazioni con partenza dal pilone di lancio di Centocelle.

L'll marzo 1910 il Ten. Col. Moris ricevette a Centocelle il Re e la Regina che si dimostrarono, come al solito, molto entusiasti sia dell'aviazione che dell'aeronautica.

Il 22 maggio 1910 il velivolo Wright n. 4 compì l'ultimo volo a Centocelle e fu radiato dal servizio per vetustà; d'ordine del Club degli Aviatori il velivolo fu ceduto al Museo del Genio a Castel S. Angelo. 11 Club degli Aviatori di Roma patrocinò tutte le manifestazioni aviatorie a Roma fino al 1911; poi, cessata ogni sua attività, si fuse con la Sezione Romana della Società Aeronautica Italiana.

I progressi e le affermazioni dell'aeronautica e dell'z viazione di quegli anni avevano convinto il Ministero della Guerra ad aderire alla proposta di Moris di concedere una certa autonomia alla Brigata Specialisti del Genio, responsabile di tutte le attività aeree; così, con R.D. 23 settembre 1909 n. 709, la Brigata Specialisti venne tolta dalle dipendenze del 3° Reggimento Genio e divenne autonoma; in quel momento la Brigata era composta da due compagnie specialisti, una compagnia treno, una sezione radiotelegrafisti ed una sezione fotografica.

Nel 1909 Morissi preoccupò anche di incentivare la produzione di aeroplani da parte dell'industria civile, ma senza successo.

Egli quindi accettò di fare costruire presso l'officina della Brigata Specialisti un velivolo progettato dal Marchese Filiasi; successivamente anche i genieri della Brigata si cimentarono nella progettazione e nella costruzione di un loro velivolo; purtroppo entrambi i velivoli andarono perduti per incidente di volo.

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